Giulio Angioni, Alba dei giorni bui - Sardegna Cultura
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me un tempo babbo: prende col mestolo qualcosa dalla pentola sul fuoco, ci soffia sopra e assaggia. E io come mamma non resisto a sgridarlo, a brontolare come una pentola rotta, perché anch’io, come mamma con babbo, vorrei sgridare Carlo di ben altro. Ma subito disarmo, mi arrendo: – Carlo, – mi sento dire, – Carlo, io non ti capisco… Lui mi guarda distratto: – Nemmeno io. – Perché? – Perché non c’è niente da capire. – Ma almeno fare, che possiamo fare? Lui fa un’alzata di spalle, infastidito e guarda brevemente sul televisore una bella donna in bicicletta a cui il vento solleva le gonne. – Carlo, è come quella volta, ti ricordi, che hai perso i pedali… Carlo, ti ricordi, Carlo! sentimi, la volta quando sono riuscita ad affiancarti in bicicletta giù per viale Europa a Monte Urpinu, tu a pedali persi, ti ho dato la frenata della mia bici… – La bicicletta l’ho venduta. – Carlo, sei di nuovo un lattante da svezzare. Lui dice qualcosa a bocca piena: – …posso gestirmi il problema senza uscirne, io… E Valentina intanto usa la casa come se noi altri due non ci fossimo. La guardo in modo che si accorga che 46 la sto guardando. Lei si allaccia la vestaglia, se la stringe con forza intorno ai fianchi. Mi guarda e se ne va per i fatti suoi. – Di queste cose ci si accorge sempre tardi, come delle corna, – parola di Gonaria l’Orecchiona, che coglie tutto e poi tira le somme. – Fallo anche per me, per favore, il caffè, – dico a Carlo che traffica in cucina. Lui mugugna un sì. Da quanto tempo invece lo sapeva Valentina, per chiudersi e indurirsi in questo modo, persino nel trucco, nel vestire, come se non ci fosse più rimedio? E lo shock che diceva Gonaria l’Orecchiona? Carlo si versa il suo caffè, se lo versa tutto, si dimentica di me. Prima non mi faceva certe cose. O io non ci badavo. 47
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me un tempo babbo: prende col mestolo qualcosa dalla<br />
pentola sul fuoco, ci soffia sopra e assaggia. E io come<br />
mamma non resisto a sgridarlo, a brontolare come<br />
una pentola rotta, perché anch’io, come mamma con<br />
babbo, vorrei sgridare Carlo di ben altro.<br />
Ma subito disarmo, mi arrendo: – Carlo, – mi sento<br />
dire, – Carlo, io non ti capisco…<br />
Lui mi guarda distratto: – Nemmeno io.<br />
– Perché?<br />
– Perché non c’è niente da capire.<br />
– Ma almeno fare, che possiamo fare?<br />
Lui fa un’alzata di spalle, infastidito e guarda brevemente<br />
sul televisore una bella donna in bicicletta a cui<br />
il vento solleva le gonne.<br />
– Carlo, è come quella volta, ti ricordi, che hai perso i<br />
pedali… Carlo, ti ricordi, Carlo! sentimi, la volta<br />
quando sono riuscita ad affiancarti in bicicletta giù per<br />
viale Europa a Monte Urpinu, tu a pedali persi, ti ho<br />
dato la frenata della mia bici…<br />
– La bicicletta l’ho venduta.<br />
– Carlo, sei di nuovo un lattante da svezzare.<br />
Lui dice qualcosa a bocca piena: – …posso gestirmi<br />
il problema senza uscirne, io…<br />
E Valentina intanto usa la casa come se noi altri due<br />
non ci fossimo. La guardo in modo che si accorga che<br />
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la sto guardando. Lei si allaccia la vestaglia, se la stringe<br />
con forza intorno ai fianchi. Mi guarda e se ne va<br />
per i fatti suoi.<br />
– Di queste cose ci si accorge sempre tardi, come delle<br />
corna, – parola di Gonaria l’Orecchiona, che coglie<br />
tutto e poi tira le somme.<br />
– Fallo anche per me, per favore, il caffè, – dico a<br />
Carlo che traffica in cucina.<br />
Lui mugugna un sì.<br />
Da quanto tempo invece lo sapeva Valentina, per<br />
chiudersi e indurirsi in questo modo, persino nel trucco,<br />
nel vestire, come se non ci fosse più rimedio?<br />
E lo shock che diceva Gonaria l’Orecchiona?<br />
Carlo si versa il suo caffè, se lo versa tutto, si dimentica<br />
di me. Prima non mi faceva certe cose. O io non ci<br />
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