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Untitled - L'Arte Antica Silverio Salamon

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ALBRECHT DÜRER<br />

10 SANT’EUSTACHIO detto anche SANT’UBERTO, 1501 c.a<br />

Bulino, monogrammato in lastra in basso al centro.<br />

Bibliografia: Meder 60 b/k.<br />

(mm. 352x257). [22662G]<br />

Superba prova ricca di tonalità, in particolare lungo l’albero sopra il cavallo,<br />

nella rarissima seconda variante su dieci. Impressa su carta con la filigrana<br />

della ‘alta corona’ (Meder 20), caratteristica di questa variante e delle prove più<br />

antiche di tutte le stampe di Dürer, databile tra il 1480 e il 1520. In perfetto<br />

stato di conservazione, ad eccezione di pieghe orizzontali e verticali caratteristiche<br />

di fogli di queste dimensioni. Si segnala la presenza di crepe lungo i<br />

margini, di abrasioni al verso, di restauri agli angoli, in alto sotto il castello e<br />

sul cane in basso a destra. Tutti i restauri sono stati perfettamente eseguiti e<br />

praticamente invisibili al recto. Completa della parte incisa e con sottilissimo<br />

margine visibile in alcuni tratti oltre la linea marginale.<br />

Questo superbo arazzo, che è anche la sua più grande incisione su rame, ci attrae più per il paesaggio<br />

e per gli animali rappresentati che per il fatto descritto. Dürer non si è mai tanto avvicinato<br />

ad una composizione che si potrebbe considerare del tipo eyckiano. La moltitudine di<br />

particolari, perfettamente curati anche nelle scene più lontane, fino a rappresentare un volo di<br />

uccelli intorno al torrione, l’estrema cura nel disegnare i levrieri (evidentemente ripresi dal<br />

Pisanello) in tutte le possibili posizioni, il cavallo che poi riprenderà in altre sue opere, il cervo<br />

“inserito” nella composizione su una collinetta tra due alberi, o soltanto l’erba e i fiori così<br />

mirabilmente disegnati, danno all’insieme, proprio per il perfetto equilibrio, un’impressione<br />

di monumentalità eccezionale. Un’opera dove Dürer ha, primo fra tutti, raggiunto la massima<br />

abilità nell’uso del bulino (verrà superato, come vedremo in seguito, solo da sé stesso) risolvendo<br />

il difficile problema del pelo degli animali (nell’incisione a bulino peli, capelli e penne<br />

tendono, come nella scultura, a risolversi in innaturali motivi decorativi). Vasari nel suo Le<br />

vite, lo interpretò come uno sforzo personale per non farsi superare da Luca di Leyda “né in<br />

quantità né in bontà d’opera”. Il maestro poi, e di questo resta traccia nei numerosi studi dal<br />

vero, ha voluto rispettare e rendere scientifiche le vere proporzioni degli animali. Probabilmente,<br />

con questa stampa, avrebbe voluto illustrare un capitolo delle sue mai scritte Lezioni di<br />

pittura.<br />

Sant’Eustachio (morto nel 118), figura leggendaria di martire, era un ufficiale de l’esercito di<br />

Traiano. Secondo la tradizione si convertì al cristianesimo per avere visto, durante una battuta<br />

di caccia, un cervo che portava tra le corna una croce luminosa. Una voce gli disse che come<br />

prova della sua nuova fede avrebbe dovuto subire molte tribolazioni. Fu battezzato e assunse<br />

il nome di Eustachio abbandonando quello di Placido. La sua leggenda, che manca di basi storiche,<br />

prosegue narrando di un suo viaggio in Egitto insieme con la famiglia, durante il quale il<br />

capitano della nave catturò sua moglie in cambio del prezzo della traversata, che egli non aveva<br />

da corrispondergli. Dopo avere attraversato il Nilo con uno dei figli, mentre tornava a prendere<br />

il secondo vide i suoi figli vittima di un leone e di un lupo che balzarono loro addosso<br />

sulle due rive del fiume. Alla fine l’intera famiglia fu miracolosamente riunita. Più tardi però<br />

Eustachio e i suoi subirono il martirio venendo arrostiti all’interno di un toro di bronzo<br />

infuocato.<br />

La stessa visione ebbe, secondo la tradizione, anche Sant’Uberto (morto nel 727), vescovo di<br />

Togern e poi di Liegi. Secondo una leggenda non molto antica, da giovane egli era dedito ai<br />

piaceri mondani e amava soprattutto cacciare. Un venerdì santo, durante una battuta di caccia,<br />

d’improvviso si trovò di fronte un cervo bianco con un crocifisso tra le corna. A causa di<br />

quella visione si convertì al cristianesimo.<br />

(J. HALL Dizionario dei soggetti e dei simboli nell’arte Londra 1974 Milano 1983, pag.168,<br />

pag.405).

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