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Giulio Angioni, Alba dei giorni bui - Sardegna Cultura

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vendere senza guadagno, svendere, dare via le spoglie,<br />

ciò che resta. Certe disfatte, certe abiezioni risapute<br />

succedono quando il soggetto deve fare i conti con un<br />

ambiente familiare e sociale già precario. Così ho letto,<br />

così mi hanno spiegato. È tutto un push and pull, richiami<br />

e spinte, dice il frate di strada: – Sì, un tira e molla.<br />

– E così in inglese fa più paura.<br />

Non è il caso nostro, mi sono detta a lungo. Noi tutti<br />

in famiglia siamo stati educati a quella cosa che mamma<br />

diceva generosità: sì, ecco, generosità di spirito, ripetevamo<br />

noi altri figli tutti in cantilena: “Generosità di spirito”.<br />

Gente buona, si è sempre detto di noi Pistis: creditori<br />

caritatevoli, debitori puntuali. E poi ci si capiva<br />

tra di noi, anche se per mamma una buona azione era<br />

un’opera di misericordia corporale ad un vicino, perfino<br />

a Gonaria l’Orecchiona, per babbo una buona azione<br />

era un affondo vincente di Maradona, e per Carlo<br />

un su e giù sott’acqua al limite del record personale,<br />

seppure, anche: – Una di quelle buone azioni che non<br />

restano mai impunite, – ha detto una volta Carlo citando<br />

chissà chi, con scandalo di tutti.<br />

Noi figli, tutti e tre, dal dire e dal fare <strong>dei</strong> nostri genitori<br />

abbiamo imparato che c’è un solo modo di stare al<br />

mondo, senti un po’: – Aiuta gli altri a vivere, – ci ripeteva<br />

mamma come adesso Carlo. – E i furbi almeno<br />

fingono, – diceva babbo, che doveva mostrare di saperla<br />

lunga almeno quanto suo figlio.<br />

No, non è il caso nostro, l’ambiente familiare e sociale<br />

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già precario. E io non sono nuova all’orgoglio. Nello<br />

stagno del mondo noi Pistis eravamo cigni tra le oche,<br />

così mi è sempre parso, mi è stato fatto intendere qui in<br />

casa. E così è stato anche dopo che ho preso io le redini<br />

di casa, morti babbo e mamma, dopo quei due colpi a<br />

tradimento, che lasciano i lividi, fanno ancora male,<br />

fanno sempre male.<br />

O invece sì: è anche il nostro caso, anzi è il caso mio:<br />

se questo è successo adesso a Carlo, forse perché qualcosa<br />

gli è mancato nell’infanzia, qualcuno con lui ha<br />

sbagliato, di noialtri grandi di casa. Io di sicuro, io che<br />

per lui mi prendevo tutti i pesi: – A te, almeno un rospo<br />

al giorno nella dieta, ti ci vuole, – mi ha detto ieri Carlo.<br />

Anche questa è di babbo, che me la diceva spesso, questa<br />

cosa <strong>dei</strong> rospi che io so inghiottire, lui che i rospi invece<br />

non gli andavano mai giù, diceva… e Carlo ragazzino<br />

un giorno mi ha portato un rospo per regalo in una<br />

scatolina per regali, secondo lui per schifarmi e spaventarmi:<br />

– Bacialo, ti ridiventa un principe! – E io ho mandato<br />

giù anche questo rospo molto bene, perché era un<br />

rospo buffo, pacioccone, con due occhi indipendenti<br />

che mi ha fatto a lungo compagnia, e Carlo gli faceva il<br />

verso con quel chiudere un occhio e l’altro aperto lì per<br />

conto suo, che anche da solo sembrava vedere e sapere<br />

tutto di noi tutti, nel pantano del mondo.<br />

Ma se ho mancato prima, nell’infanzia di Carlo, io<br />

qui ci sono ancora, a sbagliare ancora. Anche per il lavoro<br />

sporco, io che sto qui a remare sottocoperta. Spe-<br />

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