Giulio Angioni, Alba dei giorni bui - Sardegna Cultura
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Lui fa spallucce. Io ammutolisco. Non riuscirei a parlarne<br />
nemmeno se Carlo accettasse di rifare il vecchio<br />
gioco di ascoltarmi raccontare sul letto grande di mamma.<br />
O sulla cassapanca dell’ingresso, seduti fianco a<br />
fianco, pensando assieme le stesse idee, attenti a non<br />
dondolare le gambe per non rovinare il legno antico coi<br />
calcagni. Mi sembra di capire i suoi silenzi. Più <strong>dei</strong> silenzi<br />
duri, lontani, di Valentina.<br />
Ma gli faccio la posta e glielo ripeto, che dobbiamo<br />
parlare di più tra di noi: – Apriamo una finestra di dialogo,<br />
parliamone, ti prego.<br />
– Di cosa?<br />
Io resto senza fiato: – Del più e del meno.<br />
– Tu del più e io del meno. – E finisce lì, nel nulla.<br />
– Carlo, noi qui, noi tutti e quattro dobbiamo parlare<br />
di più tra di noi, – mi scappa un giorno che mi sembra<br />
non gli sento la voce da settimane, mentre mi passa davanti<br />
in accappatoio andando in bagno.<br />
– Eh? – fa rauco, poi si tossisce dentro il pugno, travolto<br />
come spesso babbo da un accesso di tosse con-<br />
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