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sia sulle cime <strong>di</strong> Erbia Alta, rapita dall’amabilità che traspirava dal volto <strong>di</strong> quella benedetta immagine,<br />
prese a salutarla, a pregarla, ad invocarla, e si vedeva ne’ suoi voti esau<strong>di</strong>ta e nei bisogni soccorsa. Si<br />
sparse allora la fama che quella era un’immagine miracolosa, e come succede in tali casi, vi fu tosto un accorrere<br />
<strong>di</strong> gente numeroso e continuo. Se ne avvide e se ne impensierì il proprietario <strong>di</strong> quella stalla, e vedendo da quella<br />
frequenza venire danno ai suoi raccolti, ai suoi fieni, ai suoi prati circostanti, pensò provvedere al suo interesse<br />
nel modo più strano, per non <strong>di</strong>re empio. Forse più volte ebbe prima a lottare con se stesso, ebbe a respingere<br />
da sé la vile tentazione, ma finalmente la vinse il demone dell’interesse. Una sera, <strong>di</strong> uno dei primi giorni<br />
d’agosto del 1550, quando la notte stava per estendere il nero suo velo sulla intera natura, quel<br />
proprietario, armata la convulsa mano <strong>di</strong> una zappa campestre, coll’occhio livido e torvo, col cuore in<br />
grande burrasca, s’avvicina col piè tremante alla santa e venerata immagine, che nella pacifica sua<br />
amabilità pareva a lui <strong>di</strong>cesse: “amico a che fare sei qui venuto” … . Non curando forse i clamori della moglie, lo<br />
stridore dei figli, che accortisi del truce <strong>di</strong>segno l’avevano inseguito, scaglia sopra la santa e innocua immagine<br />
colpi spessi e violenti, così che in breve tempo essa cede e cade sfracellata al suolo, lasciando ancora <strong>di</strong> sé sul<br />
muro poche tracce, sfuggite nella penombra, al cieco furore dell’incollerito conta<strong>di</strong>no ... . “Ecco tolta così l’infausta<br />
origine d’ogni mio danno, ecco salvati i miei frutti, i miei fieni” avrà detto in cuore suo quello sciagurato avaro,<br />
mentre dando un ultimo sguardo alla sacrilega opera devastatrice delle sue mani si ritirava al notturno riposo. Ma<br />
oh! qual riposo, qual sonno poteva prendere in quella notte, turbato da quel fatale rimorso, che dopo un’opera<br />
colpevole sempre si manifesta nel cuore umano ad amareggiarlo ... .<br />
Ma inutilmente <strong>di</strong>rebbe qui il profeta Giobbe: “Invano alzò temeraria destra contro Dio e si fece forte contro<br />
l’Onnipotente”. Quel Dio che fa tutto cooperare al bene, anche gli stessi peccati, in quella medesima notte<br />
sventava i <strong>di</strong>segni dell’avarizia e provvedeva nel modo più miracoloso a ripristinare l’onore e il culto della sua<br />
santissima Madre che si voleva spento. Dispose cioè che, ove era stata abbattuta la prima, una seconda<br />
immagine apparisse, nel medesimo luogo, del medesimo soggetto, della medesima amabilità, e che la<br />
mattina seguente si vedesse integra ed illesa dallo stesso proprietario con grande meraviglia e stupore<br />
suo e <strong>di</strong> quanti accorsero ad ammirare quella nuova apparizione. Alcuni ritengono, che il proprietario abbia<br />
scagliato anche su questa seconda immagine miracolosa un colpo <strong>di</strong> zappa, e lo argomentano da un ammanco<br />
<strong>di</strong> pittura che esiste sulla gamba sinistra ed in parte sulle pieghe del manto della santa effigie, e che subito dopo<br />
questo secondo attentato cadesse tramortito al suolo come in letargo, dal quale si svegliò tramutato in meglio.<br />
Ma se il fatto è possibile, la tra<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> esso non è però generale e non è accennata dagli autori che primi<br />
descrissero l’apparizione.<br />
Comunque sia, pare certo che il proprietario riconoscendo in questi fatti un intervento soprannaturale,<br />
apprendesse a rispettare e venerare egli stesso quella misteriosa immagine, e pubblicando pentito il suo errore,<br />
<strong>di</strong>venisse egli stesso apostolo del culto della Vergine d’Erbia.<br />
Questo fu certamente il primo miracolo operato dalla nuova immagine ed è ricordato dall’affresco posto<br />
sopra l’arco del presbiterio dell’attuale chiesa ad opera del pittore Ponziano Loverini e fu seguito da<br />
moltissime altre grazie elargite ai popoli, che vi accrebbero frequenza e devozione.<br />
L’immagine che oggi si venera in quel santuario, è precisamente quella che miracolosamente appariva<br />
la notte dell’agosto 1550, con qualche avaria sofferta a causa della luce, dell’inclemenza <strong>di</strong> stagioni ed<br />
intemperie alle quali molto tempo rimase esposta, non che della stessa pietà dei fedeli che vi affiggevano voti e,<br />
dopo quattro secoli, conserva ancora la sua primitiva forma e naturalezza.<br />
Nell’affresco del Loverini, mentre si scorge il proprietario devastare col ferro l’antica immagine, nelle<br />
alte regioni del cielo si vedono angeli trasportare la nuova immagine, e nella parte bassa della scena<br />
l’Arcangelo Michele fugare ed abbattere il demone dell’empia avarizia. Questo fatto si scorge anche sulla<br />
medaglia che si <strong>di</strong>stribuisce al santuario e che i devoti usano come potente talismano ne’ molteplici loro bisogni.<br />
74<br />
Capitolo III<br />
Prove antiche della miracolosa apparizione dell’immagine<br />
…<br />
Capitolo IV<br />
Prove recenti della miracolosa apparizione dell’immagine<br />
…<br />
Capitolo V<br />
Seconda apparizione <strong>di</strong> Maria Vergine in Erbia