Giulio Angioni, Alba dei giorni bui - Sardegna Cultura
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A Carlo, Valentina toglie di mano la valigia che lui<br />
vuole portarle fino giù al portone. Ci saluta sulla nostra<br />
porta, me e Carlo, e il taxi che aspetta giù al portone.<br />
Mi fa un abbraccio rapido, più reticente delle sue poche<br />
parole.<br />
E Carlo: – Va’, lentina, – dice come da bambini, con<br />
aria ovvia.<br />
Quanto vorrei sentirla che risponde come babbo,<br />
quando Carlo le diceva quei suoi Va’, lentina: – Chi va<br />
piano va sano e va lontano. – Stavolta Valentina non dice<br />
una parola. Come per mamma tante volte alle partenze<br />
di babbo, questa partenza di Valentina è davvero<br />
un po’ morire. Ho voglia di dirlo. Non lo dico.<br />
– La felicità, bambina mia, è di molte partenze, – dice<br />
invece Carlo, la faccia distratta: – Perché le partenze<br />
promettono i ritorni. – Uno <strong>dei</strong> suoi accessi di vuota<br />
parlantina, di quando è fatto. Ma Carlo sta citando nostro<br />
padre marinaio, sulle molte partenze di cui consolare<br />
nostra madre.<br />
Valentina lo guarda con un brivido. Quando sorrideva,<br />
babbo, gli spazi tra i denti lo facevano un po’ triste.<br />
Adesso è il sorriso di Carlo, più stralunato e fuori posto.<br />
Ecco, fuori posto. E troppo un’altra cosa. Ti prende<br />
dentro e stringe.<br />
Il taxi con dentro Valentina se ne va. Carlo sta risalendo.<br />
Lo raggiungo. Lui si ferma e mi dice: – Tu però non<br />
mi lasci. Tu non ci riesci.<br />
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Chiedo ogni possibile consiglio, parere, consulenza,<br />
pubblica e privata, gratis e a pagamento, scrupolosamente,<br />
sempre lontano dalle cerchie note, di parenti,<br />
conoscenti, amici, colleghi e gonarie del palazzo.<br />
Poi decido da me.<br />
Riprendiamo dal cibo. Per fortuna adesso il nostro<br />
macellaio non è solo un normale omone corpulento, è<br />
pure cordiale nel suo camice e coi guanti di lattice monouso<br />
da chirurgo, col solido vecchio principio che si<br />
mangia ciò che piace. E mi accontenta sempre, con<br />
un’aria complice, come se sapesse: – Ci ho qualcosa per<br />
Carlo, – dice chiudendo gli occhi e mimando un’apnea<br />
di godimento culinario.<br />
Mi afferro all’esperienza che una donna si fa in cucina,<br />
a tutto quel sapere disponibile, provato, discusso e<br />
bisticciato, ereditato, quasi per via genetica, di madre<br />
in figlia anche in casa nostra. Mi è venuto così, non ci<br />
ho pensato, mi è venuto però mentre pensavo, riflettevo,<br />
mi consultavo su che cosa fare, mi ritraevo e mi facevo<br />
avanti, come dentro un incendio in casa tua. Questo<br />
è un incendio in casa nostra.<br />
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