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Giulio Angioni, Alba dei giorni bui - Sardegna Cultura

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portauovo. Ma io non ci sto proprio qui seduta, troppo<br />

scomoda. Mi sdraio meglio che posso. Meno male,<br />

c’è questa coperta. Controllo se ho la chiave in borsa,<br />

mica voglio restare intrappolata in questa buca scura,<br />

già fin troppo scura in pieno giorno. E caso mai poi lo<br />

seguo, Carlo, se lascia la Kangoo. Non devo immaginare<br />

tutto quanto. Si naviga a vista. Si vedrà. L’importante<br />

è sapere.<br />

Carlo la prende comoda. E io ho tutto il tempo di vergognarmi<br />

di quello che faccio, di dove sto, di come sto,<br />

e del perché ci sto. Già, perché? Ho messo una trappola<br />

per Carlo. Intanto in trappola ci sono io. Mi sdraio<br />

sul gomito, come un antico romano al banchetto, e invece<br />

mi viene in mente Aldo Moro cadavere nel vano<br />

posteriore della Renault 4 parcheggiata in via Caetani.<br />

Mamma mia! Ma Carlo se la prende proprio comoda, e<br />

ho il tempo di pentirmi, ridecidermi, pentirmi ancora.<br />

È scuro e l’aria non è molta nel bagagliaio che a Carlo<br />

tutti invidiano, gli chiedono le misure, la cubatura, la<br />

capienza. Certo nessuno gli ha mai chiesto la durezza<br />

della lamiera, prima di accomodarsi in bagagliaio. Ma<br />

chi me lo fa fare? Guarda un po’ che scema, esagerata…<br />

Ma i passi di Carlo mi fanno andare il cuore in gola.<br />

Poi il motore acceso mi dà una specie di calma abitudinaria,<br />

anche se il rumore è così stranamente ottuso,<br />

un ronzio lontano. Ero pronta a sopportare il tanfo dello<br />

scarico e invece sento un profumo forte che dev’essere<br />

di Carlo, strano e nuovo, così vicino, così lontano.<br />

82<br />

La solita grattata alla frizione, la solita partenza esagerata<br />

mi fa più scomoda, sperduta. Poi sulla strada il<br />

dondolio di questo deretano della macchina. Avesse almeno<br />

provveduto a mettere a punto le sospensioni, come<br />

gli ho detto spesso ultimamente. E poi così vicini i<br />

rumori del traffico e gli odori, in corsa, ai semafori, in<br />

curva e in rettilineo. Dove siamo? Da quanto tempo sono<br />

qui? Babbo diceva che sapeva anche al <strong>bui</strong>o più nero<br />

che ora era, giù nella pancia delle navi. Chiudo gli<br />

occhi. Sono una sequestrata dai banditi, devo capire<br />

dove mi portano, mappare il tragitto. Che non sia troppo<br />

lontano perché io qui non ne posso già più di stare<br />

storta e al chiuso. E di nuovo Aldo Moro in via Caetani.<br />

Ma me, quando mi troveranno, apriranno la portiera e<br />

in piena luce rideranno di me, se prima non crepo soffocata.<br />

La macchina si ferma quando riesco a trovare la posizione<br />

migliore, la schiena contro il bozzo del parafango,<br />

seduta un po’ china all’indietro. Meno male. Ma<br />

Carlo non spegne, non esce. È qualcun altro che entra,<br />

si siede, sbatte la portiera destra, fa qualcosa, chissà,<br />

Carlo dice: – Andiamo. – Sarà uomo o donna? Si riparte.<br />

Non dicono parola i due davanti. O forse io non sento.<br />

Ma mi sento lo stomaco sul cuore perché ricordo il<br />

gioco antico di Fabio con la mano fingendo di cercare<br />

la leva del cambio. Ma allora Fabio aveva la Cinquecento,<br />

bagagliaio davanti piccolino.<br />

Viaggiamo in silenzio, verso un silenzio sempre più<br />

83

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