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Giulio Angioni, Alba dei giorni bui - Sardegna Cultura

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dal fango e lui ci si piazza dentro da padrone. Io non so<br />

cosa dire, se salutare e come. Lui tiene le mani in tasca.<br />

Forse è nervoso, ma non lo dimostra. È piccolo e magro,<br />

Manintasca, con una faccia mascherata da peli e<br />

da capelli in un eccesso di arruffio perfino ricercato.<br />

Mi fa un cenno d’intesa, con quasi un sorriso, ma tutto<br />

beffardo, come un giocatore che sa di averle tutte lui<br />

le carte in mano. Poi dice in una formula stantia, con<br />

una certa noia: – Conoscenze o amicizie non ce n’è nel<br />

giro per queste cose: solo contatti e tramiti, chiaro?<br />

– Meno male, – dico, e me ne pento subito. Parla pure<br />

bene.<br />

– E se lo dice in giro sono guai, e grossi pure. Lo sa?<br />

Non gli rispondo.<br />

– Lo sai?<br />

Faccio un cenno con la testa. Ha una voce diversa da<br />

quando ci siamo parlati al telefono, a parte che continua<br />

a essere viscida come una bava, come dev’essere la<br />

voce di uno come lui. Anche tutto il resto è come dev’essere,<br />

compresa la mia paura e la sua noia. E perdo<br />

tempo a pensare che la stessa cosa ho provato la prima<br />

volta che sono stata in America, davvero in carne e ossa<br />

e non al cinema o in tivù. Tutto già visto e già vissuto,<br />

un poco meno vero, ma più scomodo.<br />

Quando mi dà la roba gli trema un po’ la mano, sempre<br />

con l’altra in tasca. Mi accorgo che le mani io le sto<br />

tenendo chiuse a pugno e strette ai fianchi, guardia alta,<br />

nel mio più stretto assetto di difesa.<br />

74<br />

Io prendo e gli farfuglio un grazie, lui mi guarda tradendo<br />

un po’ di meraviglia, quasi di smarrimento, poi<br />

di franca ironia, per il mio grazie: lui è il dio della roba,<br />

il dio che c’è, il dio che si prega e si ringrazia.<br />

Mi sfugge ancora un prego! mentre gli do i soldi. Lui<br />

me li uncina, non li conta e quasi ride, forse di sarcasmo,<br />

di quei miei convenevoli in quel luogo.<br />

Non mi bada più. Riesce a fare tutta la cerimonia di<br />

prendere le sigarette dalla tasca, poi una dal pacchetto,<br />

metterla in bocca e azionare un accendino senza togliere<br />

la destra dalla tasca. Manda fuori dalla bocca piccole<br />

spirali di fumo in successione rapida, nervosa, tutto per<br />

conto suo, io non ci sono più. Io non faccio più parte<br />

della scena. Vorrei non averne mai fatto parte. No, non<br />

ne ho fatto parte.<br />

Stringo in mano la roba come se non potessi metterla<br />

tra le mie altre cose nella borsa. Forse perché non so come<br />

congedarmi, faccio un gesto, oppure un’espressione<br />

della faccia, che mostra il mio schifo e la mia rabbia,<br />

perché Manintasca toglie la sigaretta di bocca, la punta<br />

col fuoco contro di me e dice calmo: – A quelli come te<br />

non piacciono quelli come me, giusto?<br />

Faccio un fiacco no con tutto il corpo.<br />

– Ma a quelli come me non piacciono quelli come te,<br />

anche meno di quelli come tuo fratello: ricordalo, è<br />

meglio.<br />

Fa una tirata interminabile e anche quella sembra una<br />

minaccia.<br />

75

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