Giulio Angioni, Alba dei giorni bui - Sardegna Cultura
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Carlo in fatto di racconti per dormire. Certe volte bastava<br />
solo il tono, il solito andamento del narrare, le<br />
formule, le pause, i gesti e le facce. A bocca aperta,<br />
trattenendo il respiro fino a soffocare, Carlo si beveva<br />
tutto. E tutto gli passava a mano a mano sulla faccia.<br />
Carlo era avido di storie da bambino. E se le raccontava<br />
anche da solo, ma preferiva raccontarmi le sue scoperte<br />
del giorno, a me più che a mamma, impappinandosi<br />
per l’ansia di dire tutto e in ordine.<br />
Babbo, lui non aveva fantasia, solo pedagogia, troppo<br />
solenne e sempre in tema di doveri, che c’erano una<br />
volta e ci son sempre. Mamma non aveva voce, anche<br />
se gli cantava certe ariette, a letto, solo mugugnando<br />
un po’ le melodie, Casta diva, oppure Amami Alfredo,<br />
anche Nessun dorma che ci stava come i cavoli a merenda.<br />
E questo gli piaceva, pure, ma erano sdolcinature.<br />
Invece io, anche in pieno giorno, e di nascosto sopra<br />
il letto grande <strong>dei</strong> nostri genitori, gli raccontavo grandi<br />
orrori, mimando con la faccia e con il corpo, braccia,<br />
occhi, bocca: spiriti, fantasmi, esorcismi, Dracula,<br />
zombies, Frankenstein, Macbeth che uccide il sonno,<br />
che avevo recitato a scuola: che cosa ha ucciso Macbeth?<br />
Macbeth ha ucciso il sonno. E come ha fatto?<br />
Ma Carlo già dormiva nel suo sonno.<br />
Gli facevo anche Gonaria l’Orecchiona, da bambino,<br />
e anche lui a me. Era bello e proibito impersonare Go-<br />
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naria l’Orecchiona, la vicina impicciona e sovrastante:<br />
Orecchiona per certi suoi eterni orecchini a campanaccio<br />
ovino, sempre all’erta contro tutto e tutti, attenta a<br />
preservarsi da fatture e da malocchi: – Perché è tutto<br />
vero, sa, mi deve credere, – bisbigliava sollecita di divulgare<br />
un sapere indispensabile, non meno delle sue<br />
certezze matematiche che propinava ai ragazzini delle<br />
scuole medie.<br />
– Vede, signorina Pistis, – mi ha sussurrato un giorno<br />
Gonaria l’Orecchiona, sul marciapiede qui davanti a<br />
casa, – quello è uno di quelli.<br />
Io guardo il tale e dico: – Ma signorina, sembra uno<br />
qualsiasi.<br />
– Sì, ed è proprio questa la cosa più spaventosa, – fa<br />
lei tutta mistero pedagogico.<br />
Gonaria l’Orecchiona, che da sempre e per sempre<br />
insegna matematica alle medie, sa tutto di ciascuno nel<br />
palazzo, lo rumina e poi ne fa racconto. E lei, Gonaria<br />
l’Orecchiona non si sarebbe adeguata all’indifferenza<br />
generale. Lei no, se l’avesse saputo. Ma non l’ha mai saputo.<br />
Da quando Carlo mi è ridiventato un uccellino spaurito<br />
più che da bambino, dietro la spocchia indifferente,<br />
mi è venuto spontaneo riprovare con le storie, riprovare<br />
la cura del racconto. Non come da bambino<br />
dopo messo a letto, dentro le lenzuola, resistendo al<br />
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