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Giulio Angioni, Alba dei giorni bui - Sardegna Cultura

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Monte Urpinu, parcheggio vicino al dipartimento e<br />

salgo al mio laboratorio, solo un attimo, dal collega che<br />

stanotte mi sostituisce: si sta annoiando e mi riempie la<br />

testa di domande, su come fare questo e quello. Non lo<br />

seguo. Io sono affascinata da quel poster, lì da anni sopra<br />

la mia sedia, sopra la mia testa, appeso al muro, ma<br />

lo vedo davvero per la prima volta, questa informe mostruosità<br />

sotto la scritta AIDS che gronda sangue.<br />

Torna a casa, mi dico, che mi trovino a casa quando<br />

tornano, quei due. Io per loro sono più che altro una<br />

specie di paracadute.<br />

E in macchina in via Dante mi ricordo la sera che ho<br />

creduto di vederlo, Carlo, proprio qui in via Dante: in<br />

auto, ero ferma a un semaforo. E noto questo tale, uno<br />

che sembra Carlo, che si avvicina alle vetture in sosta,<br />

su quell’altra corsia, è Carlo e non è Carlo, e sì, parla ai<br />

conducenti, non offre niente, chiede, sembra mendicare…<br />

Mendicare, Carlo, il mio Carlo, il nostro Carlo?<br />

Ma c’è troppo riverbero sul parabrezza, e anche troppo<br />

traffico, troppi pedoni intorno a lui. Sarà davvero<br />

Carlo? Poi viene il verde e il clacson immediato di chi<br />

mi sta dietro, quello che sembra Carlo tende la mano e<br />

ne riceve qualche cosa.<br />

Dunque non è Carlo. E non poteva essere Carlo<br />

quello che una volta un conoscente ci ha avvertito che<br />

vendeva in banca gli scontrini coi numeri bassi, per risparmiare<br />

nell’attesa del proprio turno.<br />

34<br />

E invece adesso anche questi sono i pezzi di un puzzle<br />

che con altri vanno a fondersi in un quadro assurdo:<br />

insieme ai conti che non tornano, ai soldi che non bastano,<br />

bastano sempre meno, come mai?, ai furtarelli in<br />

casa che ti fanno licenziare la donna delle pulizie, poi<br />

l’altra e l’altra ancora: ma così diversamente da quando<br />

a quindici anni Carlo ci ha fatto licenziare Giulia Spanu<br />

di Fraus perché lui ne spiava il corpo in tutti i modi e<br />

luoghi nella casa e perché lei si chinava troppo a pulire<br />

sollevando il didietro, e Carlo è diventato mattiniero<br />

per sbirciarla impietrito quando sul terrazzo lei stendeva<br />

i panni con le poppe al sole che le smascherava in<br />

controluce la sottoveste. E anche se mamma insisteva<br />

sul motivo che per distrazione lei bruciava le camicie<br />

col ferro da stiro, io ne avevo una terrificante gelosia,<br />

da non poterci credere o pensarci, nemmeno sulla cassapanca.<br />

– Dove andremo a finire? – dico a voce alta entrando<br />

in casa, come fa la donna delle pulizie al laboratorio<br />

gemendo su quel figlio: – Figlio perduto alla speranza<br />

di sua madre, – dice sempre con una sua solennità. E<br />

una volta mi fa, appena terminato di spolverare tutto<br />

l’hardware, indicando la mia nuova tastiera con un’unghia<br />

sporca: – Ci ha tanti di quei bottoni lei, lì, che potrebbe<br />

anche dare l’ordine di fermare il mondo, bum!<br />

e poi tutto finito, come in televisione.<br />

Mai piaciuti quelli che dicono sempre dove andremo<br />

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