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giuri<strong>di</strong>co, puntiglioso. Ripetizioni ossessive, determinazioni superflue, esplicitazioni che si intersecano tra loro<br />
aggravano la lezione originale; ma ci siamo chiesti se fosse legittimo toglierle <strong>di</strong> mezzo e con quale vantaggio. La<br />
versione settecentesca a volte ci consentiva una lettura alla lettera; altre volte semplificava vistosamente<br />
l’assunto. Abbiamo scelto una versione <strong>di</strong> compromesso tra la fedeltà scrupolosa al testo e una comunicazione<br />
che fosse comprensibile oggi.<br />
Questa ricerca <strong>di</strong> attualizzazione non è apparsa, se non raramente, facile, perché la lezione originale latina,<br />
trapassando in una sistemazione normativa e linguistica nuova (quella <strong>di</strong> Venezia e quella del volgare), molto<br />
dovette perdere in rigore e in sistematicità.<br />
Non è stato sempre facile definire con sicurezza il lessico, stabilire la corrispondenza dei significanti,<br />
agganciare un significato univoco, o risalire (per es. nei verbi) da un solo significante a significati <strong>di</strong>vergenti,<br />
<strong>di</strong>scernere l’opinabile dal sicuro. Altre volte la sintassi presenta smagliature e rattoppi che la squarciano o la<br />
appesantiscono.<br />
Ci illu<strong>di</strong>amo <strong>di</strong> aver dato, senza aver risolto tutte le <strong>di</strong>fficoltà, una versione onesta.<br />
Dell’originale abbiamo poi dato la più fedele trascrizione che ci è stata possibile, riproducendo le carte secondo<br />
la stessa struttura, dopo aver provveduto a numerare le carte (c), <strong>di</strong>stinguendole in recto (r) e verso (v)) e le righe<br />
per permettere più agili riferimenti.<br />
Anche la semplice lettura è stata a volte <strong>di</strong>sagevole, considerato il non perfetto stato <strong>di</strong> conservazione della<br />
pergamena. Là dove la lettura ci è stata impossibile abbiamo sostituito le parentesi.<br />
La trascrizione, oltre che un dovuto atto <strong>di</strong> fedeltà alla lezione, potrà almeno costituire un punto <strong>di</strong> partenza per<br />
chi volesse muovere dal solo documento originale.<br />
A questo abbiamo premesso informazioni che riteniamo utili, non rinunciando ad alcune annotazioni <strong>di</strong> lingua<br />
perché – e ciò aveva, sia pure in piccola parte, motivato la nostra ricerca – il documento è significativo anche <strong>di</strong><br />
quella, in una realtà fisicamente lontana dalla città oltre che dalle corti del tempo. Quale strumento <strong>di</strong> appoggio<br />
alla lettura abbiamo fatto seguire, molto semplificando, un glossario.<br />
Il lavoro è <strong>di</strong>viso in due sezioni.<br />
La prima (ambiente – statuto – vita comunale) è organizzata per una lettura della nostra versione dello<br />
Statuto , ed è stata mantenuta in un ambito comunicativo semplificato, perché non apparisse riservata ai soli<br />
addetti ai lavori.<br />
La seconda è organizzata intorno alla fedele trascrizione del manoscritto originale, e si limita a fornire gli<br />
strumenti minimi <strong>di</strong> supporto (identità del documento – glossari) per un approccio più <strong>di</strong>retto al documento, in<br />
previsione (e sollecitazione) <strong>di</strong> nuove (per estensione e profon<strong>di</strong>tà) indagini che il testo certamente merita.<br />
[pp. 53-68]<br />
LE CARICHE COMUNALI<br />
Nel <strong>Comune</strong> <strong>di</strong> <strong>Casnigo</strong>, come in genere in tutti i comuni me<strong>di</strong>evali, la durata delle cariche comunali è molto<br />
breve. Ciò è dettato dal preconcetto che l’eccessiva durata <strong>di</strong> una carica potrebbe mettere il soggetto che la<br />
ricopre nella possibilità <strong>di</strong> abusare dei propri poteri, scavalcando le <strong>di</strong>sposizioni statutarie.<br />
Il capitolo 15° dello statuto, che porta il titolo “De quelli che non possono essere officiali del comu e dela<br />
pena de quelli che li elezeranno”, elenca le persone che non possono essere elette a cariche comunali. Sono i<br />
forestieri, gli inferiori agli anni venti, i servi, le donne, i sor<strong>di</strong>, i muti, i pazzi, i debitori del <strong>Comune</strong>, i<br />
membri della stessa famiglia. L’esclusione dei forestieri dalle pubbliche cariche si può comprendere se si<br />
considera che in quel tempo ogni <strong>Comune</strong> rappresenta un piccolo mondo a sé e i rapporti con i centri vicini sono<br />
molto limitati. Essere eletto al pubblico consiglio richiede una precisa conoscenza della situazione e dei problemi<br />
locali.<br />
Altri capitoli dello statuto stabiliscono chi può essere eletto, come devono avvenire le elezioni (1) , la durata delle<br />
cariche, le incombenze e ancora le pene per chi non accetta le cariche. Non ci sono, dunque, liste elettorali.<br />
Rivestire una carica pubblica è considerato servizio alla comunità ed è punito chi rifiuta il risultato <strong>di</strong> una elezione.<br />
Non bisogna <strong>di</strong>menticare che all’epoca dello statuto la democrazia muove i primissimi passi, dopo secoli <strong>di</strong><br />
dominazioni più o meno sentite, ma sempre, come tali, limitatrici delle volontà in<strong>di</strong>viduali. E’ forse questa la<br />
ragione principale della presenza <strong>di</strong> tali <strong>di</strong>sposizioni negli statuti: rifiutare il risultato favorevole <strong>di</strong> una elezione<br />
avrebbe potuto significare non vedere il valore <strong>di</strong> un simile fatto, dopo oscuri tempi in cui innumerevoli volontà<br />
erano state sottomesse ai piaceri e ai capricci <strong>di</strong> un solo uomo.<br />
Particolareggiate sono le <strong>di</strong>sposizioni dello statuto riguardanti le cariche pubbliche. L’eletto, mentre ripete le<br />
parole del giuramento, deve tenere le mani sul libro dei Vangeli. Non deve lasciarsi influenzare da sentimenti <strong>di</strong><br />
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