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ROMINA E MANLIO<br />

Caro Dott. Palermo,<br />

finalmente, da parte di un accademico, una analisi lucida ed obiettiva dei meccanismi universitari e<br />

del contributo dei più al loro perpetuarsi. Grazie per il corroborante articolo apparso mercoledi su<br />

"Il Manifesto".<br />

Come si potrà facilmente immaginare, siamo due delle (purtroppo) tante teste pensanti escluse dalle<br />

dinamiche accademiche per carenza di servilismo ed insufficienza di "gratitudine".<br />

"Cooptati per caso" dopo la laurea dal nostro stesso relatore, forse colpito inizialmente da tenacia e<br />

motivazione con cui subito ci siamo buttati ingenuamente in concorsi di dottorato, proposal per<br />

attività di ricerca ecc., abbiamo trascorso cinque anni da "precari" all'Università di Roma 'La<br />

Sapienza', tra borsa di dottorato (per uno di noi) e co.co.co. (ottenute contrattando con lo stesso<br />

relatore, nel frattempo divenuto direttore di Dipartimento, la proposta alternativa di apertura della p.<br />

IVA).<br />

Siamo una naturalista ed un biologo. Il nostro barone ed ex-padrino è Luigi Boitani, zoologo noto<br />

per essersi occupato del lupo in Italia fin dagli anni '70, comunicatore e divulgatore che si è<br />

costruito negli anni una ampia visibilità (rafforzando il potere virtuale accademico) anche in buona<br />

parte televisiva (prima con PAN, poi con GEO&GEO). Immersi nelle rispettive ricerche di<br />

dottorato, confluite in un unico progetto finanziato con fondi di un Parco nazionale, e che aveva<br />

prospettiva di durare oltre la durata dei dottorati, abbiamo lavorato cinque anni a ritmi serrati<br />

proponendo, programmando, realizzando e seguendo tutti gli aspetti della ricerca, da quelli<br />

amministrativi, a quelli utili alle attività di campo (dallo scegliere e ordinare materiali, a mettere a<br />

punto nuove tecniche, al costruire strumenti, fino a seguire e a contribuire in veste di operai ai<br />

lavori di relizzazione di una struttura di captivazione), fino agli aspetti più propriamente tecnici e<br />

scientifici quali stesura di rapporti tecnici, interventi a convegni, studio e tentativo di mettere su<br />

pubblicazioni. Tutto con l'unico obiettivo di produrre la migliore informazione scientifica possibile<br />

data la durata del progetto ed i fondi a disposizione (rispetto ai quali B. tentava sempre di dirottarne<br />

una parte – oltre quella prevista dal regolamento di ateneo- su altri progetti ed attività di<br />

dipartimento).<br />

Presi dal nostro entusiasmo, abbiamo cominciato a scontrarci uno ad uno con tutti i precedenti<br />

pupilli del barone, tutti sistemati chi dentro chi fuori al mondo accademico ma comunque in una<br />

rete funzionale al mantenimento del potere baronale, che reclamavano ruoli insostenibili e<br />

inesistenti nel progetto, e il riconoscimento di una pretesa anteriorità su certi temi, pretendendo in<br />

molti casi un coinvolgimento tanto inutile quanto condizionante e deleterio per la ricerca.<br />

Dopo prime avvisaglie in cui B. ci avvertiva che un buon ricercatore deve innanzitutto apprendere i<br />

rudimenti dell'ipocrisia (che voleva dire essere sufficientemente falsi e servili; noi ci illudevamo<br />

ancora che il merito potesse scagionare da questa legge accademica), vedendo in pericolo il suo<br />

prezioso castello di relazioni e di potere, arrivò a minacciare di toglierci tutto quello che<br />

evidentemente secondo lui non avevamo costruito con studio e sudore, ma avevamo avuto in dono.<br />

Ci scrisse anche di stare attenti che il suo potere non era gratuito.<br />

Mise in pratica di lì a poco le sue minacce e, non potendo fare leva sulla nostra incapacità tecnica,<br />

ricorse ad accuse false e diffamatorie; in particolare ci accusò di aver prevaricato alcuni studenti<br />

(!!!). Ci concedeva però una via d'uscita: ammettere colpe inesistenti e rimettere tutto a lui che<br />

magnanimamente ci avrebbe consentito di concludere il dottorato, mentre il frutto degli sforzi e la<br />

conduzione della ricerca sarebbe stata delegata a qualche solerte sostituto, forse anche un laureando,<br />

manifestando tutta la sua volontà di disprezzo e denigrazione nei nostri confronti.<br />

Da quel momento (esattamente tre anni fa) è cominciata una lotta che prosegue tuttora sotto la<br />

brace. Nel frattempo abbiamo dovuto ricorrere al TAR ed al Rettorato per discutere i dottorati, i<br />

quali ci hanno dato ragione; abbiamo comunque subito (uno di noi in particolare) una ammissione<br />

all'esame con la commissione nazionale corredata da un giudizio negativo sull'elaborato, indotto dal<br />

barone, il quale ha anche imposto come nostri relatori esterni delle tesi due sue strette collaboratrici,


e dalla 'pecoraggine' del collegio dei docenti.<br />

Abbiamo subito la minaccia di diffamazione presso riviste internazionali da lui perpetrata ai nostri<br />

danni se avessimo deciso di pubblicare i nostri dottorati senza il suo nome (durante l'ultima fase del<br />

dottorato chiedemmo al Collegio il disconoscimento del suo ruolo di tutor e relatore della tesi).<br />

Subiamo tuttora la diffusione di giudizi, pregiudizi e false notizie sul nostro conto in molti<br />

potenziali ambienti lavorativi, perpetrata anche attraverso scagnozzi e seguaci molto meno furbi di<br />

lui e comunque pronti ad esporsi servilmente in sua vece. Abbiamo visto mettere alla mercè di altri,<br />

dati e risultati dei nostri dottorati. Mentre cercavamo faticosamente di pubblicare tentando anche di<br />

sopravvivere con lavoretti vari, un ricercatore di Pavia ha usato i nostri dati, non ancora pubblicati,<br />

per una sua pubblicazione scientifica.<br />

E noi? Stiamo disperatamente cercando di proseguire per la nostra strada privatamente. Per andare<br />

all'estero abbiamo forse perso il treno, per vari motivi. Ad esempio l'età e l'inglese non eccellente,<br />

anche se ci consente di partecipare a convegni internazionale e di scrivere su riviste internazionali<br />

con IF. E poi chi ce le scrive le referenze? Inoltre siamo innamorati del nostro sud, che è dove<br />

abbiamo lavorato finora e stiamo cercando di lavorare ancora. Ma quale fatica! Per ora resistiamo<br />

(ma forse ancora per poco) grazie anche alle nostre famiglie, per non rinunciare al sogno e buttare al<br />

vento anni di studio e fatica. Alle pubblicazioni non rinunceremo ci mettessimo anche anni.<br />

Per il resto, l'Italia non aiuta. Per partecipare a bandi come società (così ci siamo costituiti) devi<br />

essere sostenuto da un fatturato adeguato, non bastano le competenze tecniche. Ma come si inizia a<br />

fatturare se già è difficile ottenere ascolto presso enti o amministrazioni nella fase di presentazione<br />

di una proposta di progetto; in quei contesti la validità del progetto sembra l'ultima cosa, conta<br />

soprattutto chi lo presenta (università o società conosciute) o forse mancano presso gli enti le figure<br />

che abbiano strumenti ed onestà intellettuale per valutare le proposte.<br />

Comunque, tornando ad un'altra università possibile, crediamo che esperienze come la nostra<br />

vadano raccontate. Noi ne abbiamo voglia e lo faremo prima o poi; purtroppo il tempo è poco e<br />

cerchiamo di stringere i denti per le pubblicazioni. Ci farebbe piacere però condividere esperienze;<br />

forse anche altri vorrebbero sentirsi meno soli, o hanno da raccontare esiti positivi, vie d'uscita<br />

(oltre andare all'estero) per non rinunciare e ripiegare su un call-center.<br />

Ci scusiamo per lo sfogo e per esserci dilungati. Grazie per l'attenzione e buon lavoro.<br />

Cordiali saluti<br />

<strong>Romina</strong> e Manlio<br />

Ragazzi, bella storia. Molto più esplicita della mia. Io non masi avuto la fortuna/sfortuna di<br />

baronetti che mi parlano così francamente. Solo un appunt: le riviste scientifiche sono senz'altro<br />

nelle mani di cordate, ma nessuno è così potente da poter escludere qualcun altro dal sistema delle<br />

riviste. Io non ho mai chiesto nessuna referenza, né permessi, per mandare le mie cacate alle riviste.<br />

...e infatti di solito mi bocciano... No, accettato o respinto, bisogna andare avanti . Ma sul piano<br />

politico dobbiamo socializzare i nostri problemi. Purtroppo le reti, quelle ufficiali, dei ric prec<br />

hanno reagito scompostamente, preoccupandosi solo di una possibile ripercussione, a cui io non<br />

avevo nemmeno pensato: la loro ope legis. Io credo che si possano socializzare i problemi in forme<br />

diverse, più movimentistiche, cercando il sostegno degli studenti, invece che dei docenti. Perché<br />

alla fine se i docenti di oggi li critichiamo perchè sono peggio dei ric precari che stanno fuori, vuool<br />

dire che questo sistema di cooptazione lascia fuori proprio i migliori.<br />

Saluti solidali e antibaronali<br />

Giulio Palermo


Grazie mille per gli stimoli ed il confortante incoraggiamento, soprattutto sul versante delle<br />

pubblicazioni. Terremo duro. Siamo d'accordo che socializzare i problemi è importante. Ci<br />

proveremo; questo nostro contatto è stato un primo passo.<br />

Liberi e calorosi saluti<br />

<strong>Romina</strong> e Manlio

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