Giulio Angioni, Alba dei giorni bui - Sardegna Cultura
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Esco di casa. Via, fuori, aria! Vado a Sant’Elia, parcheggio<br />
in riva al mare, vado fin sotto la Torre del Prezzemolo,<br />
davanti allo scoglio, nel punto dove in altri<br />
tempi accompagnavo a volte un Carlo adolescente a fare<br />
il cormorano, come diceva lui: ad allenarsi solitario<br />
nelle sue immersioni in apnea, col cuore in gola e con la<br />
gioia di ogni risalita.<br />
Oggi c’è il mare grosso. Esco dall’auto e faccio uscire<br />
il grido che mi sento dentro, necessario, che per quanto<br />
enorme sarebbe stato soffocato dai tonfi delle onde:<br />
faccio anch’io adesso una mia iperventilazione profonda<br />
e poi un grido: – Basta! – Per buttare fuori di me<br />
tutto il veleno. Grido che Carlo torni Carlo, grido che<br />
Carlo resti Carlo, che si faccia pure ma rimanga lui,<br />
Carlo, o che si faccia Dracula un mostro marino, una<br />
qualsiasi porcheria, ma non più babbo e mamma.<br />
Uggiolo come un cane, mentre un pescatore subacqueo<br />
sbatte un polpo vivo sullo Scoglio. Mi sento un<br />
relitto sulla spiaggia, mentre le nuvole di spuma coprono<br />
scoprono e ricoprono lo Scoglio lì davanti, un<br />
animale <strong>dei</strong> primordi seduto sul fondo tra le onde.<br />
In sogno sì che io gridavo, prima. Di spavento, in certi<br />
sogni suggeriti dall’inferno, come diceva Carlo <strong>dei</strong><br />
suoi brutti sogni, da bambino, ai tempi quando lo sognavo<br />
anch’io, il mio Carlo sull’orlo di un pericolo mortale,<br />
che ne combina un’altra delle sue ma col sorriso<br />
sulle labbra, o che bambino piange a strilli nella notte<br />
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perché ci ha il pavor nocturnus: – Su basta adesso Carlo,<br />
che se passa l’angelo e dice Amen così sia rimani per<br />
sempre così.<br />
Sogno spesso che mi sono persa, chiedo dove sono<br />
ma nessuno ha voglia di rispondermi, e quando uno finalmente<br />
mi risponde, mi dà indicazioni che non hanno<br />
senso, non possono portare da nessuna parte, né in<br />
macchina né a piedi.<br />
Sogno un uccello lanciato a mezz’aria fuori dalla gabbia,<br />
spinto al volo libero, perché in qualche modo ha<br />
reimparato a volare, ma non ci riesce. Così faceva Carlo<br />
con un canarino che però tornava sempre nella gabbia.<br />
Sogno che siamo sulla grande ruota del lunapark e lui<br />
mi cade giù per colpa mia. Sogno un aquilone stramazzato<br />
a terra, com’è successo a Carlo da bambino in una<br />
gara scolastica di aquiloni, preparata per mesi. Ma il sogno<br />
più temuto è ancora quello dove c’è qualcuno che<br />
mi sta di spalle, si volta e ha la faccia di Carlo, ma se si<br />
volta una seconda volta è babbo o mamma.<br />
O che non è vero niente, sogno spesso anche questo.<br />
Da lontano in sogno mi arriva il ricordo di una mia<br />
paura, Carlo intrappolato in questo guaio: che stupidaggine,<br />
lui, il nostro Carlo? Ma quando mai! Carlo è<br />
come sempre, come prima, sta perfettamente, studia,<br />
sì, in questo momento sta studiando, lì nella sua stanza,<br />
ha il computer acceso, gli ho appena regalato Windows<br />
2000. E non fa malefici, Carlo, non evoca gli<br />
spettri cattivi di babbo e mamma. Non è vero. Non è<br />
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