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Giulio Angioni, Alba dei giorni bui - Sardegna Cultura

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nuova creazione, che ti fa esistere davvero, e con te tutto<br />

il mondo, solo intravisto fino a quel momento. Ma<br />

Carlo in quell’estate ci ronzava sempre intorno, a me<br />

con Fabio, dal giorno e dal momento che ci ha visti<br />

mentre ci baciavamo: anzi, mentre Fabio cercava di baciarmi,<br />

perché nella mia idea di allora è l’uomo che bacia<br />

e la donna prende atto dentro di sé di ciò che riceve.<br />

Carlo si è fatto ansioso e diffidente, con la complicità di<br />

babbo e mamma, ansiosi quanto lui nei miei riguardi,<br />

nell’estate al mare. Mamma aveva lampi di collera e sospetto,<br />

babbo di paura: – Non sarà troppo presto, per<br />

certe cose? – gli ho sentito chiedere a mamma una notte<br />

nel silenzio. Be’, se a otto anni ero buona per fare da<br />

vicemamma a Carlo adesso sono buona anche per questo.<br />

E allora io con Fabio ci distaccavamo via dagli altri,<br />

dagli anziani e dai piccoli, per creare una cosa tutta e<br />

solo nostra.<br />

Ma la felicità vacanziera di Carlo, la gioia d’impennarsi<br />

sott’acqua a testa in giù per poi tornare su con la<br />

mano a conca sull’orecchio spruzzando acqua dal naso,<br />

era distrutta se ci vedeva insieme, io e il mio ragazzo,<br />

e guai se appartati, di nascosto anche da lui. La sua vita<br />

stessa era distrutta, se mi sapeva sola col mio Fabio. Le<br />

giornate di Carlo quell’estate risultavano regolate dalla<br />

necessità di stare insieme a noi, lui grande e grosso e<br />

tentennante, insicuro a terra e sicurissimo nel nuoto,<br />

sopra e sotto l’acqua: – Come una foca monaca, – diceva<br />

Fabio.<br />

68<br />

Doveva sorvegliarci, soprattutto me. Ma questa vita<br />

nuova, di me con Fabio, adesso era regolata dalla necessità<br />

di stare assieme, soli, e dunque di sfuggire proprio<br />

a Carlo.<br />

– Ciao carabiniere, – lo salutava Fabio. Lui non rideva.<br />

Lui voleva essere un carabiniere. Inutile che Fabio<br />

lo tentasse: – To’, prendi, vai a comprarti un gelato.<br />

Carlo rifiutava i soldi con gesti di fastidio: per chi lo<br />

prendeva, da vendersi così? Però se ne restava lì incollato.<br />

– O ma tu una cozza sei o un ragazzino?<br />

Io pregavo Fabio: – Spiegagli, da uomo a uomo, capirà.<br />

E Fabio che riprende fiato, si impettisce, ma riesce<br />

solo a dirgli: – Perché vedi, Carlo, l’amore, se ti prende,<br />

poi stai fresco.<br />

Me l’ero voluta.<br />

Quanto era felice invece Carlo quando trovava l’occasione<br />

di difendermi da Fabio: meglio ancora, di fomentare<br />

la discordia tra me e Fabio. Che delusione invece<br />

quando ci vedeva rappacificati, come se niente<br />

fosse stato, con incostanza adulta, misteriosa. Come il<br />

giorno del baccalà. Sì, ancora il baccalà, quel baccalà<br />

alla livornese che ci aveva uniti un tempo per la vita e<br />

per la morte. Quel giorno al mare io l’avevo nominato<br />

casualmente, il nostro baccalà, con Carlo. – Quale baccalà?<br />

– vuole sapere Fabio. E Carlo duro e serio mi fa<br />

cenno di non dirlo: sono cose nostre, queste, intime di<br />

noi due.<br />

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