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Giulio Angioni, Alba dei giorni bui - Sardegna Cultura

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do di suo figlio e io tacendo di mio fratello, anche perché<br />

lei è dura d’orecchi. Dice che secondo lei non c’è di<br />

peggio al mondo. C’è, c’è di peggio, dicevo io, prima<br />

che toccasse a me. E devo restare a questo mio parere<br />

di prima che toccasse a me, se no diventa troppo. Ci ho<br />

pensato spesso, l’ho detto anche al frate di strada: è un<br />

male troppo nuovo, questo, nuovo e invecchiato male<br />

in fretta, non ci ha dato il tempo per trovare modi di difesa,<br />

di schivarlo, forse di farci il callo, a un male senza<br />

il fascino perverso e lo stupore di altri antichi guai, pesti,<br />

lebbre, malarie e carestie. E il frate di strada mi dice<br />

che è meglio non avere il tempo per trovare espedienti,<br />

come quelli che la miseria antica ci ha insegnato nei secoli<br />

anche solo per distrarci dai digiuni, per trovare apparenze<br />

di decoro, per non farsi torva.<br />

Noi però ne usciremo, Carlo e io, o almeno gestiremo<br />

il problema senza uscirne, come dice lui, in questa indifferenza<br />

generale, nella schifata sazietà di tutti quanti:<br />

– Quando si ha questo guaio, che strano che tutti intorno<br />

continuano a vivere come se niente fosse, – dice<br />

la signora Marianna del laboratorio. Perché tutti credono<br />

di essersi già preoccupati abbastanza. Lo so, anch’io<br />

l’ascoltavo annoiata, prima, la signora Marianna,<br />

con gli occhi della gente in ascensore. Poi, quando è<br />

toccato a me, sono stata sicura di poterlo dominare più<br />

di lei, il male, povera donna vedova e malata.<br />

– Io, – mi ripete spesso la signora Marianna misurando<br />

le parole, – potessi dargli la mia vita, eccome se glie-<br />

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la darei, subito gliela darei, per quanto vale… Perché è<br />

la sua vita che io non reggo più. No, non sopporto più<br />

la sua, di vita, non la mia.<br />

– Non dobbiamo arrivare a questo punto, – dico a<br />

Valentina.<br />

Lei zitta. Ma io no. Io devo dire almeno a Valentina<br />

che non arriverò mai fino a questo punto della signora<br />

Marianna con suo figlio. Io lo salverò. Ci salveremo in<br />

tempo. Io non sento né trombe né tamburi, ma ho<br />

questa bandiera da agitare.<br />

Gli faccio la posta, fuori della sua stanza: – Carlo, lasciati<br />

sorreggere.<br />

Lui finge fretta: – Io mi lascio andare, mi piace sprofondare,<br />

giù, sempre più giù.<br />

– Non ti piace e non fai più nemmeno questo, Carlo.<br />

Sbuffa, si leva la giacca del pigiama: – Ti devo fare<br />

una dichiarazione di dipendenza?<br />

– Tutti ci puntelliamo l’uno all’altro.<br />

– Io mi so reggere agli appositi sostegni.<br />

Frasi di nostro padre, da vecchio marinaio, di quando<br />

c’è maretta.<br />

E io qui sono più moglie che sorella, troppo addosso,<br />

bisbetica, non riesco a essere un apposito sostegno, per<br />

Carlo.<br />

Di questo Carlo nuovo io non posso parlare nemmeno<br />

a Valentina. Io sì ne parlo, però lei zitta, dura e chiu-<br />

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