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Santo «ritrova - Messaggero di sant'Antonio

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doSSier<br />

società<br />

La ricostruzione<br />

dell’evento.<br />

Le luci e<br />

le ombre. Le voci<br />

dei protagonisti.<br />

Un episo<strong>di</strong>o<br />

che i devoti<br />

<strong>di</strong> tutto il mondo<br />

non hanno mai<br />

<strong>di</strong>menticato.<br />

Un fatto che,<br />

ancora oggi,<br />

ha molto<br />

da raccontare.<br />

M e s s a g g e r o d i s a n t ’an t o n i o<br />

30 | ottobre 2011<br />

1991 – 2011. rapina del mento<br />

Il <strong>Santo</strong><br />

ritrovato<br />

<strong>di</strong> Nicoletta Masetto<br />

Sono le 18.20 del 10 ottobre 1991. Tre ban<strong>di</strong>ti, armati<br />

e coperti da passamontagna, entrano nella Basilica <strong>di</strong><br />

sant’Antonio e rubano il Mento del <strong>Santo</strong>. Alcuni fedeli<br />

e una guar<strong>di</strong>a vengono immobilizzati sotto la minaccia<br />

delle armi. I malviventi fuggono poi a bordo <strong>di</strong> un’auto<br />

guidata da un quarto complice. La Reliquia viene ritrovata<br />

settantuno giorni dopo, il 20 <strong>di</strong>cembre 1991, «ufficialmente»<br />

a Roma, vicino all’aeroporto <strong>di</strong> Fiumicino.<br />

La verità su autori, mandanti e sul perché <strong>di</strong> una rapina<br />

giu<strong>di</strong>cata da subito anomala, verrà a galla molto tempo dopo.<br />

La firma, inattesa, è quella della «mala del Brenta». Autori<br />

materiali, Andrea Zammattio, Andrea Batacchi e Stefano<br />

Galletto, insieme con Giulio Maniero, il quarto complice.<br />

Mandante, il boss della mala, Felice Maniero. Lo scopo,<br />

estorsione: la Reliquia viene usata come oggetto <strong>di</strong> scambio<br />

con l’intenzione <strong>di</strong> costringere lo Stato a scendere a patti.


ianchi<br />

M e s s a g g e r o d i s a n t ’an t o n i o<br />

ottobre 2011 | 31 nicola


doSSier<br />

società<br />

l’e<strong>di</strong>toriale<br />

Operazione verità<br />

immancabilmente, quando<br />

accompagno un gruppo <strong>di</strong><br />

pellegrini a visitare la Cappella del<br />

Tesoro con le Reliquie del <strong>Santo</strong>, in<br />

fondo alla Basilica, ritornano le stesse<br />

domande: «Com’è andata quella<br />

volta della rapina? È vero che<br />

avevano le pistole? Ma… per la<br />

restituzione del Mento, è stato<br />

pagato un riscatto?». Nessuno, in<br />

modo chiaro e lineare, soprattutto<br />

documentato e sistematico, si è mai<br />

impegnato a ricostruire una vicenda<br />

che ha dello strano, del paradossale,<br />

ma che ha suscitato curiosità e<br />

attenzione me<strong>di</strong>atica attirando sulla<br />

città <strong>di</strong> Padova e sulla Basilica i<br />

riflettori del mondo. Dal 10 ottobre al<br />

20 <strong>di</strong>cembre 1991 trascorrono 71<br />

interminabili giorni che tengono col<br />

fiato sospeso i devoti del <strong>Santo</strong>,<br />

M e s s a g g e r o d i s a n t ’an t o n i o<br />

32 | ottobre 2011<br />

1991 – 2011. rapina del mento<br />

«Il <strong>Santo</strong><br />

in ostaggio»<br />

Torniamo a quella data. È<br />

il tardo pomeriggio <strong>di</strong> una<br />

giornata insolitamente calda<br />

per un ottobre non ancora avvolto<br />

dai colori dell’autunno.<br />

Sono le 18.20. In chiesa ci sono<br />

i fedeli, che si attardano<br />

dopo la messa delle<br />

cinque del pomeriggio,<br />

e alcuni turisti.<br />

Una strana quiete<br />

avvolge il luogo<br />

sacro. All’improvviso,<br />

in Basilica fanno<br />

irruzione i tre malviventi.<br />

Camminano spe<strong>di</strong>ti,<br />

con passo sicuro,<br />

verso la Cappella del<br />

Tesoro. Il «tesoro»<br />

in questione sono le<br />

Reliquie <strong>di</strong> sant’Antonio.<br />

Dopo aver<br />

rubato quella del<br />

Mento, si precipitano<br />

in via Orto<br />

Botanico, una strada<br />

laterale, dove ad attenderli<br />

c’è il quar-<br />

to ban<strong>di</strong>to alla guida <strong>di</strong> una<br />

Ford Fiesta nera che in seguito<br />

risulterà rubata. La notizia<br />

viene battuta subito dalle<br />

agenzie <strong>di</strong> stampa. Ne parleranno<br />

televisioni e giornali<br />

<strong>di</strong> tutto il mondo: ad<strong>di</strong>rittura<br />

il «Time», nell’e<strong>di</strong>zione del<br />

28 ottobre 1991, de<strong>di</strong>ca un<br />

articolo all’evento. I titoli sono<br />

a tutta pagina: «Il <strong>Santo</strong> in<br />

ostaggio» si legge, in un accavallarsi,<br />

per settantuno giorni,<br />

<strong>di</strong> ipotesi, illazioni, telefonate<br />

<strong>di</strong> sciacalli e appelli. Numerosi<br />

quelli lanciati dai frati<br />

della Basilica e dal rettore<br />

dell’epoca, padre Olindo Baldassa;<br />

dal delegato pontificio,<br />

monsignor Marcello Costalunga<br />

che, proprio in Basilica<br />

durante la celebrazione<br />

del 21 ottobre 1991 per il<br />

tre<strong>di</strong>cesimo anniversario del<br />

pontificato <strong>di</strong> Giovanni Paolo<br />

II, parla «della vicinanza del<br />

<strong>Santo</strong> Padre e della sua trepidazione<br />

per le sorti della Reliquia»;<br />

dal vescovo <strong>di</strong> Padova,<br />

Antonio Mattiazzo. Per<br />

un lungo periodo non si sa-<br />

milioni <strong>di</strong> fedeli nei cinque continenti.<br />

Si organizzano veglie <strong>di</strong> preghiera<br />

perché la Reliquia torni presto e<br />

intatta nel luogo originario, dov’è<br />

custo<strong>di</strong>ta dai frati e venerata dai<br />

pellegrini con un passaggio<br />

quoti<strong>di</strong>ano <strong>di</strong> più <strong>di</strong> 2 mila persone.<br />

Per tutto il tempo, così racconta Felice<br />

Maniero, l’ex boss della mala del<br />

Brenta mandante della rapina che ci<br />

ha concesso in esclusiva una<br />

lunga intervista, la Reliquia<br />

giace seppellita – anche se<br />

ben sigillata – lungo le rive<br />

scoscese del fiume Brenta.<br />

Deve servire come merce<br />

<strong>di</strong> scambio per fare<br />

pressioni sullo<br />

Stato e ottenere<br />

benefici, parte<br />

dei quali<br />

prà chi ha commissionato la<br />

rapina e chi sono stati gli esecutori.<br />

Ci vorranno tre anni<br />

prima <strong>di</strong> arrivare alla verità.<br />

Il quoti<strong>di</strong>ano «La Repubblica»<br />

dell’11 febbraio 1995 scrive,<br />

a pagina 19: «L’hanno scoperto<br />

gli uomini della Criminalpol<br />

del Veneto che, a conclusione<br />

<strong>di</strong> una lunga inchiesta<br />

coor<strong>di</strong>nata dalle procure<br />

<strong>di</strong> Padova e <strong>di</strong> Venezia, hanno<br />

ricostruito uno dei misteri<br />

più fitti nella storia della malavita<br />

locale, quello appunto<br />

del clamoroso assalto al<br />

“tempio” <strong>di</strong> Sant’Antonio. Tra<br />

le sei persone che, tre anni<br />

e quattro mesi dopo il furto,<br />

hanno ricevuto l’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> custo<strong>di</strong>a<br />

c’è anche il boss della<br />

Riviera, Felice Maniero». L’ex<br />

capo in<strong>di</strong>scusso della banda<br />

criminale, che si sviluppò tra<br />

le province <strong>di</strong> Padova e <strong>di</strong> Venezia,<br />

confermerà quanto già<br />

<strong>di</strong>chiarato dai suoi sodali in<br />

merito all’episo<strong>di</strong>o nella lunga<br />

«confessione» resa ai magistrati.<br />

La sua collaborazione<br />

con lo Stato inizia il 18 no-<br />

verranno concessi. La messinscena<br />

finale del ritrovamento è, appunto,<br />

una messinscena. Si <strong>di</strong>ce, fin dal<br />

primo lancio Ansa, alle 10.50 del 20<br />

<strong>di</strong>cembre 1991, che la Reliquia è stata<br />

rinvenuta nei pressi <strong>di</strong> Fiumicino,<br />

ed è il generale dei carabinieri<br />

Antonio Viesti che la riconsegna,<br />

due giorni dopo, nella cornice<br />

<strong>di</strong> una solenne celebrazione <strong>di</strong><br />

ringraziamento, ai frati del <strong>Santo</strong>.<br />

In questo nutrito dossier, che <strong>di</strong>ssipa<br />

ogni ombra (o quasi), siamo andati<br />

alla fonte, ascoltando i protagonisti<br />

dei fatti e lasciando parlare gli<br />

esperti. Una pagina <strong>di</strong> cronaca<br />

nera che ha come protagonista<br />

il nostro <strong>Santo</strong> ci aiuta così a<br />

rileggere un pezzo <strong>di</strong> storia<br />

della nostra Italia.<br />

padre Ugo Sartorio


vembre 1994, sei giorni dopo<br />

l’ultimo arresto, avvenuto<br />

a Torino. Ma proseguirà per<br />

mesi. Svelati il mandante e gli<br />

autori, della rapina del Mento<br />

del <strong>Santo</strong> si continuerà comunque<br />

a parlare a lungo,<br />

più o meno <strong>di</strong>rettamente, come<br />

risulta dagli interrogatori,<br />

dalle «confessioni» dell’ex<br />

boss e dai documenti contenuti<br />

nelle centinaia <strong>di</strong> faldoni<br />

<strong>di</strong> atti processuali riguardanti<br />

Felice Maniero e la mala<br />

del Brenta.<br />

Come<br />

in un film<br />

Il primo malvivente, appena<br />

entrato nel deambulatorio del<br />

Santuario, fa stendere a terra<br />

tre turisti romani che si trovano<br />

sul lato sinistro, e con<br />

la mano destra tiene puntata<br />

la pistola in <strong>di</strong>rezione dell’addetto<br />

alla <strong>di</strong>stribuzione delle<br />

immaginette. Un altro, entrato<br />

nella Cappella del Tesoro,<br />

sale i gra<strong>di</strong>ni e inizia a colpire,<br />

con una mazza come quelle<br />

abitualmente utilizzate dai<br />

muratori nei cantieri e<strong>di</strong>li, la<br />

teca centrale. All’interno, nella<br />

parte inferiore è custo<strong>di</strong>ta<br />

la Lingua, in quella superiore,<br />

il Mento. Il reliquiario del<br />

Mento è tutto incastonato <strong>di</strong><br />

pietre preziose. Per il ban<strong>di</strong>to<br />

è più facile lasciarsi abbagliare<br />

dal luccichio delle pietre<br />

piuttosto che dal piccolo<br />

scrigno, più semplice, contenente<br />

la Lingua. Eppure Maniero,<br />

come rivela nell’intervista<br />

che ci ha rilasciato in<br />

esclusiva, aveva or<strong>di</strong>nato ai<br />

suoi <strong>di</strong> rubare la Lingua che,<br />

come l’ex boss sapeva molto<br />

bene, è la Reliquia del <strong>Santo</strong><br />

<strong>di</strong> più alto valore devozionale<br />

in tutto il mondo. Questa<br />

parte del corpo umano<br />

è fragilis sima, tra le prime<br />

a <strong>di</strong>ssolversi subito dopo la<br />

morte; nel caso <strong>di</strong> sant’Antonio,<br />

essendosi mantenuta incorrotta<br />

a <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> secoli,<br />

«costituisce – come si leg-<br />

ge nelle guide per i pellegrini<br />

– un miracolo perenne, unico<br />

nella storia e carico <strong>di</strong> significato<br />

religioso quale suggello<br />

dell’opera <strong>di</strong> rievangelizzazione<br />

della società a opera del<br />

<strong>Santo</strong>».<br />

Il secondo uomo col passamontagna<br />

continua nel suo<br />

tentativo <strong>di</strong> rompere il vetro.<br />

Uno, due, tre colpi potenti.<br />

Quanti bastano per far accorrere<br />

Jorge Damonte, una delle<br />

guar<strong>di</strong>e in servizio all’interno<br />

della Basilica. «Era un<br />

frastuono forte, cupo, mai<br />

sentito – ricorda, vent’anni<br />

dopo, Jorge –. Mi trovavo<br />

davanti alla sacrestia. Feci<br />

appena in tempo a varcare<br />

il cancello della Cappella<br />

che mi ritrovai con la canna<br />

<strong>di</strong> una pistola puntata al-<br />

la tempia». È il terzo uomo a<br />

prendere in ostaggio la guar<strong>di</strong>a:<br />

«Disse solo: “Stai fermo,<br />

non muoverti” – ricorda ancora<br />

Damonte –. Quattro parole<br />

che rammento ancora in<br />

maniera nitida. Con la coda<br />

dell’occhio riuscii a vedere<br />

che la pistola era chiara e<br />

lucida. Raccontai, in seguito,<br />

questo particolare agli inquirenti<br />

che mi chiesero se avessi<br />

già avuto a che fare con le<br />

armi visto che l’avevo descritta<br />

nel dettaglio». Ma Damonte<br />

non ha mai avuto <strong>di</strong>mestichezza<br />

con le armi. È sempre<br />

stato un intellettuale, convinto<br />

<strong>di</strong>fensore <strong>di</strong> democrazia<br />

e uguaglianza. Proprio per<br />

questo qualche anno prima<br />

era stato costretto a lasciare<br />

in fretta e furia il suo Paese,<br />

Autori della rapina<br />

Sono in quattro:<br />

andrea Zammattio,<br />

andrea Batacchi<br />

e Stefano Galletto<br />

(nell’illustrazione<br />

<strong>di</strong> luca Salvagno),<br />

ai quali si aggiunge<br />

Giulio maniero, che<br />

li attende a bordo <strong>di</strong><br />

un’auto rubata. nella<br />

pagina accanto, Jorge<br />

damonte, la guar<strong>di</strong>a<br />

tenuta in ostaggio e,<br />

nel riquadro, il <strong>di</strong>rettore<br />

padre Ugo Sartorio.<br />

M e s s a g g e r o d i s a n t ’an t o n i o<br />

ottobre 2011 | 33


doSSier<br />

società<br />

Sdegno<br />

e incredulità<br />

Questi i sentimenti dei<br />

devoti alla notizia del<br />

furto che fece il giro del<br />

mondo (sotto, la prima<br />

pagina <strong>di</strong> un quoti<strong>di</strong>ano<br />

locale dell’11 ottobre<br />

1991). al centro,<br />

il reliquiario del mento.<br />

nella pagina accanto,<br />

il magistrato Francesco<br />

Saverio pavone e,<br />

nel riquadro, padre<br />

luciano Bertazzo.<br />

M e s s a g g e r o d i s a n t ’an t o n i o<br />

34 | ottobre 2011<br />

1991 – 2011. rapina del mento<br />

l’Uruguay, per evitare la cattura<br />

a causa del suo impegno<br />

contro la <strong>di</strong>ttatura. «Mi sembrava<br />

tutto così irreale, come<br />

se stessi vivendo la scena <strong>di</strong><br />

un film – racconta –. In quei<br />

minuti, sette-otto al massimo,<br />

non mi sono reso conto<br />

<strong>di</strong> nulla. La tentazione era <strong>di</strong><br />

reagire, ma continuavo a ripetermi<br />

che non dovevo farlo.<br />

Paura? No, quel ban<strong>di</strong>to,<br />

che con la destra mi puntava<br />

la pistola e con la sinistra mi<br />

teneva bloccato, era tranquillo,<br />

sicuro <strong>di</strong> sé, un professionista<br />

e non un malvivente<br />

maldestro e avventato. Non<br />

gli interessava farmi del male.<br />

Non era quello il suo scopo.<br />

Lui voleva solo rubare la<br />

Reliquia». Sul posto nel frattempo<br />

giunge anche fra Clau<strong>di</strong>o<br />

Gottardello, all’epoca custode<br />

della Basilica. «Ricordo<br />

il gran parapiglia. Con altri<br />

confratelli corsi verso la Cappella<br />

del Tesoro. Tutto avremmo<br />

pensato ma mai, davvero,<br />

che si arrivasse a tanto.<br />

Fu come un fulmine a ciel sereno<br />

– ricorda fra Gottardello<br />

che oggi vive nel convento<br />

<strong>di</strong> San Pietro <strong>di</strong> Barbozza<br />

(Treviso) –. Chi poteva avere<br />

interesse a compiere un gesto<br />

simile, e perché? Me lo sono<br />

chiesto per tanto tempo, senza<br />

trovare spiegazioni». La<br />

prima telefonata <strong>di</strong> fra Clau<strong>di</strong>o<br />

è al rettore del Santuario<br />

antoniano che, quel giorno, si<br />

trova fuori sede per un convegno.<br />

Padre Baldassa rientra<br />

poche ore dopo. Per tutta<br />

la notte resta incollato al telefono,<br />

l’unico esistente all’epoca,<br />

che si trova nella portineria<br />

del convento.<br />

Autori<br />

e mandanti<br />

«Per lungo tempo questo grave<br />

atto sacrilego rimase impunito<br />

– spiega Francesco<br />

Saverio Pavone, il magistrato<br />

che, insieme ai colleghi Michele<br />

Dalla Costa e Antonio<br />

Fojadelli, ha cercato per più<br />

<strong>di</strong> un decennio <strong>di</strong> sgominare<br />

la mala del Brenta –. Almeno<br />

fino a quando, tra la fine del<br />

1994 e gli inizi del 1995, lo<br />

stesso Maniero, catturato do-<br />

po la famosa evasione nella<br />

notte tra il 13 e il 14 giugno<br />

1994 dalla casa <strong>di</strong> reclusione<br />

<strong>di</strong> Padova, si deciderà a collaborare<br />

con la giustizia. Maniero<br />

è una persona estremamente<br />

furba, intelligente, carismatica.<br />

Non lascia nulla al<br />

caso. Egli ha reso un’ampia<br />

collaborazione che ha portato<br />

allo sfaldamento della<br />

banda nota come “Mafia del<br />

Brenta”».<br />

Pavone è il giu<strong>di</strong>ce istruttore<br />

che ha il coraggio <strong>di</strong> chiamare<br />

fatti e persone col loro<br />

nome. È il primo che muove,<br />

nei confronti della mala del<br />

Brenta, l’accusa <strong>di</strong> «associazione<br />

a delinquere <strong>di</strong> stampo<br />

mafioso». Un’accusa mai formulata<br />

in precedenza, tanto<br />

che, proprio nel 1994, prima<br />

della lettura della storica sentenza,<br />

venne ad<strong>di</strong>rittura contestata<br />

da alcuni pubblici ministeri<br />

che non ne capirono la<br />

portata innovativa e, per certi<br />

versi, <strong>di</strong>rompente, non credendo<br />

possibile il fenomeno<br />

<strong>di</strong> una mafia al Nord. Ma alla<br />

fine la sentenza è inequivocabile:<br />

mandante della rapina,<br />

Maniero; autori materiali<br />

Zammattio, Batacchi,<br />

Galletto e Giulio<br />

Maniero. Ad eccezione<br />

<strong>di</strong> Batacchi, gli altri<br />

imputati ammettono<br />

l’addebito e


per questo fatto tutti, Maniero<br />

incluso, sono riconosciuti<br />

colpevoli dei reati <strong>di</strong> rapina<br />

aggravata, porto e detenzione<br />

<strong>di</strong> armi in luogo pubblico<br />

e furto dell’autovettura utilizzata<br />

per la fuga.<br />

A patti<br />

con lo Stato<br />

A chi può interessare il furto<br />

<strong>di</strong> una Reliquia? Se lo chiederanno<br />

in tanti, senza trovare<br />

una risposta plausibile, nei<br />

giorni successivi alla <strong>di</strong>ffusione<br />

della notizia che fece il gi-<br />

Padre lUciaNo BertaZZo<br />

le reliquie, memoria e presenza<br />

il furto della reliquia ha avuto anche un<br />

valore simbolico per i devoti e per la città<br />

<strong>di</strong> padova, come testimonia padre luciano<br />

Bertazzo, dal 1985 <strong>di</strong>rettore del Centro stu<strong>di</strong><br />

antoniani.<br />

Msa. che ricordo ha <strong>di</strong> quell’avvenimento?<br />

Bertazzo. Un ricordo molto vivido. alle<br />

cinque <strong>di</strong> quel pomeriggio, un’ora prima<br />

del furto, avevo parlato con il custode della<br />

Basilica per un progetto <strong>di</strong> catalogazione<br />

delle oreficerie del <strong>Santo</strong>. Una strana<br />

coincidenza e uno strano furto, tutt’ora<br />

non del tutto chiaro. Un atto, credo,<br />

anche stupido, almeno dal punto <strong>di</strong> vista<br />

dell’oggetto in sé, visto che si trattava <strong>di</strong><br />

un reliquario in bronzo dorato, con scarso<br />

valore economico e, per <strong>di</strong> più, <strong>di</strong>fficile da<br />

cedere, perché troppo conosciuto a livello<br />

internazionale. la motivazione storica più<br />

accre<strong>di</strong>tata è che si sia trattato <strong>di</strong> un atto<br />

<strong>di</strong>mostrativo della banda maniero per<br />

riba<strong>di</strong>re il proprio potere.<br />

che cosa rappresentano per i fedeli<br />

le reliquie antoniane?<br />

le reliquie antoniane, come tutte le reliquie<br />

dei santi in genere, sono una parte concreta<br />

e visibile della santità. il loro culto, che ha<br />

conosciuto uno sviluppo particolare proprio<br />

nel mondo occidentale, ha significato nei<br />

secoli la possibilità <strong>di</strong> impossessarsi <strong>di</strong> questa<br />

santità o, almeno, <strong>di</strong> poterla avere vicina. le<br />

reliquie sono memoria e presenza al tempo<br />

stesso, il segno tangibile della santità <strong>di</strong> un<br />

uomo che si invoca per lla sua amicizia con<br />

<strong>di</strong>o. Sono una garanzia e una sicurezza.<br />

Non c’è il rischio che il culto delle reliquie<br />

<strong>di</strong>venti quasi un rituale magico?<br />

la storia delle reliquie occupa un capitolo<br />

importante della storia della devozione<br />

popolare. Venendo all’oggi, io penso che la<br />

reliquia abbia perso il significato che aveva<br />

nei secoli passati. C’è stata un’evoluzione<br />

della devozione popolare, anche se rimane<br />

fisso il tema del toccare, <strong>di</strong> avere una parte<br />

della santità, con il rischio che la reliquia<br />

<strong>di</strong>venti un feticcio o un amuleto.<br />

c’è chi giu<strong>di</strong>ca questa devozione<br />

anacronistica.<br />

l’ ostensione del corpo del <strong>Santo</strong>, avvenuta<br />

lo scorso anno, <strong>di</strong>mostra che c’è ancora una<br />

grande domanda <strong>di</strong> incontro con la memoria<br />

della santità. in questi ultimi anni, forse<br />

proprio a partire dal successo strepitoso<br />

che ebbe il passaggio <strong>di</strong> una reliquia <strong>di</strong><br />

sant’antonio in <strong>di</strong>verse parti del mondo<br />

nel 1995, in<br />

occasione<br />

dell’ottavo<br />

centenario<br />

della nascita del<br />

<strong>Santo</strong>, il ricorso<br />

a percorsi<br />

itineranti delle<br />

reliquie si è<br />

esteso anche<br />

ad altri corpi<br />

<strong>di</strong> santi. il<br />

toccare la reliquia significa ancor oggi vivere<br />

un momento intenso, <strong>di</strong> devozione e <strong>di</strong><br />

preghiera. È chiaro che c’è sempre il rischio<br />

dello sconfinamento, ma molto <strong>di</strong>pende<br />

anche da come viene gestito questo tipo<br />

<strong>di</strong> devozione, se potenziando l’aspetto<br />

magico oppure quello della conversione o<br />

dell’impegno a rinsaldare il proprio progetto<br />

<strong>di</strong> vita cristiana.<br />

rispetto al valore simbolico, che cosa ha<br />

significato il furto <strong>di</strong> una reliquia così<br />

importante come quella del Mento?<br />

nell’imme<strong>di</strong>ato ha provocato stupore e<br />

offesa tra i padovani, che lo hanno vissuto<br />

come un attacco sacrilego al loro <strong>Santo</strong><br />

ma anche a padova, visto che la Basilica è<br />

un luogo-simbolo della città. oltretutto si<br />

trattava <strong>di</strong> una reliquia insigne; il mento,<br />

come del resto la lingua ospitata in un altro<br />

reliquiario, è una <strong>di</strong> quelle reliquie che san<br />

Bonaventura ha rinvenuto praticamente<br />

intatte nel 1263, trentadue anni dopo la<br />

morte del <strong>Santo</strong>, nel corso della prima<br />

ricognizione del corpo. il ritrovamento della<br />

lingua, con la quale antonio annunciava<br />

la parola <strong>di</strong> <strong>di</strong>o, perfettamente conservata,<br />

<strong>di</strong>venne un segno pro<strong>di</strong>gioso, ricco <strong>di</strong><br />

valore simbolico, che ricordava il ruolo <strong>di</strong><br />

pre<strong>di</strong>catore eccellente che antonio aveva<br />

avuto agli inizi dell’or<strong>di</strong>ne francescano.<br />

Un ruolo che ormai faceva parte della sua<br />

bioagiografia.<br />

si è trattato <strong>di</strong> un oltraggio simbolico,<br />

non solo nei confronti del corpo fisico,<br />

ma anche della memoria, del modo in cui<br />

sant’antonio era ed è rappresentato.<br />

Sì, lo possiamo leggere anche così. anche se<br />

credo che chi ha compiuto un gesto tanto<br />

stupido non avesse i mezzi per coglierne il<br />

valore simbolico. <strong>di</strong> fatto il reliquario tornò<br />

quasi intonso, eccezion fatta per un leoncino,<br />

tra l’altro un’applicazione postuma.<br />

Giulia Cananzi<br />

M e s s a g g e r o d i s a n t ’an t o n i o<br />

ottobre 2011 | 35


doSSier<br />

società<br />

Msa. Professor Diamanti,<br />

com’era il Veneto <strong>di</strong><br />

vent’anni fa?<br />

Diamanti. È il periodo nel<br />

quale nasce e si afferma il<br />

mito del Nordest. Fino a<br />

quel momento, in realtà,<br />

non è che il Veneto fosse<br />

fermo, anzi, lo sviluppo<br />

economico <strong>di</strong> quest’area<br />

stava affermandosi in<br />

modo veloce almeno da<br />

una ventina d’anni, però<br />

era poco visibile.<br />

Per quale motivo?<br />

Si trattava <strong>di</strong> uno sviluppo<br />

<strong>di</strong> piccola impresa, <strong>di</strong>ffuso,<br />

quin<strong>di</strong> <strong>di</strong>fficilmente<br />

percepibile, senza un<br />

evento scatenante preciso.<br />

Sino ad allora si era<br />

abituati a uno sviluppo<br />

<strong>di</strong> altro tipo, basato sulla<br />

grande impresa e sulle<br />

concentrazioni, anche<br />

urbane. Tra gli anni ‘80 e<br />

‘90 ci si accorge <strong>di</strong> ciò che<br />

sta avvenendo. E questo<br />

riguarda anche gli stessi<br />

abitanti del Nordest, i quali<br />

fino a quel momento non<br />

avevano adeguato i propri<br />

stili <strong>di</strong> vita a quelli <strong>di</strong> una<br />

società opulenta.<br />

Nei primi<br />

anni ’90<br />

tutto questo<br />

cambia, la<br />

ricchezza<br />

<strong>di</strong>venta molto<br />

evidente.<br />

E questa<br />

tendenza<br />

viene<br />

amplificata<br />

dalla caduta<br />

del muro<br />

<strong>di</strong> Berlino,<br />

evento che<br />

trasforma<br />

il Triveneto<br />

da area <strong>di</strong><br />

confine a<br />

M e s s a g g e r o d i s a n t ’an t o n i o<br />

36 | ottobre 2011<br />

1991 – 2011. rapina del mento<br />

Il v o DI a m a n t I*<br />

1991: il contesto sociale<br />

giovanni giovannetti / olycom<br />

zona <strong>di</strong> passaggio, crocevia<br />

obbligato rapido e veloce<br />

per le imprese, i mercati<br />

e i flussi migratori. Nei<br />

primi anni ’90, dunque,<br />

assistiamo, insieme<br />

con il rivolgimento in<br />

campo politico che ha<br />

portato al crollo della<br />

Prima repubblica, non<br />

a caso all’indomani<br />

della caduta del muro,<br />

anche alla rivoluzione<br />

economica che trasforma<br />

la <strong>di</strong>mensione piccola da<br />

limite in risorsa visibile e<br />

rende consapevole anche<br />

quest’area.<br />

Perché questo aspetto è<br />

così importante?<br />

Non è un caso che proprio<br />

in questa realtà si realizzi<br />

il rovesciamento del<br />

sistema politico che<br />

caratterizza la cosiddetta<br />

Seconda repubblica. Un<br />

rovesciamento accelerato<br />

dalla scomparsa rapida<br />

della Dc e dall’affermarsi<br />

dell’altro soggetto<br />

politico che, insieme<br />

a Berlusconi, sarà<br />

protagonista della caduta<br />

della Prima repubblica:<br />

la Lega. La Lega, infatti,<br />

nasce nel Nordest degli<br />

anni ’80 come Liga, lega<br />

regionalista, anche se poi<br />

è «monopolizzata»<br />

dalla Lombar<strong>di</strong>a<br />

in seguito alla<br />

centralità<br />

acquisita da<br />

Bossi. La Lega<br />

è il fenomeno<br />

politico che dà<br />

visibilità alla<br />

«rivoluzione»<br />

economica in<br />

atto: la nascita<br />

<strong>di</strong> un ceto me<strong>di</strong>o<br />

privato, <strong>di</strong> piccola<br />

impresa.<br />

Come cambia il contesto<br />

religioso?<br />

Nel quadro fin qui<br />

descritto, si assiste anche<br />

a una secolarizzazione<br />

profonda. La «sacrestia<br />

d’Italia», come veniva<br />

chiamato il Veneto,<br />

smette <strong>di</strong> essere tale<br />

perché c’è una sorta<br />

<strong>di</strong> autonomizzazione<br />

perfino dalla fede. Si<br />

crea così un fenomeno<br />

definito <strong>di</strong> «religione<br />

senza Chiesa»: rimangono<br />

solo alcuni elementi <strong>di</strong><br />

tipo etico (il valore della<br />

tra<strong>di</strong>zione, della famiglia,<br />

della comunità…) che si<br />

trasformano in una sorta <strong>di</strong><br />

morale sociale. Assistiamo<br />

quin<strong>di</strong> all’affermarsi <strong>di</strong><br />

una religione senza Dio,<br />

che trova un’interprete<br />

nella Lega. La Chiesa,<br />

a sua volta, acquista<br />

sempre maggior peso a<br />

livello sociale ma come<br />

organizzazione. Di queste<br />

tendenze la devozione<br />

a sant’Antonio e alle sue<br />

Reliquie è un segno, un<br />

simbolo il cui rilievo va<br />

oltre la fede. Per certi<br />

versi non è un caso che<br />

anche questo passaggio<br />

sia scan<strong>di</strong>to dal furto del<br />

Mento del <strong>Santo</strong>, episo<strong>di</strong>o<br />

che sottolinea il valore<br />

materiale e religioso delle<br />

Reliquie. L’interesse della<br />

mala del Brenta pone<br />

in evidenza il valore <strong>di</strong><br />

mercato che in un certo<br />

senso questo simbolo ha e<br />

non soltanto per chi crede.<br />

Sabina Fadel<br />

*docente <strong>di</strong> Scienza<br />

e comunicazione politica<br />

all’Università <strong>di</strong> Urbino e <strong>di</strong><br />

Politica comparata a Parigi 2<br />

ro del mondo. Gli inquirenti<br />

brancolano nel buio: la Reliquia<br />

non ha un valore monetizzabile<br />

e, soprattutto, non è<br />

ven<strong>di</strong>bile. Chi può avere interesse<br />

a entrarne in possesso?<br />

In quelle fasi concitate si accavallano<br />

ipotesi, le più <strong>di</strong>verse:<br />

dal furto su commissione <strong>di</strong><br />

qualche collezionista a quello<br />

finalizzato a riti esoterici.<br />

«Si scoprì in seguito che lo<br />

scopo del furto sacrilego era<br />

duplice – prosegue il giu<strong>di</strong>ce<br />

Pavone –. Il reato venne<br />

commesso nella prospettiva<br />

<strong>di</strong> poter trattare con le autorità<br />

la liberazione <strong>di</strong> Giuliano<br />

Rampin, cugino <strong>di</strong> Maniero,<br />

all’epoca dei fatti in carcere<br />

per reati <strong>di</strong> droga, e per ottenere<br />

la revoca della sorveglianza<br />

speciale che era stata<br />

applicata a Felice Manie-


o. Entrambe le richieste non<br />

andarono in porto, in quanto<br />

non possono essere consentite<br />

da alcun magistrato trattative<br />

su richieste <strong>di</strong> tal genere».<br />

La rapina in Basilica segna un<br />

cambio <strong>di</strong> rotta nella strategia<br />

criminale della banda Maniero.<br />

Non più rapine in villa,<br />

nei laboratori orafi o ai caveau<br />

<strong>di</strong> gran<strong>di</strong> hotel, come il Des<br />

Bains al Lido <strong>di</strong> Venezia, finalizzate<br />

solo a far sol<strong>di</strong>. La nuova<br />

tipologia <strong>di</strong> reati ha scopo<br />

estorsivo e vuole costringere<br />

le istituzioni a scendere a patti:<br />

io ti restituisco quell’oggetto<br />

dal valore inestimabile in<br />

cambio <strong>di</strong> benefici che possono<br />

essere la liberazione <strong>di</strong><br />

un sodale, uno sconto <strong>di</strong> pena,<br />

la fine <strong>di</strong> misure restrittive.<br />

Maniero anticipa, in ver-<br />

sione provinciale, una modalità<br />

mai sperimentata fino ad<br />

allora dal crimine organizzato.<br />

La stessa, per molti aspetti,<br />

utilizzata nell’attacco sferrato<br />

dalla mafia alle istituzioni<br />

con le stragi del 1993: a Firenze,<br />

in via dei Georgofili,<br />

poco lontano dagli Uffizi, e a<br />

Roma, <strong>di</strong> fronte alla chiesa <strong>di</strong><br />

San Giorgio al Velabro. L’Italia<br />

viene colpita al cuore nei<br />

luoghi simbolo della sua arte<br />

e della sua storia.<br />

La passione<br />

per l’arte<br />

«Per la banda Maniero – sottolinea<br />

la giornalista Monica<br />

Zornetta –, come ebbe a <strong>di</strong>chiarare<br />

lo stesso boss, le rapine,<br />

inclusa quella in Basilica,<br />

sono “l’attività più red<strong>di</strong>-<br />

grand tour collection / corbis<br />

tizia dopo la droga”. Un’attività<br />

proseguita poi, non<br />

a caso, fino alla fine dei<br />

giorni dell’organizzazione».<br />

Monica Zornetta conosce<br />

molto bene la storia<br />

<strong>di</strong> Felice Maniero e della<br />

mafia del Brenta. A<br />

lui e alla sua banda ha<br />

infatti de<strong>di</strong>cato alcuni<br />

volumi che fanno<br />

luce su questa<br />

e altre storie<br />

<strong>di</strong> criminalità e<br />

mafia in Veneto:<br />

da A casa nostra,<br />

scritto con Danilo<br />

Guerretta, fino a<br />

La resa. Ascesa, declino<br />

e «pentimento»<br />

<strong>di</strong> Felice Maniero,<br />

entrambi per Bal<strong>di</strong>ni<br />

Castol<strong>di</strong> Dalai.<br />

Il mito del Nordest<br />

la rapina avviene<br />

in un contesto <strong>di</strong> rapido<br />

sviluppo economico<br />

e crescente ricchezza,<br />

come sottolinea<br />

il professor ilvo<br />

<strong>di</strong>amanti (nella pagina<br />

precedente). in basso,<br />

monica Zornetta,<br />

autrice del libro La resa<br />

in cui si parla anche<br />

dell’atto sacrilego.<br />

M e s s a g g e r o d i s a n t ’an t o n i o<br />

ottobre 2011 | 37


doSSier<br />

società<br />

Ore <strong>di</strong> ansia<br />

Sono quelle precedenti<br />

al ritrovamento,<br />

avvenuto il 20 <strong>di</strong>cembre<br />

1991 come racconta<br />

l’allora rettore padre<br />

olindo Baldassa<br />

(nella foto in basso).<br />

al centro, un’immagine<br />

dell’epoca: il rientro<br />

solenne della reliquia.<br />

a pagina seguente,<br />

la locan<strong>di</strong>na del film<br />

«la lingua del <strong>Santo</strong>»<br />

per la regia del<br />

padovano Carlo<br />

mazzacurati (sotto).<br />

M e s s a g g e r o d i s a n t ’an t o n i o<br />

38 | ottobre 2011<br />

1991 – 2011. rapina del mento<br />

«“Felicetto” apprezza molto<br />

l’arte contemporanea e anche<br />

quella antica. Da sempre le<br />

opere d’arte esercitano su <strong>di</strong><br />

lui un grande fascino, al punto<br />

che si può parlare <strong>di</strong> una<br />

vera e propria “fissazione” –<br />

afferma la giornalista –. Conosce,<br />

più <strong>di</strong> altri, quanto valore<br />

esse abbiano, al <strong>di</strong> là <strong>di</strong><br />

quello puramente monetizzabile.<br />

E sa altrettanto bene la<br />

grande risonanza che il trafugamento,<br />

<strong>di</strong> un Velázquez<br />

o <strong>di</strong> una Reliquia può avere,<br />

ad<strong>di</strong>rittura in tutto il mondo».<br />

Una passione per l’arte<br />

iniziata ancora sui banchi <strong>di</strong><br />

scuola. A Felicetto non piace<br />

stu<strong>di</strong>are. Porta a casa una<br />

sfilza <strong>di</strong> voti bassi in tutte le<br />

materie, tranne in educazione<br />

artistica e musica.<br />

«Uno spirito creativo <strong>di</strong>etro<br />

un’irrequieta incostanza,<br />

che i professori riescono<br />

però a cogliere, tanto che lo<br />

premiano con un 8 e un 7 in<br />

pagella». Tra la fine degli anni<br />

Settanta e la prima metà<br />

degli anni Novanta, Maniero<br />

è al culmine del suo potere<br />

criminale. «Il boss – prosegue<br />

Zornetta – si <strong>di</strong>letta egli<br />

stesso a <strong>di</strong>pingere. Ha un vero<br />

e proprio debole per Salvador<br />

Dalì <strong>di</strong> cui, all’epoca, custo<strong>di</strong>sce<br />

in casa una preziosa<br />

china. E per Mario Schifano<br />

che, intorno al 1992, sarà<br />

ad<strong>di</strong>rittura ospite nella villa<br />

bunker <strong>di</strong> Campolongo Maggiore<br />

(Venezia) per insegnargli<br />

tecniche e trucchi della<br />

sua “pop art”».<br />

Il <strong>Santo</strong><br />

<strong>«ritrova</strong>to»<br />

«Erano da poco passate le nove<br />

<strong>di</strong> mattina del 20 <strong>di</strong>cembre<br />

quando sentii squillare il<br />

telefono». Il racconto vivido<br />

e puntuale è <strong>di</strong> padre Olindo<br />

Baldassa. Oggi vive nel<br />

convento <strong>di</strong> San Francesco a<br />

Brescia: all’epoca era rettore<br />

della Basilica da pochi mesi.<br />

Nell’opuscolo pubblicato per<br />

i cinquant’anni <strong>di</strong> sacerdozio,<br />

il primo dei ricor<strong>di</strong> è proprio<br />

quello. «Ogni volta che alzavamo<br />

la cornetta il desiderio<br />

<strong>di</strong> tutti era <strong>di</strong> ricevere la notizia<br />

tanto attesa del ritrovamento.<br />

Capitò a me. Ricordo<br />

ancora, era venerdì. Ricordo<br />

anche le parole dei carabinieri<br />

<strong>di</strong> Prato della Valle: “Padre,<br />

hanno ritrovato la Reliquia. È<br />

stata recuperata a Roma”».<br />

La prima notizia Ansa sul ritrovamento<br />

viene battuta alle<br />

10.50. I dettagli sono scarni.<br />

«Roma, 20 <strong>di</strong>c. 10.50. La Reliquia<br />

<strong>di</strong> sant’Antonio è stata<br />

ritrovata nei pressi <strong>di</strong> Fiumicino<br />

dai carabinieri per la<br />

tutela del patrimonio artistico<br />

guidati dal colonnello Roberto<br />

Conforti. La Reliquia,<br />

trafugata dalla Basilica della<br />

città veneta, stava per essere<br />

trasferita all’estero».<br />

A mezzogiorno, nella capitale,<br />

i carabinieri in<strong>di</strong>cono una<br />

conferenza stampa per illustrare<br />

i dettagli dell’operazione.<br />

Poi la Reliquia vola <strong>di</strong>rettamente<br />

a Padova scortata<br />

dai militi dell’Arma, in testa<br />

il comandante generale Antonio<br />

Viesti. Sarà egli stesso<br />

a consegnarla ai frati nel corso<br />

della celebrazione solenne<br />

<strong>di</strong> domenica 22 <strong>di</strong>cembre. La<br />

città è in festa per il Mento ritrovato<br />

pochi giorni prima <strong>di</strong><br />

Natale. Le campane risuonano<br />

per l’intera città. Quella<br />

domenica una folla immensa<br />

giunge in Basilica per pregare<br />

davanti al Mento del <strong>Santo</strong>.<br />

Una festa a metà per i carabinieri.<br />

Il pomeriggio del giorno<br />

prima, infatti, il briga<strong>di</strong>ere<br />

Germano Craighero, 30<br />

anni, sposato con due figli,<br />

era morto nelle campagne <strong>di</strong><br />

Piazzola sul Brenta (Padova),<br />

ucciso dal cosiddetto «fuoco<br />

amico».<br />

Ma la Reliquia, nonostante<br />

quello che si era fatto credere<br />

per tutto quel tempo, non era<br />

mai uscita dal Veneto. «Nel


contesto <strong>di</strong> questa attività investigativa,<br />

quando ancora le<br />

indagini erano in alto mare,<br />

si inserirono i carabinieri del<br />

Nucleo tutela patrimonio artistico,<br />

allora comandati dal<br />

colonnello Roberto Conforti<br />

– spiega il giu<strong>di</strong>ce Pavone –.<br />

Tramite Alfredo Vissoli, personaggio<br />

che, all’epoca, aveva<br />

rapporti con Giuliano Ferrato<br />

per ricettazione <strong>di</strong> oggetti<br />

<strong>di</strong> valore rubati, riuscirono<br />

a recuperare la Reliquia, facendo<br />

apparire che la stessa<br />

fosse stata ritrovata nei pressi<br />

dell’aeroporto <strong>di</strong> Fiumicino<br />

in partenza per il Sudamerica.<br />

Al contrario, la Reliquia non<br />

era mai stata portata fuori dal<br />

Veneto in quanto sepolta, subito<br />

dopo il furto, lungo un argine<br />

nella zona del Brenta e<br />

poi fatta trovare in un cassonetto<br />

delle immon<strong>di</strong>zie a Ponte<br />

<strong>di</strong> Brenta, alla periferia nordest<br />

<strong>di</strong> Padova. Per questo falso<br />

ideologico in atto pubblico<br />

furono arrestati sia i marescialli<br />

La Gravinese e Tarantino<br />

sia il colonnello Conforti,<br />

in seguito assolto in giu<strong>di</strong>zio,<br />

mentre i due sottufficiali<br />

furono condannati».<br />

Rose rosse<br />

dal carcere<br />

La rapina del Mento del <strong>Santo</strong><br />

è uno dei tanti crimini che<br />

compaiono negli atti del maxiprocesso<br />

contro la mafia<br />

del Brenta iniziato nel 1994.<br />

Maniero e la sua banda rispondono<br />

<strong>di</strong> reati, commessi<br />

tra il 1984 e il 1994, come associazione<br />

mafiosa e rapine,<br />

detenzione e traffico internazionale<br />

<strong>di</strong> stupefacenti, evasioni<br />

dal carcere, sequestro<br />

<strong>di</strong> persona, presunta corruzione<br />

<strong>di</strong> rappresentanti delle<br />

forze dell’or<strong>di</strong>ne,<br />

rapine e omici<strong>di</strong>.<br />

Tra tutti, il<br />

più sanguinoso<br />

è l’assalto al trenoMilano-Venezia<br />

avvenuto<br />

nel 1990 all’altezza<br />

<strong>di</strong> Vigonza,<br />

nella campagna<br />

padovana,<br />

in cui morì la<br />

studentessa universitaria<br />

<strong>di</strong> Conegliano<br />

Veneto<br />

(Treviso) Cristina<br />

Pavesi.<br />

carlo MaZZacUrati<br />

«la lingua del <strong>Santo</strong>»<br />

nel suo film La Lingua del <strong>Santo</strong>,<br />

presentato nel 2000 alla mostra<br />

del Cinema <strong>di</strong> Venezia, il regista<br />

padovano Carlo mazzacurati narra<br />

le vicende tragicomiche <strong>di</strong> Willy e<br />

antonio, interpretati, rispettivamente,<br />

dagli attori Fabrizio Bentivoglio<br />

e antonio albanese. due ladri<br />

maldestri che rubano, dalla Basilica<br />

<strong>di</strong> padova, la reliquia della lingua<br />

<strong>di</strong> sant’antonio. il problema è come<br />

ottenere un riscatto senza essere<br />

acciuffati.<br />

Msa. lei è stato ispirato dai fatti <strong>di</strong><br />

cronaca oppure la trama nasce da un’idea originale<br />

che aveva già avuto in precedenza?<br />

Mazzacurati. non c’è nessuna analogia tra i personaggi<br />

che io racconto nel film e quelli del fatto <strong>di</strong> cronaca.<br />

Certo, mi ha ispirato l’idea che due persone potessero<br />

impossessarsi <strong>di</strong> una reliquia. il film non ha, comunque,<br />

niente a che vedere con la mala del Brenta.<br />

ciò che accade nel suo film richiama un certo modo <strong>di</strong><br />

vivere all’epoca. È vero che il denaro era tutto? e chi<br />

non ce l’aveva, non era nessuno?<br />

Seppure amplificato dai mass me<strong>di</strong>a, effettivamente era<br />

quello, per certi aspetti, il clima che si respirava allora.<br />

la crisi economica che viviamo adesso non era ancora<br />

iniziata. e c’era la sensazione <strong>di</strong>ffusa che un’area dell’italia,<br />

definita approssimativamente come quella del nordest,<br />

aveva saputo, meglio <strong>di</strong> altre, generare profitto.<br />

il mio film racconta, in modo un po’ paradossale,<br />

questo fenomeno, attraverso le vicende umane <strong>di</strong> due<br />

«poveracci» incapaci <strong>di</strong> adeguarsi al sistema.<br />

la cinematografia recente – lo abbiamo visto anche<br />

all’ultima Mostra del cinema <strong>di</strong> Venezia – sembra<br />

privilegiare i temi dell’immigrazione, delle <strong>di</strong>fficoltà<br />

d’integrazione e del multiculturalismo. Nel frattempo,<br />

negli un<strong>di</strong>ci anni trascorsi dall’uscita de La Lingua<br />

del <strong>Santo</strong>, è cambiato anche il Nordest.<br />

come, secondo lei? in meglio o in peggio?<br />

Sicuramente la situazione è molto più<br />

complessa, anche in relazione al quadro<br />

economico globale che si è riflesso<br />

inevitabilmente sull’italia e, ovviamente,<br />

pure sul nordest. e le conseguenze si<br />

stanno sentendo. Così anche il processo<br />

d’integrazione sta subendo questa crisi.<br />

purtroppo i mass me<strong>di</strong>a vengono usati<br />

come mazze da baseball, a volte per<br />

creare, in modo indotto e artificiale,<br />

delle sensazioni <strong>di</strong> paura e <strong>di</strong> pericolo<br />

sproporzionate.<br />

la politica, purtroppo, è stata spesso<br />

assente <strong>di</strong> fronte a questi fenomeni.<br />

Alessandro Bettero<br />

M e s s a g g e r o d i s a n t ’an t o n i o<br />

ottobre 2011 | 39


doSSier<br />

società<br />

carlo lUcarelli<br />

la banalità malata del male<br />

presentare Carlo lucarelli significa fare i<br />

conti con una tavolozza <strong>di</strong> colori. Si parte dal<br />

giallo, perché lucarelli nasce come scrittore<br />

<strong>di</strong> romanzi e racconti a sfondo poliziesco,<br />

con molte frequentazioni nel più cupo<br />

sottogenere noir. il nero torna anche come<br />

aggettivo della «cronaca nera», <strong>di</strong> cui l’autore<br />

bolognese è uno dei più rigorosi indagatori.<br />

oltre che con la penna, ha <strong>di</strong>mostrato il suo<br />

talento <strong>di</strong> investigatore dei misteri <strong>di</strong> casa<br />

nostra ideando e conducendo per la rai Blu<br />

notte, la trasmissione con la quale è <strong>di</strong>ventato<br />

noto al grande pubblico. Una delle ultime<br />

puntate andate in onda – rive<strong>di</strong>bile su www.<br />

lucarelliracconta.rai.it – è de<strong>di</strong>cata proprio<br />

alla mala del Brenta.<br />

Msa. Nella vicenda della rapina della<br />

reliquia <strong>di</strong> sant’antonio qualche ombra<br />

rimane. lei che idea si è fatto?<br />

lucarelli. l’episo<strong>di</strong>o rientra nel metodo<br />

della criminalità organizzata <strong>di</strong> depredare<br />

il patrimonio dello Stato e della Chiesa in<br />

modo da fare pressioni e ottenere benefici.<br />

tutta la vicenda maniero ha sempre<br />

mantenuto delle ombre che sarebbe stato<br />

meglio <strong>di</strong>leguare fino in fondo per fugare<br />

ogni dubbio.<br />

in questi mesi si fa un gran parlare <strong>di</strong><br />

una possibile trattativa tra stato e mafia<br />

siciliana negli anni ‘90. c’è stata, a suo<br />

parere, una trattativa tra stato e mafia del<br />

Brenta?<br />

<strong>di</strong>fficile a <strong>di</strong>rsi, ma è un’ipotesi possibile.<br />

anche la trattativa tra mafia e Stato: io<br />

credo sia molto possibile, ma attualmente è<br />

un’ipotesi al vaglio degli inquirenti. tra l’altro,<br />

la <strong>di</strong>namica sarebbe la stessa, ovvero un<br />

negoziato provocato da un uso spregiu<strong>di</strong>cato<br />

e quasi terrorista del<br />

patrimonio artistico. Se<br />

la trattativa è plausibile,<br />

forse dobbiamo pensare<br />

che lo fosse anche ai<br />

tempi <strong>di</strong> Felice maniero.<br />

Sono quelle famose<br />

ombre che sarebbe<br />

bene <strong>di</strong>ssipare.<br />

come spiega<br />

il fascino che<br />

Maniero e<br />

figure come lui<br />

esercitano nel<br />

pubblico?<br />

la cronaca<br />

nera, la metà<br />

lapresse<br />

M e s s a g g e r o d i s a n t ’an t o n i o<br />

40 | ottobre 2011<br />

1991 – 2011. rapina del mento<br />

oscura, ha sempre colpito <strong>di</strong> più: il male<br />

incuriosisce perché spaventa, è eccezionale,<br />

in senso negativo chiaramente. altrettanto<br />

eccezionale è la vita <strong>di</strong> un poliziotto, ma da<br />

un punto <strong>di</strong> vista narrativo ti appassiona <strong>di</strong><br />

meno. non ti chie<strong>di</strong> perché un uomo fa il suo<br />

dovere: lo fa perché è giusto così. ti doman<strong>di</strong><br />

piuttosto: perché quell’uomo non è una<br />

brava persona? perché maniero ammazza<br />

la gente e un altro salva i bambini? Che uno<br />

salvi i bambini è fantastico ma «normale»:<br />

è la banalità del bene. invece: possibile che<br />

a qualcuno venga in mente <strong>di</strong> ammazzarli?<br />

Sfruttare questa curiosità per capire significa<br />

stu<strong>di</strong>are il male per riuscire a combatterlo. il<br />

problema è che molte volte la curiosità viene<br />

usata superficialmente sia dai me<strong>di</strong>a che dai<br />

narratori, e allora rimane soltanto il fascino<br />

del male, uno shock emotivo fine a se stesso.<br />

ma quella è un’altra cosa, è pornografia<br />

criminale.<br />

Nella sua trasmissione, dalle interviste ai<br />

compagni <strong>di</strong> Maniero si ricava piuttosto<br />

l’impressione della banalità del male:<br />

gli omici<strong>di</strong> sono raccontati con grigia<br />

piattezza.<br />

È così. la banalità del male è la scoperta che<br />

fai quando cominci a chiederti il perché <strong>di</strong><br />

certe cose. abbiamo lasciato apposta parlare<br />

i sodali <strong>di</strong> maniero in quella maniera così<br />

fredda e agghiacciante. molti spettatori ci<br />

hanno scritto: come si permette quello <strong>di</strong><br />

parlare <strong>di</strong> gente uccisa come se bevesse un<br />

bicchiere d’acqua? Se l’avesse raccontato in<br />

modo più epico, come in un film, sarebbe<br />

stato <strong>di</strong>verso. la realtà è invece molto più<br />

banale, ed è quello che fa paura.<br />

magari si può essere attratti da uno come<br />

maniero. poi lo senti parlare e scopri che<br />

<strong>di</strong>etro il male c’è solo una banalità malata.<br />

allora il male non è più scenografico ma<br />

squallido. altro che fascino. per arrivare<br />

a questa consapevolezza però bisogna<br />

approfon<strong>di</strong>re, non trattare i «cattivi» come<br />

fossero personaggi e basta. Ci vuole una<br />

cautela particolare.<br />

resta la domanda: come ha fatto maniero a<br />

mettere in pie<strong>di</strong> un impero simile tra Venezia,<br />

padova e Ferrara? Vuol <strong>di</strong>re che noi citta<strong>di</strong>ni<br />

non siamo stati così attenti da fermarlo<br />

subito. Quando cominci a chiederti come è<br />

successo sei sulla buona strada. e al <strong>di</strong> là del<br />

fatto che la mafia del Brenta non ci sia più,<br />

bisogna continuare a vigilare.<br />

Alberto Friso<br />

A presiedere quello che viene<br />

definito uno dei processi<br />

più imponenti mai messi<br />

in pie<strong>di</strong> fino ad allora è il<br />

giu<strong>di</strong>ce Graziana Campanato.<br />

Il processo contro la mala<br />

della Riviera del Brenta trova<br />

spazio – è la prima volta che<br />

accade – nell’aula bunker <strong>di</strong><br />

Mestre (Venezia). Ogni giorno<br />

vengono spostate, con rischi<br />

non in<strong>di</strong>fferenti, centinaia<br />

<strong>di</strong> imputati rinchiusi in<br />

vari istituti <strong>di</strong> pena.<br />

Nominata nel luglio 2010 presidente<br />

della Corte d’Appello<br />

<strong>di</strong> Brescia, Graziana Campanato<br />

è stata una delle prime<br />

donne a intraprendere la carriera<br />

in magistratura (fino al<br />

1963 riservata agli uomini).<br />

Tra i processi più importanti,<br />

quello celebrato a Padova<br />

contro Autonomia Operaia e<br />

Toni Negri e quello contro i<br />

venetisti, guidati da Fausto<br />

Faccia, che scalarono il campanile<br />

<strong>di</strong> San Marco a Venezia.<br />

«Nel maxiprocesso – afferma<br />

il giu<strong>di</strong>ce Campanato<br />

– non è stato affrontato l’epi


so<strong>di</strong>o della rapina del Mento.<br />

Dunque, non me ne sono occupata<br />

<strong>di</strong>rettamente, ma ho<br />

letto le carte. La circostanza<br />

venne a galla in seguito, dopo<br />

che Maniero la rivelò nella<br />

sua confessione. Ha usato<br />

una strategia molto pagante,<br />

davvero ingegnosa per costringere<br />

lo Stato a scendere<br />

a patti. Del resto, ricor<strong>di</strong>amo<br />

che aveva in busta paga uomini<br />

delle forze dell’or<strong>di</strong>ne».<br />

la FictioN<br />

Graziana Campanato ha conosciuto<br />

il boss oltre che come<br />

imputato nel «processone»<br />

anche come collaboratore<br />

<strong>di</strong> giustizia. «È un personaggio<br />

del crimine, con il carisma<br />

<strong>di</strong> un leader, con una<br />

straor<strong>di</strong>naria capacità aggregativa,<br />

perfettamente in grado<br />

<strong>di</strong> intrattenere rapporti<br />

con personalità <strong>di</strong> spicco della<br />

criminalità e con la mafia.<br />

Godeva della fama <strong>di</strong> uomo<br />

mamma <strong>di</strong> un criminale per fiction, cantante <strong>di</strong> professione<br />

e attrice per passione. da qualunque lato la si guar<strong>di</strong>, Katia<br />

ricciarelli, con i suoi riccioli bion<strong>di</strong> e gli occhi cobalto che ti<br />

fissano gentili, emana energia e sicurezza. non c’è da stupirsi se<br />

il regista andrea porporati l’ha voluta nel cast della sua ultima<br />

fatica Faccia d’angelo, fiction targata Sky (in uscita a inizio 2012)<br />

sulla vita <strong>di</strong> Felice maniero. e così l’attrice, nata a rovigo<br />

nel 1946, lo scorso febbraio è tornata in Veneto per vestire<br />

i panni <strong>di</strong> lucia Carrain, la madre <strong>di</strong> maniero, interpretato<br />

da elio Germano (nella foto, in una scena del film).<br />

Msa. come si è preparata per entrare nel personaggio?<br />

ricciarelli. non avendo conosciuto la signora Carrain, il lavoro<br />

raffinato, amante delle cose<br />

belle, del lusso e dell’arte, ma<br />

non <strong>di</strong>mentichiamo che è stato<br />

un assassino, e dei più feroci<br />

e spietati. L’unica debolezza<br />

che gli si può attribuire è la<br />

<strong>di</strong>pendenza dalla madre: a lei,<br />

solo per fare un esempio, inviava<br />

ogni anno un mazzo <strong>di</strong><br />

rose rosse dal carcere in occasione<br />

della festa della mamma.<br />

Un altro punto fermo della<br />

sua vita è la famiglia. Nei<br />

Katia ricciarelli, una mamma importante<br />

Tra fiction e realtà<br />

al centro, l’attore elio<br />

Germano che interpreta<br />

maniero nella fiction<br />

a lui de<strong>di</strong>cata, nella<br />

quale Katia ricciarelli<br />

(nel riquadro) ha il ruolo<br />

della madre. pagina<br />

precedente: lo scrittore<br />

Carlo lucarelli.<br />

è stato abbastanza complesso. Ho<br />

cercato <strong>di</strong> ricostruire il personaggio<br />

dagli atti dei tribunali. e poi,<br />

d’accordo col regista, l’ho arricchito<br />

con un pizzico <strong>di</strong> ironia per evitare<br />

che ne uscisse una donna troppo<br />

rigida.<br />

che influenza ha esercitato<br />

mamma lucia nella vita <strong>di</strong> Felice<br />

Maniero?<br />

Una grossa influenza. a quanto mi<br />

risulta, ancora oggi, madre e figlio vivono da qualche parte<br />

del mondo insieme.<br />

lei nasce cantante, ma ormai si è conquistata il titolo<br />

<strong>di</strong> attrice a tutti gli effetti...<br />

È vero, io nasco cantante e quasi mi vergogno a definirmi<br />

attrice. recitare per me non è una professione, ma un grande<br />

piacere. a breve inizierò le riprese <strong>di</strong> una fiction <strong>di</strong>retta da pupi<br />

avati per raiuno. al centro della vicenda, il tema della famiglia.<br />

Qual è il suo rapporto con la fede?<br />

ora sono molto devota, ma il mio avvicinamento alla fede<br />

è stato tar<strong>di</strong>vo. Ho vissuto un’infanzia incentrata sulla lotta<br />

per la sopravvivenza, non c’era tempo per la religione.<br />

che rapporto la lega a Padova e in particolare<br />

a sant’antonio?<br />

Ho cominciato a venire a padova quando avevo se<strong>di</strong>ci anni.<br />

in Basilica del <strong>Santo</strong> sono stata molte volte, ancora oggi<br />

quando mi trovo nei paraggi faccio un salto in giornata.<br />

ma, considerato che il mio lavoro mi costringe a viaggiare<br />

molto, non si tratta mai <strong>di</strong> un appuntamento fisso.<br />

rapine, omici<strong>di</strong> e sequestri ormai sono all’or<strong>di</strong>ne del giorno<br />

in tv e sul grande schermo. Ma così non si corre il rischio<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>seducare le nuove generazioni?<br />

oggi l’offerta sullo schermo è a 360 gra<strong>di</strong>: sta a noi scegliere.<br />

anche se suscita sempre un po’ <strong>di</strong> attrazione, il male non si può<br />

nascondere. Quel che serve è il coraggio <strong>di</strong> valutare e decidere<br />

cosa vale la pena <strong>di</strong> vedere e cosa invece no. Un bambino<br />

non può ancora compiere questa scelta, ma le persone<br />

che gli stanno vicine devono farla per lui.<br />

Luisa Santinello<br />

M e s s a g g e r o d i s a n t ’an t o n i o<br />

ottobre 2011 | 41


doSSier<br />

società<br />

Il p a e s e D e l l’e x b o s s<br />

«Noi siamo altro»<br />

campolongo<br />

Maggiore, il<br />

comune della<br />

campagna veneziana che<br />

ha visto nascere e crescere<br />

il boss e i suoi traffici, a<br />

tanto tempo <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza<br />

fatica a svincolarsi<br />

dall’etichetta «paese<br />

natale <strong>di</strong>». «Noi siamo<br />

altro» <strong>di</strong>cono adesso a<br />

Campolongo Maggiore.<br />

A testa alta, specialmente<br />

i giovani.<br />

Il prima<br />

La leggenda racconta<br />

<strong>di</strong> un ragazzo del<br />

posto, carismatico e <strong>di</strong><br />

bell’aspetto, che girava<br />

sempre elegante a bordo<br />

<strong>di</strong> auto potenti. Che apriva<br />

il cancello della sua villa<br />

– dai millantati bagni<br />

con i rubinetti d’oro – ai<br />

bambini del paese, liberi<br />

<strong>di</strong> sguazzare nell’acqua<br />

della sua piscina.<br />

«Personalmente non ci<br />

sono mai stata. Maniero si<br />

circondava delle persone<br />

che con<strong>di</strong>videvano le sue<br />

avventure. Per gli altri, per<br />

la gente normale, la villa<br />

era off limits, un posto da<br />

non avvicinare».<br />

È Oriana Boldrin,<br />

presidente<br />

M e s s a g g e r o d i s a n t ’an t o n i o<br />

42 | ottobre 2011<br />

1991 – 2011. rapina del mento<br />

dell’associazione culturale<br />

“Mondo <strong>di</strong> carta” e<br />

volontaria che cura la<br />

cultura della legalità per<br />

conto del Comune, a<br />

spiegarci com’è cambiato<br />

il paese. «Della rapina<br />

della Reliquia del <strong>Santo</strong><br />

abbiamo saputo dai<br />

telegiornali. L’avvenimento<br />

ha lasciato sbigottita<br />

l’intera popolazione,<br />

non solo quella che<br />

frequentava la chiesa: ci è<br />

parso incre<strong>di</strong>bile che una<br />

cosa così grave fosse stata<br />

architettata da persone <strong>di</strong><br />

Campolongo. Sapevamo<br />

della malavita in altre parti<br />

d’Italia, non sospettavamo<br />

<strong>di</strong> averla in casa».<br />

Il dopo<br />

Dal 1995 villa Maniero,<br />

unico bene confiscato<br />

al boss della mala del<br />

Brenta, è patrimonio<br />

comune. Prima utilizzata<br />

come centro <strong>di</strong> ritrovo<br />

per anziani, oggi è gestita<br />

dall’associazione «Affari<br />

puliti» e ospita giovani<br />

impren<strong>di</strong>tori che, all’inizio<br />

dell’attività lavorativa,<br />

possono godere <strong>di</strong> affitti<br />

agevolati. Le abitazioni<br />

<strong>di</strong> altri due sodali <strong>di</strong><br />

Maniero sono <strong>di</strong>ventate<br />

rispettivamente centro<br />

sociale per il sostegno a<br />

persone con <strong>di</strong>sagi psichici<br />

e per il ritrovo dei giovani<br />

del paese, e sede <strong>di</strong> alloggi<br />

per famiglie in <strong>di</strong>sagio<br />

economico.<br />

«A Campolongo non si è<br />

soltanto voltato pagina,<br />

ma si è cambiato libro –<br />

sottolinea la professoressa<br />

Boldrin, insegnante in una<br />

scuola superiore –. Dove<br />

la mafia ha attecchito<br />

una volta, trova ra<strong>di</strong>ci<br />

più facili cui aggrapparsi.<br />

Noi non lo vogliamo,<br />

perciò cerchiamo <strong>di</strong> offrire<br />

opportunità ai nostri<br />

ragazzi. “Mondo <strong>di</strong> carta”,<br />

spesso in collaborazione<br />

con “Libera”, organizza<br />

incontri con autori che<br />

si occupano <strong>di</strong> mafia.<br />

All’inizio nessuno voleva<br />

venire a parlare nel nostro<br />

paese. L’apripista e il<br />

garante è stato il giu<strong>di</strong>ce<br />

Francesco Saverio Pavone.<br />

È venuto <strong>di</strong> persona e,<br />

dopo lui, tanti altri: Carla<br />

Del Ponte, per esempio,<br />

e la sorella <strong>di</strong> Giovanni<br />

Falcone». Dallo scorso<br />

febbraio, secondo in Italia,<br />

il Comune ha aperto lo<br />

«Scaffale della legalità»,<br />

con pubblicazioni,<br />

documenti, dvd che<br />

trattano <strong>di</strong> legalità, <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>ritti umani e <strong>di</strong> mafie<br />

nel mondo. E ogni anno, a<br />

giugno, si svolge la «Festa<br />

della legalità», evento<br />

pubblico con i magistrati<br />

che si sono occupati del<br />

fenomeno della mafia<br />

veneta. A loro il compito<br />

<strong>di</strong> premiare i giovani<br />

vincitori del concorso<br />

letterario nazionale<br />

intitolato a Cristina Pavesi.<br />

Cinzia Agostini<br />

confronti dei magistrati ha<br />

sempre tenuto un comportamento<br />

rispettoso: non contestava<br />

mai quanto gli veniva<br />

detto e non si è mai atteggiato<br />

a vittima. Quando era collaboratore<br />

non ebbe privilegi<br />

<strong>di</strong> alcun tipo. In quel periodo<br />

utilizzava i suoi denari,<br />

e non quelli dello Stato. Beni<br />

che ha <strong>di</strong>mostrato <strong>di</strong> saper tenere<br />

ben nascosti. Maniero ha<br />

rivelato tante e indubbie capacità<br />

che – ne sono personalmente<br />

convinta –, se non<br />

fossero state usate nella sua<br />

azienda del crimine, l’avrebbero<br />

fatto <strong>di</strong>ventare un impren<strong>di</strong>tore<br />

<strong>di</strong> successo».


Il <strong>Santo</strong><br />

«restituito»<br />

Oggi Felice Maniero ha chiuso<br />

il suo conto con la giustizia.<br />

Lo Stato gli ha confiscato<br />

un unico bene, la villa bunker<br />

<strong>di</strong> Campolongo Maggiore.<br />

Dal 23 agosto dello scorso anno,<br />

dopo la scadenza dell’ultima<br />

misura restrittiva a suo<br />

carico, è un uomo libero. Vive<br />

in una località segreta, con<br />

una nuova identità. Fa l’impren<strong>di</strong>tore,<br />

proprio la professione<br />

che il giu<strong>di</strong>ce Campanato<br />

vedeva adatta a lui. Ma la<br />

sua attività non è più una hol<strong>di</strong>ng<br />

del crimine. Sono molte<br />

le cose che non rifarebbe, come<br />

<strong>di</strong>chiara. Una su tutte, <strong>di</strong>ventare<br />

un boss. Maniero ha<br />

deciso <strong>di</strong> parlare, oggi,<br />

a vent’anni <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza.<br />

Possiamo credere<br />

o meno sia a lui<br />

sia al suo racconto<br />

su quell’episo<strong>di</strong>o.<br />

Il «perché» lo<br />

abbia fatto, accettandol’intervista<br />

del «<strong>Messaggero</strong>»,<br />

lo <strong>di</strong>ce lui stesso:<br />

«Per poter<br />

riparare, anche<br />

solo per<br />

la miliardesima<br />

parte,<br />

al <strong>di</strong>spiacere che ho provocato<br />

ai fedeli». Un tassello necessario,<br />

anche il suo, per ricomporre<br />

nel modo più completo,<br />

vent’anni dopo,<br />

quel fatto e una pagina<br />

<strong>di</strong> storia mai <strong>di</strong>menticata.<br />

Un <strong>Santo</strong> <strong>«ritrova</strong>to»,<br />

allora, dopo la<br />

rapina del Mento.<br />

Un <strong>Santo</strong> «restituito»,<br />

oggi – ci auguriamo<br />

– ai suoi fedeli<br />

grazie anche<br />

a questo<br />

contributo<br />

<strong>di</strong> verità.<br />

Una devozione<br />

che continua<br />

la Cappella del tesoro<br />

dov’è custo<strong>di</strong>to<br />

il mento. a lato,<br />

il giu<strong>di</strong>ce Graziana<br />

Campanato, presidente<br />

del maxiprocesso<br />

contro la banda<br />

maniero. nella pagina<br />

accanto, la villa bunker<br />

<strong>di</strong> Campolongo<br />

maggiore (Venezia),<br />

unico bene confiscato<br />

all’ex boss maniero.<br />

M e s s a g g e r o d i s a n t ’an t o n i o<br />

ottobre 2011 | 43


doSSier<br />

società<br />

feLice maniero<br />

«Un boss<br />

non è un eroe»<br />

a cura <strong>di</strong> Nicoletta Masetto<br />

L’ex capo<br />

della «mala<br />

del Brenta»<br />

parla, per la<br />

prima volta,<br />

della rapina del<br />

mento, rivelando<br />

particolari<br />

ine<strong>di</strong>ti.<br />

e <strong>di</strong>ce: «non<br />

rifarei il boss».<br />

mimmo carriero / olycom<br />

M e s s a g g e r o d i s a n t ’an t o n i o<br />

44 | ottobre 2011<br />

1991 – 2011. rapina del mento<br />

È<br />

uno dei protagonisti<br />

<strong>di</strong> questa storia. Anzi,<br />

in qualità <strong>di</strong> mandante<br />

e regista, ne è, per certi versi,<br />

il protagonista assoluto.<br />

Felice Maniero parla della rapina<br />

del Mento del <strong>Santo</strong>. È<br />

la prima volta che racconta la<br />

sua verità, a vent’anni <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza,<br />

su quell’episo<strong>di</strong>o. In<br />

precedenza lo ha fatto solo davanti<br />

ai giu<strong>di</strong>ci, nel corso degli<br />

interrogatori resi durante<br />

la «collaborazione» iniziata<br />

nel 1994. Tra l’altro, per confermare<br />

quanto già svelato dai<br />

sodali che l’avevano eseguita.<br />

Maniero oggi ha la stessa<br />

«faccia d’angelo» <strong>di</strong> allora, gli<br />

stessi occhi vivaci e intelligenti<br />

<strong>di</strong> quand’era un criminale<br />

spietato che seminava<br />

il terrore in tutto il Nordest.<br />

Lo stesso volto, ma un’altra<br />

identità e una nuova vita.<br />

L’ex «boss» vive in una località<br />

segreta. Fa l’impren<strong>di</strong>tore,<br />

ha un’azienda con una<br />

quin<strong>di</strong>cina <strong>di</strong> <strong>di</strong>pendenti. Le<br />

sue priorità sono la famiglia<br />

e il lavoro. C’è chi continua a<br />

non credere nel suo ravve<strong>di</strong>mento.<br />

In ogni caso ci è sembrato<br />

giusto dar voce anche<br />

alla sua versione dei fatti.<br />

msa. Sono trascorsi vent’anni<br />

dalla rapina del mento.<br />

Perché ha deciso <strong>di</strong> parlare<br />

per la prima volta pubblicamente<br />

<strong>di</strong> quel fatto?<br />

maniero. La ragione principale<br />

è quella <strong>di</strong> poter riparare,<br />

anche solo per la miliardesima<br />

parte, al <strong>di</strong>spiace-<br />

re che ho provocato ai fedeli.<br />

Poi per il giornale su cui<br />

uscirà l’intervista.<br />

Di chi fu l’idea del furto? e<br />

perché rubare proprio la reliquia<br />

<strong>di</strong> sant’antonio?<br />

In quel momento avevo un<br />

grave problema da risolvere:<br />

mio cugino Giuliano era stato<br />

appena arrestato, rischiava<br />

almeno <strong>di</strong>eci anni <strong>di</strong> carcere<br />

e io non potevo sopportare<br />

una simile eventualità.<br />

Dovevo farlo uscire <strong>di</strong> lì, in<br />

qualsiasi modo. Avevo pensato<br />

<strong>di</strong> tutto: <strong>di</strong> farlo evadere, <strong>di</strong><br />

andare a liberarlo, <strong>di</strong> rubare<br />

qualcosa <strong>di</strong> eclatante per poi<br />

effettuare lo scambio, <strong>di</strong> corrompere<br />

qualche magistrato.<br />

Dovevo decidere in fretta. Mi<br />

sentivo responsabile e questa,<br />

per me, era una situazione<br />

quasi soffocante. Un giorno,<br />

mentre chiacchieravo con<br />

Giuseppe Pastore (un fedelissimo<br />

<strong>di</strong> Maniero, ndr), lui mi<br />

<strong>di</strong>sse «Feli, il <strong>Santo</strong> a Padova!».<br />

Mi brillarono subito gli<br />

occhi. Era una delle rarissime<br />

opere d’arte, venerata dal<br />

mondo intero, con cui avrei<br />

potuto chiedere lo scambio.<br />

Senza indugi chiamai un altro<br />

mio cugino, Giulio, e altri<br />

del gruppo: Andrea Batacchi,<br />

Stefano Galletto e Andrea<br />

Zammattio.<br />

In pochi giorni organizzai la<br />

rapina che venne messa a segno.<br />

Ottenni quello che mi<br />

ero prefissato. Dopo la consegna<br />

della Reliquia, Giuliano<br />

venne scarcerato.<br />

in ballo, nella trattativa, c’era<br />

però un’altra questione per<br />

lei importante: la sorveglianza<br />

speciale.<br />

All’epoca ero sottoposto alla<br />

misura <strong>di</strong> prevenzione. Nella<br />

trattativa, oltre alla liberazione<br />

<strong>di</strong> mio cugino, inserii la<br />

revoca <strong>di</strong> quel provve<strong>di</strong>mento.<br />

Ma a me, in via prioritaria,<br />

interessava far scarcerare<br />

Giuliano. Come «anticipo»<br />

dello scambio mi venne data<br />

la possibilità <strong>di</strong> uscire da<br />

Campolongo Maggiore per<br />

motivi <strong>di</strong> lavoro. In seguito<br />

avrebbero dovuto revocarmi<br />

il provve<strong>di</strong>mento, che sarebbe<br />

scaduto entro pochi mesi.<br />

Questa promessa non venne<br />

mantenuta. Era preve<strong>di</strong>bile,<br />

avevano già la Reliquia.<br />

Di quanto accaduto quel 10<br />

ottobre 1991 si sa più o me-


no tutto. c’è ancora qualcosa<br />

che non è stato detto?<br />

Un particolare, se non ricordo<br />

male, ine<strong>di</strong>to, è che io avevo<br />

or<strong>di</strong>nato <strong>di</strong> prendere la Lingua<br />

<strong>di</strong> sant’Antonio, molto più<br />

«sostanziale» per lo scambio.<br />

Invece, quegli zucconi mi arrivarono<br />

con il Mento. A loro<br />

non <strong>di</strong>ssi nulla. Dentro <strong>di</strong><br />

me, però, feci questo pensiero:<br />

per prendere la Reliquia sbagliata,<br />

<strong>di</strong> sicuro devono aver<br />

ritenuto, come tutti noi, che<br />

la lingua fosse dentro la bocca.<br />

Negli intenti, e poi nei fatti,<br />

quell’azione ebbe il risalto<br />

e l’eco voluti.<br />

Lei conosceva il <strong>Santo</strong> prima<br />

<strong>di</strong> allora? c’era, per caso,<br />

qualche altro elemento,<br />

ad esempio devozionale, che<br />

legava lei o la sua famiglia a<br />

sant’antonio?<br />

Tutti i miei familiari, parenti<br />

compresi, sono cattolici praticanti,<br />

ma nessun collegamento.<br />

Sono un appassionato<br />

d’arte. Avevo già visitato la<br />

Basilica almeno tre, quattro<br />

volte. Non con cattive intenzioni,<br />

sia chiaro, ma solo per<br />

godermi le sue bellezze architettoniche<br />

e artistiche. Quando<br />

Pastore pronunciò la fati<strong>di</strong>ca<br />

frase, la mia mente aveva<br />

già elaborato tutto, conclusione<br />

compresa.<br />

nemmeno un attimo <strong>di</strong> titubanza,<br />

allora, per il <strong>Santo</strong><br />

più venerato nel mondo?<br />

No, nessuna. Allora ero un<br />

non credente in assoluto. Per<br />

quanto riguarda, poi, il rispetto<br />

per il <strong>Santo</strong> e i credenti,<br />

quando si è dall’altra parte<br />

la parola «rispetto» è sconosciuta.<br />

nelle ricostruzioni si racconta<br />

che la reliquia è stata riposta<br />

in un sacco e nascosta<br />

sotto terra. Vi è rimasta tutto<br />

il tempo?<br />

Appena rubata, la Reliquia<br />

venne portata in uno dei nostri<br />

covi. Nel frattempo si vociferava<br />

del suo valore. Mi<br />

giungevano voci del tipo: «Il<br />

reliquiario è tutto incastonato<br />

<strong>di</strong> pietre preziose, chissà<br />

quanto varrà». Allora chiamai<br />

mio cugino Giulio e andammo<br />

a prenderla per metterla<br />

subito al sicuro. La impacchettammo<br />

perfettamente, al<br />

riparo da qualsiasi infiltrazione<br />

d’umi<strong>di</strong>tà e la seppellimmo<br />

lungo l’argine del Brenta.<br />

Dove peraltro rimase tutto il<br />

tempo, fino al momento della<br />

riconsegna. Un fatto è certo:<br />

nel caso non avessi ottenu-<br />

archivio / ansa<br />

Gli ine<strong>di</strong>ti<br />

il primo. «avevo<br />

bisogno <strong>di</strong> un gesto<br />

eclatante per trattare<br />

con lo Stato, ma l’idea<br />

del <strong>Santo</strong> non fu mia».<br />

il secondo. «in verità,<br />

or<strong>di</strong>nai <strong>di</strong> rubare la<br />

lingua, mi arrivarono<br />

col mento».<br />

nelle foto: maniero,<br />

il giorno dell’ultimo<br />

arresto, il 12 novembre<br />

1994, a torino;<br />

accanto, con la figlia<br />

elena, morta nel 2006.<br />

M e s s a g g e r o d i s a n t ’an t o n i o<br />

ottobre 2011 | 45


doSSier<br />

società<br />

Non esistono<br />

guadagni facili<br />

«Comandavo trecento<br />

persone – asserisce<br />

l’ex boss –. l’unica<br />

persona che ha<br />

guadagnato sol<strong>di</strong>,<br />

alla fine, sono stato io.<br />

Ho pagato il mio conto<br />

con la giustizia.<br />

ognuno è libero <strong>di</strong><br />

credermi oppure no».<br />

M e s s a g g e r o d i s a n t ’an t o n i o<br />

46 | ottobre 2011<br />

1991 – 2011. rapina del mento<br />

to quello che chiedevo, la Reliquia<br />

sarebbe stata riconsegnata<br />

ai frati. Non l’avrei mai<br />

venduta per portarmi a casa<br />

un bel po’ <strong>di</strong> sol<strong>di</strong>. Non era<br />

quello il mio obiettivo.<br />

con questo crimine lei aveva<br />

anticipato una strategia<br />

che, pur <strong>di</strong>versa nelle modalità<br />

(le stragi mafiose del<br />

1993 a firenze e a roma contro<br />

luoghi simbolo delle istituzioni<br />

e della cultura), innescava<br />

ugualmente un braccio<br />

<strong>di</strong> ferro con lo Stato, costretto<br />

a trattare, a scendere<br />

a patti con la criminalità. a<br />

posteriori è convinto che fosse<br />

l’unica strategia perseguibile?<br />

Per quanto riguardava me, ricattare<br />

lo Stato e ottenere ciò<br />

che chiedevo era a <strong>di</strong>r poco<br />

eccitante. In ogni caso, ero<br />

lontano anni luce, anche solo<br />

nell’intenzione, dal fare del<br />

male a chicchessia. Sì, in quel<br />

momento era l’unica soluzione<br />

per ottenere favori concreti.<br />

Diventando confidente<br />

(Maniero è stato, e tale vuole<br />

essere definito, un «collaboratore<br />

<strong>di</strong> giustizia», ndr), pe-<br />

raltro cosa impensabile per<br />

me, avrei potuto certamente<br />

ottenere favori, ma davvero<br />

non credo che avrebbero<br />

concesso la scarcerazione<br />

<strong>di</strong> una persona che rischiava<br />

non uno, bensì <strong>di</strong>eci anni <strong>di</strong><br />

detenzione.<br />

Si <strong>di</strong>ce che lei, non altrettanto<br />

quelli della banda, non si<br />

sarebbe comunque mai sbarazzato<br />

della reliquia.<br />

Certo, è la verità. Alcuni giorni<br />

dopo il furto della Reliquia<br />

vennero a casa mia un primario<br />

dell’ospedale <strong>di</strong> Padova, a<br />

cui mi legava un rapporto <strong>di</strong><br />

amicizia, e il fratello <strong>di</strong> un avvocato,<br />

con cui avevo avuto<br />

rapporti esclusivamente professionali.<br />

Non ho mai fatto i<br />

loro nomi e mai li farò perché<br />

il loro interesse era unicamente<br />

quello <strong>di</strong> salvaguardare<br />

la Reliquia e farla tornare al<br />

suo posto. Entrambi erano in<br />

stretto contatto con i frati della<br />

Basilica, ovviamente preoccupatissimi.<br />

Mi hanno chiesto<br />

<strong>di</strong> fare tutto ciò che era<br />

possibile per salvaguardarla.<br />

Li ho tranquillizzati <strong>di</strong>cendo<br />

che era tutto sotto controllo.<br />

Il mento del <strong>Santo</strong> si trovava<br />

al sicuro sotto l’argine del<br />

Brenta. Seppero il giorno dopo<br />

che l’avevo consegnato alle<br />

forze dell’or<strong>di</strong>ne. Il resto, credo<br />

sia noto a tutti.<br />

Quando venne restituita, la<br />

reliquia non aveva, nel piccolo<br />

basamento, uno dei<br />

quattro leoncini che fu poi<br />

ricostruito. che fine fece?<br />

Sicuramente non fu rubato<br />

da uno dei miei uomini,<br />

che casomai avrebbero preso<br />

una delle bellissime pietre<br />

incastonate. È probabile che<br />

possano averlo perso durante<br />

il furto. Oltre questa ipotesi,<br />

non sarebbe leale fare altre<br />

supposizioni.<br />

chi seguì le fasi successive<br />

alla rapina fino al <strong>«ritrova</strong>mento»?<br />

In assoluto, io. Direttamente<br />

e in ogni sequenza.<br />

Lei è credente?<br />

Purtroppo no. Anche se, per<br />

la verità, ultimamente mi capita<br />

<strong>di</strong> «traballare» un po’.<br />

Frequento con tantissima<br />

gioia un convento <strong>di</strong> frati ad<br />

Assisi. Quando sono lì, e ammiro<br />

il paesaggio e l’architettura,<br />

mi sembra <strong>di</strong> stare in un<br />

altro mondo. Appena entro in<br />

convento, riesco a rilassarmi<br />

come non mai. I frati hanno<br />

uno sguardo sereno, sembra<br />

sorridano anche quando<br />

non lo fanno. Ho la fortuna<br />

<strong>di</strong> fare con loro lunghissime<br />

chiacchierate, <strong>di</strong> una piacevolezza<br />

unica. Sono incuriosito,<br />

oltre i limiti, soprattutto dai<br />

racconti dei frati più anziani,<br />

dalla vita trascorsa assieme ai<br />

lebbrosi o in villaggi sperduti<br />

dell’Amazzonia. Nelle loro<br />

parole colgo la grande nostalgia<br />

per luoghi in cui, lo si percepisce<br />

subito, hanno vissuto<br />

il periodo più felice della loro<br />

vita. Nonostante sappiano<br />

chi sono e che non sono credente,<br />

avverto che, per loro,<br />

non vi è alcuna <strong>di</strong>fferenza. Lì,<br />

lo confesso, mi sento l’ultimo<br />

dell’universo.<br />

Ha paura <strong>di</strong> qualcosa?<br />

Se intende paura dovuta alla<br />

mia vita passata no, mai avuta,<br />

probabilmente per incoscienza.<br />

c’è qualcosa che non rifarebbe?<br />

Se ha pazienza potremmo<br />

parlare per giorni delle cose<br />

che non rifarei. Ma, più <strong>di</strong><br />

ogni altra cosa, cancellerei<br />

il momento in cui ho voluto<br />

<strong>di</strong>ventare un boss. E lo <strong>di</strong>co<br />

soprattutto per i giovani del<br />

Sud che mi leggeranno: ragazzi,<br />

non credete ai miti costruiti<br />

dalle cronache nere o<br />

celebrati nei vostri quartieri.<br />

Non esiste per niente il tanto<br />

decantato «co<strong>di</strong>ce d’onore»<br />

che vogliono inculcarvi.<br />

È solo un imbroglio per farvi<br />

cadere in una trappola da cui<br />

non uscirete più. Finirete per<br />

essere solo dei burattini nelle<br />

mani dei boss, utilizzati unicamente<br />

per i loro personali


tornaconti. E in più, statene<br />

certi, non <strong>di</strong>venterete mai e<br />

poi mai ricchi! Il 95 per cento<br />

dei detenuti in Italia, oltre<br />

a non potersi acquistare nemmeno<br />

un dentifricio, ha gettato<br />

le proprie mogli e i propri<br />

figli nella <strong>di</strong>sperazione<br />

più totale. E anche voi giovanissimi,<br />

che non avete ancora<br />

famiglia, sarete destinati a<br />

<strong>di</strong>struggervi la vita e a <strong>di</strong>ventare<br />

causa <strong>di</strong> dolore infinito.<br />

Pensate sempre a chi vi ama:<br />

che ne sarà <strong>di</strong> loro? Questa è<br />

la cruda realtà.<br />

Ritornando al tanto decantato<br />

«co<strong>di</strong>ce d’onore», sappiate<br />

che un giorno, molto probabilmente,<br />

uno del clan, che<br />

magari riterrete vostro grande<br />

amico, con una scusa qualsiasi<br />

vi accompagnerà in una<br />

trappola dove verrete uccisi a<br />

tra<strong>di</strong>mento, se non torturati<br />

prima. E sapete per cosa?<br />

Solo per intrighi tra boss, per<br />

denaro, ad<strong>di</strong>rittura per antipatia<br />

o per altri futili motivi.<br />

E non perché avete <strong>di</strong>sobbe<strong>di</strong>to,<br />

non avete rispettato<br />

le regole o tra<strong>di</strong>to. Chi, invece,<br />

lo fa, rarissimamente viene<br />

eliminato, <strong>di</strong>venta infame<br />

ed escluso dal clan. Altro che<br />

onore, giuramenti, fratellanze!<br />

Sono dei vigliacchi, il più<br />

delle volte spietati solo con<br />

chi ha giurato loro fedeltà.<br />

Sapete qual è una delle frasi<br />

più ricorrenti: «Qui lo Stato<br />

ci ha abbandonati, se non ci<br />

fossimo noi la gente morirebbe<br />

<strong>di</strong> fame, quelli al governo<br />

sono i veri delinquenti, basta<br />

leggere i giornali». È una<br />

logica infame. Giocano sulla<br />

pelle della povera gente in<br />

gravi <strong>di</strong>fficoltà, per autocertificarsi,<br />

poi, come salvatori<br />

della patria. Loro che compiono<br />

stragi! Loro che eseguono<br />

e fanno eseguire feroci<br />

uccisioni! Loro che inondano<br />

il pianeta <strong>di</strong> droghe! Ragazzi,<br />

non cadete nella trappola.<br />

Non esistono guadagni facili,<br />

men che meno in quel mondo<br />

vile, colmo <strong>di</strong> violenza e<br />

<strong>di</strong> tra<strong>di</strong>menti.<br />

Comandavo circa trecento<br />

persone. Posso assicurarvi<br />

che l’unico che ha veramente<br />

guadagnato sol<strong>di</strong> sono stato<br />

io. Tutti gli altri, compresi<br />

«bracci destri e sinistri», dopo<br />

aver patito <strong>di</strong>eci, quin<strong>di</strong>ci<br />

anni <strong>di</strong> galera, oggi sono sen-<br />

za una lira, vecchi, <strong>di</strong>strutti e<br />

<strong>di</strong>sperati.<br />

Parole forti le sue. ma si rende<br />

conto che qualcuno potrebbe<br />

non credere a una persona<br />

che, tra i reati contestati,<br />

ha avuto proprio quello <strong>di</strong><br />

omici<strong>di</strong>o e traffico <strong>di</strong> droga?<br />

Certo, ci mancherebbe! Me<br />

ne rendo conto. Su quanto accaduto<br />

ho reso delle confessioni<br />

alla magistratura e non<br />

esistono più dubbi a riguardo<br />

da parte <strong>di</strong> nessun inquirente.<br />

Con l’aggiunta, poi, <strong>di</strong> innumerevoli<br />

riscontri oggettivi<br />

e conseguenti condanne,<br />

ormai passate al vaglio della<br />

Corte Suprema. Credo che<br />

questo basti a togliere eventuali<br />

dubbi a qualsiasi persona<br />

ragionevole. In ogni caso,<br />

su quanto affermo ognuno è<br />

libero <strong>di</strong> pensarla come vuole,<br />

<strong>di</strong> credermi oppure no.<br />

oggi che persona è felice<br />

maniero?<br />

Nulla <strong>di</strong> speciale. Normalmente<br />

sono a casa prima delle<br />

nove <strong>di</strong> sera. Lavoro davvero<br />

moltissimo e mi piace. È<br />

una nuova sfida, anche personale,<br />

alla quale non mi sottraggo.<br />

n<br />

olycom<br />

M e s s a g g e r o d i s a n t ’an t o n i o<br />

ottobre 2011 | 47

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