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conquista – dovrebbe consentire <strong>di</strong> datare tale tavola agli ultimi anni del Quattrocento o ai primi del Cinquecento.<br />
Anche Venezia dunque dovette presto rendersi conto che il dare per avere era ben conosciuto anche nelle Valli<br />
bergamasche (33) .<br />
Dieci anni dopo la pace <strong>di</strong> Ferrara, Niccolò Piccinino, al soldo <strong>di</strong> Filippo Maria Visconti, passava l’Oglio e<br />
riconquistava a Milano anche i luoghi del Bergamasco già occupati dai Veneziani, mentre il Gattamelata,<br />
subentrato nel comando generale delle forze veneziane a G. F. Gonzaga, cercava <strong>di</strong> salvare Brescia (34) .<br />
Venezia reagiva, affidando il comando supremo delle sue milizie a Francesco Sforza (35) .<br />
Nel 1440 la Valgan<strong>di</strong>no era <strong>di</strong> nuovo in mano veneziana (36) .<br />
Ma una sola memoria premeva alle Valli, quella dei propri privilegi: ‘amore Dei et utilitate publica’ (37) .<br />
Con la pace <strong>di</strong> Cremona, il 20 novembre 1441, conclusa sulle basi della precedente pace <strong>di</strong> Ferrara, Venezia,<br />
mentre prendeva atto della fedeltà delle Valli bergamasche, doveva loro pagare l’abituale tributo (38) .<br />
Nel 1454, il Colleoni era <strong>di</strong> nuovo passato da Venezia allo Sforza (da quattro anni riconosciuto Signore <strong>di</strong><br />
Milano) (39) : ne pagò il prezzo anche la Valgan<strong>di</strong>no (40) ; Bergamo fu salvata dal voltafaccia del condottiero<br />
bergamasco (41) .<br />
Nella progressiva sistemazione, in cui Venezia cercò <strong>di</strong> risolvere il problema spinoso dei rapporti tra<br />
Bergamo e il suo territorio (42) , quest’ultimo, <strong>di</strong>viso in pianura e montagne o Valli, venne sud<strong>di</strong>videndosi in<br />
quattor<strong>di</strong>ci quadre – oltre le quattro Valli più settentrionali <strong>di</strong>sgiunte dal rimanente della provincia – e in alcune<br />
podesterie separate (Lovere, e altre in pianura) (43) .<br />
Le valli ebbero otto quadre, <strong>di</strong> cui tre la VaI Seriana: la quadra <strong>di</strong> VaI Seriana superiore (comprendente<br />
le due quadre minori associate <strong>di</strong> Ardesio e <strong>di</strong> Clusone), la quadra <strong>di</strong> VaI Seriana <strong>di</strong> mezzo (con Gan<strong>di</strong>no<br />
come capoluogo) (44) , la quadra d i VaI Seriana inferiore (con capoluogo e residenza del vicario a Nembro).<br />
Ogni quadra era governata da un vicario, o podestà, o rettore, o commissario, nominato dal Consiglio Maggiore<br />
della città (45) .<br />
Egli aveva funzioni <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>ce, con giuris<strong>di</strong>zione civile: le sue sentenze erano appellabili davanti ai giu<strong>di</strong>canti <strong>di</strong><br />
Bergamo.<br />
La storia <strong>di</strong> Bergamo e del suo territorio dal secolo XV appare dunque soprattutto storia <strong>di</strong> provincia,<br />
determinata e guidata dal potere centrale, Venezia, apparentemente lontano, ma in realtà sempre presente, con<br />
rettori assai devoti all’interesse della Repubblica ed attentamente sorvegliati da un governo invadente, severo,<br />
sospettoso, ma sostanzialmente giusto. Così le vicende del territorio bergamasco durante tutto il 1400 seguono<br />
da vicino quelle <strong>di</strong> Venezia, che tiene conto della fedeltà dei Bergamaschi. Bergamo, infatti, al confronto delle<br />
altre città del dominio, risulta meglio trattata. Venezia non esita infatti a largheggiare in esenzioni, grazie, privilegi.<br />
Essa risolve con abilità il problema che sta al centro <strong>di</strong> tutta la politica interna del territorio bergamasco, a<br />
partire dagli ultimi anni del periodo comunale: il problema dei rapporti tra la città (Bergamo) e il territorio,<br />
specialmente nelle Valli. Tale problema si riassume nella tenace e insistente richiesta della città <strong>di</strong> avere le Valli<br />
alle sue <strong>di</strong>rette <strong>di</strong>pendenze e nell’altrettanto tenace e insistente volontà delle Valli <strong>di</strong> rimanere autonome e<br />
separate. E la Repubblica <strong>di</strong> Venezia tiene fermi i privilegi del territorio e il decentramento voluto specialmente<br />
dalle Valli, che erano già stati concessi da Pandolfo Malatesta.<br />
Non mette conto ricordare che Gan<strong>di</strong>no ha notissima storia già nel primo periodo comunale (46) se non per<br />
giustificare la sua naturale in<strong>di</strong>cazione a capoluogo della quadra (47) .<br />
In tale periodo – per evidenti ragioni <strong>di</strong> interessenze boschive e prative, per attività manifatturiere e commerciali<br />
(48) – talune località erano in stretta relazione tra <strong>di</strong> loro: per questo la quadra veneziana che fa capo a Gan<strong>di</strong>no<br />
rappresenta una sommaria interpretazione unitaria <strong>di</strong> due comunità o università ben <strong>di</strong>stinte per organizzazione<br />
interna e ambito d’influenza, anche se territorialmente contigue: la Valgan<strong>di</strong>no (intorno a Gan<strong>di</strong>no) e la comunità<br />
<strong>di</strong> Honio (intorno a Vertova) (49) .<br />
La citata carta del Mortier assegna la Valgan<strong>di</strong>no alla VaI Seriana <strong>di</strong> mezzo, evidenziando il corso del<br />
Serio (50) (che dà natura e nome alla ‘Val de Seriana’); e non solo si fa premura <strong>di</strong> tracciare<br />
meticolosamente il corso della Romina R. (‘rivière’) (quel torrente che scorre sul fondo della Valgan<strong>di</strong>no e che<br />
lo Statuto chiama ‘Rumna’ (c33v,30) o anche ‘Romna’ (c36r, 27; c39v, 15) ma le trova pure un affluente che<br />
parrebbe scendere dai Monticelli (51) .<br />
Intorno a Gan<strong>di</strong>no (ben in<strong>di</strong>viduato) si <strong>di</strong>spongono Cirano (ora sua frazione ma ancora parrocchia a sé) e Pea<br />
(Peia); manca inspiegabilmente Leffe (la cui attività comunale è documentata fin dal 1278).<br />
Ci sono Caza (Cazzano S.Andrea), Barziza (l’attuale Barzizza, ma eccessivamente accostata al Serio) e<br />
<strong>Casnigo</strong> (con la grafia moderna).<br />
A Nord <strong>di</strong> ‘Barziza’ compare un ‘Temita’, che altro non dovrebbe essere se non il trecentesco santuario<br />
della SS.Trinità, il quale sovrasta invece imme<strong>di</strong>atamente <strong>Casnigo</strong> ed è a Nord-Ovest <strong>di</strong> Barzizza.<br />
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