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Giulio Angioni, Alba dei giorni bui - Sardegna Cultura

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mondiale, dice la signora Marianna alle sue amiche<br />

vantando anche le macchine che lei spolvera ogni mattina<br />

con rispetto, e con qualche apprensione. Un’isola<br />

nel mondo. In una stanzetta da sottomarino, di notte<br />

mandavo e ricevevo dati sorvegliando le macchine in<br />

contatto con Tolosa, Osaka, Canberra, Johannesburg,<br />

Denver, Blumenau. Una cosa seria, ti senti qualcuno,<br />

sei a contatto con chi conta: – E in un pool di cervelli ti<br />

toccano anche i meriti <strong>dei</strong> cervelli altrui, – dice il nostro<br />

capo.<br />

Un collega pittore della domenica mi ha regalato un<br />

quadro ancora appeso al muro sopra la mia sedia con<br />

un titolo così: <strong>Alba</strong> e il senso della notte. Non è gran<br />

che ma dice bene il senso della notte, l’alba. <strong>Alba</strong> sono<br />

io, <strong>Alba</strong> Pistis, custode della notte fino a quando gli<br />

angeli fanno fagotto del cielo e delle stelle, io <strong>Alba</strong> Pistis<br />

fino a un certo punto decorosamente soddisfatta di<br />

tenere in vita quelle notti, di dare loro un senso, nella<br />

città che dorme, quando il mondo intero è un brontolio<br />

distante di battaglia, un altrove che c’è perché lo<br />

sai. Per me allora era grande la notte, piena di certezze<br />

e di annunci e di possibilità, con i difetti in ombra. Un<br />

luogo certo.<br />

Una sera tardi, una notte, Valentina mi telefona al laboratorio:<br />

– Torna subito a casa, – mi fa mia sorella, dura,<br />

con una voce nuova: – Carlo…<br />

– Carlo?<br />

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– Sì, Carlo.<br />

– Che c’è, Carlo non sta bene?<br />

Valentina non vuole dire altro. O non ci riesce: – Torna<br />

a casa, – ripete ancora come una minaccia: – Subito,<br />

– dice come un comando.<br />

Cerco il collega del laboratorio che mi sostituisce all’occorrenza,<br />

per la prima volta in tre anni. Il nostro laboratorio<br />

di genetica in collegamento con il mondo<br />

può lasciarsi unmanned poco tempo, massimo mezz’ora,<br />

pena il taglio <strong>dei</strong> fondi al nostro research team. Già<br />

sulla porta il telefono squilla di nuovo. Lo lascio squillare,<br />

dietro di me sul tavolino liberty, sotto il poster che<br />

grida in rosso contro l’AIDS.<br />

Corro a casa. Sei minuti a piedi e quando ho fretta<br />

cinque, con la mia mania di misurare i tempi degli<br />

spostamenti, anche <strong>dei</strong> più soliti, perfino quando ho<br />

fretta: stavolta in tre minuti sono sotto casa. Vado su a<br />

balzi di tre gradini.<br />

Che stagione era? Certe cose mi sembrano successe<br />

in qualche mondo di materia differente, poi spazzato<br />

via.<br />

E a casa Valentina è lì che aspetta, muta, gli occhi<br />

bassi, duri, con un trucco rosso e nero, netto, tagliente,<br />

così nuova e scura, da non sembrare più nemmeno<br />

bionda. E col mento fa un cenno alla porta della stanza<br />

di Carlo: è lì.<br />

Busso, ribusso. Niente.<br />

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