L'esodo visto da Gigi Vidris. - Arcipelago Adriatico

L'esodo visto da Gigi Vidris. - Arcipelago Adriatico L'esodo visto da Gigi Vidris. - Arcipelago Adriatico

arcipelagoadriatico.it
from arcipelagoadriatico.it More from this publisher
12.06.2013 Views

MAGGIO 2006 Sped. in abb. Post. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 2, DCB Trieste - Quadrimestrale n. 75 – Iscritto al n. 718 del Registro Giornali e Periodici del Tribunale di Trieste – 26.01.1988 – Editore: Società Francesco Patrizio della Comunità Chersina L’esodo visto da Gigi Vidris.

MAGGIO 2006<br />

Sped. in abb. Post. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 2, DCB Trieste - Quadrimestrale n. 75 – Iscritto al n. 718 del Registro<br />

Giornali e Periodici del Tribunale di Trieste – 26.01.1988 – Editore: Società Francesco Patrizio della Comunità Chersina<br />

L’esodo <strong>visto</strong> <strong>da</strong> <strong>Gigi</strong> <strong>Vidris</strong>.


Sommario<br />

Essere esuli oggi: riflessioni p. 1<br />

La pirateria in <strong>Adriatico</strong> p. 2<br />

Sui cognomi “italianizzati”<br />

<strong>da</strong>l regime fascista p. 5<br />

CRONACHE DI IERI E DI OGGI<br />

L’ultimo treno per Strasburgo p. 7<br />

Sessant’anni di matrimonio p. 8<br />

RICETTE p. 9<br />

Drugarize p. 10<br />

Il piano per la conservazione del patrimonio<br />

monumentale dell’isola di Cherso p. 11<br />

I NOSTRI PATRONI<br />

Cherso, S. Isidoro p. 12<br />

Lussingrande, S.Antonio Abate p. 12<br />

Caisole, S. Antonio Abatte p. 13<br />

NOTIZIE DAI CHERSINI NEL MONDO<br />

Dall’Australia p. 14<br />

Dagli Stati Uniti p. 15<br />

Ancora sul nostro Leone:<br />

casus belli o casus pacis? p. 16<br />

Comunicato Stampa p. 16<br />

NOI E LE ALTRE COMUNITÀ<br />

Dalla Comunità degli Italiani di Cherso p. 17<br />

Smergo p. 18<br />

RECENSIONI p. 19<br />

Dalla Comunità di Lussinpiccolo p. 20<br />

GIORNO DEL RICORDO p. 21<br />

DEFUNTI p. 22<br />

CONTRIBUTI p. 23<br />

Comunità Chersina<br />

Sede e segreteria:<br />

34123 Trieste - Via Belpoggio, 29/1<br />

Sito Internet: www.comunitachersina.com<br />

Conto corrente postale:<br />

c/c 11338340 (<strong>da</strong>ll’estero CAB 12400, ABI 07601)<br />

Intestato a Soc. “F. Patrizio della Comunità Chersina”<br />

Re<strong>da</strong>zione:<br />

Direttore Responsabile: Angelo Sandri<br />

Direttore Editoriale: Luigi Tomaz<br />

Re<strong>da</strong>ttori: Bommarco Delia<br />

Moise Francesco<br />

Palazzolo Debianchi Carmen<br />

Peruzzi Mauro<br />

Testi e impaginazione a cura di Carmen Palazzolo Debianchi<br />

Recapiti telefonici:<br />

Luigi Tomaz<br />

041 400741<br />

Bommarco Delia<br />

348 2494659<br />

deliuccia@iol.it<br />

Fotocomposizione e stampa:<br />

Tipo/Lito Astra Srl - 34147 Trieste<br />

Via Cosulich 9-11 - Tel. e Fax 040 830180<br />

Allegato a questo numero del giornale è l’inserto<br />

DIARIO DI UN CHERSINO IN GUERRA: 1943-1945<br />

di Nicolò (Nick) Chersi<br />

CHERSINI IN FUGA di Giacomo Negovetich<br />

XXX RADUNO ANNUALE<br />

DEI CHERSINI<br />

Aquileia, domenica 21 maggio 2006<br />

Il PROGRAMMA<br />

del raduno si articola in 3 parti: Assemblea Generale, S. Messa, Pranzo<br />

sociale, che si svolgeranno secondo il programma che segue.<br />

All’interno dell’Assemblea Generale si svolgeranno le elezioni per il rinnovo<br />

del Consiglio Direttivo, perciò si raccoman<strong>da</strong> vivamente di partecipare.<br />

Ore 08:30 - Atrio della sala Romana: Accoglimento e registrazione dei<br />

partecipanti<br />

Ore 09:00 / 12:15 - Assemblea Generale secondo il programma descritto<br />

nel riquadro che segue<br />

Ore 12:30 - S. Messa concelebrata nella Basilica <strong>da</strong> sacerdoti chersini<br />

veraci e adottivi come don Maurizio Qualizza<br />

Ore 13:30 – Pranzo sociale all’Hotel Patriarchi<br />

E’ indispensabile la prenotazione del pranzo telefonando al n. 040<br />

395942 / 339 6483874<br />

e dell’eventuale pernottamento della notte precedente telefonando<br />

direttamente all’Hotel Patriarchi (tel. n. 0431 919505)<br />

Costo del pranzo:€ 23,00 a persona<br />

Costo del pernottamento con prima colazione: € 48,00 a persona in stanza<br />

singola; € 39,50 a persona in stanza doppia<br />

ASSEMBLEA GENERALE<br />

PER LE ELEZIONI<br />

Della Società Francesco Patrizio della Comunità Chersina<br />

Il Consiglio direttivo della Società Francesco Patrizio della Comunità<br />

Chersina, nella seduta svoltasi a Trieste il 2 gennaio 2006 nella sua sede<br />

legale di via Belpoggio n. 29/1, ha deliberato - come disposto <strong>da</strong>ll’art. 11/a<br />

dello Statuto – di convocare l’assemblea generale annuale dei soci ad<br />

Aquileia, nella Sala Romana della Basilica,<br />

domenica 21 maggio 2006<br />

alle ore 8:00 in prima convocazione e<br />

alle ore 9:00, nel medesimo luogo e <strong>da</strong>ta, in secon<strong>da</strong> convocazione<br />

col seguente ordine del giorno:<br />

1. Costituzione della commissione elettorale per il rinnovo del Consiglio<br />

Direttivo e suo insediamento<br />

2. Relazione morale e delle attività svolte nel suo quinquennio di presidenza<br />

(2001/2006) del Presidente e relazione particolare delle attività<br />

svolte nel 2005<br />

3. Relazione economico-finanziaria del quinquennio 2001/2006 del<br />

Tesoriere ed in particolare consuntivo 2005<br />

4. Presentazione dei candi<strong>da</strong>ti al Consiglio Direttivo<br />

5. Eventuale esposizione <strong>da</strong> parte dei candi<strong>da</strong>ti consiglieri di idee ed<br />

orientamenti per l’attività futura della Società<br />

6. Dibattito<br />

7. Elezioni per il rinnovo del Consiglio Direttivo<br />

8. Varie ed eventuali<br />

9. Comunicazione dei risultati delle elezioni<br />

Il Presidente<br />

Carmen Palazzolo Debianchi


Maggio 2006 n. 75<br />

Comunità Chersina<br />

Essere esuli oggi: riflessioni<br />

Domenica 21 maggio, ad Aquileia,<br />

si terrà l’Assemblea Generale per il<br />

rinnovo del consiglio direttivo dell’associazione<br />

Francesco Patrizio<br />

della Comunità Chersina.<br />

Prima di votare è secondo me<br />

opportuno che candi<strong>da</strong>ti e votanti<br />

riflettano al significato e allo scopo<br />

della nostra associazione oggi, alla<br />

sua continuità e alle mo<strong>da</strong>lità con<br />

cui continuare.<br />

Innanzitutto - a mio avviso – occorre<br />

essere consapevoli del fatto che la<br />

storia italiana dell’Istria, della<br />

Dalmazia, della Liburnia e delle<br />

isole del Quarnero finisce con l’occupazione<br />

titina e la successiva<br />

annessione di quelle terre alla<br />

Jugoslavia.<br />

Come sappiamo, il passaggio sotto<br />

ad un altro stato ha indotto quasi<br />

tutti i residenti nelle terre occupate<br />

<strong>da</strong>lla Jugoslavia ad an<strong>da</strong>rsene nella<br />

madre-patria Italia. Questo non era<br />

mai accaduto durante le precedenti<br />

occupazioni asburgiche e napoleoniche<br />

ma bisogna anche rilevare<br />

che l’Italia si è costituita come stato<br />

unitario appena nel 1861 e che il<br />

senso dell’unità nazionale italiana e<br />

di appartenenza alla nazione Italia<br />

non poteva dunque esistere né<br />

sotto l’impero austro-ungarico né<br />

durante il breve governo napoleonico.<br />

Gli italiani se ne sono dunque an<strong>da</strong>ti<br />

per scelta politica e culturale, e<br />

cioè per la libertà di parlare la propria<br />

lingua, professare la propria<br />

religione, educare i figli secondo il<br />

proprio sentire, ma anche per sfuggire<br />

alle vessazioni, persecuzioni,<br />

deportazioni degli occupatori.<br />

In Italia e ovunque sono an<strong>da</strong>ti nel<br />

mondo gli esuli si sono costituiti in<br />

associazioni che, all’inizio, hanno<br />

avuto anche un intento consolatorio<br />

e che, nel tempo, hanno acquistato<br />

le finalità attuali di far conoscere e<br />

difendere la storia romano-veneta e<br />

italiana delle nostre terre di origine.<br />

Ora i luoghi in cui siamo nati appartengono<br />

ad un altro stato, con leggi,<br />

lingua e scrittura diverse <strong>da</strong>ll’italia-<br />

na. Inoltre, l’esodo quasi totale della<br />

popolazione italiana <strong>da</strong> quelle terre<br />

ha fatto sì che la componente italiana,<br />

fino a quel momento maggioritaria,<br />

diventasse in breve minoritaria<br />

mentre lo spazio lasciato libero<br />

<strong>da</strong>gli esuli veniva occupato <strong>da</strong> croati,<br />

serbi, montenegrini,… emigrati<br />

<strong>da</strong>ll’interno dell’ex Iugoslavia, che vi<br />

hanno portato la loro lingua, i loro<br />

usi, le loro tradizioni, la loro cucina,<br />

cioè la loro cultura.<br />

Nelle nostre terre, a custodia della<br />

nostra cultura, è rimasto un esiguo<br />

numero di italiani a cui va riconosciuto<br />

il merito della sua conservazione.<br />

Questo è il motivo per il<br />

quale si devono mantenere e curare<br />

i rapporti con la minoranza italiana<br />

residente nei nostri luoghi di origine.<br />

Oggi, a 60 anni <strong>da</strong>ll’occupazione<br />

iugoslava delle nostre terre, quasi<br />

tutti coloro che sono esulati in età<br />

adulta sono deceduti o sono molto<br />

anziani e la stessa cosa vale per<br />

coloro che sono rimasti sul posto ed<br />

hanno ricevuto un’educazione italiana,<br />

che hanno cioè frequentato<br />

scuole italiane e sono vissuti in un<br />

contesto in cui la lingua d’uso era<br />

italiana. A partire <strong>da</strong>ll’occupazione<br />

titina il contesto – scuole, lingua<br />

d’uso, ecc. – è diventato <strong>da</strong> italiano<br />

croato e ciò ha portato ad una sua<br />

progressiva croatizzazione, dove i<br />

pochi italiani costituiscono un’isola.<br />

Ma non bisogna dimenticare che<br />

essi sono anche croati.<br />

Questa è la realtà - di cui fa parte il<br />

cambiamento del nome dei paesi, la<br />

scrittura croata dei cognomi,… - che<br />

dobbiamo accettare. Accettare la<br />

realtà non significa però accettare la<br />

falsificazione della storia, in qualunque<br />

modo essa sia perpetrata: col<br />

silenzio, l’omissione, l’aperta distorsione,…<br />

; anzi, esuli e rimasti devono<br />

unire le loro forze per combatterla.<br />

Il problema è costituito, piuttosto,<br />

<strong>da</strong> come difendersi <strong>da</strong> codeste falsificazioni<br />

e come, quando sono già<br />

avvenute, riuscire a correggerle.<br />

Un cruccio degli esuli che si occupano<br />

delle problematiche dell’esodo<br />

1<br />

di Carmen Palazzolo Debianchi<br />

è la continuità di questo discorso<br />

perciò, nel tentativo di assicurarla,<br />

tutti cerchiamo di suscitare l’interesse<br />

per le nostre terre e la loro storia<br />

nei nostri figli e nipoti, di solito con<br />

risultanti nulli o scarsi anche quando<br />

conoscono bene il paese d’origine<br />

della famiglia e tutti i suoi abitanti,<br />

esuli e rimasti, perché vanno a<br />

trascorrervi le vacanze estive fin<br />

<strong>da</strong>ll’infanzia; ma non basta perché<br />

per occuparsi della storia delle<br />

nostre terre e traman<strong>da</strong>rla bisogna<br />

conoscerla, e per tenere in vita<br />

un’associazione di esuli bisogna<br />

conoscere anche le diverse problematiche<br />

dell’esodo (beni abbandonati<br />

<strong>da</strong> liqui<strong>da</strong>re o restituire, rimasti…).<br />

E’ un impegno forte e per<br />

perseguirlo bisogna “essere innamorati”<br />

– come diceva il defunto<br />

Padre Bommmarco – delle nostre<br />

terre. Allora l’impegno nello studio,<br />

nell’informazione e nell’organizzazione<br />

del discorso esuli (nel nostro<br />

caso della Comunità Chersina) sarà<br />

vissuto come un gioco, nel senso di<br />

lavoro che si fa con piacere e volentieri<br />

e anche il tempo - che non c’è<br />

mai quando si è giovani,… - in qualche<br />

modo lo si trova.<br />

Ma, quanti dei nostri figli e nipoti<br />

hanno quest’interesse forte per le<br />

vicende della nostra terra natia? A<br />

volte collaborano per compiacerci…<br />

ma non basta.<br />

E allora? Tutto è proprio destinato a<br />

finire con noi?<br />

Penso di no, perché ci sono già i<br />

musei e le biblioteche che raccolgono<br />

i documenti dell’esodo e poi perché<br />

dobbiamo cominciare a riporre<br />

le nostre speranze di continuità<br />

anziché sui nostri figli sui ricercatori,<br />

per i quali la nostra storia ha un<br />

interesse professionale. Essi vanno<br />

pertanto sostenuti, gui<strong>da</strong>ti, se<br />

occorre corretti, mai scoraggiati. La<br />

stessa cosa va detta per i giovani<br />

che si affacciano nelle nostre comunità<br />

col desiderio di collaborare,<br />

purché questo desiderio sia genuino,<br />

“forte”.<br />

Detto questo, poiché c’è un tempo


2 Comunità Chersina Maggio 2006 n. 75<br />

per ogni cosa, ritengo che il tempo<br />

dei raggruppamenti per paese di<br />

origine stia per finire per estinzione<br />

quasi totale, ormai, degli oriundi <strong>da</strong><br />

codesti paesi ed è giunto il tempo di<br />

unirsi superando i campanilismi. Lo<br />

si può fare in diverse maniere: per<br />

vicinanza territoriale, perché presuppone<br />

anche una storia e delle<br />

usanze uguali o simili, per affinità di<br />

idee o per altri tipi di somiglianza<br />

finché non esisteranno che le associazioni<br />

come quella delle Comunità<br />

Istriane, dell’Unione degli Istriani o<br />

dell’Associazione Nazionale Venezia<br />

Giulia e Dalmazia, che attualmente<br />

riuniscono un certo numero<br />

di famiglie o comunità che prendono<br />

il nome <strong>da</strong>i paesi <strong>da</strong> cui provengono<br />

i loro associati. A poco a poco<br />

esse diventeranno un tutto, senza<br />

divisioni per luogo di origine, che<br />

riunirà gli esuli superstiti e i loro<br />

discendenti.<br />

Un’altra cosa che vorrei segnalare<br />

e che gli esuli, pur avendo in comune<br />

il fatto di aver tutti lasciato la loro<br />

terra di origine, hanno di essa ricordi<br />

diversi a secon<strong>da</strong> delle esperienze<br />

personali in essa effettuate e/o<br />

di ciò che stato loro trasmesso <strong>da</strong>i<br />

genitori. E i ricordi sono l’ottica, una<br />

sorta di lente, attraverso alla quale<br />

noi guardiamo il passato che, se i<br />

ricordi sono positivi, è luminoso,<br />

rosa,… se i ricordi sono tristi, brutti,<br />

tragici, è nero, buio, oscuro, grigio.<br />

La realtà è fatta di episodi allegri e<br />

tristi perciò anche tutto ciò che<br />

riguar<strong>da</strong> le nostre terre non può<br />

essere né tutto cattivo né tutto<br />

buono, come gli uomini – che si<br />

tratti di esuli o che si tratti di “rimasti”<br />

– non sono né tutti buoni né tutti<br />

cattivi.<br />

Dopo tanti anni, pur non dimenticando<br />

i torti subiti, mi sembra<br />

importante non trasmettere ai<br />

posteri soltanto l’immagine delle<br />

foibe e la rabbia per i beni perduti<br />

ma recuperare anche i vissuti positivi:<br />

i giochi coi coetanei, le prime<br />

esperienze scolastiche, il primo<br />

amore, la nascita del primo figlio, il<br />

profumo delle prime viole o del<br />

pane appena sfornato, la visione<br />

del sole che tramonta sul nostro<br />

splendido mare o illumina le vestigia<br />

romane e venete delle nostre<br />

città.<br />

“La guerra, il commercio e la pirateria<br />

sono una trinità, non si possono separare”<br />

W. Goethe, Faust<br />

La malvivenza – scrisse lo storico<br />

zaratino Giuseppe Praga nella sua<br />

Storia di Dalmazia – più o meno<br />

organizzata, più o meno legalizzata,<br />

insorgente in particolar modo nei<br />

periodi di crisi politica, è nei Balcani<br />

una manifestazione endemica”.<br />

Proprio così! Fino all’inizio del XIX<br />

secolo la pirateria ebbe una parte<br />

importante nella vita delle popolazioni<br />

viventi sulle coste del Mar <strong>Adriatico</strong> e<br />

nei viaggi su questo mare perché le<br />

incursioni piratesche rappresentavano<br />

un pericolo per la navigazione i<br />

commerci e gli abitanti dei paesi<br />

costieri e perché molti abitanti delle<br />

coste praticarono la pirateria come<br />

una risorsa per l’esistenza, furono<br />

dunque essi stessi pirati. Nel tempo,<br />

questo mare fu infatti percorso <strong>da</strong><br />

pirati illirici, narentani, saraceni,<br />

almissani, uscocchi ed altri.<br />

Non è facile narrare la storia della<br />

pirateria nel Mare <strong>Adriatico</strong> perché<br />

essa si intreccia strettamente con<br />

tutte le vicende di questa parte della<br />

terra. Essa fu favorita <strong>da</strong>lla natura del<br />

terreno, caratterizzato <strong>da</strong> profonde<br />

insenature allungate nell’Istria e <strong>da</strong>lle<br />

isole, penisole, anfrattuosità della<br />

costa orientale tutta, che costituivano<br />

ottimi approdi e rifugi per i naviganti,<br />

onesti e disonesti. Inoltre su questo<br />

mare, che nell’antichità era un importantissimo<br />

mezzo di navigazione<br />

<strong>da</strong>ll’Occidente all’Oriente e viceversa,<br />

passavano costantemente navi cariche<br />

di ogni tipo di merci, spesso preziose,<br />

la cui intercettazione offriva ai<br />

pirati l’opportunità di ricchi bottini.<br />

Altre entrate potevano derivare <strong>da</strong>lla<br />

cattura di personaggi importanti, per<br />

la cui liberazione doman<strong>da</strong>re lauti<br />

riscatti o <strong>da</strong>lla cattura di uomini,<br />

donne, bambini <strong>da</strong> vendere come<br />

schiavi.<br />

Per quanto riguar<strong>da</strong> i tempi più<br />

STORIA<br />

Parte XVIII<br />

LA PIRATERIA IN ADRIATICO<br />

di Carmen Palazzolo Debianchi<br />

remoti, mancano documenti sulla<br />

pirateria ma <strong>da</strong>i reperti finora rinvenuti<br />

si deduce che i primi pirati a comparire<br />

sulla scena del Mar<br />

<strong>Adriatico</strong> appartenevano alle tribù<br />

illiriche degli Istri, dei Liburni e dei<br />

Dalmati. Narra infatti lo storico romano<br />

Tito Livio che, nel 303, il re di<br />

Sparta Cleomene, per an<strong>da</strong>re ai lidi<br />

veneti, dovette tenersi lontano <strong>da</strong>lla<br />

costa orientale dell’<strong>Adriatico</strong> “per<br />

timore dei Liburni e degli Istri che la<br />

infestavano”. Gli Istri risiedevano<br />

presso Pola, dove avevano fon<strong>da</strong>to<br />

un piccolo stato con capitale Nesazio<br />

ma, a dimostrazione di quanto detto<br />

sopra, gli abitanti della costa erano,<br />

all’occasione, anche pirati.<br />

Circa otto/sei secoli prima della<br />

nascita di Cristo, in <strong>Adriatico</strong> comparvero<br />

i Greci: popolo di navigatori,<br />

commercianti… e anche pirati. Essi<br />

fon<strong>da</strong>rono le colonie che conosciamo<br />

col nome di Magna Grecia. Alcune di<br />

queste colonie divennero ricche e<br />

potenti città-stato (polis) con una propria<br />

moneta e una flotta per commerciare<br />

ma con la quale <strong>da</strong>vano anche<br />

continuamente la caccia ai predoni<br />

del mare, che costituivano un costante<br />

pericolo per i loro commerci.<br />

Della loro presenza nell’Alto<br />

<strong>Adriatico</strong> rimangono i ruderi di<br />

Palaziol. Sembra infatti che, al tempo<br />

del governo bizantino, un gruppo di<br />

famiglie greche si fosse stabilita nella<br />

parte meridionale dell’isola di Lussino<br />

e che una comunità di monaci greci<br />

(calogeri) si fosse stabilita sugli scogli<br />

di Oru<strong>da</strong> costruendovi un vasto e<br />

solido convento fortificato sullo scoglio<br />

minore, che in seguito sarà chiamato<br />

Palaziol, e una chiesa con spaziosi<br />

sotterranei in quello maggiore.<br />

Secondo la tradizione, questi fabbricati<br />

erano adibiti a deposito dei bottini<br />

razziati <strong>da</strong>i Greci residenti nell’isola di


Maggio 2006 n. 75<br />

Lussino, di cui si è detto sopra.<br />

Intervenne però a un certo punto la<br />

comunità di Ossero che, col sostegno<br />

di Venezia, cacciò definitivamente i<br />

Greci <strong>da</strong>ll’isola e distrusse gli edifici<br />

sui due scogli di Oru<strong>da</strong>.<br />

I Greci saranno sconfitti e soppiantati<br />

<strong>da</strong>i Romani.<br />

I Romani non si occuparono delle<br />

vicende sul Mar <strong>Adriatico</strong> finché non<br />

sconfissero Cartagine. Le esigenze<br />

delle guerre contro di essa li avevano<br />

intanto fatti diventare esperti naviganti.<br />

L’occasione per intervenire venne<br />

offerta ai Romani <strong>da</strong>i frequenti attacchi<br />

alle loro navi cariche di grano <strong>da</strong><br />

parte dei sudditi della regina Teuta<br />

(vedova e successore del re illirico<br />

Argon, morto nel 230), all’epoca i<br />

pirati più pericolosi dell’<strong>Adriatico</strong>. A<br />

sostenere il commercio indisturbato<br />

sul Mar <strong>Adriatico</strong>, i Romani man<strong>da</strong>rono<br />

<strong>da</strong>lla regina Teuta due ambasciatori.<br />

Teuta rispose loro che le azioni<br />

piratesche erano una normale consuetudine<br />

dei suoi sudditi e che lei<br />

non poteva né intendeva vietarle.<br />

Uno degli emissari di Roma rispose<br />

allora che i Romani avrebbero insegnato<br />

agli Illiri consuetudini migliori.<br />

Subito un guerriero illirico lo colpì a<br />

morte. L’episodio fornì ai Romani il<br />

pretesto per intervenire con una<br />

potente flotta, sconfiggere gli Illiri<br />

della regina Teuta e i Greci e sostituirsi<br />

a questi ultimi nel predominio in<br />

<strong>Adriatico</strong>.<br />

Siamo intorno al 230 a. C.<br />

Gra<strong>da</strong>tamente, i Romani trasformarono<br />

le colonie greche in castri fortificati,<br />

basi d’appoggio per le loro<br />

navi o punti di partenza per esplorazioni<br />

all’interno dei Balcani alla ricerca<br />

di nuove risorse <strong>da</strong> sfruttare, come<br />

giacimenti di rame, ferro e argento.<br />

Ma, se la presenza greca sparì<br />

<strong>da</strong>ll’<strong>Adriatico</strong> settentrionale, non fu<br />

così per i pirati, che non si facevano<br />

vedere in presenza delle forze militari<br />

romane e si rifacevano vivi appena<br />

questa presenza si allentava. Per due<br />

secoli i Romani dovranno impiegare<br />

le loro migliori legioni per soffocare, di<br />

volta in volta, le insurrezioni di Ardiei,<br />

Dalmati, Istri, Liburni, compiendo<br />

immani stragi.<br />

Oltre che essere il teatro delle<br />

lotte contro i pirati per il pacifico svolgimento<br />

dei commerci, su questo<br />

mare sono state combattute le impor-<br />

tantissime battaglie per la conquista<br />

del potere di Pompeo, Crasso,<br />

Ottaviano. Le popolazioni costiere si<br />

schierarono ora con l’uno ora con l’altro<br />

dei condottieri romani ma alla fine<br />

le flotte locali vennero del tutto<br />

distrutte e a percorrere questo mare<br />

rimasero solo le navi romane.<br />

L’ultima battaglia dei Romani contro<br />

gli Illiri, quella che portò alla loro<br />

distruzione, avvenne nei primissimi<br />

anni dell’era cristiana. I Romani stavano<br />

reclutando nell’Illirico truppe per<br />

combattere i Germani. Gli Illiri si ribellarono<br />

e la rivolta si estese a tutta la<br />

Dalmazia ed oltre; al comando di<br />

Batone, ottocentomila di essi mossero<br />

guerra a Roma. La guerra durò tre<br />

anni, alla fine dei quali gli Illiri cessarono<br />

di esistere e l’Illirico diventò la<br />

provincia romana di Dalmazia.<br />

Per consoli<strong>da</strong>re il potere di Roma<br />

sul Mar <strong>Adriatico</strong> e sui paesi costieri,<br />

Ottavino fondò Pietas Julia (Pola),<br />

Salona (eletta a capitale della<br />

Dalmazia), Jadera (Zara),<br />

Parentium, Nesactium, Albona,<br />

Flanona, Tarsatica (Fiume) e molte<br />

altre città ancora.<br />

I Romani portarono in Dalmazia e<br />

nelle isole la loro civiltà, la loro lingua,<br />

la loro cultura.<br />

Il problema della pirateria non si<br />

esaurisce però con la sconfitta degli<br />

Illiri perché <strong>da</strong>l sud giungevano di<br />

tanto in tanto a far razzie i Saraceni,<br />

pirati arabi. La loro azione nell’<strong>Adriatico</strong><br />

non fu costante come fu precedentemente<br />

quella degli Illiri e come<br />

sarà in seguito quella degli Uscocchi,<br />

perché essi non erano abitanti della<br />

zona ma vi giungevano proprio a<br />

scopo di rapina.<br />

Nel medesimo periodo cominciarono<br />

le scorrerie dei Narentani, tribù<br />

slava insediatasi alla foce del fiume<br />

Narenta, che costituiva un rifugio<br />

sicurissimo perché imprendibile <strong>da</strong>l<br />

mare, a una quindicina di chilometri<br />

nell’entroterra, vicino a Narona,<br />

importante centro romano. Altre basi<br />

narentane erano le isole di Lagosta e<br />

Curzola.<br />

Intorno all’830, il rischio di incorrere<br />

in incursioni piratesche essendo<br />

diventato particolarmente grave,<br />

Venezia stipulò un accordo coi<br />

Narentani secondo il quale costoro<br />

non avrebbero attaccato le navi veneziane<br />

in cambio di un tributo in dena-<br />

Comunità Chersina<br />

3<br />

ro. Sembra però che il patto non sia<br />

mai stato rispettato. Nell’839, a S.<br />

Martino di Polizza, ne fu quindi stipulato<br />

un altro <strong>da</strong>l doge Tradenigo, col<br />

medesimo risultato, costringendo i<br />

veneziani a combattere per la sicurezza<br />

dei loro commerci. Resi au<strong>da</strong>ci<br />

anche <strong>da</strong>lla presenza dei Saraceni, i<br />

Narentani si spinsero fino alle porte di<br />

Venezia attaccando le sue navi presso<br />

Sansego (844) e due anni dopo<br />

attaccando e saccheggiando addirittura<br />

Castrum Crapulense (Caorle).<br />

In pratica, a partire circa <strong>da</strong>lla<br />

metà del IX secolo e per tutta la<br />

secon<strong>da</strong> metà dello stesso, anche a<br />

causa della debolezza e del disinteresse<br />

dell’imperatore di Bisanzio, la<br />

parte meridionale dell’<strong>Adriatico</strong> fu<br />

infestata <strong>da</strong>i pirati saraceni e quella<br />

settentrionale <strong>da</strong> quelli narentani con<br />

incursioni saltuarie dei primi verso<br />

nord e dei secondi verso sud.<br />

Il papa, preoccupato per le possibili<br />

ripercussioni della crescente<br />

potenza araba in <strong>Adriatico</strong>, chiese<br />

ripetutamente aiuto ai principi slavi<br />

ma con scarsi risultati.<br />

I <strong>da</strong>nni al commercio, alle navi,<br />

alla popolazione costiera, le stragi<br />

furono numerosissime; fra esse si<br />

possono annoverare il saccheggio e<br />

la distruzione di Ossero, <strong>da</strong> parte dei<br />

pirati saraceni, nell’841. La flotta<br />

saracena fece la sua comparsa a<br />

Ossero il 30 marzo, il giorno dopo<br />

Pasqua. All’epoca Ossero era fornita<br />

di potenti bastioni di difesa e di<br />

numerosa flotta, che tuttavia non<br />

bastarono a proteggere la città che fu<br />

saccheggiata, depre<strong>da</strong>ta dei suoi<br />

maggiori tesori e distrutta; molti suoi<br />

abitanti furono uccisi, altri furono<br />

ridotti in schiavitù. La stessa sorte<br />

toccò a Cattaro e ad Ancona. L’anno<br />

successivo i Saraceni si spinsero<br />

nuovamente nel nord e, dopo aver<br />

sconfitto la flotta veneziana presso<br />

Sansego, conquistarono Bari, facendone<br />

la base delle loro incursioni<br />

nell’<strong>Adriatico</strong> settentrionale e alle città<br />

<strong>da</strong>lmate.<br />

Ai pirati saraceni è attribuita<br />

anche la cattura, nei pressi di<br />

Durazzo, della nave pontificia al ritorno<br />

<strong>da</strong>l Concilio di Costantinopoli<br />

dell’870, di cui perciò non rimane<br />

alcuna documentazione scritta, perché<br />

i documenti furono gettati in mare<br />

ed i vescovi che avevano partecipato


4 Comunità Chersina Maggio 2006 n. 75<br />

al concistoro fatti prigionieri a scopo<br />

di riscatto.<br />

Due anni dopo furono i Narentani<br />

a catturare una nave veneziana vicino<br />

a Salvore, in Istria, e a massacrare<br />

tutto il suo equipaggio. Seguirono,<br />

sempre <strong>da</strong> parte narentana, i saccheggi<br />

di Grado, Emona (Cittanova),<br />

Umago, Rovigno, Parenzo, dove la<br />

magnifica basilica di Sant’Eufemia fu<br />

saccheggiata e devastata. Intervenne<br />

il doge Pietro I Candiano, per mare e<br />

per terra, ma fu catturato e barbaramente<br />

ucciso. In seguito a questo<br />

episodio molte città costiere chiesero<br />

la protezione di Venezia, che stipulò<br />

un patto col re croato Branimiro, che<br />

in cambio di una somma di denaro<br />

pattuita si impegnò a tenere a freno i<br />

corsari.<br />

E pace fu per oltre mezzo secolo!<br />

Questo periodo di pace fu assicurato<br />

per merito del denaro corrisposto<br />

“pro bono pacis” <strong>da</strong> Venezia ma<br />

anche per merito del re croato<br />

Tomislavo, saggio e pacifico. Subito<br />

dopo la sua morte i pirati narentani,<br />

non più tenuti a freno, si rifecero vivi.<br />

L’episodio più eclatante di questo<br />

periodo è sicuramente l’incursione<br />

dei narentani nella stessa Venezia<br />

durante la Festa della Purificazione<br />

del 948. Questa festa, che diventerà<br />

la Festa delle Marie o dei Matrimoni,<br />

si teneva tutti gli anni il 2 febbraio. In<br />

essa i promessi sposi, ricchi e poveri<br />

assieme, prendevano posto su barche<br />

ornate di drappi e bandiere che,<br />

in corteo, an<strong>da</strong>vano alla cattedrale di<br />

S. Pietro in Castello, nell’isola di<br />

Olivolo, sede episcopale. Il corteo era<br />

accompagnato <strong>da</strong> canti e suoni e si<br />

concludeva con una solenne benedizione.<br />

I pirati narentani pensarono<br />

che la cerimonia fosse un’ottima<br />

occasione per fare un ricco bottimo…<br />

anche di fanciulle. La notte fra l’1 e il<br />

2 febbraio essi sbarcarono dunque<br />

su un vicino isolotto disabitato e si<br />

nascosero finché il corteo non fu<br />

entrato in chiesa, quindi comparvero<br />

e lestamente arraffarono tutto quel<br />

che trovarono, presero le spose e<br />

fuggirono sulle loro veloci navi. Il<br />

doge organizzò però immediatamente<br />

la flotta e andò all’inseguimento dei<br />

pirati, li raggiunse nella laguna di<br />

Caorle, li trucidò e liberò le fanciulle.<br />

A seguito di questo grave episodio<br />

fu stipulato un altro patto per la libera<br />

navigazione che rimase in vigore fino<br />

al 996, quando il doge Pietro II<br />

Orseolo decise di farla finita per sempre<br />

con la pirateria. Innanzitutto si<br />

rifiutò di pagare il tributo pecuniario<br />

prestabilito e, quando Croati e<br />

Narentani molestarono per rappresaglia<br />

alcune navi veneziane, mandò<br />

sei navi armate, al comando di<br />

Bragadin, alla roccaforte corsara dell’isola<br />

di Lissa, la distrusse, fece prigionieri<br />

molti dei suoi abitanti e ne<br />

portò alcuni come ostaggi a Venezia.<br />

Ma i Narentani non si arresero, intrapresero<br />

anzi una serie di aggressioni<br />

alle fiorenti città costiere per depre<strong>da</strong>rle.<br />

A Zara sequestrarono quaranta<br />

cittadini veneziani. La città chiese<br />

allora aiuto a Venezia, imitata <strong>da</strong><br />

altre. Il doge Pietro Orseolo II risponde<br />

con la famosa spedizione dell’anno<br />

1.000. Durante quest’ultima,<br />

messo al corrente del fatto che alcune<br />

navi narentane stavano rientrando<br />

<strong>da</strong>lle Puglie con a bordo quaranta<br />

nobili mercanti, mandò ad intercettarle<br />

dieci navi <strong>da</strong> guerra. Queste catturarono<br />

le navi corsare e fecero prigionieri<br />

i nobili mercanti, che furono liberati<br />

in cambio della promessa, <strong>da</strong><br />

parte narentana, che Venezia non<br />

avrebbe più dovuto pagar loro alcun<br />

tributo e della cessazione di qualsiasi<br />

attività piratesca. Inoltre, a maggior<br />

garanzia della cessazione delle attività<br />

piratesche, le roccaforti narentane<br />

delle isole di Curzola e di Lesina<br />

furono distrutte.<br />

Purtroppo, dopo qualche anno di<br />

tranquillità, le incursioni dei pirati<br />

ripresero, allettati <strong>da</strong>lle navi di<br />

Venezia e dei comuni <strong>da</strong>lmati, cariche<br />

di ricchezze che percorrevano<br />

l’<strong>Adriatico</strong>, soprattutto all’an<strong>da</strong>ta e al<br />

ritorno <strong>da</strong>lla Terrasanta in occasione<br />

delle Crociate. Questa volta si trattava<br />

di pirati Almissani (secolo XIII e<br />

inizio del XIV), <strong>da</strong>lla città di Almissa,<br />

sul litorale tra i fiumi Cetina e<br />

Narenta, in cui avevano il loro covo.<br />

Ma, oltre che <strong>da</strong>gli Almissani, nel XIII<br />

secolo l’<strong>Adriatico</strong> fu infestato <strong>da</strong> pirati<br />

Istriani attratti <strong>da</strong>lle ricchezze della<br />

Serenissima e in opposizione al<br />

monopolio veneziano sui commerci e<br />

per mantenere le proprie autonomie<br />

amministrative contrastate <strong>da</strong><br />

Venezia; Pisani e Genovesi per contrastare<br />

il predominio in <strong>Adriatico</strong> di<br />

Venezia, e <strong>da</strong> altri ancora. Il proble-<br />

ma dei pirati era così grave che agli<br />

inizi del secolo il papa cercò di indire<br />

una Crociata contro di essi, secondo<br />

papa Onorio “i più feroci nemici di<br />

Cristo”. Le scarse forze raccolte furono<br />

però facilmente sconfitte <strong>da</strong>gli<br />

Almissani. Poi li combattè l’imperatore<br />

Federico II, anche lui con poco<br />

successo. Intervenne allora Venezia<br />

con 160 navi che assalirono ed espugnarono<br />

Pola, Spalato, Durazzo e<br />

Corfù. Dopo di che furono gli<br />

Almissani a proporre la stipula di un<br />

patto di pace, che non fu tuttavia mai<br />

rispettato come gli altri conclusi in<br />

quel periodo. A un certo punto intervenne<br />

nella lotta contro gli Almissani<br />

anche il re di Napoli Carlo d’Angiò,<br />

che per combatterli indisse una lega<br />

fra le principali città adriatiche. Ma<br />

Venezia, a cui non era gradita l’intromissione<br />

del re di Napoli in <strong>Adriatico</strong>,<br />

intervenne diplomaticamente e riuscì<br />

a stipulare un nuovo patto di pace<br />

con gli Almissani. La guerra fra le<br />

città della lega e i pirati si fece<br />

comunque e i pirati sorpresi sul territorio<br />

siculo-napoletano furono incarcerati.<br />

I saccheggi pirateschi furono però<br />

tenuti a freno soltanto <strong>da</strong>lla flotta<br />

veneziana ed ebbero fine solo<br />

distruggendo i secolari rifugi corsari di<br />

Almissa, Lesina e Brazza e con l’impegno<br />

delle principali città costiere a<br />

combattere la pirateria.<br />

All’inizio del XIV secolo ci fu tuttavia<br />

una ripresa, sia pur breve, delle<br />

incursioni dei pirati almissani col<br />

sostegno dei conti croati della dinastia<br />

Œubiµ, ma le forze veneziane,<br />

unite a quelle di Sebenico e Traù, e<br />

col successivo intervento del re<br />

d’Ungheria Caroberto, portarono alla<br />

definitiva scomparsa degli Almissani<br />

e dei conti Œubiµ.<br />

Con la totale conquista veneta<br />

della Dalmazia, nel 1409, di pirati non<br />

si sentì più parlare fino al XVI secolo.<br />

(continuazione e fine del capitolo sulla pirateria nel<br />

prossimo numero)<br />

Le notizie per questo articolo<br />

sono tratte <strong>da</strong>:<br />

Giacomo Scotti, I pirati dell’<strong>Adriatico</strong>,<br />

Lint., Trieste 2001<br />

Tullio Pizzetti, Con la bandiera del<br />

protettor S. Marco, vol. III,<br />

Campanotto, Pasian di Prato (UD)<br />

1999.


Maggio 2006 n. 75<br />

Comunità Chersina<br />

SUI COGNOMI “ITALIANIZZATI”<br />

DAL REGIME FASCISTA<br />

Tra le menzogne antitaliane straripetute<br />

e purtroppo finora poco e non<br />

efficacemente contraddette <strong>da</strong>lla nostra<br />

controparte, c’è quella dei cognomi<br />

slavi che il governo fascista avrebbe<br />

italianizzato autoritariamente d’ufficio.<br />

Il cognome se lo fece italianizzare<br />

soltanto chi presentò regolare doman<strong>da</strong><br />

per sé e discendenti, in base a due<br />

Regi Decreti pubblicati sulla Gazzetta<br />

Ufficiale e perciò facilmente reperibili<br />

<strong>da</strong> chi volesse verificare la verità di<br />

quanto sto scrivendo. Chi non presentò<br />

la doman<strong>da</strong> si tenne il suo cognome<br />

con grafia e desinenza patronimica<br />

slava. Famiglie di grande notorietà<br />

come i Tripcovich e i Cosulich, grandi<br />

armatori, hanno continuato a portare i<br />

cognomi pre-fascisti e l’on. De<br />

Marsanich, col suo ich, non solo è stato<br />

ministro della Repubblica Sociale<br />

Italiana di Benito Mussolini, ma ha tranquillamente<br />

poi fon<strong>da</strong>to il Movimento<br />

Sociale Italiano, nostalgico del “ventennio<br />

fascista”, del quale è stato il primo<br />

segretario nazionale. Il prof. Goi<strong>da</strong>nich<br />

ha tenuto a Pisa e a Bologna la<br />

Cattedra prestigiosa di storia comparata<br />

delle lingue classiche e neolatine ed<br />

ha diretto l’Archivio glottologico italiano,<br />

ed è stato sempre un grande patriota<br />

istro – <strong>da</strong>lmata senza sentire il bisogno<br />

di cambiare il cognome pur portando il<br />

distintivo del Partito Nazionale<br />

Fascista. Tanto valga anche per tanta<br />

gente comune, di basso ceto, come<br />

risulta <strong>da</strong>gli archivi dello stesso Regio<br />

Esercito e della Regia Marina di tutto il<br />

periodo fascista.<br />

Il primo atto governativo fu il Regio<br />

Decreto Legge 10 gennaio 1926, n°<br />

17, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale<br />

n° 11 del 15 gennaio 1926. Riguar<strong>da</strong>va<br />

la restituzione in forma italiana dei<br />

cognomi deformati con grafia straniera<br />

nella provincia di Trento. Ovviamente si<br />

trattava di grafia tedesca. Il secondo<br />

atto fu il Regio Decreto 7 aprile 1927,<br />

n° 494, pubblicato nella Gazzetta<br />

Ufficiale del 22 aprile 1927. Estendeva<br />

la possibilità di restituire in forma italiana<br />

i cognomi deformati con grafia straniera<br />

(evidentemente slava, cioè slovena,<br />

croata e serba) ma anche tedesca,<br />

agli altri territori di recente annessi al<br />

Regno d’Italia cioè alle province di<br />

Gorizia, Trieste, Pola (Istria), Fiume e<br />

Zara.<br />

Si può essere verificata qualche<br />

intimi<strong>da</strong>zione <strong>da</strong> strapaese ma certo<br />

non paragonabile a quanto accaduto in<br />

tutta la Dalmazia dopo la consegna al<br />

Regno dei Serbi Croati e Sloveni –<br />

Jugoslavia – contemporaneamente al<br />

regime fascista nella Venezia Giulia e a<br />

quanto poi accaduto dopo il 1945<br />

anche nella Venezia Giulia occupata<br />

<strong>da</strong>lla Jugoslavia del maresciallo Tito.<br />

A chiedere al governo italiano il<br />

Decreto Legge, i redenti furono spinti<br />

proprio <strong>da</strong>lla propagan<strong>da</strong> nazional –<br />

razzista degli slavi che, <strong>da</strong>lla metà del<br />

1800 continuava a considerare slavi<br />

tutti coloro che portavano cognomi di<br />

suono slavo ereditati ormai <strong>da</strong> generazioni<br />

o slavizzati d’ufficio <strong>da</strong>i parroci,<br />

come vedremo. Chi con un cognome<br />

così si considerava per lingua, cultura e<br />

sentimenti, di famiglia italiana, era considerato<br />

traditore della propria razza.<br />

I Regi Decreti non furono un’imposizione,<br />

ma una vera e propria liberazione.<br />

Il forsennato razzismo slavo, non<br />

dimentichiamolo, ha ribattezzato arbitrariamente<br />

nomi e cognomi di scrittori,<br />

artisti, filosofi e scienziati italianissimi<br />

unicamente perché di nascita giuliano<br />

– <strong>da</strong>lmata. Ci basti ricor<strong>da</strong>re i purissimi<br />

architetti e scultori del primo Rinascimento<br />

Luciano e Francesco Laurana<br />

e Giorgio Orsini Dalmatico, il filosofo<br />

e letterato Francesco Patrizio - Patrizi<br />

<strong>da</strong> Cherso e addirittura il veneziano<br />

Marco Polo perché una leggen<strong>da</strong> lo<br />

vorrebbe nato a Curzola, isola <strong>da</strong>lmata<br />

venezianissima fino al 1920.<br />

Si è arrivati, ancora nell’Ottocento,<br />

al paradosso di dividere in due le stesse<br />

famiglie: i Bianchini sono rimasti,<br />

com’erano, italiani di Dalmazia, mentre<br />

i Biankini sono diventati esponenti<br />

anche rumorosi del razzismo <strong>da</strong>lmato<br />

– slavo. A voce il cognome è rimasto lo<br />

stesso, mentre per iscritto ha cambiato<br />

sangue, DNA, razza e storia!<br />

Asmentire autorevolmente la menzogna<br />

anti-italiana dei cognomi alterati<br />

<strong>da</strong>l fascismo, è venuta la recente riscoperta<br />

di un libro che sbugiar<strong>da</strong> oltre un<br />

5<br />

di <strong>Gigi</strong> Tomaz<br />

secolo di mistificazioni coinvolgendo<br />

purtroppo ancora una volta la responsabilità<br />

del clero slavocattolico. Nel<br />

numero di luglio – dicembre 2003 della<br />

rivista storica Quaderni Giuliani di<br />

Storia, della Deputazione di Storia<br />

Patria per la Venezia Giulia, il valente<br />

ricercatore e storico Almerico Apollonio<br />

ha pubblicato un articolo intitolato: Le<br />

memorie di Luigi Lasciac. Un quarantennio<br />

di governo asburgico nel “litorale”.<br />

L’articolo contiene la recensione<br />

appassionata del libro Erinnerungen<br />

aus meiner beamtencarrière in Österreich<br />

in den Jahren 1881 – 1918, di<br />

Alois Lasciac, Trieste 1939. L’Apollonio<br />

ha riscoperto il libro nella biblioteca<br />

dell’Archivio di Stato di Trieste.<br />

Dall’Archivio di Trieste io ho ottenuto,<br />

tramite l’amico Alvise Bommarco,<br />

fratello del compIanto Arcivescovo di<br />

Gorizia, le fotocopie delle pagine che ci<br />

interessano di più e che, essendo scritte<br />

in tedesco, mi son fatto tradurre l’estate<br />

scorsa 2005 <strong>da</strong>lla professoressa<br />

Na<strong>da</strong> Madronich, insegnante in<br />

Germania dove risiede, e all’estate in<br />

ferie a Cherso assieme alla mamma<br />

chersina signora Valeria Arseni che<br />

vive in America. Ringrazio l’amico di<br />

Trieste e le due signore per il prezioso<br />

contributo alle mie laboriose vacanze<br />

chersine.<br />

Il dott. Alois Lasciac, già Vicepresidente<br />

della Luogotenenza imperial<br />

regia di Trieste ed ex Presidente della<br />

Commissione amministrativa del<br />

Margraviato (Marca) d’Istria, ci presenta<br />

uno spaccato efficacissimo della<br />

lotta politica tra italiani e slavi già negli<br />

anni ’80 dell’800 nelle isole di Cherso –<br />

Lussino e Veglia che costituiscono <strong>da</strong><br />

sempre il ponte di congiunzione tra<br />

Istria e Dalmazia.<br />

Quanto scrive l’alto funzionario<br />

asburgico a riposo, giunto alla conclusione<br />

della sua esistenza (morirà alla<br />

fine dello stesso 1939) è la verità della<br />

vita politica intensissima non solo delle<br />

tre isole, ma di tutto il Litorale che noi<br />

chiamiamo Giuliano – <strong>da</strong>lmata.<br />

Gli lasciamo la parola senza interromperlo.<br />

Non è possibile infatti raccontare<br />

meglio di lui il clima forsennato<br />

nel quale frati esagitati trascinavano gli


6 Comunità Chersina Maggio 2006 n. 75<br />

elettori alle urne, preti parrocchiali alteravano<br />

sistematicamente i cognomi<br />

delle famiglie e fratelli di Vescovi inscenavano<br />

gazzarre intimi<strong>da</strong>torie in<br />

Parlamento.<br />

Nel luglio 887, su mia doman<strong>da</strong><br />

sono stato trasferito a Lussinpiccolo (in<br />

italiano nell’originale) un distretto plurilingue<br />

(italiano e croato) con una popolazione<br />

che si agitava in lotte nazionaliste<br />

<strong>da</strong> molti anni […] Le città hanno<br />

costumi e usanze veneziane, come<br />

hanno in uso la parlata di Venezia. A<br />

Lussinpiccolo, a Lussingrande, a<br />

Cherso e a Veglia alcune famiglie<br />

usano un bruttissimo dialetto croato traboccante<br />

di espressioni italiane. La gioventù<br />

d’altronde è totalmente italiana<br />

perché nelle scuole si insegna l’italiano.<br />

Invece in chiesa le prediche e le confessioni<br />

sono fatte anche in croato. […]<br />

C’erano due partiti elettorali, italiano<br />

e croato, che lottavano per il primato.<br />

Né l’uno né l’altro dei due partiti aveva<br />

fiducia del commissario governativo<br />

man<strong>da</strong>to a presiedere le elezioni. Lo<br />

consideravano infatti come le creature<br />

dell’odiato governo centrale. […] Gli italiani<br />

avevano a disposizione, per agitare<br />

la gente, mezzi finanziari, invece i croati<br />

avevano efficacissimi agitatori – propagandisti:<br />

preti, insegnanti e soprattutto i<br />

frati dei conventi di Veglia i quali anche<br />

se non avevano diritto di votare (perché<br />

erano forestieri) accompagnavano i<br />

votanti fino al seggio elettorale e alle<br />

urne per controllare come votavano. In<br />

molti casi era costretta a intervenire la<br />

Gen<strong>da</strong>rmeria per allontanare gli intrusi<br />

<strong>da</strong>l seggio elettorale. Naturalmente ciò<br />

provocava grandi proteste che denunciavano<br />

l’imparzialità della Gen<strong>da</strong>rmeria<br />

contro il clero. Le proteste consistevano<br />

in interpellanze sia al Parlamento centrale<br />

sia all’assemblea regionale […]<br />

A Bescanova c’erano due locande,<br />

una gestita e frequentata <strong>da</strong> gente del<br />

partito italiano e l’altra <strong>da</strong>i croati. Io perciò<br />

fui costretto a pernottare in un edificio<br />

nuovo, ancora umido che apparteneva<br />

al maestro di posta […]<br />

Anche in quel terreno neutrale non<br />

ero protetto <strong>da</strong>lle dimostrazioni di protesta<br />

di ambi i partiti. Verso le dieci di<br />

sera infatti, durante un corteo di votanti<br />

croati, sono stati scagliati contro le mie<br />

finestre diversi sassi grandi come uova,<br />

con gri<strong>da</strong> di “abbasso il commissario”.<br />

Poco prima della Pasqua 1888, il<br />

dott. Viteziæ di Veglia, deputato al<br />

Parlamento di Vienna presentò in<br />

seduta aperta un’interpellanza accusandomi<br />

non solo di tendenze irredentiste<br />

(italiane) ma anche di aver fatto<br />

propagan<strong>da</strong> irredentista continua e<br />

pressante tra la gente del distretto.<br />

Durante l’illustrazione dell’interpellanza<br />

in aula si è levato un putiferio di disapprovazione,<br />

non solo <strong>da</strong>i banchi dei<br />

deputati italiani di Trento, Trieste, Istria<br />

e Dalmazia, ma anche <strong>da</strong> deputati di<br />

lingua tedesca. […] Il Presidente ha<br />

minacciato di sospendere la seduta<br />

ma Viteziæ, incurante dell’ammonizione,<br />

ha continuato i suoi falsi attacchi<br />

aggiungendo che il Commissario<br />

distrettuale […] frequentava compagnie<br />

di pessimi individui che avevano<br />

rinnegato Religione e Patria […] L’aula<br />

parlamentare esplodeva in gri<strong>da</strong> <strong>da</strong><br />

ogni parte: Basta! Fai schifo! Vattene<br />

via! Buttatelo fuori! Sicché il Presidente<br />

si è <strong>visto</strong> costretto di sospendere la<br />

seduta per dieci minuti. Riaperta la<br />

seduta, il dott. Viteziæ ha ancora preso<br />

la parola per continuare imperterrito il<br />

suo attacco diffamatorio riuscendo<br />

però a dire soltanto: “Sì, lui (Lasciac)<br />

perseguita e punisce il clero slavo e<br />

con<strong>da</strong>nna i preti a pesanti multe perché<br />

i preti hanno scritto nei registri parrocchiali<br />

i nomi (cognomi) delle famiglie<br />

nella nuova grafia croata”. A causa<br />

del baccano il Presidente è stato<br />

costretto a chiudere la seduta parlamentare”.<br />

Storpiatura dei cognomi nei registri<br />

parrocchiali<br />

Segue per una pagina e mezza il<br />

capitolo intitolato: “Storpiatura dei cognomi<br />

nei registri (Verstümmelung der<br />

Familiennamen in den Pfarrmatriken).<br />

Il dott. Lasciac, allora commissario<br />

distrettuale imperial - regio austro -<br />

ungarico ci dà la seguente testimonianza<br />

autorevolissima:<br />

“A questo punto devo spiegare che<br />

alcuni dei compilatori dei registri usavano<br />

le forme grafiche della scrittura<br />

slava introdotte <strong>da</strong>l linguista Gaj nell’anno<br />

1835. Altri continuavano ad<br />

usare le forme latine fino allora tradizionali<br />

[…] finché l’autorità provinciale,<br />

all’uopo autorizzata <strong>da</strong>l Ministero degli<br />

interni, è stata costretta a diramare<br />

una circolare a tutti i commissari<br />

distrettuali incaricandoli di ispezionare<br />

tutti i registri allo scopo di eliminare gli<br />

abusi che creavano confusione e pro-<br />

teste e di ripristinare le forme di scrittura<br />

dell’antichissimo uso latino - veneto.<br />

In occasione di una ispezione di tali<br />

registri presso la parrocchia di<br />

Chiunschi nell’isola di Lussino fatta<br />

personalmente, ho potuto constatare<br />

che l’amministratore parrocchiale <strong>da</strong>ll’anno<br />

1881 non aveva scritto un sol<br />

atto nei registri di nascita, matrimonio<br />

e morte, ma soltanto in foglietti volanti<br />

mescolati in confusione. Si è scusato<br />

di questa grave mancanza al dovere di<br />

incaricato statale, dicendo che d’inverno<br />

aveva i geloni alle mani e perciò<br />

non era in grado di scrivere.<br />

Gli ho prescritto di completare tutto<br />

quanto non aveva fatto entro due<br />

mesi, pena la multa di 50 Gulden.<br />

Siccome in detti foglietti volanti figuravano<br />

scritti in grafia slavica nomi tradizionalmente<br />

scritti alla latina, gli ho<br />

ordinato di attenersi alla circolare che<br />

era stata appena diramata <strong>da</strong>lla citata<br />

Autorità superiore.<br />

Dato che lui mi ha promesso tutto<br />

senza tentennamenti, credetti di non<br />

dover adottare ulteriori provvedimenti.<br />

[…] Questo episodio che tutti dovrebbero<br />

considerare corretto, benevolo e<br />

moderato, ed inoltre il mio rifiuto di<br />

aderire ad un circolo di lettura croato<br />

appena fon<strong>da</strong>to, per rispetto alla preponderante<br />

maggioranza di sentimenti<br />

italiani di Lussinpiccolo, sono stati ritenuti<br />

sufficienti al dott. Viteziæ per diffamarmi<br />

ed insultarmi brutalmente quale<br />

nemico della religione e del clero e<br />

quale irredentista ”puro sangue”.<br />

Dunque i cognomi venivano alterati<br />

<strong>da</strong>l clero slavo già prima del 1888, nei<br />

registri dei nati, dei matrimoni e dei<br />

morti compilati e custoditi <strong>da</strong>lle parrocchie<br />

per conto dello stato austriaco. Il<br />

clero ci teneva tanto a slavizzare i<br />

cognomi <strong>da</strong> ricorrere al parlamento<br />

quando un funzionario solerte tentava<br />

di ristabilire la legalità nelle registrazioni<br />

demografiche. Il dott. Lasciac conclude<br />

anche, piuttosto amareggiato, che<br />

dopo un primo tentativo, le stesse autorità<br />

statali, ovviamente cedendo ai<br />

Vescovi, lasciarono fare. L’Italia sconfiggerà<br />

l’Austria dopo venti anni <strong>da</strong>ll’interpellanza<br />

del deputato Viteziæ ed il<br />

Fascismo, che nascerà in seguito, non<br />

potrà inventare niente di quanto viene<br />

accusato perché nei territori redenti troverà<br />

già tutto inventato, anche l’arte di<br />

trasformare i cognomi, autoritariamente<br />

d’ufficio e senza Regi Decreti Legge.


Maggio 2006 n. 75<br />

Comunità Chersina<br />

CRONACHE DI IERI E DI OGGI<br />

L’ULTIMO TRENO PER STRASBURGO<br />

L’ultimo treno per Strasburgo.<br />

Non è il titolo di un film ma potrebbe<br />

essere un buono spunto per una<br />

sceneggiatura. Quella di una rappresentazione<br />

teatrale che <strong>da</strong> anni<br />

si trascina tra false promesse e<br />

vere fregature. Quella della vicen<strong>da</strong><br />

dei 350.000 profughi <strong>da</strong>ll’Istria,<br />

<strong>da</strong>lla Venezia Giulia e <strong>da</strong>lla<br />

Dalmazia che lasciando tutto credevano<br />

di aver blin<strong>da</strong>to - almeno<br />

un minimo - i propri interessi con il<br />

trattato di pace del 1947. Veniva<br />

sancito il valore inviolabile della<br />

proprietà e, anche se pochi erano i<br />

fiduciosi su un futuro ritorno e una<br />

futura restituzione, la carta scritta e<br />

controfirmata <strong>da</strong>lle nazioni uscite<br />

vincitrici <strong>da</strong>l conflitto mondiale <strong>da</strong>va<br />

in tal senso una indicazione precisa.<br />

Ma forse è stato su questo<br />

punto di sfiducia, di speranza nulla<br />

che sia la Jugoslavia di Tito che<br />

purtroppo l’Italia hanno giocato a<br />

intrallazzare dietro alle nostre spalle,<br />

sopra i nostri interessi.<br />

L’arroganza jugoslava e l’affarismo<br />

italiota si sono incontrati così<br />

successivamente più volte ed<br />

anche in segreto per concor<strong>da</strong>re e<br />

siglare “accordi a due” funzionali ad<br />

interessi più particolari dei due stati<br />

che non rispettosi dei diritti di chi<br />

sulla propria pelle si ritrovò a dover<br />

pagare un po’ per tutti lo sbaglio di<br />

una guerra di aggressione.<br />

Per sessanta e più anni siamo<br />

rimasti muti e silenziosi creditori in<br />

attesa di briciole, manovrati spesso<br />

<strong>da</strong> interessi politici di partiti che, se<br />

<strong>da</strong> una parte ci blandivano con promesse<br />

e attestazioni di riconoscimento<br />

e soli<strong>da</strong>rietà, <strong>da</strong>ll’altra ci<br />

costringevano a digerire piatti<br />

amari come quello infamante di<br />

Osimo.<br />

Un apparato politico italiano che<br />

per i propri scopi ci ha sempre<br />

gestito coltivandoci, allevandoci,<br />

ammaestrandoci alla propria bisogna<br />

elettorale. Alimentando anno<br />

di Biloslavo Franco<br />

membro del consiglio direttivo dell’Associazione delle Comunità Istriane<br />

per la Comunità di Piemonte d’Istria<br />

Strasburgo, 18 gennaio 2006, mentre una delegazione viene ricevuta all’interno, i rappresentanti delle<br />

Comunità Istriane, giunti sul posto in tre pullman, dimostrano fuori <strong>da</strong>l palazzo del Parlamento Europeo.<br />

dopo anno la nostra già ben radicata<br />

non-speranza, la non-speranza<br />

di poter ritornare, la non-speranza<br />

di poter rientrare in possesso dei<br />

nostri beni, la non-speranza di<br />

poter ricevere altro che poche simboliche<br />

e svalutate palanche per di<br />

più diluite molto, ma molto, nel<br />

tempo.<br />

Su questa non-speranza ha giocato<br />

la Jugoslavia per confermarsi<br />

sui territori occupati e per ottenere<br />

anche più di quello che era stato<br />

pre<strong>visto</strong> nel ’47. Su questa nonsperanza<br />

ha giocato (ahi-noi) l’Italia<br />

per far pagare solo che a noi il<br />

prezzo della guerra e per ricavare<br />

pochi e discutibili vantaggi economici<br />

<strong>da</strong> qualche mezzo-affaruccio<br />

con i vicini balcanici.<br />

In questo deprimente clima che<br />

ci ha visti succubi protagonisti per<br />

decenni siamo stati costretti a subire,<br />

con<strong>da</strong>nnati al mutismo, anche<br />

dopo il crollo del muro e l’avvento<br />

7<br />

di nuove possibilità di relazione col<br />

mondo dell’est, anche dopo la<br />

morte di Tito come anche dopo la<br />

dissoluzione della Jugoslavia.<br />

Appuntamenti storici rilevanti che<br />

mai, dico mai, l’Italia ha saputo<br />

interpretare per volgere la situazione<br />

a proprio se non a nostro favore.<br />

Il sonno, il silenzio e ancora la<br />

gestione della non-speranza hanno<br />

regnato <strong>da</strong> questa parte dell’adriatico.<br />

Sonno e silenzio interrotti solamente<br />

<strong>da</strong> un piccolo ma di non<br />

poca importanza momento d’orgoglio<br />

nazionale: il nostro ufficiale<br />

riconoscimento, l’istituzione della<br />

Giornata del Ricordo, ricordo della<br />

nostra disgrazia, che per noi però<br />

continua ancora ad essere un vissuto<br />

di presente ingiustizia. Lo<br />

Stato italiano riconosce il nostro<br />

dramma, celebra con noi, anzi ci<br />

invita alle nuove celebrazioni, ma<br />

continua a cincischiare e a tergiversare<br />

nel mettere in atto azioni che


8 Comunità Chersina Maggio 2006 n. 75<br />

risolvano l’ingiustizia che finalmente<br />

si è deciso di riconoscere e ricor<strong>da</strong>re<br />

con legge dello stato.<br />

Per anni il giochino della nonsperanza<br />

ha funzionato anche per<br />

la nostra stessa incapacità di interpretare<br />

in prima persona il ruolo<br />

che le nostre associazioni erano<br />

chiamate a svolgere. Un mea-culpa<br />

per le cose ancora in lista d’attesa<br />

siamo chiamati a recitarlo tutti noi,<br />

indistintamente, per esserci prestati<br />

al canto delle sirene, per aver<br />

accettato il risibile come meglio del<br />

nulla. La nostra frammentazione<br />

logistica sul territorio nazionale<br />

come in giro per tutto il mondo e le<br />

nostre divisioni anche politiche ma<br />

spesso connotate <strong>da</strong> personalismi<br />

e conflitti spesso del tutto incompresi<br />

<strong>da</strong>lla base non hanno certo<br />

favorito un risultato che sarebbe<br />

stato maggiormente premiante se<br />

supportato <strong>da</strong> una aggregazione<br />

più convinta del nostro movimento.<br />

Ancora oggi le nostre rappresentanze,<br />

alcuni suoi vertici purtroppo<br />

molto rappresentativi e<br />

molto vicini al palazzo ma evidentemente<br />

molto distanti <strong>da</strong>l uomo-profugo<br />

della stra<strong>da</strong>, vagano correndo<br />

appresso a false problematiche<br />

(oggi molto in voga la sensibilità dei<br />

rimasti) e dimentica di riaggiornare<br />

il tiro per far valere quelle che sono<br />

le NOSTRE vere ragioni e le nuove<br />

speranze.<br />

Eh già, perché se altri non se<br />

n’erano accorti, nel nostro composito<br />

arcipelago c’è stato invece chi,<br />

forse anche per migliore freschezza<br />

generazionale, ha capito che in un<br />

nuovo panorama sovranazionale<br />

come quello europeo anche il lacero-confuso<br />

profugo potrebbe trovare<br />

un miglior modo per farsi riconoscere<br />

alcuni dei suoi diritti ad oggi<br />

negati invece che preoccuparsi per<br />

esempio della doppia cittadinanza<br />

di chi rimase.<br />

Ultimo treno per Strasburgo allora,<br />

<strong>da</strong> prendere in fretta, anche se il<br />

bagaglio non è perfettamente preparato,<br />

anche se il torpore del<br />

sonno dormito per tanti anni non<br />

aiuta a compiere un balzo che<br />

potrebbe portare con sé anche<br />

qualche rischio.<br />

Che fare!? Dormire ancor !?<br />

Bearci e autocelebrarci nelle gior-<br />

nate dei ricordi e poi correre a<br />

confortare i rimasti!? Continuare a<br />

NON-sperare per noi stessi ma<br />

dimostrare tanta buona volontà e<br />

comprensione condividendo le<br />

manifestazioni che ci organizzeranno<br />

prossimamente con gli altri !?<br />

Gli istriani hanno detto no, non<br />

ci vogliono stare più! Stavolta nessuno<br />

ci ha tenuto per la giacca e<br />

questo treno l’abbiamo alfine preso.<br />

Tutti a Strasburgo allora, <strong>da</strong>ndo<br />

atto di grande capacità organizzativa<br />

all’Unione degli Istriani che ha<br />

gui<strong>da</strong>to il gruppo stipato in tre pullman<br />

ma anche giusto merito al<br />

Libero Comune di Pola e<br />

all’Associazione delle Comunità<br />

Istriane che appoggiando e partecipando<br />

all’iniziativa con propri rappresentati<br />

hanno saputo <strong>da</strong>re il<br />

segno di quella volontà di riaggregamento<br />

che si sta manifestando<br />

attorno al neocostituito Ufficio di<br />

Coordinamento delle associazioni<br />

istriane.<br />

Il 18 gennaio con il volantinaggio<br />

all’esterno, con la conferenza<br />

stampa all’interno del parlamento<br />

europeo, con le nostre bandiere e<br />

la nostra presenza abbiamo portato<br />

ad un’attenzione di dimensione<br />

europea le nostre istanze, le nostre<br />

richieste ribadendo la nostra identità<br />

e portando a casa un appuntamento<br />

fissato sull’agen<strong>da</strong> del<br />

SESSANTANNI DI MATRIMONIO<br />

Giovanni Fatutta e Maria Purich, il<br />

16 febbraio scorso hanno festeggiato<br />

il traguardo dei 60 anni di fedeltà<br />

coniugale, attorniati <strong>da</strong> figlio, figlia,<br />

nuora, genero e tutti i nipoti, nella<br />

loro bella casa di Cassano Magnago<br />

(Varese).<br />

È giusto che vengano festeggiati<br />

anche <strong>da</strong> tutta la Comunità Chersina<br />

perché se lo meritano per la loro<br />

bontà e simpatia. Come tutti i veri<br />

chersini di nascita e sentimenti, la loro<br />

presenza estiva a Cherso è costante<br />

perché hanno saputo distinguere i<br />

fatti storici che li hanno costretti a partire<br />

esuli <strong>da</strong>lla loro isola, <strong>da</strong>l sano rapporto<br />

d’affetto che ciascuno deve<br />

nutrire per la terra natale.<br />

Presidente della commissione<br />

Europea quando altri allo stesso<br />

tempo non trovano di meglio di<br />

approcciarsi a Fassino: futuro<br />

esponente del futuro governo italiano!?<br />

Futuro interlocutore italiano <strong>da</strong><br />

rincorrere!? Futura ed ulteriore<br />

bidonata per noi esuli!?<br />

Ma non solo gli istriani con le<br />

loro tre associazioni ufficialmente<br />

rappresentate si sono mosse aderendo<br />

all’iniziativa. Confortante è<br />

stata pure la presenza come la soli<strong>da</strong>rietà<br />

“trasversale” di importanti<br />

rappresentanti di altre associazioni<br />

o realtà e solo ad esempio portiamo<br />

quello del segretario della federazione<br />

Stefani.<br />

Ultimo treno per Strasburgo, ma<br />

crediamo che il clima non sia poi<br />

così <strong>da</strong> ultima spiaggia e che i margini<br />

per tentare una nuova impostazione<br />

nel nuovo rapportarsi con<br />

una istituzione super-partes come<br />

quella europea possa <strong>da</strong>re dei frutti.<br />

Gli interlocutori tradizionali, quelli<br />

nazionali come ancor peggio quelli<br />

di oltre confine, hanno dimostrato<br />

di non essere capaci di <strong>da</strong>re risposte<br />

concrete a richieste che vogliono<br />

essere reinterpretate in rapporto<br />

a nuovi scenari. Il treno è stato<br />

preso, inizia un percorso con un<br />

nuova ed inedita compagna di viaggio.<br />

La speranza.<br />

Maria è nata il 25 marzo 1923 in<br />

Pecris, vicino al palazzo comunale e<br />

al giardin – pubblico. Giovanni è nato<br />

il 16 gennaio 1920 in Piazeta presso i<br />

bei palazzotti gotici e rinascimentali<br />

di quella contra<strong>da</strong>.<br />

Si sono sposati il 16 febbraio<br />

1946 nel Duomo di Santa Maria<br />

Maggiore chiamato anche, come<br />

quello di Roma, Madonna della neve<br />

(e non delle nevi come scrivono e<br />

stampano gli ignoranti!) Hanno<br />

messo su casa tra Piazza e Riva, a<br />

tre metri <strong>da</strong>l mare del Mandracchio<br />

ma poco hanno potuto godere di<br />

quella vista stupen<strong>da</strong>. Lui lavorava<br />

nel cantiere Craglietto ma dovette<br />

trasferirsi al cantiere di Pirano d’Istria


Maggio 2006 n. 75<br />

I coniugi Fatutta - Giovanni e Maria nel 60° di matrimonio.<br />

RICETTE<br />

di pietanze delle nostre parti che non si usano più<br />

Pana<strong>da</strong><br />

Ingredienti:<br />

pane raffermo, olio d’oliva, formaggio pecorino stagionato grattugiato, 2 uova, sale.<br />

Comunità Chersina<br />

a cura di Carmen Palazzolo Debianchi<br />

Affettare il pane raffermo, coprirlo con abbon<strong>da</strong>nte acqua e farlo bollire mescolando spesso finché non si trasforma<br />

in una pappetta. Assaggiare ed aggiungere, se necessario, un po’ di sale. Fuori <strong>da</strong>l fuoco incorporare formaggio,<br />

olio e le due uova precedentemente sbattute a parte.<br />

Brodo brustulà<br />

Ingredienti:<br />

2 cucchiai di farina, 2 cucchiai di burro o strutto, 2 uova, maggiorana, formaggio pecorino stagionato grattugiato,<br />

acqua, sale.<br />

Soffriggere la farina nel burro finché non prende un leggero color nocciola. Aggiungere circa un litro d’acqua, il sale<br />

necessario e far bollire. Fuori <strong>da</strong>l fuoco, versare lentamente nella pentola le uova sbattute a parte, mescolando<br />

continuamente perché non si formino grumi.<br />

Disporre nei piatti fette di pane abbrustolito, cospargerle con formaggio grattugiato e un pizzico di maggiorana tritata<br />

e versarvi sopra il brodo brustulà bollente.<br />

Nella mia famiglia le due ricette precedenti si preparavano senza le uova, che pure avevamo in abbon<strong>da</strong>nza.<br />

All’insegna della massima economia!<br />

Spaghetti con le sardelle salate<br />

Ingredienti:<br />

1 sardella e 1/2 per persona, olio, spaghetti, 1 spicchio d’aglio, 1/2 bicchiere di vino bianco.<br />

Lavare e spinare le acciughe, tagliarle a pezzetti e farle saltare nell’olio bollente in cui è stato messo lo spicchio<br />

d’aglio. Aggiungere un po’ di vino e mescolare continuamente schiacciando le acciughe con una forchetta finché<br />

non si sono quasi del tutto sciolte. Condire con questo sugo gli spaghetti.<br />

A casa mia si condiva con questo sugo anche la polenta appena cotta e messa nei piatti a cucchiaiate.<br />

9<br />

<strong>da</strong> dove fu più facile fare il salto del<br />

nuovo confine e passare a Trieste.<br />

Dopo 2 o 3 trasferimenti <strong>da</strong> esuli in<br />

cerca di sistemazione, si sono stabiliti<br />

a Solbiate Arno, in quel di Varese, e lì<br />

hanno lavorato tutti e due come<br />

sanno fare i chersini, tirando su una<br />

famiglia modello. Quando i figli si<br />

furono sposati e loro sono arrivati alle<br />

meritate pensioni, hanno costruito la<br />

bella casa di proprietà - lavorando<br />

ancora tanto - a Cassano, dove oggi<br />

vivono sani e tranquilli e dove hanno<br />

intenzione di vivere ancora tanti e<br />

tanti anni assieme. In questo loro<br />

desiderio ci uniamo tutti noi della<br />

Comunità chersina con gli auguri più<br />

affettuosi.<br />

L.T.


10 Comunità Chersina Maggio 2006 n. 75<br />

Accadde durante l’occupazione titina di Cherso…<br />

Le porte delle case, a Cherso,<br />

erano quasi sempre aperte, soprattutto<br />

nelle belle giornate di sole e chi<br />

passava, di solito, salutava a voce<br />

spiegata: “OOOOOhh, Concetta...<br />

Bel tempo oggi!” e proseguiva.<br />

Quella mattina, all’alba, la porta<br />

era accostata. Mia sorella ed io stavamo<br />

facendo colazione, ancora<br />

assonnate e silenziose, quando la<br />

porta si spalancò violentemente, con<br />

un fragore che ci lasciò esterrefatte<br />

e, sulla soglia, apparve una figura<br />

che ci fece gelare il sangue. Era alta,<br />

con i capelli diritti e unti, indossava<br />

una camicia e dei pantaloni <strong>da</strong> sol<strong>da</strong>to.<br />

In controluce ci sembrò un<br />

uomo, ma quando fece un passo<br />

militaresco in avanti, battendo la<br />

suola con forza, ci accorgemmo che<br />

si trattava di una donna. Dietro ce<br />

n’era un’altra, più bassa, con uno<br />

sguardo torvo e sgradevole. Mia<br />

madre ammutolì e si avvicinò a noi<br />

come per difenderci, ma emotiva<br />

com’era, non riuscì a proferir parola.<br />

Intanto, puntando un’arma contro di<br />

noi e in una lingua a noi sconosciuta,<br />

le due intruse dimostravano di esigere<br />

qualcosa che non riuscivamo a<br />

comprendere. Manifestavano una<br />

fretta e un’agitazione tale che, solo<br />

<strong>da</strong> un gesto inequivocabile, mia<br />

madre capì che avevano la necessità<br />

urgente di trovare un servizio<br />

per i loro bisogni corporali. Mia<br />

madre glielo indicò e, a turno, una<br />

alla volta, si accomo<strong>da</strong>rono. Poi,<br />

senza vuotare il secchio dell’acqua<br />

preparata allo scopo, <strong>da</strong>to che non<br />

avevamo l’acqua corrente, se ne<br />

an<strong>da</strong>rono come erano venute,<br />

lasciando la porta aperta e noi spaventate.<br />

Mio padre in quel periodo era a<br />

Trieste dove risiedeva sua sorella e<br />

non sarebbe ritornato tanto presto,<br />

per cui ci sentivamo senza protezione.<br />

La conclusione inaspettata dell’intrusione<br />

ci aveva lasciate, se pur<br />

sbigottite, indenni, con un sospiro di<br />

sollievo <strong>da</strong> parte di mia madre anche<br />

DRUGARIZE di Anna Maria Zennaro<br />

se dovette pulire e disinfettare con il<br />

cloro la tazza e la tavola di legno<br />

lasciate in condizioni indescrivibili.<br />

Purtroppo l’episodio si ripeté, a<br />

distanza di alcuni giorni, per tre o<br />

quattro volte, sempre con la stessa<br />

procedura. Mia madre lo disse a<br />

qualcuno e per un po’ di tempo non<br />

le vedemmo più.<br />

Ci dissero che si trattava di due<br />

“drugarize” e che era meglio assecon<strong>da</strong>rle<br />

per non avere ritorsioni.<br />

Passarono parecchi giorni senza<br />

sorprese, fino a quel giorno, in cui si<br />

ripresentarono verso mezzogiorno e,<br />

senza profferir parola, si avviarono<br />

su per la scala che conduceva ai<br />

piani superiori. La mamma volle<br />

impedirglielo, ma esse la scostarono<br />

decise, calpestando con energia i<br />

gradini di legno; entrarono nella<br />

stanza <strong>da</strong> letto e, mentre una spalancava<br />

le porte dell’armadio, l’altra<br />

rovistava nei cassetti del lavamano,<br />

rimirandosi furtiva ripetutamente allo<br />

specchio. Altrettanto velocemente<br />

salirono in soffitta, dove erano stesi<br />

su dei grandi teli i “fighi suti, le mandule,<br />

alcune sorbule e i pomigranai”.<br />

Si guar<strong>da</strong>rono intorno, spostarono<br />

con le scarpacce alcuni fagotti e poi<br />

ridiscesero sempre più agitate. Io<br />

stavo ben attaccata alla veste di mia<br />

madre, impaurita e senza capire<br />

quanto stava succedendo. Si fermarono<br />

di botto alla vista del baule.<br />

Stava in un angolo, sotto al ritratto<br />

dei nonni e, come un forziere, racchiudeva<br />

tutti i tesori cari alla famiglia:<br />

biancheria, asciugamani, saponette<br />

profumate che mio padre portava<br />

<strong>da</strong>i suoi lunghi viaggi intorno al<br />

mondo e alcuni dei miei giocattoli più<br />

preziosi. Ordinarono a mia madre di<br />

aprirlo. Ne uscì un delizioso profumo.<br />

Sollevarono le lenzuola ben piegate,<br />

presero due saponette e le<br />

inserirono in una saccoccia che portavano<br />

sulla spalla. Fecero altrettanto<br />

con una penna stilografica e un<br />

pupazzetto in porcellana giapponese.<br />

Poi, sollevarono per un braccio la<br />

mia bambola di caucciù con le rosette<br />

e, girandola e rigirandola, la analizzarono<br />

stupite. A quel punto,<br />

temetti che alla bambola si staccasse<br />

un braccio o una gamba o la<br />

testa e... morisse o addirittura che<br />

finisse nella saccoccia e mi misi a<br />

strillare. Io giocavo raramente con<br />

quella bambola, per non rompere<br />

l’elastico; le <strong>da</strong>vo un bacino e la<br />

mamma la rimetteva a “dormire”.<br />

Quelle di pezza, diceva, erano più<br />

solide.<br />

Dentro al baule c’era anche il<br />

buffo pagliaccetto che, caricandolo,<br />

piroettava gaio sull’altalena e il piccolo<br />

pianoforte a co<strong>da</strong>, di legno, <strong>da</strong>l<br />

quale con un dito potevo trarre dei<br />

suoni molto gradevoli e qualche<br />

semplice motivetto.<br />

Ero terrorizzata al pensiero che<br />

anche quelli finissero nelle saccocce,<br />

dove, ce ne accorgemmo in<br />

seguito, erano entrate anche altre<br />

cose a noi care che risultarono<br />

mancanti. Cercarono di inserirvi<br />

anche la mia bambola preferita,<br />

<strong>da</strong>lla quale sembravano particolarmente<br />

attratte ma, paffuta com’era,<br />

non riuscirono a farla entrare e, con<br />

rabbia, la gettarono a terra.<br />

Inquiete e agitate, uscirono velocemente<br />

<strong>da</strong>lla nostra casa in Pra’, si<br />

avviarono su per la “stra<strong>da</strong> nova”,<br />

allontanandosi definitivamente <strong>da</strong>l<br />

paese.<br />

Non si accorsero della stupen<strong>da</strong><br />

figura femminile che adornava. tra<br />

fiori e veli, la preziosa scatola di profumo<br />

POMPEA, conservata <strong>da</strong> mia<br />

madre, come una reliquia, in fondo<br />

al baule, né della borsetta luccicante<br />

di strass. Se ne an<strong>da</strong>rono, non tornarono<br />

mai più e nessuno seppe chi<br />

fossero né dove erano an<strong>da</strong>te.<br />

Mia madre provò una grande rabbia<br />

e tristezza; io, a 5 anni, conobbi<br />

la prepotenza. Quella prepotenza<br />

che permetteva di spadroneggiare e<br />

di impossessarsi, come un bottino di<br />

guerra, della roba altrui, senza<br />

rispetto, né pietà per nessuno.


Maggio 2006 n. 75<br />

Comunità Chersina<br />

IL PIANO PER LA CONSERVAZIONE DEL PATRIMONIO<br />

MANUMENTALE DELL’ISOLA DI CHERSO<br />

Il Ministero della Cultura della<br />

Repubblica di Croazia ha fatto proprio<br />

il piano per la salvaguardia e la<br />

conservazione di tutti i beni culturali,<br />

artistici e monumentali dell’Isola di<br />

Cherso, re<strong>da</strong>tto <strong>da</strong>lla Sopraintendenza<br />

regionale alla tutela dei beni<br />

culturali e del patrimonio monumentale<br />

di Fiume.<br />

Il piano consta di 403 pagine, o<br />

meglio fogli (Karte), rilegati in tomi<br />

divisi per grandi capitoli relativi ai<br />

vari settori, compresa l’archeologia<br />

terrestre e marina. Il capitolo dedicato<br />

agli edifici sacri in efficienza,<br />

abbandonati e in rudere del territorio<br />

comunale è composto di ben 135<br />

fogli <strong>da</strong>l n. 264 al n. 399 e comprende<br />

le chiese maggiori e le minori,<br />

anche quelle disperse per i monti e<br />

le campagne più deserte.<br />

I compilatori delle schede particolareggiate<br />

per i singoli monumenti si<br />

sono serviti, oltre che dei sopralluogi<br />

diretti, di materiale fotografico in<br />

possesso della Sopraintendenza e<br />

di alcuni studi pubblicati nel passato<br />

cinquantennio <strong>da</strong> riviste scientifiche<br />

di archeologia e ricerca storica e<br />

architettonica. Con nostra gradita<br />

sorpresa abbiamo constatato che,<br />

per la miriade di chiesette cittadine e<br />

rurali è stata <strong>da</strong>ta particolarissima<br />

importanza al Quaderno della<br />

Comunità chersina n. 7 pubblicato<br />

con la presentazione di Padre A.<br />

Vitale Bommarco, Arcivescovo di<br />

Gorizia, nel settembre 1988, <strong>da</strong>lla<br />

tipografia regionale veneta di<br />

Conselve (Padova). Il quaderno, di<br />

ben 286 pagine, s’intitola Le chiese<br />

minori di Cherso e contiene 80 pagine<br />

di descrizioni delle chiesette<br />

urbane scritte <strong>da</strong> don Matteo Fillini e<br />

le altre 206 pagine scritte e disegnate<br />

<strong>da</strong> Luigi Tomaz. Di queste, 37<br />

contengono i Commenti stilistico –<br />

costruttivi di tutte le chiesette urbane<br />

trattate <strong>da</strong> don Fillini e di quante<br />

altre fino al 1988 l’autore era riuscito<br />

a scoprire. Seguono, prima degli<br />

indici, 153 tavole di Rilievi grafici e<br />

disegni eseguiti tutti su schizzi e<br />

misure prese sul posto, salvo 10 dei<br />

quali è mancata l’indicazione dell’ubicazione<br />

per poterli rintracciare.<br />

Con encomiabile serietà e correttezza,<br />

il Piano di tutela dei monumenti<br />

del Comune di Cherso, nei fogli dei<br />

singoli edifici sacri <strong>da</strong> tutelare, ha<br />

riprodotto una cinquantina delle<br />

nostre tavole con l’immancabile<br />

di<strong>da</strong>scalia indicativa: Grafika L.<br />

Tomaz, iz: Le Chiese minori di<br />

Cherso, talvolta anche con la <strong>da</strong>ta di<br />

esecuzione.<br />

Ovviamente i sopralluoghi della<br />

Sopraintendenza hanno verificato<br />

sia la precisione delle misure, indicate<br />

nelle piante e sugli alzati, e sia<br />

l’esattezza delle interpretazioni prospettiche<br />

soprattutto delle parti<br />

idealmente ricostruite.<br />

È questa la prova che le nostre pub-<br />

A lato, una pagina<br />

del PIANO PER LA<br />

11<br />

SALVAGUARDIA E LA<br />

CONSERVAZIONE DEI<br />

BENI CULTURALI<br />

dell’Isola di Cherso.<br />

blicazioni, quando sono serie, vengono<br />

apprezzate per il loro valore e<br />

concorrono alla valorizzazione della<br />

storia e del patrimonio culturale e<br />

monumentale della nostra isola.<br />

Si ricorderà che proprio per il libro<br />

Le Chiese minori di Cherso, a <strong>Gigi</strong><br />

Tomaz era stato riconosciuto<br />

<strong>da</strong>ll’Ente per il Turismo di Cherso e<br />

Lussino, il titolo di Ambasciatore del<br />

turismo dell’isola. Ciò agli inizi degli<br />

anni ’90.<br />

L’autore in questi anni ha continuato<br />

la sua ricerca per l’isola, estendendola<br />

anche al territorio di Ossero. Le<br />

chiesette si sono quasi triplicate e<br />

<strong>Gigi</strong> spera, se Dio vorrà, di <strong>da</strong>re alle<br />

stampe la riedizione del libro entro<br />

l’anno prossimo.<br />

L.T.


12 Comunità Chersina Maggio 2006 n. 75<br />

CHERSO<br />

2 gennaio, festa di S. Isidoro<br />

Da alcuni anni avevo un forte desiderio<br />

di cogliere l’invito ed intervenire alla<br />

“Festa del Santo Patrono di Cherso”.<br />

Ero combattuta tra la nostalgia di rivivere,<br />

tramite il volto dei Chersini, i<br />

ricordi della mia infanzia, di ritrovare la<br />

solidità e i tratti simili di una specie<br />

umana che ha succhiato <strong>da</strong>lla stessa<br />

terra una linfa naturale comune e il<br />

timore di trovarmi in una comunità a<br />

me completamente sconosciuta. Per<br />

evitare una delusione e un disorientamento<br />

iniziale ho pensato di farmi<br />

accompagnare <strong>da</strong> mio marito che<br />

ormai ha assorbito <strong>da</strong> me il fascino di<br />

Cherso, della sua storia, della sua<br />

genuinità e della peculiarità dei suoi<br />

figli.<br />

La prima mia inaspettata impressione<br />

è stata quella di trovare una<br />

chiesa affollata, e non solo di signore,<br />

come avviene di solito, ma di tanti e<br />

ancora molto “gagliardi” uomini.<br />

Mentre ascoltavo le parole di don<br />

Simeone Musich cercavo di ritrovare,<br />

tra i tanti volti, qualcuno che mi fosse<br />

familiare e, stranamente, mi sembrava<br />

di conoscerne parecchi, pur senza<br />

saperli identificare con nome o cognome.<br />

Sapevo che erano Chersini e già<br />

questo me li rendeva quasi consanguinei.<br />

Già all’uscita <strong>da</strong>lla chiesa e poi al<br />

ritrovo di via Belpoggio sono stata<br />

avvicinata e presentata ad alcune<br />

chersine i cui tratti visivi mi erano familiari<br />

e che poi il racconto di vari episodi<br />

ha condotto a un sempre maggior<br />

affiatamento. Sono stata onorata e<br />

molto appagata nel fare la conoscenza<br />

del prof. Tomaz, al quale sono<br />

molto grata per aver insegnato a tutti<br />

noi la storia della nostra terra e per<br />

averla traman<strong>da</strong>ta tramite i suoi preziosi<br />

libri anche ai nostri figli. Mi auguro<br />

che l’ottima memoria che lo sostiene,<br />

la sua forza, il suo impegno e il<br />

suo entusiasmo, gli permettano di<br />

I NOSTRI PATRONI<br />

Statua lignea di S. Isidoro nell’abside<br />

della chiesa romano-gotica di Cherso, a<br />

lui dedicata.<br />

approfondire ancora degli aspetti poco<br />

conosciuti della nostra isola così <strong>da</strong><br />

poter produrre ancora qualche pregiata<br />

opera.<br />

Ho apprezzato e ammirato l’impegno<br />

di Carmen Palazzolo e il suo<br />

discorso garbato sulla comunità.<br />

La proiezione delle diapositive del<br />

sig. Ballarin mi hanno riproposto l’esistenza<br />

di cappelle e chiesette, alcune<br />

delle quali erano completamente sfuggite<br />

ai miei ricordi e che il prof. Tomaz<br />

ha così ben illustrato stimolando in me<br />

il desiderio di riscoprirle <strong>da</strong> vicino.<br />

E, infine, ancora presentazioni, ciacole,<br />

volti riscoperti: Rita, Maria, Etta,<br />

Maria Rosa, Luciana, Francesco,<br />

Bommarco… nomi, cognomi e<br />

soprannomi, proprio come un ritorno<br />

dopo tanto tempo di assenza, seguito<br />

<strong>da</strong>ll’invito allettante ad assaggiare un<br />

dolcetto prodotto <strong>da</strong>lle abili mani di<br />

qualche capace e generosa cuoca<br />

chersina che intendo ringraziare con<br />

un mio brindisi personale di<br />

Lunga vita a tutta la Comunità!<br />

di Annamaria Zennaro Marsi<br />

LUSSINGRANDE<br />

17 gennaio, festa di<br />

S. Antonio Abate<br />

Il 17 gennaio, nonostante il<br />

tempo inclemente, numerosi esuli<br />

<strong>da</strong> Lussingrande residenti a Trieste<br />

si sono trovati nella chiesa di S. Rita<br />

e S. Andrea per assistere alla S.<br />

Messa in onore del Santo Patrono<br />

del loro paese di origine. Come ogni<br />

anno, il rito è stato celebrato <strong>da</strong><br />

Mons. Mario Cosulich, che nell’omelia<br />

ha invitato a partecipare alla<br />

“Settimana di preghiera per l’unità<br />

dei cristiani”.<br />

Dopo la S. Messa i convenuti si<br />

sono trasferiti nella sede dell’Associazione<br />

delle Comunità Istriane.<br />

Qui - dopo il saluto del presidente di<br />

quest’ultima, Lorenzo Rovis, e di<br />

quello della Comunità di Lussingrande,<br />

coman<strong>da</strong>nte Smaldone<br />

Bussani - Licia Giadrossi Gloria e il<br />

prof. Paolo Budinich hanno presentato<br />

il volume “Lussingrande – storia<br />

ed immagini”, ultima pubblicazione<br />

della collana “Ricor<strong>da</strong>ndo Lussino”,<br />

a cura di Neera Hreglich Mercanti.<br />

Subito dopo Corrado Ballarin ha<br />

presentato una serie di immagini di<br />

luoghi e persone di una Lussingrande<br />

che fu, che ha risvegliato in<br />

tutti i presenti tanti ricordi e tanta<br />

nostalgia.<br />

La serata si è conclusa consumando,<br />

fra amabili chiacchiere, un<br />

ricco spuntino dove figuravano,<br />

molto gradite, le fritole nostrane e,<br />

soprattutto le “maride in savor”, arrivate<br />

direttamente <strong>da</strong> Lussingrande e<br />

quest’anno quelle vere, <strong>da</strong> “imbrocco”,<br />

belle e grandi come “samari”<br />

(24 x i Kg) e, a completamento del<br />

tutto, le “OliveLussino” in salamoia –<br />

in acqua de mar, sbrovade - . Per<br />

digerire: l’ottimo Sljvovitz “Doma?o”,<br />

gentilmente offerto <strong>da</strong>l ristorante<br />

“Sirius” di Rovensca.


Maggio 2006 n. 75<br />

CAISOLE<br />

17 gennaio festa di S. Antonio<br />

Abate<br />

di una caisolana vera<br />

nell’anima e nel cuore<br />

La nostra bella Caisole è molto<br />

amata <strong>da</strong> tutti noi un tempo suoi cittadini,<br />

anche se adesso sparsi per<br />

tutto il mondo. Molti anni sono passati<br />

e purtroppo molte cose sono<br />

cambiate. Adesso questo piccolo<br />

paese è conosciuto <strong>da</strong>i nostri figli e<br />

nipoti e <strong>da</strong>i turisti col nome di Beli<br />

ma, quando noi più anziani an<strong>da</strong>vamo<br />

a scuola, sui nostri compiti si<br />

scriveva Caisole. Per quanto questo<br />

paese sia piccolo e in una posizione<br />

disagiata, è molto amato <strong>da</strong> tutti<br />

quelli che vi sono nati e che lo conoscono.<br />

Non per niente, molti anni fa,<br />

un ragazzo di genitori caisolani, e<br />

pure lui nato a Caisole, Ferruccio<br />

(Buscaron) ha composto su di esso<br />

la canzone trascritta nel riquadro,<br />

che è diventata il nostro inno, caro a<br />

tutti.<br />

Cento case tutte vecchie,<br />

cento strade tutte strette<br />

ed intorno tutto mare<br />

tutto mare per pescare.<br />

Questo è il paese dove sono nato io<br />

e dove sono ritornato<br />

per rivedere le mie case le mie strade<br />

ed il mio mar.<br />

Ritornello<br />

La la la la la la…<br />

Tra le cento vecchie case<br />

c’è la Casa del Signore<br />

che ogni volta quando è festa<br />

fa suonar le sue campane<br />

din don <strong>da</strong>n dindon din don <strong>da</strong>n<br />

suonano a festa<br />

din don <strong>da</strong>n dindon din don <strong>da</strong>n<br />

è la festa del Signor<br />

Ritornello<br />

La la la la la la…<br />

Tra le cento strette strade<br />

C’è una piccola piazzetta<br />

Dove vado con gli amici<br />

A cantar le serenate.<br />

Il gruppo dei Caisolani presenti al pranzo per la festa del Patrono.<br />

“Quel mazzolin di fiori…”<br />

“Oh campagnola bella…” e<br />

“Evviva il mar…”<br />

Ritornello<br />

La la la la la la…<br />

Questa la versione originale della<br />

canzone alla quale, nel tempo e<br />

nella pratica, sono state fatte delle<br />

aggiunte.<br />

Quest’anno, dopo tanti anni,<br />

sono stata a Caisole il giorno di S.<br />

Antonio Abate. Entrando in chiesa<br />

mi sono meravigliata nel vedere il<br />

bellissimo presepio e gli addobbi<br />

natalizi che abbellivano la nostra<br />

modesta chiesa anche se mi ha rattristata<br />

il fatto che erano presenti<br />

alla Messa sì e no 20 o 25 persone<br />

ma il nostro don Giuseppe, che non<br />

ci ha mai abbandonato, ha celebrato<br />

la Messa solenne e fatto una lunga<br />

predica ricor<strong>da</strong>ndo la vita del Santo<br />

e tutte le nostre antiche tradizioni<br />

come se la chiesa fosse gremita di<br />

gente.<br />

I caisolani residenti a Trieste<br />

festeggiano ogni anno il patrono del<br />

paese, S. Antonio Abate, così anche<br />

quest’anno la nostra piccola comunità<br />

ha assistito alla S. Messa celebrata<br />

<strong>da</strong> don Mario Cosulich. Nelle<br />

sue “ prediche” don Mario ricor<strong>da</strong><br />

tutti gli anni i caisolani sparsi per il<br />

mondo e non dimentica mai il nostro<br />

Comunità Chersina<br />

13<br />

anziano Parroco, Mons. Giuseppe<br />

Bandera, che lotta sempre perché<br />

non va<strong>da</strong>no perse le usanze caisolane.<br />

Recentemente il papa<br />

Giovanni Paolo II gli ha conferito il<br />

titolo di “Protonotaro Apostolico”.<br />

Dopo la Messa ci siamo ritrovati<br />

al ristorante per concludere assieme<br />

la giornata che viene allietata tutti gli<br />

anni <strong>da</strong> canzoni popolari, accompagnate<br />

<strong>da</strong>lla fisarmonica del bravo<br />

Sergio Bortulin. Lui è uno dei veterani<br />

di Caisole, perché è nato proprio<br />

lì, nella casa di sua nonna Dolarica.<br />

Dopo la sua non ci sono state altre<br />

nascite in quella casa. In memoria di<br />

queste sue origini, egli ha voluto<br />

celebrare in paese il suo matrimonio<br />

ed il battesimo dell’ultima nata in<br />

casa Bortulin.<br />

ATrieste, per la festa del Patrono<br />

di quest’anno, abbiamo avuto la piacevole<br />

sorpresa della presenza di<br />

Giorgio e Vittoria Bandera, nata<br />

Mikicic. Quest’ultima è nata, cresciuta<br />

e tuttora residente a Caisole<br />

come tutta la sua famiglia, soprannominata<br />

“Luki”, e costituita <strong>da</strong>l padre<br />

Domenico e <strong>da</strong>i figli Valentino e<br />

Daria, oltre che <strong>da</strong> Vittoria.<br />

Sono queste persone che oggi<br />

dobbiamo ringraziare per lo splendore<br />

della nostra chiesa.<br />

Certa di incontrarci ancor più<br />

numerosi il prossimo anno, invio un<br />

saluto a tutti e un invito a partecipare.


14 Comunità Chersina Maggio 2006 n. 75<br />

NOTIZIE DAI CHERSINI NEL MONDO<br />

Vita della Society<br />

Il 4 dicembre 2005, nella sede di Marsden Park, i<br />

chersini residenti in Australia hanno chiuso le attività<br />

sociali del 2005 e contemporaneamente festeggiato<br />

il prossimo Natale, atteso in particolare <strong>da</strong>i più piccoli.<br />

Erano presenti circa 250 persone, fra le quali<br />

figuravano, oltre ai chersini e lussignani residenti a<br />

Sydney, gli amici della famiglia bellunese col loro<br />

presidente Bruno Cossalter, un gruppo di fiumani<br />

col loro presidente Mario Stillen e il gruppo giuliano<br />

rappresentato <strong>da</strong>l presidente dell’Associazione<br />

Giuliani Sydney Julius Virant e <strong>da</strong>l segretario Egone<br />

Canevari.<br />

Nella fotografia, <strong>da</strong> sinistra: l’ospite osserino Mario<br />

Muscardin, Daniele Velcich. Mauro Colombis, Toni<br />

Bradicich.<br />

Momento culminante della festa è stata la<br />

consegna <strong>da</strong> parte del presidente Daniele<br />

Velcich di una targa speciale personalizzata di<br />

socio onorario a vita a Maria Gill.<br />

Per i più piccoli è infine arrivato Babbo Natale<br />

col suo carico di doni, per tutti la lotteria coi suoi<br />

ricchi premi.<br />

Dall’Australia<br />

Il presidente dell’Associazione S. Maria di Cherso, Daniele<br />

Velcich, assieme a Maria Dujmovich Gill, di Vasminez, in<br />

Tramontana, che ha ricevuto la targa di membro a vita<br />

dell’Associazione per l’attività svolta nel Comitato Femminile.<br />

Festeggiati ospiti sono stati Mario Muscardin di Ossero,<br />

venuto a trovare gli amici australiani dopo anni di assenza, i<br />

signori Danilo e Mileva Francescani <strong>da</strong> Trieste e Mauro<br />

Colombis, un giovane della terza generazione chersina-lussignana.<br />

Il nonno di Mauro, Giovanni Colombis, è stato per anni<br />

il farmacista di Lussinpiccolo.<br />

Durante l’incontro è stato pure festeggiato col dono di una<br />

torta <strong>da</strong> parte della comunità chersino-lussignana del New<br />

South Wales il compleanno di suor Maria Marin, amica spirituale<br />

dell’Associazione.<br />

Nella fotografia, <strong>da</strong> sinistra: l’ospite osserino Mario Muscardin,<br />

Daniele Velcich. Mauro Colombis, Toni Bradicich.


Maggio 2006 n. 75<br />

Dagli Stati Uniti<br />

Vita della Society<br />

Comunità Chersina<br />

Il nostro giornale non esce quotidianamente e perciò le nostre cronache non sono proprio quelle del giorno<br />

prima ma i chersini sparsi per il mondo sapranno certamente apprezzarle lo stesso.<br />

Dall’uscita dell’ultimo numero di Comunità Chersina, i chersini americani si sono incontrati per festeggiare.<br />

S. Nicolò, domenica 11 dicembre<br />

2005 - Questa ricorrenza è stata sempre<br />

ricor<strong>da</strong>ta <strong>da</strong>i chersini residenti negli Stati<br />

Uniti con una Santa Messa e un incontro<br />

conviviale, come si faceva a Cherso,<br />

perché S. Nicolò era il protettore dei<br />

marinai. La Society Chersina deriva<br />

infatti <strong>da</strong>lla Società Marittima di<br />

Beneficenza, fon<strong>da</strong>ta nel giugno 1910 <strong>da</strong><br />

marinai chersini a scopo assistenziale. A<br />

quell’epoca in America ci an<strong>da</strong>vano soltanto<br />

i marinai ed ora che non ce ne<br />

sono più è stato cambiato anche il nome<br />

della società. Ma tutto questo – scrive<br />

Sabini – fa ormai parte del passato; ora<br />

la Society cerca di tenere uniti coloro<br />

che si ricor<strong>da</strong>no ancora di Cherso organizzando<br />

riunioni varie ma la più importante<br />

rimane sempre quella per S.<br />

Sabini con gli amici Filipas e Chersi.<br />

Nicolò.<br />

Quest’anno la giornata è cominciata<br />

assistendo alla S. Messa, celebrata <strong>da</strong>l chersino don Roberto Zubovich nella chiesa del Monte Carmelo di Astoria.<br />

Dopo la funzione religiosa tutti si sono riversati nel vicino “Astoria Word Manor”, ove ha avuto luogo il banchetto, rallegrato<br />

<strong>da</strong>lla musica di Mario e Joe.<br />

Alla fine è arrivato S. Nicolò sulla sua slitta e col sacco pieno di regali che ha distribuito ai tanti piccoli presenti<br />

rendendoli felici.<br />

Lunedì, 2 gennaio 2006, per la festa del Patrono di Cherso, S. Isidoro, i chersini americani si sono incontrati<br />

di nuovo per iniziativa di don Roberto che ha <strong>da</strong>to il via a questa consuetudine, <strong>da</strong> quando, sette anni fa, è giunto<br />

fra noi per svolgere la funzione di parroco della nostra Comunità. Egli ha celebrato la S. Messa nella Blessed<br />

Sacrament Church, situata a Vally Strema nel Long Island. Alla Messa è seguito un pranzo presso il ristorante<br />

“Bagatto”, a cui hanno preso parte un centinaio di persone.<br />

La fotografia, fornitaci <strong>da</strong> Lucia<br />

Krusic tramite Matteo Sabini, riprende<br />

un gruppo di giovani marinai<br />

chersini della leva nella Regia<br />

Marina Militare Italiana della classe<br />

1905. L’immagine è stata fissata a<br />

Venezia nel 1925 nel deposito<br />

CREM (Corpo Reale Equipaggi<br />

Marittimi) e vi si possono distinguere<br />

<strong>da</strong> sinistra in alto: Matteo Krusic,<br />

Gasparo Carvin, Matteo Fornarich,<br />

Marko Bunicich, Giovanni<br />

Martincich (Palin) e Nicolò<br />

Francovich.<br />

15<br />

Padre Bommarco durante la sua visita negli Stati Uniti nel<br />

1993 con Coglievina e Krusic.


16 Comunità Chersina Maggio 2006 n. 75<br />

Nell’ultimo numero, il 74, del<br />

dicembre 2005, tra le Cronache<br />

dell’Estate chersina 2005, ho riferito<br />

succintamente della pagina dedicata<br />

il 29 luglio, <strong>da</strong> La Voce del Popolo di<br />

Fiume agli Interventi per l’Istria,<br />

Fiume e Dalmazia del Consiglio<br />

regionale veneto, col sottotitolo<br />

Ciambetti: non fare del Leone di<br />

Cherso un casus belli. Ho anche<br />

riprodotto la lettera inviata a La Voce<br />

in merito a quel inopportuno sottotitolo<br />

e <strong>da</strong> La Voce subito pubblicata.<br />

La lettera era firmata <strong>da</strong>l presidente<br />

la Comunità italiana di Cherso, nonché<br />

presidente di quel Consiglio<br />

ANCORA SUL NOSTRO LEONE<br />

CASUS BELLI O CASUS PACIS?<br />

comunale, dr. Nivio Toich, e <strong>da</strong> me<br />

quale vicepresidente provinciale di<br />

Venezia e Consigliere Nazionale<br />

dell’Associazione Nazionale Venezia<br />

Giulia e Dalmazia.<br />

Con chiaro riferimento a quella<br />

lettera, che al casus belli sostituiva<br />

un casus pacis, l’Ufficio Stampa del<br />

Gruppo Consiliare regionale della<br />

Liga Veneta – Lega Nord, ha emesso<br />

l’8 febbraio un comunicato stampa<br />

(a me pervenuto casualmente<br />

dopo oltre un mese) che ben volentieri<br />

pubblichiamo prendendo atto<br />

delle intenzioni che esprime, pur in<br />

una ingenua sottovalutazione delle<br />

COMUNICATO STAMPA<br />

di Luigi - <strong>Gigi</strong> - Tomaz<br />

ragioni politiche che animano l’opposizione<br />

al Leone, apparentemente<br />

giustificate con argomenti storico –<br />

estetici. Il consigliere Ciambetti<br />

doman<strong>da</strong> addirittura scusa ai cittadini<br />

di Cherso e noi che non siamo più<br />

cittadini, ma siamo però figli esuli<br />

dell’isola, ed eredi veri della sua storia,<br />

lo ringraziamo assicurandolo che<br />

la lettera non era rivolta tanto alla<br />

sua frase pronunciata durante una<br />

discussione, quanto al giornale che<br />

l’aveva isolata <strong>da</strong>l suo contesto per<br />

farne addirittura un titolo che aveva<br />

ovviamente impressionato i chersini<br />

de là e de qua <strong>da</strong> mar.<br />

Venezia 08/02/06<br />

CIAMBETTI (LEGA Nord)<br />

Ogni Centro Storico, di piccoli paesi o di grandi città che hanno secoli di vita alle spalle come Cherso, è luogo<br />

della memoria, quindi il luogo dove si ricrea un’armonia, dove il cittadino ritrova un equilibrio tra storia, identità,<br />

ruoli, relazioni economiche, tradizioni e rapporti umani. Nel centro storico c’è la consapevolezza del valore delle.<br />

storia e, contestualmente, il timore di perderete questa memoria, magari per appiattirsi nella omogeneizzazione<br />

generale. Il pericolo è più evidente in quelle località che hanno una forte economia turistica: viste <strong>da</strong> destra o <strong>da</strong><br />

sinistra sono tutte uguali e senza identità, senza storia, senza memoria, alla fine stancano nella loro banalità. Una<br />

delle grandi forze di Cherso, come della vicina Lussino, anche <strong>da</strong> un punto di vista turistico, sta nell’avere una storia<br />

antichissima, una memoria autentica. So bene che storia e memorie si nutrono anche di simboli, di monumenti,<br />

statue. Così queste isole meravigliose, possono giustamente celebrare l’Apoxyomenos di Lisippo, come pure vedere<br />

nel Leone di San Marco un altro grande emblema della storia che proprio qui ha lasciato un segno indelebile,<br />

che non si può cancellare e che invece va riconquistato con l’intelligenza della tolleranza. Quando chiedo cautela<br />

nell’affrontare il tema della ricollocazione nella sede originaria, operazione giustissima e di gran valenza, del Leone<br />

marciano di Cherso, forse posso sembrare troppo prudente: ma la mia è la prudenza di chi, troppe volte nel passato,<br />

ha <strong>visto</strong> svanire occasioni eccezionali per eccessiva fretta o intempestività. Del resto, è nota a tutti la particolare<br />

sensibilità che il nostro partito, la Lega Nord, <strong>da</strong> sempre presta a ai Leoni Marciani. Domando scusa allora, ai cittadini<br />

di Cherso e a quanti seguono con passione questa vicen<strong>da</strong>, se ho <strong>da</strong>to l’impressione di chi sia disinteressato<br />

o, peggio, di chi sottovaluti questa operazione <strong>da</strong> tanti invece attesa. Anch’io sono invece fortemente coinvolto.<br />

Mentre altrove nel mondo assistiamo a scoraggianti episodi, a distruzioni, a van<strong>da</strong>lismi, violenze gratuite, che colpiscono<br />

spesso i simboli e appunto la memoria, <strong>da</strong> Cherso potrebbe giungere invece un grande e bel messaggio di<br />

speranza, pace e civile convivenza, nel segno del recupero della memoria, nel segno del Leone di San Marco e<br />

della storia di questa meravigliosa isola e del suoi primi custodi, i suoi cittadini. Se inquadriamo in questa maniera il<br />

doveroso recupero del Leone Marciano di Cherso credo che tutti, <strong>da</strong>lle autorità pubbliche al più umile, concorderemo<br />

sulla necessità di fare questo gesto di pace e riconciliazione, l’esatto contrario, insomma di un “casus belli” che<br />

nessuno vuole.<br />

Ufficio stampa Gruppo consiliare LIGA VENETA LEGA NORD<br />

Tel. 041.5256360 - Fax 041.5256360<br />

E-mail leganord@consigliovel.1eto.it


Maggio 2006 n. 75<br />

NOI ELEALTRE COMUNITÀ<br />

Comunità Chersina<br />

DALLA COMUNITÀ DEGLI ITALIANI DI CHERSO<br />

MESI DELL’ANNO<br />

Gennaio<br />

Ma mi son gennaio forte<br />

tutti i veci brama la morte<br />

e sti giovanni se la gode<br />

per i venti per le piove<br />

ma mi son gennaio forte<br />

Febbraio<br />

Ma mi son febbraio curto<br />

de febbraio non se parla<br />

se ne cio el brustulino<br />

se ne <strong>da</strong> la buona cal<strong>da</strong><br />

de febbraio non se parla<br />

Marzo<br />

Ma mi son marzo <strong>da</strong>l vento<br />

la pelicia me la comprata<br />

la mia mamma<br />

me la <strong>da</strong>ta<br />

me la <strong>da</strong>ta per inpresto<br />

ma mi son marzo <strong>da</strong>l vento<br />

I POMPIERI DI CHERSO hanno compiuto 100 anni<br />

Aprile<br />

Ma mi son april pulito<br />

perché faccio fiorir la terra<br />

la salata e l’erba vera<br />

e quel albero fiorito<br />

ma mi son april pulito<br />

Maggio<br />

Ma mi son maggio dei fiori<br />

perché io faccio girlande e mazzi<br />

dei fiori<br />

ma mi son maggio dei fiori<br />

Giugno<br />

Ma mi son giugno che sudo<br />

e su<strong>da</strong> l’agricoltura<br />

e che su<strong>da</strong> l’erba dura<br />

ma mi son giugno che sudo<br />

Luglio<br />

Ma mi son luglio che bato<br />

che <strong>da</strong>l sol divento mato<br />

che <strong>da</strong>l sol divento mato<br />

ma mi son luglio che bato<br />

Agosto<br />

Ma mi son agosto mese<br />

questo xe mese della pesca<br />

cio el guzzo e va ala pesca<br />

questo xe mese della pesca<br />

Settembre<br />

Ma mi son settembre mese<br />

questo xe el mese del uveta<br />

siora Maria con la tineta<br />

questo xe el mese del uveta<br />

Ottobre<br />

Ma mi son ottobre<br />

mese questo<br />

xe el mese dei baleti<br />

siora Maria coi i tacheti<br />

xe el mese dei baleti<br />

Novembre<br />

Ma mi son novembre<br />

mese questo<br />

dei parsuti<br />

che ghe piase a tuti<br />

questo xe el mese dei parsuti<br />

Dicembre<br />

Ma mi son dicembre<br />

xe el mese dei baleti<br />

siora Maria coi i tacheti<br />

xe el mese dei baleti<br />

17<br />

La canzone<br />

ci è stata fornita<br />

<strong>da</strong>lla signora<br />

Puric Chechina - Setepanca


18 Comunità Chersina Maggio 2006 n. 75<br />

Io sono nato a Smergo e, dopo<br />

un lungo periodo di lontananza, vi<br />

sono ritornato nel giugno del<br />

2000.<br />

Nel 1948 Smergo aveva una<br />

ventina di case con 70 abitanti.<br />

Oggi le case sono 27 ma gli abitanti<br />

stabili sono ridotti a 5. Tutti<br />

gli altri si sono trasferiti a Cherso.<br />

Nel periodo estivo, <strong>da</strong> giugno a<br />

settembre, le case si riempiono di<br />

turisti: croati, sloveni, italiani e<br />

qualche tedesco. Anch’io e mia<br />

sorella Angela d’estate ci trasferiamo<br />

a Smergo, dove abitiamo la<br />

casa lasciataci <strong>da</strong>i nostri genitori.<br />

Nel 1988 Smergo, nella vicina<br />

baia di Smocovez, è diventata la<br />

stazione di attracco del traghetto<br />

che unisce l’isola di Cherso a<br />

quella di Veglia (Krk). Da lì parte<br />

la stra<strong>da</strong> asfaltata che va a congiungersi<br />

a quella che <strong>da</strong> Cherso<br />

va a Porosina. Specialmente nel<br />

periodo estivo vi passano centinaia<br />

di auto, tanto che <strong>da</strong>ll’anno<br />

scorso tra Smergo e Valbisca fa<br />

servizio il traghetto più grande,<br />

che si chiama “Cres”, capace di<br />

traghettare un centinaio di auto.<br />

SMERGO<br />

di don Francesco Cesari, nativo di Smergo<br />

A Smergo, in mezzo al bosco,<br />

a circa mezzo chilometro <strong>da</strong>ll’abitato,<br />

c’è la chiesa dedicata a S.<br />

Giovanni Battista. Nel 1998, in<br />

occasione del 50° anniversario<br />

della mia ordinazione sacerdotale,<br />

l’abbiamo dotata di un nuovo altare<br />

per la celebrazione della Messa<br />

verso il popolo, con un piccolo<br />

presbiterio, capace di 5 concelebranti.<br />

Nell’ottobre del 2005, in occasione<br />

della Visita Pastorale alla<br />

Parrocchia di Cherso, il vescovo<br />

di Veglia, Mons. Walter ˘upan, ha<br />

voluto che la prima stazione della<br />

Visita fosse la chiesa di Smergo.<br />

Una trentina di fedeli hanno accolto<br />

il Vescovo. Il Parroco di<br />

Cherso, Don Antonio Valhovich,<br />

gli ha rivolto un breve saluto. Io,<br />

come sacerdote nativo di Smergo,<br />

gli ho presentato una breve cronaca<br />

dei lavori compiuti nella nostra<br />

chiesetta in questi ultimi anni. Ho<br />

detto: nel 1998 l’abbiamo dotata<br />

dell’altare per la Messa verso il<br />

popolo con il piccolo presbiterio.<br />

Nel 2004 abbiamo rinnovato il<br />

tetto, completandolo con le gron<strong>da</strong>ie.<br />

Nel 2005 abbiamo rinnovato<br />

il soffitto e la tinteggiatura dell’interno;<br />

rinnovate le due finestre e<br />

pavimentato il sagrato con lastre<br />

di pietra, prelevate <strong>da</strong>lla rinnovata<br />

piazza di Cherso.<br />

Tutto questo sta a dimostrare<br />

l’amore degli smergani per la loro<br />

chiesa anche se non abitano più<br />

nel paese.<br />

A Smergo c’è un piccolo porto,<br />

capace di una ventina di piccole<br />

barche, come si può osservare<br />

nella fotografia. Nello sfondo si<br />

vede la baia di Smocovaz e la<br />

stra<strong>da</strong> che porta a Cherso.<br />

Schizzo <strong>da</strong>l vero di <strong>Gigi</strong> Tomaz del Trittico marmoreo della chiesa di S. Giovanni<br />

Battista di Smergo, raffigurante la Madonna in trono col Bambino tra i Santi Giovanni<br />

Battista e Sebastiano.


Maggio 2006 n. 75<br />

ANNA MARIA MORI<br />

Nata in Istria<br />

Rizzoli, Milano 2006,<br />

pag. 290, € 16,00<br />

Anna Maria Mori è nata a Pola, in<br />

Istria, <strong>da</strong> cui se n’è an<strong>da</strong>ta coi genitori<br />

<strong>da</strong> piccola. E’ un’esule che in questo<br />

libro fa una visita-pellegrinaggio nei<br />

paesi della sua penisola natia e delle<br />

isole di Cherso e di Lussino, dov’era<br />

nata la madre.<br />

Ci torna con nostalgia ed accettazione<br />

e ci trasmette l’immagine di<br />

un’Istria di persone che vivevano in un<br />

ambiente multiculturale prima che si<br />

coniasse la parola.<br />

Ricor<strong>da</strong> la gloriosa storia del passato<br />

attraverso alle sue vestigia disseminate<br />

ovunque. Racconta, attraverso<br />

ai suoi ricordi personali e a quelli delle<br />

persone che conosce e che incontra,<br />

come si viveva in un passato recente,<br />

sotto l’impero austro-ungarico, quando<br />

Fiume era un grande centro internazionale<br />

in cui “uscivano sette quotidiani<br />

in sette lingue diverse: l’austriaco, l’ungherese,<br />

il tedesco, l’italiano, il ceco, lo<br />

slovacco, il croato” e a Sussak, la città<br />

croata alle spalle di Fiume “si an<strong>da</strong>va<br />

al cinema dove proiettavano un film in<br />

tedesco, e la mamma faceva la traduzione<br />

in simultanea in italiano per il<br />

suo bambino, e in ungherese per lo<br />

zio”. Narra col medesimo rispetto le<br />

storie degli esuli, dei rimasti e dei nuovi<br />

venuti. Racconta senza rancore,<br />

anche quando descrive vicende tristissime<br />

come quella di Norma Cossetto o<br />

RECENSIONI<br />

menziona il decreto Peruœko, secondo<br />

il quale la terminazione veneta «ch» fu<br />

sostituita <strong>da</strong> un giorno all’altro con la<br />

terminazione croata c’, ma cita quasi<br />

sempre i paesi che attraversa col<br />

nome italiano e con quello croato.<br />

Nelle ultime 6 pagine sono riportate<br />

dodici ricette, trascritte <strong>da</strong> un quaderno<br />

della madre, <strong>da</strong>tate Pola 1930. Così la<br />

Mori chiude il libro con un ricordo della<br />

madre che cucina come l’aveva<br />

cominciato con la mamma che, benché<br />

ammalata di Alzeheimer, è in<br />

grado di preparare lo strudel di mele.<br />

PIETRO PARENTIN<br />

Itinerari istriani<br />

fotografie di Corrado Ballarin,<br />

Il volume è edito <strong>da</strong>ll’Associazione<br />

delle Comunità Istriane di via<br />

Belpoggio, 29/1 – 34123 Trieste, alla<br />

quale può essere chiesto, ed è stato<br />

pubblicato col contributo dello Stato<br />

Italiano (L. 16.03.2001 N. 72).<br />

Il volume raccoglie gli articoli che<br />

Pietro Parentin scrive <strong>da</strong> anni su “La<br />

Nuova Voce Giuliana”, giornale dell’associazione<br />

<strong>da</strong>lla quale è stato pubblicato,<br />

con lo pseudonimo di<br />

“Peregrinus”. Ed il suo è stato proprio,<br />

per sua stessa confessione, un peregrinare<br />

per l’Istria più che un rivisitarla.<br />

Nella pubblicazione questo viaggio un<br />

po’ casuale è stato ordinato ed organizzato<br />

secondo la logica delle strade<br />

Comunità Chersina<br />

19<br />

<strong>da</strong> percorrere ma anche delle caratteristiche<br />

ambientali, per cui, ad esempio,<br />

il primo itinerario propone un percorso<br />

<strong>da</strong>l mare ai monti attraverso terreni<br />

marmo arenacei oggi appartenenti alla<br />

Slovenia e che prevedono le visite a<br />

Strugnano, Portorose, Pedena, Costabona,<br />

Toppolo, Gradina, Pegara; il<br />

decimo itinerario, lungo la dorsale delle<br />

isole di Cherso e Lussino, tocca le<br />

località di Caisole, Cherso, Ossero,<br />

Lussinpiccolo, Lussingrande.<br />

Il testo è corre<strong>da</strong>to <strong>da</strong> numerose e<br />

bellissime fotografie a colori di panorami<br />

e particolari dei luoghi presi in considerazione<br />

tratti <strong>da</strong>l ricchissimo archivio<br />

di Corrado Ballarin, che rendono<br />

visibili ai lettori che non li conoscono<br />

posti e monumenti, completano ed<br />

arricchiscono lo scritto e non sono<br />

meno importanti di esso. Esse rendono<br />

finalmente onore all’arte fotografica<br />

del Ballarin, molto sacrificata <strong>da</strong>lle<br />

riproduzioni non proprio perfette e in<br />

bianco e nero del periodico.<br />

E’ un invito e una gui<strong>da</strong> alla visita<br />

dell’Istria e delle isole del Quarnero<br />

delle quali fornisce descrizione e informazione<br />

storica alla portata di tutti.<br />

GABRIO GABRIELE,<br />

Oltre il Confine<br />

Nuovi Autori, Milano 2004,<br />

pag. 110, € 12,00<br />

In questo<br />

scritto, l’Autore<br />

conduce il lettore<br />

a Gabrova, in<br />

Istria, un paese<br />

di contadini che<br />

si affaccia sul<br />

mare e dove la<br />

gente, al di là<br />

delle barriere<br />

socio-politiche, vive secondo una commistione<br />

della cultura italiana con quella<br />

croata. E’ un libro di ricordi vecchi e<br />

nuovi, <strong>da</strong>lla struttura un po’ a mosaico,<br />

che avvince per lo spirito umano che lo<br />

pervade.


20 Comunità Chersina Maggio 2006 n. 75<br />

DALLA COMUNITÀ DI LUSSINPICCOLO<br />

La Comunità di Lussinpiccolo ha perso il suo<br />

Segretario responsabile<br />

Giuseppe Favrini, Segretario<br />

responsabile della Comunità di<br />

Lussinpiccolo, suo cofon<strong>da</strong>tore e<br />

animatore, è deceduto il 2 dicembre<br />

2005 a Trieste, dopo una<br />

lunga malattia.<br />

Ne abbiamo <strong>da</strong>to l’annuncio<br />

sul n. 74 di Comunità Chersina,<br />

perché ci era giunta notizia della<br />

sua scomparsa quando il giornale<br />

era già in tipografia, ma la sua<br />

statura morale di uomo e di esule<br />

<strong>da</strong>lla contigua isola di Lussino ci<br />

impone di ricor<strong>da</strong>rlo in maniera<br />

più adeguata.<br />

Era nato a Lussinpiccolo il 28<br />

novembre 1928 <strong>da</strong> Nicoletta<br />

Martinolli, maestra, e <strong>da</strong><br />

Alessandro Favrini, dirigente<br />

dell’Ufficio Registro. Frequentò le<br />

scuole elementari, tecniche inferiori<br />

e l’Istituto Nautico, dove si<br />

diplomò nel 1946, a<br />

Lussinpiccolo. Subito dopo esulò<br />

con la famiglia a Trieste, dove<br />

riprese gli studi conseguendo prima la<br />

maturità scientifica e poi la laurea in<br />

Matematica Attuariale, branca della<br />

Matematica che si occupa della valutazione<br />

attuale degli impegni futuri relativi<br />

alle assicurazioni sulla vita.<br />

Contemporaneamente lavorò, anche<br />

per pagarsi gli studi, come segretario<br />

al liceo scientifico Guglielmo Ober<strong>da</strong>n.<br />

Dopo la laurea, conseguita nel 1957,<br />

entrò come attuario alla RAS<br />

(Riunione Adriatica di Sicurtà), società<br />

nella quale fece una brillante carriera.<br />

Contemporaneamente all’attività di<br />

attuario e dopo la quiescenza svolse<br />

anche, per passione, la professione di<br />

insegnante di matematica, con incarichi<br />

temporanei, nei corsi serali<br />

dell’Istituto Tecnico Alessandro Volta,<br />

al liceo classico Dante Alighieri e poi<br />

all’Istituto Tecnico Sandrinelli.<br />

Da cattolico convinto e praticante,<br />

partecipò sempre, in diverse maniere,<br />

alla vita della sua parrocchia.<br />

Dal 1998, fon<strong>da</strong>ta la Comunità di<br />

Lussinpiccolo, le dedicò tutto il suo<br />

tempo.<br />

Esule per “scelta politica e culturale”,<br />

era un convinto sostenitore del<br />

fatto che all’esodo dei 350.000 giuliani,<br />

fiumani e <strong>da</strong>lmati an<strong>da</strong>sse attribuita<br />

questa sola motivazione e che addurne<br />

altre, come la paura delle persecuzioni,<br />

il desiderio di migliorare la propria<br />

situazione economica o altro significasse<br />

sminuire il valore dell’esodo.<br />

“La Comunità degli esuli <strong>da</strong><br />

Lussinpiccolo - ha detto Licia<br />

Giadrossi Gloria nel discorso commemorativo<br />

al suo funerale - dispersa in<br />

Italia e nel mondo anche nei ricordi,<br />

troppo dolorosi e perciò sepolti nell’inconscio<br />

<strong>da</strong> tanto tempo, gli riconosce il<br />

merito di averle <strong>da</strong>to vita e ideali….. In<br />

particolare attraverso la pubblicazione<br />

del foglio “Lussino”, che si è rivelato un<br />

importantissimo strumento di comunicazione<br />

e di collegamenti fra i lussignani<br />

sparsi per il mondo, Giuseppe<br />

Favrini è riuscito a far estrarre <strong>da</strong> una<br />

di Carmen Palazzolo Debianchi<br />

rimozione prolungata storie personali<br />

di fughe e persecuzioni, episodi familiari<br />

antichi che, se non vengono raccolti<br />

e pubblicati per essere conservati<br />

e traman<strong>da</strong>ti, verranno irrimediabilmente<br />

cancellati <strong>da</strong>lla scomparsa di<br />

chi li ha vissuti o li ha raccolti <strong>da</strong> essi”.<br />

Ma il suo obiettivo principale, quello<br />

a cui dedicò fin <strong>da</strong>ll’inizio tutte le sue<br />

energie, fu far conoscere, traman<strong>da</strong>re<br />

e difendere <strong>da</strong>lle mistificazioni la storia<br />

romano-veneta dell’Istria, della<br />

Dalmazia e delle Isole del Quarnero, e<br />

in particolare far conoscere e difendere<br />

la storia gloriosa della marineria di<br />

Lussino.<br />

Ora il testimone di Segretario della<br />

Comunità è passato a Licia Giadrossi<br />

Gloria, che ha collaborato fin <strong>da</strong>ll’inizio<br />

col prof. Giuseppe Favrini e col presidente<br />

della Comunità, don Nevio<br />

Martinoli, come direttore responsabile<br />

del periodico “Lussino”.<br />

Le facciamo i migliori auguri.


Maggio 2006 n. 75<br />

GIORNO DEL RICORDO 2006<br />

Comunità Chersina<br />

21<br />

Un intervento di Paolo Barbi<br />

IL RICORDO DEL DOLOROSO PASSATO PER COSTRUIRE UN MIGLIORE FUTURO<br />

L’alzabandiera in piazza dell’Unità d’Italia a Trieste.<br />

27 gennaio: Memory <strong>da</strong>y dello Shoah.<br />

10 febbraio: Giorno del Ricordo delle foibe.<br />

C'è un legame fra i due avvenimenti?<br />

Credo di sì. Tutti e due pur nelle così diverse<br />

dimensioni: europea o addirittura mondiale<br />

il primo, regionale o al massimo<br />

nazionale il secondo - rappresentano l'intenzione<br />

di non dimenticare mai le ignominiose<br />

manifestazioni di malvagità disumana<br />

in cui si concretarono le aberranti concezioni<br />

culturali e politiche della pulizia etnica,<br />

prodotte e alimentate <strong>da</strong>Il'esasperato, sciovinistico<br />

nazionalismo otto-novecentesco.<br />

Sull'altare dell'idolo "Stato nazionale" - reso<br />

onnipotente <strong>da</strong>i totalitarismi nazista e<br />

comunista - si ritenne di dover sacrificare<br />

non solo i diritti ma persino la dignità<br />

umana e la vita stessa delle minoranze che<br />

"inquinavano" la purezza e la compattezza<br />

del popolo dominante. Ne furono vittime a<br />

milioni ebrei, zingari e altre minoranze in<br />

Germania; a decine di milioni kulaki e tartari,<br />

esponenti religiosi e dissidenti politici in<br />

URSS. Ed anche a centinaia di migliaia gli<br />

italiani dell'altra spon<strong>da</strong> dell'<strong>Adriatico</strong>: molti<br />

torturati, fucilati e "infoibati", quasi tutti gli<br />

altri costretti all' "esilio in patria". Da Pola e<br />

<strong>da</strong> tutta l'lstria, <strong>da</strong> Fiume e <strong>da</strong>l Carnaro, <strong>da</strong><br />

Zara e <strong>da</strong>lla Dalmazia si fuggì con ogni<br />

mezzo e spesso a rischio della vita: per<br />

paura delle persecuzioni, certo, ma anche e<br />

nella maggior parte dei casi per sottrarsi al<br />

regime totalitario di Tito (che quel terrore<br />

aveva intenzionalmente creato), per rimanere<br />

liberi, per continuare ad essere italiani<br />

e cristiani, per rimanere fedeli alla Patria.<br />

Sennonché le vicende politiche di quegli<br />

anni, la situazione internazionale, i condi-<br />

zionamenti della "guerra<br />

fred<strong>da</strong>" fecero di quella<br />

Madre Patria agognata, per<br />

cui si era sacrificato tutta,<br />

una matrigna. Costretta a<br />

chiudere sbrigativamente la<br />

"questione adriatica" - perché<br />

Tito doveva essere blandito<br />

e incoraggiato nella rottura<br />

con Mosca - l'Italia fu<br />

indotta a rimuovere il problema<br />

degli esuli giuliano <strong>da</strong>lmati,<br />

a farli dimenticare. E<br />

questo fu l'aspetto più doloroso<br />

dell'esilio: sentirsi ignorati<br />

nelle proprie esigenze<br />

materiali e nei propri diritti, e, ancor più,<br />

cancellati <strong>da</strong>lla memoria stessa del proprio<br />

popolo.<br />

Ma ora, morto Tito e tragicamente dissolta<br />

la Jugoslavia, fallito il comunismo e<br />

Trieste - La Presidente della Comunità Chersina con la<br />

signora Giulia Colombis nella Sala del Consiglio<br />

Comunale col labaro di Cherso in rappresentanza<br />

della Comunità.<br />

radicalmente cambiati gli equilibri - o gli<br />

squilibri! - internazionali, si è potuto rompere<br />

quel silenzio e far rivivere quel ricordo.<br />

Fino al punto di ottenere - prima che l'ONU<br />

codificasse la "giornata della memoria"<br />

dello Shoah - che già l'anno scorso iI<br />

Parlamento italiano votasse all'unanimità<br />

una legge per fissare "il giorno del ricordo"<br />

dell'esodo giuliano-<strong>da</strong>lmata in quel 1 O febbraio<br />

1947 in cui fu firmato a Versailles il<br />

Trattato di pace che aveva segnato la "perdita<br />

delle terre dell'<strong>Adriatico</strong> orientale".<br />

Ma come vivere questa giornata? Come<br />

fare in modo che <strong>da</strong>lle radici della memoria<br />

storica nasca e venga alimentata la pianta<br />

della vita attuale e futura? Ecco: anzitutto io<br />

credo che gli ormai pochi sopravissuti degli<br />

esuli debbano liberarsi <strong>da</strong>lla forte e umanamente<br />

ben compresile tentazione delle<br />

recriminazioni sulle sofferenze e sulle<br />

rinunce di allora e anche <strong>da</strong>l nobile ma sterile<br />

sentimento di nostalgia per le loro terre.<br />

Poi vorrei che si rinunciasse alle insopportabili<br />

speculazioni politiche che alcuni partiti<br />

hanno fatto e fanno sulla nostra tragica<br />

vicen<strong>da</strong> e che, piuttosto, si cogliesse l'occasione<br />

per riflettere sulle rovinose teorie e<br />

prassi dei contrapposti nazionalismi coi loro<br />

strascichi di sogni di rivincite, di propositi di<br />

vendette, di esplosioni di odio e di violenza.<br />

Siamo a mezzo secolo di distanza della<br />

nostra tragedia: oggi non serve recriminare,<br />

né progettare rivalse di qualsiasi tipo.<br />

Serve una riflessione storica che<br />

abbandoni la pretesa di con<strong>da</strong>nnare<br />

o di difendere, e si<br />

proponga, invece, di capire la<br />

ragioni di quel conflitto e dei<br />

tragici avvenimenti di cui siamo<br />

stati attori e vittime. Serve capire<br />

gli errori e le responsabilità<br />

di una parte e dell'altra per<br />

poter an<strong>da</strong>re oltre e per riscattare<br />

quelle lacerazioni e quelle<br />

sofferenze della nostra gente,<br />

per far maturare sulla nostalgia<br />

del passato la speranza del<br />

futuro.<br />

"An<strong>da</strong>re oltre" per costruire<br />

realisticamente, concretamente<br />

il futuro della presenza italiana<br />

sulla spon<strong>da</strong> orientale<br />

dell' <strong>Adriatico</strong> - che è stata -<br />

prodotta ed alimentata non<br />

<strong>da</strong>lla forza delle armi, ma <strong>da</strong>i valori della<br />

cultura e dei commerci.<br />

Cosa possibile oggi - crollata la "cortina<br />

di ferro" e realizzata, per nostra fortuna, la<br />

sperata "utopia" del l'estensione dell'Unione<br />

Europea anche ai paesi della ex Jugoslavia<br />

- oggi è effettivamente possibile perché si è<br />

aperta la via a quei rapporti umani pacifici e<br />

a quegli scambi culturali ed economici che<br />

avevano caratterizzato la vita di tutti i popoli<br />

delle due sponde dell'<strong>Adriatico</strong> per molti<br />

secoli, prima che venisse avvelenata <strong>da</strong>l<br />

più nefasto nazionalismo.


22 Comunità Chersina Maggio 2006 n. 75<br />

MATTEO BOMMARCO<br />

Matteo Bommarco, nato a<br />

Cherso il 4 dicembre 1921, è deceduto<br />

a Brescia dopo lunghe sofferenze<br />

l’8 dicembre 2005. I familiari e gli<br />

amici lo ricor<strong>da</strong>no con tanto affetto.<br />

RENATO MARITI<br />

Renato ci ha lascitato<br />

Era ormai <strong>da</strong> tempo uno di noi. Il<br />

giorno 8 gennaio è passato a miglior<br />

vita, a Marghera di Venezia, all’età di 68<br />

anni, Renato Mariti, sposo di mia cugina<br />

Meri Bellemo. È stato un decesso<br />

inaspettato, dovuto ad infarto. Era<br />

appena rientrato a casa <strong>da</strong> Verona<br />

dove risiede la figlia maggiore.<br />

Lascia la moglie, le tre figlie, Dorina,<br />

Roberta e Daniela e diversi nipoti. Con<br />

grande tristezza abbiamo partecipato ai<br />

suoi funerali, celebrati a Marghera nella<br />

grande chiesa di Sant’Antonio, gremita<br />

di gente. Al cimitero erano presenti mol-<br />

tissimi chersini tutti residenti a Venezia<br />

e nel circon<strong>da</strong>rio. Alcuni parenti erano<br />

giunti <strong>da</strong> Cherso e <strong>da</strong>lla Francia.<br />

Non mancava mai, con la moglie,<br />

alla messa italiana del sabato sera d’estate<br />

a Cherso. Il mio pensiero torna<br />

indietro nel tempo, a quando i nostri figli<br />

erano piccoli e adolescenti. Durante l’estate<br />

eravamo sempre insieme a<br />

Cherso. In tre cugini avevamo undici<br />

figli e tutti i giorni ci ponevamo una meta<br />

diversa: Vallon, San Biagio, San Martin,<br />

Smergo, Neresine, Lussin. Su e giù per<br />

i monti <strong>da</strong> una pineta all’altra. Così<br />

abbiamo trasmesso ai nostri figli l’amore<br />

per Cherso che tuttora li spinge,<br />

ormai adulti, a ritornare continuamente.<br />

Renato <strong>da</strong> oltre 35 anni frequentava<br />

il Campeggio di Lanterna con la sua<br />

roulotte sempre piazzata in prima fila in<br />

riva al mare, assieme ad altre quattro di<br />

altri nostri cugini. Molte volte ci fermavamo<br />

a mangiare tutti assieme, quando il<br />

turismo era agli inizi ed era permesso di<br />

farlo.<br />

Durante la cerimonia funebre le figlie<br />

hanno letto un bel saluto molto poetico e<br />

commovente che verso la fine diceva:<br />

Ora per noi sei diventato quel gabbiano<br />

libero, che vola nel cielo e che hai sempre<br />

immaginato di essere”.<br />

Antonio Puggiotto<br />

La nostra Comunità ricor<strong>da</strong> chi ci ha lasciato<br />

Craglietto Giuseppe a Mestre il -11-05 a 78 anni<br />

Bacchia Maria ved. Pugiotto a La Spezia il 12-11-05 a 88 anni<br />

Bommarco Matteo a Brescia il 08-12-05 a 84 anni<br />

Franco Giovanna ved. Perini a Trieste il 14-12-05 a 92 anni<br />

Malusà Meri a Trieste il 05-01-06 a 86 anni<br />

Mariti Renato a Marghera (Ve) l’8-01-2006 a 68 anni<br />

Parcori Donvio Concetta a Trieste il 28-02-06 a 94 anni<br />

Trapani Maria Pia a Palermo il -02-06 a 84 anni<br />

Dooner Bunici Mary a New York il 30-03-06 a 77 anni<br />

Deceduti a Cherso<br />

a cura di Maria Rogić<br />

Filinich Maria in Fatutta a Cherso il 11.11.2005 a 85 anni<br />

Velcich Anain Sol<strong>da</strong>tich a Cherso il 13.12.2005 a 93 anni<br />

Vitkovich Maria in Tankoviæ a Cherso il 01.01.2006 a 86 anni<br />

Miculiniæ Arsen a Cherso il 21.01.2006 a 65 anni<br />

Kerœiæ Maria a Cherso il 03.02.2006 a 64 anni<br />

Muœkardin Giulio a Cherso il10.02.2006 a 62 anni<br />

Bolmarcich Giuseppe (Jusepe Garina) a cherso il 12.02.2006 a 82 anni<br />

Negovetich in Bacchia Maria a Cherso il 02.03.2006 a 94 anni<br />

Bukœa Rita in Vo<strong>da</strong>riæ (maestra) a Cherso il 02.03.2006 a 77 anni


Maggio 2006 n. 75<br />

Comunità Chersina<br />

GRAZIE PER I VOSTRI CONTRIBUTI<br />

Dall’Italia: Conto Corrente Postale: 11338340, intestato a: Soc. Francesco Patrizio della Comunità Chersina - Via Belpoggio, 29/1 - 34123 Trieste<br />

Dall’Estero: Bonifico bancario o postale, a secon<strong>da</strong> degli Stati, sul c/c 11338340, CAB 12400, ABI 07601,<br />

intestato a: Soc. Francesco Patrizio della Comunità Chersina - Via Belpoggio, 29/1 - 34123 Trieste<br />

Albano Giovanni pro stampa e 30.00<br />

Anelli Carmen “ e 15.00<br />

Ass. Naz. Venezia G. e D. di Venezia e 5.00<br />

Asta Flavio pro stampa e 15.00<br />

Bacchia Suor Giuseppina “ e 15.00<br />

Bacchia M. Giuseppina in memoria della mamma Maria Bacchia e 20.00<br />

Baicich Antonia auguri agli amici di Cherso<br />

Etta e Duilio e 20.00<br />

Bandera Gianfranco pro stampa e 10.00<br />

Bandera Gianni » e 10.00<br />

Bandera Giorgio » e 10.00<br />

Bandera Maria » e 10.00<br />

Bandera Maria Vittoria » e 10.00<br />

Bandera Vittoria di Caisole » e 10.00<br />

Banic Franco » e 20.00<br />

Bassanese Rosa » e 10.00<br />

Bellemo Antonio » e 20.00<br />

Bellemo Domenico » e 20.00<br />

Bellemo Mariti M. Vittoria » e 15.00<br />

Giannella e Mariuccia de Petris » e 30.00<br />

Bellemo Sergio » e 30.00<br />

Bertotto Enzo » e 50.00<br />

Biaggini Francesco » e 30.00<br />

Biaggini Giuseppe » e 20.00<br />

Biaggini Maria » e 10.00<br />

Bommarco Carmen in ricordo del marito Teo e 30.00<br />

Bommarco Francesco in memoria del fratello Matteo e 50.00<br />

Bommarco Gianna per i propri defunti e 40.00<br />

Bon Antonia pro stampa e 30.00<br />

Bon Domenico un sentito grazie all’amico<br />

G. Tomaz per l’intervento su<br />

“tramontana” nel supplemento 3<br />

della Com. Chersina n° 74 e 150.00<br />

Bon Edi pro stampa e 10.00<br />

Boni Domenico » e 20.00<br />

Bortulin Domenico » e 10.00<br />

Bortulin Giovanni » e 10.00<br />

Bortulin Riccardo » e 10.00<br />

Bortulin Sergio » e 10.00<br />

Bradizza Giacomina in memoria dei nostri defunti e 20.00<br />

Bravuzzo Antonio in memoria dei propri cari e 20.00<br />

Broggini Claudia e Gianna in memoria dei nonni e zii defunti e 30.00<br />

Brunetti Fortunato pro stampa e 10.00<br />

Bunicci Gianna » e 20.00<br />

Burburan Giovanni » e 30.00<br />

Capitanio Luciano » e 10.00<br />

Castellan Giannina » e 10.00<br />

Castellan Negovetich Meri in memoria del marito Giovanni e 20.00<br />

Castellan Piero e Meri pro stampa e 20.00<br />

Castelli Bruno e Fulvio » e 15.00<br />

Ceglian Francesco » e 30.00<br />

Ceglian Ninetta Marino in memoria del<br />

chersino Sergio Ceglian e 100.00<br />

Cesari Don Francesco pro stampa e 50.00<br />

Coglievina Antonio in memoria dei genitori e 30.00<br />

Coglievina Giannina per i propri defunti e 20.00<br />

Coglievina Marino pro stampa e 20.00<br />

Colombis Raul » e 30.00<br />

Colombi Sergio » e 20.00<br />

Comunità di Neresine » e 50.00<br />

Conte Ester De Falco » e 25.00<br />

Cralli Benussi Il<strong>da</strong> » e 20.00<br />

Cremeni Silvio » e 20.00<br />

23<br />

Crivellari Beatrice » e 25.00<br />

Crivici Donato » e 20.00<br />

Crusi Meri in memoria di Domenico e 20.00<br />

Cugliancich Giovanni pro stampa e 25.00<br />

Cugliancich Suor Giannantonia in memoria dei miei genitori e 20.00<br />

De Petris Giovanni pro stampa e 30.00<br />

Del Gos Mario » e 20.00<br />

Diacci Renato » e 15.00<br />

Doimi Battain Annamaria » e 10.00<br />

Domini Patrizia in memoria dei nonni e del papà Carlo e 10.00<br />

Donà Meri pro stampa e 20.00<br />

Doncovio Mercedes in ricordo dei genitori Ersilia e Miro <strong>da</strong><br />

Zaccaria, Nives e Mercedes e 30.00<br />

Dorci Antonio in memoria dei nostri defunti e 30.00<br />

Dunkovic Giannina pro stampa e 30.00<br />

Dvornicich Bernardino » e 20.00<br />

Fatutta Giovanni e Maria » e 30.00<br />

Favrin Antonio » e 100.00<br />

Filippas Giuseppe » e 50.00<br />

Filippas Maria » e 10.00<br />

Filippas Stefano per i propri defunti e 20.00<br />

Fillini Don Antonio pro stampa e 100.00<br />

Francesconi Apollonio Maria » e 20.00<br />

Fuccini Claudio » e 20.00<br />

Fucich Elena » e 15.00<br />

Glavich Gina ricor<strong>da</strong>ndo la cara mamma<br />

Smundin Giovanna e 15.00<br />

Glavina Pugiotto Antonia pro stampa e 30.00<br />

Grisan Sciucca Corinna per i propri defunti e 15.00<br />

Grus Pia ed Elio pro stampa e 10.00<br />

Hreglich Neera » e 20.00<br />

Iurassi Albino indimenticabile ricordo e 20.00<br />

Juriaco Maria » e 10.00<br />

Lemessi Cristoforo » e 30.00<br />

Lemessi Maria e Fiorenza » e 100.00<br />

Lemessi Maria Luisa » e 100.00<br />

Linardi Andrea » e 30.00<br />

Lodi Giovanni » e 20.00<br />

Lovrich Corsano Rosa » e 15.00<br />

Malatestinich Edi » e 10.00<br />

Manzardo Antonio e Luciana » e 25.00<br />

Maracich Renato » e 30.00<br />

Martinoli Don Nevio » e 15.00<br />

Mauri Lucia » e 20.00<br />

Mauri Marina in memoria della sorella Aurora Mauri<br />

in Berna e 50.00<br />

Maver Maria per i propri defunti e 20.00<br />

Mazzoni Marzio per ricor<strong>da</strong>re il “PADRE” e 100.00<br />

Me<strong>da</strong>rich Giuseppe in memoria della moglie Maria Jacuzzi e 50.00<br />

Merlin Maria Giustina in ricordo della mamma Giovanna Chersi<br />

e di tutti i parenti delle famiglie<br />

Chersi e Valentin e 50.00<br />

Mese Alice pro stampa e 30.00<br />

Mese Alice » e 25.00<br />

Mese Maria » e 20.00<br />

Micalessin Longo Etta » e 10.00<br />

Michicich Giorgio » e 20.00<br />

Miniutti Cesira » e 20.00<br />

Mocolo Bruna in memoria di Giacomo e 20.00<br />

Mocolo De Vita Ettuccia pro stampa e 15.00<br />

Mohovich Giovanni » e 10.00<br />

Mohovich Paolo » e 10.00<br />

Mohovich Romano » e 10.00


24 Comunità Chersina Maggio 2006 n. 75<br />

Moise Jolan<strong>da</strong> in memoria della famiglia Moise e 20.00<br />

Montanari Zito Maria pro stampa e 25.00<br />

Muscardin Piero » e 30.00<br />

Negovetti Fortunata » e 20.00<br />

Negovetti Maria » e 20.00<br />

Negovetti Mario » e 20.00<br />

Nuclich Nino » e 25.00<br />

Orlich Etta e Nicolò » e 20.00<br />

Orlini Nicolò » e 100.00<br />

Ottoli Giovanni » e 15.00<br />

Ottulich Maria in memoria dei propri cari di Ossero e 15.00<br />

Palisca Musich Antonia pro stampa e 20.00<br />

Pavan Concetta » e 15.00<br />

Pavan Romano » e 30.00<br />

Pellegrini Paolo-Paolo e Anna Pellegrini<br />

in memoria dei loro genitori e 40.00<br />

Pescarolo Domenioco pro stampa e 10.00<br />

Petronio Sergio e Fabia » e 100.00<br />

Piccini Giovanni » e 38.00<br />

Piccini Rina e Antonio » e 25.00<br />

Piovesan Andrea in memoria dei nonni<br />

Antonio e Antonietta e 200.00<br />

Pittalis Marisa e Luciana in memoria della mamma e 70.00<br />

Pugiotto Antonio e Liliana pro stampa e 15.00<br />

Pugiotto Rita e Anna in memoria della mamma Maria Bacchia<br />

e papà Domenico e 30.00<br />

Roghich Francesco pro stampa e 20.00<br />

Rupnik Meri » e 25.00<br />

Sablich Antonio e Gianpaolo » e 30.00<br />

Sambo Licia » e 25.00<br />

Seberini Marina » e 15.00<br />

Segulin Nevio » e 20.00<br />

Sepci Muzzonigro Nives in memoria dei genitori e 50.00<br />

Soccoli Ivana pro stampa e 20.00<br />

Solis Cattich Marina in ricordo dei miei cari e 30.00<br />

Sorelle Prettegiani in ricordo dei nostri defunti e 40.00<br />

Sovich Matteo e Luisella pro stampa e 20.00<br />

Stagni Giuliana » e 30.00<br />

Stefani Antonella » e 30.00<br />

Surdich Bruno » e 30.00<br />

Sussich Bonavita Paola per onorare la memoria di<br />

Lore<strong>da</strong>na Sussich e 25.00<br />

Sussich Bonavita Paola per onorare la memoria di<br />

Matteo Bommarco e 25.00<br />

Sussich Matteo pro stampa e 20.00<br />

Taraborra Oscar » e 10.00<br />

Terdossi Antonio » e 50.00<br />

Toffani Giovanna in Vidulli » e 25.00<br />

Torcolini Francesco » e 25.00<br />

Trapani Nina e Maria Pia » e 50.00<br />

Valbusa Valentino in memoria di Franca Sussich e 50.00<br />

Valenta Lorena pro stampa e 10.00<br />

Vassalle Riccardo e Maria in memoria dei propri defunti e 50.00<br />

Verani Leone Graziella in memoria della mamma<br />

Giovanna Tonetti e 30.00<br />

Verbas Elena e Etta pro stampa e 50.00<br />

Vezzani Ausilia » e 10.00<br />

Vidinich Antonio » e 20.00<br />

Vlacancich Floruio » e 20.00<br />

Vo<strong>da</strong>rich Antonio » e 20.00<br />

Zar Antonio in memoria dei miei cari e 50.00<br />

Zennaro Annamaria e Concetta » “ 20.00<br />

Zmarich Nori e Tonin in memoria del caroTomaz Sergio e 20.00<br />

Zorich Dora » e 10.00<br />

Zulini Roberto » e 20.00<br />

Contributi Americani $ U.S.A.<br />

Baicich Rudy e Mary\pro stampa “ 10.00<br />

Bandera Domenico » “ 20.00<br />

Bandera Nick » “ 20.00<br />

Bandera Vittorio » “ 20.00<br />

Bassi Etta in memoria di Antonio e Anna Bassi “ 30.00<br />

Benvin Anton “ 20.00<br />

Bon Berto e Aurelia “ 20.00<br />

Bosicevich Fillini Mary “ 20.00<br />

Buccaran Sabino “ 30.00<br />

Bunicci Gianna e Marco “ 30.00<br />

Bunicci John per ricor<strong>da</strong>re i propri cari defunti “ 140.00<br />

Castellan Piero “ 20.00<br />

Castellan Tonin e Nadia in memoria delle famiglie<br />

Castellan e Radoslovich “ 100.00<br />

Cralli Giuseppe “ 20.00<br />

Dessanti Musich Rosaria “ 10.00<br />

Diacci Maria “ 20.00<br />

Doncovio Garbutt Vivien in memoria del padre Doncovio Antonio “ 100.00<br />

Dumicich Piero in memoria di Graziella “ 15.00<br />

Fatutta Elvina “ 20.00<br />

Fermeglia Laura in memoria di zia Nina Tomaz “ 30.00<br />

Filipas John “ 50.00<br />

Fipas Antonio “ 50.00<br />

Galosich Vitich Laura “ 30.00<br />

Jurassi Domenico “ 20.00<br />

Jurassich Vito “ 20.00<br />

Koljivina Andrino e Maria “ 50.00<br />

Krivicic John e Giuliana “ 20.00<br />

Kucica Tony “ 20.00<br />

Legaz John “ 10.00<br />

Madronich Valeria “ 30.00<br />

Michicich Anton “ 20.00<br />

Miss Giusto e Maria “ 20.00<br />

Mocolo Carmela “ 20.00<br />

Morin Maria in memoria del figlio Leonardo “ 20.00<br />

Murljacic Maria “ 20.00<br />

Negovetti Antonia in memoria di Teo Fornarich “ 40.00<br />

Padijen Petar “ 20.00<br />

Perovich Fabiano “ 20.00<br />

Petrani Guido e Terry “ 50.00<br />

Prendivoj Anna “ 20.00<br />

Purich Giuseppe “ 100.00<br />

Romita Giorgio “ 20.00<br />

Sabini Matteo e Vittoria “ 20.00<br />

Sablich Giorgio e Lina “ 20.00<br />

Sepcich Giorgio e Rosemary“ 20.00<br />

Sepcich Nick e Mary “ 20.00<br />

Sintich Domenico “ 20.00<br />

Solis Nick “ 25.00<br />

Spadoni Edoardo e Vittorino in memoria della sorella<br />

Maria Teresa “ 10.00<br />

Spadoni Maria in memoria del marito Vittorio “ 10.00<br />

Spadoni Nick e Elisabetta “ 20.00<br />

Sucich Maria “ 20.00<br />

Tanfara Boris “ 20.00<br />

Tentor Anthony e Inga “ 40.00<br />

Valà Rosario “ 30.00<br />

Velcich Dino “ 20.00<br />

Velcich Domenica in memoria del fratello Giuseppe “ 50.00<br />

Velcich John “ 20.00<br />

Verbora Giuseppe “ 20.00<br />

Zorovich Nori “ 60.00<br />

Contributi Australiani $ Austr.<br />

Ass. S. Maria “ 50.00<br />

Battaia Giacomo “ 30.00<br />

Bradizza Nello “ 30.00<br />

Carvin Mary “ 50.00<br />

Kucic Felice “ 20.00<br />

Marchetti Laura “ 20.00<br />

Perovich Gino “ 20.00<br />

Perovich Piero e Anna “ 30.00<br />

Stillen Mario “ 20.00<br />

Ellis Mercedes per ricor<strong>da</strong>re il papà Giorgio Bunicci “ 100.00<br />

Velcich Daniele “ 30.00<br />

Velcich Giovanni “ 50.00<br />

Zec Tony “ 50.00


Elezioni per il rinnovo del Consiglio Direttivo<br />

Chi desidera proporre la propria candi<strong>da</strong>tura a consigliere, può spedire per<br />

posta o portare la propria adesione alla sede dell’Associazione Francesco<br />

Patrizio della Comunità Chersina, presso l’Associazione delle Comunità<br />

Istriane di via Belpoggio, 29/1 – 34123 Trieste<br />

- spedire la propria adesione per e-mail a: carmen.palazzolo@fastwebnet.it<br />

- <strong>da</strong>re la propria adesione sul posto, il giorno delle elezioni.<br />

Tutti i soci sono eleggibili, pertanto si può votare anche per soci che non<br />

risultano nell’elenco dei candi<strong>da</strong>ti.<br />

Istruzioni precise inerenti le votazioni verranno fornite sul posto il giorno<br />

delle stesse.<br />

In merito all’acquisizione della qualifica di profugo, l’on. Benvenuto, nel novembre 2005,<br />

ha proposto alla Camera la seguente modifica della legge 26 dicembre 1981, n. 763<br />

ART. 2-bis. (Ulteriori presupposti della qualifica).<br />

1. Sono inoltre considerati profughi, ai fini e per gli effetti della presente legge, i seguenti<br />

soggetti:<br />

a) le persone di lingua e cultura italiane, che hanno comunque risieduto nei territori facenti<br />

parte dello Stato italiano, successivamente ceduti alla Repubblica federativa di Jugoslavia in<br />

forza del Trattato di pace firmato a Parigi il 10 febbraio 1947, reso esecutivo <strong>da</strong>l decreto legislativo<br />

del Capo provvisorio dello Stato 28 novembre 1947, n. 1430, ovvero del Trattato di Osimo del<br />

10 novembre 1975, reso esecutivo <strong>da</strong>lla legge 14 marzo 1977, n. 73, il cui rientro in patria è<br />

avvenuto anteriormente al 31 dicembre 1960;<br />

b) le persone, nate in Italia, che hanno avuto almeno un genitore che è od è stato cittadino<br />

italiano e ha risieduto nei territori di cui alla lettera a).<br />

La legge sulla doppia cittadinanza, appena firmata <strong>da</strong>l Presidente della Repubblica italiana,<br />

estende il diritto al riacquisto della cittadinanza italiana ai connazionali dell’Istria, di Fiume e della<br />

Dalmazia e ai loro discendenti.<br />

Federazione delle Associazioni degli Esuli Istriani Fiumani e Dalmati – nella riunione di<br />

sabato, 18 marzo 2006, sono stati eletti i nuovi vertici della Federazione, così come di seguito<br />

indicato:<br />

PRESIDENTE Renzo Co<strong>da</strong>rin (vicepresidente nazionale ANVGD)<br />

VICEPRESIDENTE VICARIO Silvio Mazzaroli (Sind.Libero Comune Pola in Esilio)<br />

VICEPRESIDENTE Lucio Toth (presidente ANVGD)<br />

SEGRETARIO Giorgio Varisco


Cherso 1918, Signore in visita alla motonave Stocco.

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!