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<strong>Antologia</strong> <strong>Pagine</strong> <strong>Ribelli</strong> <strong>Volume</strong> <strong>Terzo</strong><br />
Mi resta però il rimorso di non aver captato i segnali<br />
di aiuto che mi lanciava. Talvolta erano così palesi<br />
che adesso vorrei sbattere la testa al muro.<br />
“Oggi non sono andata in ufficio. Ho aspettato che<br />
si facesse sera.”<br />
Una frase che poteva significare tutto oppure nulla.<br />
Un filo di fumo. E io non l'ho capita, ero troppo<br />
lusingato del ruolo che lei mi attribuiva. Ero la<br />
persona più importante della sua vita... lo sarei<br />
sempre stato. Quando mi fissava negli occhi, era<br />
come se rivendicasse la mia appartenenza a lei.Io le<br />
appartenevo ma lei non era mia.<br />
In tutto quel tempo non ci siamo mai neppure<br />
sfiorati. Nessun bacio sulla guancia, né un lieve tocco<br />
di mani. Eppure lei era così intensamente dentro di<br />
me.<br />
Non le piaceva ricevere apprezzamenti per<br />
l'abbigliamento o la pettinatura. Frasi udite troppe<br />
volte da altri uomini. Non era quello che voleva da<br />
me. Di conseguenza non mi curavo troppo della sua<br />
mise o di come si truccava. Era sempre di un'eleganza<br />
sobria, incorruttibile.<br />
Una sera aveva indossato una gonna corta, sopra il<br />
ginocchio. Non portava calze. Mentre pagava il<br />
conto, mi sorpresi a osservare le sue caviglie<br />
affusolate. Non potei neppure evitare il confronto<br />
con le gambe della mia ragazza. Quest'ultima ne uscì<br />
irrimediabilmente sconfitta, ahimè.<br />
L'insistenza del mio sguardo fu tale che lei se ne<br />
accorse. Per dissimulare l'imbarazzo inventai una<br />
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