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Giulio Angioni, Alba dei giorni bui - Sardegna Cultura

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già più in giù di due rampe, e mi fa il verso a babbo, e<br />

mi fa un cenno con la mano, di saluto anche ironico,<br />

mi pare, alza la mano senza voltarsi e mulinella come<br />

babbo con il dito per dire che ci si vede dopo.<br />

– Ma è importante! – mi rendo conto di gridare, ma<br />

vedo anche che c’è qualcuno che le sta salendo, le scale:<br />

Gonaria l’Orecchiona.<br />

– Il gatto, – dico a Gonaria l’Orecchiona come per scusarmi,<br />

– se n’è scappato via, lei non me l’ha visto? Buonasera,<br />

scusi tanto.<br />

Gonaria l’Orecchiona, pallida, impassibile, mi ghiaccia<br />

con uno <strong>dei</strong> suoi soliti saluti elaborati: – La sera potrebbe<br />

anche essere migliore, – mi arriva a tiro. – E Valentina,<br />

passato lo shock?<br />

Faccio in tempo a tenermi la domanda: quale shock?<br />

Ho già provato brividi di preveggenza, prima, per Valentina.<br />

E adesso Gonaria l’Orecchiona deve avermi visto<br />

l’ignoranza e la sorpresa: – È stato terribile sa? Ho<br />

proprio visto tutto, io, gliel’avrà detto Valentina, no?<br />

Meno male che c’ero io.<br />

– Meno male, – dico, e mi è sembrata la risposta giusta.<br />

Tanto lei c’è sempre.<br />

– E lei, va tutto bene, signorina Pistis?<br />

– Sì, perché no?<br />

– Non è andata al lavoro questa sera.<br />

– Sono tornata a casa…<br />

– Per il gatto? – e non ride.<br />

Già, il gatto: e proprio lì a Gonaria l’Orecchiona io<br />

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mi metto a dire certe cose, così, che a casa più nessuno<br />

bada al gatto ormai, tanto meno Carlo, lui già da molto<br />

tempo: Carlo ce l’ha portato in casa un anno fa giurando<br />

di badare sempre lui al gatto, mica come babbo che<br />

di gatti in casa non ne sopportava. Carlo ce l’ha portato<br />

come in altri tempi un uccellino, come una volta un<br />

rospo, e me ne sono innamorata io.<br />

Ma Gonaria l’Orecchiona non incassa questa specie<br />

di risposta: – Mi dispiace, io qui fuori il suo gatto non<br />

l’ho visto.<br />

– E adesso che farai? – mi chiede dopo ancora Valentina,<br />

secca, con uno sguardo obliquo, gli occhi a fessura<br />

che mi scrutano, mentre in cucina mi fa la carità di<br />

un sorso d’acqua in un bicchiere, l’eterno rimedio di<br />

mamma.<br />

– Hai calcolato i tempi, me l’hai mostrato proprio bene,<br />

tuo fratello, – dico, come se questa fosse una risposta<br />

alla domanda.<br />

– Sì però adesso tu che fai?<br />

Che faccio? Non so nemmeno cosa sto provando. E<br />

che cos’ha Carlo? Lo so, ma sono sottosopra, confondo<br />

questo male di Carlo col male di babbo. E dico: – È<br />

scappato il gatto, prima, dietro a Carlo.<br />

– Carlo venderà anche quello. – Valentina lo dice in<br />

quel suo modo duro appena inaugurato.<br />

Bevo l’acqua in silenzio e noto gli occhi di Valentina<br />

un attimo allarmati sulla mia mano che trema: Valenti-<br />

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