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Italico 26 , e quin<strong>di</strong> regolata da una restrittiva polizia mineraria, giustificata sia dal maggior pregio della risorsa,<br />
sia dalla maggiore pericolosità dei sistemi <strong>di</strong> estrazione, che richiedevano una accurata, stu<strong>di</strong>ata e controllata<br />
pianificazione.<br />
La “scoperta” dell’esistenza nella valle <strong>di</strong> questo tipo <strong>di</strong> materiale, per quanto non documentata,<br />
dovrebbe risalire a tempi molto antichi, perché affiorava in corrispondenza delle incisioni fluviali della<br />
Romna e del Re (oggi resta solo il sito lungo il torrente Re a monte del Centro Sportivo Consortile, fig. 5.34). La<br />
prima richiesta <strong>di</strong> concessione <strong>di</strong> estrazione, avanzata da parte <strong>di</strong> un certo Ra<strong>di</strong>ci alla Serenissima, è datata<br />
1785. Pur ottenuta la concessione, il Ra<strong>di</strong>ci non intraprese i lavori, né altri lo fecero, molto probabilmente in<br />
seguito alla scarsa concorrenzialità <strong>di</strong> prezzo rispetto al legname, allora abbondante, più facilmente reperibile e <strong>di</strong><br />
conseguenza meno costoso.<br />
Alcuni decenni più tar<strong>di</strong>, negli anni 1803 e 1804, il rinvenimento <strong>di</strong> affioramenti nei comuni <strong>di</strong> Leffe e <strong>di</strong><br />
Cazzano riattivò l’interesse nei confronti <strong>di</strong> questa risorsa: in breve tempo la Società Francese avviò<br />
l’estrazione, presto seguita da altre società che per poco meno <strong>di</strong> 100 anni si avvicendarono nell’attività<br />
estrattiva in vari siti della valle: la Biraghi e la Francese, entrambe attive in sinistra idrografica della<br />
Romna nel comune <strong>di</strong> Leffe (fig. 5.57), la Ditta Botta, attiva dal 1820, a destra della Romna nei comuni <strong>di</strong><br />
Cazzano e <strong>di</strong> <strong>Casnigo</strong>, e inoltre le <strong>di</strong>tte Monti, Campana, Carrara, Melchiorre Gioia, ecc.<br />
L’estrazione venne sospesa sul finire del XIX secolo, a causa degli insostenibili costi <strong>di</strong> produzione, per cui la<br />
“lignite” non era più in grado <strong>di</strong> reggere la concorrenza con gli altri combustibili (legna e carbone). Le pressioni<br />
economiche della prima guerra mon<strong>di</strong>ale favorirono la ripresa dell’attività, che continuò con alterne fasi, con<br />
massimi durante il secondo conflitto e negli anni imme<strong>di</strong>atamente successivi, quando la S.I.L.L.A. (Società<br />
Italiana Lavorazione Lignite e Argilla) dava lavoro a più <strong>di</strong> 400 operai. L’attività cessò negli anni 1947-48,<br />
quando da un lato l’inesorabile esaurimento del bacino estrattivo e dall’altro la concorrenza, ormai mon<strong>di</strong>ale, <strong>di</strong><br />
altri combustibili presenti sul mercato imposero un <strong>di</strong>vario troppo forte tra i prezzi dei prodotti <strong>di</strong> importazione e i<br />
costi da sostenere per mantenere la locale estrazione <strong>di</strong> “lignite”.<br />
I principali costi <strong>di</strong> estrazione della “lignite” della Valgan<strong>di</strong>no erano due: uno era connesso all’estrazione, l’altro<br />
alla stagionatura del materiale. L’escavazione avveniva solo occasionalmente a cielo aperto, come nel caso del<br />
sito estrattivo denominato Scaagiorno (scavi a giorno), situato nei pressi della confluenza del torrente Re e della<br />
Romna, dove il banco maestro si trovava a pochi metri <strong>di</strong> profon<strong>di</strong>tà e quin<strong>di</strong> bastava asportare una modesta<br />
coltre <strong>di</strong> copertura per accedere ai livelli utili (figg. 5.56 e 5.57). Nel caso degli altri siti, invece, in base alla<br />
profon<strong>di</strong>tà a cui si intercettava il banco maestro, si estraeva me<strong>di</strong>ante lo scavo <strong>di</strong> cunicoli orizzontali, o gallerie<br />
ramificate da pozzi nel caso <strong>di</strong> profon<strong>di</strong>tà più rilevanti, da 10 (fig. 5.59) fino a 70 (100) m.<br />
Un problema costante, per qualsiasi tipo <strong>di</strong> metodo <strong>di</strong> estrazione, erano le venute d’acqua, spesso vere e<br />
proprie polle da cui sgorgava incessantemente acqua che intralciava o ostacolava il lavoro dei minatori 27 . Oltre<br />
all’acqua era importante la circolazione d’aria per l’estrazione in galleria, generalmente ottenuta per mezzo <strong>di</strong><br />
pozzi comunicanti con la superficie o pompe per introdurre una circolazione d’aria forzata.<br />
Il materiale estratto veniva caricato su vagoncini e portato in superficie (fig. 5.58), selezionato in base alla<br />
pezzatura 28 e posto sotto tettoie a stagionare per circa un’anno. Questo permetteva una lenta e graduale 29<br />
evaporazione dell’acqua ancora contenuta nella “lignite” sgra<strong>di</strong>ta in quanto incideva negativamente sul potere<br />
calorifico 30 , sul prezzo, sui costi <strong>di</strong> trasporto e sull’appetibilità sul mercato. In un anno <strong>di</strong> stagionatura infatti il<br />
contenuto d’acqua passava dal 45% al 30-35% e il peso da 12,80 q/mc a 9 q/mc. La “lignite” così preparata<br />
veniva destinata principalmente a filande, seccatoi, macchine a vapore.<br />
Nonostante il suo cattivo odore, sia allo stato grezzo sia in seguito alla combustione, la “lignite” della<br />
Valgan<strong>di</strong>no possedeva dei pregi particolari: conteneva pochissima pirite e <strong>di</strong> conseguenza non intaccava le<br />
caldaie, ma soprattutto la costanza, intensità ed equabilità del calore emanato in combustione la rendeva ideale<br />
negli impieghi che richiedevano <strong>di</strong> mantenere l’ebollizione e la temperatura dell’acqua a una uniforme elevazione.<br />
Per questo motivo veniva preferita alla legna, che invece produce fiamma “effimera”.<br />
Di questa attività oggi in superficie non restano che poche vestigia: alcuni manufatti, come la galleria<br />
che collegava l’agro <strong>di</strong> <strong>Casnigo</strong> con la stazione <strong>di</strong> Vertova da cui la “lignite” partiva per le fabbriche della<br />
pianura, o le lapi<strong>di</strong> che commemorano alcuni degli incidenti occorsi ... ma ad alcuni metri <strong>di</strong> profon<strong>di</strong>tà<br />
nel sottosuolo è ancora presente un reticolo <strong>di</strong> gallerie e ramificazioni che, come mostra la fig. 5.60,<br />
rende l’idea <strong>di</strong> quanta “lignite” è stata estratta, <strong>di</strong> quante braccia ci hanno lavorato e dell’importanza che<br />
questa risorsa ha costituito per la Valgan<strong>di</strong>no.<br />
24 FOLLO O GUALCHIERA: follone tessile ad acqua.<br />
25 Nel 1947 in questa fornace si produssero circa 2.000.000 <strong>di</strong> pezzi tra mattoni e tegole.<br />
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