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9. corporate governance ii. l'acquisizione ostile e la struttura ...

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<strong>9.</strong> CORPORATE GOVERNANCE II.<br />

L’ACQUISIZIONE OSTILE E LA STRUTTURA<br />

FINANZIARIA DELL’IMPRESA<br />

1. L’IMPRENDITORE E L’ACQUISIZIONE OSTILE<br />

Una società per azioni non è di per sé né concentrata né dispersa<br />

nel<strong>la</strong> <strong>struttura</strong> delle partecipazioni. Il grado di concentrazione o<br />

dispersione varia nel tempo. In un dato momento le partecipazioni<br />

possono presentarsi disperse e il management avere un grande<br />

potere discrezionale, ma il capitale finanziario può concentrarsi in<br />

modo improvviso e inaspettato. Può emergere un interesse<br />

dominante per sostituire il top management licenziando quello<br />

esistente.<br />

Come nel modello di Shapiro e Stiglitz (1984), visto nel Capitolo<br />

6, <strong>la</strong> penalità insita nel licenziamento dipende dalle condizioni del<br />

mercato del <strong>la</strong>voro. Se tutti i manager fossero uguali, <strong>la</strong> penalità<br />

potrebbe essere un periodo di disoccupazione (gli stipendi dei top<br />

manager sono sopra i livelli di equilibrio). Quando le qualità e<br />

competenze dei manager differiscono, <strong>la</strong> penalità potrebbe<br />

derivare da un riduzione del compenso, come suggerito da Fama.<br />

Questo accadrà perché i manager, temendo le acquisizioni,<br />

avranno un incentivo a non assumere manager con una carriera<br />

men che bril<strong>la</strong>nte.<br />

Fama (1980), comunque, rifiuta il ruolo del<strong>la</strong> acquisizione o<br />

dell’imprenditore quali ingredienti necessari nel<strong>la</strong> spiegazione del<br />

funzionamento del mercato del <strong>la</strong>voro. La descrizione di Manne<br />

(1965) del<strong>la</strong> disciplina del management quale compito<br />

dell’imprenditore viene criticata (p.295) e l’acquisizione è<br />

considerata una disciplina di “ultima istanza”. Fama preferisce<br />

invece basarsi sul mercato degli amministratori esterni, che sono a<br />

1


loro volta disciplinati dal mercato per i loro servizi, che li prezza<br />

in base alle loro performance come arbitri”.<br />

L’intero argomento di Fama ricorda il dibattito sull’accettabilità<br />

del<strong>la</strong> carta moneta. Una volta stabilita <strong>la</strong> psicologia<br />

dell’accettazione nessuno si preoccupa di convertire in oro o in<br />

altre commodities le banconote. Tuttavia il potenziale per <strong>la</strong><br />

convertibilità è importante nel mantenere <strong>la</strong> fiducia in quelle<br />

circostanze nelle quali <strong>la</strong> coercizione non può essere usata per far<br />

accettare <strong>la</strong> valuta. In modo simile, <strong>la</strong> sopravvivenza di una società<br />

per azioni a capitale diffuso dipende al<strong>la</strong> fine dal riconoscimento<br />

che esso può essere convertito in qualcos’altro. Gli agenti di tale<br />

trasformazione sono gli imprenditori di Kirzner.<br />

Dove l’operato del management di una società a capitale diffuso<br />

viene giudicato inefficiente da imprenditori esterni, i vantaggi<br />

nello stabilire un interesse di controllo sono evidenti. I guadagni<br />

da un più stretto controllo possono compensare gli svantaggi di<br />

una minore dispersione dei rischi e, se questo è il caso, i<br />

compensi imprenditoriali sono disponibili. Per appropriarsene,<br />

tuttavia, l’imprenditore deve avere accesso a informazioni non<br />

disponibili ad altri. Come visto nel Capitolo 3, l’imprenditore<br />

guadagnerà se il suo giudizio è diverso dagli altri e risulta corretto.<br />

Comunque, se l’informazione è pubblicamente disponibile e i<br />

mercati dei capitali usano efficientemente tale informazione per<br />

valutare le attività quali le partecipazioni azionarie, il ruolo del<strong>la</strong><br />

azione imprenditoriale è molto più limitato. La difficoltà è ancora<br />

una volta il problema del free-rider.<br />

2. LE ACQUISIZIONI OSTILI E IL PROBLEMA DEL<br />

FREE-RIDER<br />

Come puntualizzano Grossman e Hart (1980), se <strong>la</strong> trappo<strong>la</strong> del<br />

bene pubblico e il problema del free-rider impediscono il<br />

2


monitoraggio interno da parte degli azionisti esistenti, sembra<br />

poco ragionevole assumere che lo steso problema non sia di<br />

ostacolo anche agli outsider. In partico<strong>la</strong>re, ogni offerta da parte di<br />

un outsider per le azioni esistenti non avrà successo perché non vi<br />

sarà alcun singolo azionista interessato e disposto ad accettare il<br />

prezzo offerto dallo sca<strong>la</strong>tore. Tale sca<strong>la</strong>tore al<strong>la</strong> Kirzner spera di<br />

guadagnare dall’apprezzamento delle azioni che acquista, ma ogni<br />

profitto che realizza “rappresenta un profitto che gli attuali<br />

azionisti avrebbero conseguito se non avessero ceduto le loro<br />

azioni” (p.43).<br />

Un piccolo azionista penserà che il fatto di accettare o meno<br />

l’offerta non influenzerà <strong>la</strong> probabilità di riuscita del<strong>la</strong> sca<strong>la</strong>ta, e<br />

rifiuterà nel<strong>la</strong> speranza di realizzare un capital gain. Il problema è<br />

simile a quello incontrato nel Capitolo 4 dall’imprenditore che<br />

tenta di acquistare diritti comuni sul<strong>la</strong> pesca nel <strong>la</strong>go dell’iso<strong>la</strong>. Un<br />

possessore esistente di tali diritti potrebbe richiedere un prezzo<br />

che rende l’intero business non profittevole.<br />

Differenze nell’informazione e nelle aspettative fra sca<strong>la</strong>tore e<br />

azionisti possono consentire all’imprenditore di realizzare profitti<br />

cosicché le acquisizioni abbiano luogo. Comunque, se <strong>la</strong> minaccia<br />

dell’acquisizione è esercitare un effetto disciplinante sui manager,<br />

potremmo sostenere che sforzi per evitare il problema del freerider<br />

saranno posti in essere per incoraggiare l’iniziativa<br />

imprenditoriale. Per risolvere il problema del free-rider è<br />

necessario escludere color che non pagano.<br />

Come si può raggiungere tale obiettivo? Grossman e Hart<br />

suggeriscono che gli azionisti di minoranza (cioè quelli che non<br />

cedono le loro azioni all’acquirente e mantengono ancora delle<br />

partecipazioni dopo <strong>la</strong> sca<strong>la</strong>ta) potrebbero esser esclusi dai<br />

benefici apportati dall’acquirente. Una vota che questi detiene il<br />

51% delle azioni, le attività o l’output del<strong>la</strong> società potrebbero<br />

3


essere venduti ad un’altra società posseduta dall’acquirente ad un<br />

prezzo svantaggioso per gli interessi di minoranza. Uno statuto<br />

che permettesse ad uno sca<strong>la</strong>tore di comportarsi in questo modo<br />

rappresenterebbe una “volontaria diluizione dei diritti di proprietà<br />

(degli azionisti) (p.43) che sarebbe tuttavia essenziale per far<br />

rendere efficace il meccanismo dell’offerta di acquisizione”<br />

(p.46).<br />

Gli azionisti sono di fronte a un trade-off. Maggiore è <strong>la</strong> diluizione<br />

premessa, più strettamente i manager sono vinco<strong>la</strong>ti dal<strong>la</strong><br />

minaccia di acquisizione, ma le prospettive di un guadagno<br />

monetario dal<strong>la</strong> sca<strong>la</strong>ta si riducono. L’atteggiamento del<strong>la</strong><br />

legis<strong>la</strong>zione verso i comportamenti del<strong>la</strong> nuova maggioranza di<br />

azionisti successivamente al<strong>la</strong> sca<strong>la</strong>ta, insieme con gli statuti delle<br />

imprese, giocheranno dunque un ruolo importante nel determinare<br />

i costi dell’acquisizione. I manager di una società a capitale<br />

diffuso, se desiderano evitare di dover tornare sul mercato del<br />

<strong>la</strong>voro, debbono impegnarsi per non <strong>la</strong>sciare possibilità di puro<br />

profitto allo sca<strong>la</strong>tore, una volta detratti i costi del<strong>la</strong> operazione<br />

stessa.<br />

3. GLI AZIONISTI DI MINORANZA E LE<br />

ACQUISIZIONI OSTILI<br />

L’articolo di Grossman e Hart identifica chiaramente un<br />

importante problema, ma quale descrizione del mercato del<br />

controllo societario sembra voler provare troppo. Le acquisizioni<br />

si verificano in misura rilevante e in effetti gli anni ’80 hanno<br />

visto un’improvvisa crescita delle ri<strong>struttura</strong>zioni societarie che, se<br />

le condizioni riflettessero quelle assunte da Grossman e Hart,<br />

difficilmente si sarebbero verificate. Come nelle sezioni 4 e 5 del<br />

Capitolo 8, l’influenza degli azionisti con un interesse di<br />

minoranza può risultare decisiva in determinate circostanze.<br />

4


Shleifer eVishny(1986) presentano un modello di takeovers nel<br />

quale chi fa l’offerta accumu<strong>la</strong> una proporzione (diciamo circa il 5<br />

o 10%) delle azioni dell’impresa prima di annunciare l’offerta. Si<br />

assume che gli azionisti (ognuno dei quali, ad eccezione<br />

dell’offerente, detiene una quota insignificante di azioni) non<br />

conoscano di quanto aumenterebbe il valore che l’offerente può<br />

raggiungere con il takeover.<br />

Perciò, c’è un’asimmetria informativa che favorisce i takeovers.<br />

Se tutti coloro che ricevono l’offerta hanno <strong>la</strong> stessa informazione<br />

sull’impresa, e se sono neutrali al rischio, essi accetteranno<br />

qualunque offerta pari o superiore alle loro aspettative di<br />

miglioramento nel valore delle azioni derivante dal takeover.<br />

Ammesso che l’offerente riesca a raggiungere questo<br />

miglioramento, egli ci guadagnerà in base al<strong>la</strong> differenza di valore<br />

del<strong>la</strong> sua quota.<br />

Resta il fatto che gli offerenti devono cedere molto del guadagno<br />

di valore con gli azionisti dai quali acquisiscono l’impresa. In<br />

sostanza l’unico guadagno che l’offerente può accumu<strong>la</strong>re è quello<br />

derivante dal<strong>la</strong> differenza tra il premio pagato al<strong>la</strong> controparte e<br />

l’effettivo incremento di valore del<strong>la</strong> sua quota una volta<br />

realizzato il takeover. Maggiore è l’asimmetria informativa,<br />

maggiore sarà il suo guadagno.<br />

Sebbene l’approccio di Shleifer e Vishny isoli e analizzi alcuni<br />

aspetti rilevanti del processo di takeover, restano ancora dei punti<br />

da analizzare. Poiché tutti gli azionisti hanno lo stesso livello di<br />

informazione, l’offerta prevista eguaglierà le loro aspettative<br />

dell’incremento di valore raggiungibile dall’offerente. Ciò implica<br />

che <strong>la</strong> dimensione attuale dell’incremento non influenzerà<br />

l’offerta. Offerenti in grado di portare un elevato incremento di<br />

valore faranno <strong>la</strong> stessa offerta di offerenti che portano a un basso<br />

5


incremento. Inoltre, tutte le offerte osservate saranno giusto<br />

sufficienti a indurre l’accettazione da parte degli azionisti.<br />

Queste osservazioni hanno indotto Hirshleifer e Titman (1990) ad<br />

estendere l’analisi ipotizzando una variabilità negli azionisti<br />

riguardo all’informazione sulle possibili variazioni di valore<br />

dovute al takeover. In tal modo, il numero atteso di azioni offerte<br />

all’offerente aumenterà con il valore dell’offerta. Gli offerenti<br />

neutrali al rischio calcoleranno l’offerta ottimale per massimizzare<br />

il proprio rendimento atteso, ma tale offerta non garantirà <strong>la</strong><br />

possibilità per l’offerente di diventare socio maggioritario. Perciò,<br />

si osserveranno alcuni tentativi di takeover fallire.<br />

Dato che il costo dell’insuccesso sarà tanto maggiore quanto più<br />

alto è l’incremento di valore ottenibile, l’offerta dei raider capaci<br />

di creare maggior valore sarà più elevata. L’offerta ottimale, in<br />

aggiunta, aumenta con l’incremento di valore conseguibile<br />

dall’offerente. Inoltre, colui che parte da una proporzione di azioni<br />

più elevata avrà bisogno di ottenere meno consensi per<br />

guadagnare il controllo. Perciò, <strong>la</strong> probabilità che un’offerta abbia<br />

successo aumenterà con <strong>la</strong> dimensione del<strong>la</strong> quota iniziale.<br />

Queste considerazioni di Hirshleifer e Titman sembrerebbero<br />

coerenti con quanto si osserva sul mercato per il controllo<br />

societario. Questa interpretazione si basa sul fatto che sia <strong>la</strong><br />

minoranza di azionisti a facilitare il processo di takeover. Coloro<br />

che detengono blocchi di azioni conferiscono i benefici del<br />

takeover ad altri azionisti e ci si aspetta che il valore azionario sia<br />

più elevato dove esistono tali blocchi rispetto a quando non ci<br />

sono. Il problema del free-rider non è completamente risolto, ma è<br />

nell’interesse degli azionisti di minoranza fornire un servizio di<br />

monitoraggio, sia diretto che attraverso il meccanismo di takeover,<br />

fino al punto in cui i benefici privati marginali eguaglino i costi<br />

privati marginali.<br />

6


4. “HOLD-UP”, “BREACH OF FAITH” E<br />

ACQUISIZIONI OSTILI<br />

Sino ad ora si è supposto che il takeover favorisca il<br />

miglioramento dell’efficienza. Tuttavia c’è un altro aspetto del<br />

takeover, dato dal rischio di rent seeking, che va a minare i diritti<br />

di proprietà non ben definiti e a causare perdite di efficienza. Nel<br />

caso delle attività di acquisizioni ostili, esiste <strong>la</strong> possibilità che<br />

l’offerente tragga maggiori benefici nel dirottare le risorse, che<br />

non nell’investirle per l’efficienza delle imprese aumentando il<br />

reddito totale.<br />

Shleifer e Vishny(1988) riportano il caso del takeover del<strong>la</strong> Icahn<br />

sul<strong>la</strong> Trans World Airlines (TWA). Fu stimato che il valore delle<br />

perdite di sa<strong>la</strong>ri per tre sindacati fu maggiore del premio per il<br />

takeover pagato agli azionisti. Questi guadagnarono mentre ci<br />

persero i <strong>la</strong>voratori del<strong>la</strong> TWA, per cui il takeover fu<br />

redistributivo. Questo non prova che non ci furono guadagni di<br />

efficienza risultanti da questo partico<strong>la</strong>re takeover, ma suggerisce<br />

<strong>la</strong> possibilità che ampi effetti redistributivi possano incentivare il<br />

rent seeking a spese delle attività imprenditoriale.<br />

Gli offerenti possono guadagnare dal<strong>la</strong> rinegoziazione dei contratti<br />

con fornitori dei vari input (soprattutto, ma non solo, <strong>la</strong> forza<br />

<strong>la</strong>voro). Chiaramente, possono riuscire in questo intento solo se le<br />

risorse coinvolte sono dipendenti dall’impresa (come già visto nel<br />

paragrafo 8.2.4). Le cause di dipendenza sono cruciali per una<br />

valutazione delle conseguenze del<strong>la</strong> rinegoziazione dei contratti.<br />

Supponiamo, ad esempio, che il sindacato interno di una<br />

partico<strong>la</strong>re impresa sia partico<strong>la</strong>rmente forte, e sia riuscito ad<br />

alzare il livello dei sa<strong>la</strong>ri rispetto a quello delle imprese<br />

concorrenti (causando perciò dipendenza), impedendo al<br />

management di reperire forza <strong>la</strong>voro altrove. Il rendimento degli<br />

azionisti scende e così il prezzo delle azioni dell’impresa in Borsa.<br />

7


Supponiamo che un raider realizzi un take over sull’impresa,<br />

sciogliendo il sindacato. Il valore delle azioni ritona sui valori<br />

medi delle imprese del settore. Assumendo che il metodo<br />

produttivo e che l’efficienza organizzativa non cambino, <strong>la</strong><br />

redistribuzione del reddito diventerebbe l’unica conseguenza del<br />

takeover. Le risorse investite nel processo di takeover<br />

rappresentano delle perdite sociali in quanto volte solo a questioni<br />

redistributive.<br />

La dipendenza comunque, può risultare da fonti diverse da azioni<br />

collettive interne all’impresa. Dove l’esistenza del<strong>la</strong> dipendenza<br />

implica un’espressione di fiducia nel<strong>la</strong> buona fede dell’impresa, <strong>la</strong><br />

rinegoziazione del contratto dopo il takeover può portare a perdite<br />

sociali molto superiori a quelle semplicemente spese nelle<br />

negoziazioni, in quanto questo comportamento porta a distruggere<br />

<strong>la</strong> fiducia e l’abilità a concludere accordi futuri di questo tipo. La<br />

disponibilità ad investire in transazioni di capitale umano, e di<br />

accettare schemi ad incentivo basati sul<strong>la</strong> promessa di aumentare<br />

il reddito futuro saranno minati se i nuovi proprietari falliscono<br />

nell’ onorare le obbligazioni implicite assunte dall’impresa nel<br />

passato.<br />

5. SELEZIONE AVVERSA, ORIZZONTE DI BREVE<br />

TERMINE E ACQUISIZIONI OSTILI<br />

Un’importante questione rimane aperta riguardante <strong>la</strong> vulnerabilità<br />

delle attività specifiche (beni strumentali ed investimenti) nel<br />

processo di acquisizione. Se <strong>la</strong> “goodwill” sottostante tali attività è<br />

così importante per <strong>la</strong> salute dell’impresa nel lungo periodo,<br />

perché chi effettua una sca<strong>la</strong>ta dovrebbe distruggerle? Tale<br />

vandalismo non dovrebbe riflettersi in prezzi delle azioni più bassi<br />

non appena gli investitori notano come tali comportamenti minano<br />

8


le prospettive future dell’impresa? Al<strong>la</strong> base di tale questione vi è<br />

il problema dell’efficienza del mercato dei capitali.<br />

Chiaramente, se l’informazione circa il comportamento di coloro<br />

che decidono delle risorse dell’impresa è pubblicamente<br />

disponibile, e se le implicazioni di tali azioni sono interpretabili a<br />

basso costo, i prezzi dei titoli si muoveranno velocemente per<br />

riflettere i cambiamenti in tali condizioni. Se gli azionisti esterni<br />

sono meno informati degli insider, comunque, le asimmetrie<br />

informative possono radicalmente cambiare tale percezione dei<br />

mercati dei capitali.<br />

Lasciando da parte <strong>la</strong> possibilità che attività di valore nel lungo<br />

periodo possano essere distrutte inavvertitamente, sia<br />

dall’ignoranza dell’acquirente o dal furbo che cerca di approfittare<br />

dell’ignoranza altrui – magari alzando i profitti a breve e<br />

vendendo a persone non consapevoli dei costi a lungo termine – vi<br />

è ancora <strong>la</strong> possibilità che l’asimmetria informativa induca i<br />

managers ad agire con modalità che sono distruttive per il valore<br />

nel lungo termine. Questa possibilità non deriva dal problema dell’<br />

azzardo morale (o azione nascosta). Persino nel caso in cui i<br />

managers siano totalmente devoti agli interessi degli azionisti<br />

attraverso il possesso di azioni proprie può verificarsi l’orizzonte<br />

di breve termine (short-termism). La radice del problema è<br />

l’esistenza del<strong>la</strong> selezione avversa.<br />

Nel Capitolo 6 avevamo visto che <strong>la</strong> selezione avversa poteva<br />

essere riconosciuta dal<strong>la</strong> segna<strong>la</strong>zione. Un segnale è un’azione che<br />

è razionale adottare per un tipo di contraente, ma non per un altro.<br />

Consente di predisporre contratti distinti per diverse tipologie di<br />

contraenti. Il livello di istruzione, ad esempio, potrebbe essere un<br />

segnale se distingue in <strong>la</strong>voro di elevata o di bassa competenza.<br />

Abbiamo anche visto che <strong>la</strong> segna<strong>la</strong>zione potrebbe rappresentare<br />

uno spreco di risorse. Sebbene possa essere a vantaggio degli<br />

9


interessi privati dei segna<strong>la</strong>tori, sono possibili casi in cui dopo<br />

aver preso in considerazione i costi legati al<strong>la</strong> segna<strong>la</strong>zione, si<br />

ottiene, come risultato, delle perdite sociali. Il vantaggio legato al<br />

livello di istruzione, per gli individui con elevate competenze, ad<br />

esempio, potrebbe essere parzialmente compensato dalle perdite<br />

subite da coloro che hanno basse competenze.<br />

Nel presente contesto, il problema principale è che gli azionisti<br />

esterni potrebbero non essere a conoscenza del<strong>la</strong> reale situazione<br />

interna di un’impresa. I managers di un’impresa in buone<br />

condizioni di salute vorranno comunicare il loro stato al mercato.<br />

Di questa informazione veritiera beneficeranno gli azionisti<br />

attraverso un aumento del valore delle loro azioni. Naturalmente<br />

stiamo ipotizzando che i managers abbiano a cuore gli interessi<br />

degli azionisti.<br />

Se gli azionisti fossero all’oscuro delle buone condizioni<br />

dell’impresa, potrebbero essere indotti ad accettare un’offerta<br />

inferiore da uno sca<strong>la</strong>tore. Non è necessario ipotizzare qui che lo<br />

sca<strong>la</strong>tore sia meglio informato dell’azionista rispetto all’esistente<br />

svalutazione delle azioni. Potrebbe verificarsi, ad esempio, <strong>la</strong><br />

possibilità che possa avvenire comunque un’acquisizione per<br />

mezzo di reali sinergie che scaturiscono dall’unione delle<br />

operazioni di due imprese e che lo sca<strong>la</strong>tore sarà piacevolmente<br />

sorpreso nel conoscere <strong>la</strong> reale situazione dell’impresa dopo che il<br />

subentro sarà effettuato.<br />

I managers non possono semplicemente scrivere una lettera agli<br />

azionisti, o preparare dichiarazioni sui giornali o su Internet in cui<br />

dichiarano lo stato di salute dell’impresa perché i managers, sia<br />

delle imprese in buone condizioni che di quelle in cattive<br />

condizioni, si possono impegnare in tali attività nello stesso modo.<br />

I managers delle imprese in buone condizioni hanno bisogno di un<br />

10


segnale. Ad esempio, essi possono distribuire un livello elevato di<br />

dividendi agli azionisti.<br />

Si ipotizzi che questa possibilità sia negata alle imprese in cattive<br />

condizioni e che questo convinca il mercato che l’impresa che<br />

paga elevati dividendi è un’impresa sana. Il prezzo delle azioni<br />

dell’impresa rifletterà dunque quell’informazione veritiera. Un<br />

equilibrio di separazione allora si determina <strong>la</strong>ddove imprese in<br />

buone e cattive condizioni sono distinguibili dal mercato ed i<br />

guadagni (anche quelli involontari) a spese degli azionisti non<br />

sono più possibili per gli sca<strong>la</strong>tori.<br />

Sebbene un sistema che permette <strong>la</strong> comunicazione di<br />

informazioni preziose sul reale successo di un’impresa agli<br />

azionisti esistenti sia per loro vantaggioso, una prospettiva più<br />

ampia può rive<strong>la</strong>re notevoli svantaggi. Nel modello sopra<br />

descritto, il segnale impedisce soltanto un’eventuale<br />

redistribuzione dagli azionisti esistenti agli sca<strong>la</strong>tori. Tanto più<br />

bassi sono i costi delle acquisizioni e maggiori le probabilità che si<br />

verifichino, tanto più elevato è per gli azionisti esistenti il valore<br />

del segnale informativo proveniente dai managers.<br />

D’altra parte, il segnale non crea nuove opportunità per ottenere<br />

vantaggi di efficienza e <strong>la</strong> trasmissione del segnale non è priva di<br />

costi. Supponete che il pagamento di un maggior profitto per gli<br />

azionisti significhi che le risorse vengano deviate dagli<br />

investimenti a lungo termine in ricerca e sviluppo o che<br />

impediscano di cogliere le opportunità provenienti da altre<br />

alternative di investimento. Questa miopia manageriale o shorttermism<br />

avrà come conseguenza <strong>la</strong> riduzione di efficienza nel<br />

lungo termine.<br />

Gli azionisti come gruppo potrebbero ottenere un benessere<br />

economico maggiore se avessero in qualche modo costretto i<br />

11


managers a non dare i segnali. Dopotutto, una volta che sia<br />

ampiamente condivisa <strong>la</strong> convinzione che i dividendi siano un<br />

segnale, i managers che operano nell’interesse degli azionisti non<br />

hanno altra possibilità che quel<strong>la</strong> di impegnarsi nel<strong>la</strong> segna<strong>la</strong>zione.<br />

L’assenza di un segnale sarebbe considerata come un cattivo<br />

segnale e le azioni sarebbero valutate sul<strong>la</strong> base (presumibilmente<br />

falsa) che <strong>la</strong> società è cattiva.<br />

Se, d’altra parte, gli azionisti fossero convinti che le decisioni sui<br />

dividendi non sono segnali, <strong>la</strong> reazione del prezzo dell’azione nei<br />

confronti di un basso dividendo sarebbe meno pronunciata. Gli<br />

attuali bassi dividendi potrebbero implicare semplicemente che le<br />

risorse sono state utilizzate per gli investimenti anziché<br />

rappresentare il verificarsi di una cattiva situazione. Entrambe le<br />

imprese in buone o cattive condizioni dichiareranno dividendi più<br />

bassi (pooling equilibrium).<br />

Anche se il prezzo dell’azione di un’impresa in buone condizioni<br />

dovesse essere più basso di quello che prevale nel contesto di un<br />

segnale di buone notizie, nessuna eventuale perdita, nel caso si<br />

verifichi un’acquisizione, dovrebbe essere superiore ai probabili<br />

profitti che provengono dal perseguimento, da parte delle imprese<br />

in buone condizioni, di strategie di investimenti a lungo termine.<br />

La conclusione di questo tipo di ragionamento è che l’esistenza<br />

del<strong>la</strong> minaccia del<strong>la</strong> sca<strong>la</strong>ta unita all’asimmetria informativa<br />

possono portare a segna<strong>la</strong>zioni con spreco di risorse rovinose e<br />

all’orizzonte di breve termine. Se i costi legati ad una sca<strong>la</strong>ta sono<br />

bassi e quindi <strong>la</strong> probabilità di soccombere ad un assalto è elevata,<br />

i managers manderanno il segnale. Se i costi legati al<strong>la</strong> sca<strong>la</strong>ta<br />

sono elevati e <strong>la</strong> probabilità di portare avanti <strong>la</strong> sca<strong>la</strong>ta è molto<br />

bassa, allora <strong>la</strong> segna<strong>la</strong>zione potrebbe ridurre i profitti agli<br />

azionisti.<br />

12


I cosiddetti pooling beliefs sui dividendi potrebbero essere<br />

pertinenti (il che significa che gli azionisti non necessariamente<br />

considerano un dividendo elevato (basso) come un segnale di uno<br />

stato del mondo buono (cattivo) ). Laddove si presume che i<br />

managers valutano il controllo sull’impresa in quanto tale e dove<br />

gli sca<strong>la</strong>tori condividono <strong>la</strong> conoscenza dei managers sul<strong>la</strong><br />

veritiera valutazione del<strong>la</strong> società, <strong>la</strong> tentazione da parte dei<br />

managers di abbracciare lo short-termism è più elevata. La<br />

sottovalutazione delle azioni sul mercato sarà meno accettabile dai<br />

managers maggiore è <strong>la</strong> probabilità di una sca<strong>la</strong>ta e tanto più<br />

pronunciate sono le loro perdite personali associate ad essa.<br />

L’esistenza di sca<strong>la</strong>tori informati e il timore di perdere il proprio<br />

<strong>la</strong>voro spingono i managers nel<strong>la</strong> direzione di maggiori<br />

segna<strong>la</strong>zioni di mercato.<br />

6. AZZARDO MORALE, CONTROLLO DEI COSTI E<br />

ACQUISIZIONI OSTILI<br />

Se <strong>la</strong> selezione avversa conduce all’uso del pagamento del<br />

dividendo per <strong>la</strong> segna<strong>la</strong>zione e <strong>la</strong> possibilità di orizzonte di breve<br />

termine, l’azzardo morale è stato considerato, da alcuni teorici,<br />

come qualcosa che porta a risultati in qualche modo diversi.<br />

Supponiamo che l’asimmetria informativa impedisca agli azionisti<br />

di control<strong>la</strong>re e punire i managers nel modo descritto nel Paragrafo<br />

5 dell’ultimo capitolo. Ipotizziamo, inoltre, che i costi legati ad<br />

una sca<strong>la</strong>ta siano elevati. I finanziatori richiederanno qualche<br />

rassicurazione sul fatto che i managers non sottraggano o<br />

utilizzino le risorse dell’impresa per perseguire i loro interessi<br />

personali piuttosto che quelli degli azionisti. Un impegno a lungo<br />

termine di pagare un rego<strong>la</strong>re dividendo può essere visto allora<br />

come un meccanismo per indurre all’impegno ed assicurare agli<br />

azionisti un minimo guadagno.<br />

13


Gli economisti, <strong>la</strong>vorando con l’assunzione del<strong>la</strong> completa<br />

informazione, hanno trovato difficile, nel passato, spiegare perché<br />

si osservano le imprese distribuire risorse agli azionisti. Laddove i<br />

mercati dei capitali sono ben sviluppati e i costi legati alle<br />

informazioni sono bassi, <strong>la</strong> necessità di pagare un dividendo non<br />

sembra necessaria. Soprattutto quando i sistemi di tassazione dei<br />

principali paesi discriminano contro <strong>la</strong> distribuzione e quando le<br />

opportunità di lucrosi investimenti sono disponibili per<br />

un’impresa, <strong>la</strong> distribuzione dei dividendi appare non solo inutile<br />

ma anche irrazionale.<br />

Gli azionisti, logicamente, preferirebbero evitare di pagare le tasse<br />

sui profitti dell’impresa ed acquisire reddito sottoforma di<br />

guadagni di capitale sul valore di mercato delle loro azioni. La<br />

difficoltà, naturalmente, è che gli azionisti saranno preparati ad<br />

accettare questo tipo di politica solo nel caso possano avere delle<br />

buone informazioni sul<strong>la</strong> competenza manageriale e sui probabili<br />

profitti legati alle opportunità di investimenti disponibili, e quando<br />

potranno sempre mettere in pratica <strong>la</strong> distribuzione decisa a basso<br />

costo nel caso in cui non fossero d’accordo con le opinioni dei<br />

managers. Nel caso non esistesse qualcuna di queste condizioni, i<br />

dividendi rego<strong>la</strong>ri potrebbero essere visti come mezzi per costruire<br />

una reputazione a lungo termine.<br />

Un’opinione diffusa è che i pagamenti dei dividendi sono un<br />

meccanismo attraverso il quale i managers si impegnano ad usare<br />

il mercato dei capitali per reperire nuovi fondi, assoggettandosi<br />

perciò ad una verifica più approfondita da parte dei nuovi<br />

finanziatori. Date le iniziali ipotesi di elevati costi di controllo e<br />

beni fungibili (p<strong>la</strong>stic assets), non si riesce a spiegare il motivo<br />

per il quale i nuovi finanziatori dovrebbero essere meglio<br />

informati degli azionisti esistenti.<br />

14


De Alessi e Fishe (1987) per questo motivo preferiscono<br />

considerare i dividendi come un modo di ridurre le informazioni<br />

ed i costi di controllo per gli azionisti. I dividendi rego<strong>la</strong>ri<br />

rappresentano un “impegno di performance minima da parte del<br />

management”. Così come gli acquirenti o i fornitori possono<br />

impegnarsi a vendere o ad acquistare a prezzi correnti dichiarati e<br />

re<strong>la</strong>tivamente stabili piuttosto che avvantaggiarsi di qualsiasi<br />

opportunità di rinegoziare termini maggiormente favorevoli, così<br />

le società quotate con azionariato disperso si impegnano a<br />

garantire dividendi stabili e promettono implicitamente di non<br />

derubare gli azionisti vulnerabili. Questa interpretazione del<br />

pagamento dei dividendi è simile a quel<strong>la</strong> e<strong>la</strong>borata da Wu (1989)<br />

discusso nel paragrafo 8.2.3.<br />

Deve essere chiaramente compreso che questa spiegazione sul<br />

pagamento dei dividendi non fa affidamento sul loro agire come<br />

un segnale. L’impegno è di assicurare un rego<strong>la</strong>re e re<strong>la</strong>tivamente<br />

stabile pagamento per incoraggiare l’impegno. Nel mondo del<strong>la</strong><br />

segna<strong>la</strong>zione del paragrafo 5, un’impresa che attraversa tempi<br />

difficili taglia i suoi dividendi. Lo fa perché è incapace di far<br />

credere al mercato che è un’impresa in buone condizioni.<br />

Mantenere il dividendo di fronte a risultati avversi non serve a<br />

nul<strong>la</strong>. In questo paragrafo, tuttavia, c’è l’intenzione di mantenere il<br />

dividendo piuttosto che di ridurlo. La rispettabilità di essere in<br />

grado di adempiere ai propri impegni è molto importante per<br />

un’impresa. Tagliare i dividendi potrebbe distruggere <strong>la</strong> fiducia<br />

del mercato nel<strong>la</strong> capacità dell’impresa di fornire degli standard<br />

minimi di performance nel lungo periodo.<br />

Il costo degli sca<strong>la</strong>tori fornisce l’anello di congiunzione tra il<br />

paragrafo 5 e il 6. Nel caso del problema del<strong>la</strong> selezione avversa, i<br />

costi elevati del<strong>la</strong> sca<strong>la</strong>ta scoraggiano <strong>la</strong> segna<strong>la</strong>zione e<br />

consentono di destinare le risorse agli investimenti a lungo<br />

15


termine. I costi bassi del<strong>la</strong> sca<strong>la</strong>ta conducono ad una segna<strong>la</strong>zione<br />

superflua e all’orizzonte a breve termine. Nel caso, invece, del<br />

problema dell’azzardo morale, gli elevati costi del<strong>la</strong> sca<strong>la</strong>ta<br />

implicano che <strong>la</strong> rispettabilità derivante dal pagamento di<br />

dividendi rego<strong>la</strong>ri è necessaria per rassicurare gli azionisti. I costi<br />

bassi del controllo e del<strong>la</strong> distribuzione quando i managers fanno<br />

cattivo uso dei fondi rendono meno necessaria questa<br />

rispettabilità.<br />

Perciò, lo short-termism può essere visto come il risultato sia di<br />

costi elevati che di costi bassi legati al<strong>la</strong> sca<strong>la</strong>ta. I bassi costi legati<br />

al<strong>la</strong> sca<strong>la</strong>ta producono dividendi come segnali. Gli elevati costi<br />

legati al<strong>la</strong> sca<strong>la</strong>ta possono produrre dividendi come un impegno<br />

per garantire una minima performance. In entrambi i casi, le<br />

asimmetrie informative hanno conseguenze per gli investimenti a<br />

lungo termine.<br />

7. IL TAKEOVER E L’EFFICIENZA DEL MERCATO<br />

DEI CAPITALI<br />

Abbiamo visto nei precedenti paragrafi che le acquisizioni<br />

possono giocare sia un ruolo distruttivo che costruttivo. Alcuni<br />

analisti hanno argomentato che esse minacciano le attività (beni ed<br />

investimenti) specifiche dell’impresa e possono portare allo shorttermism<br />

provocando maggiori distribuzioni di dividendi e minori<br />

investimenti di quanto non sia socialmente desiderabile. È<br />

importante distinguere tra le varie proposizioni sull’efficienza del<br />

mercato dei capitali.<br />

1. Il mercato dei capitali compie errori sistematici nel valutare le<br />

attività. Persino nel contesto dell’informazione disponibile<br />

pubblicamente, il mercato potrebbe sottostimare <strong>la</strong> produttività<br />

degli investimenti a lungo termine nel capitale fisico o nel<strong>la</strong><br />

ricerca e sviluppo, o trascurare di stimare le conseguenze negative<br />

16


di lungo termine derivanti dal sottrarre <strong>la</strong> quasi-rendita delle<br />

attività specifiche dell’impresa. I mercati dei capitali potrebbero<br />

cioè non soddisfare i requisiti di efficienza del<strong>la</strong> valutazione<br />

fondamentale per usare <strong>la</strong> terminologia di Tobin (1984). I mercati<br />

dei capitali sarebbero efficienti in questo senso soltanto se <strong>la</strong><br />

valutazione delle attività finanziarie riflettesse sempre<br />

accuratamente “ i pagamenti futuri ai quali le attività danno<br />

titolo-…se il prezzo dell’attività è basata sulle ‘aspettative<br />

razionali’ di questi pagamenti”.<br />

2. In un mondo di informazioni asimmetriche, le pressioni sul<br />

mercato dei capitali conducono i managers ad agire in maniera<br />

miope. L’implicazione è che i managers compiono azioni che sono<br />

svantaggiose per <strong>la</strong> società nel suo complesso, anche se il valore<br />

delle azioni può riflettere le aspettative razionali dei negoziatori<br />

nel mercato sui futuri pagamenti dell’impresa agli azionisti. I<br />

prezzi delle azioni cioè sono basati, razionalmente,<br />

sull’informazione disponibile, ma non sull’informazione<br />

completa.<br />

La distinzione è importante, poiché un mercato dei capitali, che è<br />

perfettamente efficiente nel valutare le attività sul<strong>la</strong> base delle<br />

informazioni pubbliche esistenti e disponibili può, tuttavia, non<br />

produrre risultati efficienti <strong>la</strong>ddove vi sono asimmetrie nel<strong>la</strong><br />

disponibilità di informazioni. In generale, i tentativi di invalidare<br />

l’efficienza del mercato dimostrando che esistono modi di usare<br />

sistematicamente le informazioni disponibili per fare profitti (cioè<br />

di ‘far fesso’ il mercato), sono falliti.<br />

Persino gli studi sui fondi gestiti professionalmente hanno<br />

dimostrato che non hanno fatto meglio del mercato. Le<br />

informazioni disponibili sembrano essere rapidamente in<strong>corporate</strong><br />

nei prezzi delle azioni negoziate e <strong>la</strong> possibilità di usare le<br />

informazioni sui piani di investimento (ad esempio, acquistando<br />

17


azioni di imprese con elevate spese di ricerca e sviluppo, che il<br />

mercato, per ipotesi, sottovaluta) non è stata confermata.<br />

I critici hanno asserito, tuttavia, che gli studi che mostrano un<br />

andamento casuale di movimenti dei prezzi stanno a testimoniare<br />

una forma partico<strong>la</strong>re di efficienza del mercato – l’efficienza di<br />

arbitraggio informativa (information arbitrage efficiency). Un<br />

mercato può essere efficiente in tal senso senza soddisfare i<br />

requisiti dell’efficienza nel<strong>la</strong> valutazione fondamentale.<br />

Quest’ultima implica il precedente. Il precedente è necessario, ma<br />

non sufficiente per <strong>la</strong> precedente. Nel caso estremo, ad esempio,<br />

tutte le informazioni disponibili sul mercato potrebbero essere<br />

sbagliate e i prezzi si allontanerebbero da quelli efficienti<br />

‘corretti’.<br />

Alternativamente, le implicazioni delle corrette informazioni per il<br />

futuro di un’impresa potrebbero essere ‘erroneamente’ interpretate<br />

dai negoziatori del mercato azionario. In nessuno dei casi verrebbe<br />

esclusa l’ efficienza di arbitraggio informativa, anche se i prezzi<br />

potrebbero allontanarsi dalle vere valutazioni fondamentali. La<br />

difficoltà con queste argomentazioni è che <strong>la</strong> conoscenza oggettiva<br />

di ciò che costituisce una corretta informazione o una razionale<br />

interpretazione non esiste. Qualsiasi dimostrazione generale<br />

secondo <strong>la</strong> quale i mercati sono efficienti oppure inefficienti in<br />

termini di valutazione fondamentale è, perciò, impossibile. Tutto<br />

ciò che si può fare è provare le asserzioni ad hoc sul<strong>la</strong> natura<br />

dell’irrazionalità del mercato azionario contro l’evidenza.<br />

Le asserzioni secondo le quali gli investitori istituzionali fanno<br />

attenzione esclusivamente ai flussi dei dividendi correnti - ad<br />

esempio, vendendo azioni delle società che adottano politiche di<br />

investimento a lungo termine, abbattendo i prezzi delle loro azioni<br />

e rendendoli vulnerabili al<strong>la</strong> sca<strong>la</strong>ta – non hanno ottenuto sostegno<br />

nel<strong>la</strong> letteratura empirica. Un rapporto dell’Ufficio del Chief<br />

18


Economist of the United States Security and Exchange<br />

Commission (1985) non trovò alcuna re<strong>la</strong>zione tra <strong>la</strong> quota<br />

azionaria posseduta dagli investitori istituzionali e <strong>la</strong> vulnerabilità<br />

alle sca<strong>la</strong>te, o alle spese inferiori di ricerca e sviluppo.<br />

Le spese più elevate in R&D non sembrano implicare un maggior<br />

rischio di acquisizione. Di fatto, le dichiarazioni di spesa in R&D<br />

sono associate con gli aumenti dei prezzi delle azioni. Hall (1988)<br />

ha cercato di dimostrare che le acquisizioni causano una riduzione<br />

delle spese in R&D. Ha trovato invece che le imprese coinvolte<br />

nelle fusioni, così come quelle non coinvolte, non potevano essere<br />

distinte sul<strong>la</strong> base del<strong>la</strong> loro performance nel<strong>la</strong> ricerca e sviluppo<br />

pre o post incorporazione. McConnel e Muscarel<strong>la</strong> (1985)<br />

confermarono che una spesa più elevata e pianificata di capitale<br />

era associata con gli aumenti nel valore delle azioni, ad eccezione<br />

dei casi di esplorazione e sviluppo dell’industria petrolifera e i<br />

servizi rego<strong>la</strong>mentati (i cui profitti sono rego<strong>la</strong>mentati).<br />

Il fatto che il mercato dei capitali risponda ad informazioni<br />

disponibili in modi compatibili con <strong>la</strong> valutazione efficiente e<br />

protesa in avanti (forward looking) delle azioni, tuttavia, non<br />

significa, necessariamente, che riesca a tener testa, in modo<br />

efficiente, ai problemi di azzardo morale e selezione avversa<br />

associati con l’asimmetria informativa. I prezzi delle azioni non<br />

rifletteranno le informazioni interne e <strong>la</strong> pressione derivante dal<strong>la</strong><br />

sca<strong>la</strong>ta potrebbe, teoricamente, manifestarsi nell’agire dei<br />

managers con un orizzonte di breve termine.<br />

Persino coloro che sono convinti delle proprietà di efficienza dei<br />

mercati dei capitali con riferimento alle informazioni<br />

pubblicamente disponibili, concordano sul fatto che <strong>la</strong><br />

segna<strong>la</strong>zione possa essere un importante aspetto. Marsh (1991)<br />

scrive, per esempio, che “le dichiarazioni sul dividendo corrente<br />

sono pertanto un importante segnale del<strong>la</strong> conoscenza e del<br />

19


giudizio(‘interno’) del management sul futuro a lungo termine<br />

delle società che gestiscono ”. Comunque, è precisamente questo<br />

incentivo al<strong>la</strong> segna<strong>la</strong>zione, quando i costi dell’acquisizione sono<br />

bassi, che conduce al<strong>la</strong> distrazione di risorse dagli investimenti<br />

verso <strong>la</strong> distribuzione descritta nel modello dell’orizzonte di breve<br />

termine manageriale di Stein (1988), introdotta nel paragrafo 5<br />

precedente.<br />

Se l’efficienza nel<strong>la</strong> valutazione fondamentale è interpretata per<br />

richiedere l’acquisizione di informazioni pubbliche e simmetriche,<br />

pochi analisti asserirebbero che il mercato azionario è efficiente. Il<br />

fatto stesso che ci siano volumi di scambio elevati potrebbe essere<br />

usato come evidenza contro l’efficienza del mercato nel senso che<br />

essi implicano che molte persone siano convinte che i prezzi<br />

esistenti siano sbagliati e che avrebbero informazioni migliori<br />

sulle prospettive future, o più capacità analitiche, o maggior<br />

giudizio, rispetto agli altri negoziatori.<br />

Un mercato veramente efficiente sarebbe, se seguissimo questa<br />

linea di ragionamento fino al<strong>la</strong> sua logica conclusione,<br />

interamente non specu<strong>la</strong>tivo (cioè sarebbe basato su informazioni<br />

obiettivamente corrette e pubblicamente disponibili). Tuttavia un<br />

mercato dei capitali non specu<strong>la</strong>tivo è una contraddizione nei<br />

termini. La nozione degli economisti di mercati efficienti è in<br />

grado di distruggere l’intero sistema delle contrattazioni.<br />

A questo punto però si deve mettere in guardia, come fa Demsetz<br />

(1969), contro i paradisi economici. Se i mercati azionari sono<br />

inefficienti dal punto di vista del<strong>la</strong> valutazione fondamentale,<br />

allora lo sarà ogni altro sistema di determinazione dei prezzi finora<br />

progettato. Gli importanti confronti da fare sono tra le risposte<br />

istituzionali disponibili all’asimmetria informativa. Ma come<br />

questi si confrontano con un mondo di informazioni a costo zero<br />

non è <strong>la</strong> vera questione. Sfortunatamente, i confronti istituzionali<br />

20


sono molto complessi. Tre osservazioni possono essere effettuate<br />

a tale proposito:<br />

1. I problemi dell’azzardo morale e del<strong>la</strong> selezione avversa<br />

tendono a spingere in direzioni opposte nell’ambito delle<br />

acquisizioni ostili. Limitare le acquisizioni potrebbe ridurre le<br />

segna<strong>la</strong>zioni dispendiose, anche se potrebbe modificare il<br />

comportamento manageriale.<br />

2. L’asimmetria informativa non viene, necessariamente, vista<br />

come una caratteristica indipendente dei mezzi istituzionali scelti<br />

per limitar<strong>la</strong> o fronteggiar<strong>la</strong>. Per esempio, un sistema in cui alcuni<br />

azionisti maggiori interni control<strong>la</strong>no attivamente il<br />

comportamento dei managers, sarebbe meno assoggettato a<br />

problemi di asimmetria informativa, rispetto ad un sistema di<br />

proprietà esterne altamente frammentate. Naturalmente il sistema<br />

precedente implicherà maggiori costi di sopportazione del rischio.<br />

3. Se <strong>la</strong> pressione dell’acquisizione risulta partico<strong>la</strong>rmente<br />

svantaggiosa per un’impresa (ad esempio se fa affidamento<br />

principalmente sull’accumu<strong>la</strong>zione di capitale umano specifico<br />

dell’impresa) vi sono diverse difese al<strong>la</strong> sca<strong>la</strong>ta che l’impresa può<br />

adottare, difese che verranno discusse nei paragrafi che seguono.<br />

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