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Giulio Angioni, Alba dei giorni bui - Sardegna Cultura

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Mentre vado via mi pare di sbagliare, di mancare a<br />

qualcosa.<br />

Anche la faccia del direttore del dipartimento e del<br />

laboratorio mi fa sentire in torto, dopo che gli ho detto<br />

cosa voglio: – Lei che ci tiene in vita la notte, signorina<br />

Pistis, – mi fa solenne più del solito, – lei sempre<br />

fedele, come comanda il suo cognome: pistis, fedeltà,<br />

lei però mi deve un perché. E dev’essere un mega di<br />

perché.<br />

– Io ce n’ho un giga, se è per questo.<br />

Ma non gli dico altro. Abbasso la testa. Non so camuffarmi.<br />

– Sono così grossi e molti, i suoi perché, da non potere<br />

neanche dirmeli?<br />

Mi stringo nelle spalle. Mi guardo le mani. Scopro<br />

che ho già deciso che non devo parlarne con nessuno<br />

<strong>dei</strong> nostri conoscenti, di qualunque cerchia. Mi perdo<br />

a leggere uno <strong>dei</strong> tanti quadretti appesi al muro, citazioni<br />

celebri in cornice: “Noi non siamo altro che macchine<br />

delle quali il gene si serve per sopravvivere (Richard<br />

Dawkins)”.<br />

Anche lui fa spallucce: – E va bene. Badi però che<br />

lei adesso avrà bisogno di abituarsi, avrà disturbi da<br />

jet lag. Noi qui ci troveremo un’altra sentinella della<br />

notte.<br />

Mi sento ancora sentinella della notte, ma per altri<br />

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scopi, e con altri allarmi, molto meno chiari ma più<br />

forti. Notte e giorno. Rimetteremo in sesto il fuso orario,<br />

mi dico ritornando a San Domenico.<br />

Il vecchio sagrestano mi accompagna da padre Mauro<br />

con tutto il corpo che dice eccone un altro, già, e fa<br />

spallucce come a borbottare che via, insomma, che sarà<br />

mai, in fondo è uno <strong>dei</strong> tanti, è in buona compagnia,<br />

eh sì, sono i tempi: cronaca, notizie stantie.<br />

Il frate tiene ferme le spalle, mi ascolta attento e<br />

preoccupato, ma è come se anche lui mi facesse un po’<br />

spallucce: sa già tutto a memoria ciò che dico. E quando<br />

parla, parla della noia del mondo: – Tutti ne hanno<br />

abbastanza. Nessuno ormai si appassiona del problema:<br />

questo è il problema del problema. – Frate di strada,<br />

si è appena qualificato, servo di un’umanità inservibile:<br />

– Ed è pure vero. Sono talmente tutti uguali.<br />

Gli dico: – Io sono qui perché il mio problema… be’<br />

sì, il mio problema ha bisogno di essere condiviso.<br />

Lui si assesta sulla sedia, si tira su le maniche del saio:<br />

– La vita adesso qui di suo fratello e la vita di un normale<br />

sono la stessa cosa… però non dobbiamo confonderle,<br />

– e ride, solo lui, io non ci riesco, ci resta un poco male.<br />

Poi la prende alla larga. Io la capisco così: che Cristo<br />

lo sapeva, perché si è fatto uomo per provare certe cose,<br />

e ha capito che nessuno riesce a sopportare una vita<br />

che per tutti in fondo non è altro che una lunga attesa,<br />

una lunga paura della morte, così al giorno d’oggi o<br />

uno crede in Cristo che ci ha promesso la vita eterna…<br />

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