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Giulio Angioni, Alba dei giorni bui - Sardegna Cultura

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sprofondo ti rilanciavi in su, verso la superficie, verso<br />

il cielo e il sole, gli altri esseri umani, la vita… – continuo<br />

a dire, a dire troppo, stonata, fuori tempo, mentre<br />

Carlo in piedi di fronte a me, mani dietro la schiena e<br />

gambe un po’ divaricate, quasi gli fosse problematica<br />

la stazione eretta, Carlo si dondola adagio come babbo<br />

marinaio, proteso verso di me quasi sollevandosi sulla<br />

punta delle scarpe. L’effetto è quello di una concentrazione<br />

profonda: – C’è sempre posto in cima, per chi ci<br />

sa salire, – dice, l’indice in su, l’indice di babbo: – La<br />

ressa è sempre in basso. – E di suo ci aggiunge: – Solo<br />

che a me è sempre piaciuta la compagnia.<br />

E ride, male, del riso di mamma.<br />

Carlo non si sta giustificando. Cerca di ironizzare su<br />

se stesso, come babbo, agro. Però nessuno è più solo di<br />

uno come Carlo, sempre, anche nei suoi discorsi, nelle<br />

sue ironie. È stato lui a dirmelo che il vino o la birra<br />

spingono al raduno, al simposio, alla crapula, al banchetto,<br />

il fumo e la canna alla condivisione, la roba no,<br />

quella ti separa, ti fa solo. E nessuno è più solo.<br />

Spesso mi oppone il suo silenzio, a volte mi rimanda<br />

la sua disperazione. Provvisoria. E allora parla, usa<br />

ogni possibile strumento di comunicazione, perché la<br />

sua disperazione passi dal suo corpo al mio. Ma mi rifila<br />

vero e falso come un baro le carte dal suo mazzo<br />

bisunto, nella sua interminabile partita truccata contro<br />

il mondo.<br />

170<br />

Il suo silenzio è vero. Carlo mi risparmia risparmiandosi.<br />

Almeno in questo lui sa il fatto suo. Nei suoi discorsi<br />

invece neanche lui riesce più a distinguere il vero<br />

nel garbuglio di menzogne acrobatiche, mentre senti<br />

chiaro tutto l’ambiguo, tutto il pretestuoso, come in<br />

un cattivo venditore di patacche, suadente e falso come<br />

un prestigiatore, con i suoi inganni nelle pieghe del<br />

vestito.<br />

– Ma che fratello sei, se m’imbrogli sempre?<br />

Ha ragione. Lui non può parlarne, se non per un<br />

compenso. Io ne parlo troppo, mi tendo come un arco<br />

e non ho frecce.<br />

Lui è tutto lì con il corpo e la sua vita, e con i suoi silenzi,<br />

ad obiettare che non serve a niente chiedersi il<br />

perché. – Tanto si vive tutti dentro un grande e unico<br />

perché, – diceva babbo. Sto aspettando che Carlo lo ripeta.<br />

Mi sono messa in testa che Carlo mi diventa babbo e<br />

mamma solo in casa, e solo per me, solo ai miei occhi<br />

insomma. E che altrove è diverso. Sono io che vedo<br />

certe cose e vedo male, sono io che mi sbaglio. Infatti<br />

appena provo a dirlo sembra tutto falso, la voce e ciò<br />

che dico, sembra che parli un’altra, di cose che non<br />

c’entrano.<br />

Lo seguo da lontano, schivando i suoi coetanei. E infatti<br />

sì, mi sembra che fuori casa lui non cambi, fuori<br />

171

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