Anno XXVII nsn 2 (69) - Edizioni Periferia
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<strong>Anno</strong> <strong>XXVII</strong> n.s. n. 2 (<strong>69</strong>)<br />
Maggio-Agosto 2008<br />
Direzione e Redazione:<br />
Via degli Stadi, 9/A - 87100 Cosenza<br />
Via E. Mattei, 11 - 87075 Trebisacce (Cs)<br />
Viale V. Marronaro, 132 - 00128 Roma<br />
periferia@mariafontanaardito.it<br />
Amministrazione:<br />
Via G. Matteotti, 11/A - Rende (CS)<br />
www.edizioniperiferia.it<br />
Reg. Tribunale di Cosenza, n. 327/77<br />
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(anno 2008)<br />
Italia<br />
• un fascicolo ........................................................<br />
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L’importo dell’abbonamento e dei singoli fascicoli può essere versato<br />
sul c/c postale n. 66781758<br />
intestato a <strong>Edizioni</strong> PERIFERIA di P. Falco,<br />
Via degli Stadi, 9/A - 87100 Cosenza<br />
Le opinioni espresse negli articoli, nelle note e nelle recensioni impegnano esclusivamente<br />
gli autori, unici responsabili, per altro, della correzione delle bozze di stampa dei loro testi.<br />
Tutti i diritti di riproduzione e traduzione sono riservati.<br />
Fascicolo a cura<br />
di Maria Fontana Ardito<br />
Comitato Scientifico<br />
Antonello Biagini, Franco Crispini,<br />
Dante Della Terza, Giulio Ferroni,<br />
Silvio Gambino, Giovanna Motta,<br />
Nicola Merola, Giuseppe Spadafora<br />
Responsabile<br />
Augusta Frisina Torricelli<br />
Direzione<br />
Mario De Bonis<br />
Pasquale Falco<br />
Redazione<br />
Andrea Carteny<br />
Giuseppe Motta<br />
Francesco Randazzo<br />
Redazione di Roma<br />
Sabino Caronia<br />
Responsabile editoriale<br />
Maria Fontana Ardito
Per Dante Maffia<br />
Saggi, testimonianze e nota bio-bibliografica
INTERVISTA A DANTE MAFFIA<br />
Intervista a Dante Maffia<br />
5<br />
Maria Fontana Ardito<br />
Ho da sempre stimato Dante Maffia. Da quando ho avuto coscienza della<br />
sacralità del “fatto” letterario. I suoi occhi del colore grigio-azzurro del<br />
ghiaccio incutono timore e rispetto. Come la sua produzione vastissima ed<br />
eterogenea, una mole, originale e inedita nel tempo. Numerosissime le sue<br />
opere: di poesia (si fa ormai fatica a citarle), di narrativa, di saggistica e poi i<br />
libri che ha curato, e tanto altro ancora, persino un libro per ragazzi. Tra le<br />
sue ultime fatiche c’è Il poeta e lo spazzino (o potrei dire con licenza dell’Autore<br />
Il poeta è lo spazzino), una raccolta di racconti (troppo riduttivo), un romanzo<br />
(non ne ha la rigida struttura “accademica”), una favola moderna, suggestiva<br />
e amara (leggendo di Zecchinetta e delle sue imprese il mio pensiero corre<br />
immediatamente al poeta Marcovaldo) ma bella favola con il lieto fine per il<br />
protagonista della corona di scrittore (Sette racconti di Zecchinetta furono<br />
«trovati per caso, in una vecchia borsa... c’erano anche quattro lettere autografe<br />
di Moravia che elogiava lo spazzino scrittore...»).<br />
Il mio incontro con Dante Maffia avviene innanzitutto tra le righe delle<br />
sue opere e, ora, tra le sue parole che ascolto con attenzione come il nostro<br />
comune “rumore” ionico, compagno da sempre di viaggi omerici. Peccato<br />
che oggi la comunicazione avvenga perlopiù in formato elettronico...<br />
• Maria Fontana Ardito<br />
Che cosa rappresenta per te oggi la Calabria, sul piano letterario, umano<br />
e ambientale? E in che misura la Calabria ha influenzato il tuo dire<br />
poetico e di scrittore più in generale?<br />
Dante Maffia<br />
– La Calabria è un fiato caldo che mi accompagna e mi sorregge. Quando<br />
l’orizzonte si sposta con troppa facilità o si nega io trovo sempre dentro<br />
di me la dimensione di una Calabria popolata di giochi, di affetti, di<br />
sogni, di progetti. Bisogna dire però che la mia Calabria è particolare, è la<br />
Calabria “penisoletta” o “cenerentola” di cui hanno parlato Zanotti<br />
Bianco, Isnardi , Don Pietro De Tommaso, cioè una Calabria che non esiste,<br />
molto, molto marginale rispetto ai centri. Quando io ero ragazzo c’era<br />
una sola scuola media nel giro di cinquanta paesi" æa Calabria e Lucania,<br />
a Trebisacce, e non c’era una sola libreria. La più vicina era a Taranto. Eh,<br />
sì, perché il paradosso è questo, il mio paese di nascita, Roseto Capo<br />
PERIFERIA, 2(<strong>69</strong>), ANNO <strong>XXVII</strong> N.S., 2008
6<br />
MARIA FONTANA ARDITO<br />
Spulico, è nella zona cosiddetta Lausberg, e gravita verso la Puglia e la<br />
Lucania. Più vicine Taranto e Matera di Cosenza.<br />
Dunque, all’epoca io mi sentivo “apolide”, cioè senza una identità regionale,<br />
un sibarita immerso nei vagheggiamenti di miti lontani. Un greco<br />
i cui spazi andavano liberamente da Reggio a Taranto. Poi ho preso<br />
coscienza dell’appartenenza e ho voluto conoscere il passato remoto e<br />
prossimo, Ibico, Pitagora, Gioacchino da Fiore, Telesio, Severino Boezio,<br />
Campanella, Mattia Preti, Cozza, Misasi, Alvaro, Repaci, Cilea, Seminara,<br />
Strati, Enotrio, Umberto Bosco, Umberto Boccioni, Virgilio Lilli, Mimmo<br />
Rotella... È stato un bagno salutare anche per rendermi conto che molte<br />
cose erano una invenzione dei teorici e dei cultori del primato, ed erano<br />
frutto di una retorica da eliminare. Pur nella grandezza di alcuni ho<br />
avvertito che dietro c’erano troppi piagnistei, progetti irrisolti e caotici,<br />
rivendicazioni inutilmente parolaie. Perciò ho dovuto faticare per riportare<br />
a una dimensione giusta i riferimenti, per confrontarli con la dimensione<br />
nazionale, europea, universale. A quel punto sono riuscito a guardare<br />
alla Calabria con l’occhio sgombro da nostalgie e campanilismi e rendermi<br />
conto che ha una sua identità forte spesso sovrastata da incrostazioni<br />
velleitarie. Sono i difetti che ancora oggi persistono anche in scrittori<br />
giovani come Mario Fortunato.<br />
Da un punto di vista letterario oggi la Calabria per me è quasi inesistente,<br />
non rappresenta quasi niente. Metto il quasi perché delle oasi ci sono, per<br />
esempio Gennaro Mercogliano, Giovanni Sapia, Alfredo Bruni. Se invece<br />
la domanda si riferisce alla sostanza della mia scrittura e cioè vuole sapere<br />
che cosa c’è di Calabria nelle mie parole, allora cambia, perché io sono<br />
sempre più convinto che le radici sono il lievito che nel bene e nel male,<br />
consapevolmente o inconsapevolmente dettano la luce necessaria affinché<br />
un’opera di poesia diventi una qualche misura necessaria del cammino<br />
della Storia. È proprio quel fiato caldo a cui accennavo all’inizio che mi<br />
apre porte sconosciute e m’introduce nei misteri, nelle favole della realtà,<br />
nei meandri di mondi che altrimenti sarebbero notizie e basta. L’apporto<br />
delle radici dà senso a ogni circostanza, ne determina la valenza etica e<br />
umana, ne sublima il senso.<br />
Sul piano umano credo che la Calabria sia la terra più generosa che esista<br />
al mondo. Un po’ di Calabria l’ho trovata anche nelle regioni dell’Ungheria:<br />
lo stesso entusiasmo, la stessa considerazione dell’altro, la stessa gioia di<br />
ospitare. Ogni volta che torno, e torno spesso, sento che il cuore si dilata e<br />
ritrova il suo canto originario, la sua postura dolce e serena. La Calabria<br />
può insegnare al mondo che cos’è l’amore, che cos’è il bene e che cos’è il<br />
male. Ha dentro la sua storia una stratificazione umana che è diventata<br />
serbatoio infinito di saggezza.<br />
Lo so, gli scettici diranno immediatamente che la ndrangheta però è calabrese.<br />
Certo, ma pochi uomini non inficiano il resto, non deturpano un<br />
paesaggio umano sempre rigoglioso e pronto ad ospitare perfino i nemici.
INTERVISTA A DANTE MAFFIA<br />
Non posso dimenticare mai che a Roseto i “forestieri” venivano e vengono<br />
accolti come amici di antica data e un’ora dopo averli conosciuti vengono<br />
ospitati a casa. Un segno di civiltà raro, soprattutto oggi che la diversità fa<br />
paura. La Calabria non è preoccupata dalla diversità, ciò che conta per questa<br />
regione ingiustamente a volte bistrattata è il cuore degli uomini, il loro sguardo.<br />
Non so dire se poi la mia terra abbia influenzato il mio dire poetico e di<br />
scrittore, suppongo di sì, ma senza esagerare, senza arrivare ad estremi<br />
come quello del recensore di un libro di Antonio Altomonte che ebbe a<br />
dire, di un romanzo ambientato a Cuba dal narratore di Palmi, che Cuba<br />
altro non era che la Calabria. Ho viaggiato molto per le varie parti del<br />
mondo e ho sicuramente rischiarato e mischiato un po’ di me con le<br />
persone e i posti visitati.<br />
La mia Calabria non è rimasta intatta, non è su un binario morto, non<br />
grida soltanto d’aver dato il nome all’Italia, ma è dinamica e moderna,<br />
libera, proiettata verso il futuro. Restano gli archetipi, quelli che Alvaro<br />
chiamava “incalchi”, ma su di essi s’innestano le varie esperienze, le<br />
acqusizioni, le letture. Insomma, sullo sfondo c’è lo Jonio e c’è il Castello<br />
di Federico II di Svevia a picco sul mare, e sopra la molteplicità dei vari<br />
continenti acquisiti attraverso i libri e attraverso i viaggi, attraverso il<br />
confronto continuo e proficuo.<br />
• C’è un poeta/scrittore vivente in grado di lasciarti senza parole e farti<br />
dire: «è bravo, veramente bravo, ho ancora tanto da lavorare». E qual è<br />
la più bella pagina di letteratura di tutti i tempi a cui non potresti mai<br />
rinunciare?<br />
– Lo scrittore che mi ha lasciato senza parole è morto da poco: Elias Canetti.<br />
Dopo aver letto Auto da fe’ per la prima volta m’è venuto da dire: «Avrei<br />
voluto scriverlo io questo libro». E di libri ne avevo letto tanti, forse troppi.<br />
Quando si è “sottoposti” a una scelta drastica come quella di dover<br />
indicare una sola pagina è imbarazzante decidersi, ma il gioco è gioco e<br />
dunque direi la pagina in cui ne La morte di Ignazio Sanchez Federico Garcia<br />
Lorca comincia col dire: «voglio vederli qui gli uomini di voce dura /<br />
davanti a questo corpo con le redini rotte...» o un po’ dopo: «Perché tu sei<br />
morto per sempre / come tutti i morti della terra...». Ma subito mi balzano<br />
alla mente con violenza due pagine di Tolstoi dalla Sonata a Keuzer e da La<br />
morte di Ivan Ilic e una poesia di Frenaud, parte della quale vorrei che<br />
fosse incisa sulla lapide della mia tomba: «Dite a quest’uomo di tacere...».<br />
• Che cos’è per te il tempo e che rapporto hai con il tempo? In particolare,<br />
qual è il tuo tempo, quello prezioso, intimo, solo tuo, e come lo gestisci?<br />
– È uno dei problemi che mi ha assillato maggiormente (ma credo abbia<br />
assillato i poeti di ogni epoca). Cominciai a leggere Parmenide, poi il Timeo<br />
di Platone che parlava di «immagine mobile dell’eternità», poi la Fisica di<br />
Aristotele che definisce il tempo «il numero del movimento secondo il<br />
7
8<br />
MARIA FONTANA ARDITO<br />
prima e il poi». Finii con l’affrontare il De civitate Dei di Sant’Agostino e<br />
via via fino a Hume e ad Heidegger. Mi si confusero le idee. Ma che cos’è<br />
per me il tempo? Uno spiraglio che m’illude e mi fa sentire infinitesimo,<br />
un vuoto-pieno che mi spaventa per la sua assenza d’identità. Perciò il<br />
mio rapporto è di sfida, per non soccombere subito. Una sfida aperta con<br />
le parole della mia poesia, che ne delineano la sua precarietà, nonostante<br />
il suo volto oscuro e imprendibile. È buffo sentir dire ad alcuni sfaccendati<br />
che stanno ammazzando il tempo. Semmai è il contrario.<br />
Ma parlando di cose che rientrano nella sfera del quotidiano, parlando<br />
della convenzione del calendario, il tempo per me è il momento della<br />
gestione di me stesso (senza concludere nel nichilismo relativistico della<br />
scienza e nel soggettivismo umanistico della filosofia, ovviamente) che<br />
mi permette di restare in un perenne presente. Del resto il «tempo passato<br />
e il tempo futuro sono contenuti nel tempo presente» ha scritto T.S. Eliot.<br />
Ecco, questo restare nel presente mi permette di vivere la preistoria,<br />
l’Egitto, la Grecia, Roma, il Medioevo, il Rinascimento, l’Illuminismo e<br />
ciò che accadrà nel futuro con una consapevolezza che mi rende eterno.<br />
Immagino che sia difficile trasmettere queste mie “sensazioni”, questo stare<br />
nel tempo e rapportarmi con la sensibilità del sempre, dell’universalità.<br />
Naturalmente è il mio volere e il mio piacere, ma so che non sempre ci<br />
riesco, ed è quando la parola si fa troppo stretta, troppo legata alla dimensione<br />
della cronaca. Allora il tempo lo sento come una mano fisica che<br />
acceca l’orizzonte.<br />
• Come “sta” oggi la letteratura? Intendo il suo stato di salute. Possiamo<br />
parlare di una letteratura “malata”? E di che cosa?<br />
– Come è stata sempre. Moribonda e fiorente. Moribonda quando abbonda<br />
(la rima la dice lunga!) nella mediocrità, nel superfluo, nella tautologia,<br />
nelle trovate, in una sorta di “meccanica” narrativa e poetica; fiorente<br />
quando trova il passo universale e la necessità etica ed estetica. Non sta<br />
né bene né male. Semmai la confusione viene dai manager che utilizzano<br />
i medesimi parametri utilizzati per qualsiasi merce anche per la letteratura.<br />
Così siamo finiti al supermercato con la conseguenza che i “prodotti”<br />
sono seriali, privi di qualsiasi “necessità” (non saprei trovare altro vocabolo),<br />
privi di una ragione che li giustifichi. Un tempo i romanzi rosa o<br />
popolari erano scritti da autori che comunque avevano il gusto della<br />
civiltà delle lettere e ne conoscevano i meccanismi facendoli rotare attorno<br />
a un minimo di vibrazioni del sentimento e della poesia. Non so, Liala, la<br />
Peverelli, Salvatore Farina, Virgilio Brocchi, Salvator Gotta, Pitigrilli,<br />
Mario Mariani, Guido da Verona. Questi avevano il fiuto certo dei fatti e<br />
una magnifica realtà dell’affabulazione. Sapevano scrivere e non pretendevano<br />
omaggi, seminari, inserimenti esagerati nelle storie letterarie.<br />
Sapevano d’essere storia del costume e della sociologia e gli bastava. La<br />
malattia c’è, ma non nelle opere, piuttosto in chi gestisce le opere. Del
INTERVISTA A DANTE MAFFIA<br />
resto quelle durature, quelle che cambiano la sostanza dello sguardo del<br />
lettore sono rare, rarissime. La letteratura è malata di pressappochismo,<br />
di spocchia, di mancanza di memoria, di ripetitività all’infinito. Ma chi la<br />
esercita come passione e come ingrediente della consapevolezza e della<br />
conoscenza, la produce senza nessun malore, anzi la fa diventare un<br />
toccasana.<br />
• Dante Maffia, professore di Dante Maffia. A quale delle sue opere<br />
darebbe assolutamente 10 e che errore o mancanza gli rimprovererebbe?<br />
– La nascita di un’opera che abbia la natura del tempo perenne, della universalità,<br />
è un’alchimia composta di mille fattori imponderabili. Una discesa<br />
profonda nell’inferno e nel paradiso delle parole, una ricognizione<br />
profonda nell’argomento, una spinta al sogno ad occhi aperti, una irrazionalità-razionale!!!<br />
che favorisce il flusso delle immagini e dei suoni in<br />
una sintesi perfetta. Io ho scritto molto, mi viene facile, spontaneo, anche<br />
se le macerazioni sono lunghe e il labor limae ancora più estenuante. In<br />
ogni opera credo che ci sia una scintilla inconfondibile, ma dove sono<br />
riuscito a porre in essere la grande poesia è ne La biblioteca d’Alessandria<br />
(che esce adesso in inglese e in latino) e forse ne Lo specchio della mente e in<br />
Caro Baudelaire. Anche il Romanzo di Campanella ha pagine distillate dal<br />
mio sangue e dalla mia carne. A questi testi non rimprovero nulla, sono<br />
nati senza quasi accorgermene, si sono scritti da sé, come si dice banalmente.<br />
Mi verrebbe da aggiungere anche i libri scritti in dialetto rosetano<br />
(provincia di Cosenza) e pubblicati da Carte Segrete, da Scheiwiller e da<br />
Marsilio. Antonio Piromalli li ha definiti dei “capolavori assoluti”, ma<br />
così l’elenco diventa lungo e poco credibile.<br />
• Qual è il consiglio che daresti a un giovane che volesse essere scrittore<br />
o poeta? A proposito, si nasce o si diventa scrittore (e poeta naturalmente)?<br />
Qual è cioè la qualità sine qua non, oltre quella del saper<br />
scrivere ovviamente?<br />
– Nessun consiglio. Gli darei da leggere Lettere a un giovane poeta di Rainer<br />
Maria Rilke e un racconto zen che invita il postulante, che aveva chiesto a<br />
un Maestro come diventare scrittore, a leggere centinaia e centinaia di<br />
libri e poi tornare da lui per sapere il resto. Quando il postulante torna il<br />
Maestro lo invita a dimenticare i libri letti. Lezioni impareggiabili. Oggi il<br />
grande male è che la lezione di Rilke, che dice di scrivere soltanto se ci si<br />
sente morire a non farlo, non viene ascoltata da nessuno e la lezione zen<br />
men che mai. C’è un eccesso di letteratura e di intellettualismo nelle poesie<br />
dei nostri più acclarati poeti (da Milo De Angelis a Valerio Magrelli, da<br />
Gianni Delia a Eugenio De Signoribus, da Biancamaria Frabotta a Jolanda<br />
Insana, per fare soltanto qualche nome) oppure c’è una mancanza assoluta<br />
della conoscenza dei classici e delle opere recenti e meno recenti.<br />
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10<br />
MARIA FONTANA ARDITO<br />
• Prosa e poesia. Qual è la vera anima di Dante Maffia?<br />
– Sto curando una serie di scritti sui narratori poeti (ne curerò un’altra sui<br />
poeti narratori), ma è estremamente difficile lo spartiacque, lo è sempre<br />
stato, anche se poi la critica ci ha indotto a ritenere che uno sia più poeta<br />
e viceversa. Prendiamo il caso di Manzoni, di Foscolo, ma anche di<br />
Leopardi poiché mi è stata chiesta la differenza tra prosa e poesia e non<br />
tra narrativa e poesia. Ci sono delle nature che sono coinvolte indifferentemente<br />
nella poesia, nella prosa, nella saggistica, nella narrativa e nel<br />
teatro. Riescono a convertire il loro atteggiamento linguistico e scrivono<br />
opere eccellenti in ogni campo. D’Annunzio, per esempio, Giuseppe<br />
Antonio Borgese, Barolini, Volponi, Bevilacqua, Dacia Maraini, Bontempelli,<br />
Alvaro. L’anima è una, e a volte riesce perfino difficile stabilire dove<br />
l’autore si è espresso al meglio. Qual è la mia vera anima? Quella dello<br />
scrittore. Ma non lo dico per eludere la domanda, semplicemente perché è<br />
così. Non mi sono mai posto il problema la mattina o la sera, insomma<br />
quando mi siedo alla scrivania, se scrivere in prosa o in poesia. Viene da<br />
sé, da un suono che mi spinge, da una sensazione, da una immagine, dal<br />
barbaglio di qualcosa che sembra perdersi in una lontananza nebbiosa e<br />
improvvisamente chiede udienza.<br />
• Di recente è uscito per l’editore Mursia il tuo ultimo romanzo “Il poeta<br />
e lo spazzino”. Perché questo romanzo? E che cosa hanno in comune un<br />
poeta e uno spazzino? Possiamo dire che ognuno di noi dovrebbe<br />
essere un po’ poeta e un po’ spazzino?<br />
– Perché questo romanzo? Perché il mondo degli spazzini è ricco e variegato,<br />
una fonte di vita davvero sorprendente. Gli spazzini conoscono il<br />
ventre della città in cui vivono, ne conoscono le più recondite sfumature<br />
attraverso i rifiuti. Poi ci sono state delle occasioni che mi hanno spinto a<br />
“spiare” nelle loro abitudini, nelle loro manie e ne è venuto fuori un affresco<br />
affascinante e intrigante che mi ha coinvolto anche emotivamente e mi ha<br />
fatto molto divertire, da un lato, e meditare molto dall’altro. L’ho scritto<br />
perciò aiutato anche da occasioni (molto prima che accadessero i fatti di<br />
Napoli) sbalorditive come quella della gita a Venezia realmente avvenuta<br />
o come quella dei libri trovati nei cassonetti della spazzatura. Il primo<br />
spunto però è venuto tanti anni fa da uno sciopero dei netturbini romani<br />
e dal vedere dei turisti giapponesi fotografare i cumuli della spazzatura<br />
non raccolta. Tra loro c’erano degli artisti che mi confidarono che avrebbero<br />
utilizzato quelle immagini per realizzare le “opere del futuro”. Non<br />
erano dei veggenti, ma evidentemente intuirono che cosa sarebbe accaduto<br />
prima o poi.<br />
Il poeta e lo spazzino (ma si potrebbe dire il poeta è lo spazzino) hanno<br />
molto in comune. Il poeta raccoglie i detriti del nonsenso e mette ordine<br />
nelle emozioni, nei sentimenti, nei sogni. Il secondo raccoglie i rifiuti<br />
urbani e pulisce le città dal peso del superfluo. Ecco, il superfluo è diven-
INTERVISTA A DANTE MAFFIA<br />
tato un peso enorme, ha assecondato la globalità e siamo finiti tutti sul<br />
bordo delle cloache del macero. E poi... sia il poeta e sia lo spazzino sono<br />
persone marginali, compiono un lavoro delicato e nessuno li considera.<br />
Un tempo il poeta era l’ospite di riguardo delle corti, adesso è un reietto,<br />
uno che non produce né patate né grano, un essere inutile. Lo spazzino<br />
non è inutile ma è come se lo fosse. Non ho mai sentito qualcuno vantarsi<br />
di avere un parente spazzino. E nemmeno un parente poeta. Qualche<br />
ragione ci deve essere. Se l’umanità prendesse coscienza della dignità e<br />
della “utilità” della poesia, si renderebbe conto anche della utilità di chi<br />
gli fa trovare a ogni nuovo giorno le strade praticabili. Ecco, sia il poeta e<br />
sia lo spazzino danno la possibilità di percorrere agevolmente e senza<br />
cattivi odori le strade. In certo qual modo le aprono verso le più svariate<br />
mete.<br />
• Hai vinto molti e prestigiosi premi letterari e fai parte a tua volta delle<br />
giurie di altrettanti importanti premi letterari. È davvero così importante<br />
vincere un premio letterario? Voglio dire, il successo di un poeta/<br />
scrittore/saggista si misura da questo?<br />
– Dipende da chi vince il premio dare o non dare importanza al riconoscimento.<br />
Ricordo che Dario Bellezza quando si scagliava contro qualcuno<br />
che non lo considerava a dovere alzando la voce diceva che lui era un<br />
Premio Viareggio.<br />
Comunque un premio letterario è sempre un dato di attenzione da parte<br />
di una giuria più o meno qualificata, di addetti ai lavori. Naturalmente<br />
poi tutto si misura sulla durata delle opere e se i premi ricevuti sono stati<br />
il frutto di alleanze, di gestione di potere e di altre camarille, l’importanza<br />
dell’autore sfuma nel nulla. Del resto i premi sono un fatto di “attualità”,<br />
servono a creare conoscenze, a creare scambio, a sottolineare alcune<br />
opere di pregio. Certo, il successo è dovuto anche ai premi, ma poi c’è il<br />
tempo galantuomo che attutisce e cancella le tracce dei premi; i premi<br />
stessi spariscono, tranne alcuni, e ancora una volta è la qualità delle opere<br />
che conta per restare nell’immaginario collettivo e restare un riferimento.<br />
Quando io ero ragazzo c’erano premi a cui tutti anelavano, per esempio il<br />
Premio Gatti, il Tarquinia-Cardarelli, il Martina Franca, lo Scanno, il<br />
Vallombrosa, il Fiuggi, Il Crotone, l’Etna-Taormina, il Chianciano, il<br />
Verrina-Lorenzon. Adesso nessuno se li ricorda. Ma non si ricordano<br />
neanche i premiati al Campiello, allo Strega, al Viareggio. I premi dunque<br />
sono un veicolo per promuovere innanzi tutto una località, poi un veicolo<br />
per promuovere alcuni giurati presso le case editrici e poi, forse, un<br />
veicolo per promuovere i premiati. Sono però, nonostante questi limiti,<br />
necessari per creare interesse.<br />
Ma non determinano il successo vero degli autori. Chi non vale si perde<br />
piano piano nel mucchio indistinto. E poi... Alcuni grandi autori hanno<br />
avuto l’incoronazione del Nobel dopo essere diventati famosi nel mondo,<br />
11
12<br />
MARIA FONTANA ARDITO<br />
non è stato il Nobel a farli conoscere. Ogni premio può essere un’arma<br />
per la conoscenza, ma, ripeto, se non c’è la polpa, come si dice, tutto crolla<br />
al primo soffio di vento. Se si sfogliano i regesti dei grandi premi che resistono<br />
da decenni si trovano molti nomi mediocri che però all’epoca erano<br />
sulle prime pagine dei giornali. Allora? L’importante è non misurare uno<br />
scrittore dai premi vinti, anche se una considerazione alla fine bisogna<br />
farla: se uno scrittore riesce a vincere molti premi importanti un qualche<br />
talento ce lo deve avere, altrimenti avrebbe fatto centro solo ogni tanto.
UN’ANTINOMIA CREATIVA: “IL POETA E LO SPAZZINO”<br />
Un’antinomia creativa: “Il poeta e lo spazzino”<br />
13<br />
Rosa Romano Toscani<br />
Sempre, di fronte ad una produzione poetica, rimaniamo meravigliati, a<br />
volte anche stupiti; ci domandiamo per quali arcani sortilegi quella particolare<br />
persona è diventata poeta, scrittore, artista. Non riusciamo, però, a darci<br />
risposte esaurienti, se non affermare che ha particolari doti d’ingegno, che è<br />
diverso dagli altri uomini, per sensibilità, creatività, intelligenza, che è superiore.<br />
In sostanza questa affermazione è anche vera, ma non è sufficiente a darci<br />
delle spiegazioni esaurienti e convincenti.<br />
A partire da Freud la Psicoanalisi ha manifestato un forte interesse per la<br />
letteratura e per la poesia, e a sua volta anche la letteratura non è rimasta<br />
insensibile al fascino di questa disciplina.<br />
Il primo studio psicoanalitico di un opera letteraria è il lavoro di Freud<br />
del 1906 sulla Gradiva di Wilhelm Jensen, ma l’opera che ha cercato di<br />
spiegare le origini della creatività poetica è un piccolo saggio, di sole nove<br />
pagine, intitolato “Il poeta e la fantasia” del 1907.<br />
Freud suggeriva l’ipotesi che le origini dell’attività poetica e letteraria<br />
fossero da ricercare nel bambino, nella sua capacità di giocare, di stupirsi,<br />
nell’uso che fa della fantasia, dei sogni ad occhi aperti, soprattutto nel piacere<br />
che egli prova; un piacere intimo e segreto che, secondo lo psicoanalista<br />
viennese, rappresenta la prima forma di creazione.<br />
Questa teoria, però, non è convincente, perché tutti i bambini giocano,<br />
tutti fantasticano, inventano favole, di conseguenza, allora, tutti potrebbero<br />
diventare poeti.<br />
La risposta di Freud è che solo pochi, pochissimi possono diventarlo, solo<br />
quelli che sono riusciti a rimanere in contatto con quel piacere originario, così<br />
forte e coinvolgente al quale non vogliono e non possono rinunciare; ricercano,<br />
quindi, quel piacere sotto altre forme, forse anche in modo inconsapevole.<br />
«In ogni uomo è nascosto un poeta», diceva Freud, «il poeta fa quello che<br />
fa il bambino giocando», ma «l’individuo crescendo smette dunque di giocare<br />
e sembra rinunciare a conseguire il piacere che ritraeva dal gioco. Ma chi<br />
conosce la vita interiore dell’uomo, sa che non vi è cosa più difficile della<br />
rinuncia a un piacere già una volta gustato» (Freud, 1907) e aggiunge che<br />
tutti gli uomini, in certi momenti della vita, si dedicano a fantasie, a sogni ad<br />
occhi aperti, ma ne hanno vergogna, preferirebbero «confessare le proprie<br />
colpe, piuttosto che comunicare le proprie fantasie».<br />
PERIFERIA, 2(<strong>69</strong>), ANNO <strong>XXVII</strong> N.S., 2008
14<br />
ROSA ROMANO TOSCANI<br />
Secondo questa ipotesi il poeta è colui che riesce a superare la vergogna<br />
per rimanere, in modo inconscio, vicino a quel desiderio e che cerca di fuggire<br />
dalla realtà per entrare nella fantasia, sentire emozioni e stravolgimenti<br />
dell’animo fino a quasi provare una sottile sofferenza di piacere.<br />
«Come il poeta riesce a fare ciò», dice Freud, «è il suo particolarissimo<br />
segreto; la vera ars poetica consiste nella tecnica per superare la nostra ripugnanza,<br />
la quale è certo in connessione con le barriere che si elevano fra ogni<br />
singolo Io e gli altri».<br />
Qual è il segreto di Dante Maffia?<br />
Questa domanda è la stessa che fece il Cardinale Ippolito d’Este, al quale<br />
era stato dedicato l’Orlando furioso, all’Ariosto «Dove avete trovato tutte<br />
queste storie, Lodovico?», della quale non conosciamo la risposta.<br />
Freud ci aiuta ancora affermando che i poeti creano un mondo immaginario,<br />
prendendolo, come fanno i bambini, molto sul serio, caricandolo di<br />
aspettative, separandolo dalla realtà e unendolo ad essa, perché provano nei<br />
confronti del mondo una sorta di insoddisfazione. La realtà non riesce ad<br />
appagarli totalmente, il loro mondo interno è ricco, vasto, ampio che nessuna<br />
realtà esterna, anche la più gratificante può colmare il desiderio che si accende<br />
di volta in volta. Così come rapidamente si spegne di fronte alle delusioni<br />
della vita.<br />
Un’opera poetica e letteraria e artistica cela la sofferenza di chi tende ad<br />
maiora, di chi disprezza la grettezza, gli inutili narcisismi, la megalomania<br />
più frenata.<br />
Dante Maffia, Esopo moderno, ci consegna con «Il poeta e lo spazzino, un<br />
libro di racconti», ci suggerisce di guardarlo nelle prime e ultime pagine e poi<br />
di leggerlo.<br />
Noi l’abbiamo fatto ed è nato un silenzio di parole, un silenzio quasi religioso<br />
nell’accostarsi ad un poeta spazzino dell’anima, che recupera tesori<br />
nascosti, cose che ai più sembrano cianfrusaglie. «Si tratta, come dice mia<br />
moglie, di cianfrusaglie... Io mi sento ricco da quanno ho sta collezione,... mi<br />
abbuffo di gioia» dice Zecchinetta, il protagonista del romanzo, perché di<br />
romanzo si tratta, di un romanzo metaforico, anche se non rispetta i canoni di<br />
questo genere letterario. La serie di racconti è un affresco sulla miseria della<br />
vita e sulla nobiltà d’animo e i personaggi si presentano, di volta in volta,<br />
come attori in un’unica scena. Racconti brevi, incisivi, pittorici, si presentano<br />
sotto forma di favola moderna e sono pause, pause necessarie al pensiero,<br />
sopraffatto da sentimenti, sensazioni e immagini che richiedono tempo per<br />
essere gustati.<br />
La ricchezza e la povertà, l’ignoranza e la cultura, la pulizia e la sporcizia,<br />
la fantasia e la realtà, antinomie illimitate per chi crede nell’infinito.<br />
L’essere umano e il mondo racchiuso in due parole, “il poeta” e “lo<br />
spazzino”. Il bello e il brutto, il buono e il cattivo, l’onesto e il disonesto, il<br />
conscio e l’inconscio, il mistero dell’uomo e della sua condizione di vita,<br />
nell’antinomia costituzionale dell’essere, per dirla con lo psicoanalista cileno
UN’ANTINOMIA CREATIVA: “IL POETA E LO SPAZZINO”<br />
J. Matte Blanco, in quella bilogica che lo differenzia da tutti gli altri esseri<br />
viventi e che rappresenta la sua ricchezza e la sua povertà.<br />
Dante Maffia con questa grande metafora afferma che dalla “monnezza”<br />
si possono estrarre tesori, come a dire che se si ha il coraggio di entrare nella<br />
vita “la puzza”, come afferma un personaggio del libro, sparisce “come per<br />
incanto”.<br />
Siamo di fronte ad un paradosso, trovare oro nella “monnezza” e<br />
“monnezza” in ciò che rifulge falsamente.<br />
Dalla “monnezza” può nascere una speranza di felicità se si ha il coraggio<br />
di rimanere fedeli a sé stessi nella certezza che ancora esiste una città «p’allevà<br />
le favole,... la verità nun se copre co le parole, l’immondizia parla tutte le<br />
lingue e si fa capire senza mezzi termini».<br />
Dante Maffia si è fatto capire con un linguaggio profondo e nello stesso<br />
tempo carico di humor e di immediatezza, il linguaggio dei poeti, dei pochi,<br />
per svelare i meccanismi perversi che stanno in agguato nelle alchimie delle<br />
relazioni... affinché il mondo non si addormenti «nell’assoggettamento e nella<br />
passività».<br />
«La sua anima era come le strade e le piazze che lei puliva» pensava «la<br />
spazzina che sembrava un angelo». Chi leggerà questo libro sentirà l’anima<br />
più leggera e più pesante nello stesso tempo, sarà spinto a pensare e a riflettere<br />
sul mistero e sulla forza della poesia.<br />
Fin dall’antichità l’uomo ha avuto il bisogno di raccontarsi e di raccontare.<br />
La favola, a differenza della fiaba, è stata la prima forma letteraria<br />
tramandata, a partire da Esopo, schiavo di origine frisia nel VII-VI secolo a.C.,<br />
in forma scritta.<br />
Dante Maffia si riallaccia a questo genere letterario forse troppo dimenticato,<br />
che è fiorito in Oriente come in Occidente, in età ellenistica, nel Medioevo,<br />
nel Rinascimento fino ai giorni nostri.<br />
Ricordiamo La Fontaine, Lamartine, de Montagne e Gadda e Goethe,<br />
Lessing e Crudeli e Trilussa.<br />
Solo alcuni nomi di grandi scrittori che non hanno disdegnato, così come<br />
ha fatto Dante Maffia, con il “Poeta e lo spazzino” di raccontare nella forma<br />
poetica della favola, della miseria e della nobiltà dell’uomo.<br />
15
16<br />
ROSA ROMANO TOSCANI
DANTE MAFFIA TRA “CASTITÀ” E “CINISMO”<br />
Dante Maffia tra “castità” e “cinismo” *<br />
17<br />
Sabino Caronia<br />
In Il romanzo di Tommaso Campanella c’è una frase significativa che Dante<br />
Maffia fa dire al protagonista: «La mia anima è senza patria ma il mio corpo<br />
appartiene alle zolle in cui sono nato» (p. 233).<br />
È quel senso cosmico a partire da una Calabria arcaica e contadina che già<br />
Alvaro indicava in Campanella quando parlava di «natura come appare nelle<br />
solitudini dell’infanzia» aggiungendo «sul ceppo fantastico dei mondi infantili<br />
si inserisce l’osservazione delle cose, la scienza confina ed è anzi confusa<br />
con la poesia» (Le più belle pagine di Tommaso Campanella, a c. di C. Alvaro,<br />
Treves, 1935, pp. V-VI).<br />
E non è un caso che Maffia abbia curato l’edizione delle Poesie di Campanella.<br />
Con Campanella un altro riferimento imprescindibile è quello a Vincenzo<br />
Cardarelli.<br />
Appunto, Cardarelli e Maffia, Cardarelli alter-ego di Maffia, il Maffia che,<br />
già nella terza sezione de Il leone non mangia l’erba, a Cardarelli ha dedicato<br />
una poesia, Per Vincenzo Cardarelli, che non può non essere considerata un<br />
necessario punto di riferimento («Dal Pincio guardavi / molte ore scorrere, /<br />
passare velieri sull’obelisco. / Riuscivi a contare fino a quattro, certe sere. //<br />
Non si sono mossi i leoni / da Piazza del Popolo, aspettano / un altro tiranno:<br />
/ ma resta / l’incorrotta sostanza del tuo sogno», p. 34), il Maffia che con<br />
Cardarelli condivide anche una ben precisa condizione esistenziale, quella<br />
“solitudine” di cui parla Flaiano in La solitudine del satiro, la solitudine del<br />
poeta che voleva dire le sue Parole all’orecchio e si ritrovò poi Solitario in Arcadia,<br />
la solitudine del poeta che diceva di sé e della sua poesia «La speranza è<br />
nell’opera. / Io sono un cinico a cui rimane / per la sua fede questo aldilà. /<br />
Io sono un cinico che ha fede in quel che fa».<br />
Recensendo il mio romanzo L’ultima estate di Moro Maffia ha scritto tra<br />
l’altro: «Caronia non fa misteri, non tenta artificiosamente l’esame di coscienza<br />
di un povero letterato, ma si confessa ed è confessione di una fede, nella luce,<br />
nella vita e nella morte, confessione di una rivolta e di una iniziazione, perfino<br />
di un fallimento, che non è personale, ma di una società, di un popolo. L’aura<br />
del dramma così s’espande su tutto e le pagine s’inseguono con ritmo incalzante,<br />
con un sapore di fiele; il cinico che ha fede in quel che fa emerge con<br />
tutta la sua forza e la sua rabbia, ma anche con la sua umanità e la sua sete<br />
d’amore».<br />
––––––––––––<br />
* Per ragioni di spazio l’articolo anticipa il più ampio saggio che l’autore pubblicherà<br />
nei prossimi numeri di “<strong>Periferia</strong>”.
18<br />
SABINO CARONIA<br />
È una considerazione che si potrebbe utilmente riferire allo stesso modo<br />
al recensore, come se parlando del mio romanzo Maffia parlasse in fondo<br />
anche di sé.<br />
Come Cardarelli un altro riferimento necessario è per Maffia Lorca e in<br />
proposito non a caso nell’intervista con Maria Fontana Ardito è richiamata La<br />
morte di Ignazio Sanchez, la poesia in cui Lorca comincia col dire: «Voglio<br />
vederli qui gli uomini di voce dura / davanti a questo corpo con le redini<br />
rotte» e un po’ dopo «Perché tu sei morto per sempre / come tutti i morti<br />
della terra» per concludere «Muore anche il mare».<br />
Ecco, non si può fare a meno di sottolineare la presenza del mare nella<br />
poesia di Dante Maffia, secondo quanto è già dichiarato in Il leone non mangia<br />
l’erba «Io venni dal mare» (Tra gli oleandri, p. 9), quella presenza che è una<br />
costante da Le favole impudiche («Se un giorno vorrò rifare / la storia del<br />
nostro amore / bisogna che pensi al mare, / a tutte le filastrocche del vento, /<br />
alle serate sciocche / della mia fanciullezza / quando chiuso e sbandato / in<br />
un motivo assoluto / ti avrei anche dato gli occhi, avrei bevuto / le pozzanghere<br />
dove l’azzurro / sfilacciava riverberi, assonanze del tuo cuore. / Ripenserò<br />
alla neve, alle sere sospese / in un’altalena d’ombre, / alle attese bugiarde<br />
della vita. / Se un giorno vorrò rifare / la storia del nostro amore / penserò al<br />
mare», Penserò al mare, p. 63) a Al macero dell’invisibile («Dovrei riconoscermi<br />
nel mare? / posso anche piegarmi all’analogia / ma poi mi pongo in altro, /<br />
ne resto fuori con gaudio. // Tutto ciò che si muove di continuo / è tradimento,<br />
ansia di trovare la radura / e mettere su casa. Il mare / ha mille occhi<br />
e piange troppo. // La mia anima è randagia ma ha pause / che vivono un’eternità.<br />
Perfino la paura / siede sotto le quercie e si ristora / giocando con le<br />
formiche in lunga fila. // Così la pagina resta bianca. / Non voglio misurarmi<br />
con il fine / né col principio delle cose. Mi basta / essere assolto dal tuo<br />
sorriso», Tutto ciò che si muove, p. 68).<br />
Si può dire a questo proposito che Maffia, partendo come me, sulla scia di<br />
Forster e di Tomasi di Lampedusa, da una concezione superata del mare, partendo<br />
come me, sulla scia dei Greci, da quel presupposto che il mare fosse incontaminato<br />
ed eterno, arriva, sulla scia di Lorca, alla conclusione del protagonista<br />
di Un lupo mannaro: «In fondo il mare invecchia? Mette rughe?» (p. 104).<br />
Per concludere, altro nume tutelare per Maffia è Borges, il Borges di quello<br />
straordinario racconto dell’Aleph che è intitolato La biblioteca di Babele e poi<br />
ancora il Borges del Parlamento, la “favola”, come è detto nell’epilogo del<br />
Libro di sabbia, «più ambiziosa del libro».<br />
Appunto nel Parlamento è detto: «Ogni tanti secoli bisogna bruciare la<br />
biblioteca di Alessandria».<br />
E viene da pensare al sogno della biblioteca che brucia in Il romanzo di<br />
Tommaso Campanella (pp. 38 sgg.) e poi soprattutto a La biblioteca d’Alessandria,<br />
l’opera poetica a cui più che ad altre Maffia crede di poter affidare il compito<br />
di rappresentarlo.<br />
Lo stesso Borges, in un’intervista dell’aprile 1973, così spiegava il senso
DANTE MAFFIA TRA “CASTITÀ” E “CINISMO”<br />
del racconto Il Parlamento: «I membri del Parlamento vogliono essenzialmente<br />
ridurre il mondo ad alcuni simboli; come sempre in casi simili, falliscono,<br />
e l’originalità del mio racconto sta nel fatto che per loro quel fallimento,<br />
quell’accettazione della pluralità, della molteplicità irriducibile del<br />
mondo, è sentita non come un fallimento ma come un successo. Non so se<br />
questa esperienza mistica è possibile; in ogni caso, se non è possibile per le<br />
coscienze umane, lo è stata per la mia immaginazione durante la stesura del<br />
racconto. Il Parlamento va crescendo, abbraccia l’universo, abbraccia la pluralità<br />
delle cose, ma in questo i protagonisti non vedono una sconfitta ma bensì<br />
una specie di vittoria».<br />
Borges e Maffia.<br />
Certo, col passare del tempo, la musa “austera”, “sobria e pudica” di cui<br />
diceva Palazzeschi a proposito di Il leone non mangia l’erba, si è venuta arricchendo<br />
di valenze nuove e diverse.<br />
Nella prefazione a La castità del male Giuseppe Pontiggia si chiedeva «può<br />
essere casto il male?», per concludere «L’originalità di Maffia è di credere a<br />
una parola di cui nel contempo erode la credibilità e di credere a un dialogo<br />
che nell’età della comunicazione rischia ogni volta di risolversi in un monologo<br />
autistico. Di tale fertile contraddizione la sua poesia non è solo testimonianza,<br />
ma vita inafferrabile e imprevedibile».<br />
19
20<br />
SABINO CARONIA
SU “LA BIBLIOTECA D’ALESSANDRIA” DI DANTE MAFFIA<br />
Su “La biblioteca d’Alessandria” di Dante Maffia<br />
21<br />
Giuliano Manacorda<br />
Dante Maffia affronta la battaglia forse più difficile che un poeta dei<br />
nostri giorni possa affrontare: riprendere a tema e quasi a modello la grecità<br />
più classica e più tragica, quella che ebbe nell’incendio della Biblioteca di<br />
Alessandria il momento culturalmente più drammatico.<br />
Nulla di più facile, su un tema siffatto, che cadere o nella retorica<br />
classicheggiante o nella falsa modernizzazione dell’argomento: Maffia<br />
esclude l’uno e l’altro pericolo enunciando quindici “confessioni” (forse una<br />
lontana reminiscenza di Spoon River) che legano indissolubilmente la sorte di<br />
quell’insostituibile monumento culturale distrutto duemila anni fa dalle<br />
fiamme, con le testimonianze drammatiche di coloro – poeti e scrittori – che<br />
soffrono per quel tragico evento il danno della perdita delle loro opere. Tema<br />
del tutto nuovo e difficilissimo, che l’autore ha potuto affrontare rinunciando<br />
sia a ingombranti testimonianze storiche sia a lacrimevoli lamentazioni. Le<br />
“notizie”, le “testimonianze” in prima persona vengono rese con tali asciutti<br />
ma drammatici accenti da rendere “vere” quelle che dovettero essere le parole<br />
di chi da quell’incredibile evento subì il maggior danno.<br />
Senza una parola di sciocca retorica o di inutile pianto, le pagine del libro<br />
di Maffia scorrono sotto gli occhi del lettore – «Il mio scaffale nella Biblioteca /<br />
era il più fornito...»; «Il fuoco entrò col pretesto di purificare...»; «Non ha importanza<br />
ormai / che sia stato scrittore...» – come dolenti e secche testimonianze di<br />
un fatto che fu oggettivamente vero duemila anni fa, ma che solo oggi, attraverso<br />
pagine limpide e dolenti di un poeta di venti secoli dopo, tornano umanamente<br />
attuali; quasi miracolosamente e credibilmente sottratte all’oblio,<br />
nelle quali l’ovvia falsità storica nulla toglie all’attualità poetica; e persino –<br />
vorremmo dire – alla loro possibile verità biografica.<br />
Con questi testi Maffia dimostra davvero di essere uno dei maggiori poeti<br />
italiani del secondo Novecento.<br />
PERIFERIA, 2(<strong>69</strong>), ANNO <strong>XXVII</strong> N.S., 2008
22<br />
GIULIANO ANTONIO MANACORDA DONADIO<br />
La verità del fuoco<br />
(una possibile traccia di lettura per “La Biblioteca d’Alessandria”)<br />
Antonio Donadio<br />
“La Biblioteca d’Alessandria”: un libricino pesante e pensante, che ti interroga<br />
e ti scruta; e tu lettore e poeta – perché uomo – ti lasci vincere e senza<br />
averne consapevolezza gli rispondi e ti risponde.<br />
È storia di un viaggio o meglio, del Viaggio. Un omerico interrogare gli<br />
avelli per poi ritornar tra coloro che credono di vedere e son ciechi senza il<br />
Canto; tra il fuoco d’Alessandria come fra le tenebre dell’oltretomba per un<br />
richiamo al Sommo di cui Maffia porta il nome; voci dal tempo e da tempi<br />
negate che in Lee Masters tornano a rivestirsi di suoni, volti, anime.<br />
Ma chi sono questi poeti, come vissero, cosa fecero, quali dolori piansero?<br />
Maffia ce li presenta ad uno ad uno. Si confessano, uomini ancor che poeti. La<br />
loro voce è una sola, il loro volto è unico: e tra i mille e mille libri, piano si ode<br />
la voce della poesia e il suo disegno.<br />
“La biblioteca” è l’ars poetica che viene da lontano e conduce oltre “il<br />
lontano”.<br />
Dal luogo al non luogo, dal silenzio alla voce, dal fuoco che distrugge al<br />
fuoco che crea ed eterna. «Non chiedete perciò dove sono» i poeti, come «cadute<br />
nell’ombra s’impastano a nuvole / che vanno senza fretta e sembrano / voler orecolare».<br />
Perché illudersi di cercare nomi di corpi, libri di voci? Essi sono la Poesia<br />
che attraverso loro ti ammonisce: «il mio nome / non esiste più, in nessun luogo,<br />
/ su nessuna pergamena». Sono morti i poeti mortali, quelli sì. «I poeti piansero<br />
fino allo stremo / e poi piombò il silenzio come pietra tombale»; ma la loro morte è<br />
vita.<br />
È attesa rinascita ad opera ancora di una fanciulla “gentile”: «Mi consolò<br />
per giorni una fanciulla / che ripeteva a memoria qualche mio verso».<br />
È la voce della Poesia che si fa carne viva.<br />
Non c’è disperazione per quanto avvenuto; ci deve essere una risposta<br />
anche quando tutto appare funesto e irrimediabile; la Poesia non può perire<br />
nel fuoco «Il futuro ha perduto un anello / ma io non mi arrendo, voglio scoprire /<br />
dove le fiamme hanno portato le mie / pergamene, se le mie parole si sono staccate /<br />
dalla mia anima».<br />
Ecco pronto il Viaggio, come da sempre «Si riparte, si riparte sempre /<br />
qualcuno poi gridò. Da dove ripartire?».<br />
Ecco il trapasso. Ma come può il poeta farsi pura voce poetica? e con quali<br />
attese, progetti? «O il progetto? Adesso che io sono puro suono / libero da fedi e da<br />
obblighi, mi sento / il Dio dell’ombra che cova un’eternità di muffa / fino a quando<br />
non avrò trovato la verità del fuoco».<br />
Ecco il ruolo del fuoco, ecco il purificatore, colui che eterna dalle ceneri.
SU LA SU “LA VERITÀ BIBLIOTECA DEL FUOCO<br />
D’ALESSANDRIA” DI DANTE MAFFIA<br />
Il poeta è consapevole del suo ruolo, della sua funzione, «istanti perduti /<br />
nella solarità del troppo detto», conscio. «So comunque / che nei miei versi cresceva<br />
l’infinito». Ecco l’iter verso l’infinito.<br />
Ma i poeti chi sono dunque? È giusto il loro insuperbirsi, il loro credersi<br />
poesia, verso? O sono solo schiavi, servi? «D’accordo, gli scrittori sono servi<br />
fantasmi / della parola; avrei almeno /potuto illudermi, ma il fuoco ha vomitato / fiele<br />
per giorni e mi ha cancellato». E dopo l’incendio? Ha forse vinto il nulla, la<br />
distruzione? «Da quel giorno il trionfo dello zero! / Non ho più corpo né anima, /<br />
nel sillabe né suoni; avevo messo nei libri / tutto». Il fuoco che rigenera e crea ma<br />
che distrugge anche ciò che va distrutto. «Il fondo / ero contento che i libri nati<br />
male morissero /per sempre».<br />
L’uomo mortale tace, ma il fuoco ha fatto salvo la sua voce e di quanti<br />
come lui.<br />
Ed è così l’epifania: «Prima il nulla, poi una parvenza, poi quel grido / della<br />
forma che si fa inseguire da aquile bianche / immortali e pretende dedizione totale».<br />
La Poesia si è manifestata, scoperta. E forse tornata? Non è mai partita,<br />
mai distrutta dal fuoco, ma dal fuoco rigenerata, anzi generata e vuole piena<br />
dedizione. Non esistono mezzi termini. E la voce dei poeti Alessandrini<br />
non ha più bisogno dell’esistere umano, carnale. «Un giorno tutti saremo nel<br />
non detto / esile ombra d’un pensiero spento» ed ecco che «già si profila l’estasi<br />
dell’ombra».<br />
Tutti li ricorderanno e come fu, sarà ancora «con quel divino porgersi d’amore<br />
/ che rende la vita un canto di mimose». E allora dal fuoco «Alessadria tornerà a<br />
svettare».<br />
23
24<br />
GIULIANO MANACORDA
Intorno “Al macero dell’invisibile”<br />
25<br />
Maria Rita Bozzetti<br />
Il libro di Dante Maffia Al macero dell’invisibile (Passigli Poesia 2006) pone<br />
il lettore sulla soglia di una lettura che nel susseguirsi delle pagine diventa<br />
corposo impegno intellettuale, non solo diletto dell’anima, ma sofferta<br />
comprensione di sé e di quanto intorno è “l’invisibile” che circonda l’io. Si<br />
compenetra chi legge con chi ha scritto e unico diviene il percorso, così<br />
scarno di autocompiacimenti che è piacevole il peso delle domande, quasi si<br />
sente necessità di spogliarsi per rivestirsi della nuda umanità. Il testo per la<br />
ricchezza di emozioni distribuite si presta ad essere fonte di meditazioni<br />
ripetute in diverse riprese, quasi necessiti di pause per meglio riflettere, per<br />
non perdere nella superficialità schegge luminose di esperienza.<br />
Ad una prima lettura, la sezione “se uno straniero bussa alla porta”,<br />
sorprende per la chiarezza della sua logica, filo teso e senza pieghe, semplice<br />
come una operazione matematica, rigoroso come una operazione di bilancio.<br />
I pietismi che potrebbero smorzare la presa di coscienza della realtà degli<br />
immigrati, sono assenti, come non compare un liquoroso atteggiamento di<br />
accoglienza. Lo straniero è pur sempre «un ospite gradito» cui dare «un pezzo<br />
di terra per / dove potrà custodire / le reliquie dei padri. / Ma non dargli le chiavi<br />
della tua casa,»: si sente l’orgoglio della propria terra, sembra di gustare il<br />
sapore della brezza che sale dal mare e raccoglie i sapori delle campagne e<br />
degli arbusti della giovinezza, ma non per questo il gesto di ospitalità è<br />
monco della pietà silenziosa che sa comprendere di un altro popolo il rispetto<br />
dei morti, metro per misurare la profondità e la pulizia di un gesto di umanità.<br />
Pur tuttavia, nella visione del futuro dei Popoli, si avverte un senso di<br />
disagio per la previsione della apocalittica fine della civiltà attuale, una<br />
paura mitigata dalla ragione che ricorda da sempre di aver dovuto accettare<br />
le metamorfosi della storia, nel continuo alternarsi delle civiltà. La consapevolezza<br />
di un inevitabile divenire degli accadimenti smorza i toni sofferti nel<br />
distacco dal proprio credo, riduce il disorientamento di trovarsi davanti una<br />
civiltà dalle usanze nuove: e il Poeta vuole contagiare di ottimismo il lettore e<br />
lo consiglia a credere che «il mutamento è l’unica certezza / che ci traghetterà nel<br />
futuro, / la diversità / è la chiave di volta / per non morire soffocati a testa indietro».<br />
È la paura di restare con questa “testa indietro” che deve raddrizzare la direzione<br />
del pensiero da viottoli pericolosi di isolamento, ma deve altresì mai<br />
dimenticare il profumo delle radici degli arbusti della originaria terra.<br />
Questo disincanto che permette al Poeta di guardare realmente le cose,<br />
nel senso di raccogliere i frammenti d’immagine e dare un senso completo al<br />
PERIFERIA, 2(<strong>69</strong>), ANNO <strong>XXVII</strong> N.S., 2008
26<br />
MARIA RITA BOZZETI<br />
loro assemblaggio, diventa emozione palpabile, capace di sottrarre certezze<br />
al suo mondo «Da troppo tempo non riesco più a capire / che cosa è veramente un<br />
orizzonte». Il Poeta sente la necessità di «smetterla di discutere con me stesso», ha<br />
bisogno di trovare quel quid che dia valore alla storia, quasi ridotta ad immagini<br />
che diventano fumose e leggenda. Ha desiderio di trovare una consistenza<br />
al domani, che non sia solo la linea sottile dell’orizzonte, ma sia corpo<br />
che dia materialità all’essere. Eppure sono parole, questi «residui di parole<br />
consunte / da accordi musicali di neve / sfiniti e poi buttati al macero dell’invisibile»<br />
«quel sussurro che appanna / l’ingordigia del vivere sembra uscire da miraggi rubati<br />
/ all’inedia di forme sopravissute. / E non so più se hanno preso / il mio posto e io<br />
fuori dal silenzio /mi crogiolo nel cerchio sibillino degli avanzi... / Ma forse è solo la<br />
stanchezza / a dettarmi le parole del possibile, o è un prestito / di quel lungo cammino<br />
di croci / che non sanno più trovare / la via della preghiera / e chiamano a raccolta / le<br />
lupe affamate della tenerezza / per sconcertare la grazia delle forme / e farne scempio<br />
per perdite infinite». Sono queste parole del possibile che diventano valigia di<br />
speranza, un gesto sopravissuto da quel macero in cui tutto si scioglie, un<br />
guardare oltre le mediocri passioni della materia più grezza, un sentire l’esigenza<br />
di altro che non deve essere solo atto di pietà verso se stesso: anche<br />
l’idea di un prestito suggerito dal lungo cammino di croci, ora incapace di<br />
parlare a Dio, potrebbe colmare il disavanzo tra il reale e il non reale, e<br />
stendere un manto praticabile sulla impervia via verso l’invisibile.<br />
Perché se l’invisibile va al macero, la finitezza del visibile non riesce a<br />
colmare il vuoto sottile, ma reale, sfiorato, quasi usmato, dell’invisibile. È in<br />
questa osservata fragilità il senso del titolo della raccolta poetica, qui il senso<br />
del Poeta, che pur definendo se stesso nella gestualità del quotidiano e quasi<br />
respirando dalla quotidianità il senso di infinito e di spazi senza cornici di<br />
tempo, pure avverte la necessità di toccare il margine di questo invisibile che<br />
tormenta il suo cuore.<br />
«Mi risiedo / e continuo a corteggiare il balbettio / della mia anima finalmente<br />
priva / d’emozioni e di logica, / sola con la sua solitudine vitale, / col suo occhio<br />
sublime che arriva / fino alle porte dell’invisibile, dove / troppe cornacchie sono<br />
vestite a lutto»: ecco che finalmente sembrano aprirsi queste porte dell’invisibile,<br />
troppo drammaticamente tinteggiate di morte, e che l’anima del Poeta,<br />
solare, mediterranea, non concepisce vestite di nero, ma dei colori della vita.<br />
Non c’è il dramma di ciò che non si vede, semmai la curiosità, che non deride,<br />
non beffa, vuole sapere per capire meglio «Avevo dimenticato che è bello /<br />
sedersi e attendere». Anche se «Non voglio restare nella radura / abbandonato agli<br />
sciacalli, alla deriva / del caso che sciaborda con insulti minacciosi / ...Spesso perdo il<br />
mio io in insenature / così piccine che la paura mi consola / e mi piego nel limbo del<br />
mio essere, / viaggio per infiniti... / La mia ragione è senza vita: origlio alla sacca /<br />
della Befana, che sta per morire». Ecco la paura, di scoprire cosa dentro la sacca<br />
della befana c’è per ognuno, la paura di non trovare niente, di sentire morire<br />
le proprie ragioni prima che qualcosa le salvi, doni loro una speranza che<br />
protegga il cuore dal dolore del vuoto. Il turbamento del Poeta si rincorre
MAFFIA NELLA POESIA DEL NOVECENTO<br />
nelle poesie, si mimetizza dentro le parole che vogliono riempirsi di suoni, di<br />
immagini per afferrare il reale che si cela dietro l’invisibile.<br />
Il libro inonda la lettura di quadretti esuberanti, di indicazioni familiari e<br />
nella furia tesa alla risposta, senti l’autenticità del Poeta che non vuole comode<br />
poltrone per sonnecchiare sul suo dramma esistenziale, che non ama compiacersi,<br />
non elogia il suo dubbio: egli con rigorosa sincerità si interroga, e<br />
dimostra quanto egli ami le tranquille stanze perimetrale dalla sua famiglia,<br />
quanto egli invochi spazi dove anche l’amore per gli animali diventa materia<br />
di vita immersa nel suo tempo, non sulle nuvole, o sugli spigolosi ambiti del<br />
pensiero in cerca di sé. È una vita affondata nelle scarpe del tempo e dell’individualità,<br />
in un ragionato interrogarsi, senza voli di fede, ma con solo<br />
contorno di domande, di interrogativi che cercano di materializzare l’infinito,<br />
sapendo quanto sia impresa difficile, ma non possa restare intentata dal<br />
cuore coraggioso di un Poeta.<br />
Il Poeta Dante Maffia è uomo schietto, e la sua poesia è itinerario affascinante<br />
per quanti si sentano pronti per un viaggio al limite del possibile, senza<br />
orpelli di salvataggio, dove pensare è denudare se stessi per vivere in libertà.<br />
Maffia nella poesia del Novecento<br />
27<br />
Maria Lenti<br />
Gli interrogativi, la memoria che vivifica, il passato che incalza presente e<br />
futuro, innervati nella poesia del Novecento, l’invisibile nutritivo sembra approdato<br />
ad un resoconto anch’esso invisibile (e imprendibile) e la ferialità sembra<br />
essere l’unico terreno su cui camminare oltre se stessi. Quando e se è consentito<br />
dagli avvenimenti del contorno. «Così la pagina resta bianca. / Non voglio misurarmi<br />
con il fine / né col principio delle cose. Mi basta / essere assolto dal tuo sorriso».<br />
L’assoluzione, tuttavia, non diventa consolazione nell’ultimo libro di poesie<br />
di Maffia. Anche il viaggio – dall’infanzia e dalla sua Calabria, alle nebbie di<br />
Milano degli anni Sessanta in cerca di altri lidi, ad altri luoghi non determinatisi<br />
come spazi da vivere – lascia solo striature, constatazioni: l’invisibile<br />
pensato, desiderato, sognato, rincorso ha assunto il colore del suo dissolversi.<br />
«In Dante Maffia l’invisibile – scrive Remo Bodei – è andato al macero.<br />
La vita quotidiana nel suo ordinato e tranquillizzante svolgersi [...] nasconde<br />
abissi angosciosi».<br />
Ma seguiamo lo snodarsi delle poesie dai pruni dell’infanzia, pieni di aspettative<br />
ed anche di spinte a muoversi, a non attendere per, invece, cercare un<br />
altro mondo – insieme agli amici e agli amici-poeti che hanno raggiunto il<br />
ragazzo colpito dal sole e dalle pieghe dei versi, della possibilità di dirsi in
28<br />
versi e di dire uno stato del mondo –, alla giovinezza e alla maturità, alla<br />
condizione di riconoscersi figlio (di una terra e di un’epoca) e padre che può<br />
seminare solo dentro il suo orto e nel recinto della sua carne essendo l’intorno<br />
occupato da protervi e violenti poteri, alla maturità che apre alla chiarezza di<br />
un lungo filo esistenziale che si assottiglia.<br />
Qui il poeta si ferma per riguardarsi, riaccendersi, specchiarsi magari nei<br />
nuovi stranieri che bussano alla nostra porta per spazi da condividere e<br />
speranze cui far mettere radici. Insieme, se è possibile.<br />
Incalza, però, il “ma” della storia che resta come esempio di orrori, il “ma”<br />
dei rifiuti sociali e, certamente, individuali, il “ma” delle rinunce o delle<br />
aggressioni mentre nuove superstizioni hanno preso il posto delle antiche e<br />
si sono fatte anch’esse “resistenze” al cambiamento. («Le falci luccicavano / e<br />
quando arrivò il primo trattore / in parecchi si fecero il segno della croce». – «Presto<br />
nasceranno seicentomila / bambini neri, due milioni / di piccoli arabi. E si moltiplicheranno<br />
[...]. Prendiamo atto dei bene che ne verrà, / o non tergiversiamo: senza<br />
ipocrisia / vestiamoci da Erodi, / per lo scontro finale»).<br />
Il quotidiano, che potrebbe essere diventato l’unico appiglio essendo andato<br />
al macero l’invisibile che aveva direzionato animi e voleri, è una maceria.<br />
È finito il gioco, resta il disinganno come nella poesia dei maestri del Novecento<br />
e, probabilmente, dei maestri di Maffia che aveva iniziato con Le favole<br />
impudiche a pensare una possibilità di uscita.<br />
Amara la poetica di questo autore, disincantata, asciugata della speranza<br />
e della illusione, in versi che salvano solo i bambini (i lontani bambini di un<br />
sé bambino), gli animali («Il gatto Emilio indaga / sul taglio del mio petto. / Mi<br />
lecca le mani / scappa sul tetto, / ritorna con un geco che mi offre / come si offre un<br />
confetto»), gli innocenti, le creature pestate dal potere, i giovani mandati al<br />
macero delle guerre, le donne assimilate alle danze popolari. (Significativa,<br />
certamente, la dedica a tre donne: «A Lara, a Serena, a Federica / sempre»: una<br />
offerta a chi può continuare la vita, a chi può continuare a donare e a donarsi).<br />
Versi che salvano la poesia se... sarà concessa la libertà di dare: «Poeti, che cosa<br />
potremo dare / se ci daranno la libertà di dare? // Parole, parole sempre nuove / mai<br />
vizze, mai stanche, mai smarrite».<br />
Il dono dei contenuti immensi<br />
ENZO MANDRUZZATO<br />
Enzo Mandruzzato<br />
Inutile dire che Dante Maffia ha scritto molto, anzi moltissimo. Non conto<br />
i suoi libri di poesia, che pure ho letto. Mi resta nella memoria un felice<br />
spunto del 2003, La biblioteca d’Alessandria. Tutti molto diversi, questi libri di
IL DONO DEI CONTENUTI IMMENSI<br />
poesia, a loro volta diversissimi dai saggi e da pagine sparse, a volte bellissime.<br />
Non posso tacere di questo ultimo libro di Maffia. Ma è difficile parlarne.<br />
Senza paragone più difficile che del suo illustrissimo e immortale omonimo.<br />
E in realtà questo succede sempre per i poeti di qualunque levatura. La ragione<br />
è semplice: la poesia non si commenta, la non-poesia (come direbbe Croce)<br />
permette discorsi larghi, anche dotti, informativi, magari inutili; ma la poesia<br />
pura si commenta con se stessa. Si parla più a lungo e più volentieri della<br />
politica del tempo di Dante o del sistema tolemaico o della struttura dell’aldilà<br />
che non della purissima poesia dantesca. Quando leggo la Chanson d’Autumne<br />
di Verlaine non vinco la tentazione di fare osservazioni filologiche su quel<br />
blesse mon coeur e di osservare l’affinità semantica di blesser con il latino caedere.<br />
Ma torniamo a Dante Maffia.<br />
È subito da dire che questa poesia provoca il commento esclamativo.<br />
Bisogna precisare che la chiarezza e il buon senso danno misura al libro e che ci<br />
sono immagini singolari e paragoni a tutto tondo. Si naviga di sorpresa in<br />
sorpresa, e nonostante l’unità delle liriche le sensazioni e le intuizioni sono<br />
molteplici. La fantasia le ricompone come il poeta le ha intuite, imprevedibili,<br />
espressioniste, arbitrarie e tuttavia compatte. Il poeta ha voluto épater les bourgeois<br />
e se non si è bourgeoi si capisce, si accetta, ci si diverte, gli si va dietro.<br />
Siamo agli antipodi del calligrafismo, della compostezza, del prevedibile.<br />
C’è un Leitmotiv, un contenuto ideologico? Sì, ma il poeta fa di tutto per non<br />
esibirlo. C’è molto pessimismo, molto disgusto, molta indignazione.<br />
Dante Maffia ha il dono dei contenuti immensi (come quelli scientifici di<br />
Dante Alighieri) o quelli monotoni, per non dire monocordi di Leopardi. Ed ha<br />
molta ribellione, molta nausea, anzi universale nausea giustificata, e molta vita.<br />
Ogni lirica (ben ritmata con ritorni all’ovile pittoreschi e incisivi come<br />
sentenze latine), molti episodi, molto brusco amore, amplessi, rivendicazioni:<br />
del sud contro Milano, della Calabria contro Milano, degli arabi contro Milano,<br />
dei poveri contro i ricchi di Milano, tutto contro Milano. Forse gli è cara.<br />
La parte più interessante ha un titolo interessante: Fingendo l’armonia.<br />
Qui tutto è così spontaneo che diventa istintivamente nostro. Sentite<br />
questa: «Se ne dissero tante... / Partito per l’America / Imbarcato su un piroscafo<br />
/ battente bandiera panamense / o liberiana. Intanto a Sibari gli scavi / richiamano<br />
da tutto il mondo / i maniaci dei cocci...». Sono poche macchie sulla tela ma<br />
formano un ambiente familiare. Un’altra poesia dice anche di più: «La rana<br />
settembrina / sente il rumore della scavatrice / e le lagne del Tg / si amplificano<br />
sulle assenze. / Anche gli insetti fabbricano / per il trionfo della produzione / ed è<br />
vero che ogni casa / ha una biblioteca di opere inutili./ Qui i libri del Barone, /<br />
servivano ad accendere il fuoco / le mattine gelate. / E la nuova virtù sociale si<br />
presentava / come una bambola di plastica / con gli occhi fissi nel vuoto». Ci sono<br />
brevi storie di donne. Per esempio Daniela Boccarini: «mi eccitava il suo<br />
accento milanese: / aveva qualcosa di fragile e d’irritante. / Ci nascondevamo<br />
dietro gli alberi fitti / o in un fosso. Quando mai più avrai / una donna così fresca<br />
e pronta / che odora di saponetta? / lo diceva dilatando le pupille, / orgogliosa e<br />
29
30<br />
convinta che tutto nascesse / e finisse nella sua persona, / e che le donne calabresi /<br />
fossero appena bestie per la monta. / A distanza di anni le scrissi / che era ancora<br />
più profumata la rugiada / della sua saponetta Palmolive / e che nonostante le<br />
docce mattutine / la mia nuova donna profumava di vita».<br />
Ma c’è una storia più tagliente, più cinica e più complessa. Riguarda certa<br />
Luisa Francosia: «Era stata affidata, a me sedicenne, / per ripassare le lezioni: / un<br />
po’ di latino, di matematica. / Accadde tutto inavvertitamente. / Per tre anni fu /<br />
un’anguilla avida./ Adesso è avvocato. Non mi saluta, / dimentica che anch’io ero un<br />
ragazzo. / Mi violentasti, mi sibila. / Non ricorda che fece tutto lei, / e che fui<br />
costretto / a lezioni supplementari». È una delle migliori della silloge delle più<br />
amaramente realistiche e psicologiche. È un racconto del Novellino in prima<br />
persona (contenuto etico a parte). Non posso non far notare l’efficacia di quella<br />
“anguilla avida” che mescola agilità e sensualità.<br />
Naturalmente “sibila” la sua facile protesta, come una serpe, simbolo<br />
onusto di cose; ma anguilla non deriva da anguis che latet in herba? Non faccio<br />
capziosa e facile erudizione. E un altro esempio ancora di come nella fantasia<br />
del poeta si versino ancestrali conoscenze, soggettive ma anche reali.<br />
Credo che anche Dante Maffia si aduli credendosi fratello dei greci, un<br />
po’ come tutti i nati nell’equivoco della Magna Graecia, ma una goccia di<br />
grecità vera c’è in una poesia insolitamente unita a formare un avvio di orghé:<br />
amori a cui il clima dona una libertà inimitabile, con i sussurri degli innamorati<br />
simili a «gridi di cardellini appena nati», una tarantella inebriante e per<br />
ognuno un dio con la minuscola: «Dio passeggiava a fianco di ognuno / reclamando<br />
la sua parte di terrestrità».<br />
L’ape dell’invisibile<br />
GENNARO MERCOGLIANO<br />
Gennaro Mercogliano<br />
La prefazione di Remo Bodei al Macero dell’invisibile (Firenze, Passigli, 2006)<br />
bene individua nella definizione rilkiana dei poeti come “api dell’invisibile”<br />
il riferimento più autorevole dal quale Dante Maffia muove per la stesura di<br />
un libro complesso, articolato in ben nove sezioni, le quali – a considerarle<br />
nella loro compattezza – a me paiono la summa ampliamente esplicativa del<br />
suo incessante lavoro poetico.<br />
Si tratta però, prima di tutto, di chiarire cos’è l’invisibile sul quale il poeta<br />
fonda la sua nuova ricerca tra le macerie della vita e del suo stesso periclitante<br />
esistere nel mondo, che continuamente offre spunti contraddittorio di declinazione<br />
possibile.
L’APE DELL’INVISIBILE<br />
Invisibile è per il poeta quanto della realtà rimane aristotelicamente in<br />
potenza e non si traduce in pienezza di parola. Ciò avviene sempre nel<br />
momento in cui verifichiamo l’inadeguatezza dello strumento espressivo e<br />
dei linguaggi, propri o impropri, coi quali siamo costretti a procedere nel<br />
faticoso cammino dell’annominatio, che non risulta mai essere perfetto né<br />
corrispondente: sempre il poeta approda al travaglioso limite del non detto.<br />
L’heideggeriana casa dell’essere, la parola, unica risorsa del poeta, non è<br />
priva di senso, ma è drammaticamente negata alla trasparenza: dannata cioè<br />
all’approssimazione se si cimenta a scavalcare l’arduo muro dell’incomprensibile<br />
realtà, che rimane invisibile, cioè inspiegabile nelle sue scaturigini<br />
prime; così come è condannata a registrare il proprio fallimento se tenta di<br />
abbattere “le torri dell’ingiustizia umana”, che è tema non secondario di<br />
questo doloroso libro.<br />
Ma invisibile è anche Mnemosine col suo trapassare nel tempo, fitta di<br />
nebbie: come un palinsesto dal quale non sia lecito cavare la scrittura prima,<br />
pur se esso contiene i fantasmi dei luoghi dell’infanzia, i profili sbiaditi degli<br />
uomini che ci sono passati davanti, l’orizzonte lontano dei paesaggi, divenuto<br />
inesplicabile grumo e folla di colori toccati dal tempo. Mnemosine viene spesso<br />
inutilmente in soccorso del poeta che reclama tutto lo spazio del dire, che<br />
anela ad essere disingannato e vero come per asseverare un bilancio di ricognizione<br />
assoluto.<br />
E invisibile è ancora il luogo indefinibile degli intrecci tra i diversi elementi<br />
della realtà, scelti o impostisi per loro propria cogente forza come<br />
oggetto del nominare e del conoscere. Invisibile, infine, è il magma dell’essere<br />
in quanto esso non appare con un suo profilo distinto, ma è per essere analogica<br />
casualità di eventi, serie di rapporti inestricabili, nesso polisenso,<br />
sinestesia, eco d’un canto che non si rassegna alla morte e che pur sa di<br />
prendere corpo su fondamenti invisibili.<br />
La grande lezione di Mario Luzi, presente e affinata dalla voce originale<br />
di Maffia a partire da Caro Baudelaire (1983), torna qui a riconoscersi, dopo<br />
varie intermittenze, anche dialettali, nessuna delle quali estranea a questo<br />
spleeen essenziale ed antico, responsabile della dannazione dei più grandi<br />
poeti del nostro tempo.<br />
«Le colline hanno un’anima», perciò, e quell’anima non si vede e non si<br />
tocca, arroccata com’è nel nido invisibile dell’immateriale; «le case sono<br />
ragazze alla prima comunione», investite di una sacralità che si avverte<br />
come presenza numinosa senza poter essere pienamente significata: «Così la<br />
pagine resta bianca» e il poeta non ha più voglia di “misurarsi” «con il fine né<br />
col principio delle cose».<br />
Una volta forzato il limite, a perdere è la parola stessa nella disperazione<br />
del poeta che non ha trovato un corrispettivo alla visione che lo adesca e lo<br />
affascina. In quello stesso istante entrambi – il poeta e la parola – periscono<br />
della propria essenza vitalistica. E il poeta scruta in silenzio il vuoto, si angustia<br />
della sua stessa inefficace oltranza, canta il proprio epicedio, si insanguina<br />
31
32<br />
del suo stesso sangue, dice e blatera, si nega, riprova ad amare e di nuovo a<br />
dire, perché «l’esperienza della scrittura è lenta e insopprimibile», è daimon,<br />
conato diabolico che prelude al canto e lo rende necessario: «Non so se appartengo<br />
alle bolge maledette / che fanno cantare Satana con sonagli asinini». Mefistofele<br />
si vende un’altra volta l’anima per non rinunciare alla chiamata dell’arte.<br />
In questo libro di Maffia troverete, nondimeno, il più ardito tentativo di<br />
adesione al reale in uno con la consapevolezza del difficile cimento con esso<br />
istituito. Troverete accenti di polemica asperrima col centro malsano del<br />
potere economico-editoriale, che esclude, taglieggia, si offre al lenocinio:<br />
Milano appare come un tetro paesaggio di vento, di pioggia, di solitudine,<br />
anche nei simboli del lusso, dell’arte e del fasto meneghino: il Castello, la<br />
Scala, il Naviglio. Tutto in Milano è terra desolata nella rievocazione del<br />
poeta. Livida, allucinata figura mortis, Milano è capace di suscitare l’indignatio<br />
del poeta, tutta quanta detta con accenti dolorosi e violenti, per i soprusi che<br />
vi si perpetrano a danno dei poeti e degli uomini.<br />
Rispetto a Milano, Roseto, il paese di Dante Maffia è speculare antifona di<br />
ricordi affettuosi e cocenti, memoria delle dolci fole e delle prime vedette,<br />
ricordo di sofferenza e di fame che costringeva all’emigrazione, ferita mai<br />
rimarginata di guerre non concepite. E a fronte di questo inventario composito<br />
fa da compenso e risarcimento la suggestiva visione del mare e del castello di<br />
Federico II coi fantasmi eterni dell’immaginazione e dell’amore materno.<br />
Una più profonda lettura del libro potrà dispiegare davanti ai nostri occhi<br />
il profilo corrusco della storia, antica e recente, e immaginare un frantumato<br />
sogno di massimi sistemi, di idee pensate a sollevare il mondo e su stesse<br />
ripiegate nel balenate ritmo dei successivi tracolli dell’umanità e del progresso.<br />
In questo libro Maffia si mette veramente in gioco, vorrei dire che si gioca<br />
veramente tutto come uomo e come poeta, tenendosi ben stretto all’idea del<br />
poeta come supremo realista però illuminato da un sogno che non vuole morire:<br />
quello di una umanità civile nella quale la poesia abbia il suo preminente<br />
posto. Non perché sia la parola a trionfare, ma in quanto lo stile alto o dimesso<br />
del poiein sempre traduce un ritmo di concordia-discors con le cose, nel quale è la<br />
fecondità del tempo interno che i poeti battono all’angolo delle strade o sugli<br />
estremi limiti del mondo, ai confini con le stelle e gli spazi galattici.<br />
I versi che lo raccontano e ci raccontano<br />
ANGELO MUNDULA<br />
Angelo Mundula<br />
Esce un nuovo libro di poesia di Dante Maffia, poeta, saggista, narratore,<br />
traduttore e, insomma, una personalità della cultura di tutto rilievo della
I VERSI CHE LO RACCONTANO E CI RACCONTANO<br />
letteratura italiana contemporanea, se già questo posto non gli fosse assegnato<br />
soltanto dalla sua statura di poeta che fin dagli esordi le venne riconosciuta<br />
da scrittori come Palazzeschi e Sciascia, per citarne solo alcuni. Ora,<br />
Maffia, giunto da tempo alla piena maturità e qui a un approdo di saggezza,<br />
ha voluto restituirci, con un suo nuovo libro, un’immagine di sé a tutto tondo:<br />
la vita, la poesia, l’infanzia, la Calabria, terra d’origine, «mio rifugio eterno»,<br />
la malattia (il male, i mali), il mondo degli affetti non solo familiari (l’amore,<br />
gli amori, rivisitati questi, talvolta, con qualche venatura erotica) e forse,<br />
forse anche un barlume di quell’invisibile che il titolo del libro sembra affidare<br />
al macero e che pure si fa strada, faticosamente (ma è solo una fatica di ordine<br />
intellettuale e spirituale, non certo poetica, essendo anzi i versi che ne dicono<br />
di una invidiabile leggerezza) tra le pieghe di questa, per dirla con le parole<br />
di Bodei, «profonda, ragionata, sensibile e acuta radiografia del visibile».<br />
È, in realtà, uno sguardo a 360 gradi che sembra voglia abbracciare tutto,<br />
convogliare tutta la propria vita nel verso che la racconta, toccandone tutti i<br />
punti nevralgici o sarà più giusto dire tutti i punti in cui si sono depositati –<br />
come pezzetti d’oro prezioso – nella gioia e nel dolore – i sensi e i sentimenti<br />
di questo poeta che ancora riesce a trasmettercene le emozioni che ci sono<br />
legate con un verso che è insieme limpido e profondo, semplice e complesso,<br />
specchio fedele dell’anima di cui sa esplorare tutte le pieghe più riposte<br />
proprio come una radiografia che metta a nudo tutte le parti del nostro organismo<br />
vivente.<br />
Talvolta col tono fermo e autorevole di chi abbia appreso da tempo la<br />
lezione della vita; talvolta con lo stupore creaturale di un bambino pieno<br />
ancora di meraviglia per fatti, luoghi o persone che siano caduti sotto il suo<br />
sguardo o entrati nella sua esperienza. E tutto si fa (è fatta ) presto poesia.<br />
Poesia di ciò che come un fiume scorre davanti ai nostri occhi e scorrendo<br />
muta e porta sempre in superficie un colore diverso di tutti i doni preziosi<br />
che vi si sono accumulati: sia il prodigio iniziale della poesia stessa («con il<br />
terrore», però, «che tutto sia stato detto») sia lo sguardo, fatto proprio, della<br />
figlia Serena che guarda gli aquiloni sia l’infanzia rivissuta negli occhi della<br />
figlia Federica (sempre con intenerita memoria); sia di quando, davanti alle<br />
«domande infinite» di Lara si sente «Eterno e maestoso»; sia quando «tra le<br />
braccia dell’essere che amo» si finge un paradiso che non c’è; sia, ogni tanto<br />
ricorrente, il paese, sempre più un paese dell’anima, alla Machado, ma anche<br />
un modo per tracciarne quasi un ritratto storico, quasi uno spaccato di civiltà<br />
contadina, in cui il poeta in lingua Maffia sembra dare la mano al poeta in<br />
dialetto che tutti conoscono e apprezzano, sia il suo incontro con Milano,<br />
destinato a restare nell’impatto forte col lettore («All’alba Milano/ ha la voce<br />
aspra dei tuoni / e un odore di crepuscolo / smarrito»); sia gli amori, rivissuti con<br />
la meraviglia di allora («Quant’era bella Carla!»); sia quando parla di politica o<br />
di religione o appena di un gatto o di una formica e di quant’altro. La poesia<br />
cerca «la possibilità / di trovare il poco / che si perde ogni giorno / e farlo diventare /<br />
tesoro da opporre / allo sperpero dell’umanità». Non manca davvero nulla a questa<br />
33
34<br />
ricerca di un poco che subito è tutto, fornendoci quasi un finale bilancio da<br />
un approdo di saggezza, di verità umana, di “dignità umana”, davvero<br />
un’immagine di poeta e di poesia di cui si sentiva la mancanza in questi<br />
tempi di molte pretese poetiche e di poesia nessuna o pochissima.<br />
Come una Itaca calabra<br />
CRISTINA SPARAGANA<br />
Cristina Sparagana<br />
L’Ulisse dell’inquieto nostos alla “smemoria” che naviga tra i versi<br />
dell’ultima raccolta di Maffia è delicato e ironico, parodistico e tragico al<br />
contempo. La sua Itaca calabra, che traspare alla soglia di ogni lirica, riconduce<br />
le gesta di un passato antieroico ma affettivo a un presente permeato d’incertezza,<br />
chiuso nella commedia dolorosa del discorso attuale, dove l’icona caricaturale<br />
prende talora il posto del simbolo e del mito. Egli ha lo sguardo<br />
volto sempre indietro, verso la sponda di un mediterraneo che si nega al<br />
ricordo e al sentimento della rapsodia, e questo sguardo sembra vacillare tra<br />
lo sberleffo e la lamentazione, tra il compianto e il sorriso del simposio. Quella<br />
che si potrebbe definire “la commedia del mare inesistente” nasce nel punto<br />
esatto in cui il periplo si trasforma in feroce “giravolta”, che vede il viaggiatore<br />
in disperato bilico tra il suo passato di navigatore e il suo presente di<br />
“anima arenata”, remota all’acqua eppure ancor soggetta ai suoi flussi e<br />
riflussi inesorabili.<br />
C’è qui un dolore del “sentirsi vivi” che si nutre di suoni e di emozioni,<br />
sinestesicamente esasperato da un’intensa miscela di fragori dove l’uomo si<br />
scorge nel suo nulla e nella sua incapacità d’ancorarsi a un’immagine<br />
compiuta, giacché una collera paradossale lo vuole destinato a volteggiare<br />
sempre su se stesso, come in preda a una sorta di bufera tutta tellurica e metamarina.<br />
(«Questo mare aggrigliato in verde cupo/ mare d’angoscia aperto sul crinale /<br />
di morte gore tutte mie prive/ di possibilità d’assoluzione»).<br />
È, l’Ulisse del Macero, una sorta di statua funeraria ben confitta nel suolo,<br />
ma pur sempre corrosa dall’incessante moto di un mar mediterraneo privo di<br />
spazio e di fisionomia («Ulisse rientra in scena / dopo un lungo sonno ristoratore.<br />
/ Penelope a colazione / recrimina con parole taglienti. // Lui ascolta ripassando<br />
immagini / che lo fanno schiavo di se stesso. / Sfoltisce col coltello rami / per remi<br />
improbabili»).<br />
Come certe polene smarrite sottocosta, esso dovrà marcire nella terra,<br />
l’animo in preda ad una inarrestabile nostalgia cosmica dell’invisibile, unica<br />
traccia della sua trascorsa epopea marinara («Non è più l’avventura che lo tenta
COME UNA ITACA CALABRA<br />
/ ma il suo giovane io che s’è smarrito / nel caldo del letto matrimoniale. Siede /<br />
davanti al mare e parla con le onde»). L’ostinata commedia del presente reca<br />
soltanto immagini legate a questa oscura idea del farsi e del disfarsi sull’eterno<br />
telaio di Penelope che travolge, in girandola perpetua, sentimenti, passioni,<br />
rituali, microequilibri da cerimoniale.<br />
Remoto, insieme, a patria e ad orizzonti, il suo tempo non fa che irrigidirsi<br />
nella ciclicità dei gesti minimi sottesi a un improbabile esistenza di<br />
matrice joyciana, che rende il quotidiano l’unico sbocco a un’epica moderna,<br />
ma pur sempre nostalgica e venata di riflessi elegiaci, dove spetta a un<br />
“signore” privo d’identità d’assumere la veste di un moderno nocchiero che<br />
informa l’anti-eroe sui problemi di rotta e di navigazione («Dopo aver portato a<br />
spasso il cane, / acquistato il giornale, scambiato / due frasi sul tempo / con un altro<br />
signore a spasso col suo cane, / mi avvio verso casa e in ascensore / incontro Nicola<br />
che mi confida / i capricci del suo Mac Intosh. / A casa è tutto in ordine. Le figlie /<br />
hanno fatto la doccia e le trenta telefonate / giornaliere»).<br />
Vi sono dei momenti, tuttavia, in cui il dio comico dell’invisibile sembra<br />
arrestare il flusso della vita, facendosi materia di dolore e di profonda consapevolezza;<br />
sono i momenti in cui il cielo di carta che sovrasta l’immenso Grandguignol<br />
della nuova tragedia del ritorno si spacca in due pirandellianamente,<br />
rivelando l’abisso e l’amarezza che precedono il vuoto, sentimento che solo<br />
può prestarsi a una celebrazione neo-sacrale.<br />
L’Odissea di Maffia si rivela in tal modo in un quadro di forti allegorie<br />
tese ad un apice minimalista ove l’assenza, la carenza, il buio, il ritrarsi di<br />
tutte le certezze sono il tessuto di una desolata partitura “atalassica” , ed il<br />
silenzio della cecità, retaggio onnipresente di Demodoco, sembrano dare<br />
ancora più risalto alla voce invisibile del mare e delle sue improbabili sirene.<br />
È senz’altro l’istante più solenne, quello del sacrificio e dell’entrata all’Ade;<br />
la smemoria si tempra nel ricordo e nella sensazione della fine; i defunti<br />
sovrastano i viventi, i rumori si annullano di colpo nell’immobile quiete<br />
dell’attesa; l’eroe perdente trova il suo riscatto nella certezza d’essere<br />
perduto («Ma è forse solo la stanchezza / a dettarmi le parole del possibile, /<br />
o è un prestito / di quel lungo cammino di croci / che non sanno più trovare<br />
/ la via della preghiera / e chiamano a raccolta / le lupe affamate della tenerezza<br />
/ per sconcertare la grazia delle forme / e farne scempio per perdite<br />
infinite»).<br />
Ma, una volta compiuto il sacrificio, ecco che tutto misteriosamente sembra<br />
riprendere la sua perpetua giravolta biologica del nulla; la morte, come il<br />
mare, è soltanto un miraggio percepito attraverso la sterile fissità della terra.<br />
Qui la frase poetica, contaminatasi nel pandemonio dei più svariati moduli<br />
stilistici – dal sepolcrale-lirico, al sacrale, all’elegiaco, all’epico, al moderno –<br />
ammutolisce rigorosamente delegando ai rumori la sua propria espressione.<br />
È come se l’Autore decidesse di lasciare che il suono prenda la mano alla<br />
parola-archetipo, facendosi via via pausa, fragore, grido, sospensione. L’eroe<br />
diventa aedo di se stesso, il nulla celebra il suo proprio nulla, la metrica<br />
35
36<br />
CRISTINA SPARAGANA<br />
sobbalza, né è annientata, il paradosso è ancora il solo dio di un’escatologia<br />
del compromesso, la parodia della ritualità si sovrappone al rito religioso,<br />
l’ybris di Ulisse – qui tutto dantesco – arranca in una sorta di ossessiva<br />
ignoranza che rivela l’inganno dettato dalla nemesi divina. («Non conosco il<br />
luogo, e questo silenzio / è estraneo, ha uno sguardo bieco / di sepoltura. Dove sono<br />
gli angeli / che dovevano proteggermi e farmi lieto? // Che inganno è questo?<br />
Stridono le porte, / strisciano scarafaggi nauseanti. / Rivoglio la mia anima. È un<br />
inganno / il lievito della trasparenza immota»).<br />
È una poetica, quella del Macero, che sembra sempre correre sul filo teso<br />
dello smarrimento, dove l’invocazione si trasforma di colpo in invettiva, il<br />
panegirico in giaculatoria, la memoria in minaccia di un presente intessuto di<br />
piccole “sciagure”. È, quello di Maffia, un tempo che si vuole trastullo di se<br />
stesso, un nostos à rebours verso un mondo neo-arcaico ove il rito diventa<br />
rituale, il sacrificio gesto auto-lesivo, il viaggio fitta quotidianità, il trageda<br />
un neoteros del vano. Ulisse è un anti-eroe condannato a sostare sulla terra,<br />
remoto al mare che l’ha partorito, simbolo del carattere del calabro che una<br />
storia di lunghe invasioni costiere ha destinato ad essere animale di roccia e<br />
di montagna, nonostante la propria geografia tutta protesa all’acqua e alla<br />
sua acquatica mitografia («Dovrei riconoscermi nel mare? / Posso anche piegarmi<br />
all’analogia / ma poi mi pongo in altro, /ne resto fuori con gaudio»).<br />
La sua, insomma, è la stessa fissità che, come già si è visto, fa sì che la<br />
non-vita si riveli nell’istante preciso in cui il cielo di carta che sovrasta le<br />
incursioni moresche, mostra il suo strappo e mette a nudo il vuoto dell’uomo<br />
calabrese avvinghiato a una terra perennemente in bilico, l’occhio rivolto con<br />
avidità a un orizzonte sempre cancellato. In questo modo, “l’anima randagia”<br />
non può che costatare la sua muta appartenenza al suolo e alla radice, la<br />
geografia si sgretola, il mito tace e ride di se stesso, i luoghi arcaici, nuovi e<br />
post-moderni si confondono insieme in una no man’s land nella cui stratosferica<br />
babele anche Ulisse è privato della luce («Il mare ha mille occhi e piange troppo.<br />
// La mia anima è randagia ma ha pause / che vivono un’eternità. Perfino la paura /<br />
siede sotto le querce e si ristora / giocando con le formiche in lunga fila»).<br />
In questo singolare epos dell’inazione quotidiana, d’inconfondibile matrice<br />
omerica, dove svariati nomi di città vengono di continuo a puntellare una<br />
mappa che sembra accartocciarsi nelle mani dell’Uomo della terra, Milano<br />
rappresenta l’approdo ad un’Ogigia della malinconia e della “smemoria”,<br />
l’iceberg dove s’incaglia la barca dell’eterno divenire e appassire dei secondi<br />
e dei secoli. Qui, come nella cantica dantesca, nel grigiore di quel “sole che<br />
tace” che spalanca le porte dell’inferno in sinestesica desolazione, il naufrago<br />
“s’interra” suo malgrado conoscendo al contempo la zavorra invisibile dello<br />
sguardo del cieco, e un nuovo Ulisse metropolitano parla con le parole di<br />
Demodoco («Ma le pozzanghere, e bene in vista. / E il sole che non trovava / il varco<br />
per farsi umano. // Appena smise di piovere, il cielo / versò grigio / e ammassò nuvoloni<br />
sul Duomo. // C’era un silenzio di foglie / che non seppero sorridere, / c’era un<br />
preludio alla deriva»).
COME UNA ITACA CALABRA<br />
Ma è ancora qui che “il sogno calabrese” affiora sulla soglia dei detriti<br />
d’un animo arenato in terrestre deriva, e il paese di nascita diviene finalmente<br />
l’unico vero approdo, la Terra che, incurante del rifiuto, salva e imprigiona al<br />
tempo stesso l’uomo nella sua dolorosa aridità.<br />
In tal quadro l’immagine di Itaca sorge e risorge con ciclicità a sgretolare<br />
l’attimo fuggente nel macero invisibile di una memoria morta. I suoni<br />
dell’inerzia tornano a farsi vivi, il fragore del nulla sembra solo dare espressione<br />
a questa sepoltura di zavorra sospinta in terra ferma, come in un rito<br />
funebre dove Lazzaro e Cristo, Ulisse e Achab giungono a mescolarsi in una<br />
frastagliata entità dell’assenza, risorgendo oltre il buio dell’esilio. Pertanto<br />
ciò che resta delle inquiete coordinate elegia che avevano informato la<br />
partenza di questo viaggio-trottola dell’eroe su se stesso, di questa “giravolta”<br />
così penosamente atemporale finisce, nel discorso di Maffia, per tornare a<br />
vibrare d’una sorta di eufonia dissepolta, che sembra emergere dall’infernale<br />
baraonda del tempo quotidiano, in accezione tutta positiva, di natura idilliaca.<br />
È la voce salvifica dei morti che la terra riporta alla memoria come l’onda del<br />
mare riconduce gli annegati alla terra: è il melodico grido dei rondoni,<br />
l’iterativo eppure sorprendente cinguettio delle allodole, lo squittio degli<br />
oggetti ripescati, l’appena percepibile sussurro del cammino dei gechi; è<br />
tutta, insomma, quella partitura, di solida radice recanatese e pascoliana<br />
insieme, che dando voce ad una micro-fauna familiare e selvatica a un tempo,<br />
riesce finalmente a riscattare un mar mediterraneo popolato di lari e di cose<br />
tangibili, stupenda miniatura di sinestesi qui tutta positiva, capace, con miracolo<br />
evangelico, di rendere a Demodoco la sua vista perduta, trasformando<br />
in visibile l’ostinato invisibile del macero, sino a sfociare nella grande ode di<br />
un figurato talamo costiero sempre smarrito e sempre ritrovato:<br />
La Calabria che lo scirocco sferza<br />
non so se venendo o andando verso il mare.<br />
La campagna ora arsa ora verde<br />
con pompamagna di vigneti e ulivi<br />
è sempre qui, ingombra la mia anima,<br />
la tesse e la distesse nei giulivi<br />
pomeriggi d’estate, negli inverni amari<br />
e tristi d’ore interminabili.<br />
La Calabria che pretende amore<br />
– e non sa bene se sia donna o falcoio<br />
la sradico, la esalto, la sotterro,<br />
la benedico e maledico e poi<br />
37<br />
la invoco: madre, tomba, cielo,<br />
condanna, luce che non tramonta mai,<br />
casa aperta sul mare,<br />
mio rifugio eterno.
38<br />
CRISTINA SPARAGANA
INTORNO A “IL CORPO DELLA PAROLA”<br />
Intorno a “Il corpo della parola”<br />
39<br />
Pasqualino Bongiovanni<br />
Ha ancora senso interrogarsi sulla natura del linguaggio? Ha ancora senso<br />
per un poeta chiedersi come possa prendere corpo la parola e quale sia, infine,<br />
il rapporto che lega la parola stessa alle cose nominate? Da interrogativi fondamentali<br />
come questi trae origine la nuova raccolta dell’ormai celebre poeta<br />
calabrese Dante Maffia pubblicata dalle edizioni LietoColle e di recente presentata<br />
a Roma. Per capire l’importanza e il peso della questione affrontata da<br />
Maffia in questo libro occorre ricordare che gli stessi interrogativi esposti inizialmente<br />
affondano le radici nell’esegesi biblica, nella speculazione aristotelica,<br />
nella definizione del segno operata da Sant’Agostino in De doctrina christiana,<br />
nelle riflessioni dantesche sul linguaggio presenti ampiamente nel De vulgari<br />
eloquentia e già in un certo senso anticipate in alcuni passi del Convivio, nella<br />
filosofia del linguaggio e nella filosofia in genere (Heidegger, Mead, Merleau-<br />
Ponty, Wittgenstein, De Saussurre, Frege). Non è un caso, dunque, che a firmare<br />
la prefazione della raccolta sia stato proprio Sergio Givone, uno dei maggiori<br />
filosofi del nostro tempo. Così, egli scrive: «Nelle maglie della realtà ci sono<br />
squarci e lacerazioni, che sembrano vere e proprie ferite, e aprono sull’altro<br />
lato del mondo; ma l’ordine naturale delle cose si richiude presto su di sé, fin<br />
troppo presto, e non lascia spazio alla fuga, né ad altro sentimento che non sia<br />
di resa, per quanto amara [...]. Nondimeno la fatica del dire, per quanto sconfortante,<br />
è doverosa, è necessaria, e infatti la sconfitta più irreparabile stranamente<br />
coincide col farsi limpido dello sguardo».<br />
Del resto, con “la fatica del dire”, con la parola ed il suo corpo, con la<br />
parola e la materia che la circonda, Maffia ha ingaggiato da tempo la sua<br />
battaglia, e non solo in ambito poetico. Basta rileggere alcuni passi di Un lupo<br />
mannaro, un suo recente e brillante romanzo: «Il guaio è che a volte, per<br />
quanti sforzi faccia, lo scrittore non riesce a trasferire nelle parole le vibrazioni<br />
occorrenti a dar vita a ciò di cui si parla [...]. Se i fonemi restano inerzia, puro<br />
esercizio di stile, impalcatura, abitudine, non sono capaci di assorbire il fuoco<br />
celeste e infernale che svaria e s’arrovella dentro.<br />
Alcuni credono che basti scegliere un nome, disegnare una fisionomia,<br />
stabilire un carattere e la frittata è fatta. Tutt’altro; per ottenere una figura<br />
viva ci vuole quell’ingrediente del soffio... il soffio che nessuno può insegnare<br />
a un altro. Vi dico di più. La genetica ha fatto progressi da gigante nella<br />
nostra epoca e ci spaventa con i risultati che andiamo leggendo di qua e di là,<br />
ma se gli scienziati della materia, quelli che lavorano nei megalaboratori di<br />
biologia, avessero osservato in profondità la vita degli scrittori, avrebbero<br />
compiuto un notevole passo avanti. Ma l’osservazione apparteneva al buon<br />
PERIFERIA, 2(<strong>69</strong>), ANNO <strong>XXVII</strong> N.S., 2008
40<br />
PASQUALINO BONGIOVANNI<br />
tempo antico; ora neanche gli scienziati sono disposti a consumare ore e ore<br />
in estenuanti attese, in agguato, nell’illusione di sorprendere una traccia<br />
sospettata ma non conosciuta».<br />
Ecco allora che in alcuni suoi versi di questa raccolta leggiamo: «Se li avessi<br />
trascritti i colloqui / col lampadario con la civetta di gesso / con le piccole rane degli<br />
ovetti Kinder, col vassoio di vetroresina Sivigliano. / Adesso avrei di che godermi l’inusuale<br />
/ l’impossibile aroma del segreto». Ed eccolo, il poeta, lanciato all’inseguimento<br />
di quel «soffio che nessuno può insegnare a un altro»: «Quanto l’ho inseguita!<br />
/ Pagina dopo pagina il soffio / si perdeva nelle approssimazioni / e nei fulgori<br />
dementi / delle indicazioni arrivate / dagli scribi egizi. / Volevo dire l’ultima parola /<br />
con la smagliante acribia/ del dettato compiuto. / Ma c’era il rifiuto della pagina».<br />
Maffia non sa perché scrive, e non sa neppure che cosa scrive. E questo lo<br />
dice chiaramente in alcuni suoi versi. Se lo sapesse non gli piacerebbe più<br />
scrivere, perché sentirebbe di muoversi attraverso una strada conosciuta, di<br />
camminare su marciapiedi troppo battuti. «Mi domandano spesso / da che cosa<br />
nascono le mie poesie / e che cosa ho voluto dire / con questo quel verso / con quella<br />
metafora. / Ma non so perché scrivo / e che cosa scrivo, se lo sapessi / non mi piacerebbe<br />
farlo / perché camminerei per una strada / conosciuta, su marciapiedi / troppo<br />
battuti». Come non notare la straordinaria sintonia e affinità con la celebre<br />
poetessa russa Marina Cvetaeva la quale, a proposito del poeta, in un suo<br />
saggio critico sosteneva: «Egli non sa che dirà e spesso non sa neanche cosa<br />
dice. Non lo sa finché non lo dice e subito dopo averlo detto l’ha già dimenticato».<br />
«Il meglio, l’essenziale» – scrive Maffia – «se ne va a spasso / appena tocca la<br />
carta; rifugge / dai noiosi finimenti e sfinimenti / della parola».<br />
Tuttavia, uno degli aspetti più peculiari e importanti di questa raccolta<br />
poetica di Dante Maffia mi sembra rilevabile in tutti quei versi che tentano di<br />
fare luce su una questione assai complessa quale è, da sempre, l’origine del<br />
linguaggio e della parola. Seguendo Merlau-Ponty, possiamo dire che vi è un<br />
luogo, aldiquà dell’espressione linguistica e del linguaggio, dove il primordiale<br />
silenzio si rompe per fare emergere il suono; vi è un luogo privilegiato<br />
in cui il linguaggio acquista corpo e azione. Come un gesto vocale diventi<br />
atto linguistico strutturato è poi altra cosa. Secondo il pragmatismo di George<br />
Herbert Mead e la sua teoria antropologica del linguaggio, parlare è un<br />
comportamento prevalentemente sociale che nasce da un’emergenza, quale<br />
può essere appunto quella comunicativa. In tal modo la parola diverrebbe da<br />
vocalizzo simile a quello animale a “simbolo significativo”. Leggendo alcuni<br />
versi di Dante Maffia ritroviamo un silenzio dello stesso tipo dal quale il<br />
linguaggio e la parola poetica miracolosamente prendono corpo; spesso si<br />
tratta dei momenti serali che anticipano il sonno («La sera, prima che arrivi con<br />
passo felpato / la serrata degli occhi, scende dal soffitto / la sottile trama delle parole<br />
[…] che arrivano da lontani regni. E non danno spazio all’effimero, anzi / s’arroccano<br />
in un’armatura di bronzo / e ridono scacciando gli importuni».<br />
«Qualche volta nel dormiveglia vedo / ghirigori di favole, vocali che si azzuffano<br />
/ per una sfumatura, altre volte / è un naufragare di consonanti che gridano / la loro
INTORNO A “IL CORPO DELLA PAROLA”<br />
impotenza in un delirio / che sembra ragionevolmente disumano. / Non ho conoscenza<br />
degli ibridi innesti / che si creano negli ingorghi delle sillabe» «Vedeste come<br />
gridano / a volte nel cuore della notte, / come si punzecchiano tra loro, / come divampano<br />
con sconnesse allusioni/ e pretese».<br />
«Mentre scendo nella castità / del silenzio e m’abbraccio / all’albero del sonno<br />
[...] gesticolando / mi divincolo dal giogo delle sconnessioni»), ma anche di silenzi<br />
improvvisi che si vengono a creare nel corso della vita domestica («Spento il<br />
televisore, nella pausa che si crea / quando il frigo tace in attesa di riprendere / la sua<br />
corsa rumorosa d’energia... ascolto / me stesso; mi parla da una parte di me / che<br />
sempre intravedo e non so dove cercarla / se sotto le palpebre o nei polpastrelli / o<br />
nell’incavo dei piedi»).<br />
Anche secondo l’esegesi biblica la parola rappresenta una rottura, un’interruzione<br />
di quel silenzio primordiale di cui parlavamo precedentemente. È<br />
attraverso la parola che si crea quella separazione all’interno del caos in<br />
grado di produrre l’ordine teso alla vita. Si pensi al passo della Genesi sulla<br />
creazione in cui la divisione e la distinzione uomo-donna non sono altro che<br />
il frutto della stessa parola la quale dal nulla primordiale crea e differenzia:<br />
«A immagine di Dio lo creò, maschio e femmina li creò». L’uomo nel suo<br />
primo apparire è quindi costituito dalla parola stessa. Il suo stesso corpo è<br />
parola, perché è grazie alla parola che l’uomo si percepisce e soprattutto si<br />
relaziona ad un’altra persona. È la parola che crea e mette al mondo l’uomo,<br />
che gli consente un rapporto simbolico (dotato cioè di senso) con ciò che gli<br />
sta intorno (il reale) permettendogli di entrare in un rapporto dialogico con i<br />
suoi interlocutori.<br />
La Parola è ciò che consente all’uomo di creare il mondo che lo circonda,<br />
dando corpo e vivificando tutto ciò che nomina. Ecco alcuni versi di Maffia in<br />
proposito: «Ogni verso è un aborto paragonato / a ciò che veramente vuole ritrarre,<br />
/ eppure m’avvicino sempre più / approfittando della distrazione / del dio che mi<br />
spinge a sfidare / con le parole la materia». La parola permette all’uomo di essere<br />
a sua volta “creatore”, di essere pertanto fatto ad immagine di Dio. Un<br />
concetto assai simile a quello appena espresso lo si può ritrovare anche in<br />
Dante Alighieri. In un passo del Convivio, infatti, attraverso il teorema soli<br />
homini datum fuisse loqui, preannuncia uno dei temi più importanti affrontati<br />
nei i primi capitoli del De vulgari eloquentia secondo il quale il linguaggio è<br />
un’operazione tutta umana, tipica cioè dell’uomo in quanto essere razionale<br />
finito dotato di logos e fornito di una mente atta a ricevere la virtù divina.<br />
Così, in quanto “animale linguistico” l’uomo riflette nella sua natura la stessa<br />
immagine di Dio, ed il rapporto di comunione tra il primo uomo e il Creatore<br />
(di cui abbiamo precedentemente parlato) lo ritroviamo nei primi capitoli del<br />
De vulgari eloquentia dove, nella descrizione del rapporto di comunione tra<br />
Adamo e Dio, viene appunto definito l’archetipo e il modello ideale di tale<br />
mimesi. Per motivi opposti, gli angeli (i quali sono calati nel silenzio della<br />
speculatio Dei), e i bruti o gli animali (condannati al rumore del suono<br />
inarticolato) sono estranei alla parola perché si collocano al di sopra o al di<br />
41
42<br />
sotto della soglia del linguaggio. In questo spazio intermedio risiede invece<br />
la parola umana la quale sembra che soltanto grazie alla poesia sia in grado<br />
di esplorare in tutta la sua ampiezza e fino alle soglie del dire lo spazio che<br />
separa i due estremi, in una condizione di perpetua ed eterna oscillazione. Di<br />
questo raro pregio che la poesia detiene ne è pienamente consapevole Dante<br />
Maffia, il quale in alcuni splendidi versi dice appunto che «La poesia è un<br />
viaggio inconsueto / che esce ed entra nel dubbio della morte, / una radura di dissensi<br />
che si fa luce»; e «nonostante l’assottigliarsi del peso / e la trasformazione delle cose<br />
in niente, / l’uomo resterà di carne e ossa e andrà / più lontano della formica, non<br />
rinuncerà / al calore delle sue mani / che gli permettono il dopo, quale che sia».<br />
Dichiarazione di poetica<br />
ELISA CAPRARELLA<br />
Elisa Caprarella<br />
La parola, il mezzo principe con cui è possibile esprimere tutto ciò che<br />
comprende l’universo del proprio sentire, attraverso la penna incandescente<br />
di Dante Maffia, poliedrico poeta, scrittore e dotto letterato, diventa materia,<br />
si trasforma, viene plasmata, ricreata. Diviene sostanza arricchendosi di un<br />
corpo vigoroso, sensuale, florido e per certi sensi arido, quando con un sonoro<br />
schiaffo ci apre gli occhi su qualcosa che si vuole eludere e dimenticare, ovvero<br />
su come alla fine tutto ciò che ci circonda è inevitabilmente volto al nulla. Ma<br />
Maffia con il libro Il corpo della parola, si fa creatore e vate, imprimendo su<br />
bianchi fogli, qualcosa che è destinato ad essere per sempre. La grandezza<br />
dei veri poeti è quella appunto, di riuscire ad eternare ciò che è fatalmente<br />
condannato a perire. In questa coinvolgente silloge, la parola si fa madre che<br />
rigenera il poeta nel momento in cui esso compenetra a fondo il segno e il<br />
significato, possedendone quindi il corpo perché dalla compenetrazione<br />
poeta-parola, essa si fa carne assumendo anche una valenza mistica.<br />
Nel momento in cui il poeta è rigenerato epifanicamente dalla parola,<br />
questa è catarticamente rinnovata ed entrambi, poeta e parola viaggiano fusi<br />
in un unico nucleo per gli infiniti della scrittura, perendo e rinascendo perpetuamente<br />
o almeno finché questa fusione avrà ragion d’essere; «...La poesia è<br />
un viaggio inconsueto / che esce ed entra nel dubbio della morte, / una radura di<br />
dissensi che si fa luce / e si consuma al primo chiarore dell’alba». Questa dichiarazione<br />
di poetica è indicativa del percorso intellettuale-poetico di Maffia, che<br />
da una negatività dialettica giunge, attraverso la ricerca di senso, a una positività<br />
che è il risultato della sconfitta umana che esiste solo in funzione del<br />
capovolgimento dialettico ottenuto nella rivelazione e nella presa di possesso<br />
della materia della parola: il suo corpo. «Mi domando spesso / da che cosa
COLLOQUI CON GLI OGGETTI<br />
nascono le mie poesie / e che cosa ho voluto dire / con questo quel verso / con quella<br />
metafora. / Nella mi pagina / stanno bene la mancanza di soggetto, / gli anacoluti, le<br />
disastrate bandiere / del nonsenso / e i rivoli di parole stanche...». Il suo essere<br />
fuoco e carne, lo porta a una feroce battaglia nella quale Maffia poeta, cerca di<br />
liquefare e modellare la poesia, nella ricerca di una liricità perfetta ed originale,<br />
ma soprattutto unica, componendo versi vibranti, intrisi di significati<br />
espressi e inespressi, riempiendo pagine di un inchiostro indelebile e pulsante:<br />
VIVO. «...La lingua è un accordo / di violette appassite / che tentano di<br />
far vivere / la cosa». Dante Maffia, ci rivela in fondo a questo libro di essere<br />
ormai un unico linguaggio: corpo e parola. Egli stesso è “pagina” che riempie<br />
la favola antica e meravigliosa che è la vita.<br />
Colloqui con gli oggetti<br />
43<br />
Sergio Givone<br />
Com’è possibile? È la domanda che i versi di questa intensa raccolta di<br />
Dante Maffia talvolta lasciano affiorare e talvolta nascondono, comunque<br />
spegnendola in una sorta di rassegnata ironia. Domanda che ammutolisce.<br />
Specie di basso continuo.<br />
O di filo melodico sussultorio e aritmico. Com’è possibile? È possibile.<br />
Semplicemente. Indipendentemente da qualsiasi risposta si voglia dare,<br />
ammesso che la si possa dare. «Il bar è chiuso per ferie. / Com’è possibile che un<br />
bar chiuda / in pieno agosto? Bisogna...». In realtà non si può far niente, perché<br />
qualsiasi cosa si faccia o si pensi di fare è già condannata al non senso o a un<br />
senso puramente fittizio. Nelle maglie della realtà ci sono squarci e lacerazioni,<br />
che sembrano vere e proprie ferite, e aprono sull’altro lato del mondo;<br />
ma l’ordine naturale delle cose si richiude presto su di sé, fin troppo presto, e<br />
non lascia spazio alla fuga né ad altro sentimento che non sia di resa, per<br />
quanto amara. «...e nessuno sa / se ci sarà il dopo». Non resta che prendere atto<br />
di una condizione d’impotenza. Semmai chiedendosi se essa rappresenti un<br />
che di definitivo e di inoltrepassabile. O non piuttosto un’ipotesi, benché la<br />
più realistica.<br />
«Freneticamente all’attacco del niente». È quanto si può dire della nostra<br />
scomposta agitazione. Che cosa sono del resto le parole se non un tessuto di<br />
improbabili colloqui con gli oggetti (assurdi, inutili) che ci circondano?<br />
Potrebbe però essere che da lì venga un messaggio, o che lì qualcuno ascolti,<br />
se è vero che lo sfarinarsi di qualsiasi significato non ci impedisce di riconoscere<br />
che siamo fatti «di carne e di ossa». Saranno pure destinate, le parole, a<br />
diventare «opache mostruose finte creature», e nient’altro che illusione la
44<br />
GENNARO MERCOGLIANO<br />
pretesa di trattenere sulla soglia «la malinconia del disperdersi». Nondimeno<br />
la fatica del dire, per quanto sconfortante, è doverosa, è necessaria, e infatti<br />
la sconfitta più irreparabile stranamente coincide col farsi limpido dello<br />
sguardo. Stranamente? O non piuttosto, suggerisce Maffia, in forza della stessa<br />
disperazione? «Chi crede più ormai che la parola / possa sdoganare il segreto di<br />
qualcosa? / Il suo compito è di registrare una nuova partita / doppia, parola ragioniera,<br />
/ senza odori o sapori, senza / la divina aura che una volta possedeva. / Meno<br />
male che ci sono i vetri puliti del balcone / e il paesaggio è visibile nella sua bellezza».<br />
Il poeta non sa perché scrive, e lo confessa; ma sostiene anche che se lo<br />
sapesse non lo farebbe, poiché sarebbe come percorrere sentieri noti, dove ci<br />
si può ritrovare, ma non perdere, non spingersi oltre il confine, non tentare<br />
l’avventura. E invece questo, forse nient’altro che questo, egli ha in mente:<br />
esplorare il negativo, affondare le parole nel silenzio, disfare il tessuto del<br />
linguaggio. Per ricomporre una trama possibile? O per bucare l’ordito, ogni<br />
ordito, nella direzione di un punto cieco ma come inesploso? Non è detto.<br />
Però è detto che «nella mia pagina / stanno bene la mancanza di soggetto, / gli<br />
anacoluti, le disastrate bandiere / del nonsenso / e i rivoli di parole stanche / da troppi<br />
anni moribonde / da troppi anni nel dormiveglia / scomodo dell’attesa».<br />
Una dichiarazione di poetica. A rendere il volume anche più pregevole e<br />
raro. Giacché Maffia fa poesia riflettendo sulla poesia, con intelligenza, e con<br />
grande consapevolezza. Come oggi accade sempre più raramente. Anche se<br />
dovrebbe essere un passaggio obbligato per tutti.<br />
Nel ritmo delle dispersioni e la fuga dell’Io<br />
Gennaro Mercogliano<br />
Il testo muove da una situazione di straniamento psicologico-esistenziale<br />
cui è da ricondurre la prima delle quattro sezioni del libro, Incubo d’agosto,<br />
laddove Maffia, a fronte d’una panica quotidianità fatta di pioggia di caldo di<br />
ferite, sembra voler riprendere e tesaurizzare, nei modi suoi originali, una<br />
esperienza significativa della poesia degli anni Settanta e oltre. Un’esperienza<br />
e una ricerca che si fece all’epoca incessante frequenza tematica e sembrò<br />
allora una pista risolutiva efficace dell’alienazione imperante nella cultura di<br />
massa e nella sopravvegnente civiltà-inciviltà dei consumi.<br />
Era il tema della fuga dell’io da un contesto culturale e sociale in rapida<br />
evoluzione, che non consentiva (così parve agli intellettuali della contestazione)<br />
l’accettazione di modelli e stili di vita e di pensiero legati ai valori<br />
della tradizione. Si disegnarono perciò in quegli anni e fiorirono, tra i dilemmi<br />
del vivere dimidiato fra tradizione e progresso, diverse e anche qualificate
NEL RITMO DELLE DISPERSIONI E LA FUGA DELL’IO<br />
mappe migratorie, anche vincenti, talvolta, sul piano delle risultanze e delle<br />
valutazioni critiche. Anche noi ce ne siamo occupati nella nostra qualità di<br />
lettori à la page di testi intrinsecamente validi.<br />
Di quella temperie Maffia riprende oggi intenzioni e stilemi, però riferendosi<br />
non a fumisterie e vagabondaggi psichici di opinabile fondatezza, ma ad<br />
eventi di una soffocante quotidianità che apre alla mente preoccupate prospettive<br />
di rovina e agli occhi dischiude probabili scenari di imminenti distruzioni.<br />
Così «avanza il ritmo delle dispersioni» e all’io-agens non resta che<br />
«distruggere i presagi / modificare le mappe», mentre «qualcuno, sornione, / s’è<br />
divertito a invertire le indicazioni», sperando che «si frantumeranno le barriere»<br />
dell’ultima resistenza umana.<br />
Questo repertorio espressivo certo risale a quella esperienza, ma – come<br />
si diceva – nulla di sperimentale può rinvenirsi nella ricorrenza di topoi ed<br />
espressioni propri di quella straniata stagione dalla parola e del soggetto in<br />
fuga dalla realtà e forse dalla stessa poesia.<br />
Tutto il discorso, infatti, si svolge su un’intensa e autentica linea d’interiorità<br />
diversamente connotata che ripudia il fenomeno in quanto tale per<br />
introiettarlo e farlo suo, passandolo al vaglio d’una rinnovata dolenza del<br />
corpo come cassa di risonanza della parola, anzi del corpo in quanto parola.<br />
Ed è da questa intuizione che si sviluppa, lungo l’arco dell’intero libro, il<br />
tentativo di una identità bio-poetica che coglie il poeta e i versi in angoscioso<br />
agonismo.<br />
Occorre andare più avanti per avere esplicita conferma di tale operazione<br />
del poeta in linea con se stesso, coerente a uno spleen che lo caratterizza già<br />
nel suo primo libro, Il leone non mangia l’erba (1974), accompagnandolo in<br />
tutta la produzione successiva, attraverso Caro Baudelaire (1983) fino alla<br />
Biblioteca d’Alessandria (2003) e Al macero dell’invisibile (2006).<br />
Si tratta ancora e sempre di quel viaggio interiore interminabile alla ricerca<br />
del mistero della parola esatta, della norma che squadri da ogni lato le pietre<br />
angolari del mondo, a specchio d’una condizione dell’esistenza incerta e<br />
periclitante come la parola stessa che vuole indovinarne l’essenza, comprenderne<br />
così le transizioni come i fini ultimi ai quali la vita inesorabilmente volge.<br />
I testi maggiormente indicativi a tal riguardo (che è – ripetiamolo – il<br />
riguardo del viaggio dentro se stesso, in quanto corpo e anima sono il<br />
ricettacolo della parola, o – se volete – il viaggio della parola dentro il corpo<br />
nell’incessante conato che la sospinge dai recessi dell’anima alle regioni fasiche<br />
del linguaggio e dell’espressione poetica) sono rinvenibili in alcuni passaggi<br />
cruciali, coincidenti con la stasi conservativa del corpo: «Le mie mani le mie<br />
braccia / il mio dorso le gambe / sono un salvadanaio / a cui si potrà attingere / per<br />
pescare parole uccise da millenni / o frastornate e messe in disparte». Una possibilità<br />
disperata, diremmo, se «il meglio, l’essenziale / se ne va a spasso / appena si<br />
tocca la carta» e il poeta sa «che ciò che ci passa accanto o ci attraversa / lascia<br />
appena una bava e non si specchia / né cresce o si frantuma».<br />
Dunque, anche il senso del tempo che passa e della confusione babelica<br />
45
46<br />
GENNARO MERCOGLIANO<br />
della lingua dei poeti, setacciata, martoriata, distrutta proprio da quella avanguardia<br />
che cercava il nuovo e il non detto; oppure semplicemente usurata<br />
per il troppo uso che se n’è fatto e che lascia poco spazio e poche possibilità al<br />
poeta del nostro tempo, quando egli tenti di tornare “con altra voce”, magari<br />
recuperando il dialetto, poeta credibile e vero.<br />
L’equazione corpo-poesia, asseverata da Dante Maffia in perfetta consapevolezza<br />
dei limiti propri al moderno poiéin, resa oggetto di un lucido ragionamento<br />
sul suo stesso fare poetico, come nota Sergio Givone nella nota<br />
prefatoria, contiene in sé un alto rischio esistenziale: la minaccia della presa<br />
d’atto finale che poetare è vivere morendo di giorno in giorno, se le parole<br />
quotidianamente si perdono, e che il poeta si trovi davanti, in conclusione,<br />
l’orrido vuoto o l’abisso del nulla.<br />
Questo mi sembra l’angoscioso dilemma sul quale questa straziante silloge<br />
è costruita, incentrata com’è su tutte le contraddizioni e su tutte le illusioni<br />
nelle quali si travaglia e si gioca la vita di chi sa di essere entrato, con la<br />
poesia, nella casa dell’essere, irrimediabilmente e per sempre: con un’unica<br />
esiziale possibilità d’uscita ancora e sempre sul nulla, rappresentato dalla<br />
consapevolezza deprimente che vana risulta l’opera a dispetto del flusso di<br />
sangue intermittente che l’ha miracolosamente prodotta.<br />
Ma come rassegnarsi a codesto possibile spaventoso bilancio, se a<br />
comporlo sono stati i momenti più fervidi di quella che per Brentano era “la<br />
calda vita” e per Maffia ora sono «marce chimere avanzate / dal tripudio incestuoso<br />
del big bang»?.<br />
Un trascolorare miserrimo di dolcezze spente, di vilipesi entusiasmi,<br />
d’ingiustificata fede nell’umano progresso o nell’eternità del sentire dell’animo,<br />
nelle stesse dolcezze dell’amore opposte al comune destino di morte? Può<br />
essere stato, può essere tutto questo la poesia per chi nel suo nome, e nel<br />
connesso postulato di gloria, ha piantato la sua vittoriosa bandiera?<br />
Può la lingua ridursi a «un accordo di violette appassite», all’«ovvia tiritera /<br />
della gelosia della morte dell’amore»?.<br />
Possono le primavere trascorse in bella baldanza di sole ridursi a «un<br />
serto d’aglio ingiallito»?<br />
E la Calabria stessa, col suo dono chiuso nel riflesso autoreferenziale del<br />
mare, col vento che “ricama” la storia del castello rosetano Federico II, può<br />
tutto questo, la propria vita, frantumarsi in una disperata inutile frenesia di<br />
parole che «gridano nel cuore della notte» e «si punzecchiano tra loro» reclamando<br />
nuova vita?<br />
Se questo è il senso recondito del fare poesia, la terribile verità nascosta<br />
agli uomini, meglio sarebbe stato non nascere col destino della parola impresso<br />
nella propria carne, meglio sarebbe stato non nascere.<br />
L’antico dolore di Sibari distrutta al colmo della potenza e della gloria,<br />
travasato nel canto nichilista di Alessi di Turio, la biblica maledizione della<br />
sapienza come fonte di maggior dolore per l’Ecclesiaste, la lucida veggenza<br />
del Siracide accompagnano e sorreggono questo epicedio della vita e della
NEL RITMO DELLE DISPERSIONI E LA FUGA DELL’IO<br />
poesia, quale a me pare Il corpo della parola, ultima e più recente fatica poetica<br />
di Dante Maffia.<br />
Si sono assottigliati – è vero – in quest’ultimo Maffia gli spazi della vitalità<br />
e della speranza. E quel suo vitalissimo antagonismo col mondo, quel suo<br />
stesso lottare con la tradizione e la memoria per la sua personale espressione<br />
di libera voce del pensiero poetante, nel quale comunque la vita si crogiola e<br />
si esalta, sembra cedere a un inatteso stupore, a un disperato bisogno d’identità<br />
che fa di questa silloge una silloge tragica, tragicamente affacciata sul<br />
niente e al niente opposta con lancinato grido dell’anima, affinché la poesia<br />
non muoia e torni a illuminare l’incerto sentiero della vita umana.<br />
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INTORNO A “UN LUPO MANNARO”<br />
Intorno a “Un lupo mannaro”<br />
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Maria Lenti<br />
Dialogo a due voci sull’amore, la sua impossibilità, la probabilità, la<br />
fedeltà, il ricordo, gli annessi e connessi e tutto il corollario d’apparato. Ma il<br />
lui (Annibale Scrivio) e la Lei, un vivo e una morta, controllano l’apparato e<br />
lo cospargono dei loro desideri e pensieri, impossibilitati a raggiungersi, ma<br />
congiunti in una nicchia di profondità dell’inconscio. Perduto è l’ordito che<br />
segna la via per fermare l’amore, lo status symbol di una possibilità relazionale<br />
che va oltre la coppia. Sì che le visite al camposanto dell’uomo, nelle<br />
mani un mazzo di fiori gialli, e la “ricostruzione” delle proprie vicende da<br />
parte della scomparsa diventano la trama di una coscienza che si era smarrita<br />
– o che non era mai stata tale – e il filo su cui distendere, quando il filo si sarà<br />
teso tra un dentro e un fuori, le soluzioni per la propria vita.<br />
Il romanzo di Maffia, che avanza per capitoli – affidati via via al raccontorincorsa<br />
del protagonista e alla memoria della sua controparte visitata in<br />
absentia –, ricostruisce una vicenda pensata e nata dalla incapacità del protagonista<br />
a viversi nel presente deprivato di tutto, però riempito di oggetti,<br />
inesistenti anche come surrogato, e di un agire demotivato nella sua essenza.<br />
Il tragitto tra il suo giorno e il cimitero è, ogni volta, il tragitto chiarificatore:<br />
in mezzo, possiamo immaginare, si situa un ascoltatore, filtro silenzioso di<br />
restituzione di chiarezza o di approccio ad una sorta di chiarità. Da lupo<br />
mannaro, lupu humanariu, urla metaforicamente alla luna la sofferenza e la<br />
disperazione, il rimpianto di qualche cosa magari solo sognato.<br />
Piano piano, con tutto il dolore di una notte buia, riesce alla luce: non è la<br />
felicità ritrovata e nemmeno trovata, ma la chiarezza di un esistere pur nel<br />
disastro che lo contorna. La risalita chiude il romanzo. Anche le tombe si<br />
ribelleranno: alla fine si rovescia l’inconscio che diventa coscienza e consapevolezza<br />
del mai più e quindi dell’ancora possibile.<br />
Rispetto al romanzo che ha contraddistinto una lunga stagione della<br />
narrativa italiana (ed europea), quello di immersione nel profondo, Un lupo<br />
mannaro si distingue per l’ottica esterna, per il periscopio puntato sull’intorno,<br />
sui comportamenti, sulle gestualità e sulla gestione della esistenza soggettiva,<br />
un periscopio incurante dei perché e dei percome il protagonista sia<br />
giunto o stia giungendo a certi risultati.<br />
Insomma, nella narrazione si dà una modalità di analisi che appare più<br />
appannaggio di questi anni che necessitano di risposte veloci... o appannaggio<br />
di un protagonista che, ormai grande nei suoi cinquantaquattro anni, non ha<br />
in animo di rivangare lontane progeniture, pesanti come macigni, e distanti<br />
PERIFERIA, 2(<strong>69</strong>), ANNO <strong>XXVII</strong> N.S., 2008
50<br />
MARIA LENTI<br />
fatuità, affidandosi al desiderio, pur ingrigito, di sciogliere le nevrosi quotidiane<br />
non a caso rovesciate sul proprio sé dagli altri.<br />
«Forse la storia d’amore non è altro che una scusa, un tentativo di ricercare<br />
la propria identità», scrive nella prefazione Marco Rossi, psichiatra e<br />
psicoterapeuta impegnato anche sulle questioni poste da lettori di riviste<br />
divulgative e da telespettatori di trasmissioni popolari. Che il prefatore di<br />
questo romanzo di Maffia sia proprio un medico specialista delle pieghe<br />
della psiche mi permette di avallare il percorso della lettura dei giorni e dei<br />
pensamenti elucubrativi di Annibale Scrivio.
NOTA BIO-BIBLIOGRAFICA<br />
Nota bio-bibliografica<br />
51<br />
Maria Fontana Ardito<br />
(a cura di)<br />
Dante Maffia è nato a Roseto Capo Spulico, in Calabria, nella Sibaritide, sulle rive<br />
dello Jonio.<br />
Si è laureato in lettere all’Università di Roma. È saggista, poeta e narratore.<br />
Esplica la sua attività critica sulle maggiori riviste italiane tra cui “Misure critiche”,<br />
“Nuova antologia”, “Il Veltro”, “Il Belli”, “Idea”, “Poiesis”, “Fermenti”, “Poesia”,<br />
“Microprovincia”, “Hebenon”, “Polimnia”.<br />
Ha collaborato anche a “La fiera letteraria”, “Il giornale di Calabria”, “Il mattino”,<br />
“La voce”, “La nazione”, “Nuovi argomenti”, “Il cittadino”, “Paese sera”,<br />
“Lunarionuovo”, “La rassegna salentina”, “Otto/Novecento”, “<strong>Periferia</strong>” ed è stato<br />
corrispondente de “La Nacion” di Buenos Aires.<br />
Ha curato per anni la rassegna dei libri per RAI 2 ed ha fondato “Il policordo”,<br />
“Poetica” e “Polimnia”. Attualmente dirige “Poiesis” (insieme con Giorgio<br />
Linguaglossa e Luigi Reina) e “Polimnia”, ed è redattore degli “Studi di Italianistica<br />
nell’Africa Australe”.<br />
Ha diretto e dirige collane di poesia, di saggistica e di narrativa per “Il policordo”,<br />
“Edisud”, “Pellicanolibri”, “<strong>Edizioni</strong> Scettro del Re”, “<strong>Edizioni</strong> Libreria Croce”,<br />
“<strong>Edizioni</strong> dell’Oleandro”, “Lepisma”, “Maria Pacini Fazzi”.<br />
Come poeta fu segnalato, agli esordi, da Aldo Palazzeschi, che ha firmato la<br />
prefazione al suo primo volume, e da Leonardo Sciascia che, con Dario Bellezza, ritiene<br />
Maffia uno dei maggiori poeti italiani, “uno dei più felici poeti dell’Italia moderna”<br />
(Dario Bellezza), “dopo Luzi il più grande poeta vivente italiano tradotto in tutto il<br />
mondo” (Maria Marcone).<br />
Da ragazzo ha vinto i più prestigiosi premi per l’inedito.<br />
Ha pubblicato:<br />
POESIA:<br />
– Il leone non mangia l’erba, Remo Croce Editore, Roma, 1974 (Pref. di A. Palazzeschi.<br />
Note critiche di M. Scotti, E. Bono), Fin. Premio Viareggio, Premio Pino d’Oro.<br />
– Le favole impudiche, Laterza, Bari, 1977 (Pref. di D. Valli).<br />
– Passeggiate Romane, Capone Editore, Cavallino di Lecce, 1979 (Pref. di E.<br />
Mandruzzato. Postf. di D. Bellezza), Premio Trastevere.<br />
– L’eredità infranta, Hellas, Firenze, 1981 (Pref. di M. Sansone. Postf. di C.<br />
Mezzasalma), Premio Brutium.<br />
– Caro Baudelaire, Editore Lacaita, Manduria, 1983, (Pref. di M. Luzi), Premio Tarquinia-<br />
Cardarelli, Premio Martina Franca, Premio Rhegium Julii, Fin. Premio Viareggio.<br />
PERIFERIA, 2(<strong>69</strong>), ANNO <strong>XXVII</strong> N.S., 2008
52<br />
MARIA FONTANA ARDITO<br />
– Sul Golgotha, Casa d’Arte Nitti, Firenze, 1983 (Pref. di C. Mezzasalma).<br />
– Il ritorno di Omero, <strong>Periferia</strong>, Cosenza, 1984 (Pref. di G. Ferroni), Premio Alfonso<br />
Gatto.<br />
– Se non sapessi nulla, Roma, 1986 (con sette linoleografie di Enotrio, 201 copie tirate<br />
al torchio).<br />
– A vite i tutte i jùrne, Carte Segrete, Roma, 1987 (Pref. di G. Spagnoletti), Premio<br />
Acireale, Premio Lentini.<br />
– U Ddìje poverìlle, Scheiwiller, Milano, 1990 (Pref. di A. Stella), Premio del Brutium<br />
del Presidente Walter Pedullà, Premio Lanciano, Fin. Premio Viareggio.<br />
– L’educazione permanente, <strong>Edizioni</strong> Casagrande, Bellinzona, 1992 (Saggio introduttivo<br />
di G. Spagnoletti), Premio Città di Cariati, Premio Calliope, Premio Circe-Sabaudia,<br />
Fin. Premio Viareggio, Segnalazione al Premio Montale, Fin. al Premio Brianza.<br />
– La castità del male, <strong>Edizioni</strong> Casagrande, Bellinzona, 1993 (Pref. di G. Pontiggia),<br />
Premio Montale, Premio Città di Venezia, Fin. Premio Viareggio, Segnalazione al<br />
Premio Brianza, Finalista Premio Nazionale “Franco Matacotta”.<br />
– Confessione, Pontedera, 1993, con un’acquatinta di A. Bobò, Edizione numerata, a<br />
cura di F. Mugnaini.<br />
– Racconto, Pontedera, 1994, con una incisione di G. Soffiantino, Edizione numerata,<br />
a cura di F. Mugnaini.<br />
– I rùspe cannarùte, Scheiwiller, Milano, 1995 (Pref di C. Magris), Fin. Premio<br />
Viareggio.<br />
– Lo specchio della mente, Crocetti Editore, Milano, 1999 (Pref. di N. Risi), Premio<br />
Insieme nell’Arte, Premio Un ponte per l’Europa Città di Ragusa, Premio<br />
Vanvitelli, Premio Circe-Sabaudia, Premio Marineo, Premio Biella, Fin. Premio<br />
Viareggio, Finalista Premio S. Nicola Arcella - Franco Lo Schiavo.<br />
– Possibili errori, Fermenti, Roma, 2000 (Pref. di M. Luzi, D. Maraini. Intr. di S.<br />
Folliero), Premio Anna Borra, Premio Contini-Bonacossi.<br />
– Papaciòmme, Marsilio Editore, Venezia, 2000.<br />
– Ucciso dentro il virgulto, Zefiro, Bagheria, 2001 (Nota introduttiva di T. Romano).<br />
– Canzoni d’amore, di passione e di gelosia, <strong>Edizioni</strong> Pagine, Roma, 2002 (Pref. di L.<br />
Reina), Premio D’Alessandro, Premio Anco Marzio, Premio Camaiore.<br />
– La biblioteca d’Alessandria, <strong>Edizioni</strong> Lepisma, Roma, 2003 (Pref. di M. Specchio).<br />
– Di Rosa e di rose, Paideia, Firenze, 2004 (Pref. di G. Manacorda).<br />
– Ultimi versi d’amore, <strong>Edizioni</strong> Lepisma, Roma, 2004.<br />
– Canto dell’usignolo e della rana, Libroitaliano, Ragusa, 2005 (Pref. di G. Occhipinti).<br />
NARRATIVA:<br />
– Immagini e rondini nella mano, Hellas, Firenze, 1982.<br />
– La lettera, Idea, Roma, 1987.<br />
– Una nuova epoca, <strong>Edizioni</strong> di Rosellina Archinto, Milano, 1989.<br />
– Corradino, Alfredo Guida Editore, Napoli, 1990 (Pref. di G. Rugarli).<br />
– La danza del adiòs, Editore Losada, Buenos Aires, 1991.<br />
– Le donne di Courbet, <strong>Edizioni</strong> dell’Oleandro, Roma, 1996 (Pref. di A. Bevilacqua.<br />
Nota critica di A. Moravia).<br />
– Il Romanzo di Tommaso Campanella, <strong>Edizioni</strong> Spirali, Milano, 1996 (Pref. di N. Bobbio.<br />
Note critiche di G. Spagnoletti, C. Magris), Premio Cirò Marina, Premio Stresa,
NOTA BIO-BIBLIOGRAFICA<br />
Premio Palmi, Premio Firenze, Premio D’Alessandro.<br />
– La Regina dei Gatti, Maria Pacini Fazzi Editore, Lucca, 2002 (Nota critica di F. Fazzi).<br />
– Mi faccio musulmano, <strong>Edizioni</strong> Lepisma, Roma, 2004 (Con una lettera di G.<br />
Pontiggia).<br />
– Un lupo mannaro, Maria Pacini Fazzi Editore, Lucca, 2004 (Pref. di M. Rossi), X<br />
Concorso Nazionale di Poesia e Narrativa “Città di San Leucio”.<br />
SAGGISTICA:<br />
– La poesia al suo culmine, <strong>Edizioni</strong> Trevi, Roma, 1974 (Note critiche su G. Selvaggi).<br />
– Forme espressive e radici nella narrativa di Gina Lagorio, <strong>Edizioni</strong> di Lunarionuovo,<br />
Catania, 1985.<br />
– I colori della vita nella narrativa di Giorgio Saviane, <strong>Edizioni</strong> di Lunarionuovo,<br />
Catania, 1985 (Present. di D. Bellezza).<br />
– Antonio Altomonte narratore, Edisud, Salerno, 1989 (Pref. di L. Reina).<br />
– Quasimodo interprete della poesia di Leonida da Taranto, Lacaita Editore, Manduria,<br />
1990.<br />
– Il Danubio di Claudio Magris, <strong>Edizioni</strong> di Nuova Antologia, Firenze, 1994.<br />
– La barriera semantica, scritti sulla poesia in dialetto del Novecento, <strong>Edizioni</strong> Scettro<br />
del Re, Roma, 1996 (Pref. di A. Granese).<br />
– Ricorda di dimenticarla di Corrado Calabrò, <strong>Edizioni</strong> de Il Veltro, Roma, 1999.<br />
– Lo sport al femminile in Italia, <strong>Edizioni</strong> de Il Chiostro, Benevento, 1999, a cura di A.<br />
Abbuonandi.<br />
– La poesia italiana verso il nuovo millennio, <strong>Edizioni</strong> L’assedio della poesia, Napoli,<br />
2001.<br />
– Poeti italiani verso il nuovo millennio, <strong>Edizioni</strong> Libreria Croce e Scettro del Re, Roma,<br />
2003 (Pref. di C. Pagan).<br />
– Voci della scrittura calabrese, Paideia, Firenze, 2003.<br />
– Risalendo il Danubio - scritti su Claudio Magris, <strong>Edizioni</strong> Lepisma, Roma, 2005.<br />
HA CURATO:<br />
– Saverio Strati, <strong>Edizioni</strong> Cultura Calabrese, Lametia Terme, 1984.<br />
– Poesie alla Calabria, <strong>Periferia</strong>, Cosenza, 1986.<br />
– Torquato Tasso, di Carlo Goldoni, Abramo, Catanzaro, 1993.<br />
– Torquato Tasso, di Francesco De Sanctis, <strong>Edizioni</strong> dell’Oleandro, Roma, 1995.<br />
– La ultima luna de junio, di Corrado Calabrò, Franco Maria Ricci Editore, Milano,<br />
1995.<br />
– Una simpatia, di Giulio Carcano, <strong>Edizioni</strong> dell’Oleandro, Roma, 1996.<br />
– Conversazioni con Montale e Pasolini, di Achille Millo, <strong>Edizioni</strong> dell’Oleandro, Roma,<br />
1996.<br />
– Poesie, di Leonida Repaci, Rubbettino, Soveria Mannelli, 1999.<br />
– Le Poesie, di Tommaso Campanella, Sistema Bibliotecario Vibonese, Vibo Valentia,<br />
1999.<br />
– Un fio de fumaca, di Andrea Camilleri, <strong>Edizioni</strong> Bertrand Brazil, Rio de Janeiro,<br />
2000.<br />
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54<br />
MARIA FONTANA ARDITO<br />
– Poesia a Lucca, Maria Pacini Fazzi Editore, Lucca, 2002.<br />
– Narratori Calabresi, <strong>Edizioni</strong> Abramo, Catanzaro, 1994.<br />
– Una vita per il suo verso, di Corrado Calabrò, Mondadori, Milano, 2002.<br />
– Poesia all’Alto Jonio (con Leonardo Odoguardi), Maria Pacini Fazzi Editore, Lucca, 2004.<br />
SUE OPERE TRADOTTE ALL’ESTERO:<br />
È tradotto in molte lingue su riviste e antologie, anche scolastiche (negli Stati<br />
Uniti, in Francia, in Belgio, in Argentina, in Spagna, in Slovenia, in Slovacchia, in<br />
Romania, in Macedonia, in Svizzera). Si segnalano i volumi che lo hanno imposto<br />
all’attenzione internazionale:<br />
– Poemata, in greco moderno, Atene, 1988 (Trad. di I. Adamides).<br />
– Poesie, in portoghese, Rio de Janeiro, 1989 (Trad. di T. Pereira).<br />
– Walking in Rome, in inglese, New York, 1990 (Trad. di G. Gordon Ham, S. Liberti.<br />
Intr. di L. Fontanella).<br />
– Il ritorno di Omero, in sloveno, Lubiana, 1985-1990 (Trad. di C. Zlobec).<br />
– Kosarba viperat, in ungherese, Budapest, 1990 (Trad. di F. Baranyi).<br />
– Antologia poetica, in castigliano, Buenos Aires, 1990 (Trad. e Pref. di A. Aliberti).<br />
– La danza del adiòs, in castigliano, Buenos Aires, 1991 (Trad. di A. Aliberti).<br />
– La primavera è un grido d’addio, in russo, Mosca, 1993 (Trad. e Pref. di L. Verscinin).<br />
– Romersk Trio (con A. Bevilacqua e M.L. Spaziani), in svedese, Stoccolma, 1998<br />
(Trad. di I. Beck. Pref. di L. Reina).<br />
– L’éducation permanente, in francese, Bruxelles, 1999 (Trad. e Pref. di D. Milano).<br />
– Poesie, in rumeno, Arad, 2001 (Trad. di V. Balteanu).<br />
– La regina dei gatti, in ungherese, Budapest, 2004 (Trad. di F. Baranyi).<br />
– La Biblioteca d’Alessandria, in rumeno, Bucarest, 2005.<br />
STUDI IN VOLUME SULLA SUA OPERA:<br />
– DE MARCO GIUSEPPE, Mappa dei poeti del Sud, Editori Federico & Ardia, Napoli, 1989.<br />
– DI CARLO FRANCO, Gli opposti segni, Capone Editore, Cavallino di Lecce, 1986.<br />
– MERCOGLIANO GENNARO, L’Odissea nel mistero, Lunarionuovo, Catania, 1984.<br />
– PETRONE VINCENZO, Lessico del dialetto di Maffia, <strong>Edizioni</strong> di Studio Zeta, Rossano, 1989.<br />
– REINA LUIGI, La poesia come azione e dizione, Pellicanolibri, Roma, 1988.<br />
– SALERNO ROCCO, Antico e nuovo nella poesia di Maffia, <strong>Edizioni</strong> Moloch, Roma, 1986.<br />
– TROCCOLI LUIGI (a cura di), Omaggio a Dante Maffia, Tribuna Sud, Castrovillari, 1978<br />
(con scritti, tra gli altri, di A. Palazzeschi, F. Cordelli, E. Bono, P. Corbo, U.<br />
Marvardi, L. Repaci, G. Trebisacce, M. Scotti, D. Zappone).<br />
HA PARTECIPATO A MOLTI CONVEGNI E RECITALS IN ITALIA E ALL’ESTERO,<br />
TRA CUI:<br />
– 1980, Budapest (Ungheria), Invito ufficiale del Sindacato Scrittori Ungheresi:<br />
Recitals a Solgotarian, Debrecen, Budapest.
NOTA BIO-BIBLIOGRAFICA<br />
– 1983, Comune di Randazzo, Convegno su Gli eredi del Verga. Relazione su Andrea<br />
Camilleri, Giovanni Torres La Torre, Eugenio Vitarelli.<br />
– 1983, Università di Budapest (Ungheria), Esempi di poesia italiana del Novecento.<br />
– 1984, Comune di Randazzo, Convegno su gli Operai di sogni, Relazione su Bartolo<br />
Cattafi.<br />
– 1984, Bled (Jugoslavia), Convegno di italianisti. Relazione su Tra il sogno e la realtà<br />
nasce la poesia.<br />
– 1984, Bratislava (Slovacchia), Invito ufficiale del Sindacato Scrittori cecoslovacchi:<br />
Incontro con i poeti italiani.<br />
– 1987, Lugano (Svizzera ), Convegno del PEN CLUB. Relazione su La letteratura di<br />
confine.<br />
– 1989, Struga (Macedonia) Relazione su La poesie entre le son e le signe.<br />
– 1989, Università di Johannesburg (Sud Africa): Relazione su L’attualità di Dante<br />
attraverso la lettura di alcuni canti.<br />
– 1989, Università di Pretoria (Sud Africa): Realazione su La personalità di Tommaso<br />
Campanella e Recital da L’eredità infranta.<br />
– 1989, Università di Pretoria (Sud Africa): Relazione su I canti politici della Commedia.<br />
– 1989, Università di Albany (Stati Uniti), Relazione su Gli scrittori italiani negli States.<br />
– 1989, Saint Mary’s College of California, San Francisco (Stati Uniti), Relazione su<br />
Come leggere un testo poetico.<br />
– 1990, Università di Catania, Relazione su Gli sviluppi recenti della poesia italiana.<br />
– 1990, Buenos Aires (Argentina), Società Dante Alighieri, Relazione su Dino Campana<br />
e Cesare Pavese.<br />
– 1991, Buenos Aires (Argentina), Presentazione alla Sala Borges de La danza del<br />
adiòs durante la Fiera del Libro.<br />
– 1991, Buenos Aires (Argentina), Incontro presso l’Istituto di Cultura Italiano su<br />
Le antologie della poesia italiana all’estero.<br />
– 1991, Università di Oviedo (Spagna), Relazione su Gli sviluppi della narrativa italiana<br />
degli ultimi anni.<br />
– 1996, Università di Philadelphia (Stati Uniti), Relazione su La tradizione lirica<br />
italiana.<br />
– 1996, Università di Salerno, Convegno su Torquato Tasso, Relazione su Tasso e la<br />
poesia e la poesia estemporanea.<br />
– 1996, Sorrento, Casa del Tasso, Relazione su Tasso tra musica, teatro e pittura.<br />
– 1996, Roma, Basilica di Santa Maria degli Angeli, Relazione su Le biografie del<br />
Tasso.<br />
– 1997, Università di Città del Messico (Messico), Realazione su Tendenze della<br />
narrativa italiana di fine millennio.<br />
– 1998, Chianciano, Convegno di Italianisti Americani e Italiani, Relazione su Chi<br />
ha paura del dialetto?<br />
– 1998, Università di Salerno, Relazione su Letteratura, culture e linguaggi del Novecento<br />
in Italia.<br />
– 1998, Università di Salerno, relazione su La narrativa ittaliana e le arti figurative.<br />
– 1998, Università di Salerno, Presentazione nell’Aula Magna de Il Romanzo di<br />
Tommaso Campanella.<br />
– 2000, Università di Siviglia (Spagna), Relazione su La poesia italiana degli ultimi<br />
anni e incontri con gli studenti di italianistica.<br />
– 2000, Università di Salerno, Corso ai neolaureati su La funzione della poesia oggi.<br />
55
56<br />
MARIA FONTANA ARDITO<br />
– 2001, Università di Salerno, Convegno su Alfonso Gatto, Relazione su L’alito del<br />
vento nella poesia di Alfonso Gatto.<br />
– 2005, Firenze, Convegno sulle riviste di poesia in Italia. Relazione su Quali poeti<br />
quali poetiche.<br />
Attivissima la partecipazione di Dante Maffia in veste di presentatore in molte<br />
serate romane, fiorentine, lucchesi, calabresi e salernitane.<br />
È stato insignito, come critico letterario, del Premio Calliope, del Premio Scipione<br />
Valentini, e due volte del PREMIO DELLA CULTURA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI.<br />
Nel 2004 Il PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA CARLO AZEGLIO CIAMPI GLI<br />
HA ASSEGNATO LA MEDAGLIA D’ORO COME BENEMERITO DELLA CULTURA.<br />
Intensa anche la sua attività di critico d’arte. Ha infatti curato cataloghi e monografie<br />
di molti pittori e scultori, tra cui: Nicola Andreace, Ugo Attardi, Sebastian<br />
Matta, Francesco Basile, Umberto Brandi, Giancarlo Caldini, D’Acchille, De Dominicis,<br />
Enotrio, Gigante, Emilio Greco, Oki Izumi, Susan Loeb Luppino, Marco Mei, Charles<br />
Ortega, Giuseppe Pedota, Ducas Sachinis, Sandro Trotti, Constantin Udroiu, Giuseppe<br />
Zigaina, Pier Augusto Breccia, Mario Moretti, Gianni Testa, Piero D’Orazio, Pablo<br />
Echaurren, Bertina Lopes, Pier Luigi Puccini, Marinella Letico, Ennio Calabria, Salvatore<br />
Provino, Mario Pitocco, Renato Guttuso, Messina, Brindisi, Treccani, Aldo<br />
Turchiaro, Stefania Lubrani, Miguel Moreno, Francisco Hernandez, Giorgio De Chirico,<br />
Josè Ortega, Enrico Benaglia, Maria Luisa Belcastro, Marco Nereo Rotelli, Giuseppe<br />
Mannino, Michela Galassi, Nicola Jannelli, Roberto De Marchi, Giorgio Petraglia,<br />
Raffaele Guastamacchia, Severina Donati, Assunta Paravati, Giovanni Cataldi, Loretta<br />
Surico, Eugenio Nastasi, Guido Botta, Andrea Neri, Mimmo Sancineto, Navetta,<br />
Frosecchi, Paternesi, Paolini e molti altri...<br />
Ha tradotto i poeti dialettali calabresi per Garzanti e per Mondadori.<br />
Negli Stati Uniti (Università di Stony Brook, N. Y.) sono usciti due poderosi<br />
volumi di studi e di testi (Edizione trilingue ) riguardanti i DIALETTI e le varie<br />
REGIONI ITALIANE. Dante Maffia ha curato il LAZIO, la CAMPANIA, e il FRIULI<br />
VENEZIA GIULIA.<br />
VOLUMI MONOGRAFICI, SAGGI, STUDI, PREFAZIONI, RECENSIONI, NOTE E<br />
CITAZIONI SULL’OPERA DI DANTE MAFFIA:<br />
– ABBUONANDI ALBERTO (a cura di), Lo sport immagini e parole, Edizione del Premio<br />
Letterario Nazionale per lo Sport, Benevento, 1997, pp. 54-55.<br />
– ABBUONANDI ALBERTO, Presentazione a Lo sport al femminile in Italia, <strong>Edizioni</strong> Il<br />
Chiostro, Benevento, 1999.<br />
– ACCATTATO NICOLA ORONZO, Invito alla lettura-scrittura di Dante Mafia, in “Confronti”,<br />
a. I, n. 8, agosto 2005.<br />
– ACCROCCA ELIO FILIPPO, Lettera raccomandata per i settant’anni di Giacinto Spagnoletti,<br />
in “L’informatore librario”, febbraio 1991.<br />
– ACCROGLIANÒ PEPPINO (a cura di), La Calabria nel mondo - La svolta di cui il sud ha<br />
bisogno, Società Editrice Siciliana, 20 dicembre 2000.
NOTA BIO-BIBLIOGRAFICA<br />
– ACCURSO GALLO F., Caro Baudelaire, in “Silarus”, gennaio 1984.<br />
– ADDAMO CETTI, Trionfo del dialetto, in “La Sicilia”, 22 settembre 1988.<br />
– ADDARII FILIPPO (a cura di), Gli angeli di Novi Sad, I quaderni del Battello Ebbro,<br />
Bologna, 2002, p. 231.<br />
– ADORNATO FRANCESCO, A sud dell’arte e della poesia, in “Città-Calabria”, n. 10-11,<br />
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– ADORNATO FRANCESCO, Il dialetto e la sua anima, in “Quaderni calabresi”, a. XXIV, n.<br />
64, dicembre 1987 - gennaio 1988.<br />
– ADRIANO DOMENICO, I rùspe cannarùte, in “Avvenimenti”, a. IX, n. 34, 11 settembre<br />
1996.<br />
– ADRIANO DOMENICO, Lo specchio della mente, in “Avvenimenti”, 15 agosto 1999.<br />
– AGATI SALVATORE, Una satira e una lite memorabile, in “La Sicilia”, 28 agosto 1990.<br />
– AGLIATI MARIO, Un giovane poeta di Calabria, in “Giornale del popolo” ( Lugano), 27<br />
settembre 1974.<br />
– AGRESTI FRANCESCO, Le due Calabrie, in “Assi”, Agenzia Stampa, 17 ottobre 1987.<br />
– ALAIMO FRANCA, L’incendio della “Biblioteca d’Alessandria” di Dante Maffia come metafora<br />
del presente, in “Spiritualità & Letteratura”, a. XVII, n. 51, gennaio-aprile 2004.<br />
– ALESSANDRI MARCO, Il romanzo di Tommaso Campanella, in “Fermenti”, a. <strong>XXVII</strong>, n.<br />
216, 1997.<br />
– ALIBERTI A. - CARRIZO R., Dante Maffia, in “Correo Latino”, (Argentina), a. 1, n. 3-4,<br />
1991.<br />
– ALIBERTI ANTONIO (a cura di), Italiana, in “Clarin” (Argentina), 25 agosto 1988.<br />
– ALIBERTI ANTONIO (a cura di), La poesìa italiana de los anos 70 y 80, in “La Nacion”,<br />
(Argentina), 16 de Junio de 1991.<br />
– ALIBERTI ANTONIO (a cura di), Plaquette de Buenos Aires - Dante Maffia, in “La Isla de<br />
Barataria” (Argentina), a. 1, n. 1, diciembre de 1992.<br />
– ALIBERTI ANTONIO (a cura di), Un siglo de poesia italiana - 1891 a 1997, Buenos Aires<br />
(Argentina), Ediciones Ocruxaves, 1997, pp. 261-263 e passim.<br />
– ALIBERTI ANTONIO, Conversando con Dante Maffia, in “Napenay - Arte & Ciencias”<br />
(Argentina), n. 11-12, 1991.<br />
– ALIBERTI ANTONIO, El sur en la poesia de Italia, in “Fronteras” (Argentina), a. IV, n.<br />
26, novembre 1982.<br />
– ALIBERTI ANTONIO, Entre seo y nostalgico - Un presente y un tiempo inmemorial: Caro<br />
Baudelaire, in “La Capital” (Argentina), 29 settembre 1985.<br />
– ALIBERTI ANTONIO, Prefazione a Antologia Poetica, Buenos Aires, Calle Abajo, 1990.<br />
– ALIBERTI ANTONIO, U Ddìje poverìlle, in “La Nacion” (Argentina), 16 settembre 1990.<br />
– ALOISE ALESSANDRA, Tante “coccinelle” all’assalto della cittadella, in “Portofranco”, a.<br />
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– ALTOMONTE ANTONIO, in “Caro Baudelaire” maturità poetica di Dante Maffia, “Idea”,<br />
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– ALUNNI MARZIA - LENISA MARIA GRAZIA, in La dinamica del comprendere, Bastogi,<br />
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– AMENDOLARA MARCO, La poesia contemporanea, in “Nuovo Sud”, 25 aprile - 10 maggio<br />
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– AMENDOLARA MARCO, La poesia italiana - Un volume di Dante Maffia, in “Nuovo Sud”,<br />
15 settembre 2002.<br />
– AMENDOLARA MARCO, La qualità come scommessa editoriale, in “Il Giornale d’Italia”,<br />
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– AMENDOLARA MARCO, Tinture disumane - Arte mista ad altro, Ripostes, Salerno, 2001,<br />
p. 42.<br />
– AMENDOLARA MARCO, Tutte le donne di Courbet, in “Il Giornale d’Italia”, 5 dicembre<br />
1996.<br />
– AMENDOLARA MARCO, Un volume di Dante Maffia - La poesia italiana, in “Nuovo Sud”,<br />
15 settembre 2002.<br />
– AMODIO GIOVANNI, Carte da Levante, in “Taranto sera”, 12 maggio 1995.<br />
– AMODIO GIOVANNI, L’eredità infranta, in “90° minuto”, 1° marzo 1982.<br />
– AMODIO GIOVANNI, Nel solco del tempo, in “Ultim’ora”, 3 maggio 2003.<br />
– AMOROSO GIUSEPPE, Caro Baudelaire, in “Gazzetta del Sud”, 31 gennaio 1984.<br />
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1992.<br />
– ANANIA VINCENZO (a cura di), La castità del male, in “Pagine”, a. IV, n. 8, maggioagosto<br />
1993.<br />
– ANANIA VINCENZO, Dove si specchia il poeta, in “Periferie”, a. 5, n. 13, gennaiomarzo<br />
2000.<br />
– ANDERSON WEDEL GIOVANNA, A vìte i tutte i jùrne, in “Gradiva” (Stati Uniti), n. 5,<br />
1987.<br />
– ANDREOLA AMINA, Le favole impudiche, in “Studi meridionali”, aprile 1977.<br />
– ANDRIUOLI ELIO, Lo specchio della mente, in “La Nuova Tribuna Letteraria”, a. IX, n.<br />
56, 4° Trimestre 1999.<br />
– ANGIULI LINO - GIULIVO MARIAPIA (a cura di), Voci per l’ulivo, Quaderni del c.r.s.e.c.,<br />
Bari, n. 2, 2001.<br />
– ANGIULI LINO, Quale lingua per il Bel Paese - Se il dialetto diventa un gran diletto, in<br />
“La Gazzetta del Mezzogiorno”, 17 novembre 1991.<br />
– Anne jèrede chèsa mèje, testo apparso su “Spiritualità & Poesia”, a. XV, n. 47,<br />
gennaio-giugno 2002.<br />
– ANONIMO (a cura di), Poeti in Calabria, in “Origini”, a. XIII, n. 39, dicembre 1999<br />
(Notizia biobibliografica e dodici testi).<br />
– ANONIMO (a cura di), Via delle Rose, in “Lo Spazio Internazionale Art&Literature<br />
Magazine”, IX-XII, 2004.<br />
– ANONIMO (C.L. ), La danza del adios, in “Maniatico textual” (Argentina), a. 2, n. 4,<br />
Primavera 1991.<br />
– ANONIMO (L.C. ), Un omaggio da Maffia, in “Latina oggi”, 15 dicembre 1996.<br />
– ANONIMO (P.L. ), Caro Baudelaire, in “Città di Vita”, a. X<strong>XXVII</strong>I, n. 4, luglio-agosto<br />
1983.<br />
– ANONIMO (S. Z.), L’educazione permanente, in “Il Gazzettino”, 16 ottobre 1992.<br />
– ANONIMO (A. D. P.), Cori, da oggi “Poeta mio”, in “Il Tempo”, 30 agosto 1992.
NOTA BIO-BIBLIOGRAFICA<br />
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– ANONIMO (A. M.), Calabria immota, in “Il Messaggero”, 10 giugno 1981.<br />
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– ANONIMO (A. S.), senza titolo, in “Libri e riviste d’Italia”, n. 519/522, maggioagosto<br />
1993.<br />
– ANONIMO (A. T. M.), “Censimento dei poeti calabresi”, in “Reportage”, 1-15 febbraio<br />
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– ANONIMO (D.R.), Un’etoile alla porta..., in “Corriere”, 3 maggio 2000.<br />
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– ANONIMO (F. A.), Eugenio B. Notaro vince il “Premio Finelli”, in “Reportage” 16-31<br />
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– ANONIMO (F. D. D.), Maffia su Saviane e Lagorio, in “Il Cittadino di Puglia”, 1° aprile<br />
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– ANONIMO (F. P.), Le favole impudiche, in “Pianadomani”, 11 ottobre 1977.<br />
– ANONIMO (F. R. B.), Il leone non mangia l’erba, in “Tribuna Politica Letteraria”, 27<br />
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– ANONIMO (L. B.), Il “verso” raffinato e la realtà, in “Avvenire”, 20 gennaio 1988.<br />
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– ANONIMO (L. G.), Le <strong>Edizioni</strong> Lepisma, in “Nuovo Sud”, 15-28 febbraio 2005.<br />
– ANONIMO (L. N.), I rùspe cannarùte, in “Punto di vista”, a. III, n. 7, luglio 1996.<br />
– ANONIMO (L. S), Una rosa per Rita, in “Paese sera”, 14 maggio 1987.<br />
– ANONIMO (L. T.), Il leone non mangia l’erba, in “Tribuna Sud”, 29 ottobre 1973.<br />
– ANONIMO (M. A.), In Libreria, in “Calabria sconosciuta”, aprile-giugno, 1987.<br />
– ANONIMO (M. CO.), Poesia e misura in Dante Maffia, in “La Nuova Provincia di<br />
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– ANONIMO (M.A.), La Musa e il silenzio, in “Nuovo Sud”, 20 giugno - 10 luglio 2005.<br />
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– ANONIMO (P. L. R.) , Riconoscimenti alla creatività poetica, in “Gazzetta del Sud”, 30<br />
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– ANONIMO (P. F.), La clessidra di Alfredo Guida, in “L’Informatore Librario”, giugno<br />
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– ANONIMO (P.G.), Campanella e la Controriforma nel romanzo di Dante Maffia, in<br />
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– ANONIMO (P.G.), Gloria dimenticata del Sud per il Premio Stresa, in “Corriere di<br />
Novara”, 25 settembre 1997.<br />
– ANONIMO (R. B.) , Assegnato il “Premio Spallicci”, in “Corriere di Forlì”, 6 novembre<br />
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– ANONIMO (R. L.), Festa popolare della cultura a Tropea, in “La Gazzetta del Sud”, 9<br />
ottobre 1991.<br />
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– ANONIMO (R. R.), Il Rhegium incontra la poesia, in “Gazzetta del Sud”, 29 maggio<br />
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– ANONIMO (R. S.), Ai Castelli i rassegna la prosa del ’900, in “Corriere della Sera”, 12<br />
aprile 1992.<br />
– ANONIMO (R. G.), Evidenze, in “Il Segnale”, aprile 1992.<br />
– ANONIMO (S. A.), L’eredità infranta, in “Notiziario L’eco della stampa”, ottobre 1981.<br />
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– ANONIMO (S. F). , Lo sport in campo tra libri e versi, in “Il Sannio quotidiano “, 27<br />
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– ANONIMO (S. F.) , Cucuzza presenta al San Paolo Dante Maffia vincitore del Premio<br />
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– ANONIMO (S. F.), Dante Maffia - La poesia italiana verso il nuovo millennio, in “Archivio<br />
Inserimenti Manuali: http: // www. loso. It / POIEIN / autori / maffia. Htm<br />
– ANONIMO (S. F.) , Il poeta Dante Maffia vince il Camaiore - Folla ed entusiasmo in sala<br />
alle Dune, in “Il Tirreno”, 16 settembre 2003.
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23 marzo 2000.<br />
– ANONIMO (S. F.), Universidad de Sevilla - Espana e Italia unidas por la poesia, in “El<br />
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– ANONIMO (S. F.), Cultura: Dante Maffia - Luigi Reina, in “Polizia Italiana”, a. XXIII,<br />
luglio-agosto 2000.<br />
– ANONIMO (S. Gi.) , Premio di poesia Libero De Libero: Ex aequo vincono Rossellini e<br />
Cucchi, in “Il Messaggero”, 4 luglio 1988.<br />
– ANONIMO (S. F.), Dante Maffia - I rùspe cannarùte, in “Il Manifesto - La talpa libri”,<br />
29 giugno 1995.<br />
– ANONIMO (S. F.), Esito Premio “Rhegium Julii” 1975, in “La Procellaria”, a. XXIII, n.<br />
3, luglio-settembre 1975.<br />
– ANONIMO (S. F.), Premio letterario “D’Alessandro” al “Campanella” di Dante Maffia, in<br />
“Il Mattino”, 27 ottobre 2001.<br />
– ANONIMO (S. R.), Il Premio Stresa ’97, in “La Stampa” 21 maggio 1997.<br />
– ANONIMO (U. P. M.), Franco di Carlo “Il dono”, in “Radar Abruzzo”, marzo-aprile<br />
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– ANONIMO (W. B.), I poeti dialettali premiati sabato a Lanciano, in “Il Centro”, 13<br />
ottobre 1987.<br />
– ANONIMO, In corsa per il Viareggio, in “La Repubblica”, 10 giugno 1993.<br />
– ANONIMO (L. O.), E Cucciola leggerà poesie di Montale, in “La Stampa”, 18 giugno<br />
1993.<br />
– ANONIMO (S. F.), Italia y Espana unidas por la poesia en Sevilla, in “ABC” (Spagna), 25<br />
marzo 2000.<br />
– ANONIMO (S. F.), Premio per l’attività letteraria: Dante Maffia, in “Le Muse”, a. II, n.<br />
1, marzo-aprile 2004.<br />
– ANONIMO, “Fischia il Trap” a Benevento, in “Corriere del Mezzogiorno”, 23 novembre<br />
1997.<br />
– ANONIMO, “Il grido e il canto”, in “Trovaroma”, 3-9 marzo 1994.<br />
– ANONIMO, “L’altra Europa”, in “Il Ragguaglio Librario”, novembre 1991.<br />
– ANONIMO, Nessuno ha mai saputo rispondere con certezza che cosa sia la poesia, in<br />
“Fermenti”, a. XXX, n. 1, 2000.<br />
– ANONIMO, “Premio Trastevere” di poesia a Dante Maffia e ad Aldo Fabrizi, in “Il Tempo”,<br />
16 maggio 1981.<br />
– ANONIMO, A Benevento premiato Caroli, in “Tuttosport”, 16 novembre, 1997.<br />
– ANONIMO, A Carlo Laurenzi il Rhegium Julii, in “Il Giornale”, 27 maggio 1984.<br />
– ANONIMO, A Dante Maffia il premio Camaiore, in “Il giornale d’Italia”, 18 agosto<br />
2003.<br />
– ANONIMO, A libro aperto, in “Catania sera”, 22 marzo 1988.<br />
– ANONIMO, A Maenza in vetrina un libro di Anelli, in “Il Tempo”, 2 aprile, 1988.<br />
– ANONIMO, A Maffia il Premio Lanciano, in “Repubblica”, 20 dicembre 1991.<br />
– ANONIMO, A Maffia il Rhegium Julii per la poesia, in “Il Tiraccio”, marzo-aprile 1984.<br />
– ANONIMO, A Torino i finalisti del Premio Montale, in “La Repubblica”, 16 giugno<br />
1993.<br />
– ANONIMO, A vite i tutte i jùrne, in “Gazzetta di Parma”, 23 aprile 1987.<br />
– ANONIMO, A vite i tutte i jùrne, in “Il giornale di Moncalieri”, 13 maggio 1988.<br />
61
62<br />
MARIA FONTANA ARDITO<br />
– ANONIMO, Al poeta Maffia il Premio Lanciano, in “La Stampa”, 24 dicembre 1991.<br />
– ANONIMO, Alcuni premi della sezione A, in “Omnibus”, n. 8, a. V, giugno-luglio 1995.<br />
– ANONIMO, All’insegna dei giovani, in “L’Umanità”, 23 giugno 1992.<br />
– ANONIMO, Ambrosi e Maffia, romanzo e poesie, in “Corriere del Ticino”, 18 marzo<br />
1992.<br />
– ANONIMO, Appuntamenti weekend, in “Il Messaggero”, 4 settembre 1992.<br />
– ANONIMO, Appuntamenti weekend, in “Il Messaggero”, 5 settembre 1992.<br />
– ANONIMO, Appuntamenti, in “Corriere della Sera”, 29 gennaio 1992.<br />
– ANONIMO, Calabrò, un’opera lunga quarant’anni, in “Spettacoli & arte”, 15 gennaio 2004.<br />
– ANONIMO, Campanella, in “La Stampa”, 9 ottobre 1997.<br />
– ANONIMO, Canzoni d’amore, di passione e di gelosia, in “Punto di vista”, a. IX, n. 34,<br />
ottobre-dicembre 2002.<br />
– ANONIMO, Capone promette cose “turche”, in “Business”, 10 dicembre 1987.<br />
– ANONIMO, Capuana, fiabe quasi inedite, in “La Sicilia”, 7 agosto 1989.<br />
– ANONIMO, Carlo Goldoni, Torquato Tasso, in “Ariel”, n. 3, settembre-dicembre 1992.<br />
– ANONIMO, Caro Baudelaire, in “Clarin”, Buenos Aires, 25 agosto 1988.<br />
– ANONIMO, Caro Baudelaire, in “Courier des Marches et d’outre-mer” (Francia), a.<br />
36, n. 137, 4° Trimestre 1983.<br />
– ANONIMO, Caro Baudelaire, in “Il Ponte”, novembre 1983.<br />
– ANONIMO, Carte “Levante” a modico prezzo, in “Lucania”, 4 maggio 1995.<br />
– ANONIMO, Carte “Levante” a modico prezzo, in “Puglia”, 4 maggio 1995.<br />
– ANONIMO, Casa di Cristallo, in “Il Gazzettino” (Padova), 10 novembre 1997.<br />
– ANONIMO, Casa di Cristallo, in “Il Gazzettino” (Padova), 6 novembre 1997.<br />
– ANONIMO, Circe, il fascino della poesia - Finalisti Dante Maffia, Valerio Magrelli e<br />
Giancarlo Majorino all’Oasi di Kufra, in “Latina oggi”, 15 ottobre 1992.<br />
– ANONIMO, Clessidra un Bertoldo in “giallo”, in “La Provincia”, 28 aprile 1990.<br />
– ANONIMO, Come ricordo Salinari, in “Il Cittadino”, 1° ottobre 1984.<br />
– ANONIMO, Concorso di poesia. Ecco i premiati, in “Il Gazzettino”, 27 maggio 1995.<br />
– ANONIMO, Consegnati i premi internazionali “Pino d’Oro” e “Scogliera d’argento”, in<br />
“Gazzetta del Sud”, 6 settembre 1985.<br />
– ANONIMO, Convegno su Alvaro, in “Il Messaggero”, 29 novembre 1986.<br />
– ANONIMO, Corigliano, in “Tempo Pollino”, 6 aprile 1987.<br />
– ANONIMO, Cucuzza presenta al San Paolo, in “La Repubblica”, 29 gennaio 2000.<br />
– ANONIMO, Dante Maffia e La poesia italiana verso il nuovo millennio, nel sito web http:/<br />
/www.loso.it/POIEIN/autori/maffia.htm”, 29 agosto 2001.<br />
– ANONIMO, Dante Maffia, A vite i tutte i jùrne, in “Fermenti”, n. 1, 1988.<br />
– ANONIMO, Dante Maffia, A vite i tutte i jùrne, in “Il Messaggero”, 4 marzo 1987.<br />
– ANONIMO, Dante Maffia, A vite i tutte i jùrne, in “La Calabria”, febbraio 1988.<br />
– ANONIMO, Dante Maffia, A vite i tutte i jùrne, in “La Collina”, dicembre 1987 -<br />
giugno 1988.<br />
– ANONIMO, Dante Maffia, A vite i tutte i jùrne, in “Laboratorio”, aprile-giugno 1987.<br />
– ANONIMO, Dante Maffia, A vite i tutte i jùrne, in “Misure Critiche”, gennaiosettembre<br />
1987.<br />
– ANONIMO, Dante Maffia, in “Polizia Italiana”, a. XXIII, luglio-agosto 2000.<br />
– ANONIMO, Dante Maffia, Mi faccio musulmano, in “Storicità”, a. XIII, n. 125, luglioagosto<br />
2004.<br />
– ANONIMO, Dante Maffia, presentazione del romanzo “La danza del adios”, alla fiera del<br />
libro, in “L’eco d’Italia”, 25 aprile 1991.
NOTA BIO-BIBLIOGRAFICA<br />
– ANONIMO, Dante Maffia, uno de los poetas mas importantes de Italia - Siempre la poesia,<br />
in “La prensa” (Argentina), 19 agosto 1990.<br />
– ANONIMO, Dante Maffia: “L’eredità infranta”, in “Meridiano Sud”, 15 marzo 1982.<br />
– ANONIMO, Dante Maffia: “Il ritorno di Omero”, in “Il Tizzone”, a. VIII, n. 2, maggio<br />
1987.<br />
– ANONIMO, Dante Maffia - Giacomo Soffiantino, in “Fogli Sciolti”, Modena, maggio<br />
2004.<br />
– ANONIMO, Di alcuni amici poeti, in “Letture”, agosto-settembre 1980.<br />
– ANONIMO, Di Elio Pecora la poesia dell’anno, in “Gazzetta del Sud”, 14 luglio 1987.<br />
– ANONIMO, Diario romano, in “Portofranco”, febbraio 2003.<br />
– ANONIMO, Dieci anni di poesia per lo sport, in “Il Mattino”, 11 novembre, 1997.<br />
– ANONIMO, Dodici fiabe quasi inedite di Luigi Capuana, in “L’eco di Bergamo”, 12<br />
agosto 1989.<br />
– ANONIMO, Domani a Seregno Biagi consegnerà i Premi Brianza, in “Il giorno”, 3<br />
settembre 1993.<br />
– ANONIMO, Dossier - Poesia in dialetto, in “Lettera dall’Italia” - Istituto della Enciclopedia<br />
Italiana”, n. 27, luglio-settembre 1992.<br />
– ANONIMO, Drammi biblici in italiano e romanesco e convegno sulla poesia oggi i Italia, in<br />
“Avvenire”, 18 gennaio, 1987.<br />
– ANONIMO, Due nuove proposte delle <strong>Edizioni</strong> Casagrande di Bellinzona, in “Corriere<br />
del Ticino” (Svizzera), 18 marzo 1992.<br />
– ANONIMO, È in edicola Il Policordo, in “Il quotidiano di Foggia”, 15 luglio 1988.<br />
– ANONIMO, È in libreria “Canzoni d’amore, di passione e di gelosia” di Dante Maffia, in<br />
“Il Tempo”, 26 novembre 2002.<br />
– ANONIMO, Encuentro de poetas, in “Diario de Sevilla”, 23 marzo, 2000.<br />
– ANONIMO, Enotrio lo vedo così, in “Il Cittadino”, 5 luglio 1986.<br />
– ANONIMO, Esito Premio “Rhegium Julii” 1975, in “La Procellaria”, a. XXIII, n. 3,<br />
luglio-settembre 1975.<br />
– ANONIMO, Espana e Italia unidas por la poesia, in “El Giraldillo”, n. 194, marzo 2000.<br />
– ANONIMO, Eugenio Nastasi: lo specchio greco, in “La Voce”, 25 dicembre, 1989.<br />
– ANONIMO, Fiabe quasi inedite di Capuana, in “L’ora”, 5 agosto 1989.<br />
– ANONIMO, Foto e Notizia, in “La Calabria nel mondo”, Premiazione Internazionale,<br />
IX edizione, Roma, 15 novembre 2000.<br />
– ANONIMO, Giovanni Nadiani e Dante Maffia, in “Terra e Gente”, a. XII, n. 1, 1992.<br />
– ANONIMO, Giro d’Italia Premio per Premio, in “La Stampa” 27 giugno 1993.<br />
– ANONIMO, Grande premiato di fine estate, in “Millelibri”, n. 67, settembre 1993.<br />
– ANONIMO, Ha dieci anni il “Premio G. Tinessa”, in “Realtà sannita”, n. XIX, 1-15<br />
dicembre 1997.<br />
– ANONIMO, I colori della vita nella narrativa di G. Saviane, in “Otto/Novecento”,<br />
settembre-dicembre 1986.<br />
– ANONIMO, I finalisti al premio Martina F. di poesia, in “La Gazzetta del Mezzogiorno”,<br />
9 settembre 1977.<br />
– ANONIMO, I finalisti del “Viareggio”, in “Gazzetta del Mezzogiorno, 11 giugno 1992.<br />
– ANONIMO, I finalisti del Viareggio Repaci, in “Il Tempo”, 11 giugno 1992.<br />
– ANONIMO, I magnifici <strong>69</strong> di Carlo Barrese, in “Cultura calabrese”, giugno-luglio 1987.<br />
– ANONIMO, I nostri poeti Dante Maffia, in “La Gazzetta di Catanzaro”, 14 giugno 1992.<br />
– ANONIMO, I nove finalisti del “Martina Franca”, in “Il Resto del Carlino”, 9 settembre<br />
1977.<br />
63
64<br />
MARIA FONTANA ARDITO<br />
– ANONIMO, I poeti calabresi in un libro di Ursini, in “Il crotonese”, 19-23 dicembre<br />
1986.<br />
– ANONIMO, I Premi “Le città della Magna Grecia”, in “L’altra Italia”, luglio-settembre<br />
1987.<br />
– ANONIMO, I Premi, in “Il Giornale d’Italia”, 24 maggio1981.<br />
– ANONIMO, I rùspe cannarùte, in “La talpa libri de Il Manifesto”, 29 giugno 1995.<br />
– ANONIMO, I rùspe cannarùte, in “Sentieri”, a. III, n. 11, settembre 1995.<br />
– ANONIMO, Idea, in “Il Tempo”, 4 maggio 1984.<br />
– ANONIMO, Il “Premio Trastevere” di poesia a Dante Maffia e ad Aldo Fabrizi, in “Il<br />
Tempo”, 16 maggio 1981.<br />
– ANONIMO, Il balzo immaginativo degli avamposti, in “ La voce del popolo” (Jugoslavia),<br />
20 maggio 1988.<br />
– ANONIMO, Il Camaiore alle poesie di Dante Maffia, in “La Stampa”, 17 settembre 2003.<br />
– ANONIMO, Il cielo dissolve, in “Solchi nel pensiero”, a. V, n. 1, gennaio-marzo 2005.<br />
– ANONIMO, Il convegno di Palazzo Venezia, in “Il Messaggero”, 1° dicembre 1986.<br />
– ANONIMO, Il dialetto rosetano nella poesia di Dante Maffia, in “Cittanova”, ottobre 1989.<br />
– ANONIMO, Il dialetto rosetano nella poesia di Dante Maffia, in “La Voce”, 11 novembre<br />
1989.<br />
– ANONIMO, Il dottor Max sul set un film per il romanzo, in “La Provincia”, 3 settembre<br />
2000.<br />
– ANONIMO, Il giusto Premio, in “Ciociaria Oggi”, 5 luglio 1988.<br />
– ANONIMO, Il leone non mangia l’erba, in “Contenuti”, ottobre 1975.<br />
– ANONIMO, Il leone non mangia l’erba, in “Katundi Yne”, a. VI, n. 17, aprile 1975.<br />
– ANONIMO, Il libro di Mazzantini, in “Giornale di poesia siciliana”, n. VIII, settembre<br />
1993.<br />
– ANONIMO, Il libro double-face, in “L’esagono”, 26 marzo 1990.<br />
– ANONIMO, Il linguaggio dei sentimenti, in “Notiziario Libri” (Svizzera), dicembre<br />
1993.<br />
– ANONIMO, Il Parnaso, in “Il nuovo tempo libero”, a. XVIII, n. 2, luglio 1997.<br />
– ANONIMO, Il poeta Dante Maffia vince il Camaiore - Folla ed entusiasmo in sala alle<br />
Dune, in “Il Tirreno”, 16 settembre 2003.<br />
– ANONIMO, Il poeta Dante Maffia: “È tempo di amare”, in “Il corriere di Ostia”, 9<br />
agosto 2003.<br />
– ANONIMO, Il poeta Dante Maffia: “È tempo di amare”, in “Il Giornale di Ostia”, 9<br />
agosto 2003.<br />
– ANONIMO, Il poeta Dante Maffia: “È tempo di amare”, in “Metropolis”, a. VI, n. 3,<br />
marzo 2003.<br />
– ANONIMO, Il Policordo, in “Logos”, settembre-ottobre 1987.<br />
– ANONIMO, Il Policordo. Omaggio a Josè Ortega, in “Puglia”, 1° marzo 1987.<br />
– ANONIMO, Il Premio “De Libero”, in “Il Messaggero”, 2 marzo 1988.<br />
– ANONIMO, Il Premio del Tascabile Riviera delle Palme a Bassani e Ottone, in “Il Resto<br />
del Carlino”, 1° ottobre 1988.<br />
– ANONIMO, Il Premio Internazionale “Eugenio Montale”, in “Giornale di poesia siciliana”,<br />
n. 8, settembre 1993.<br />
– ANONIMO, Il Premio letterario per lo sport ha dieci anni, in “Cronache di Benevento”,<br />
4 aprile 1997.<br />
– ANONIMO, Il Rhegium di poesia a Rascigno e Maffia, in “Gazzetta del Sud”, 20<br />
maggio 1984.
NOTA BIO-BIBLIOGRAFICA<br />
– ANONIMO, Il ritorno di Omero, in “L’Inchiesta”, febbraio 1985.<br />
– ANONIMO, Il romanzo di Angioni finalista al Viareggio, in “La Nuova-Nuova Sardegna”,<br />
11 giugno 1992.<br />
– ANONIMO, Il romanzo di Campanella, in “Il Mattino” (Il Paginone), 10 novembre<br />
1997.<br />
– ANONIMO, Il Sud come metafora, in “Mosaico Italiano” (inserto di “Comunità italiana”<br />
Brasile), a. VI, n. 86, luglio 2005.<br />
– ANONIMO, Il Viareggio sfoglia le prime rose, in “Il Resto del Carlino”, 10 giugno 1993.<br />
– ANONIMO, Imprimatur, in “Il sigillo”, a. VII, n. 1, marzo 2003.<br />
– ANONIMO, in “Talento”, n. 5, settembre 1993.<br />
– ANONIMO, In biblioteca, in “Tribuna Sud”, a. XIX, n. 10, novembre 1991.<br />
– ANONIMO, In Calabria tutti poeti e letterati, in “I giorni”, 9 maggio 1991.<br />
– ANONIMO, In Calabria tutti poeti e letterati, in “Pitagora”, a. III, n. 9, gennaio-marzo<br />
1991.<br />
– ANONIMO, In libreria “Il Policordo” diretto da Dante Maffia, in “Il Cittadino”, 12<br />
aprile 1986.<br />
– ANONIMO, In libreria “Il Policordo”, Bellezza intervista A.M. Ortese, in “Il Cittadino”,<br />
13 febbraio 1988.<br />
– ANONIMO, Incontri culturali, in “Il Messaggero”, 29 aprile 1988.<br />
– ANONIMO, Incontri di poesia, in “Giornale di Sicilia”, 29 luglio 1987.<br />
– ANONIMO, Invito ufficialmente il cons. Monelli al Premio “Anco Marzio”, in “Il Giornale<br />
di Ostia”, 14 maggio 2003.<br />
– ANONIMO, L’editore Abramo al salone di Torino, in “Calabria”, maggio 1993.<br />
– ANONIMO, L’educazione permanente di Dante Maffia, in “Il Cittadino”, 10 aprile 1992.<br />
– ANONIMO, L’educazione permanente, in “Calabria Letteraria”, aprile-giugno 1992.<br />
– ANONIMO, L’educazione permanente, in “Notiziario libri Casagrande” (Svizzera), n.<br />
1, aprile 1992.<br />
– ANONIMO, L’educazione permanente, in “Poesia”, ottobre 1992.<br />
– ANONIMO, L’eredità infranta, in “Il tizzone”, a. III, n. 3, luglio-settembre 1982.<br />
– ANONIMO, L’eredità infranta, in “Tribuna dell’Irpinia”, 30 settembre 1981.<br />
– ANONIMO, L’eredità infranta, in “Tribuna Sud”, 14 luglio 1981.<br />
– ANONIMO, L’eterno e l’immenso, in “Cultura Calabrese”, a. XX (n. 5 ) n. 12, 1990.<br />
– ANONIMO, L’itinerario poetico di Dante Maffia, in “Quinta Generazione”, a. XIII, n.<br />
133-134, luglio-agosto 1985.<br />
– ANONIMO, La “Alfredo Guida” mette sottobraccio gli aerei supersonici con le buone<br />
letture, in “Napoli Oggi”, 30 maggio, 5 giugno 1991.<br />
– ANONIMO, La “parola” torna lo sport, Premio letterario e importante convegno nazionale,<br />
in “Il Mattino”, 27 novembre 1997.<br />
– ANONIMO, La Biblioteca d’Alessandria, in “Letteratura-Tradizione”, a. VII, n. 29,<br />
luglio-agosto 2004.<br />
– ANONIMO, La castità del male (6 poesie), in “Pagine”, a. IV, n. 8, maggio-agosto<br />
1993.<br />
– ANONIMO, La castità del male, in “Poesia”, n. 66, ottobre 1993.<br />
– ANONIMO, La collana Clessidra, in “Giornale della Libreria”, maggio 1990.<br />
– ANONIMO, La danza del adios, in “Editotorial losada”, a. LIII, n. 4-5, 6 ottobre 1991.<br />
– ANONIMO, La danza del adios, in “La Nacion”, 7 aprile 1991.<br />
– ANONIMO, La danza del adios, in “La Prensa”, 17 aprile 1991.<br />
– ANONIMO, La grande notte del premio, in “La Nazione”, 13 settembre 2003.<br />
65
66<br />
MARIA FONTANA ARDITO<br />
– ANONIMO, La lunga estate di Castel Sant’Angelo, in “Produzione e cultura”, n. 5-6,<br />
settembre-dicembre 1993.<br />
– ANONIMO, La pagina della poesia (Dante Maffia, quattro testi con notizia biobibliografica),<br />
in “Scrittori Italiani”, a. I, n. 1, maggio-giugno 2003.<br />
– ANONIMO, La poesia del calabrese Dante Maffia, in “Cronorama”, n. 44-45, gennaiodicembre<br />
1987.<br />
– ANONIMO, La poesia dialettale per i vent’anni del Premio Lanciano, in “Il Centro”, 17<br />
dicembre 1991.<br />
– ANONIMO, La poesia è come un volo di rondine - Canzoni d’amore, di passione e di<br />
gelosia, in “La Sicilia”, 15 ottobre 2003.<br />
– ANONIMO, La premiazione del Pino d’Oro, in “Il Mattino”, 27 agosto 1975.<br />
– ANONIMO, La rosa dei premiati ed i relativi settori (Il Pino d’Oro), in “L’Opinione”, 24<br />
agosto 1985.<br />
– ANONIMO, Lanciano, assegnati ieri sera i premi di poesia dialettale, in “Il Messaggero”,<br />
15 dicembre 1991.<br />
– ANONIMO, Le cinquine del Viareggio, in “La Stampa”, 20 giugno 1991.<br />
– ANONIMO, Le favole impudiche, in “Agipress”, a. VII, 15 settembre 1977.<br />
– ANONIMO, Le poesie di L. Messina, in “Il Faro”, n. 21, 16-31 dicembre 1993.<br />
– ANONIMO, Le ragioni della cultura, in “Il Giorno”, 6 ottobre 1991.<br />
– ANONIMO, Le testate “amiche”, in “La Torre”, 17 aprile 1988.<br />
– ANONIMO, Le tre sezioni del “Viareggio”, in “La Nuova-Nuova Sardegna”, 10 giugno<br />
1993.<br />
– ANONIMO, Lettera aperta ad Alfonso Berardinelli, in “Poiesis”, a. III, n. 6, gennaioaprile<br />
1995.<br />
– ANONIMO, Letteratura in rivista a cura di Biblion, in “Rivisteria”, n. 28, 1990.<br />
– ANONIMO, Letture sottosopra, in “Esquire”, maggio 1990.<br />
– ANONIMO, Libreria A. Guida, in “Enne”, 2-9 giugno 1992.<br />
– ANONIMO, Libretti double-face, in “Ultime da Babele”, marzo-maggio 1990.<br />
– ANONIMO, Libri novità libri, in “Gazzetta di Parma”, 12 maggio 1983.<br />
– ANONIMO, Libri, in “Il Messaggero”, 28 gennaio 1988.<br />
– ANONIMO, Lo scrittore Piero Bargellini ha consegnato il Trofeo de Il Miliardo, in “Il<br />
Miliardo”, 27 gennaio 1975.<br />
– ANONIMO, Lo scultore Cherubini... (Premio Vanvitelli), in “La Torre” (Velletri), 26<br />
maggio 2000.<br />
– ANONIMO, Lo specchio della mente, in “La Repubblica” (Trovaroma), 18-24 novembre<br />
1999.<br />
– ANONIMO, Lo specchio della mente, in “Notiziario Italo-Germanico”, a. XXXVI, n. 1,<br />
10 febbraio 2000.<br />
– ANONIMO, Lo Sport in campo: tra libri e versi, in “Il Sannio”, 27 novembre 1997.<br />
– ANONIMO, Maffia benemerito della cultura, in “Katundi Yne”, a. XXXVI, n. 118,<br />
gennaio 2005.<br />
– ANONIMO, Maffia Dante..., in “Giornale della libreria”, marzo 1990.<br />
– ANONIMO, Maffia finalista al “Viareggio”, in “Il Tiraccio”, giugno-luglio 1983.<br />
– ANONIMO, Maffia, in “Tribuna Sud”, 18 marzo 1985.<br />
– ANONIMO, Mano nella mano senza barriere, in “Il Giornale di Ostia”, 29 aprile 2003.<br />
– ANONIMO, Mare e amore temi prediletti, in “50 & Più”, n. 12, dicembre 2001.<br />
– ANONIMO, News da Roma, in “Cortinacittà”, settembre 1987.<br />
– ANONIMO, Notizia su Dante Maffia, in “Parallelo 38”, a. XXVI, n. 9, settembre 1995.
NOTA BIO-BIBLIOGRAFICA<br />
– ANONIMO, Novedades culturales - Visita de un poeta italiano, in “La Prensa”(Argentina),<br />
12 agosto 1990.<br />
– ANONIMO, Novità e ristampe 1992, in “Notiziario Libri” (Svizzera), aprile 1992.<br />
– ANONIMO, Obras completas de Rafael Barrett, in “La Naciòn”, Buenos Aires, 16<br />
settembre 1990.<br />
– ANONIMO, Oggi lo sport è ancora scuola di vita?, in “Il Mattino”, 21 novembre 1997.<br />
– ANONIMO, Omaggio a Guerricchio e 9 anni di “Talità Kum”, in “Lucania”, 23 luglio<br />
1996.<br />
– ANONIMO, Papaciòmme, in “Il serratore”, a. 14, n. 65, gennaio-marzo 2001.<br />
– ANONIMO, Per Anna Maria Ortese, in “Il Giorno”, 25 febbraio 1986.<br />
– ANONIMO, Per la poesia una collana piccina picciò, in “Millelibri”, marzo 1991.<br />
– ANONIMO, Poesia protagonista al Circe-Sabaudia, in “Latina Oggi”, 4 ottobre 1992.<br />
– ANONIMO, Poesie alla Longobarda (Il leone non mangia l’erba), in “La Nazione”, 3<br />
novembre 1974.<br />
– ANONIMO, Poesie di Calabrò, in “Gazzetta di Parma”, 20 luglio 2002.<br />
– ANONIMO, Poeta italiano, in “La Nacion”, 5 agosto 1990.<br />
– ANONIMO, Poeti in Calabria, in “Origini”, a. XIII, n. 39, dicembre 1999.<br />
– ANONIMO, Poeti Italiani (Monografia e cinque testi), in “Pagine”, a. III, n. 4, gennaioaprile<br />
1992.<br />
– ANONIMO, Poeti laureati, in “Corriere d’Informazione”, 17 settembre 1977.<br />
– ANONIMO, Portofranco per mille lire di sola poesia, in “Quotidiano”, 4 maggio 1995.<br />
– ANONIMO, Premi di poesia, in “Katundi Yne” n. 50, 1984.<br />
– ANONIMO, Premi, in “La Stampa”, 6 novembre 1997.<br />
– ANONIMO, Premiati Benedetti e La Capria, in “Corriere della Sera”, 11 novembre<br />
2004.<br />
– ANONIMO, Premiati i vincitori della VII edizione de “Il Pino d’Oro”, in “Il giornale di<br />
Calabria”, 27 agosto 1975.<br />
– ANONIMO, Premiati, in “Poesia”, n. 65, settembre 1993.<br />
– ANONIMO, Premio alla cultura a Renato Minore, in “Il Messaggero”, 11 novembre<br />
2004.<br />
– ANONIMO, Premio D’Alessandro a Calabrò e Portale, in “Il Mattino”, 18 giugno 2003.<br />
– ANONIMO, Premio del tascabile “Riviera delle palme”, in “Riviera delle palme”, n. 5,<br />
maggio-giugno 1988.<br />
– ANONIMO, Premio del tascabile “Riviera delle palme”, in “Riviera delle palme”, n.<br />
3/4, marzo-aprile 1988.<br />
– ANONIMO, Premio del tascabile “Riviera delle palme”, in “Riviera delle palme”, n.<br />
7-8-9, luglio-agosto-settembre 1991.<br />
– ANONIMO, Premio del tascabile “Riviera delle palme”, in “Riviera delle palme”, n. 7-8,<br />
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MARIA FONTANA ARDITO<br />
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– ZUCCARO EDOARDO, La barriera semantica, in “Poesia”, a. X, n. 104, marzo 1997.<br />
INTRODUZIONI, PREFAZIONI, PRESENTAZIONI, RISVOLTI, POSTFAZIONI,<br />
QUARTE DI COPERTINA A:<br />
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– ALOISE PIERO, Nonostante tutto i fuochi sono accesi, Pellicanolibri, Roma-Catania, 1988.<br />
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– AMATO SILVIA, La diga di sabbia, Gesualdi Editori, Roma, 1971.<br />
– AMODEI GUSEPPINA, Tre passi dentro il tempo, <strong>Edizioni</strong> Lepisma, Roma, 2004.<br />
– ANDREACE NICOLA, Tracce speculari - Percorsi antologici d’arte / 1995-2001, Stampasud,<br />
Mottola, 2001.<br />
– ANELLI JEPH, Finitudini, <strong>Edizioni</strong> Scettro del Re, Roma, 2001.<br />
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– AA.VV., Arte ed ebbrezza - Da Manzù a dario Fo, <strong>Edizioni</strong> d’Arte Il Magazzino del<br />
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– AA.VV., Italia Meravigliosa - Un viaggio straordinario nel Paese più bello del mondo,<br />
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– AA.VV., Narratori Calabresi, Abramo, Catanzaro, 1994.<br />
– AA.VV., Poesia a Lucca, Maria Pacini Fazzi Editore, Lucca, 2002.<br />
– AA.VV., Poesia al Casale Garibaldi, <strong>Edizioni</strong> Scettro del Re, Roma, 2001.<br />
– AA.VV., Poesia all’Alto Jonio (con Leonardo Odopguardi), Maria Pacini Fazzi Editore,<br />
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112<br />
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– ORAZIO, Satire, epodi, odi, epistole tradotte in dialetto lucxano da Antonio Valicenti, Le<br />
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– RIVERA FRANCESCO, Pece, Pellicanolibri, Roma-Catania, 1986.<br />
– ROTELLI MARCO, Ponti che uniscono terre diverse, <strong>Edizioni</strong> Lepisma, Roma, 2003.<br />
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– SALATIELLO MARIA PATRIZIA, Le rinominazioni di Giustino, Ila Palma, Palermo, 2003.<br />
– SANTORO MASTASNTUONO RITA, Nel solco del tempo, Dellisanti Editore, Massafra, 2003.<br />
– SAVIANTONI VINICIO, Con la penna e con la spada, A.L.I. Penna d’Autore, Torino, 2002.<br />
– SERAFINI EUGENIA, I racconti del Laurentino 38, <strong>Edizioni</strong> Artecom, Roma, 1998.<br />
– SODO ANGELO, Amore e libertà, Capone Editore, Cavallino di Lecce, 1988.<br />
– STECHER GIORGIO, Altre foto per album, <strong>Edizioni</strong> Scettro del Re, Roma, 1996.<br />
– STERPI CLAUDIO, Onomastica di Roma, Tipar Poligrafica Editrice, Roma, 2004.<br />
– STRATI SAVERIO, La vita le opere la critica, Cultura Calabrese Editrice, Marina di<br />
Belvedere, 1985.<br />
– TALIANO GRASSO ROCCO, Della notte e sospiri, Piero Manni, Lecce, 2000.<br />
– TROCARELLI FABIO, La luce del tempo, <strong>Edizioni</strong> Lepisma, Roma, 2003.<br />
– TURANO DOMENICO, La vita è..., Grafosud, Rossano, 1998.<br />
– VALICENTI ANTONIO, I segni della luce, <strong>Edizioni</strong> dell’Oleandro, Roma, 1997.<br />
– VARLARO VINCENZO, Il silenzio del mare, Galasso Editore, Trebisacce, 1986.<br />
– VICINO CATERINA, Il segno della crisalide, <strong>Edizioni</strong> Lepisma, Roma, 2004.<br />
– VIGO PIO, Lasciatemi le ali, Ila Palma, Palermo, 1997.<br />
SAGGI E ARTICOLI SULL’ARTE:<br />
– DANTE MAFFIA, Ovidio e le metamorfosi, in “Romabruzzo”, a. I, n. 0, dicembre<br />
1996.<br />
– DANTE MAFFIA, La Pittura di Angelo Navetta, in “Il Veltro”, a. XLII, n. 3-4, luglioagosto<br />
1998.<br />
– DANTE MAFFIA, Van Gogh: La grandezza pur non essendo un caposcuola, in “Idea”, a.<br />
XLIV, n. 3-4, marzo-aprile 1988.<br />
– DANTE MAFFIA, Enotrio quell’identità regionale, in “Calabria”, a. <strong>XXVII</strong>, n. 53,<br />
settembre-ottobre 1989.<br />
– DANTE MAFFIA, Da Boccioni a Rotella, la Calabria dei primati, in “Trapezakion”, a. I,<br />
n. 1, gennaio 1987.<br />
– DANTE MAFFIA, Renato Guttuso ovvero la crescita dell’uomo, in “Il Policordo”, n. 3,<br />
luglio-settembre 1977.
NOTA BIO-BIBLIOGRAFICA<br />
115<br />
– DANTE MAFFIA, Catalogo “Francisco Hernàndez Diaz”, <strong>Edizioni</strong> Lepisma, 10 ottobre -<br />
5 novembre 2003.<br />
– DANTE MAFFIA, Catalogo Ugo attardi “Opere 1947-2003”, Fondazione Federico II<br />
Editore, Palermo, 2003.<br />
– DANTE MAFFIA, Catalogo Angela Pellicanò, <strong>Edizioni</strong> Monogramma, Roma, 26 aprile<br />
- 28 maggio 2002.<br />
SCRITTI VARI: RACCONTI, POESIE, ARTICOLI:<br />
– DANTE MAFFIA, Due giapponesi e un americano (racconto), in “Voce Romana 2000”,<br />
a. V, n. 11-12, novembre-dicembre 2003.<br />
– DANTE MAFFIA, La perdita della memoria (racconto), in “Voce Romana 2000”, a. IX, n.<br />
2, febbraio 2005.<br />
– DANTE MAFFIA, Lo spazzino collezionista (racconto), in “Voce Romana 2000”, a. IX,<br />
n. 3, marzo 2005.<br />
– DANTE MAFFIA, Arrivano le donne (racconto), in “Voce Romana 2000”, a. VI, n. 10,<br />
ottobre 2004.<br />
– DANTE MAFFIA, Il vecchio e il nuovo (racconto), in “Voce Romana 2000”, a. VI, n. 6,<br />
giugno 2004.<br />
– DANTE MAFFIA, Andrea (racconto), in “Voce Romana 2000”, a. VI, n. 1, gennaio<br />
2004.<br />
– DANTE MAFFIA, La pupa (racconto), in “Voce Romana 2000”, a. V, n. 9, settembre<br />
2003.<br />
– DANTE MAFFIA, La felicità sconosciuta (racconto), in “Voce Romana 2000”, a. IX, n. 1,<br />
gennaio 2005.<br />
– DANTE MAFFIA, Che t’hanno fatto Fiume... (racconto), in “Voce Romana 2000”, a. VI,<br />
n. 9, settembre 2004.<br />
– DANTE MAFFIA, Lo spazzino e i vampiri (racconto), in “Voce Romana 2000”, a. VI,<br />
n. 7-8, luglio-agosto 2004.<br />
– DANTE MAFFIA, Al Prado (racconto), in “Armonie”, a. IX, n. 9, settembre 1992.<br />
– DANTE MAFFIA, Annamaria Ferramosca, in “Punto d’Incontro”, a. XXIII, n. 3, settembredicembre<br />
2000.<br />
– DANTE MAFFIA, Fra esperimento e cosa, in “Periferie”, ottobre-dicembre 2000.<br />
– DANTE MAFFIA, Viamerica, in “Poesia”, a. XIII, n. 138, aprile 2000.<br />
– DANTE MAFFIA, “Incendio e fuga”, in “Informazioni Editoriali”, maggio 2002.<br />
– DANTE MAFFIA, Presagi presenti, in “La Sicilia”, 28 gennaio 2003.<br />
– DANTE MAFFIA, La Poesia italiana de los anos 70 y 80, in “La Cultura en ’El Tiempo’”,<br />
16 giugno 1991.<br />
– DANTE MAFFIA, Recensioni a cura di Luigi Reina, in “Poiesis”, a. VII, n. 17, settembredicembre<br />
1998.<br />
– DANTE MAFFIA, Leopardi per l’Europa a cura di Giuliana Lucchini Bonomi (Trad. in<br />
dialetto calabro di Roseto Capo Spulico di Dante Maffia), in “Poiesis”, a. VI, n. 16,<br />
maggio-agosto 1998.<br />
– DANTE MAFFIA, Alberto Caramella, in “Poiesis”, n. 30-31, 2004-2005.<br />
– DANTE MAFFIA, Alberto Bevilacqua, in “Poiesis”, n. 30-31, 2004-2005.<br />
– DANTE MAFFIA, Federico Garcia Lorca tradotto da Dante Maffia, in “Poiesis”, a. VI, n.<br />
16, maggio-agosto 1998.
116<br />
MARIA FONTANA ARDITO<br />
– DANTE MAFFIA, Collana di poesia di Fabrizio Mugnaini, in “Poiesis”, a. V, n. 13,<br />
maggio-agosto 1997.<br />
– DANTE MAFFIA, La poesia di Dacia Maraini, in“Poiesis”, a. II, n. 5, settembre-dicembre<br />
1994.<br />
– DANTE MAFFIA, Recensioni (Giuseppe Leonelli e Gabriele Ghiandoni), in “Poiesis”, a.<br />
III, n. 6, gennaio-aprile 1995.<br />
– DANTE MAFFIA, “Il bosco illuminato”di Dino Claudio, in “La nuova tribuna letteraria”,<br />
a. VI, n. 36, novembre-dicembre 1994.<br />
– DANTE MAFFIA, La visionarietà intellettuale di Aldo Turchiaro, in “Trapeziakion”, a. I,<br />
n. 2, aprile 1986.<br />
– DANTE MAFFIA, Il falò di carta di Vincenzo Petrone, in “L’oleandro”, a. IX, n. 3,<br />
marzo-aprile 1991.<br />
– DANTE MAFFIA, La disperazione esistenziale nella poesia di Isabella Morra, in “Il corriere<br />
calabrese”, a. I, n. 1, gennaio-marzo 1991.<br />
– DANTE MAFFIA, Mito e realtà nell’opera di Mario Luzi, in “Il Cittadino”, 15 novembre<br />
1983.<br />
– DANTE MAFFIA, La vita del “Dottor Max” più affascinante di un romanzo d’avventura,<br />
in “Libertà”, 31 ottobre 2000.<br />
– DANTE MAFFIA, Viareggio ha premiato un poeta di classe, in “Paese sera”, 3 luglio<br />
1986.<br />
– DANTE MAFFIA, Giuseppe De Marco, in “Riscontri”, a. XII, n. 2, aprile-giugno 1990.<br />
– DANTE MAFFIA, Calabria romana o Roma calabrese?, in “Gazzetta del Sud”, 15 luglio<br />
2003.<br />
– DANTE MAFFIA, La nascita del trullo, in “Il martinese”, 8 ottobre 1988.<br />
– DANTE MAFFIA, La vita sa di buono di Cesare Vivaldi, in “Diverse Lingue”, a. XII, n.<br />
16, settembre 1997.<br />
– DANTE MAFFIA, Cari ragazzi, grazie per la bella esperienza!, in “Il Serratore”, n. 52,<br />
1998.<br />
– DANTE MAFFIA, “Parola di parole” di Giuseppe Napolitano, in “Il Foglio volante”, a.<br />
XV, n. 7-8, luglio-agosto 2000.<br />
– DANTE MAFFIA, Casale Garibaldi, in “Scrittori italiani”, a. I, n. 4, novembre-dicembre<br />
2003.<br />
– DANTE MAFFIA, Elio Stellitano, in “Calabria sconosciuta”, a. XII, n. 43, gennaiomaggio<br />
1989.<br />
– DANTE MAFFIA, La poesia è sempre abbandono all’occulto senso del vivere, in “Nuovi<br />
orientamenti per una nuova etica”, n. 11, ottobre 1987.<br />
– DANTE MAFFIA, Finestra antologica: Franco Loi, Valerio Magrelli, Antonio Riccardi,<br />
Robert Liddell Kavafis, Ennio Bonea, Antonio Iacopetta, Maria Grazia Lenisa, in<br />
“Poiesis”, a. VII, n. 18, gennaio-aprile 1999.<br />
– DANTE MAFFIA, Il secondo olocausto, in “La voce di Mantova”, 11 settembre 2000.<br />
– DANTE MAFFIA, Il gomitolo di cera, in “Il Cittadino”, a. XIII, n. 6, 30 marzo 1991.<br />
– DANTE MAFFIA, Le voci monologanti di Claudio Magris, in “Portofranco”, a. VIII, n.<br />
29, luglio-settembre 1996.<br />
– DANTE MAFFIA, La letteratura italiana del ’900, in “Poiesis”, a. III, n. 7.<br />
– DANTE MAFFIA, Marco Aurelio e il diavolo (racconto), in “Voce Romana 2000”, a. VI,<br />
n. 3, marzo 2004.<br />
– DANTE MAFFIA, Gli spazzini in Campidoglio (racconto), in “Voce Romana 2000”, a.<br />
IV, n. 4, aprile 2004.
NOTA BIO-BIBLIOGRAFICA<br />
117<br />
– DANTE MAFFIA, L’antimondanità del saggio, in “L’altra Europa”, a. III, n. 9, 1991.<br />
– DANTE MAFFIA, La funzione dello scrittore oggi, in “Produzione & Cultura”, a. X, n.<br />
4-6, luglio-dicembre 1997.<br />
– DANTE MAFFIA, Memoria e fantasia in Maria e il vecchio, quando il romanzo è più della<br />
vita, in “Eleusis”, a. II, n. 8-9, I-II trimestre 1992.<br />
– DANTE MAFFIA, Pinkerton, in “Il Cittadino”, a. IX, n. 14, 18 aprile 1987.<br />
– DANTE MAFFIA, Nino Piccione, in “Il Ragguaglio librario”, a. LXII, maggio 1995.<br />
– DANTE MAFFIA, Quattro “voci” che si rincorrono”, in “Portofranco”, a. VIII, n. 28,<br />
aprile-giugno 1996.<br />
– DANTE MAFFIA, Cristiano Serricchio, in “Portofranco”, a. VI, n. 20, aprile-giugno<br />
1994.<br />
– DANTE MAFFIA, Poesia: indietro tutta, in “Portofranco”, a. VII, n. 23, gennaio-marzo<br />
1995.<br />
– DANTE MAFFIA, Giacinto Spagnoletti e l’invenzione della letteratura, in “Portofranco”,<br />
a. VI, n. 20, aprile-giugno 1994.<br />
– DANTE MAFFIA, Un libro di C. Petrone, in “La Calabria”, 30 settembre 19<strong>69</strong>.<br />
– DANTE MAFFIA, Due spazzini all’ufficio postale (racconto), in “Voce Romana 2000”, a.<br />
VI, n. 5, maggio 2004.<br />
– DANTE MAFFIA, La poesia vista dalla terra, in “Poiesis”, a. IV, n. 9, gennaio-aprile<br />
1996.<br />
– DANTE MAFFIA, L’alba dei vinti di Dino Claudio, in “Studium”, aprile 2003.<br />
– DANTE MAFFIA, Incontro con la rima: Domenico Alvino, Ferdinando Falco, Giorgio<br />
Linguaglossa, Vladimir Majakovskij, Luigi Manzi, Achille Serrao, Bruno Tra versetti, in<br />
“Poiesis”, a. V, n. 13, maggio-agosto 1997.<br />
– DANTE MAFFIA, Anna Maria Bracale, in “Informazioni editoriali”, giugno 1999.<br />
– DANTE MAFFIA, Leopoldo Attolico, in “Clandestino”, a. II, 2004.<br />
– DANTE MAFFIA, Senza titolo, in “Poiesis”, a. VI, n. 16, maggio-agosto 1998.<br />
– DANTE MAFFIA, Sabino Caronia, in “Poiesis”, a. V, n. 12, gennaio-aprile 1997.<br />
– DANTE MAFFIA, L’epistolario e la poesia della Cvetaeva, in Poiesis”, a. V, n. 14, settembredicembre<br />
1997.<br />
– DANTE MAFFIA, Fabio Scotto, in “Poiesis, a. V, n. 14, settembre-dicembre 1997.<br />
– DANTE MAFFIA, La nazionale dei poeti, a. V, n. 14, settembre-dicembre 1997.<br />
– DANTE MAFFIA, Recensioni: Paola Maria Minucci, Nasos Vaghenas, Giuliano Gramigna,<br />
Antonio Liberti, Cosma Siani, Laura Canciani, Mimmo Grasso, Michele Sciscio, in<br />
“Poiesis”, a. VI, n. 15, gennaio-aprile 1998.<br />
– DANTE MAFFIA, Senza titolo, in “Poiesis”, a. VI, n. 15, gennaio-aprile 1998.<br />
– DANTE MAFFIA, Recensioni: Wislawa Szymborska, Nicola Gardini, Alberto Abbuonandi,<br />
Alida Maria Sessa, in “Poiesis”, a. VI, n. 16, maggio-agosto 1998.<br />
– DANTE MAFFIA, Incontro con la rima, in “Poiesis”, a. V, n. 12, gennaio-aprile 1997.<br />
– DANTE MAFFIA, Incontro con la rima, in “Poiesis”, a. IV, n. 11, settembre-dicembre<br />
1996.<br />
– DANTE MAFFIA, Incontro con la rima, in “Poiesis”, a. IV, n. 10, maggio-agosto 1996.<br />
– DANTE MAFFIA, Finestra Romanzo: Giuseppe Pontiggia, in “Poiesis”, a. IV, n. 10,<br />
maggio-agosto 1996.<br />
– DANTE MAFFIA, Recensioni: Giulio Ferroni, Maria Ida Gaeta-Gabriella Sica, Nicola Merola,<br />
Edoardo Sant’Elia, in “Poiesis”, a. IV, n. 10, maggio-agosto 1996.<br />
– DANTE MAFFIA, La visione di Alberto, in “Caffè Michelangelo”, a. IX, n. 2, maggioagosto<br />
2004.
118<br />
MARIA FONTANA ARDITO<br />
– DANTE MAFFIA, Luigi Fontanella, in “Poesia”, a. XIII, n. 144, novembre 2000.<br />
– DANTE MAFFIA, Gemma Forti, in “Poesia”, a. XIII, n. 144, novembre 2000.<br />
– DANTE MAFFIA, Biagia Marniti, in “Poesia”, a. XIV, n. 146, gennaio 2001.<br />
– DANTE MAFFIA, Atonia Arslan, in “Poesia”, a. XII, n. 125, febbraio 1999.<br />
– DANTE MAFFIA, Vito Riviello, in “Poesia”, a. XII, n. 130, luglio-agosto 1999.<br />
– DANTE MAFFIA, Donatella Biscutti, in “Poesia”, a. XIII, n. 135, gennaio 2000.<br />
– DANTE MAFFIA, Giorgio Luzzi, in “Poesia”, a. XVII, n. 180, febbraio 2004.<br />
– DANTE MAFFIA, Enrico Panunzio, in “Poesia”, a. X, n. 109, settembre 1997.<br />
– DANTE MAFFIA, Luciano Luisi, in “Poesia”, a. XI, n. 121, ottobre 1998.<br />
– DANTE MAFFIA, Elena Clementelli, in “Poesia”, a. XI, n. 122, novembre 1998.<br />
– DANTE MAFFIA, L. Reina, Masuccio Salernitano. Letteratura e società del “Novellino”,<br />
in “Il Veltro”, a. XLIV, n. 3-4, maggio-agosto 2000.<br />
– DANTE MAFFIA, Plinio Perilli, in “Portofranco”, a. X, n. 38, ottobre-dicembre 1998.<br />
– DANTE MAFFIA, Mail Art, in “Ellade”, a. II, n. 1, gennaio-febbraio 1994.<br />
– DANTE MAFFIA, Q. Orazio Flacco, in “Talento”, a. X, n. 2, 2000.<br />
– DANTE MAFFIA, Enrica Di Giorgi Lombardo, in “Talento”, a. VI, n. 6, novembredicembre<br />
1996.<br />
– DANTE MAFFIA, La Campania, in “Pagine”, a. VIII, n. 21, settembre-dicembre 1997.<br />
– DANTE MAFFIA, Grandine di Arixi, in “Il Cittadino”, a. IX, n. 12, 4 aprile 1987.<br />
– DANTE MAFFIA, Storie di casa Leopardi, in “Il Cittadino”, a. IX, n. 13, 11 aprile 1987.<br />
– DANTE MAFFIA, Capuana maestro anche nelle fiabe, in “Incontri”, settembre-ottobre<br />
1989.<br />
– DANTE MAFFIA, L’aura magica di Luzi, in “La Nuova Tribuna Letteraria”, a. XV, n.<br />
77, 2005.<br />
– DANTE MAFFIA, Una scrittura che va al cuore delle cose, in “La Provincia”, 28 marzo<br />
2000.<br />
– DANTE MAFFIA, Scrittura e (è) potere (?), in “L’Area di Broca”, a. <strong>XXVII</strong>, n. 71-72,<br />
gennaio-dicembre 2000.<br />
– DANTE MAFFIA, El fenòmeno Borges, in “La Nacion”, 31 dicembre 1994.<br />
– DANTE MAFFIA, L’onorevole (racconto), in “Il Pungiglione”, a. I, n. 1, gennaio 1984.<br />
– DANTE MAFFIA, Hector Bianciotti, in “Misure critiche”, gennaio-giugno 1989.<br />
– DANTE MAFFIA, Il naufragio dell’essere, in “Il Cittadino”, 1° febbraio 1982.<br />
– DANTE MAFFIA, Ruggiero: il medico poeta, in “Il Cittadino”, 5 luglio 1986.<br />
– DANTE MAFFIA, Cosenza, in “Poesia”, a. VI, n. 68, dicembre 1993.<br />
– DANTE MAFFIA, Pierfranco Bruni, in “La Voce”, n. 17, 15 ottobre 1986.<br />
– DANTE MAFFIA, Il sito di Sibari, in “Cronaca di Calabria”, 1° giugno 1973.<br />
– DANTE MAFFIA, Luzi presenta Bacchiega, in “Il Cittadino”, 5 luglio 1986.<br />
– DANTE MAFFIA, Hystrio di Mario Luzi, in “Il Cittadino”, 13 giugno 1988.<br />
– DANTE MAFFIA, Mancino-Laurelli il poeta parla il pittore assorbe, in “Il Cittadino”, 3<br />
ottobre 1987.<br />
– DANTE MAFFIA, Nigro vede il vento, in “Talento”, 3 gennaio 1995.<br />
– DANTE MAFFIA, Un nome l’alba ne l’acqua vana, in “Il Policordo”, n. 2, aprile-giugno<br />
1984.<br />
– DANTE MAFFIA, I giorni d’oro, in “Il Cittadino”, 31 maggio 1986.<br />
– DANTE MAFFIA, Il mistero del nostro viaggio, in “L’Oleandro”, agosto 1988.<br />
– DANTE MAFFIA, Di Carlo: dalla letteratura alla poesia, in “Il Cittadino”, 7 giugno<br />
1986.<br />
– DANTE MAFFIA, Marina, un uragano di vitalità, in “Paese sera”, 1° febbraio 1989.
NOTA BIO-BIBLIOGRAFICA<br />
119<br />
– DANTE MAFFIA, Maria T. Santalucia Scibona, in “La Nuova Tribuna Letteraria”, n.<br />
24, maggio-giugno 1994.<br />
– DANTE MAFFIA, Tra epica e favola, in “Il Cittadino”, 15 dicembre 1982.<br />
– DANTE MAFFIA, Teresa Maria Moriglioni, in “Parallelo 38”, n. 11, novembre 1971.<br />
– DANTE MAFFIA, Anna Mongiardo, in “Parallelo 38”, n. 11, novembre 1971.<br />
– DANTE MAFFIA, Appuntamenti per non morire, in “Idea”, a. XLVII, febbraio-marzo<br />
1991.<br />
– DANTE MAFFIA, Felici di volare, in “Il Mattino”, 10 marzo 1987.<br />
– DANTE MAFFIA, Una nota sulla poesia di Alfonso Gatto, in “Cronaca di Calabria”, 9<br />
dicembre 1973.<br />
– DANTE MAFFIA, Misura morale e umana, in “Il Cittadino”, 15 novembre 1982.<br />
– DANTE MAFFIA, La concabala di Grasso, in “Il Cittadino”, 19 dicembre 1987.<br />
– DANTE MAFFIA, Giuseppe Pedota, in “Poiesis”, n. 23-24.<br />
– DANTE MAFFIA, “La terra di Avram” morire per la ricerca e la scienza, in “Idea”, a. XLV,<br />
n. 1-2, gennaio-febbraio 1998.<br />
– DANTE MAFFIA, Il cerchio aperto di Luciano Erba, in “Il Cittadino”, 1° giugno 1986.<br />
– DANTE MAFFIA, Un liceo del Sud per un grande progetto, in “Il Tiraccio”, a. XV, n. 10,<br />
novembre-dicembre 1989.<br />
– DANTE MAFFIA, La luna suburbana, in “Quinta Generazione”, a. XV, n. 151-152,<br />
gennaio-febbraio 1987.<br />
– DANTE MAFFIA, Lo “speriamo che sia femmina” della poesia è un successo personale.<br />
Maschile, ovviamente, in “Puglia”, 18 giugno 2000.<br />
– DANTE MAFFIA, Temporale di luce, in “Il Tiraccio”, a. XVI, n. 6, giugno 1990.<br />
– DANTE MAFFIA, Cristalli d’argilla, in “L’Oleandro”, ottobre-novembre 1988.<br />
– DANTE MAFFIA, Flauto and concertina, in “Il Policordo”, a. I, n. 2, 1977.<br />
– DANTE MAFFIA, Corpus, in “L’Oleandro”, a. VI, n. 8, settembre 1988.<br />
– DANTE MAFFIA, Poesia e matrimonio, in “Idea”, a, XXXIX, n. 5-6, maggio-giugno<br />
1983.<br />
– DANTE MAFFIA, “Il cielo si dissolve”, in “Rec”, a. III, n. 7, agosto 2005.<br />
– DANTE MAFFIA, Versi d’amore e di nostalgia di Francesco Boneschi, in “Idea”, a. XXXIX,<br />
n. 11-12, novembre-dicembre 1983.<br />
– DANTE MAFFIA, Messaggio etico e civile di Ciril Zlobec , in “Idea”, a. XXXIX, n. 11-12,<br />
novembre-dicembre 1983.<br />
– DANTE MAFFIA, La lezione di Berardinelli, in “<strong>Periferia</strong>”, a. IX, n. 26, maggio-agosto<br />
1986.<br />
– DANTE MAFFIA, Orazio, le lettere, in “Hellas”, n. 6-7, dicembre 1894 - maggio 1984.<br />
– DANTE MAFFIA, Le Maschere e le stelle, cinque racconti di Dante Maffìa, in “Hellas”, n.<br />
6-7, dicembre 1894 - maggio 1984.<br />
– DANTE MAFFIA, Pino Corbo, in “Inchiostri”, Volume I, 1996.<br />
– DANTE MAFFIA, Su Stefania Siragusa, in “<strong>Periferia</strong>”, a. VI, n. 17, maggio-agosto 1983.<br />
– DANTE MAFFIA, Tamarriata sinfonica, in “<strong>Periferia</strong>”, a. II, n. 6, settembre-dicembre<br />
1979.<br />
– DANTE MAFFIA, Gabriela Mistral i ricordi, creature viventi, in “Poesia”, a. IX, n. 100,<br />
novembre 1996.<br />
– DANTE MAFFIA, Intervista a Giorgio Caproni, in “Poesia”, a. XI, n. 113, gennaio 1998.<br />
– DANTE MAFFIA, Mario Lunetta, in “<strong>Periferia</strong>”, a. IX, n. 27, settembre-dicembre 1996.<br />
– DANTE MAFFIA, La traduzione, in “Microprovincia”, n. 40, gennaio-dicembre 2002.<br />
– DANTE MAFFIA, La traduzione, in “Folium”, a. IV, n. 2, agosto 2002.
120<br />
MARIA FONTANA ARDITO<br />
– DANTE MAFFIA, “Il nido della cometa” di Nino Piccione, in “Silarus”, a. XL, n. 211,<br />
settembre-ottobre 2000.<br />
– DANTE MAFFIA, Dies ad Quem di Alfonso Malinconico, in “Gradiva”, number 19, Spring<br />
2001.<br />
– DANTE MAFFIA, Recensioni: Mirella Boeri, in “Riscontri”, a. XXIII, n. 2-3, aprilesettembre<br />
2001.<br />
– DANTE MAFFIA, Il Danubio di Claudio Magris (estratto), in “Nuova Antologia”, n.<br />
2191, luglio-settembre 1994.<br />
– DANTE MAFFIA, Pittura e letteratura, in “Folium”, a. I, n. 1, febbraio 1999.<br />
– DANTE MAFFIA, Il Paradiso di Linguaglossa come atto ontologico, in “Hebenon”, a. VI,<br />
n. 7-8, aprile-ottobre 2001.<br />
– DANTE MAFFIA, Claudio Magris: microcosmi, in “Microprovincia”, n. 5, n. 36, gennaiodicembre<br />
1998.<br />
– DANTE MAFFIA, Vincenzo Monaco, lo sguardo innamorato, in “Hellas”, a. I, n. 1,<br />
giugno-settembre 1980.<br />
– DANTE MAFFIA, Recensioni: Luigi Reina, in “Hebenon”, a. VI, n. 7-8, aprile-ottobre 2001.<br />
– DANTE MAFFIA, Dal simbolismo alla spiritualità, in “Hebenon”, a. VI, n. 7-8, aprileottobre<br />
2001.<br />
– DANTE MAFFIA, Chi ha paura del dialetto?, in “Diverse Lingue”, a. XI, n. 15, settembre<br />
1996.<br />
– DANTE MAFFIA, A. Giacomini: un’antologia, in “Diverse Lingue”, a. XIII, n. 17-18,<br />
Maggio 1998.<br />
– DANTE MAFFIA, Nord, Sud e la poesia in dialetto, in “Diverse Lingue”, a. X, n. 14,<br />
settembre 1995.<br />
– DANTE MAFFIA, Alcune figure poetiche del Friuli-Venezia Giulia, in “Diverse Lingue”,<br />
a. XIII, n. 19, dicembre 1998.<br />
– DANTE MAFFIA, “Girasoli i suoi seni”, in “Il Ventaglio”, a. VII, n. 5, n. 4, gennaiomarzo<br />
1975.<br />
– DANTE MAFFIA, Sui racconti di Raboni, in “Lunarionuovo”, a. VI, n. 28, gennaiofebbraio<br />
1984.<br />
– DANTE MAFFIA, Le poesie vissute di Plinio Perilli, in “Pelagos”, a. I, n. 1, luglio 1991.<br />
– DANTE MAFFIA, Trenta libri recenti per un sondaggio sulla poesia, in “Idea”, a. XLII, n.<br />
5, maggio 1986.<br />
– DANTE MAFFIA, Gaetano Marini, in “Realtà del Mezzogiorno”, a. XIV, n. 4, aprile<br />
1974.<br />
– DANTE MAFFIA, Cronache del mesozoico, in “Malvasia”, a. IX, n. 30, febbraio-maggio<br />
1989.<br />
– DANTE MAFFIA, Paola Lucarini Poggi, in “Città di Vita”, a. X<strong>XXVII</strong>I, n. 6, 1984.<br />
– DANTE MAFFIA, Renzo Rosso, in “L’anello che non tiene”, journal of Modern Italian<br />
Literature, Vol. I, n. 1, 1998.<br />
– DANTE MAFFIA, Umberto Eco, in “Misure Critiche”, n. 94-96, aprile-dicembre 1995.<br />
– DANTE MAFFIA, Poeti e Poetiche, in “Gradiva”, n. 22, 2002.<br />
– DANTE MAFFIA, Voce del luogo, in “Hortus”, n. 12, 1992.<br />
– DANTE MAFFIA, La poesia di Elena Bono tra mito e religiosità, in “Lunarionuovo”, a. V,<br />
n. 23-24, marzo-giugno 1983.<br />
– DANTE MAFFIA, La lettera (racconto), in “Idea”, a. XLIII, n. 12, dicembre 1987.<br />
– DANTE MAFFIA, Miranda Clementoni e il traguardo della poesia, in “Idea”, a. LII, n.<br />
1-4, gennaio-aprile 1996.
NOTA BIO-BIBLIOGRAFICA<br />
121<br />
– DANTE MAFFIA, Il fuoco che non brucia in “Mia madre amava il mare” di Enzo Siciliano,<br />
in “Idea”, a. LI, n. 6-12, giugno-dicembre 1995.<br />
– DANTE MAFFIA, “Eremita a Parigi” testi anche inediti di Calvino “di professione scrittore”,<br />
in “Idea”, a. LI, n. 3-4-5, marzo-maggio 1995.<br />
– DANTE MAFFIA, La declamazione onesta di Barberi Squarotti, in “Microprovincia”, n.<br />
40, gennaio-dicembre 2002.<br />
– DANTE MAFFIA, L’identità argentina, in “Misure Critiche”, a. XXIV, n. 91-93, lugliodicembre<br />
1994, gennaio-marzo 1995.<br />
– DANTE MAFFIA, Marco Amendola, indagine su Oscar Wilde, in “Inchiostri”, Vol. II,<br />
1997.<br />
– DANTE MAFFIA, Pino Corbo, in canto, in “Inchiostri”, Vol. I, 1996.<br />
– DANTE MAFFIA, Ne vogliamo parlare?, in “Poiesis”, n. 23-24.<br />
– DANTE MAFFIA, Vivian Lamarque, Carlo Maddalena, Gianni Rescigno, Luciano Erba,<br />
Mario Luzi, Marcella Continanza, Mario Specchio, Mariapia Giulivo, Marzia Alunni,<br />
Angelo Mundula, Annamaria Ferramosca, Franco Esposito, Gianfranco D’Ambrosio,<br />
Fabio Troncarelli, Dario Bellezza, Attila Jozsef, Michele Salazar, Stefano Marino, Stefano<br />
Dal Bianco, Maurizio Cucchi, Marco Guzzi, Renzo Ferri, Leandro Piantini, in “Poiesis”,<br />
n. 2-27, 2002-2003.<br />
– DANTE MAFFIA, Lars Forssell: sorgo dal silenzio e devo parlare con molte voci, in “Idea”,<br />
a. XLVII, n. 4-5, aprile-maggio 1991.<br />
– DANTE MAFFIA, L’ora intemporanea (1990), in “Poiesis”, numero speciale 25, 2002.<br />
– DANTE MAFFIA, Recensioni: Davide Rondoni, Angelo Sagnelli, Ciro Cianni, Fabrizio Pepe,<br />
Giovanni Orfei, Giuliano Manacorda, Gaetano Blaiotta, Giuseppina Amodei, Marco<br />
Rolloni, Francesco Graziano, Francesca Serragnoli, Roberto Rossi Preceruti, Ermanno<br />
Bencivenga, Emanuele Di Pasquale, Giorgio Barberi Squarotti, Alberto Caramella,<br />
Alberto Bertoni, Salvatore Sanna, in “Poiesis”, n. 28-29, 2004.<br />
– DANTE MAFFIA, Abel Prieto, il volo del gatto, in “Microprovincia”, n. 40, gennaiodicembre<br />
2002.<br />
– DANTE MAFFIA, Il libro perduto, in “Microprovincia”, n. 37, gennaio-dicembre 1999.<br />
– DANTE MAFFIA, Girolamo De Rada e il romanticismo mediterraneo, in “Microprovincia”,<br />
n. 41, gennaio-dicembre 2003.<br />
– DANTE MAFFIA, Nel grave sogno di Raboni, in “Il Policordo”, n. 5, n. 3, ottobredicembre<br />
1982.<br />
– DANTE MAFFIA, Su Bartolo Cattafi, in “Operai di Sogni”, 1984.<br />
– DANTE MAFFIA, La stella variabile di Sereni, in “<strong>Periferia</strong>”, a. V, n. 13, 1982.<br />
– DANTE MAFFIA, Sulla poesia di Cucchi, in “Il Policordo”, n. 5, n. 1, gennaio-marzo 1984.<br />
– DANTE MAFFIA, Umberto Eco, in “Misure Critiche”, a XXV, n. 94-96, aprile-dicembre<br />
1995.<br />
– DANTE MAFFIA, Franca Bacchiega, in “Nuova Antologia”, a. 126, Fasc. 2180, ottobredicembre<br />
1991.<br />
– DANTE MAFFIA, Bruno Traversetti, in “Otto-Novecento”, a. XIII, n. 6, novembredicembre<br />
1989.<br />
– DANTE MAFFIA, Giorgio Saviane, in “Nuova Antologia”, a. 127, Fasc. 2181, gennaiomarzo<br />
1992.<br />
– DANTE MAFFIA, Claudio Marabini, in “Nuova Antologia”, a. 122, Fasc. 2162, aprilegiugno<br />
1987.<br />
– DANTE MAFFIA, Claudio Magris, in “Nuova Antologia”, a. 127, Fasc. 2183, lugliosettembre<br />
1992.
122<br />
MARIA FONTANA ARDITO<br />
– DANTE MAFFIA, Le cose così come sono, in “Il Lettore di provincia”, a. XXVI, Fasc. 93,<br />
settembre 1995.<br />
– DANTE MAFFIA, Ennio Cavalli, in “Il Cristallo”, a. XLI, n. 3, dicembre 1999.<br />
– DANTE MAFFIA, Luigi Reina, in “Nuova Antologia”, a. 130, Fasc. 2196, ottobredicembre<br />
1995.<br />
– DANTE MAFFIA, Giorgio Saviane, in “Nuova Antologia”, a. 127, Fasc. 2184, ottobredicembre<br />
1992.<br />
– DANTE MAFFIA, Corrado Calabrò, in “Nuova Antologia”, a. 127, Fasc. 2184, ottobredicembre<br />
1992.<br />
– DANTE MAFFIA, L. Luisi, in “Rassegna Salentina”, a. VI, n. 5, settembre-ottobre 1981.<br />
– DANTE MAFFIA, Nel gomitolo della poesia, in “La Nazione”, 20 novembre 1991.<br />
– DANTE MAFFIA, Che cos’è la poesia nella società di oggi, in “Clic Donne 2000”, a. V, n.<br />
1, gennaio-marzo 2003.<br />
– DANTE MAFFIA, La durata dell’arte, in “I quaderni di Hebenon”, n. 7-8, aprile-ottobre<br />
2001.<br />
– DANTE MAFFIA, Ancora su Liuba, in “Hellas”, a. II, n. 2-3, 31 dicembre 1981.<br />
– DANTE MAFFIA, Rita Marinò Campo: la freccia e l’arco, in “Portofranco”, a. IX, n. 32,<br />
aprile-giugno, 1997.<br />
– DANTE MAFFIA, Un magnifico romanzo di Nini Piccione impostosi nell’attuale panorama<br />
letterario, in “Il nuovo tempo libero”, a. XVI, n. 2, agosto 1995.<br />
– DANTE MAFFIA, Maria T. Santalucia Scibona, in “La Nuova Tribuna Letteraria”,<br />
maggio-giugno 1994.<br />
– DANTE MAFFIA, La vecchiaccia (racconto), in “Voce romana”, a. V, n. 10, ottobre 2003.<br />
– DANTE MAFFIA, Bianca Buono, poetessa dei sentimenti, in “Rivista degli autori”, a. V,<br />
n. 10, settembre-ottobre 1995.<br />
– DANTE MAFFIA, Recensioni: Alberto Caramella, Andrea Attardi, Antonia Arslan, Dante<br />
Maffia tra secondo e terzo millennio, Mario Specchio, Alberto Bevilacqua, in “Poiesis”,<br />
n. 30-31, 2004-2005.<br />
– DANTE MAFFIA, Scrittori e letterature di frontiera, in “Portofranco”, a. X, n. 36, aprilegiugno<br />
1998.<br />
– DANTE MAFFIA, Ricordi di un secolo, in “Il Policordo”, n. 1, gennaio 1988.<br />
– DANTE MAFFIA, Il “poema filosofico” di Domenico Cambareri, in “Il Secolo d’Italia”, 19<br />
luglio 2000.<br />
– DANTE MAFFIA, La voce narrativa di Claudio Magris, in “La Voce”, a. IX, n. 2, 1°<br />
febbraio 1994.<br />
– DANTE MAFFIA, Sputi in faccia all’imperatore, in “Paese sera”, 11 febbraio 1987.<br />
– DANTE MAFFIA, I rischi mortali della poesia, in “Cronache del Mezzogiorno”, 4<br />
agosto 2000.<br />
– DANTE MAFFIA, Dal manicomio di Bisceglie (quattro poesie), in “Il Rosso e il nero”, a.<br />
V, n. 11, aprile 1996.<br />
– DANTE MAFFIA, Gùne, mònte la lùne (Uno monta la luna), in “Diverse Lingue”, a. VI,<br />
n. 1, ottobre 1993.<br />
– DANTE MAFFIA, Risposte al “questionario per i poeti in dialetto”, in “Diverse Lingue”,<br />
n. 14.<br />
– DANTE MAFFIA, Possibili errori, in “Poesia”, a. X, n. 112, dicembre 1997.<br />
– DANTE MAFFIA, Due giorni a Roseto, in “Il Pungiglione”, a. I, n. 2, febbraio 1984.<br />
– DANTE MAFFIA, La mia terra (una poesia), in “Parallelo 38”, a. XIX, n. 5, n. 12, dicembre<br />
1988.
NOTA BIO-BIBLIOGRAFICA<br />
123<br />
– DANTE MAFFIA, Quattro poesie, in “Parallelo 38”, a. XXVI, n. 5, n. 6, giugno 1995.<br />
– DANTE MAFFIA, Il grido, una poesia, in “Il Quadrato”, a. I, n. 1, settembre 1971.<br />
– DANTE MAFFIA, Tre poesie, in “Il giornale dei poeti”, a. <strong>XXVII</strong>, luglio-ottobre 1970.<br />
– DANTE MAFFIA, La carne stretta, in “Nuovo Sud”, 20 settembre 1980.<br />
– DANTE MAFFIA, Le comunioni di Mario Rivosecchi, in “Cronaca di Calabria”, 8<br />
giugno 1972.<br />
– DANTE MAFFIA, F. P. Memmo, in “Rassegna Salentina”, a. VI, n. 6, novembre-dicembre<br />
1981.<br />
– DANTE MAFFIA, L. Luisi, in “Rassegna Salentina”, a. VI, n. 5, settembre-ottobre 1981.<br />
– DANTE MAFFIA, Il nuovo libro di poesie di Bellezza, in “Il Cittadino”, 15 aprile 1984.<br />
– DANTE MAFFIA, Senza titolo, in “Gradiva”, n. 22, 2002.<br />
– DANTE MAFFIA, Una poesia, in “Punto d’incontro”, n. 4, settembre-ottobre 1980.<br />
– DANTE MAFFIA, Le scarpe nuove (racconto), in “Il Pungiglione”, a. I, n. 3-4, marzoaprile<br />
1984.<br />
– DANTE MAFFIA, Isabella Morra, in “Studi d’Italianistica nell’Africa Australe”, Vol.<br />
3, n. 4, 1990; Vol. 4, n. 1, 1991.<br />
– DANTE MAFFIA, Poesie: “Per distrazione”, “L’approdo evitato”, “Il segnale di partenza”,<br />
“Così Tommaso”, in “Microprovincia”, n. 39, gennaio 2001.<br />
– DANTE MAFFIA, Testi inediti, in “Studi d’Italianistica nell’Africa Australe”, Vol. 4, n.<br />
2, 1991.<br />
– DANTE MAFFIA, Testi inediti, “Studi d’Italianistica nell’Africa Australe”, Vol. 11, n.<br />
1, 1998.<br />
– DANTE MAFFIA, Diciassette poesie, in “Lunarionuovo”, a. VII, n. 31, luglio-agosto<br />
1994.<br />
– DANTE MAFFIA, Dediche: poesie inedite, in “Diverse Lingue”, a. V, n. 7, gennaio 1990.<br />
– DANTE MAFFIA, Uno, monta la luna (poesie), in “Diverse Lingue”, a. VI, n. 1, ottobre<br />
1993.<br />
– DANTE MAFFIA, “Limacciosità”, “Le mete” (poesie), in “Nuove Lettere”, a. IV-VII, n.<br />
5-8, 1996.<br />
– DANTE MAFFIA, Una poesia, in “Issimo”, a. X, n. 9, settembre 1997.<br />
– DANTE MAFFIA, Poesie: “Un piatto in più”, “Il viaggio e il labirinto”, in “Gradiva”,<br />
Vol. 4, n. 1, 1987.<br />
– DANTE MAFFIA, Due poesie, in “Microprovincia”, n. 5, n. 36, gennaio-dicembre 1998.<br />
– DANTE MAFFIA, Senza avvisarti delle mie morti (poesia), in “Voce Romana”, n. 7-8,<br />
luglio-agosto 2005.<br />
– DANTE MAFFIA, Anelavo alle magnolie (poesia), in “Voce Romana”, n. 9, settembre<br />
2005.<br />
– DANTE MAFFIA, Le stelle hanno bisogno (poesia), in “Voce Romana”, n. 6, giugno<br />
2005.<br />
– DANTE MAFFIA, Dieci poesie da “La sete aspra del male” (inedito), in “Hortus”, a. I, n.<br />
2, 1987.<br />
– DANTE MAFFIA, Quattro poesie, in “Inonijta”, n. 8-9, dicembre 1990, giugno 1991.<br />
– DANTE MAFFIA, Una poesia da “Il leone non mangia l’erba”, in “Il richiamo”, a. III, n.<br />
1, dicembre 1974.<br />
– DANTE MAFFIA, Poesie: “La tua forma ha riverberi”, “Nudo e fluido”, “Il dolore è stranito”,<br />
“La logica del desiderio”, in “Scrittori italiani”, a. I, n. 1, maggio-giugno 2003.<br />
– DANTE MAFFIA, Sogno d’agosto di un impiegato milanese (poesia), in “Milano Metropoli”,<br />
a. IV, n. 9, dicembre 2000.
124<br />
MARIA FONTANA ARDITO<br />
– DANTE MAFFIA, Dal manicomio di Aversa (poesie), in “Poiesis”, a. IV, n. 9, gennaio<br />
1996.<br />
– DANTE MAFFIA, Tre poesie, in “Parallelo 38”, a. XXVI, n. 5, n. 7-8, luglio-agosto 1995.<br />
– DANTE MAFFIA, Smarrimento (poesia), in “Famiglia cristiana”, n. 51, 28 dicembre<br />
1994.<br />
– DANTE MAFFIA, “Antonio”, “Teresa” (poesie), in “Issimo”, a. XVII, n. 39, settembreottobre<br />
2004.<br />
– DANTE MAFFIA, Una poesia, in “Mùvèszet Baràtai”, novembre-dicembre 2003.<br />
– DANTE MAFFIA, Cinque poesie tradotte in spagnolo e in inglese, in “Correo Latino”, a.<br />
I, n. 3-4, dicembre 1991.<br />
– DANTE MAFFIA, Le Esperidi sono donne stupende che non consigliano ipocrisia, in “Il<br />
Policordo”, a. I, n. 1, 1977.<br />
– DANTE MAFFIA, Resoconto (poesia inedita), in “Portofranco”, n. 16, aprile-giugno<br />
1993.<br />
– DANTE MAFFIA, Caro Baudelaire (poesia), in “Clarin”, Buenos Aires, 25 agosto 1988.<br />
– DANTE MAFFIA, La Poesia (poesia), in “Folium”, a. VI, agosto 2004.<br />
– DANTE MAFFIA, Prefazione a “Burlesque” di Andrea Borgia, Rubbettino Editore,<br />
Soveria Manneli, 2004.<br />
– DANTE MAFFIA, Prefazione a “Nugella” di Carmelo Pirrera, <strong>Edizioni</strong> La Ciambrina,<br />
Palermo, 1997.<br />
– DANTE MAFFIA, Un mattino di maggio, in “A Maria” (Maria Verdino), <strong>Edizioni</strong> Il<br />
Chiostro, Benevento, 2001.<br />
– DANTE MAFFIA, La ragazza di Petrovia, di Fulvio Tomizza, in “Riviera delle Palme”,<br />
a. VIII, n. 7-8-9, settembre-ottobre-novembre 1992.<br />
– DANTE MAFFIA, “Ricorda di dimenticarla” di Corrado Calabrò: un romanzo che si stampa<br />
dentro, in “Il Veltro”, a. XLIII, n. 5-6, 1999.
INTORNO A “UN LUPO MANNARO”<br />
Indice<br />
125<br />
Maria Fontana Ardito<br />
Intervista a Dante Maffia p. 5<br />
Rosa Romano Toscani<br />
Un’antinomia creativa: “Il poeta e lo spazzino” » 13<br />
Sabino Caronia<br />
Dante Maffia tra “castità” e “cinismo” » 17<br />
Giuliano Manacorda<br />
Su “La biblioteca d’Alessandria” di Dante Maffia » 21<br />
Antonio Donadio<br />
La verità del fuoco » 22<br />
Maria Rita Bozzetti<br />
Intorno “Al macero dell’invisibile” » 25<br />
Maria Lenti<br />
Maffia nella poesia del Novecento » 27<br />
Enzo Mandruzzato<br />
Il dono dei contenuti immensi » 28<br />
Gennaro Mercogliano<br />
L’ape dell’invisibile » 30<br />
Angelo Mundula<br />
I versi che lo raccontano e ci raccontano » 32<br />
Cristina Sparagana<br />
Come una Itaca calabra » 34<br />
Pasqualino Bongiovanni<br />
Intorno a “Il corpo della parola” » 39<br />
PERIFERIA, 2(<strong>69</strong>), ANNO <strong>XXVII</strong> N.S., 2008
126<br />
INDICE<br />
Elisa Caprarella<br />
Dichiarazione di poetica » 42<br />
Sergio Givone<br />
Colloqui con gli oggetti » 43<br />
Gennaro Mercogliano<br />
Nel ritmo delle dispersioni e la fuga dell’Io » 44<br />
Maria Lenti<br />
Intorno a “Un lupo mannaro” » 49<br />
Maria Fontana Ardito<br />
Nota bio-bibliografica » 51
INTORNO A “UN LUPO MANNARO”<br />
Finito di stampare nel mese di Novembre 2008<br />
Universal Book snc - 87036 Rende (CS)<br />
Tel. 0984.408929<br />
127
128<br />
INDICE