Giulio Angioni, Alba dei giorni bui - Sardegna Cultura
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E dov’è andata a finire la cordialità del Carlo di una<br />
volta? Troppo per conto suo, da qualche tempo. Da<br />
quanto tempo?<br />
Me lo rimetto a fuoco, finalmente, con le sue troppe<br />
cose fatte con beffarda negligenza, nuova. Il viso cupo,<br />
gli occhi distratti, non percepisce subito alle volte ciò<br />
che gli si dice. O risponde con una noncurante mancanza<br />
di riflessione. Fa tutto con la mano sinistra: – Ma<br />
non sei mancino, – gli diceva babbo, per molto meno.<br />
Vecchi difetti peggiorati.<br />
La storia del telefono, per dire, già di mesi fa. Tiravi<br />
su il ricevitore all’altro capo e spesso riattaccavano.<br />
Passa un minuto ed ecco un nuovo squillo ma Carlo è<br />
lì già pronto alla chiamata come il cane al fischio del<br />
padrone, e subito a parlare con un’aria carbonara, a<br />
voce bassa, grugniti, brontolii.<br />
Mai fatto prima con i suoi amici, con le sue ragazze.<br />
Starnuti di salute.<br />
O il giorno che ho scoperto la sparizione del blocco<br />
di corallo grezzo sempre stato lì nella credenza, bene<br />
in vista, un ricordo di babbo già uomo di mare e del<br />
suo amore da pioniere per il mondo sottomarino. Carlo<br />
si è fatto di corallo, quando gli ho parlato di quella<br />
sparizione. Era ancora capace di arrossire, allora, di<br />
una cosa così.<br />
E adesso? Dove era adesso Carlo nella notte?<br />
E Valentina?<br />
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Non riuscivo a stare in casa.<br />
Prendo chiavi e tutto e scendo e vado in giro fuori in<br />
macchina. L’Orecchiona, lo so, stasera conterà la terza<br />
uscita qui da casa nostra. E l’ora <strong>dei</strong> rientri. Al diavolo.<br />
Guido per la città. Mi guardo intorno: so che cerco<br />
loro, tutti e due, nella città delle mie notti di calmo lavoro,<br />
loro, i miei gemelli, pecorelle smarrite, e io che<br />
razza di pastore sono?<br />
Salgo a Monte Urpinu. Scendo dall’auto e me la guardo<br />
tutta questa mia città, da ogni parte, questa che non<br />
serve a niente, solo a minacciare. La notte intorno è<br />
enorme, preme e mi avviluppa, nera, con le stelle lontane:<br />
un tempo ho insegnato a Carlo a riconoscerle, come<br />
io da babbo. Sta per piovere, se ne sente l’odore. Strano,<br />
mi fa paura anche l’odore della pioggia.<br />
Anni fa, proprio qui in viale Europa, da ragazzino in<br />
bicicletta Carlo non riusciva più a frenare giù per la discesa,<br />
io l’ho raggiunto e l’ho affiancato con la mia bici,<br />
gli ho frenato la corsa che stava per finire in capitombolo:<br />
– Cavolo che forza, meglio di Wonderwoman! –<br />
diceva Carlo concitato. È riuscito a farmi sentire quasi<br />
eroica, sicuramente atletica: “Big Sister” ha cominciato<br />
a chiamarmi da quel giorno, Grande Sorella, Sorrimanna.<br />
Adesso eccomi qui, già tutta ubriaca di aria notturna,<br />
il cappotto col colletto levato fino al mento, mi<br />
guardo il fiato che mi esce di bocca a sbuffi di vapore.<br />
Cade qualche goccia giù dal cielo umido. Scendo da<br />
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