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Giulio Angioni, Alba dei giorni bui - Sardegna Cultura

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Sento fuori la notte. Mi fermo a una finestra, poi all’altra:<br />

la solita città, nebbiosa nelle luci. È arrivato l’autunno<br />

all’improvviso. Penso al mare laggiù sotto la luna.<br />

Certe volte aiuta. Al mio posto mamma avrebbe<br />

sferruzzato qui in penombra. Persino ricamato. Carlo<br />

da bambino si vantava di una mamma che sapeva fare<br />

al <strong>bui</strong>o gli orli a giorno.<br />

Sono qui in attesa, sola in casa; così sola che mi viene<br />

il capogiro. Sola da svaporare, diceva babbo, come il<br />

vino all’aria. Aspetto Carlo, che rientri. Calzata, vestita,<br />

truccata, pettinata, non ciabatto mai su queste attese,<br />

che sono una scaramanzia, come non mettere mai il<br />

piede sulle fughe delle mattonelle. Mi può succedere<br />

di uscire all’improvviso, per lui, come altre volte a risolvere<br />

il problema.<br />

Così ogni notte. O quasi, da quando Valentina mi ha<br />

mostrato il nuovo Carlo, non so nemmeno più da quanto<br />

tempo, perché anche il tempo è guasto. Ho voglia io<br />

di ripassarmi le giornate nella testa, le settimane, i mesi,<br />

gli anni, di fare conti che non tornano. Ma continuo ad<br />

avere sette anni e otto mesi più di Carlo e Valentina, no-<br />

7

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