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Giulio Angioni, Alba dei giorni bui - Sardegna Cultura

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Io lo lascio fare. Senza una parola. Si raccoglie al riparo<br />

delle palpebre abbassate, mi guarda in attesa che<br />

io me ne vada. è andato a rintanarsi nella stanza.<br />

Carlo lo lascio fare.<br />

Lui si fa, di traverso sul letto.<br />

– L’hai voluto tu! – gli dico dentro di me, mentre<br />

fuori della sua stanza sto in attesa che Carlo si faccia,<br />

mangiandomi le unghie. Eppure tengo stretta la speranza.<br />

Ma solo fino a quando non sento lo schiocco<br />

del laccio emostatico, dietro la sua porta, come uno<br />

schiaffo in pieno viso.<br />

Adesso sono io che sono lui, sento con Carlo questo<br />

afferrare il filo di salvezza, la corda della risalita all’aria<br />

e al sole… la corda che però tu stesso spezzi con la<br />

presa spasmodica da affogato con cui ti ci aggrappi.<br />

Indovino, capisco da fuori della stanza i primi sintomi,<br />

da quel suo silenzio di sprofondo, senza risalita,<br />

impigliato sotto.<br />

E resisto. Non entro, so che sto resistendo, fuori da<br />

quella stanza chiusa dove Valentina mi ha mostrato<br />

l’orrore per la prima volta, e la confusione, l’equivoco<br />

di Carlo che si fa babbo e mamma, sì, dalla prima volta,<br />

dietro quella porta. Lì un pensiero mi prende: – Sto anche<br />

vendicando Valentina?<br />

Sì, resisto, desiderando di poterla prendere seduta<br />

214<br />

sulla cassapanca del vestibolo d’ingresso, la decisione<br />

giusta.<br />

Finché uno starnuto mi riscuote. Corro in bagno a lavarmi<br />

e asciugarmi di quell’acquazzone. Quando tocca<br />

alle mani, le mie mani sospese sul lavabo mi ricordano<br />

il gesto di Pilato. Non me l’aveva già spiegato a suo<br />

tempo Gonaria l’Orecchiona? A uccidere basta non fare,<br />

quando un aiuto non si può negare, devi decidere<br />

per chi non può decidere.<br />

Quanto resisto nell’attesa?<br />

Sono qui, sento la meraviglia di scoprire che ho voluto<br />

proprio questo: smettere di resistere, cedere con lui<br />

e come lui, come se mi scoprissi per la prima volta, scoprendomi<br />

in quel Carlo, figli di una genetica comune,<br />

ineluttabile, giusto come la gente pensa la genetica: un<br />

destino già scritto nel tuo corpo.<br />

Però adesso mi muovo, mi muovo eccome, quando<br />

rientro nella stanza di Carlo e me lo vedo steso sul suo<br />

letto, gli occhi partiti in direzioni differenti, sulla soglia<br />

del coma, in attesa del coma come babbo con il suo diabete<br />

capriccioso.<br />

Ma non ineluttabile, non questa cosa adesso qui di<br />

Carlo. E corro ai ripari, come ho imparato a fare, anche<br />

con farmaci antagonisti pronti all’evenienza, in casa.<br />

Frenetica, devo essere lucida. Non è la prima volta, però<br />

mai prima in questo modo. Sembra l’ultima volta,<br />

come l’ultimo coma vigile di babbo.<br />

215

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