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Giulio Angioni, Alba dei giorni bui - Sardegna Cultura

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tolo, apre la porta a chiave, poggia la borsa sulla cassapanca<br />

del vestibolo d’ingresso… anzi questo no, la cassapanca<br />

antica non c’è più, venduta proprio oggi, e così<br />

il mondo ha perso il centro. Ma questa adesso è mamma:<br />

mamma che torna a casa, a chiedermi conto di tutto,<br />

di Carlo, della cassapanca <strong>dei</strong> nonni di Fraus, mamma<br />

che torna a chiudere la sua giornata lunga innaffiando<br />

le piante in terrazzino: vasi in terracotta di salvia, rosmarino,<br />

menta, basilico, l’orto di casa che Carlo non<br />

vede. Io questa sera mi sono dimenticata di innaffiare.<br />

Però un po’ è piovuto: – Non basta, figlia mia, non basta,<br />

e dalla pioggia ci ripara il balcone di Gonaria l’Orecchiona,<br />

– che sta qui al piano superiore.<br />

Era il passo di mamma, prima, fuori. È il suo passo<br />

adesso, dentro casa, per i tredici metri in corridoio: è<br />

lei, è il suo respiro grosso da vecchietta, di quando era<br />

preoccupata, i suoi movimenti d’impazienza, la sua<br />

piccola tosse, il suo modo nervoso di poggiare le cose<br />

nell’ingresso, di andare verso la cucina, poi verso le altre<br />

stanze, l’ansimare, le soste preoccupate, una più<br />

lunga adesso lì sul punto della cassapanca dove come<br />

per i quadri tolti c’è sul muro in basso quella grande<br />

macchia dell’assenza.<br />

Si schiarisce la gola. Mamma si schiariva sempre la<br />

gola, con una lunga e complicata serie di rumori gutturali.<br />

E mi dava fastidio, se la schiariva troppo. Anche<br />

adesso è così, questa che ritorna, ma senza la sua genti-<br />

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lezza, senza la sua modestia, senza più lei che mi continua<br />

a sbiadire, che Carlo fa sbiadire mentre la ripete.<br />

Ciabattare di mamma. Redivivo, inaspettato. Inaspettato?<br />

No, mi sembra di aspettarlo dalla notte che<br />

ho dovuto convincermi che è morta, mamma, troppo<br />

tempo fa. Resto seduta ferma al <strong>bui</strong>o con il fiato corto.<br />

Ho il cuore qui nel collo. Non deve accorgersi di me,<br />

che sono qui in attesa, che ci sono stata fino adesso.<br />

Non mi arrischio a voltarmi, mentre mi passa dietro, si<br />

muove in penombra tra le cose del soggiorno e va in<br />

cucina, accende la luce, apre il frigorifero, traffica a tastoni,<br />

prende qualcosa dall’armadio pensile, si siede al<br />

tavolo… Mamma di nuovo a casa, con ansie da covare,<br />

si mette seduta di là in cucina con le braccia intrecciate<br />

posate sul tavolo davanti a sé, a fare da cornice e a sorreggere<br />

il peso del suo seno.<br />

Ma quello è Carlo. È Carlo tuo fratello, mi ripeto<br />

stordita dai colpi di maglio del mio sangue nelle orecchie.<br />

Mi aggrappo a me stessa, cerco spiegazioni: stanotte<br />

ho atteso troppo. Ho atteso Carlo ed è tornata<br />

mamma.<br />

Però adesso stai ferma. Ferma e zitta. Mi prendo le<br />

mani e me le stringo, mi stringo nel corpo, seduta rigida.<br />

Mi afferro alla collana. So che lui resta un poco<br />

lì in cucina a fare le sue cose, prima di rintanarsi nella<br />

stanza.<br />

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