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Giulio Angioni, Alba dei giorni bui - Sardegna Cultura

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E dov’è andata a finire la cordialità del Carlo di una<br />

volta? Troppo per conto suo, da qualche tempo. Da<br />

quanto tempo?<br />

Me lo rimetto a fuoco, finalmente, con le sue troppe<br />

cose fatte con beffarda negligenza, nuova. Il viso cupo,<br />

gli occhi distratti, non percepisce subito alle volte ciò<br />

che gli si dice. O risponde con una noncurante mancanza<br />

di riflessione. Fa tutto con la mano sinistra: – Ma<br />

non sei mancino, – gli diceva babbo, per molto meno.<br />

Vecchi difetti peggiorati.<br />

La storia del telefono, per dire, già di mesi fa. Tiravi<br />

su il ricevitore all’altro capo e spesso riattaccavano.<br />

Passa un minuto ed ecco un nuovo squillo ma Carlo è<br />

lì già pronto alla chiamata come il cane al fischio del<br />

padrone, e subito a parlare con un’aria carbonara, a<br />

voce bassa, grugniti, brontolii.<br />

Mai fatto prima con i suoi amici, con le sue ragazze.<br />

Starnuti di salute.<br />

O il giorno che ho scoperto la sparizione del blocco<br />

di corallo grezzo sempre stato lì nella credenza, bene<br />

in vista, un ricordo di babbo già uomo di mare e del<br />

suo amore da pioniere per il mondo sottomarino. Carlo<br />

si è fatto di corallo, quando gli ho parlato di quella<br />

sparizione. Era ancora capace di arrossire, allora, di<br />

una cosa così.<br />

E adesso? Dove era adesso Carlo nella notte?<br />

E Valentina?<br />

32<br />

Non riuscivo a stare in casa.<br />

Prendo chiavi e tutto e scendo e vado in giro fuori in<br />

macchina. L’Orecchiona, lo so, stasera conterà la terza<br />

uscita qui da casa nostra. E l’ora <strong>dei</strong> rientri. Al diavolo.<br />

Guido per la città. Mi guardo intorno: so che cerco<br />

loro, tutti e due, nella città delle mie notti di calmo lavoro,<br />

loro, i miei gemelli, pecorelle smarrite, e io che<br />

razza di pastore sono?<br />

Salgo a Monte Urpinu. Scendo dall’auto e me la guardo<br />

tutta questa mia città, da ogni parte, questa che non<br />

serve a niente, solo a minacciare. La notte intorno è<br />

enorme, preme e mi avviluppa, nera, con le stelle lontane:<br />

un tempo ho insegnato a Carlo a riconoscerle, come<br />

io da babbo. Sta per piovere, se ne sente l’odore. Strano,<br />

mi fa paura anche l’odore della pioggia.<br />

Anni fa, proprio qui in viale Europa, da ragazzino in<br />

bicicletta Carlo non riusciva più a frenare giù per la discesa,<br />

io l’ho raggiunto e l’ho affiancato con la mia bici,<br />

gli ho frenato la corsa che stava per finire in capitombolo:<br />

– Cavolo che forza, meglio di Wonderwoman! –<br />

diceva Carlo concitato. È riuscito a farmi sentire quasi<br />

eroica, sicuramente atletica: “Big Sister” ha cominciato<br />

a chiamarmi da quel giorno, Grande Sorella, Sorrimanna.<br />

Adesso eccomi qui, già tutta ubriaca di aria notturna,<br />

il cappotto col colletto levato fino al mento, mi<br />

guardo il fiato che mi esce di bocca a sbuffi di vapore.<br />

Cade qualche goccia giù dal cielo umido. Scendo da<br />

33

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