Giulio Angioni, Alba dei giorni bui - Sardegna Cultura
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notte, in cerca di ricordi o forse d’altro, l’ho cercata a<br />
lungo e non c’era.<br />
Cerco foto di Carlo nei vecchi album di famiglia. Le<br />
fisso, le studio: lo riconosco, li riconosco quei diversi<br />
Carlo, li confronto, ma non mi pare lui, Carlo veramente<br />
Carlo.<br />
Mi ritrovo per terra sul tappeto grande, quasi sommersa<br />
dalle foto. Mi vergogno. Mi levo, vado in bagno.<br />
Tutto è sfocato e troppe cose m’impediscono lo sguardo.<br />
Anche la mia frangetta. Me la taglio, con le mie forbicine<br />
per le unghie, davanti allo specchio del bagno,<br />
pasticciando, mi ferisco il pollice e il medio.<br />
Ma quando il nuovo Carlo ricompare tardi fuori dalla<br />
stanza, io sono tutta a posto, vestita e calzata, niente<br />
vestaglie, tanto meno ciabatte, pronta. E pronta e decisa<br />
io gli vado quasi addosso, voglio dire e dire e dico<br />
solo: – Io ti salverò!<br />
Certo che glielo dico concitata, così di punto in bianco,<br />
a quel Carlo in pigiama, spiegazzato, meno reale<br />
delle mie paure. E lui neanche mi guarda, ma mi pare<br />
che sul viso assonnato la sua bocca mormori quella parola:<br />
– Patetica.<br />
Il parolone, la parolaccia, la secchiata gelida di babbo<br />
con la mamma, che la stendeva senza più parole e<br />
rafforzava lui d’inutile saggezza.<br />
Ma io mi sono troppo preparata, mi riscuoto: – Carlo,<br />
lasciati salvare!<br />
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Poi, come sempre quando io gli servo, dopo il primo<br />
caffè si fa loquace, si avvicina calmo, mi prende la mano,<br />
me la spalanca, guarda attento il palmo: – Io qui ho<br />
riflettuto e già deciso, perché io sono un mago, – dice,<br />
– ti leggo nel futuro. Questa linea qui, sì questa, pensa<br />
un po’, dice che tu mi sganci subito un cinquantamila.<br />
Lo faceva con babbo, da bambino, questo gioco, e<br />
gli riusciva sempre. Mamma sgridava babbo e babbo<br />
le spiegava che era meglio così, perché chissà come altrimenti<br />
un ragazzino si procura certe cose.<br />
Già, chissà come Carlo fino adesso si è procurato certe<br />
cose. Babbo e mamma hanno lottato un poco anche<br />
stavolta, dentro di me, e ha vinto ancora lui, babbo, anzi<br />
ha vinto Carlo. Gliele ho date, quelle prime cinquantamila<br />
lire, con mano ferma e con un tremito nel cuore,<br />
come dice Gonaria l’Orecchiona delle sue temute note<br />
a scuola.<br />
Lui mi fa anche la grazia di spiegare: – È il minimo<br />
indispensabile.<br />
– Minimo indispensabile?<br />
– Sì, per allungare il tempo.<br />
– Per allungare il tempo?<br />
– Tra una volta e l’altra, no?<br />
Sarà sempre il minimo indispensabile, d’ora in poi.<br />
Valentina zitta e chiusa come di nascosto fa le sue cose<br />
mattutine, riesce a evitarci tutti e due.<br />
Carlo poi in cucina mi sorprende a comportarsi co-<br />
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