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Giulio Angioni, Alba dei giorni bui - Sardegna Cultura

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c’era pure che Carlo stesse dentro rinchiuso con chi<br />

non doveva, una donna di strada, una donna sposata,<br />

una vicina, un uomo, ho pensato perfino un istante a<br />

Gonaria l’Orecchiona, la vicina di sopra, che mi sospira<br />

sempre quanto Carlo è bello, con la disinvoltura<br />

della donna anziana, delle donne antiche.<br />

E Carlo intanto ha fatto, toglie il laccio emostatico<br />

con uno schiocco che mi arriva come una sberla nella<br />

faccia, una cosa antica paurosa: i gesti di babbo con il<br />

suo diabete, a parte quello schiocco, e spegne la candela,<br />

mette via tutto l’armamentario nel suo comodino,<br />

con gesti collaudati che mi sembrano i gesti già di<br />

mamma che aiutava babbo con la sua puntura, ma<br />

più minacciosi, adesso, nuovi e sorprendenti come un<br />

tradimento, con quell’aggiunta di candela, cucchiaio<br />

e schiocco…<br />

– Che cos’è? – gli chiedo avventurandomi nella paura.<br />

– Roba, – mi fa Valentina.<br />

– Cosa?<br />

– Roba, – ripete dietro di me Valentina, che ha pure<br />

un profumo, adesso, Valentina.<br />

– Cosa? – dico, – che roba? – perché roba era il nome<br />

che anche babbo e tutti in casa si dava all’insulina<br />

che lui si faceva: – Cosa?<br />

Carlo fa spallucce. Antiche menzogne gli passano sul<br />

viso, che poi si fissa nella smorfia testarda del moccioso<br />

colto in fallo. E dietro di me sento Valentina allonta-<br />

24<br />

narsi: cammina in un suo modo nuovo, duro e chiuso,<br />

sul pavimento di legno e sulle mattonelle, mentre Carlo<br />

si rimette in piedi, grugnisce.<br />

Già, da qualche tempo grugnire gli viene meglio di<br />

parlare.<br />

– E adesso che farai? – fa Carlo: guarda altrove come<br />

di nascosto da se stesso.<br />

Mi sta sfidando? Ho voglia di afferrarlo, questo Carlo<br />

nuovo, al modo che le madri afferrano i bambini,<br />

per le spalle, alla collottola, di piegarlo alla mia giusta<br />

volontà, di sculacciarlo, di stringerlo e di scuoterlo,<br />

chiedergli spiegazioni, non rassicurazioni, spiegazioni.<br />

E invece: – Bisogna salvarti… – strillo, ma stonata: – Io<br />

ti salverò, – come se sventolassi una bandiera, e che mi<br />

senta pure Valentina, che se n’è andata via di là nella<br />

cucina, e che lo sentano magari babbo e mamma morti,<br />

che lo sentano in uno di quei modi che ci siamo immaginati<br />

sempre dappertutto di parlare ai morti… anche<br />

se mi ricordo subito che quello è il titolo di un vecchio<br />

film hollywoodiano, Io ti salverò, e brutto pure<br />

forse con un titolo così.<br />

Vedo e non vedo il gatto che sorpassa Carlo, sgattaiolando<br />

via prima di lui sul pianerottolo, e ho un attimo<br />

d’invidia per il gatto, che se ne fugge via da tutto<br />

questo.<br />

Scatto e gli corro dietro: – Carlo, fermati, è importante!<br />

– L’importante è che non sia importante, – dice lui,<br />

25

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