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Anno XXVII nsn 2 (69) - Edizioni Periferia

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<strong>Anno</strong> <strong>XXVII</strong> n.s. n. 2 (<strong>69</strong>)<br />

Maggio-Agosto 2008<br />

Direzione e Redazione:<br />

Via degli Stadi, 9/A - 87100 Cosenza<br />

Via E. Mattei, 11 - 87075 Trebisacce (Cs)<br />

Viale V. Marronaro, 132 - 00128 Roma<br />

periferia@mariafontanaardito.it<br />

Amministrazione:<br />

Via G. Matteotti, 11/A - Rende (CS)<br />

www.edizioniperiferia.it<br />

Reg. Tribunale di Cosenza, n. 327/77<br />

Condizioni di vendita/abbonamento<br />

(anno 2008)<br />

Italia<br />

• un fascicolo ........................................................<br />

Euro 16,00<br />

• un abbonamento annuo ....................................<br />

Italia<br />

Euro 32,00<br />

Estero<br />

Euro 32,00<br />

Estero<br />

E 64,00<br />

L’importo dell’abbonamento e dei singoli fascicoli può essere versato<br />

sul c/c postale n. 66781758<br />

intestato a <strong>Edizioni</strong> PERIFERIA di P. Falco,<br />

Via degli Stadi, 9/A - 87100 Cosenza<br />

Le opinioni espresse negli articoli, nelle note e nelle recensioni impegnano esclusivamente<br />

gli autori, unici responsabili, per altro, della correzione delle bozze di stampa dei loro testi.<br />

Tutti i diritti di riproduzione e traduzione sono riservati.<br />

Fascicolo a cura<br />

di Maria Fontana Ardito<br />

Comitato Scientifico<br />

Antonello Biagini, Franco Crispini,<br />

Dante Della Terza, Giulio Ferroni,<br />

Silvio Gambino, Giovanna Motta,<br />

Nicola Merola, Giuseppe Spadafora<br />

Responsabile<br />

Augusta Frisina Torricelli<br />

Direzione<br />

Mario De Bonis<br />

Pasquale Falco<br />

Redazione<br />

Andrea Carteny<br />

Giuseppe Motta<br />

Francesco Randazzo<br />

Redazione di Roma<br />

Sabino Caronia<br />

Responsabile editoriale<br />

Maria Fontana Ardito


Per Dante Maffia<br />

Saggi, testimonianze e nota bio-bibliografica


INTERVISTA A DANTE MAFFIA<br />

Intervista a Dante Maffia<br />

5<br />

Maria Fontana Ardito<br />

Ho da sempre stimato Dante Maffia. Da quando ho avuto coscienza della<br />

sacralità del “fatto” letterario. I suoi occhi del colore grigio-azzurro del<br />

ghiaccio incutono timore e rispetto. Come la sua produzione vastissima ed<br />

eterogenea, una mole, originale e inedita nel tempo. Numerosissime le sue<br />

opere: di poesia (si fa ormai fatica a citarle), di narrativa, di saggistica e poi i<br />

libri che ha curato, e tanto altro ancora, persino un libro per ragazzi. Tra le<br />

sue ultime fatiche c’è Il poeta e lo spazzino (o potrei dire con licenza dell’Autore<br />

Il poeta è lo spazzino), una raccolta di racconti (troppo riduttivo), un romanzo<br />

(non ne ha la rigida struttura “accademica”), una favola moderna, suggestiva<br />

e amara (leggendo di Zecchinetta e delle sue imprese il mio pensiero corre<br />

immediatamente al poeta Marcovaldo) ma bella favola con il lieto fine per il<br />

protagonista della corona di scrittore (Sette racconti di Zecchinetta furono<br />

«trovati per caso, in una vecchia borsa... c’erano anche quattro lettere autografe<br />

di Moravia che elogiava lo spazzino scrittore...»).<br />

Il mio incontro con Dante Maffia avviene innanzitutto tra le righe delle<br />

sue opere e, ora, tra le sue parole che ascolto con attenzione come il nostro<br />

comune “rumore” ionico, compagno da sempre di viaggi omerici. Peccato<br />

che oggi la comunicazione avvenga perlopiù in formato elettronico...<br />

• Maria Fontana Ardito<br />

Che cosa rappresenta per te oggi la Calabria, sul piano letterario, umano<br />

e ambientale? E in che misura la Calabria ha influenzato il tuo dire<br />

poetico e di scrittore più in generale?<br />

Dante Maffia<br />

– La Calabria è un fiato caldo che mi accompagna e mi sorregge. Quando<br />

l’orizzonte si sposta con troppa facilità o si nega io trovo sempre dentro<br />

di me la dimensione di una Calabria popolata di giochi, di affetti, di<br />

sogni, di progetti. Bisogna dire però che la mia Calabria è particolare, è la<br />

Calabria “penisoletta” o “cenerentola” di cui hanno parlato Zanotti<br />

Bianco, Isnardi , Don Pietro De Tommaso, cioè una Calabria che non esiste,<br />

molto, molto marginale rispetto ai centri. Quando io ero ragazzo c’era<br />

una sola scuola media nel giro di cinquanta paesi" æa Calabria e Lucania,<br />

a Trebisacce, e non c’era una sola libreria. La più vicina era a Taranto. Eh,<br />

sì, perché il paradosso è questo, il mio paese di nascita, Roseto Capo<br />

PERIFERIA, 2(<strong>69</strong>), ANNO <strong>XXVII</strong> N.S., 2008


6<br />

MARIA FONTANA ARDITO<br />

Spulico, è nella zona cosiddetta Lausberg, e gravita verso la Puglia e la<br />

Lucania. Più vicine Taranto e Matera di Cosenza.<br />

Dunque, all’epoca io mi sentivo “apolide”, cioè senza una identità regionale,<br />

un sibarita immerso nei vagheggiamenti di miti lontani. Un greco<br />

i cui spazi andavano liberamente da Reggio a Taranto. Poi ho preso<br />

coscienza dell’appartenenza e ho voluto conoscere il passato remoto e<br />

prossimo, Ibico, Pitagora, Gioacchino da Fiore, Telesio, Severino Boezio,<br />

Campanella, Mattia Preti, Cozza, Misasi, Alvaro, Repaci, Cilea, Seminara,<br />

Strati, Enotrio, Umberto Bosco, Umberto Boccioni, Virgilio Lilli, Mimmo<br />

Rotella... È stato un bagno salutare anche per rendermi conto che molte<br />

cose erano una invenzione dei teorici e dei cultori del primato, ed erano<br />

frutto di una retorica da eliminare. Pur nella grandezza di alcuni ho<br />

avvertito che dietro c’erano troppi piagnistei, progetti irrisolti e caotici,<br />

rivendicazioni inutilmente parolaie. Perciò ho dovuto faticare per riportare<br />

a una dimensione giusta i riferimenti, per confrontarli con la dimensione<br />

nazionale, europea, universale. A quel punto sono riuscito a guardare<br />

alla Calabria con l’occhio sgombro da nostalgie e campanilismi e rendermi<br />

conto che ha una sua identità forte spesso sovrastata da incrostazioni<br />

velleitarie. Sono i difetti che ancora oggi persistono anche in scrittori<br />

giovani come Mario Fortunato.<br />

Da un punto di vista letterario oggi la Calabria per me è quasi inesistente,<br />

non rappresenta quasi niente. Metto il quasi perché delle oasi ci sono, per<br />

esempio Gennaro Mercogliano, Giovanni Sapia, Alfredo Bruni. Se invece<br />

la domanda si riferisce alla sostanza della mia scrittura e cioè vuole sapere<br />

che cosa c’è di Calabria nelle mie parole, allora cambia, perché io sono<br />

sempre più convinto che le radici sono il lievito che nel bene e nel male,<br />

consapevolmente o inconsapevolmente dettano la luce necessaria affinché<br />

un’opera di poesia diventi una qualche misura necessaria del cammino<br />

della Storia. È proprio quel fiato caldo a cui accennavo all’inizio che mi<br />

apre porte sconosciute e m’introduce nei misteri, nelle favole della realtà,<br />

nei meandri di mondi che altrimenti sarebbero notizie e basta. L’apporto<br />

delle radici dà senso a ogni circostanza, ne determina la valenza etica e<br />

umana, ne sublima il senso.<br />

Sul piano umano credo che la Calabria sia la terra più generosa che esista<br />

al mondo. Un po’ di Calabria l’ho trovata anche nelle regioni dell’Ungheria:<br />

lo stesso entusiasmo, la stessa considerazione dell’altro, la stessa gioia di<br />

ospitare. Ogni volta che torno, e torno spesso, sento che il cuore si dilata e<br />

ritrova il suo canto originario, la sua postura dolce e serena. La Calabria<br />

può insegnare al mondo che cos’è l’amore, che cos’è il bene e che cos’è il<br />

male. Ha dentro la sua storia una stratificazione umana che è diventata<br />

serbatoio infinito di saggezza.<br />

Lo so, gli scettici diranno immediatamente che la ndrangheta però è calabrese.<br />

Certo, ma pochi uomini non inficiano il resto, non deturpano un<br />

paesaggio umano sempre rigoglioso e pronto ad ospitare perfino i nemici.


INTERVISTA A DANTE MAFFIA<br />

Non posso dimenticare mai che a Roseto i “forestieri” venivano e vengono<br />

accolti come amici di antica data e un’ora dopo averli conosciuti vengono<br />

ospitati a casa. Un segno di civiltà raro, soprattutto oggi che la diversità fa<br />

paura. La Calabria non è preoccupata dalla diversità, ciò che conta per questa<br />

regione ingiustamente a volte bistrattata è il cuore degli uomini, il loro sguardo.<br />

Non so dire se poi la mia terra abbia influenzato il mio dire poetico e di<br />

scrittore, suppongo di sì, ma senza esagerare, senza arrivare ad estremi<br />

come quello del recensore di un libro di Antonio Altomonte che ebbe a<br />

dire, di un romanzo ambientato a Cuba dal narratore di Palmi, che Cuba<br />

altro non era che la Calabria. Ho viaggiato molto per le varie parti del<br />

mondo e ho sicuramente rischiarato e mischiato un po’ di me con le<br />

persone e i posti visitati.<br />

La mia Calabria non è rimasta intatta, non è su un binario morto, non<br />

grida soltanto d’aver dato il nome all’Italia, ma è dinamica e moderna,<br />

libera, proiettata verso il futuro. Restano gli archetipi, quelli che Alvaro<br />

chiamava “incalchi”, ma su di essi s’innestano le varie esperienze, le<br />

acqusizioni, le letture. Insomma, sullo sfondo c’è lo Jonio e c’è il Castello<br />

di Federico II di Svevia a picco sul mare, e sopra la molteplicità dei vari<br />

continenti acquisiti attraverso i libri e attraverso i viaggi, attraverso il<br />

confronto continuo e proficuo.<br />

• C’è un poeta/scrittore vivente in grado di lasciarti senza parole e farti<br />

dire: «è bravo, veramente bravo, ho ancora tanto da lavorare». E qual è<br />

la più bella pagina di letteratura di tutti i tempi a cui non potresti mai<br />

rinunciare?<br />

– Lo scrittore che mi ha lasciato senza parole è morto da poco: Elias Canetti.<br />

Dopo aver letto Auto da fe’ per la prima volta m’è venuto da dire: «Avrei<br />

voluto scriverlo io questo libro». E di libri ne avevo letto tanti, forse troppi.<br />

Quando si è “sottoposti” a una scelta drastica come quella di dover<br />

indicare una sola pagina è imbarazzante decidersi, ma il gioco è gioco e<br />

dunque direi la pagina in cui ne La morte di Ignazio Sanchez Federico Garcia<br />

Lorca comincia col dire: «voglio vederli qui gli uomini di voce dura /<br />

davanti a questo corpo con le redini rotte...» o un po’ dopo: «Perché tu sei<br />

morto per sempre / come tutti i morti della terra...». Ma subito mi balzano<br />

alla mente con violenza due pagine di Tolstoi dalla Sonata a Keuzer e da La<br />

morte di Ivan Ilic e una poesia di Frenaud, parte della quale vorrei che<br />

fosse incisa sulla lapide della mia tomba: «Dite a quest’uomo di tacere...».<br />

• Che cos’è per te il tempo e che rapporto hai con il tempo? In particolare,<br />

qual è il tuo tempo, quello prezioso, intimo, solo tuo, e come lo gestisci?<br />

– È uno dei problemi che mi ha assillato maggiormente (ma credo abbia<br />

assillato i poeti di ogni epoca). Cominciai a leggere Parmenide, poi il Timeo<br />

di Platone che parlava di «immagine mobile dell’eternità», poi la Fisica di<br />

Aristotele che definisce il tempo «il numero del movimento secondo il<br />

7


8<br />

MARIA FONTANA ARDITO<br />

prima e il poi». Finii con l’affrontare il De civitate Dei di Sant’Agostino e<br />

via via fino a Hume e ad Heidegger. Mi si confusero le idee. Ma che cos’è<br />

per me il tempo? Uno spiraglio che m’illude e mi fa sentire infinitesimo,<br />

un vuoto-pieno che mi spaventa per la sua assenza d’identità. Perciò il<br />

mio rapporto è di sfida, per non soccombere subito. Una sfida aperta con<br />

le parole della mia poesia, che ne delineano la sua precarietà, nonostante<br />

il suo volto oscuro e imprendibile. È buffo sentir dire ad alcuni sfaccendati<br />

che stanno ammazzando il tempo. Semmai è il contrario.<br />

Ma parlando di cose che rientrano nella sfera del quotidiano, parlando<br />

della convenzione del calendario, il tempo per me è il momento della<br />

gestione di me stesso (senza concludere nel nichilismo relativistico della<br />

scienza e nel soggettivismo umanistico della filosofia, ovviamente) che<br />

mi permette di restare in un perenne presente. Del resto il «tempo passato<br />

e il tempo futuro sono contenuti nel tempo presente» ha scritto T.S. Eliot.<br />

Ecco, questo restare nel presente mi permette di vivere la preistoria,<br />

l’Egitto, la Grecia, Roma, il Medioevo, il Rinascimento, l’Illuminismo e<br />

ciò che accadrà nel futuro con una consapevolezza che mi rende eterno.<br />

Immagino che sia difficile trasmettere queste mie “sensazioni”, questo stare<br />

nel tempo e rapportarmi con la sensibilità del sempre, dell’universalità.<br />

Naturalmente è il mio volere e il mio piacere, ma so che non sempre ci<br />

riesco, ed è quando la parola si fa troppo stretta, troppo legata alla dimensione<br />

della cronaca. Allora il tempo lo sento come una mano fisica che<br />

acceca l’orizzonte.<br />

• Come “sta” oggi la letteratura? Intendo il suo stato di salute. Possiamo<br />

parlare di una letteratura “malata”? E di che cosa?<br />

– Come è stata sempre. Moribonda e fiorente. Moribonda quando abbonda<br />

(la rima la dice lunga!) nella mediocrità, nel superfluo, nella tautologia,<br />

nelle trovate, in una sorta di “meccanica” narrativa e poetica; fiorente<br />

quando trova il passo universale e la necessità etica ed estetica. Non sta<br />

né bene né male. Semmai la confusione viene dai manager che utilizzano<br />

i medesimi parametri utilizzati per qualsiasi merce anche per la letteratura.<br />

Così siamo finiti al supermercato con la conseguenza che i “prodotti”<br />

sono seriali, privi di qualsiasi “necessità” (non saprei trovare altro vocabolo),<br />

privi di una ragione che li giustifichi. Un tempo i romanzi rosa o<br />

popolari erano scritti da autori che comunque avevano il gusto della<br />

civiltà delle lettere e ne conoscevano i meccanismi facendoli rotare attorno<br />

a un minimo di vibrazioni del sentimento e della poesia. Non so, Liala, la<br />

Peverelli, Salvatore Farina, Virgilio Brocchi, Salvator Gotta, Pitigrilli,<br />

Mario Mariani, Guido da Verona. Questi avevano il fiuto certo dei fatti e<br />

una magnifica realtà dell’affabulazione. Sapevano scrivere e non pretendevano<br />

omaggi, seminari, inserimenti esagerati nelle storie letterarie.<br />

Sapevano d’essere storia del costume e della sociologia e gli bastava. La<br />

malattia c’è, ma non nelle opere, piuttosto in chi gestisce le opere. Del


INTERVISTA A DANTE MAFFIA<br />

resto quelle durature, quelle che cambiano la sostanza dello sguardo del<br />

lettore sono rare, rarissime. La letteratura è malata di pressappochismo,<br />

di spocchia, di mancanza di memoria, di ripetitività all’infinito. Ma chi la<br />

esercita come passione e come ingrediente della consapevolezza e della<br />

conoscenza, la produce senza nessun malore, anzi la fa diventare un<br />

toccasana.<br />

• Dante Maffia, professore di Dante Maffia. A quale delle sue opere<br />

darebbe assolutamente 10 e che errore o mancanza gli rimprovererebbe?<br />

– La nascita di un’opera che abbia la natura del tempo perenne, della universalità,<br />

è un’alchimia composta di mille fattori imponderabili. Una discesa<br />

profonda nell’inferno e nel paradiso delle parole, una ricognizione<br />

profonda nell’argomento, una spinta al sogno ad occhi aperti, una irrazionalità-razionale!!!<br />

che favorisce il flusso delle immagini e dei suoni in<br />

una sintesi perfetta. Io ho scritto molto, mi viene facile, spontaneo, anche<br />

se le macerazioni sono lunghe e il labor limae ancora più estenuante. In<br />

ogni opera credo che ci sia una scintilla inconfondibile, ma dove sono<br />

riuscito a porre in essere la grande poesia è ne La biblioteca d’Alessandria<br />

(che esce adesso in inglese e in latino) e forse ne Lo specchio della mente e in<br />

Caro Baudelaire. Anche il Romanzo di Campanella ha pagine distillate dal<br />

mio sangue e dalla mia carne. A questi testi non rimprovero nulla, sono<br />

nati senza quasi accorgermene, si sono scritti da sé, come si dice banalmente.<br />

Mi verrebbe da aggiungere anche i libri scritti in dialetto rosetano<br />

(provincia di Cosenza) e pubblicati da Carte Segrete, da Scheiwiller e da<br />

Marsilio. Antonio Piromalli li ha definiti dei “capolavori assoluti”, ma<br />

così l’elenco diventa lungo e poco credibile.<br />

• Qual è il consiglio che daresti a un giovane che volesse essere scrittore<br />

o poeta? A proposito, si nasce o si diventa scrittore (e poeta naturalmente)?<br />

Qual è cioè la qualità sine qua non, oltre quella del saper<br />

scrivere ovviamente?<br />

– Nessun consiglio. Gli darei da leggere Lettere a un giovane poeta di Rainer<br />

Maria Rilke e un racconto zen che invita il postulante, che aveva chiesto a<br />

un Maestro come diventare scrittore, a leggere centinaia e centinaia di<br />

libri e poi tornare da lui per sapere il resto. Quando il postulante torna il<br />

Maestro lo invita a dimenticare i libri letti. Lezioni impareggiabili. Oggi il<br />

grande male è che la lezione di Rilke, che dice di scrivere soltanto se ci si<br />

sente morire a non farlo, non viene ascoltata da nessuno e la lezione zen<br />

men che mai. C’è un eccesso di letteratura e di intellettualismo nelle poesie<br />

dei nostri più acclarati poeti (da Milo De Angelis a Valerio Magrelli, da<br />

Gianni Delia a Eugenio De Signoribus, da Biancamaria Frabotta a Jolanda<br />

Insana, per fare soltanto qualche nome) oppure c’è una mancanza assoluta<br />

della conoscenza dei classici e delle opere recenti e meno recenti.<br />

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10<br />

MARIA FONTANA ARDITO<br />

• Prosa e poesia. Qual è la vera anima di Dante Maffia?<br />

– Sto curando una serie di scritti sui narratori poeti (ne curerò un’altra sui<br />

poeti narratori), ma è estremamente difficile lo spartiacque, lo è sempre<br />

stato, anche se poi la critica ci ha indotto a ritenere che uno sia più poeta<br />

e viceversa. Prendiamo il caso di Manzoni, di Foscolo, ma anche di<br />

Leopardi poiché mi è stata chiesta la differenza tra prosa e poesia e non<br />

tra narrativa e poesia. Ci sono delle nature che sono coinvolte indifferentemente<br />

nella poesia, nella prosa, nella saggistica, nella narrativa e nel<br />

teatro. Riescono a convertire il loro atteggiamento linguistico e scrivono<br />

opere eccellenti in ogni campo. D’Annunzio, per esempio, Giuseppe<br />

Antonio Borgese, Barolini, Volponi, Bevilacqua, Dacia Maraini, Bontempelli,<br />

Alvaro. L’anima è una, e a volte riesce perfino difficile stabilire dove<br />

l’autore si è espresso al meglio. Qual è la mia vera anima? Quella dello<br />

scrittore. Ma non lo dico per eludere la domanda, semplicemente perché è<br />

così. Non mi sono mai posto il problema la mattina o la sera, insomma<br />

quando mi siedo alla scrivania, se scrivere in prosa o in poesia. Viene da<br />

sé, da un suono che mi spinge, da una sensazione, da una immagine, dal<br />

barbaglio di qualcosa che sembra perdersi in una lontananza nebbiosa e<br />

improvvisamente chiede udienza.<br />

• Di recente è uscito per l’editore Mursia il tuo ultimo romanzo “Il poeta<br />

e lo spazzino”. Perché questo romanzo? E che cosa hanno in comune un<br />

poeta e uno spazzino? Possiamo dire che ognuno di noi dovrebbe<br />

essere un po’ poeta e un po’ spazzino?<br />

– Perché questo romanzo? Perché il mondo degli spazzini è ricco e variegato,<br />

una fonte di vita davvero sorprendente. Gli spazzini conoscono il<br />

ventre della città in cui vivono, ne conoscono le più recondite sfumature<br />

attraverso i rifiuti. Poi ci sono state delle occasioni che mi hanno spinto a<br />

“spiare” nelle loro abitudini, nelle loro manie e ne è venuto fuori un affresco<br />

affascinante e intrigante che mi ha coinvolto anche emotivamente e mi ha<br />

fatto molto divertire, da un lato, e meditare molto dall’altro. L’ho scritto<br />

perciò aiutato anche da occasioni (molto prima che accadessero i fatti di<br />

Napoli) sbalorditive come quella della gita a Venezia realmente avvenuta<br />

o come quella dei libri trovati nei cassonetti della spazzatura. Il primo<br />

spunto però è venuto tanti anni fa da uno sciopero dei netturbini romani<br />

e dal vedere dei turisti giapponesi fotografare i cumuli della spazzatura<br />

non raccolta. Tra loro c’erano degli artisti che mi confidarono che avrebbero<br />

utilizzato quelle immagini per realizzare le “opere del futuro”. Non<br />

erano dei veggenti, ma evidentemente intuirono che cosa sarebbe accaduto<br />

prima o poi.<br />

Il poeta e lo spazzino (ma si potrebbe dire il poeta è lo spazzino) hanno<br />

molto in comune. Il poeta raccoglie i detriti del nonsenso e mette ordine<br />

nelle emozioni, nei sentimenti, nei sogni. Il secondo raccoglie i rifiuti<br />

urbani e pulisce le città dal peso del superfluo. Ecco, il superfluo è diven-


INTERVISTA A DANTE MAFFIA<br />

tato un peso enorme, ha assecondato la globalità e siamo finiti tutti sul<br />

bordo delle cloache del macero. E poi... sia il poeta e sia lo spazzino sono<br />

persone marginali, compiono un lavoro delicato e nessuno li considera.<br />

Un tempo il poeta era l’ospite di riguardo delle corti, adesso è un reietto,<br />

uno che non produce né patate né grano, un essere inutile. Lo spazzino<br />

non è inutile ma è come se lo fosse. Non ho mai sentito qualcuno vantarsi<br />

di avere un parente spazzino. E nemmeno un parente poeta. Qualche<br />

ragione ci deve essere. Se l’umanità prendesse coscienza della dignità e<br />

della “utilità” della poesia, si renderebbe conto anche della utilità di chi<br />

gli fa trovare a ogni nuovo giorno le strade praticabili. Ecco, sia il poeta e<br />

sia lo spazzino danno la possibilità di percorrere agevolmente e senza<br />

cattivi odori le strade. In certo qual modo le aprono verso le più svariate<br />

mete.<br />

• Hai vinto molti e prestigiosi premi letterari e fai parte a tua volta delle<br />

giurie di altrettanti importanti premi letterari. È davvero così importante<br />

vincere un premio letterario? Voglio dire, il successo di un poeta/<br />

scrittore/saggista si misura da questo?<br />

– Dipende da chi vince il premio dare o non dare importanza al riconoscimento.<br />

Ricordo che Dario Bellezza quando si scagliava contro qualcuno<br />

che non lo considerava a dovere alzando la voce diceva che lui era un<br />

Premio Viareggio.<br />

Comunque un premio letterario è sempre un dato di attenzione da parte<br />

di una giuria più o meno qualificata, di addetti ai lavori. Naturalmente<br />

poi tutto si misura sulla durata delle opere e se i premi ricevuti sono stati<br />

il frutto di alleanze, di gestione di potere e di altre camarille, l’importanza<br />

dell’autore sfuma nel nulla. Del resto i premi sono un fatto di “attualità”,<br />

servono a creare conoscenze, a creare scambio, a sottolineare alcune<br />

opere di pregio. Certo, il successo è dovuto anche ai premi, ma poi c’è il<br />

tempo galantuomo che attutisce e cancella le tracce dei premi; i premi<br />

stessi spariscono, tranne alcuni, e ancora una volta è la qualità delle opere<br />

che conta per restare nell’immaginario collettivo e restare un riferimento.<br />

Quando io ero ragazzo c’erano premi a cui tutti anelavano, per esempio il<br />

Premio Gatti, il Tarquinia-Cardarelli, il Martina Franca, lo Scanno, il<br />

Vallombrosa, il Fiuggi, Il Crotone, l’Etna-Taormina, il Chianciano, il<br />

Verrina-Lorenzon. Adesso nessuno se li ricorda. Ma non si ricordano<br />

neanche i premiati al Campiello, allo Strega, al Viareggio. I premi dunque<br />

sono un veicolo per promuovere innanzi tutto una località, poi un veicolo<br />

per promuovere alcuni giurati presso le case editrici e poi, forse, un<br />

veicolo per promuovere i premiati. Sono però, nonostante questi limiti,<br />

necessari per creare interesse.<br />

Ma non determinano il successo vero degli autori. Chi non vale si perde<br />

piano piano nel mucchio indistinto. E poi... Alcuni grandi autori hanno<br />

avuto l’incoronazione del Nobel dopo essere diventati famosi nel mondo,<br />

11


12<br />

MARIA FONTANA ARDITO<br />

non è stato il Nobel a farli conoscere. Ogni premio può essere un’arma<br />

per la conoscenza, ma, ripeto, se non c’è la polpa, come si dice, tutto crolla<br />

al primo soffio di vento. Se si sfogliano i regesti dei grandi premi che resistono<br />

da decenni si trovano molti nomi mediocri che però all’epoca erano<br />

sulle prime pagine dei giornali. Allora? L’importante è non misurare uno<br />

scrittore dai premi vinti, anche se una considerazione alla fine bisogna<br />

farla: se uno scrittore riesce a vincere molti premi importanti un qualche<br />

talento ce lo deve avere, altrimenti avrebbe fatto centro solo ogni tanto.


UN’ANTINOMIA CREATIVA: “IL POETA E LO SPAZZINO”<br />

Un’antinomia creativa: “Il poeta e lo spazzino”<br />

13<br />

Rosa Romano Toscani<br />

Sempre, di fronte ad una produzione poetica, rimaniamo meravigliati, a<br />

volte anche stupiti; ci domandiamo per quali arcani sortilegi quella particolare<br />

persona è diventata poeta, scrittore, artista. Non riusciamo, però, a darci<br />

risposte esaurienti, se non affermare che ha particolari doti d’ingegno, che è<br />

diverso dagli altri uomini, per sensibilità, creatività, intelligenza, che è superiore.<br />

In sostanza questa affermazione è anche vera, ma non è sufficiente a darci<br />

delle spiegazioni esaurienti e convincenti.<br />

A partire da Freud la Psicoanalisi ha manifestato un forte interesse per la<br />

letteratura e per la poesia, e a sua volta anche la letteratura non è rimasta<br />

insensibile al fascino di questa disciplina.<br />

Il primo studio psicoanalitico di un opera letteraria è il lavoro di Freud<br />

del 1906 sulla Gradiva di Wilhelm Jensen, ma l’opera che ha cercato di<br />

spiegare le origini della creatività poetica è un piccolo saggio, di sole nove<br />

pagine, intitolato “Il poeta e la fantasia” del 1907.<br />

Freud suggeriva l’ipotesi che le origini dell’attività poetica e letteraria<br />

fossero da ricercare nel bambino, nella sua capacità di giocare, di stupirsi,<br />

nell’uso che fa della fantasia, dei sogni ad occhi aperti, soprattutto nel piacere<br />

che egli prova; un piacere intimo e segreto che, secondo lo psicoanalista<br />

viennese, rappresenta la prima forma di creazione.<br />

Questa teoria, però, non è convincente, perché tutti i bambini giocano,<br />

tutti fantasticano, inventano favole, di conseguenza, allora, tutti potrebbero<br />

diventare poeti.<br />

La risposta di Freud è che solo pochi, pochissimi possono diventarlo, solo<br />

quelli che sono riusciti a rimanere in contatto con quel piacere originario, così<br />

forte e coinvolgente al quale non vogliono e non possono rinunciare; ricercano,<br />

quindi, quel piacere sotto altre forme, forse anche in modo inconsapevole.<br />

«In ogni uomo è nascosto un poeta», diceva Freud, «il poeta fa quello che<br />

fa il bambino giocando», ma «l’individuo crescendo smette dunque di giocare<br />

e sembra rinunciare a conseguire il piacere che ritraeva dal gioco. Ma chi<br />

conosce la vita interiore dell’uomo, sa che non vi è cosa più difficile della<br />

rinuncia a un piacere già una volta gustato» (Freud, 1907) e aggiunge che<br />

tutti gli uomini, in certi momenti della vita, si dedicano a fantasie, a sogni ad<br />

occhi aperti, ma ne hanno vergogna, preferirebbero «confessare le proprie<br />

colpe, piuttosto che comunicare le proprie fantasie».<br />

PERIFERIA, 2(<strong>69</strong>), ANNO <strong>XXVII</strong> N.S., 2008


14<br />

ROSA ROMANO TOSCANI<br />

Secondo questa ipotesi il poeta è colui che riesce a superare la vergogna<br />

per rimanere, in modo inconscio, vicino a quel desiderio e che cerca di fuggire<br />

dalla realtà per entrare nella fantasia, sentire emozioni e stravolgimenti<br />

dell’animo fino a quasi provare una sottile sofferenza di piacere.<br />

«Come il poeta riesce a fare ciò», dice Freud, «è il suo particolarissimo<br />

segreto; la vera ars poetica consiste nella tecnica per superare la nostra ripugnanza,<br />

la quale è certo in connessione con le barriere che si elevano fra ogni<br />

singolo Io e gli altri».<br />

Qual è il segreto di Dante Maffia?<br />

Questa domanda è la stessa che fece il Cardinale Ippolito d’Este, al quale<br />

era stato dedicato l’Orlando furioso, all’Ariosto «Dove avete trovato tutte<br />

queste storie, Lodovico?», della quale non conosciamo la risposta.<br />

Freud ci aiuta ancora affermando che i poeti creano un mondo immaginario,<br />

prendendolo, come fanno i bambini, molto sul serio, caricandolo di<br />

aspettative, separandolo dalla realtà e unendolo ad essa, perché provano nei<br />

confronti del mondo una sorta di insoddisfazione. La realtà non riesce ad<br />

appagarli totalmente, il loro mondo interno è ricco, vasto, ampio che nessuna<br />

realtà esterna, anche la più gratificante può colmare il desiderio che si accende<br />

di volta in volta. Così come rapidamente si spegne di fronte alle delusioni<br />

della vita.<br />

Un’opera poetica e letteraria e artistica cela la sofferenza di chi tende ad<br />

maiora, di chi disprezza la grettezza, gli inutili narcisismi, la megalomania<br />

più frenata.<br />

Dante Maffia, Esopo moderno, ci consegna con «Il poeta e lo spazzino, un<br />

libro di racconti», ci suggerisce di guardarlo nelle prime e ultime pagine e poi<br />

di leggerlo.<br />

Noi l’abbiamo fatto ed è nato un silenzio di parole, un silenzio quasi religioso<br />

nell’accostarsi ad un poeta spazzino dell’anima, che recupera tesori<br />

nascosti, cose che ai più sembrano cianfrusaglie. «Si tratta, come dice mia<br />

moglie, di cianfrusaglie... Io mi sento ricco da quanno ho sta collezione,... mi<br />

abbuffo di gioia» dice Zecchinetta, il protagonista del romanzo, perché di<br />

romanzo si tratta, di un romanzo metaforico, anche se non rispetta i canoni di<br />

questo genere letterario. La serie di racconti è un affresco sulla miseria della<br />

vita e sulla nobiltà d’animo e i personaggi si presentano, di volta in volta,<br />

come attori in un’unica scena. Racconti brevi, incisivi, pittorici, si presentano<br />

sotto forma di favola moderna e sono pause, pause necessarie al pensiero,<br />

sopraffatto da sentimenti, sensazioni e immagini che richiedono tempo per<br />

essere gustati.<br />

La ricchezza e la povertà, l’ignoranza e la cultura, la pulizia e la sporcizia,<br />

la fantasia e la realtà, antinomie illimitate per chi crede nell’infinito.<br />

L’essere umano e il mondo racchiuso in due parole, “il poeta” e “lo<br />

spazzino”. Il bello e il brutto, il buono e il cattivo, l’onesto e il disonesto, il<br />

conscio e l’inconscio, il mistero dell’uomo e della sua condizione di vita,<br />

nell’antinomia costituzionale dell’essere, per dirla con lo psicoanalista cileno


UN’ANTINOMIA CREATIVA: “IL POETA E LO SPAZZINO”<br />

J. Matte Blanco, in quella bilogica che lo differenzia da tutti gli altri esseri<br />

viventi e che rappresenta la sua ricchezza e la sua povertà.<br />

Dante Maffia con questa grande metafora afferma che dalla “monnezza”<br />

si possono estrarre tesori, come a dire che se si ha il coraggio di entrare nella<br />

vita “la puzza”, come afferma un personaggio del libro, sparisce “come per<br />

incanto”.<br />

Siamo di fronte ad un paradosso, trovare oro nella “monnezza” e<br />

“monnezza” in ciò che rifulge falsamente.<br />

Dalla “monnezza” può nascere una speranza di felicità se si ha il coraggio<br />

di rimanere fedeli a sé stessi nella certezza che ancora esiste una città «p’allevà<br />

le favole,... la verità nun se copre co le parole, l’immondizia parla tutte le<br />

lingue e si fa capire senza mezzi termini».<br />

Dante Maffia si è fatto capire con un linguaggio profondo e nello stesso<br />

tempo carico di humor e di immediatezza, il linguaggio dei poeti, dei pochi,<br />

per svelare i meccanismi perversi che stanno in agguato nelle alchimie delle<br />

relazioni... affinché il mondo non si addormenti «nell’assoggettamento e nella<br />

passività».<br />

«La sua anima era come le strade e le piazze che lei puliva» pensava «la<br />

spazzina che sembrava un angelo». Chi leggerà questo libro sentirà l’anima<br />

più leggera e più pesante nello stesso tempo, sarà spinto a pensare e a riflettere<br />

sul mistero e sulla forza della poesia.<br />

Fin dall’antichità l’uomo ha avuto il bisogno di raccontarsi e di raccontare.<br />

La favola, a differenza della fiaba, è stata la prima forma letteraria<br />

tramandata, a partire da Esopo, schiavo di origine frisia nel VII-VI secolo a.C.,<br />

in forma scritta.<br />

Dante Maffia si riallaccia a questo genere letterario forse troppo dimenticato,<br />

che è fiorito in Oriente come in Occidente, in età ellenistica, nel Medioevo,<br />

nel Rinascimento fino ai giorni nostri.<br />

Ricordiamo La Fontaine, Lamartine, de Montagne e Gadda e Goethe,<br />

Lessing e Crudeli e Trilussa.<br />

Solo alcuni nomi di grandi scrittori che non hanno disdegnato, così come<br />

ha fatto Dante Maffia, con il “Poeta e lo spazzino” di raccontare nella forma<br />

poetica della favola, della miseria e della nobiltà dell’uomo.<br />

15


16<br />

ROSA ROMANO TOSCANI


DANTE MAFFIA TRA “CASTITÀ” E “CINISMO”<br />

Dante Maffia tra “castità” e “cinismo” *<br />

17<br />

Sabino Caronia<br />

In Il romanzo di Tommaso Campanella c’è una frase significativa che Dante<br />

Maffia fa dire al protagonista: «La mia anima è senza patria ma il mio corpo<br />

appartiene alle zolle in cui sono nato» (p. 233).<br />

È quel senso cosmico a partire da una Calabria arcaica e contadina che già<br />

Alvaro indicava in Campanella quando parlava di «natura come appare nelle<br />

solitudini dell’infanzia» aggiungendo «sul ceppo fantastico dei mondi infantili<br />

si inserisce l’osservazione delle cose, la scienza confina ed è anzi confusa<br />

con la poesia» (Le più belle pagine di Tommaso Campanella, a c. di C. Alvaro,<br />

Treves, 1935, pp. V-VI).<br />

E non è un caso che Maffia abbia curato l’edizione delle Poesie di Campanella.<br />

Con Campanella un altro riferimento imprescindibile è quello a Vincenzo<br />

Cardarelli.<br />

Appunto, Cardarelli e Maffia, Cardarelli alter-ego di Maffia, il Maffia che,<br />

già nella terza sezione de Il leone non mangia l’erba, a Cardarelli ha dedicato<br />

una poesia, Per Vincenzo Cardarelli, che non può non essere considerata un<br />

necessario punto di riferimento («Dal Pincio guardavi / molte ore scorrere, /<br />

passare velieri sull’obelisco. / Riuscivi a contare fino a quattro, certe sere. //<br />

Non si sono mossi i leoni / da Piazza del Popolo, aspettano / un altro tiranno:<br />

/ ma resta / l’incorrotta sostanza del tuo sogno», p. 34), il Maffia che con<br />

Cardarelli condivide anche una ben precisa condizione esistenziale, quella<br />

“solitudine” di cui parla Flaiano in La solitudine del satiro, la solitudine del<br />

poeta che voleva dire le sue Parole all’orecchio e si ritrovò poi Solitario in Arcadia,<br />

la solitudine del poeta che diceva di sé e della sua poesia «La speranza è<br />

nell’opera. / Io sono un cinico a cui rimane / per la sua fede questo aldilà. /<br />

Io sono un cinico che ha fede in quel che fa».<br />

Recensendo il mio romanzo L’ultima estate di Moro Maffia ha scritto tra<br />

l’altro: «Caronia non fa misteri, non tenta artificiosamente l’esame di coscienza<br />

di un povero letterato, ma si confessa ed è confessione di una fede, nella luce,<br />

nella vita e nella morte, confessione di una rivolta e di una iniziazione, perfino<br />

di un fallimento, che non è personale, ma di una società, di un popolo. L’aura<br />

del dramma così s’espande su tutto e le pagine s’inseguono con ritmo incalzante,<br />

con un sapore di fiele; il cinico che ha fede in quel che fa emerge con<br />

tutta la sua forza e la sua rabbia, ma anche con la sua umanità e la sua sete<br />

d’amore».<br />

––––––––––––<br />

* Per ragioni di spazio l’articolo anticipa il più ampio saggio che l’autore pubblicherà<br />

nei prossimi numeri di “<strong>Periferia</strong>”.


18<br />

SABINO CARONIA<br />

È una considerazione che si potrebbe utilmente riferire allo stesso modo<br />

al recensore, come se parlando del mio romanzo Maffia parlasse in fondo<br />

anche di sé.<br />

Come Cardarelli un altro riferimento necessario è per Maffia Lorca e in<br />

proposito non a caso nell’intervista con Maria Fontana Ardito è richiamata La<br />

morte di Ignazio Sanchez, la poesia in cui Lorca comincia col dire: «Voglio<br />

vederli qui gli uomini di voce dura / davanti a questo corpo con le redini<br />

rotte» e un po’ dopo «Perché tu sei morto per sempre / come tutti i morti<br />

della terra» per concludere «Muore anche il mare».<br />

Ecco, non si può fare a meno di sottolineare la presenza del mare nella<br />

poesia di Dante Maffia, secondo quanto è già dichiarato in Il leone non mangia<br />

l’erba «Io venni dal mare» (Tra gli oleandri, p. 9), quella presenza che è una<br />

costante da Le favole impudiche («Se un giorno vorrò rifare / la storia del<br />

nostro amore / bisogna che pensi al mare, / a tutte le filastrocche del vento, /<br />

alle serate sciocche / della mia fanciullezza / quando chiuso e sbandato / in<br />

un motivo assoluto / ti avrei anche dato gli occhi, avrei bevuto / le pozzanghere<br />

dove l’azzurro / sfilacciava riverberi, assonanze del tuo cuore. / Ripenserò<br />

alla neve, alle sere sospese / in un’altalena d’ombre, / alle attese bugiarde<br />

della vita. / Se un giorno vorrò rifare / la storia del nostro amore / penserò al<br />

mare», Penserò al mare, p. 63) a Al macero dell’invisibile («Dovrei riconoscermi<br />

nel mare? / posso anche piegarmi all’analogia / ma poi mi pongo in altro, /<br />

ne resto fuori con gaudio. // Tutto ciò che si muove di continuo / è tradimento,<br />

ansia di trovare la radura / e mettere su casa. Il mare / ha mille occhi<br />

e piange troppo. // La mia anima è randagia ma ha pause / che vivono un’eternità.<br />

Perfino la paura / siede sotto le quercie e si ristora / giocando con le<br />

formiche in lunga fila. // Così la pagina resta bianca. / Non voglio misurarmi<br />

con il fine / né col principio delle cose. Mi basta / essere assolto dal tuo<br />

sorriso», Tutto ciò che si muove, p. 68).<br />

Si può dire a questo proposito che Maffia, partendo come me, sulla scia di<br />

Forster e di Tomasi di Lampedusa, da una concezione superata del mare, partendo<br />

come me, sulla scia dei Greci, da quel presupposto che il mare fosse incontaminato<br />

ed eterno, arriva, sulla scia di Lorca, alla conclusione del protagonista<br />

di Un lupo mannaro: «In fondo il mare invecchia? Mette rughe?» (p. 104).<br />

Per concludere, altro nume tutelare per Maffia è Borges, il Borges di quello<br />

straordinario racconto dell’Aleph che è intitolato La biblioteca di Babele e poi<br />

ancora il Borges del Parlamento, la “favola”, come è detto nell’epilogo del<br />

Libro di sabbia, «più ambiziosa del libro».<br />

Appunto nel Parlamento è detto: «Ogni tanti secoli bisogna bruciare la<br />

biblioteca di Alessandria».<br />

E viene da pensare al sogno della biblioteca che brucia in Il romanzo di<br />

Tommaso Campanella (pp. 38 sgg.) e poi soprattutto a La biblioteca d’Alessandria,<br />

l’opera poetica a cui più che ad altre Maffia crede di poter affidare il compito<br />

di rappresentarlo.<br />

Lo stesso Borges, in un’intervista dell’aprile 1973, così spiegava il senso


DANTE MAFFIA TRA “CASTITÀ” E “CINISMO”<br />

del racconto Il Parlamento: «I membri del Parlamento vogliono essenzialmente<br />

ridurre il mondo ad alcuni simboli; come sempre in casi simili, falliscono,<br />

e l’originalità del mio racconto sta nel fatto che per loro quel fallimento,<br />

quell’accettazione della pluralità, della molteplicità irriducibile del<br />

mondo, è sentita non come un fallimento ma come un successo. Non so se<br />

questa esperienza mistica è possibile; in ogni caso, se non è possibile per le<br />

coscienze umane, lo è stata per la mia immaginazione durante la stesura del<br />

racconto. Il Parlamento va crescendo, abbraccia l’universo, abbraccia la pluralità<br />

delle cose, ma in questo i protagonisti non vedono una sconfitta ma bensì<br />

una specie di vittoria».<br />

Borges e Maffia.<br />

Certo, col passare del tempo, la musa “austera”, “sobria e pudica” di cui<br />

diceva Palazzeschi a proposito di Il leone non mangia l’erba, si è venuta arricchendo<br />

di valenze nuove e diverse.<br />

Nella prefazione a La castità del male Giuseppe Pontiggia si chiedeva «può<br />

essere casto il male?», per concludere «L’originalità di Maffia è di credere a<br />

una parola di cui nel contempo erode la credibilità e di credere a un dialogo<br />

che nell’età della comunicazione rischia ogni volta di risolversi in un monologo<br />

autistico. Di tale fertile contraddizione la sua poesia non è solo testimonianza,<br />

ma vita inafferrabile e imprevedibile».<br />

19


20<br />

SABINO CARONIA


SU “LA BIBLIOTECA D’ALESSANDRIA” DI DANTE MAFFIA<br />

Su “La biblioteca d’Alessandria” di Dante Maffia<br />

21<br />

Giuliano Manacorda<br />

Dante Maffia affronta la battaglia forse più difficile che un poeta dei<br />

nostri giorni possa affrontare: riprendere a tema e quasi a modello la grecità<br />

più classica e più tragica, quella che ebbe nell’incendio della Biblioteca di<br />

Alessandria il momento culturalmente più drammatico.<br />

Nulla di più facile, su un tema siffatto, che cadere o nella retorica<br />

classicheggiante o nella falsa modernizzazione dell’argomento: Maffia<br />

esclude l’uno e l’altro pericolo enunciando quindici “confessioni” (forse una<br />

lontana reminiscenza di Spoon River) che legano indissolubilmente la sorte di<br />

quell’insostituibile monumento culturale distrutto duemila anni fa dalle<br />

fiamme, con le testimonianze drammatiche di coloro – poeti e scrittori – che<br />

soffrono per quel tragico evento il danno della perdita delle loro opere. Tema<br />

del tutto nuovo e difficilissimo, che l’autore ha potuto affrontare rinunciando<br />

sia a ingombranti testimonianze storiche sia a lacrimevoli lamentazioni. Le<br />

“notizie”, le “testimonianze” in prima persona vengono rese con tali asciutti<br />

ma drammatici accenti da rendere “vere” quelle che dovettero essere le parole<br />

di chi da quell’incredibile evento subì il maggior danno.<br />

Senza una parola di sciocca retorica o di inutile pianto, le pagine del libro<br />

di Maffia scorrono sotto gli occhi del lettore – «Il mio scaffale nella Biblioteca /<br />

era il più fornito...»; «Il fuoco entrò col pretesto di purificare...»; «Non ha importanza<br />

ormai / che sia stato scrittore...» – come dolenti e secche testimonianze di<br />

un fatto che fu oggettivamente vero duemila anni fa, ma che solo oggi, attraverso<br />

pagine limpide e dolenti di un poeta di venti secoli dopo, tornano umanamente<br />

attuali; quasi miracolosamente e credibilmente sottratte all’oblio,<br />

nelle quali l’ovvia falsità storica nulla toglie all’attualità poetica; e persino –<br />

vorremmo dire – alla loro possibile verità biografica.<br />

Con questi testi Maffia dimostra davvero di essere uno dei maggiori poeti<br />

italiani del secondo Novecento.<br />

PERIFERIA, 2(<strong>69</strong>), ANNO <strong>XXVII</strong> N.S., 2008


22<br />

GIULIANO ANTONIO MANACORDA DONADIO<br />

La verità del fuoco<br />

(una possibile traccia di lettura per “La Biblioteca d’Alessandria”)<br />

Antonio Donadio<br />

“La Biblioteca d’Alessandria”: un libricino pesante e pensante, che ti interroga<br />

e ti scruta; e tu lettore e poeta – perché uomo – ti lasci vincere e senza<br />

averne consapevolezza gli rispondi e ti risponde.<br />

È storia di un viaggio o meglio, del Viaggio. Un omerico interrogare gli<br />

avelli per poi ritornar tra coloro che credono di vedere e son ciechi senza il<br />

Canto; tra il fuoco d’Alessandria come fra le tenebre dell’oltretomba per un<br />

richiamo al Sommo di cui Maffia porta il nome; voci dal tempo e da tempi<br />

negate che in Lee Masters tornano a rivestirsi di suoni, volti, anime.<br />

Ma chi sono questi poeti, come vissero, cosa fecero, quali dolori piansero?<br />

Maffia ce li presenta ad uno ad uno. Si confessano, uomini ancor che poeti. La<br />

loro voce è una sola, il loro volto è unico: e tra i mille e mille libri, piano si ode<br />

la voce della poesia e il suo disegno.<br />

“La biblioteca” è l’ars poetica che viene da lontano e conduce oltre “il<br />

lontano”.<br />

Dal luogo al non luogo, dal silenzio alla voce, dal fuoco che distrugge al<br />

fuoco che crea ed eterna. «Non chiedete perciò dove sono» i poeti, come «cadute<br />

nell’ombra s’impastano a nuvole / che vanno senza fretta e sembrano / voler orecolare».<br />

Perché illudersi di cercare nomi di corpi, libri di voci? Essi sono la Poesia<br />

che attraverso loro ti ammonisce: «il mio nome / non esiste più, in nessun luogo,<br />

/ su nessuna pergamena». Sono morti i poeti mortali, quelli sì. «I poeti piansero<br />

fino allo stremo / e poi piombò il silenzio come pietra tombale»; ma la loro morte è<br />

vita.<br />

È attesa rinascita ad opera ancora di una fanciulla “gentile”: «Mi consolò<br />

per giorni una fanciulla / che ripeteva a memoria qualche mio verso».<br />

È la voce della Poesia che si fa carne viva.<br />

Non c’è disperazione per quanto avvenuto; ci deve essere una risposta<br />

anche quando tutto appare funesto e irrimediabile; la Poesia non può perire<br />

nel fuoco «Il futuro ha perduto un anello / ma io non mi arrendo, voglio scoprire /<br />

dove le fiamme hanno portato le mie / pergamene, se le mie parole si sono staccate /<br />

dalla mia anima».<br />

Ecco pronto il Viaggio, come da sempre «Si riparte, si riparte sempre /<br />

qualcuno poi gridò. Da dove ripartire?».<br />

Ecco il trapasso. Ma come può il poeta farsi pura voce poetica? e con quali<br />

attese, progetti? «O il progetto? Adesso che io sono puro suono / libero da fedi e da<br />

obblighi, mi sento / il Dio dell’ombra che cova un’eternità di muffa / fino a quando<br />

non avrò trovato la verità del fuoco».<br />

Ecco il ruolo del fuoco, ecco il purificatore, colui che eterna dalle ceneri.


SU LA SU “LA VERITÀ BIBLIOTECA DEL FUOCO<br />

D’ALESSANDRIA” DI DANTE MAFFIA<br />

Il poeta è consapevole del suo ruolo, della sua funzione, «istanti perduti /<br />

nella solarità del troppo detto», conscio. «So comunque / che nei miei versi cresceva<br />

l’infinito». Ecco l’iter verso l’infinito.<br />

Ma i poeti chi sono dunque? È giusto il loro insuperbirsi, il loro credersi<br />

poesia, verso? O sono solo schiavi, servi? «D’accordo, gli scrittori sono servi<br />

fantasmi / della parola; avrei almeno /potuto illudermi, ma il fuoco ha vomitato / fiele<br />

per giorni e mi ha cancellato». E dopo l’incendio? Ha forse vinto il nulla, la<br />

distruzione? «Da quel giorno il trionfo dello zero! / Non ho più corpo né anima, /<br />

nel sillabe né suoni; avevo messo nei libri / tutto». Il fuoco che rigenera e crea ma<br />

che distrugge anche ciò che va distrutto. «Il fondo / ero contento che i libri nati<br />

male morissero /per sempre».<br />

L’uomo mortale tace, ma il fuoco ha fatto salvo la sua voce e di quanti<br />

come lui.<br />

Ed è così l’epifania: «Prima il nulla, poi una parvenza, poi quel grido / della<br />

forma che si fa inseguire da aquile bianche / immortali e pretende dedizione totale».<br />

La Poesia si è manifestata, scoperta. E forse tornata? Non è mai partita,<br />

mai distrutta dal fuoco, ma dal fuoco rigenerata, anzi generata e vuole piena<br />

dedizione. Non esistono mezzi termini. E la voce dei poeti Alessandrini<br />

non ha più bisogno dell’esistere umano, carnale. «Un giorno tutti saremo nel<br />

non detto / esile ombra d’un pensiero spento» ed ecco che «già si profila l’estasi<br />

dell’ombra».<br />

Tutti li ricorderanno e come fu, sarà ancora «con quel divino porgersi d’amore<br />

/ che rende la vita un canto di mimose». E allora dal fuoco «Alessadria tornerà a<br />

svettare».<br />

23


24<br />

GIULIANO MANACORDA


Intorno “Al macero dell’invisibile”<br />

25<br />

Maria Rita Bozzetti<br />

Il libro di Dante Maffia Al macero dell’invisibile (Passigli Poesia 2006) pone<br />

il lettore sulla soglia di una lettura che nel susseguirsi delle pagine diventa<br />

corposo impegno intellettuale, non solo diletto dell’anima, ma sofferta<br />

comprensione di sé e di quanto intorno è “l’invisibile” che circonda l’io. Si<br />

compenetra chi legge con chi ha scritto e unico diviene il percorso, così<br />

scarno di autocompiacimenti che è piacevole il peso delle domande, quasi si<br />

sente necessità di spogliarsi per rivestirsi della nuda umanità. Il testo per la<br />

ricchezza di emozioni distribuite si presta ad essere fonte di meditazioni<br />

ripetute in diverse riprese, quasi necessiti di pause per meglio riflettere, per<br />

non perdere nella superficialità schegge luminose di esperienza.<br />

Ad una prima lettura, la sezione “se uno straniero bussa alla porta”,<br />

sorprende per la chiarezza della sua logica, filo teso e senza pieghe, semplice<br />

come una operazione matematica, rigoroso come una operazione di bilancio.<br />

I pietismi che potrebbero smorzare la presa di coscienza della realtà degli<br />

immigrati, sono assenti, come non compare un liquoroso atteggiamento di<br />

accoglienza. Lo straniero è pur sempre «un ospite gradito» cui dare «un pezzo<br />

di terra per / dove potrà custodire / le reliquie dei padri. / Ma non dargli le chiavi<br />

della tua casa,»: si sente l’orgoglio della propria terra, sembra di gustare il<br />

sapore della brezza che sale dal mare e raccoglie i sapori delle campagne e<br />

degli arbusti della giovinezza, ma non per questo il gesto di ospitalità è<br />

monco della pietà silenziosa che sa comprendere di un altro popolo il rispetto<br />

dei morti, metro per misurare la profondità e la pulizia di un gesto di umanità.<br />

Pur tuttavia, nella visione del futuro dei Popoli, si avverte un senso di<br />

disagio per la previsione della apocalittica fine della civiltà attuale, una<br />

paura mitigata dalla ragione che ricorda da sempre di aver dovuto accettare<br />

le metamorfosi della storia, nel continuo alternarsi delle civiltà. La consapevolezza<br />

di un inevitabile divenire degli accadimenti smorza i toni sofferti nel<br />

distacco dal proprio credo, riduce il disorientamento di trovarsi davanti una<br />

civiltà dalle usanze nuove: e il Poeta vuole contagiare di ottimismo il lettore e<br />

lo consiglia a credere che «il mutamento è l’unica certezza / che ci traghetterà nel<br />

futuro, / la diversità / è la chiave di volta / per non morire soffocati a testa indietro».<br />

È la paura di restare con questa “testa indietro” che deve raddrizzare la direzione<br />

del pensiero da viottoli pericolosi di isolamento, ma deve altresì mai<br />

dimenticare il profumo delle radici degli arbusti della originaria terra.<br />

Questo disincanto che permette al Poeta di guardare realmente le cose,<br />

nel senso di raccogliere i frammenti d’immagine e dare un senso completo al<br />

PERIFERIA, 2(<strong>69</strong>), ANNO <strong>XXVII</strong> N.S., 2008


26<br />

MARIA RITA BOZZETI<br />

loro assemblaggio, diventa emozione palpabile, capace di sottrarre certezze<br />

al suo mondo «Da troppo tempo non riesco più a capire / che cosa è veramente un<br />

orizzonte». Il Poeta sente la necessità di «smetterla di discutere con me stesso», ha<br />

bisogno di trovare quel quid che dia valore alla storia, quasi ridotta ad immagini<br />

che diventano fumose e leggenda. Ha desiderio di trovare una consistenza<br />

al domani, che non sia solo la linea sottile dell’orizzonte, ma sia corpo<br />

che dia materialità all’essere. Eppure sono parole, questi «residui di parole<br />

consunte / da accordi musicali di neve / sfiniti e poi buttati al macero dell’invisibile»<br />

«quel sussurro che appanna / l’ingordigia del vivere sembra uscire da miraggi rubati<br />

/ all’inedia di forme sopravissute. / E non so più se hanno preso / il mio posto e io<br />

fuori dal silenzio /mi crogiolo nel cerchio sibillino degli avanzi... / Ma forse è solo la<br />

stanchezza / a dettarmi le parole del possibile, o è un prestito / di quel lungo cammino<br />

di croci / che non sanno più trovare / la via della preghiera / e chiamano a raccolta / le<br />

lupe affamate della tenerezza / per sconcertare la grazia delle forme / e farne scempio<br />

per perdite infinite». Sono queste parole del possibile che diventano valigia di<br />

speranza, un gesto sopravissuto da quel macero in cui tutto si scioglie, un<br />

guardare oltre le mediocri passioni della materia più grezza, un sentire l’esigenza<br />

di altro che non deve essere solo atto di pietà verso se stesso: anche<br />

l’idea di un prestito suggerito dal lungo cammino di croci, ora incapace di<br />

parlare a Dio, potrebbe colmare il disavanzo tra il reale e il non reale, e<br />

stendere un manto praticabile sulla impervia via verso l’invisibile.<br />

Perché se l’invisibile va al macero, la finitezza del visibile non riesce a<br />

colmare il vuoto sottile, ma reale, sfiorato, quasi usmato, dell’invisibile. È in<br />

questa osservata fragilità il senso del titolo della raccolta poetica, qui il senso<br />

del Poeta, che pur definendo se stesso nella gestualità del quotidiano e quasi<br />

respirando dalla quotidianità il senso di infinito e di spazi senza cornici di<br />

tempo, pure avverte la necessità di toccare il margine di questo invisibile che<br />

tormenta il suo cuore.<br />

«Mi risiedo / e continuo a corteggiare il balbettio / della mia anima finalmente<br />

priva / d’emozioni e di logica, / sola con la sua solitudine vitale, / col suo occhio<br />

sublime che arriva / fino alle porte dell’invisibile, dove / troppe cornacchie sono<br />

vestite a lutto»: ecco che finalmente sembrano aprirsi queste porte dell’invisibile,<br />

troppo drammaticamente tinteggiate di morte, e che l’anima del Poeta,<br />

solare, mediterranea, non concepisce vestite di nero, ma dei colori della vita.<br />

Non c’è il dramma di ciò che non si vede, semmai la curiosità, che non deride,<br />

non beffa, vuole sapere per capire meglio «Avevo dimenticato che è bello /<br />

sedersi e attendere». Anche se «Non voglio restare nella radura / abbandonato agli<br />

sciacalli, alla deriva / del caso che sciaborda con insulti minacciosi / ...Spesso perdo il<br />

mio io in insenature / così piccine che la paura mi consola / e mi piego nel limbo del<br />

mio essere, / viaggio per infiniti... / La mia ragione è senza vita: origlio alla sacca /<br />

della Befana, che sta per morire». Ecco la paura, di scoprire cosa dentro la sacca<br />

della befana c’è per ognuno, la paura di non trovare niente, di sentire morire<br />

le proprie ragioni prima che qualcosa le salvi, doni loro una speranza che<br />

protegga il cuore dal dolore del vuoto. Il turbamento del Poeta si rincorre


MAFFIA NELLA POESIA DEL NOVECENTO<br />

nelle poesie, si mimetizza dentro le parole che vogliono riempirsi di suoni, di<br />

immagini per afferrare il reale che si cela dietro l’invisibile.<br />

Il libro inonda la lettura di quadretti esuberanti, di indicazioni familiari e<br />

nella furia tesa alla risposta, senti l’autenticità del Poeta che non vuole comode<br />

poltrone per sonnecchiare sul suo dramma esistenziale, che non ama compiacersi,<br />

non elogia il suo dubbio: egli con rigorosa sincerità si interroga, e<br />

dimostra quanto egli ami le tranquille stanze perimetrale dalla sua famiglia,<br />

quanto egli invochi spazi dove anche l’amore per gli animali diventa materia<br />

di vita immersa nel suo tempo, non sulle nuvole, o sugli spigolosi ambiti del<br />

pensiero in cerca di sé. È una vita affondata nelle scarpe del tempo e dell’individualità,<br />

in un ragionato interrogarsi, senza voli di fede, ma con solo<br />

contorno di domande, di interrogativi che cercano di materializzare l’infinito,<br />

sapendo quanto sia impresa difficile, ma non possa restare intentata dal<br />

cuore coraggioso di un Poeta.<br />

Il Poeta Dante Maffia è uomo schietto, e la sua poesia è itinerario affascinante<br />

per quanti si sentano pronti per un viaggio al limite del possibile, senza<br />

orpelli di salvataggio, dove pensare è denudare se stessi per vivere in libertà.<br />

Maffia nella poesia del Novecento<br />

27<br />

Maria Lenti<br />

Gli interrogativi, la memoria che vivifica, il passato che incalza presente e<br />

futuro, innervati nella poesia del Novecento, l’invisibile nutritivo sembra approdato<br />

ad un resoconto anch’esso invisibile (e imprendibile) e la ferialità sembra<br />

essere l’unico terreno su cui camminare oltre se stessi. Quando e se è consentito<br />

dagli avvenimenti del contorno. «Così la pagina resta bianca. / Non voglio misurarmi<br />

con il fine / né col principio delle cose. Mi basta / essere assolto dal tuo sorriso».<br />

L’assoluzione, tuttavia, non diventa consolazione nell’ultimo libro di poesie<br />

di Maffia. Anche il viaggio – dall’infanzia e dalla sua Calabria, alle nebbie di<br />

Milano degli anni Sessanta in cerca di altri lidi, ad altri luoghi non determinatisi<br />

come spazi da vivere – lascia solo striature, constatazioni: l’invisibile<br />

pensato, desiderato, sognato, rincorso ha assunto il colore del suo dissolversi.<br />

«In Dante Maffia l’invisibile – scrive Remo Bodei – è andato al macero.<br />

La vita quotidiana nel suo ordinato e tranquillizzante svolgersi [...] nasconde<br />

abissi angosciosi».<br />

Ma seguiamo lo snodarsi delle poesie dai pruni dell’infanzia, pieni di aspettative<br />

ed anche di spinte a muoversi, a non attendere per, invece, cercare un<br />

altro mondo – insieme agli amici e agli amici-poeti che hanno raggiunto il<br />

ragazzo colpito dal sole e dalle pieghe dei versi, della possibilità di dirsi in


28<br />

versi e di dire uno stato del mondo –, alla giovinezza e alla maturità, alla<br />

condizione di riconoscersi figlio (di una terra e di un’epoca) e padre che può<br />

seminare solo dentro il suo orto e nel recinto della sua carne essendo l’intorno<br />

occupato da protervi e violenti poteri, alla maturità che apre alla chiarezza di<br />

un lungo filo esistenziale che si assottiglia.<br />

Qui il poeta si ferma per riguardarsi, riaccendersi, specchiarsi magari nei<br />

nuovi stranieri che bussano alla nostra porta per spazi da condividere e<br />

speranze cui far mettere radici. Insieme, se è possibile.<br />

Incalza, però, il “ma” della storia che resta come esempio di orrori, il “ma”<br />

dei rifiuti sociali e, certamente, individuali, il “ma” delle rinunce o delle<br />

aggressioni mentre nuove superstizioni hanno preso il posto delle antiche e<br />

si sono fatte anch’esse “resistenze” al cambiamento. («Le falci luccicavano / e<br />

quando arrivò il primo trattore / in parecchi si fecero il segno della croce». – «Presto<br />

nasceranno seicentomila / bambini neri, due milioni / di piccoli arabi. E si moltiplicheranno<br />

[...]. Prendiamo atto dei bene che ne verrà, / o non tergiversiamo: senza<br />

ipocrisia / vestiamoci da Erodi, / per lo scontro finale»).<br />

Il quotidiano, che potrebbe essere diventato l’unico appiglio essendo andato<br />

al macero l’invisibile che aveva direzionato animi e voleri, è una maceria.<br />

È finito il gioco, resta il disinganno come nella poesia dei maestri del Novecento<br />

e, probabilmente, dei maestri di Maffia che aveva iniziato con Le favole<br />

impudiche a pensare una possibilità di uscita.<br />

Amara la poetica di questo autore, disincantata, asciugata della speranza<br />

e della illusione, in versi che salvano solo i bambini (i lontani bambini di un<br />

sé bambino), gli animali («Il gatto Emilio indaga / sul taglio del mio petto. / Mi<br />

lecca le mani / scappa sul tetto, / ritorna con un geco che mi offre / come si offre un<br />

confetto»), gli innocenti, le creature pestate dal potere, i giovani mandati al<br />

macero delle guerre, le donne assimilate alle danze popolari. (Significativa,<br />

certamente, la dedica a tre donne: «A Lara, a Serena, a Federica / sempre»: una<br />

offerta a chi può continuare la vita, a chi può continuare a donare e a donarsi).<br />

Versi che salvano la poesia se... sarà concessa la libertà di dare: «Poeti, che cosa<br />

potremo dare / se ci daranno la libertà di dare? // Parole, parole sempre nuove / mai<br />

vizze, mai stanche, mai smarrite».<br />

Il dono dei contenuti immensi<br />

ENZO MANDRUZZATO<br />

Enzo Mandruzzato<br />

Inutile dire che Dante Maffia ha scritto molto, anzi moltissimo. Non conto<br />

i suoi libri di poesia, che pure ho letto. Mi resta nella memoria un felice<br />

spunto del 2003, La biblioteca d’Alessandria. Tutti molto diversi, questi libri di


IL DONO DEI CONTENUTI IMMENSI<br />

poesia, a loro volta diversissimi dai saggi e da pagine sparse, a volte bellissime.<br />

Non posso tacere di questo ultimo libro di Maffia. Ma è difficile parlarne.<br />

Senza paragone più difficile che del suo illustrissimo e immortale omonimo.<br />

E in realtà questo succede sempre per i poeti di qualunque levatura. La ragione<br />

è semplice: la poesia non si commenta, la non-poesia (come direbbe Croce)<br />

permette discorsi larghi, anche dotti, informativi, magari inutili; ma la poesia<br />

pura si commenta con se stessa. Si parla più a lungo e più volentieri della<br />

politica del tempo di Dante o del sistema tolemaico o della struttura dell’aldilà<br />

che non della purissima poesia dantesca. Quando leggo la Chanson d’Autumne<br />

di Verlaine non vinco la tentazione di fare osservazioni filologiche su quel<br />

blesse mon coeur e di osservare l’affinità semantica di blesser con il latino caedere.<br />

Ma torniamo a Dante Maffia.<br />

È subito da dire che questa poesia provoca il commento esclamativo.<br />

Bisogna precisare che la chiarezza e il buon senso danno misura al libro e che ci<br />

sono immagini singolari e paragoni a tutto tondo. Si naviga di sorpresa in<br />

sorpresa, e nonostante l’unità delle liriche le sensazioni e le intuizioni sono<br />

molteplici. La fantasia le ricompone come il poeta le ha intuite, imprevedibili,<br />

espressioniste, arbitrarie e tuttavia compatte. Il poeta ha voluto épater les bourgeois<br />

e se non si è bourgeoi si capisce, si accetta, ci si diverte, gli si va dietro.<br />

Siamo agli antipodi del calligrafismo, della compostezza, del prevedibile.<br />

C’è un Leitmotiv, un contenuto ideologico? Sì, ma il poeta fa di tutto per non<br />

esibirlo. C’è molto pessimismo, molto disgusto, molta indignazione.<br />

Dante Maffia ha il dono dei contenuti immensi (come quelli scientifici di<br />

Dante Alighieri) o quelli monotoni, per non dire monocordi di Leopardi. Ed ha<br />

molta ribellione, molta nausea, anzi universale nausea giustificata, e molta vita.<br />

Ogni lirica (ben ritmata con ritorni all’ovile pittoreschi e incisivi come<br />

sentenze latine), molti episodi, molto brusco amore, amplessi, rivendicazioni:<br />

del sud contro Milano, della Calabria contro Milano, degli arabi contro Milano,<br />

dei poveri contro i ricchi di Milano, tutto contro Milano. Forse gli è cara.<br />

La parte più interessante ha un titolo interessante: Fingendo l’armonia.<br />

Qui tutto è così spontaneo che diventa istintivamente nostro. Sentite<br />

questa: «Se ne dissero tante... / Partito per l’America / Imbarcato su un piroscafo<br />

/ battente bandiera panamense / o liberiana. Intanto a Sibari gli scavi / richiamano<br />

da tutto il mondo / i maniaci dei cocci...». Sono poche macchie sulla tela ma<br />

formano un ambiente familiare. Un’altra poesia dice anche di più: «La rana<br />

settembrina / sente il rumore della scavatrice / e le lagne del Tg / si amplificano<br />

sulle assenze. / Anche gli insetti fabbricano / per il trionfo della produzione / ed è<br />

vero che ogni casa / ha una biblioteca di opere inutili./ Qui i libri del Barone, /<br />

servivano ad accendere il fuoco / le mattine gelate. / E la nuova virtù sociale si<br />

presentava / come una bambola di plastica / con gli occhi fissi nel vuoto». Ci sono<br />

brevi storie di donne. Per esempio Daniela Boccarini: «mi eccitava il suo<br />

accento milanese: / aveva qualcosa di fragile e d’irritante. / Ci nascondevamo<br />

dietro gli alberi fitti / o in un fosso. Quando mai più avrai / una donna così fresca<br />

e pronta / che odora di saponetta? / lo diceva dilatando le pupille, / orgogliosa e<br />

29


30<br />

convinta che tutto nascesse / e finisse nella sua persona, / e che le donne calabresi /<br />

fossero appena bestie per la monta. / A distanza di anni le scrissi / che era ancora<br />

più profumata la rugiada / della sua saponetta Palmolive / e che nonostante le<br />

docce mattutine / la mia nuova donna profumava di vita».<br />

Ma c’è una storia più tagliente, più cinica e più complessa. Riguarda certa<br />

Luisa Francosia: «Era stata affidata, a me sedicenne, / per ripassare le lezioni: / un<br />

po’ di latino, di matematica. / Accadde tutto inavvertitamente. / Per tre anni fu /<br />

un’anguilla avida./ Adesso è avvocato. Non mi saluta, / dimentica che anch’io ero un<br />

ragazzo. / Mi violentasti, mi sibila. / Non ricorda che fece tutto lei, / e che fui<br />

costretto / a lezioni supplementari». È una delle migliori della silloge delle più<br />

amaramente realistiche e psicologiche. È un racconto del Novellino in prima<br />

persona (contenuto etico a parte). Non posso non far notare l’efficacia di quella<br />

“anguilla avida” che mescola agilità e sensualità.<br />

Naturalmente “sibila” la sua facile protesta, come una serpe, simbolo<br />

onusto di cose; ma anguilla non deriva da anguis che latet in herba? Non faccio<br />

capziosa e facile erudizione. E un altro esempio ancora di come nella fantasia<br />

del poeta si versino ancestrali conoscenze, soggettive ma anche reali.<br />

Credo che anche Dante Maffia si aduli credendosi fratello dei greci, un<br />

po’ come tutti i nati nell’equivoco della Magna Graecia, ma una goccia di<br />

grecità vera c’è in una poesia insolitamente unita a formare un avvio di orghé:<br />

amori a cui il clima dona una libertà inimitabile, con i sussurri degli innamorati<br />

simili a «gridi di cardellini appena nati», una tarantella inebriante e per<br />

ognuno un dio con la minuscola: «Dio passeggiava a fianco di ognuno / reclamando<br />

la sua parte di terrestrità».<br />

L’ape dell’invisibile<br />

GENNARO MERCOGLIANO<br />

Gennaro Mercogliano<br />

La prefazione di Remo Bodei al Macero dell’invisibile (Firenze, Passigli, 2006)<br />

bene individua nella definizione rilkiana dei poeti come “api dell’invisibile”<br />

il riferimento più autorevole dal quale Dante Maffia muove per la stesura di<br />

un libro complesso, articolato in ben nove sezioni, le quali – a considerarle<br />

nella loro compattezza – a me paiono la summa ampliamente esplicativa del<br />

suo incessante lavoro poetico.<br />

Si tratta però, prima di tutto, di chiarire cos’è l’invisibile sul quale il poeta<br />

fonda la sua nuova ricerca tra le macerie della vita e del suo stesso periclitante<br />

esistere nel mondo, che continuamente offre spunti contraddittorio di declinazione<br />

possibile.


L’APE DELL’INVISIBILE<br />

Invisibile è per il poeta quanto della realtà rimane aristotelicamente in<br />

potenza e non si traduce in pienezza di parola. Ciò avviene sempre nel<br />

momento in cui verifichiamo l’inadeguatezza dello strumento espressivo e<br />

dei linguaggi, propri o impropri, coi quali siamo costretti a procedere nel<br />

faticoso cammino dell’annominatio, che non risulta mai essere perfetto né<br />

corrispondente: sempre il poeta approda al travaglioso limite del non detto.<br />

L’heideggeriana casa dell’essere, la parola, unica risorsa del poeta, non è<br />

priva di senso, ma è drammaticamente negata alla trasparenza: dannata cioè<br />

all’approssimazione se si cimenta a scavalcare l’arduo muro dell’incomprensibile<br />

realtà, che rimane invisibile, cioè inspiegabile nelle sue scaturigini<br />

prime; così come è condannata a registrare il proprio fallimento se tenta di<br />

abbattere “le torri dell’ingiustizia umana”, che è tema non secondario di<br />

questo doloroso libro.<br />

Ma invisibile è anche Mnemosine col suo trapassare nel tempo, fitta di<br />

nebbie: come un palinsesto dal quale non sia lecito cavare la scrittura prima,<br />

pur se esso contiene i fantasmi dei luoghi dell’infanzia, i profili sbiaditi degli<br />

uomini che ci sono passati davanti, l’orizzonte lontano dei paesaggi, divenuto<br />

inesplicabile grumo e folla di colori toccati dal tempo. Mnemosine viene spesso<br />

inutilmente in soccorso del poeta che reclama tutto lo spazio del dire, che<br />

anela ad essere disingannato e vero come per asseverare un bilancio di ricognizione<br />

assoluto.<br />

E invisibile è ancora il luogo indefinibile degli intrecci tra i diversi elementi<br />

della realtà, scelti o impostisi per loro propria cogente forza come<br />

oggetto del nominare e del conoscere. Invisibile, infine, è il magma dell’essere<br />

in quanto esso non appare con un suo profilo distinto, ma è per essere analogica<br />

casualità di eventi, serie di rapporti inestricabili, nesso polisenso,<br />

sinestesia, eco d’un canto che non si rassegna alla morte e che pur sa di<br />

prendere corpo su fondamenti invisibili.<br />

La grande lezione di Mario Luzi, presente e affinata dalla voce originale<br />

di Maffia a partire da Caro Baudelaire (1983), torna qui a riconoscersi, dopo<br />

varie intermittenze, anche dialettali, nessuna delle quali estranea a questo<br />

spleeen essenziale ed antico, responsabile della dannazione dei più grandi<br />

poeti del nostro tempo.<br />

«Le colline hanno un’anima», perciò, e quell’anima non si vede e non si<br />

tocca, arroccata com’è nel nido invisibile dell’immateriale; «le case sono<br />

ragazze alla prima comunione», investite di una sacralità che si avverte<br />

come presenza numinosa senza poter essere pienamente significata: «Così la<br />

pagine resta bianca» e il poeta non ha più voglia di “misurarsi” «con il fine né<br />

col principio delle cose».<br />

Una volta forzato il limite, a perdere è la parola stessa nella disperazione<br />

del poeta che non ha trovato un corrispettivo alla visione che lo adesca e lo<br />

affascina. In quello stesso istante entrambi – il poeta e la parola – periscono<br />

della propria essenza vitalistica. E il poeta scruta in silenzio il vuoto, si angustia<br />

della sua stessa inefficace oltranza, canta il proprio epicedio, si insanguina<br />

31


32<br />

del suo stesso sangue, dice e blatera, si nega, riprova ad amare e di nuovo a<br />

dire, perché «l’esperienza della scrittura è lenta e insopprimibile», è daimon,<br />

conato diabolico che prelude al canto e lo rende necessario: «Non so se appartengo<br />

alle bolge maledette / che fanno cantare Satana con sonagli asinini». Mefistofele<br />

si vende un’altra volta l’anima per non rinunciare alla chiamata dell’arte.<br />

In questo libro di Maffia troverete, nondimeno, il più ardito tentativo di<br />

adesione al reale in uno con la consapevolezza del difficile cimento con esso<br />

istituito. Troverete accenti di polemica asperrima col centro malsano del<br />

potere economico-editoriale, che esclude, taglieggia, si offre al lenocinio:<br />

Milano appare come un tetro paesaggio di vento, di pioggia, di solitudine,<br />

anche nei simboli del lusso, dell’arte e del fasto meneghino: il Castello, la<br />

Scala, il Naviglio. Tutto in Milano è terra desolata nella rievocazione del<br />

poeta. Livida, allucinata figura mortis, Milano è capace di suscitare l’indignatio<br />

del poeta, tutta quanta detta con accenti dolorosi e violenti, per i soprusi che<br />

vi si perpetrano a danno dei poeti e degli uomini.<br />

Rispetto a Milano, Roseto, il paese di Dante Maffia è speculare antifona di<br />

ricordi affettuosi e cocenti, memoria delle dolci fole e delle prime vedette,<br />

ricordo di sofferenza e di fame che costringeva all’emigrazione, ferita mai<br />

rimarginata di guerre non concepite. E a fronte di questo inventario composito<br />

fa da compenso e risarcimento la suggestiva visione del mare e del castello di<br />

Federico II coi fantasmi eterni dell’immaginazione e dell’amore materno.<br />

Una più profonda lettura del libro potrà dispiegare davanti ai nostri occhi<br />

il profilo corrusco della storia, antica e recente, e immaginare un frantumato<br />

sogno di massimi sistemi, di idee pensate a sollevare il mondo e su stesse<br />

ripiegate nel balenate ritmo dei successivi tracolli dell’umanità e del progresso.<br />

In questo libro Maffia si mette veramente in gioco, vorrei dire che si gioca<br />

veramente tutto come uomo e come poeta, tenendosi ben stretto all’idea del<br />

poeta come supremo realista però illuminato da un sogno che non vuole morire:<br />

quello di una umanità civile nella quale la poesia abbia il suo preminente<br />

posto. Non perché sia la parola a trionfare, ma in quanto lo stile alto o dimesso<br />

del poiein sempre traduce un ritmo di concordia-discors con le cose, nel quale è la<br />

fecondità del tempo interno che i poeti battono all’angolo delle strade o sugli<br />

estremi limiti del mondo, ai confini con le stelle e gli spazi galattici.<br />

I versi che lo raccontano e ci raccontano<br />

ANGELO MUNDULA<br />

Angelo Mundula<br />

Esce un nuovo libro di poesia di Dante Maffia, poeta, saggista, narratore,<br />

traduttore e, insomma, una personalità della cultura di tutto rilievo della


I VERSI CHE LO RACCONTANO E CI RACCONTANO<br />

letteratura italiana contemporanea, se già questo posto non gli fosse assegnato<br />

soltanto dalla sua statura di poeta che fin dagli esordi le venne riconosciuta<br />

da scrittori come Palazzeschi e Sciascia, per citarne solo alcuni. Ora,<br />

Maffia, giunto da tempo alla piena maturità e qui a un approdo di saggezza,<br />

ha voluto restituirci, con un suo nuovo libro, un’immagine di sé a tutto tondo:<br />

la vita, la poesia, l’infanzia, la Calabria, terra d’origine, «mio rifugio eterno»,<br />

la malattia (il male, i mali), il mondo degli affetti non solo familiari (l’amore,<br />

gli amori, rivisitati questi, talvolta, con qualche venatura erotica) e forse,<br />

forse anche un barlume di quell’invisibile che il titolo del libro sembra affidare<br />

al macero e che pure si fa strada, faticosamente (ma è solo una fatica di ordine<br />

intellettuale e spirituale, non certo poetica, essendo anzi i versi che ne dicono<br />

di una invidiabile leggerezza) tra le pieghe di questa, per dirla con le parole<br />

di Bodei, «profonda, ragionata, sensibile e acuta radiografia del visibile».<br />

È, in realtà, uno sguardo a 360 gradi che sembra voglia abbracciare tutto,<br />

convogliare tutta la propria vita nel verso che la racconta, toccandone tutti i<br />

punti nevralgici o sarà più giusto dire tutti i punti in cui si sono depositati –<br />

come pezzetti d’oro prezioso – nella gioia e nel dolore – i sensi e i sentimenti<br />

di questo poeta che ancora riesce a trasmettercene le emozioni che ci sono<br />

legate con un verso che è insieme limpido e profondo, semplice e complesso,<br />

specchio fedele dell’anima di cui sa esplorare tutte le pieghe più riposte<br />

proprio come una radiografia che metta a nudo tutte le parti del nostro organismo<br />

vivente.<br />

Talvolta col tono fermo e autorevole di chi abbia appreso da tempo la<br />

lezione della vita; talvolta con lo stupore creaturale di un bambino pieno<br />

ancora di meraviglia per fatti, luoghi o persone che siano caduti sotto il suo<br />

sguardo o entrati nella sua esperienza. E tutto si fa (è fatta ) presto poesia.<br />

Poesia di ciò che come un fiume scorre davanti ai nostri occhi e scorrendo<br />

muta e porta sempre in superficie un colore diverso di tutti i doni preziosi<br />

che vi si sono accumulati: sia il prodigio iniziale della poesia stessa («con il<br />

terrore», però, «che tutto sia stato detto») sia lo sguardo, fatto proprio, della<br />

figlia Serena che guarda gli aquiloni sia l’infanzia rivissuta negli occhi della<br />

figlia Federica (sempre con intenerita memoria); sia di quando, davanti alle<br />

«domande infinite» di Lara si sente «Eterno e maestoso»; sia quando «tra le<br />

braccia dell’essere che amo» si finge un paradiso che non c’è; sia, ogni tanto<br />

ricorrente, il paese, sempre più un paese dell’anima, alla Machado, ma anche<br />

un modo per tracciarne quasi un ritratto storico, quasi uno spaccato di civiltà<br />

contadina, in cui il poeta in lingua Maffia sembra dare la mano al poeta in<br />

dialetto che tutti conoscono e apprezzano, sia il suo incontro con Milano,<br />

destinato a restare nell’impatto forte col lettore («All’alba Milano/ ha la voce<br />

aspra dei tuoni / e un odore di crepuscolo / smarrito»); sia gli amori, rivissuti con<br />

la meraviglia di allora («Quant’era bella Carla!»); sia quando parla di politica o<br />

di religione o appena di un gatto o di una formica e di quant’altro. La poesia<br />

cerca «la possibilità / di trovare il poco / che si perde ogni giorno / e farlo diventare /<br />

tesoro da opporre / allo sperpero dell’umanità». Non manca davvero nulla a questa<br />

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34<br />

ricerca di un poco che subito è tutto, fornendoci quasi un finale bilancio da<br />

un approdo di saggezza, di verità umana, di “dignità umana”, davvero<br />

un’immagine di poeta e di poesia di cui si sentiva la mancanza in questi<br />

tempi di molte pretese poetiche e di poesia nessuna o pochissima.<br />

Come una Itaca calabra<br />

CRISTINA SPARAGANA<br />

Cristina Sparagana<br />

L’Ulisse dell’inquieto nostos alla “smemoria” che naviga tra i versi<br />

dell’ultima raccolta di Maffia è delicato e ironico, parodistico e tragico al<br />

contempo. La sua Itaca calabra, che traspare alla soglia di ogni lirica, riconduce<br />

le gesta di un passato antieroico ma affettivo a un presente permeato d’incertezza,<br />

chiuso nella commedia dolorosa del discorso attuale, dove l’icona caricaturale<br />

prende talora il posto del simbolo e del mito. Egli ha lo sguardo<br />

volto sempre indietro, verso la sponda di un mediterraneo che si nega al<br />

ricordo e al sentimento della rapsodia, e questo sguardo sembra vacillare tra<br />

lo sberleffo e la lamentazione, tra il compianto e il sorriso del simposio. Quella<br />

che si potrebbe definire “la commedia del mare inesistente” nasce nel punto<br />

esatto in cui il periplo si trasforma in feroce “giravolta”, che vede il viaggiatore<br />

in disperato bilico tra il suo passato di navigatore e il suo presente di<br />

“anima arenata”, remota all’acqua eppure ancor soggetta ai suoi flussi e<br />

riflussi inesorabili.<br />

C’è qui un dolore del “sentirsi vivi” che si nutre di suoni e di emozioni,<br />

sinestesicamente esasperato da un’intensa miscela di fragori dove l’uomo si<br />

scorge nel suo nulla e nella sua incapacità d’ancorarsi a un’immagine<br />

compiuta, giacché una collera paradossale lo vuole destinato a volteggiare<br />

sempre su se stesso, come in preda a una sorta di bufera tutta tellurica e metamarina.<br />

(«Questo mare aggrigliato in verde cupo/ mare d’angoscia aperto sul crinale /<br />

di morte gore tutte mie prive/ di possibilità d’assoluzione»).<br />

È, l’Ulisse del Macero, una sorta di statua funeraria ben confitta nel suolo,<br />

ma pur sempre corrosa dall’incessante moto di un mar mediterraneo privo di<br />

spazio e di fisionomia («Ulisse rientra in scena / dopo un lungo sonno ristoratore.<br />

/ Penelope a colazione / recrimina con parole taglienti. // Lui ascolta ripassando<br />

immagini / che lo fanno schiavo di se stesso. / Sfoltisce col coltello rami / per remi<br />

improbabili»).<br />

Come certe polene smarrite sottocosta, esso dovrà marcire nella terra,<br />

l’animo in preda ad una inarrestabile nostalgia cosmica dell’invisibile, unica<br />

traccia della sua trascorsa epopea marinara («Non è più l’avventura che lo tenta


COME UNA ITACA CALABRA<br />

/ ma il suo giovane io che s’è smarrito / nel caldo del letto matrimoniale. Siede /<br />

davanti al mare e parla con le onde»). L’ostinata commedia del presente reca<br />

soltanto immagini legate a questa oscura idea del farsi e del disfarsi sull’eterno<br />

telaio di Penelope che travolge, in girandola perpetua, sentimenti, passioni,<br />

rituali, microequilibri da cerimoniale.<br />

Remoto, insieme, a patria e ad orizzonti, il suo tempo non fa che irrigidirsi<br />

nella ciclicità dei gesti minimi sottesi a un improbabile esistenza di<br />

matrice joyciana, che rende il quotidiano l’unico sbocco a un’epica moderna,<br />

ma pur sempre nostalgica e venata di riflessi elegiaci, dove spetta a un<br />

“signore” privo d’identità d’assumere la veste di un moderno nocchiero che<br />

informa l’anti-eroe sui problemi di rotta e di navigazione («Dopo aver portato a<br />

spasso il cane, / acquistato il giornale, scambiato / due frasi sul tempo / con un altro<br />

signore a spasso col suo cane, / mi avvio verso casa e in ascensore / incontro Nicola<br />

che mi confida / i capricci del suo Mac Intosh. / A casa è tutto in ordine. Le figlie /<br />

hanno fatto la doccia e le trenta telefonate / giornaliere»).<br />

Vi sono dei momenti, tuttavia, in cui il dio comico dell’invisibile sembra<br />

arrestare il flusso della vita, facendosi materia di dolore e di profonda consapevolezza;<br />

sono i momenti in cui il cielo di carta che sovrasta l’immenso Grandguignol<br />

della nuova tragedia del ritorno si spacca in due pirandellianamente,<br />

rivelando l’abisso e l’amarezza che precedono il vuoto, sentimento che solo<br />

può prestarsi a una celebrazione neo-sacrale.<br />

L’Odissea di Maffia si rivela in tal modo in un quadro di forti allegorie<br />

tese ad un apice minimalista ove l’assenza, la carenza, il buio, il ritrarsi di<br />

tutte le certezze sono il tessuto di una desolata partitura “atalassica” , ed il<br />

silenzio della cecità, retaggio onnipresente di Demodoco, sembrano dare<br />

ancora più risalto alla voce invisibile del mare e delle sue improbabili sirene.<br />

È senz’altro l’istante più solenne, quello del sacrificio e dell’entrata all’Ade;<br />

la smemoria si tempra nel ricordo e nella sensazione della fine; i defunti<br />

sovrastano i viventi, i rumori si annullano di colpo nell’immobile quiete<br />

dell’attesa; l’eroe perdente trova il suo riscatto nella certezza d’essere<br />

perduto («Ma è forse solo la stanchezza / a dettarmi le parole del possibile, /<br />

o è un prestito / di quel lungo cammino di croci / che non sanno più trovare<br />

/ la via della preghiera / e chiamano a raccolta / le lupe affamate della tenerezza<br />

/ per sconcertare la grazia delle forme / e farne scempio per perdite<br />

infinite»).<br />

Ma, una volta compiuto il sacrificio, ecco che tutto misteriosamente sembra<br />

riprendere la sua perpetua giravolta biologica del nulla; la morte, come il<br />

mare, è soltanto un miraggio percepito attraverso la sterile fissità della terra.<br />

Qui la frase poetica, contaminatasi nel pandemonio dei più svariati moduli<br />

stilistici – dal sepolcrale-lirico, al sacrale, all’elegiaco, all’epico, al moderno –<br />

ammutolisce rigorosamente delegando ai rumori la sua propria espressione.<br />

È come se l’Autore decidesse di lasciare che il suono prenda la mano alla<br />

parola-archetipo, facendosi via via pausa, fragore, grido, sospensione. L’eroe<br />

diventa aedo di se stesso, il nulla celebra il suo proprio nulla, la metrica<br />

35


36<br />

CRISTINA SPARAGANA<br />

sobbalza, né è annientata, il paradosso è ancora il solo dio di un’escatologia<br />

del compromesso, la parodia della ritualità si sovrappone al rito religioso,<br />

l’ybris di Ulisse – qui tutto dantesco – arranca in una sorta di ossessiva<br />

ignoranza che rivela l’inganno dettato dalla nemesi divina. («Non conosco il<br />

luogo, e questo silenzio / è estraneo, ha uno sguardo bieco / di sepoltura. Dove sono<br />

gli angeli / che dovevano proteggermi e farmi lieto? // Che inganno è questo?<br />

Stridono le porte, / strisciano scarafaggi nauseanti. / Rivoglio la mia anima. È un<br />

inganno / il lievito della trasparenza immota»).<br />

È una poetica, quella del Macero, che sembra sempre correre sul filo teso<br />

dello smarrimento, dove l’invocazione si trasforma di colpo in invettiva, il<br />

panegirico in giaculatoria, la memoria in minaccia di un presente intessuto di<br />

piccole “sciagure”. È, quello di Maffia, un tempo che si vuole trastullo di se<br />

stesso, un nostos à rebours verso un mondo neo-arcaico ove il rito diventa<br />

rituale, il sacrificio gesto auto-lesivo, il viaggio fitta quotidianità, il trageda<br />

un neoteros del vano. Ulisse è un anti-eroe condannato a sostare sulla terra,<br />

remoto al mare che l’ha partorito, simbolo del carattere del calabro che una<br />

storia di lunghe invasioni costiere ha destinato ad essere animale di roccia e<br />

di montagna, nonostante la propria geografia tutta protesa all’acqua e alla<br />

sua acquatica mitografia («Dovrei riconoscermi nel mare? / Posso anche piegarmi<br />

all’analogia / ma poi mi pongo in altro, /ne resto fuori con gaudio»).<br />

La sua, insomma, è la stessa fissità che, come già si è visto, fa sì che la<br />

non-vita si riveli nell’istante preciso in cui il cielo di carta che sovrasta le<br />

incursioni moresche, mostra il suo strappo e mette a nudo il vuoto dell’uomo<br />

calabrese avvinghiato a una terra perennemente in bilico, l’occhio rivolto con<br />

avidità a un orizzonte sempre cancellato. In questo modo, “l’anima randagia”<br />

non può che costatare la sua muta appartenenza al suolo e alla radice, la<br />

geografia si sgretola, il mito tace e ride di se stesso, i luoghi arcaici, nuovi e<br />

post-moderni si confondono insieme in una no man’s land nella cui stratosferica<br />

babele anche Ulisse è privato della luce («Il mare ha mille occhi e piange troppo.<br />

// La mia anima è randagia ma ha pause / che vivono un’eternità. Perfino la paura /<br />

siede sotto le querce e si ristora / giocando con le formiche in lunga fila»).<br />

In questo singolare epos dell’inazione quotidiana, d’inconfondibile matrice<br />

omerica, dove svariati nomi di città vengono di continuo a puntellare una<br />

mappa che sembra accartocciarsi nelle mani dell’Uomo della terra, Milano<br />

rappresenta l’approdo ad un’Ogigia della malinconia e della “smemoria”,<br />

l’iceberg dove s’incaglia la barca dell’eterno divenire e appassire dei secondi<br />

e dei secoli. Qui, come nella cantica dantesca, nel grigiore di quel “sole che<br />

tace” che spalanca le porte dell’inferno in sinestesica desolazione, il naufrago<br />

“s’interra” suo malgrado conoscendo al contempo la zavorra invisibile dello<br />

sguardo del cieco, e un nuovo Ulisse metropolitano parla con le parole di<br />

Demodoco («Ma le pozzanghere, e bene in vista. / E il sole che non trovava / il varco<br />

per farsi umano. // Appena smise di piovere, il cielo / versò grigio / e ammassò nuvoloni<br />

sul Duomo. // C’era un silenzio di foglie / che non seppero sorridere, / c’era un<br />

preludio alla deriva»).


COME UNA ITACA CALABRA<br />

Ma è ancora qui che “il sogno calabrese” affiora sulla soglia dei detriti<br />

d’un animo arenato in terrestre deriva, e il paese di nascita diviene finalmente<br />

l’unico vero approdo, la Terra che, incurante del rifiuto, salva e imprigiona al<br />

tempo stesso l’uomo nella sua dolorosa aridità.<br />

In tal quadro l’immagine di Itaca sorge e risorge con ciclicità a sgretolare<br />

l’attimo fuggente nel macero invisibile di una memoria morta. I suoni<br />

dell’inerzia tornano a farsi vivi, il fragore del nulla sembra solo dare espressione<br />

a questa sepoltura di zavorra sospinta in terra ferma, come in un rito<br />

funebre dove Lazzaro e Cristo, Ulisse e Achab giungono a mescolarsi in una<br />

frastagliata entità dell’assenza, risorgendo oltre il buio dell’esilio. Pertanto<br />

ciò che resta delle inquiete coordinate elegia che avevano informato la<br />

partenza di questo viaggio-trottola dell’eroe su se stesso, di questa “giravolta”<br />

così penosamente atemporale finisce, nel discorso di Maffia, per tornare a<br />

vibrare d’una sorta di eufonia dissepolta, che sembra emergere dall’infernale<br />

baraonda del tempo quotidiano, in accezione tutta positiva, di natura idilliaca.<br />

È la voce salvifica dei morti che la terra riporta alla memoria come l’onda del<br />

mare riconduce gli annegati alla terra: è il melodico grido dei rondoni,<br />

l’iterativo eppure sorprendente cinguettio delle allodole, lo squittio degli<br />

oggetti ripescati, l’appena percepibile sussurro del cammino dei gechi; è<br />

tutta, insomma, quella partitura, di solida radice recanatese e pascoliana<br />

insieme, che dando voce ad una micro-fauna familiare e selvatica a un tempo,<br />

riesce finalmente a riscattare un mar mediterraneo popolato di lari e di cose<br />

tangibili, stupenda miniatura di sinestesi qui tutta positiva, capace, con miracolo<br />

evangelico, di rendere a Demodoco la sua vista perduta, trasformando<br />

in visibile l’ostinato invisibile del macero, sino a sfociare nella grande ode di<br />

un figurato talamo costiero sempre smarrito e sempre ritrovato:<br />

La Calabria che lo scirocco sferza<br />

non so se venendo o andando verso il mare.<br />

La campagna ora arsa ora verde<br />

con pompamagna di vigneti e ulivi<br />

è sempre qui, ingombra la mia anima,<br />

la tesse e la distesse nei giulivi<br />

pomeriggi d’estate, negli inverni amari<br />

e tristi d’ore interminabili.<br />

La Calabria che pretende amore<br />

– e non sa bene se sia donna o falcoio<br />

la sradico, la esalto, la sotterro,<br />

la benedico e maledico e poi<br />

37<br />

la invoco: madre, tomba, cielo,<br />

condanna, luce che non tramonta mai,<br />

casa aperta sul mare,<br />

mio rifugio eterno.


38<br />

CRISTINA SPARAGANA


INTORNO A “IL CORPO DELLA PAROLA”<br />

Intorno a “Il corpo della parola”<br />

39<br />

Pasqualino Bongiovanni<br />

Ha ancora senso interrogarsi sulla natura del linguaggio? Ha ancora senso<br />

per un poeta chiedersi come possa prendere corpo la parola e quale sia, infine,<br />

il rapporto che lega la parola stessa alle cose nominate? Da interrogativi fondamentali<br />

come questi trae origine la nuova raccolta dell’ormai celebre poeta<br />

calabrese Dante Maffia pubblicata dalle edizioni LietoColle e di recente presentata<br />

a Roma. Per capire l’importanza e il peso della questione affrontata da<br />

Maffia in questo libro occorre ricordare che gli stessi interrogativi esposti inizialmente<br />

affondano le radici nell’esegesi biblica, nella speculazione aristotelica,<br />

nella definizione del segno operata da Sant’Agostino in De doctrina christiana,<br />

nelle riflessioni dantesche sul linguaggio presenti ampiamente nel De vulgari<br />

eloquentia e già in un certo senso anticipate in alcuni passi del Convivio, nella<br />

filosofia del linguaggio e nella filosofia in genere (Heidegger, Mead, Merleau-<br />

Ponty, Wittgenstein, De Saussurre, Frege). Non è un caso, dunque, che a firmare<br />

la prefazione della raccolta sia stato proprio Sergio Givone, uno dei maggiori<br />

filosofi del nostro tempo. Così, egli scrive: «Nelle maglie della realtà ci sono<br />

squarci e lacerazioni, che sembrano vere e proprie ferite, e aprono sull’altro<br />

lato del mondo; ma l’ordine naturale delle cose si richiude presto su di sé, fin<br />

troppo presto, e non lascia spazio alla fuga, né ad altro sentimento che non sia<br />

di resa, per quanto amara [...]. Nondimeno la fatica del dire, per quanto sconfortante,<br />

è doverosa, è necessaria, e infatti la sconfitta più irreparabile stranamente<br />

coincide col farsi limpido dello sguardo».<br />

Del resto, con “la fatica del dire”, con la parola ed il suo corpo, con la<br />

parola e la materia che la circonda, Maffia ha ingaggiato da tempo la sua<br />

battaglia, e non solo in ambito poetico. Basta rileggere alcuni passi di Un lupo<br />

mannaro, un suo recente e brillante romanzo: «Il guaio è che a volte, per<br />

quanti sforzi faccia, lo scrittore non riesce a trasferire nelle parole le vibrazioni<br />

occorrenti a dar vita a ciò di cui si parla [...]. Se i fonemi restano inerzia, puro<br />

esercizio di stile, impalcatura, abitudine, non sono capaci di assorbire il fuoco<br />

celeste e infernale che svaria e s’arrovella dentro.<br />

Alcuni credono che basti scegliere un nome, disegnare una fisionomia,<br />

stabilire un carattere e la frittata è fatta. Tutt’altro; per ottenere una figura<br />

viva ci vuole quell’ingrediente del soffio... il soffio che nessuno può insegnare<br />

a un altro. Vi dico di più. La genetica ha fatto progressi da gigante nella<br />

nostra epoca e ci spaventa con i risultati che andiamo leggendo di qua e di là,<br />

ma se gli scienziati della materia, quelli che lavorano nei megalaboratori di<br />

biologia, avessero osservato in profondità la vita degli scrittori, avrebbero<br />

compiuto un notevole passo avanti. Ma l’osservazione apparteneva al buon<br />

PERIFERIA, 2(<strong>69</strong>), ANNO <strong>XXVII</strong> N.S., 2008


40<br />

PASQUALINO BONGIOVANNI<br />

tempo antico; ora neanche gli scienziati sono disposti a consumare ore e ore<br />

in estenuanti attese, in agguato, nell’illusione di sorprendere una traccia<br />

sospettata ma non conosciuta».<br />

Ecco allora che in alcuni suoi versi di questa raccolta leggiamo: «Se li avessi<br />

trascritti i colloqui / col lampadario con la civetta di gesso / con le piccole rane degli<br />

ovetti Kinder, col vassoio di vetroresina Sivigliano. / Adesso avrei di che godermi l’inusuale<br />

/ l’impossibile aroma del segreto». Ed eccolo, il poeta, lanciato all’inseguimento<br />

di quel «soffio che nessuno può insegnare a un altro»: «Quanto l’ho inseguita!<br />

/ Pagina dopo pagina il soffio / si perdeva nelle approssimazioni / e nei fulgori<br />

dementi / delle indicazioni arrivate / dagli scribi egizi. / Volevo dire l’ultima parola /<br />

con la smagliante acribia/ del dettato compiuto. / Ma c’era il rifiuto della pagina».<br />

Maffia non sa perché scrive, e non sa neppure che cosa scrive. E questo lo<br />

dice chiaramente in alcuni suoi versi. Se lo sapesse non gli piacerebbe più<br />

scrivere, perché sentirebbe di muoversi attraverso una strada conosciuta, di<br />

camminare su marciapiedi troppo battuti. «Mi domandano spesso / da che cosa<br />

nascono le mie poesie / e che cosa ho voluto dire / con questo quel verso / con quella<br />

metafora. / Ma non so perché scrivo / e che cosa scrivo, se lo sapessi / non mi piacerebbe<br />

farlo / perché camminerei per una strada / conosciuta, su marciapiedi / troppo<br />

battuti». Come non notare la straordinaria sintonia e affinità con la celebre<br />

poetessa russa Marina Cvetaeva la quale, a proposito del poeta, in un suo<br />

saggio critico sosteneva: «Egli non sa che dirà e spesso non sa neanche cosa<br />

dice. Non lo sa finché non lo dice e subito dopo averlo detto l’ha già dimenticato».<br />

«Il meglio, l’essenziale» – scrive Maffia – «se ne va a spasso / appena tocca la<br />

carta; rifugge / dai noiosi finimenti e sfinimenti / della parola».<br />

Tuttavia, uno degli aspetti più peculiari e importanti di questa raccolta<br />

poetica di Dante Maffia mi sembra rilevabile in tutti quei versi che tentano di<br />

fare luce su una questione assai complessa quale è, da sempre, l’origine del<br />

linguaggio e della parola. Seguendo Merlau-Ponty, possiamo dire che vi è un<br />

luogo, aldiquà dell’espressione linguistica e del linguaggio, dove il primordiale<br />

silenzio si rompe per fare emergere il suono; vi è un luogo privilegiato<br />

in cui il linguaggio acquista corpo e azione. Come un gesto vocale diventi<br />

atto linguistico strutturato è poi altra cosa. Secondo il pragmatismo di George<br />

Herbert Mead e la sua teoria antropologica del linguaggio, parlare è un<br />

comportamento prevalentemente sociale che nasce da un’emergenza, quale<br />

può essere appunto quella comunicativa. In tal modo la parola diverrebbe da<br />

vocalizzo simile a quello animale a “simbolo significativo”. Leggendo alcuni<br />

versi di Dante Maffia ritroviamo un silenzio dello stesso tipo dal quale il<br />

linguaggio e la parola poetica miracolosamente prendono corpo; spesso si<br />

tratta dei momenti serali che anticipano il sonno («La sera, prima che arrivi con<br />

passo felpato / la serrata degli occhi, scende dal soffitto / la sottile trama delle parole<br />

[…] che arrivano da lontani regni. E non danno spazio all’effimero, anzi / s’arroccano<br />

in un’armatura di bronzo / e ridono scacciando gli importuni».<br />

«Qualche volta nel dormiveglia vedo / ghirigori di favole, vocali che si azzuffano<br />

/ per una sfumatura, altre volte / è un naufragare di consonanti che gridano / la loro


INTORNO A “IL CORPO DELLA PAROLA”<br />

impotenza in un delirio / che sembra ragionevolmente disumano. / Non ho conoscenza<br />

degli ibridi innesti / che si creano negli ingorghi delle sillabe» «Vedeste come<br />

gridano / a volte nel cuore della notte, / come si punzecchiano tra loro, / come divampano<br />

con sconnesse allusioni/ e pretese».<br />

«Mentre scendo nella castità / del silenzio e m’abbraccio / all’albero del sonno<br />

[...] gesticolando / mi divincolo dal giogo delle sconnessioni»), ma anche di silenzi<br />

improvvisi che si vengono a creare nel corso della vita domestica («Spento il<br />

televisore, nella pausa che si crea / quando il frigo tace in attesa di riprendere / la sua<br />

corsa rumorosa d’energia... ascolto / me stesso; mi parla da una parte di me / che<br />

sempre intravedo e non so dove cercarla / se sotto le palpebre o nei polpastrelli / o<br />

nell’incavo dei piedi»).<br />

Anche secondo l’esegesi biblica la parola rappresenta una rottura, un’interruzione<br />

di quel silenzio primordiale di cui parlavamo precedentemente. È<br />

attraverso la parola che si crea quella separazione all’interno del caos in<br />

grado di produrre l’ordine teso alla vita. Si pensi al passo della Genesi sulla<br />

creazione in cui la divisione e la distinzione uomo-donna non sono altro che<br />

il frutto della stessa parola la quale dal nulla primordiale crea e differenzia:<br />

«A immagine di Dio lo creò, maschio e femmina li creò». L’uomo nel suo<br />

primo apparire è quindi costituito dalla parola stessa. Il suo stesso corpo è<br />

parola, perché è grazie alla parola che l’uomo si percepisce e soprattutto si<br />

relaziona ad un’altra persona. È la parola che crea e mette al mondo l’uomo,<br />

che gli consente un rapporto simbolico (dotato cioè di senso) con ciò che gli<br />

sta intorno (il reale) permettendogli di entrare in un rapporto dialogico con i<br />

suoi interlocutori.<br />

La Parola è ciò che consente all’uomo di creare il mondo che lo circonda,<br />

dando corpo e vivificando tutto ciò che nomina. Ecco alcuni versi di Maffia in<br />

proposito: «Ogni verso è un aborto paragonato / a ciò che veramente vuole ritrarre,<br />

/ eppure m’avvicino sempre più / approfittando della distrazione / del dio che mi<br />

spinge a sfidare / con le parole la materia». La parola permette all’uomo di essere<br />

a sua volta “creatore”, di essere pertanto fatto ad immagine di Dio. Un<br />

concetto assai simile a quello appena espresso lo si può ritrovare anche in<br />

Dante Alighieri. In un passo del Convivio, infatti, attraverso il teorema soli<br />

homini datum fuisse loqui, preannuncia uno dei temi più importanti affrontati<br />

nei i primi capitoli del De vulgari eloquentia secondo il quale il linguaggio è<br />

un’operazione tutta umana, tipica cioè dell’uomo in quanto essere razionale<br />

finito dotato di logos e fornito di una mente atta a ricevere la virtù divina.<br />

Così, in quanto “animale linguistico” l’uomo riflette nella sua natura la stessa<br />

immagine di Dio, ed il rapporto di comunione tra il primo uomo e il Creatore<br />

(di cui abbiamo precedentemente parlato) lo ritroviamo nei primi capitoli del<br />

De vulgari eloquentia dove, nella descrizione del rapporto di comunione tra<br />

Adamo e Dio, viene appunto definito l’archetipo e il modello ideale di tale<br />

mimesi. Per motivi opposti, gli angeli (i quali sono calati nel silenzio della<br />

speculatio Dei), e i bruti o gli animali (condannati al rumore del suono<br />

inarticolato) sono estranei alla parola perché si collocano al di sopra o al di<br />

41


42<br />

sotto della soglia del linguaggio. In questo spazio intermedio risiede invece<br />

la parola umana la quale sembra che soltanto grazie alla poesia sia in grado<br />

di esplorare in tutta la sua ampiezza e fino alle soglie del dire lo spazio che<br />

separa i due estremi, in una condizione di perpetua ed eterna oscillazione. Di<br />

questo raro pregio che la poesia detiene ne è pienamente consapevole Dante<br />

Maffia, il quale in alcuni splendidi versi dice appunto che «La poesia è un<br />

viaggio inconsueto / che esce ed entra nel dubbio della morte, / una radura di dissensi<br />

che si fa luce»; e «nonostante l’assottigliarsi del peso / e la trasformazione delle cose<br />

in niente, / l’uomo resterà di carne e ossa e andrà / più lontano della formica, non<br />

rinuncerà / al calore delle sue mani / che gli permettono il dopo, quale che sia».<br />

Dichiarazione di poetica<br />

ELISA CAPRARELLA<br />

Elisa Caprarella<br />

La parola, il mezzo principe con cui è possibile esprimere tutto ciò che<br />

comprende l’universo del proprio sentire, attraverso la penna incandescente<br />

di Dante Maffia, poliedrico poeta, scrittore e dotto letterato, diventa materia,<br />

si trasforma, viene plasmata, ricreata. Diviene sostanza arricchendosi di un<br />

corpo vigoroso, sensuale, florido e per certi sensi arido, quando con un sonoro<br />

schiaffo ci apre gli occhi su qualcosa che si vuole eludere e dimenticare, ovvero<br />

su come alla fine tutto ciò che ci circonda è inevitabilmente volto al nulla. Ma<br />

Maffia con il libro Il corpo della parola, si fa creatore e vate, imprimendo su<br />

bianchi fogli, qualcosa che è destinato ad essere per sempre. La grandezza<br />

dei veri poeti è quella appunto, di riuscire ad eternare ciò che è fatalmente<br />

condannato a perire. In questa coinvolgente silloge, la parola si fa madre che<br />

rigenera il poeta nel momento in cui esso compenetra a fondo il segno e il<br />

significato, possedendone quindi il corpo perché dalla compenetrazione<br />

poeta-parola, essa si fa carne assumendo anche una valenza mistica.<br />

Nel momento in cui il poeta è rigenerato epifanicamente dalla parola,<br />

questa è catarticamente rinnovata ed entrambi, poeta e parola viaggiano fusi<br />

in un unico nucleo per gli infiniti della scrittura, perendo e rinascendo perpetuamente<br />

o almeno finché questa fusione avrà ragion d’essere; «...La poesia è<br />

un viaggio inconsueto / che esce ed entra nel dubbio della morte, / una radura di<br />

dissensi che si fa luce / e si consuma al primo chiarore dell’alba». Questa dichiarazione<br />

di poetica è indicativa del percorso intellettuale-poetico di Maffia, che<br />

da una negatività dialettica giunge, attraverso la ricerca di senso, a una positività<br />

che è il risultato della sconfitta umana che esiste solo in funzione del<br />

capovolgimento dialettico ottenuto nella rivelazione e nella presa di possesso<br />

della materia della parola: il suo corpo. «Mi domando spesso / da che cosa


COLLOQUI CON GLI OGGETTI<br />

nascono le mie poesie / e che cosa ho voluto dire / con questo quel verso / con quella<br />

metafora. / Nella mi pagina / stanno bene la mancanza di soggetto, / gli anacoluti, le<br />

disastrate bandiere / del nonsenso / e i rivoli di parole stanche...». Il suo essere<br />

fuoco e carne, lo porta a una feroce battaglia nella quale Maffia poeta, cerca di<br />

liquefare e modellare la poesia, nella ricerca di una liricità perfetta ed originale,<br />

ma soprattutto unica, componendo versi vibranti, intrisi di significati<br />

espressi e inespressi, riempiendo pagine di un inchiostro indelebile e pulsante:<br />

VIVO. «...La lingua è un accordo / di violette appassite / che tentano di<br />

far vivere / la cosa». Dante Maffia, ci rivela in fondo a questo libro di essere<br />

ormai un unico linguaggio: corpo e parola. Egli stesso è “pagina” che riempie<br />

la favola antica e meravigliosa che è la vita.<br />

Colloqui con gli oggetti<br />

43<br />

Sergio Givone<br />

Com’è possibile? È la domanda che i versi di questa intensa raccolta di<br />

Dante Maffia talvolta lasciano affiorare e talvolta nascondono, comunque<br />

spegnendola in una sorta di rassegnata ironia. Domanda che ammutolisce.<br />

Specie di basso continuo.<br />

O di filo melodico sussultorio e aritmico. Com’è possibile? È possibile.<br />

Semplicemente. Indipendentemente da qualsiasi risposta si voglia dare,<br />

ammesso che la si possa dare. «Il bar è chiuso per ferie. / Com’è possibile che un<br />

bar chiuda / in pieno agosto? Bisogna...». In realtà non si può far niente, perché<br />

qualsiasi cosa si faccia o si pensi di fare è già condannata al non senso o a un<br />

senso puramente fittizio. Nelle maglie della realtà ci sono squarci e lacerazioni,<br />

che sembrano vere e proprie ferite, e aprono sull’altro lato del mondo;<br />

ma l’ordine naturale delle cose si richiude presto su di sé, fin troppo presto, e<br />

non lascia spazio alla fuga né ad altro sentimento che non sia di resa, per<br />

quanto amara. «...e nessuno sa / se ci sarà il dopo». Non resta che prendere atto<br />

di una condizione d’impotenza. Semmai chiedendosi se essa rappresenti un<br />

che di definitivo e di inoltrepassabile. O non piuttosto un’ipotesi, benché la<br />

più realistica.<br />

«Freneticamente all’attacco del niente». È quanto si può dire della nostra<br />

scomposta agitazione. Che cosa sono del resto le parole se non un tessuto di<br />

improbabili colloqui con gli oggetti (assurdi, inutili) che ci circondano?<br />

Potrebbe però essere che da lì venga un messaggio, o che lì qualcuno ascolti,<br />

se è vero che lo sfarinarsi di qualsiasi significato non ci impedisce di riconoscere<br />

che siamo fatti «di carne e di ossa». Saranno pure destinate, le parole, a<br />

diventare «opache mostruose finte creature», e nient’altro che illusione la


44<br />

GENNARO MERCOGLIANO<br />

pretesa di trattenere sulla soglia «la malinconia del disperdersi». Nondimeno<br />

la fatica del dire, per quanto sconfortante, è doverosa, è necessaria, e infatti<br />

la sconfitta più irreparabile stranamente coincide col farsi limpido dello<br />

sguardo. Stranamente? O non piuttosto, suggerisce Maffia, in forza della stessa<br />

disperazione? «Chi crede più ormai che la parola / possa sdoganare il segreto di<br />

qualcosa? / Il suo compito è di registrare una nuova partita / doppia, parola ragioniera,<br />

/ senza odori o sapori, senza / la divina aura che una volta possedeva. / Meno<br />

male che ci sono i vetri puliti del balcone / e il paesaggio è visibile nella sua bellezza».<br />

Il poeta non sa perché scrive, e lo confessa; ma sostiene anche che se lo<br />

sapesse non lo farebbe, poiché sarebbe come percorrere sentieri noti, dove ci<br />

si può ritrovare, ma non perdere, non spingersi oltre il confine, non tentare<br />

l’avventura. E invece questo, forse nient’altro che questo, egli ha in mente:<br />

esplorare il negativo, affondare le parole nel silenzio, disfare il tessuto del<br />

linguaggio. Per ricomporre una trama possibile? O per bucare l’ordito, ogni<br />

ordito, nella direzione di un punto cieco ma come inesploso? Non è detto.<br />

Però è detto che «nella mia pagina / stanno bene la mancanza di soggetto, / gli<br />

anacoluti, le disastrate bandiere / del nonsenso / e i rivoli di parole stanche / da troppi<br />

anni moribonde / da troppi anni nel dormiveglia / scomodo dell’attesa».<br />

Una dichiarazione di poetica. A rendere il volume anche più pregevole e<br />

raro. Giacché Maffia fa poesia riflettendo sulla poesia, con intelligenza, e con<br />

grande consapevolezza. Come oggi accade sempre più raramente. Anche se<br />

dovrebbe essere un passaggio obbligato per tutti.<br />

Nel ritmo delle dispersioni e la fuga dell’Io<br />

Gennaro Mercogliano<br />

Il testo muove da una situazione di straniamento psicologico-esistenziale<br />

cui è da ricondurre la prima delle quattro sezioni del libro, Incubo d’agosto,<br />

laddove Maffia, a fronte d’una panica quotidianità fatta di pioggia di caldo di<br />

ferite, sembra voler riprendere e tesaurizzare, nei modi suoi originali, una<br />

esperienza significativa della poesia degli anni Settanta e oltre. Un’esperienza<br />

e una ricerca che si fece all’epoca incessante frequenza tematica e sembrò<br />

allora una pista risolutiva efficace dell’alienazione imperante nella cultura di<br />

massa e nella sopravvegnente civiltà-inciviltà dei consumi.<br />

Era il tema della fuga dell’io da un contesto culturale e sociale in rapida<br />

evoluzione, che non consentiva (così parve agli intellettuali della contestazione)<br />

l’accettazione di modelli e stili di vita e di pensiero legati ai valori<br />

della tradizione. Si disegnarono perciò in quegli anni e fiorirono, tra i dilemmi<br />

del vivere dimidiato fra tradizione e progresso, diverse e anche qualificate


NEL RITMO DELLE DISPERSIONI E LA FUGA DELL’IO<br />

mappe migratorie, anche vincenti, talvolta, sul piano delle risultanze e delle<br />

valutazioni critiche. Anche noi ce ne siamo occupati nella nostra qualità di<br />

lettori à la page di testi intrinsecamente validi.<br />

Di quella temperie Maffia riprende oggi intenzioni e stilemi, però riferendosi<br />

non a fumisterie e vagabondaggi psichici di opinabile fondatezza, ma ad<br />

eventi di una soffocante quotidianità che apre alla mente preoccupate prospettive<br />

di rovina e agli occhi dischiude probabili scenari di imminenti distruzioni.<br />

Così «avanza il ritmo delle dispersioni» e all’io-agens non resta che<br />

«distruggere i presagi / modificare le mappe», mentre «qualcuno, sornione, / s’è<br />

divertito a invertire le indicazioni», sperando che «si frantumeranno le barriere»<br />

dell’ultima resistenza umana.<br />

Questo repertorio espressivo certo risale a quella esperienza, ma – come<br />

si diceva – nulla di sperimentale può rinvenirsi nella ricorrenza di topoi ed<br />

espressioni propri di quella straniata stagione dalla parola e del soggetto in<br />

fuga dalla realtà e forse dalla stessa poesia.<br />

Tutto il discorso, infatti, si svolge su un’intensa e autentica linea d’interiorità<br />

diversamente connotata che ripudia il fenomeno in quanto tale per<br />

introiettarlo e farlo suo, passandolo al vaglio d’una rinnovata dolenza del<br />

corpo come cassa di risonanza della parola, anzi del corpo in quanto parola.<br />

Ed è da questa intuizione che si sviluppa, lungo l’arco dell’intero libro, il<br />

tentativo di una identità bio-poetica che coglie il poeta e i versi in angoscioso<br />

agonismo.<br />

Occorre andare più avanti per avere esplicita conferma di tale operazione<br />

del poeta in linea con se stesso, coerente a uno spleen che lo caratterizza già<br />

nel suo primo libro, Il leone non mangia l’erba (1974), accompagnandolo in<br />

tutta la produzione successiva, attraverso Caro Baudelaire (1983) fino alla<br />

Biblioteca d’Alessandria (2003) e Al macero dell’invisibile (2006).<br />

Si tratta ancora e sempre di quel viaggio interiore interminabile alla ricerca<br />

del mistero della parola esatta, della norma che squadri da ogni lato le pietre<br />

angolari del mondo, a specchio d’una condizione dell’esistenza incerta e<br />

periclitante come la parola stessa che vuole indovinarne l’essenza, comprenderne<br />

così le transizioni come i fini ultimi ai quali la vita inesorabilmente volge.<br />

I testi maggiormente indicativi a tal riguardo (che è – ripetiamolo – il<br />

riguardo del viaggio dentro se stesso, in quanto corpo e anima sono il<br />

ricettacolo della parola, o – se volete – il viaggio della parola dentro il corpo<br />

nell’incessante conato che la sospinge dai recessi dell’anima alle regioni fasiche<br />

del linguaggio e dell’espressione poetica) sono rinvenibili in alcuni passaggi<br />

cruciali, coincidenti con la stasi conservativa del corpo: «Le mie mani le mie<br />

braccia / il mio dorso le gambe / sono un salvadanaio / a cui si potrà attingere / per<br />

pescare parole uccise da millenni / o frastornate e messe in disparte». Una possibilità<br />

disperata, diremmo, se «il meglio, l’essenziale / se ne va a spasso / appena si<br />

tocca la carta» e il poeta sa «che ciò che ci passa accanto o ci attraversa / lascia<br />

appena una bava e non si specchia / né cresce o si frantuma».<br />

Dunque, anche il senso del tempo che passa e della confusione babelica<br />

45


46<br />

GENNARO MERCOGLIANO<br />

della lingua dei poeti, setacciata, martoriata, distrutta proprio da quella avanguardia<br />

che cercava il nuovo e il non detto; oppure semplicemente usurata<br />

per il troppo uso che se n’è fatto e che lascia poco spazio e poche possibilità al<br />

poeta del nostro tempo, quando egli tenti di tornare “con altra voce”, magari<br />

recuperando il dialetto, poeta credibile e vero.<br />

L’equazione corpo-poesia, asseverata da Dante Maffia in perfetta consapevolezza<br />

dei limiti propri al moderno poiéin, resa oggetto di un lucido ragionamento<br />

sul suo stesso fare poetico, come nota Sergio Givone nella nota<br />

prefatoria, contiene in sé un alto rischio esistenziale: la minaccia della presa<br />

d’atto finale che poetare è vivere morendo di giorno in giorno, se le parole<br />

quotidianamente si perdono, e che il poeta si trovi davanti, in conclusione,<br />

l’orrido vuoto o l’abisso del nulla.<br />

Questo mi sembra l’angoscioso dilemma sul quale questa straziante silloge<br />

è costruita, incentrata com’è su tutte le contraddizioni e su tutte le illusioni<br />

nelle quali si travaglia e si gioca la vita di chi sa di essere entrato, con la<br />

poesia, nella casa dell’essere, irrimediabilmente e per sempre: con un’unica<br />

esiziale possibilità d’uscita ancora e sempre sul nulla, rappresentato dalla<br />

consapevolezza deprimente che vana risulta l’opera a dispetto del flusso di<br />

sangue intermittente che l’ha miracolosamente prodotta.<br />

Ma come rassegnarsi a codesto possibile spaventoso bilancio, se a<br />

comporlo sono stati i momenti più fervidi di quella che per Brentano era “la<br />

calda vita” e per Maffia ora sono «marce chimere avanzate / dal tripudio incestuoso<br />

del big bang»?.<br />

Un trascolorare miserrimo di dolcezze spente, di vilipesi entusiasmi,<br />

d’ingiustificata fede nell’umano progresso o nell’eternità del sentire dell’animo,<br />

nelle stesse dolcezze dell’amore opposte al comune destino di morte? Può<br />

essere stato, può essere tutto questo la poesia per chi nel suo nome, e nel<br />

connesso postulato di gloria, ha piantato la sua vittoriosa bandiera?<br />

Può la lingua ridursi a «un accordo di violette appassite», all’«ovvia tiritera /<br />

della gelosia della morte dell’amore»?.<br />

Possono le primavere trascorse in bella baldanza di sole ridursi a «un<br />

serto d’aglio ingiallito»?<br />

E la Calabria stessa, col suo dono chiuso nel riflesso autoreferenziale del<br />

mare, col vento che “ricama” la storia del castello rosetano Federico II, può<br />

tutto questo, la propria vita, frantumarsi in una disperata inutile frenesia di<br />

parole che «gridano nel cuore della notte» e «si punzecchiano tra loro» reclamando<br />

nuova vita?<br />

Se questo è il senso recondito del fare poesia, la terribile verità nascosta<br />

agli uomini, meglio sarebbe stato non nascere col destino della parola impresso<br />

nella propria carne, meglio sarebbe stato non nascere.<br />

L’antico dolore di Sibari distrutta al colmo della potenza e della gloria,<br />

travasato nel canto nichilista di Alessi di Turio, la biblica maledizione della<br />

sapienza come fonte di maggior dolore per l’Ecclesiaste, la lucida veggenza<br />

del Siracide accompagnano e sorreggono questo epicedio della vita e della


NEL RITMO DELLE DISPERSIONI E LA FUGA DELL’IO<br />

poesia, quale a me pare Il corpo della parola, ultima e più recente fatica poetica<br />

di Dante Maffia.<br />

Si sono assottigliati – è vero – in quest’ultimo Maffia gli spazi della vitalità<br />

e della speranza. E quel suo vitalissimo antagonismo col mondo, quel suo<br />

stesso lottare con la tradizione e la memoria per la sua personale espressione<br />

di libera voce del pensiero poetante, nel quale comunque la vita si crogiola e<br />

si esalta, sembra cedere a un inatteso stupore, a un disperato bisogno d’identità<br />

che fa di questa silloge una silloge tragica, tragicamente affacciata sul<br />

niente e al niente opposta con lancinato grido dell’anima, affinché la poesia<br />

non muoia e torni a illuminare l’incerto sentiero della vita umana.<br />

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INTORNO A “UN LUPO MANNARO”<br />

Intorno a “Un lupo mannaro”<br />

49<br />

Maria Lenti<br />

Dialogo a due voci sull’amore, la sua impossibilità, la probabilità, la<br />

fedeltà, il ricordo, gli annessi e connessi e tutto il corollario d’apparato. Ma il<br />

lui (Annibale Scrivio) e la Lei, un vivo e una morta, controllano l’apparato e<br />

lo cospargono dei loro desideri e pensieri, impossibilitati a raggiungersi, ma<br />

congiunti in una nicchia di profondità dell’inconscio. Perduto è l’ordito che<br />

segna la via per fermare l’amore, lo status symbol di una possibilità relazionale<br />

che va oltre la coppia. Sì che le visite al camposanto dell’uomo, nelle<br />

mani un mazzo di fiori gialli, e la “ricostruzione” delle proprie vicende da<br />

parte della scomparsa diventano la trama di una coscienza che si era smarrita<br />

– o che non era mai stata tale – e il filo su cui distendere, quando il filo si sarà<br />

teso tra un dentro e un fuori, le soluzioni per la propria vita.<br />

Il romanzo di Maffia, che avanza per capitoli – affidati via via al raccontorincorsa<br />

del protagonista e alla memoria della sua controparte visitata in<br />

absentia –, ricostruisce una vicenda pensata e nata dalla incapacità del protagonista<br />

a viversi nel presente deprivato di tutto, però riempito di oggetti,<br />

inesistenti anche come surrogato, e di un agire demotivato nella sua essenza.<br />

Il tragitto tra il suo giorno e il cimitero è, ogni volta, il tragitto chiarificatore:<br />

in mezzo, possiamo immaginare, si situa un ascoltatore, filtro silenzioso di<br />

restituzione di chiarezza o di approccio ad una sorta di chiarità. Da lupo<br />

mannaro, lupu humanariu, urla metaforicamente alla luna la sofferenza e la<br />

disperazione, il rimpianto di qualche cosa magari solo sognato.<br />

Piano piano, con tutto il dolore di una notte buia, riesce alla luce: non è la<br />

felicità ritrovata e nemmeno trovata, ma la chiarezza di un esistere pur nel<br />

disastro che lo contorna. La risalita chiude il romanzo. Anche le tombe si<br />

ribelleranno: alla fine si rovescia l’inconscio che diventa coscienza e consapevolezza<br />

del mai più e quindi dell’ancora possibile.<br />

Rispetto al romanzo che ha contraddistinto una lunga stagione della<br />

narrativa italiana (ed europea), quello di immersione nel profondo, Un lupo<br />

mannaro si distingue per l’ottica esterna, per il periscopio puntato sull’intorno,<br />

sui comportamenti, sulle gestualità e sulla gestione della esistenza soggettiva,<br />

un periscopio incurante dei perché e dei percome il protagonista sia<br />

giunto o stia giungendo a certi risultati.<br />

Insomma, nella narrazione si dà una modalità di analisi che appare più<br />

appannaggio di questi anni che necessitano di risposte veloci... o appannaggio<br />

di un protagonista che, ormai grande nei suoi cinquantaquattro anni, non ha<br />

in animo di rivangare lontane progeniture, pesanti come macigni, e distanti<br />

PERIFERIA, 2(<strong>69</strong>), ANNO <strong>XXVII</strong> N.S., 2008


50<br />

MARIA LENTI<br />

fatuità, affidandosi al desiderio, pur ingrigito, di sciogliere le nevrosi quotidiane<br />

non a caso rovesciate sul proprio sé dagli altri.<br />

«Forse la storia d’amore non è altro che una scusa, un tentativo di ricercare<br />

la propria identità», scrive nella prefazione Marco Rossi, psichiatra e<br />

psicoterapeuta impegnato anche sulle questioni poste da lettori di riviste<br />

divulgative e da telespettatori di trasmissioni popolari. Che il prefatore di<br />

questo romanzo di Maffia sia proprio un medico specialista delle pieghe<br />

della psiche mi permette di avallare il percorso della lettura dei giorni e dei<br />

pensamenti elucubrativi di Annibale Scrivio.


NOTA BIO-BIBLIOGRAFICA<br />

Nota bio-bibliografica<br />

51<br />

Maria Fontana Ardito<br />

(a cura di)<br />

Dante Maffia è nato a Roseto Capo Spulico, in Calabria, nella Sibaritide, sulle rive<br />

dello Jonio.<br />

Si è laureato in lettere all’Università di Roma. È saggista, poeta e narratore.<br />

Esplica la sua attività critica sulle maggiori riviste italiane tra cui “Misure critiche”,<br />

“Nuova antologia”, “Il Veltro”, “Il Belli”, “Idea”, “Poiesis”, “Fermenti”, “Poesia”,<br />

“Microprovincia”, “Hebenon”, “Polimnia”.<br />

Ha collaborato anche a “La fiera letteraria”, “Il giornale di Calabria”, “Il mattino”,<br />

“La voce”, “La nazione”, “Nuovi argomenti”, “Il cittadino”, “Paese sera”,<br />

“Lunarionuovo”, “La rassegna salentina”, “Otto/Novecento”, “<strong>Periferia</strong>” ed è stato<br />

corrispondente de “La Nacion” di Buenos Aires.<br />

Ha curato per anni la rassegna dei libri per RAI 2 ed ha fondato “Il policordo”,<br />

“Poetica” e “Polimnia”. Attualmente dirige “Poiesis” (insieme con Giorgio<br />

Linguaglossa e Luigi Reina) e “Polimnia”, ed è redattore degli “Studi di Italianistica<br />

nell’Africa Australe”.<br />

Ha diretto e dirige collane di poesia, di saggistica e di narrativa per “Il policordo”,<br />

“Edisud”, “Pellicanolibri”, “<strong>Edizioni</strong> Scettro del Re”, “<strong>Edizioni</strong> Libreria Croce”,<br />

“<strong>Edizioni</strong> dell’Oleandro”, “Lepisma”, “Maria Pacini Fazzi”.<br />

Come poeta fu segnalato, agli esordi, da Aldo Palazzeschi, che ha firmato la<br />

prefazione al suo primo volume, e da Leonardo Sciascia che, con Dario Bellezza, ritiene<br />

Maffia uno dei maggiori poeti italiani, “uno dei più felici poeti dell’Italia moderna”<br />

(Dario Bellezza), “dopo Luzi il più grande poeta vivente italiano tradotto in tutto il<br />

mondo” (Maria Marcone).<br />

Da ragazzo ha vinto i più prestigiosi premi per l’inedito.<br />

Ha pubblicato:<br />

POESIA:<br />

– Il leone non mangia l’erba, Remo Croce Editore, Roma, 1974 (Pref. di A. Palazzeschi.<br />

Note critiche di M. Scotti, E. Bono), Fin. Premio Viareggio, Premio Pino d’Oro.<br />

– Le favole impudiche, Laterza, Bari, 1977 (Pref. di D. Valli).<br />

– Passeggiate Romane, Capone Editore, Cavallino di Lecce, 1979 (Pref. di E.<br />

Mandruzzato. Postf. di D. Bellezza), Premio Trastevere.<br />

– L’eredità infranta, Hellas, Firenze, 1981 (Pref. di M. Sansone. Postf. di C.<br />

Mezzasalma), Premio Brutium.<br />

– Caro Baudelaire, Editore Lacaita, Manduria, 1983, (Pref. di M. Luzi), Premio Tarquinia-<br />

Cardarelli, Premio Martina Franca, Premio Rhegium Julii, Fin. Premio Viareggio.<br />

PERIFERIA, 2(<strong>69</strong>), ANNO <strong>XXVII</strong> N.S., 2008


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MARIA FONTANA ARDITO<br />

– Sul Golgotha, Casa d’Arte Nitti, Firenze, 1983 (Pref. di C. Mezzasalma).<br />

– Il ritorno di Omero, <strong>Periferia</strong>, Cosenza, 1984 (Pref. di G. Ferroni), Premio Alfonso<br />

Gatto.<br />

– Se non sapessi nulla, Roma, 1986 (con sette linoleografie di Enotrio, 201 copie tirate<br />

al torchio).<br />

– A vite i tutte i jùrne, Carte Segrete, Roma, 1987 (Pref. di G. Spagnoletti), Premio<br />

Acireale, Premio Lentini.<br />

– U Ddìje poverìlle, Scheiwiller, Milano, 1990 (Pref. di A. Stella), Premio del Brutium<br />

del Presidente Walter Pedullà, Premio Lanciano, Fin. Premio Viareggio.<br />

– L’educazione permanente, <strong>Edizioni</strong> Casagrande, Bellinzona, 1992 (Saggio introduttivo<br />

di G. Spagnoletti), Premio Città di Cariati, Premio Calliope, Premio Circe-Sabaudia,<br />

Fin. Premio Viareggio, Segnalazione al Premio Montale, Fin. al Premio Brianza.<br />

– La castità del male, <strong>Edizioni</strong> Casagrande, Bellinzona, 1993 (Pref. di G. Pontiggia),<br />

Premio Montale, Premio Città di Venezia, Fin. Premio Viareggio, Segnalazione al<br />

Premio Brianza, Finalista Premio Nazionale “Franco Matacotta”.<br />

– Confessione, Pontedera, 1993, con un’acquatinta di A. Bobò, Edizione numerata, a<br />

cura di F. Mugnaini.<br />

– Racconto, Pontedera, 1994, con una incisione di G. Soffiantino, Edizione numerata,<br />

a cura di F. Mugnaini.<br />

– I rùspe cannarùte, Scheiwiller, Milano, 1995 (Pref di C. Magris), Fin. Premio<br />

Viareggio.<br />

– Lo specchio della mente, Crocetti Editore, Milano, 1999 (Pref. di N. Risi), Premio<br />

Insieme nell’Arte, Premio Un ponte per l’Europa Città di Ragusa, Premio<br />

Vanvitelli, Premio Circe-Sabaudia, Premio Marineo, Premio Biella, Fin. Premio<br />

Viareggio, Finalista Premio S. Nicola Arcella - Franco Lo Schiavo.<br />

– Possibili errori, Fermenti, Roma, 2000 (Pref. di M. Luzi, D. Maraini. Intr. di S.<br />

Folliero), Premio Anna Borra, Premio Contini-Bonacossi.<br />

– Papaciòmme, Marsilio Editore, Venezia, 2000.<br />

– Ucciso dentro il virgulto, Zefiro, Bagheria, 2001 (Nota introduttiva di T. Romano).<br />

– Canzoni d’amore, di passione e di gelosia, <strong>Edizioni</strong> Pagine, Roma, 2002 (Pref. di L.<br />

Reina), Premio D’Alessandro, Premio Anco Marzio, Premio Camaiore.<br />

– La biblioteca d’Alessandria, <strong>Edizioni</strong> Lepisma, Roma, 2003 (Pref. di M. Specchio).<br />

– Di Rosa e di rose, Paideia, Firenze, 2004 (Pref. di G. Manacorda).<br />

– Ultimi versi d’amore, <strong>Edizioni</strong> Lepisma, Roma, 2004.<br />

– Canto dell’usignolo e della rana, Libroitaliano, Ragusa, 2005 (Pref. di G. Occhipinti).<br />

NARRATIVA:<br />

– Immagini e rondini nella mano, Hellas, Firenze, 1982.<br />

– La lettera, Idea, Roma, 1987.<br />

– Una nuova epoca, <strong>Edizioni</strong> di Rosellina Archinto, Milano, 1989.<br />

– Corradino, Alfredo Guida Editore, Napoli, 1990 (Pref. di G. Rugarli).<br />

– La danza del adiòs, Editore Losada, Buenos Aires, 1991.<br />

– Le donne di Courbet, <strong>Edizioni</strong> dell’Oleandro, Roma, 1996 (Pref. di A. Bevilacqua.<br />

Nota critica di A. Moravia).<br />

– Il Romanzo di Tommaso Campanella, <strong>Edizioni</strong> Spirali, Milano, 1996 (Pref. di N. Bobbio.<br />

Note critiche di G. Spagnoletti, C. Magris), Premio Cirò Marina, Premio Stresa,


NOTA BIO-BIBLIOGRAFICA<br />

Premio Palmi, Premio Firenze, Premio D’Alessandro.<br />

– La Regina dei Gatti, Maria Pacini Fazzi Editore, Lucca, 2002 (Nota critica di F. Fazzi).<br />

– Mi faccio musulmano, <strong>Edizioni</strong> Lepisma, Roma, 2004 (Con una lettera di G.<br />

Pontiggia).<br />

– Un lupo mannaro, Maria Pacini Fazzi Editore, Lucca, 2004 (Pref. di M. Rossi), X<br />

Concorso Nazionale di Poesia e Narrativa “Città di San Leucio”.<br />

SAGGISTICA:<br />

– La poesia al suo culmine, <strong>Edizioni</strong> Trevi, Roma, 1974 (Note critiche su G. Selvaggi).<br />

– Forme espressive e radici nella narrativa di Gina Lagorio, <strong>Edizioni</strong> di Lunarionuovo,<br />

Catania, 1985.<br />

– I colori della vita nella narrativa di Giorgio Saviane, <strong>Edizioni</strong> di Lunarionuovo,<br />

Catania, 1985 (Present. di D. Bellezza).<br />

– Antonio Altomonte narratore, Edisud, Salerno, 1989 (Pref. di L. Reina).<br />

– Quasimodo interprete della poesia di Leonida da Taranto, Lacaita Editore, Manduria,<br />

1990.<br />

– Il Danubio di Claudio Magris, <strong>Edizioni</strong> di Nuova Antologia, Firenze, 1994.<br />

– La barriera semantica, scritti sulla poesia in dialetto del Novecento, <strong>Edizioni</strong> Scettro<br />

del Re, Roma, 1996 (Pref. di A. Granese).<br />

– Ricorda di dimenticarla di Corrado Calabrò, <strong>Edizioni</strong> de Il Veltro, Roma, 1999.<br />

– Lo sport al femminile in Italia, <strong>Edizioni</strong> de Il Chiostro, Benevento, 1999, a cura di A.<br />

Abbuonandi.<br />

– La poesia italiana verso il nuovo millennio, <strong>Edizioni</strong> L’assedio della poesia, Napoli,<br />

2001.<br />

– Poeti italiani verso il nuovo millennio, <strong>Edizioni</strong> Libreria Croce e Scettro del Re, Roma,<br />

2003 (Pref. di C. Pagan).<br />

– Voci della scrittura calabrese, Paideia, Firenze, 2003.<br />

– Risalendo il Danubio - scritti su Claudio Magris, <strong>Edizioni</strong> Lepisma, Roma, 2005.<br />

HA CURATO:<br />

– Saverio Strati, <strong>Edizioni</strong> Cultura Calabrese, Lametia Terme, 1984.<br />

– Poesie alla Calabria, <strong>Periferia</strong>, Cosenza, 1986.<br />

– Torquato Tasso, di Carlo Goldoni, Abramo, Catanzaro, 1993.<br />

– Torquato Tasso, di Francesco De Sanctis, <strong>Edizioni</strong> dell’Oleandro, Roma, 1995.<br />

– La ultima luna de junio, di Corrado Calabrò, Franco Maria Ricci Editore, Milano,<br />

1995.<br />

– Una simpatia, di Giulio Carcano, <strong>Edizioni</strong> dell’Oleandro, Roma, 1996.<br />

– Conversazioni con Montale e Pasolini, di Achille Millo, <strong>Edizioni</strong> dell’Oleandro, Roma,<br />

1996.<br />

– Poesie, di Leonida Repaci, Rubbettino, Soveria Mannelli, 1999.<br />

– Le Poesie, di Tommaso Campanella, Sistema Bibliotecario Vibonese, Vibo Valentia,<br />

1999.<br />

– Un fio de fumaca, di Andrea Camilleri, <strong>Edizioni</strong> Bertrand Brazil, Rio de Janeiro,<br />

2000.<br />

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54<br />

MARIA FONTANA ARDITO<br />

– Poesia a Lucca, Maria Pacini Fazzi Editore, Lucca, 2002.<br />

– Narratori Calabresi, <strong>Edizioni</strong> Abramo, Catanzaro, 1994.<br />

– Una vita per il suo verso, di Corrado Calabrò, Mondadori, Milano, 2002.<br />

– Poesia all’Alto Jonio (con Leonardo Odoguardi), Maria Pacini Fazzi Editore, Lucca, 2004.<br />

SUE OPERE TRADOTTE ALL’ESTERO:<br />

È tradotto in molte lingue su riviste e antologie, anche scolastiche (negli Stati<br />

Uniti, in Francia, in Belgio, in Argentina, in Spagna, in Slovenia, in Slovacchia, in<br />

Romania, in Macedonia, in Svizzera). Si segnalano i volumi che lo hanno imposto<br />

all’attenzione internazionale:<br />

– Poemata, in greco moderno, Atene, 1988 (Trad. di I. Adamides).<br />

– Poesie, in portoghese, Rio de Janeiro, 1989 (Trad. di T. Pereira).<br />

– Walking in Rome, in inglese, New York, 1990 (Trad. di G. Gordon Ham, S. Liberti.<br />

Intr. di L. Fontanella).<br />

– Il ritorno di Omero, in sloveno, Lubiana, 1985-1990 (Trad. di C. Zlobec).<br />

– Kosarba viperat, in ungherese, Budapest, 1990 (Trad. di F. Baranyi).<br />

– Antologia poetica, in castigliano, Buenos Aires, 1990 (Trad. e Pref. di A. Aliberti).<br />

– La danza del adiòs, in castigliano, Buenos Aires, 1991 (Trad. di A. Aliberti).<br />

– La primavera è un grido d’addio, in russo, Mosca, 1993 (Trad. e Pref. di L. Verscinin).<br />

– Romersk Trio (con A. Bevilacqua e M.L. Spaziani), in svedese, Stoccolma, 1998<br />

(Trad. di I. Beck. Pref. di L. Reina).<br />

– L’éducation permanente, in francese, Bruxelles, 1999 (Trad. e Pref. di D. Milano).<br />

– Poesie, in rumeno, Arad, 2001 (Trad. di V. Balteanu).<br />

– La regina dei gatti, in ungherese, Budapest, 2004 (Trad. di F. Baranyi).<br />

– La Biblioteca d’Alessandria, in rumeno, Bucarest, 2005.<br />

STUDI IN VOLUME SULLA SUA OPERA:<br />

– DE MARCO GIUSEPPE, Mappa dei poeti del Sud, Editori Federico & Ardia, Napoli, 1989.<br />

– DI CARLO FRANCO, Gli opposti segni, Capone Editore, Cavallino di Lecce, 1986.<br />

– MERCOGLIANO GENNARO, L’Odissea nel mistero, Lunarionuovo, Catania, 1984.<br />

– PETRONE VINCENZO, Lessico del dialetto di Maffia, <strong>Edizioni</strong> di Studio Zeta, Rossano, 1989.<br />

– REINA LUIGI, La poesia come azione e dizione, Pellicanolibri, Roma, 1988.<br />

– SALERNO ROCCO, Antico e nuovo nella poesia di Maffia, <strong>Edizioni</strong> Moloch, Roma, 1986.<br />

– TROCCOLI LUIGI (a cura di), Omaggio a Dante Maffia, Tribuna Sud, Castrovillari, 1978<br />

(con scritti, tra gli altri, di A. Palazzeschi, F. Cordelli, E. Bono, P. Corbo, U.<br />

Marvardi, L. Repaci, G. Trebisacce, M. Scotti, D. Zappone).<br />

HA PARTECIPATO A MOLTI CONVEGNI E RECITALS IN ITALIA E ALL’ESTERO,<br />

TRA CUI:<br />

– 1980, Budapest (Ungheria), Invito ufficiale del Sindacato Scrittori Ungheresi:<br />

Recitals a Solgotarian, Debrecen, Budapest.


NOTA BIO-BIBLIOGRAFICA<br />

– 1983, Comune di Randazzo, Convegno su Gli eredi del Verga. Relazione su Andrea<br />

Camilleri, Giovanni Torres La Torre, Eugenio Vitarelli.<br />

– 1983, Università di Budapest (Ungheria), Esempi di poesia italiana del Novecento.<br />

– 1984, Comune di Randazzo, Convegno su gli Operai di sogni, Relazione su Bartolo<br />

Cattafi.<br />

– 1984, Bled (Jugoslavia), Convegno di italianisti. Relazione su Tra il sogno e la realtà<br />

nasce la poesia.<br />

– 1984, Bratislava (Slovacchia), Invito ufficiale del Sindacato Scrittori cecoslovacchi:<br />

Incontro con i poeti italiani.<br />

– 1987, Lugano (Svizzera ), Convegno del PEN CLUB. Relazione su La letteratura di<br />

confine.<br />

– 1989, Struga (Macedonia) Relazione su La poesie entre le son e le signe.<br />

– 1989, Università di Johannesburg (Sud Africa): Relazione su L’attualità di Dante<br />

attraverso la lettura di alcuni canti.<br />

– 1989, Università di Pretoria (Sud Africa): Realazione su La personalità di Tommaso<br />

Campanella e Recital da L’eredità infranta.<br />

– 1989, Università di Pretoria (Sud Africa): Relazione su I canti politici della Commedia.<br />

– 1989, Università di Albany (Stati Uniti), Relazione su Gli scrittori italiani negli States.<br />

– 1989, Saint Mary’s College of California, San Francisco (Stati Uniti), Relazione su<br />

Come leggere un testo poetico.<br />

– 1990, Università di Catania, Relazione su Gli sviluppi recenti della poesia italiana.<br />

– 1990, Buenos Aires (Argentina), Società Dante Alighieri, Relazione su Dino Campana<br />

e Cesare Pavese.<br />

– 1991, Buenos Aires (Argentina), Presentazione alla Sala Borges de La danza del<br />

adiòs durante la Fiera del Libro.<br />

– 1991, Buenos Aires (Argentina), Incontro presso l’Istituto di Cultura Italiano su<br />

Le antologie della poesia italiana all’estero.<br />

– 1991, Università di Oviedo (Spagna), Relazione su Gli sviluppi della narrativa italiana<br />

degli ultimi anni.<br />

– 1996, Università di Philadelphia (Stati Uniti), Relazione su La tradizione lirica<br />

italiana.<br />

– 1996, Università di Salerno, Convegno su Torquato Tasso, Relazione su Tasso e la<br />

poesia e la poesia estemporanea.<br />

– 1996, Sorrento, Casa del Tasso, Relazione su Tasso tra musica, teatro e pittura.<br />

– 1996, Roma, Basilica di Santa Maria degli Angeli, Relazione su Le biografie del<br />

Tasso.<br />

– 1997, Università di Città del Messico (Messico), Realazione su Tendenze della<br />

narrativa italiana di fine millennio.<br />

– 1998, Chianciano, Convegno di Italianisti Americani e Italiani, Relazione su Chi<br />

ha paura del dialetto?<br />

– 1998, Università di Salerno, Relazione su Letteratura, culture e linguaggi del Novecento<br />

in Italia.<br />

– 1998, Università di Salerno, relazione su La narrativa ittaliana e le arti figurative.<br />

– 1998, Università di Salerno, Presentazione nell’Aula Magna de Il Romanzo di<br />

Tommaso Campanella.<br />

– 2000, Università di Siviglia (Spagna), Relazione su La poesia italiana degli ultimi<br />

anni e incontri con gli studenti di italianistica.<br />

– 2000, Università di Salerno, Corso ai neolaureati su La funzione della poesia oggi.<br />

55


56<br />

MARIA FONTANA ARDITO<br />

– 2001, Università di Salerno, Convegno su Alfonso Gatto, Relazione su L’alito del<br />

vento nella poesia di Alfonso Gatto.<br />

– 2005, Firenze, Convegno sulle riviste di poesia in Italia. Relazione su Quali poeti<br />

quali poetiche.<br />

Attivissima la partecipazione di Dante Maffia in veste di presentatore in molte<br />

serate romane, fiorentine, lucchesi, calabresi e salernitane.<br />

È stato insignito, come critico letterario, del Premio Calliope, del Premio Scipione<br />

Valentini, e due volte del PREMIO DELLA CULTURA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI.<br />

Nel 2004 Il PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA CARLO AZEGLIO CIAMPI GLI<br />

HA ASSEGNATO LA MEDAGLIA D’ORO COME BENEMERITO DELLA CULTURA.<br />

Intensa anche la sua attività di critico d’arte. Ha infatti curato cataloghi e monografie<br />

di molti pittori e scultori, tra cui: Nicola Andreace, Ugo Attardi, Sebastian<br />

Matta, Francesco Basile, Umberto Brandi, Giancarlo Caldini, D’Acchille, De Dominicis,<br />

Enotrio, Gigante, Emilio Greco, Oki Izumi, Susan Loeb Luppino, Marco Mei, Charles<br />

Ortega, Giuseppe Pedota, Ducas Sachinis, Sandro Trotti, Constantin Udroiu, Giuseppe<br />

Zigaina, Pier Augusto Breccia, Mario Moretti, Gianni Testa, Piero D’Orazio, Pablo<br />

Echaurren, Bertina Lopes, Pier Luigi Puccini, Marinella Letico, Ennio Calabria, Salvatore<br />

Provino, Mario Pitocco, Renato Guttuso, Messina, Brindisi, Treccani, Aldo<br />

Turchiaro, Stefania Lubrani, Miguel Moreno, Francisco Hernandez, Giorgio De Chirico,<br />

Josè Ortega, Enrico Benaglia, Maria Luisa Belcastro, Marco Nereo Rotelli, Giuseppe<br />

Mannino, Michela Galassi, Nicola Jannelli, Roberto De Marchi, Giorgio Petraglia,<br />

Raffaele Guastamacchia, Severina Donati, Assunta Paravati, Giovanni Cataldi, Loretta<br />

Surico, Eugenio Nastasi, Guido Botta, Andrea Neri, Mimmo Sancineto, Navetta,<br />

Frosecchi, Paternesi, Paolini e molti altri...<br />

Ha tradotto i poeti dialettali calabresi per Garzanti e per Mondadori.<br />

Negli Stati Uniti (Università di Stony Brook, N. Y.) sono usciti due poderosi<br />

volumi di studi e di testi (Edizione trilingue ) riguardanti i DIALETTI e le varie<br />

REGIONI ITALIANE. Dante Maffia ha curato il LAZIO, la CAMPANIA, e il FRIULI<br />

VENEZIA GIULIA.<br />

VOLUMI MONOGRAFICI, SAGGI, STUDI, PREFAZIONI, RECENSIONI, NOTE E<br />

CITAZIONI SULL’OPERA DI DANTE MAFFIA:<br />

– ABBUONANDI ALBERTO (a cura di), Lo sport immagini e parole, Edizione del Premio<br />

Letterario Nazionale per lo Sport, Benevento, 1997, pp. 54-55.<br />

– ABBUONANDI ALBERTO, Presentazione a Lo sport al femminile in Italia, <strong>Edizioni</strong> Il<br />

Chiostro, Benevento, 1999.<br />

– ACCATTATO NICOLA ORONZO, Invito alla lettura-scrittura di Dante Mafia, in “Confronti”,<br />

a. I, n. 8, agosto 2005.<br />

– ACCROCCA ELIO FILIPPO, Lettera raccomandata per i settant’anni di Giacinto Spagnoletti,<br />

in “L’informatore librario”, febbraio 1991.<br />

– ACCROGLIANÒ PEPPINO (a cura di), La Calabria nel mondo - La svolta di cui il sud ha<br />

bisogno, Società Editrice Siciliana, 20 dicembre 2000.


NOTA BIO-BIBLIOGRAFICA<br />

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– ADDAMO CETTI, Trionfo del dialetto, in “La Sicilia”, 22 settembre 1988.<br />

– ADDARII FILIPPO (a cura di), Gli angeli di Novi Sad, I quaderni del Battello Ebbro,<br />

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– ADORNATO FRANCESCO, A sud dell’arte e della poesia, in “Città-Calabria”, n. 10-11,<br />

ottobre-novembre 1986.<br />

– ADORNATO FRANCESCO, Il dialetto e la sua anima, in “Quaderni calabresi”, a. XXIV, n.<br />

64, dicembre 1987 - gennaio 1988.<br />

– ADRIANO DOMENICO, I rùspe cannarùte, in “Avvenimenti”, a. IX, n. 34, 11 settembre<br />

1996.<br />

– ADRIANO DOMENICO, Lo specchio della mente, in “Avvenimenti”, 15 agosto 1999.<br />

– AGATI SALVATORE, Una satira e una lite memorabile, in “La Sicilia”, 28 agosto 1990.<br />

– AGLIATI MARIO, Un giovane poeta di Calabria, in “Giornale del popolo” ( Lugano), 27<br />

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– AGRESTI FRANCESCO, Le due Calabrie, in “Assi”, Agenzia Stampa, 17 ottobre 1987.<br />

– ALAIMO FRANCA, L’incendio della “Biblioteca d’Alessandria” di Dante Maffia come metafora<br />

del presente, in “Spiritualità & Letteratura”, a. XVII, n. 51, gennaio-aprile 2004.<br />

– ALESSANDRI MARCO, Il romanzo di Tommaso Campanella, in “Fermenti”, a. <strong>XXVII</strong>, n.<br />

216, 1997.<br />

– ALIBERTI A. - CARRIZO R., Dante Maffia, in “Correo Latino”, (Argentina), a. 1, n. 3-4,<br />

1991.<br />

– ALIBERTI ANTONIO (a cura di), Italiana, in “Clarin” (Argentina), 25 agosto 1988.<br />

– ALIBERTI ANTONIO (a cura di), La poesìa italiana de los anos 70 y 80, in “La Nacion”,<br />

(Argentina), 16 de Junio de 1991.<br />

– ALIBERTI ANTONIO (a cura di), Plaquette de Buenos Aires - Dante Maffia, in “La Isla de<br />

Barataria” (Argentina), a. 1, n. 1, diciembre de 1992.<br />

– ALIBERTI ANTONIO (a cura di), Un siglo de poesia italiana - 1891 a 1997, Buenos Aires<br />

(Argentina), Ediciones Ocruxaves, 1997, pp. 261-263 e passim.<br />

– ALIBERTI ANTONIO, Conversando con Dante Maffia, in “Napenay - Arte & Ciencias”<br />

(Argentina), n. 11-12, 1991.<br />

– ALIBERTI ANTONIO, El sur en la poesia de Italia, in “Fronteras” (Argentina), a. IV, n.<br />

26, novembre 1982.<br />

– ALIBERTI ANTONIO, Entre seo y nostalgico - Un presente y un tiempo inmemorial: Caro<br />

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– ALIBERTI ANTONIO, Prefazione a Antologia Poetica, Buenos Aires, Calle Abajo, 1990.<br />

– ALIBERTI ANTONIO, U Ddìje poverìlle, in “La Nacion” (Argentina), 16 settembre 1990.<br />

– ALOISE ALESSANDRA, Tante “coccinelle” all’assalto della cittadella, in “Portofranco”, a.<br />

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– AMENDOLARA MARCO, La poesia italiana - Un volume di Dante Maffia, in “Nuovo Sud”,<br />

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– AMENDOLARA MARCO, La qualità come scommessa editoriale, in “Il Giornale d’Italia”,<br />

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– AMENDOLARA MARCO, Tinture disumane - Arte mista ad altro, Ripostes, Salerno, 2001,<br />

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– AMENDOLARA MARCO, Tutte le donne di Courbet, in “Il Giornale d’Italia”, 5 dicembre<br />

1996.<br />

– AMENDOLARA MARCO, Un volume di Dante Maffia - La poesia italiana, in “Nuovo Sud”,<br />

15 settembre 2002.<br />

– AMODIO GIOVANNI, Carte da Levante, in “Taranto sera”, 12 maggio 1995.<br />

– AMODIO GIOVANNI, L’eredità infranta, in “90° minuto”, 1° marzo 1982.<br />

– AMODIO GIOVANNI, Nel solco del tempo, in “Ultim’ora”, 3 maggio 2003.<br />

– AMOROSO GIUSEPPE, Caro Baudelaire, in “Gazzetta del Sud”, 31 gennaio 1984.<br />

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1993.<br />

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2000.<br />

– ANDERSON WEDEL GIOVANNA, A vìte i tutte i jùrne, in “Gradiva” (Stati Uniti), n. 5,<br />

1987.<br />

– ANDREOLA AMINA, Le favole impudiche, in “Studi meridionali”, aprile 1977.<br />

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– ANGIULI LINO, Quale lingua per il Bel Paese - Se il dialetto diventa un gran diletto, in<br />

“La Gazzetta del Mezzogiorno”, 17 novembre 1991.<br />

– Anne jèrede chèsa mèje, testo apparso su “Spiritualità & Poesia”, a. XV, n. 47,<br />

gennaio-giugno 2002.<br />

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(Notizia biobibliografica e dodici testi).<br />

– ANONIMO (a cura di), Via delle Rose, in “Lo Spazio Internazionale Art&Literature<br />

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– ANONIMO (C.L. ), La danza del adios, in “Maniatico textual” (Argentina), a. 2, n. 4,<br />

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– ANONIMO (L.C. ), Un omaggio da Maffia, in “Latina oggi”, 15 dicembre 1996.<br />

– ANONIMO (P.L. ), Caro Baudelaire, in “Città di Vita”, a. X<strong>XXVII</strong>I, n. 4, luglio-agosto<br />

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– ANONIMO (S. Z.), L’educazione permanente, in “Il Gazzettino”, 16 ottobre 1992.<br />

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– ANONIMO (M. A.), In Libreria, in “Calabria sconosciuta”, aprile-giugno, 1987.<br />

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– ANONIMO (P. L. R.) , Riconoscimenti alla creatività poetica, in “Gazzetta del Sud”, 30<br />

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– ANONIMO (S. Gi.) , Premio di poesia Libero De Libero: Ex aequo vincono Rossellini e<br />

Cucchi, in “Il Messaggero”, 4 luglio 1988.<br />

– ANONIMO (S. F.), Dante Maffia - I rùspe cannarùte, in “Il Manifesto - La talpa libri”,<br />

29 giugno 1995.<br />

– ANONIMO (S. F.), Esito Premio “Rhegium Julii” 1975, in “La Procellaria”, a. XXIII, n.<br />

3, luglio-settembre 1975.<br />

– ANONIMO (S. F.), Premio letterario “D’Alessandro” al “Campanella” di Dante Maffia, in<br />

“Il Mattino”, 27 ottobre 2001.<br />

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– ANONIMO, In corsa per il Viareggio, in “La Repubblica”, 10 giugno 1993.<br />

– ANONIMO (L. O.), E Cucciola leggerà poesie di Montale, in “La Stampa”, 18 giugno<br />

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– ANONIMO (S. F.), Italia y Espana unidas por la poesia en Sevilla, in “ABC” (Spagna), 25<br />

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– ANONIMO (S. F.), Premio per l’attività letteraria: Dante Maffia, in “Le Muse”, a. II, n.<br />

1, marzo-aprile 2004.<br />

– ANONIMO, “Fischia il Trap” a Benevento, in “Corriere del Mezzogiorno”, 23 novembre<br />

1997.<br />

– ANONIMO, “Il grido e il canto”, in “Trovaroma”, 3-9 marzo 1994.<br />

– ANONIMO, “L’altra Europa”, in “Il Ragguaglio Librario”, novembre 1991.<br />

– ANONIMO, Nessuno ha mai saputo rispondere con certezza che cosa sia la poesia, in<br />

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– ANONIMO, “Premio Trastevere” di poesia a Dante Maffia e ad Aldo Fabrizi, in “Il Tempo”,<br />

16 maggio 1981.<br />

– ANONIMO, A Benevento premiato Caroli, in “Tuttosport”, 16 novembre, 1997.<br />

– ANONIMO, A Carlo Laurenzi il Rhegium Julii, in “Il Giornale”, 27 maggio 1984.<br />

– ANONIMO, A Dante Maffia il premio Camaiore, in “Il giornale d’Italia”, 18 agosto<br />

2003.<br />

– ANONIMO, A libro aperto, in “Catania sera”, 22 marzo 1988.<br />

– ANONIMO, A Maenza in vetrina un libro di Anelli, in “Il Tempo”, 2 aprile, 1988.<br />

– ANONIMO, A Maffia il Premio Lanciano, in “Repubblica”, 20 dicembre 1991.<br />

– ANONIMO, A Maffia il Rhegium Julii per la poesia, in “Il Tiraccio”, marzo-aprile 1984.<br />

– ANONIMO, A Torino i finalisti del Premio Montale, in “La Repubblica”, 16 giugno<br />

1993.<br />

– ANONIMO, A vite i tutte i jùrne, in “Gazzetta di Parma”, 23 aprile 1987.<br />

– ANONIMO, A vite i tutte i jùrne, in “Il giornale di Moncalieri”, 13 maggio 1988.<br />

61


62<br />

MARIA FONTANA ARDITO<br />

– ANONIMO, Al poeta Maffia il Premio Lanciano, in “La Stampa”, 24 dicembre 1991.<br />

– ANONIMO, Alcuni premi della sezione A, in “Omnibus”, n. 8, a. V, giugno-luglio 1995.<br />

– ANONIMO, All’insegna dei giovani, in “L’Umanità”, 23 giugno 1992.<br />

– ANONIMO, Ambrosi e Maffia, romanzo e poesie, in “Corriere del Ticino”, 18 marzo<br />

1992.<br />

– ANONIMO, Appuntamenti weekend, in “Il Messaggero”, 4 settembre 1992.<br />

– ANONIMO, Appuntamenti weekend, in “Il Messaggero”, 5 settembre 1992.<br />

– ANONIMO, Appuntamenti, in “Corriere della Sera”, 29 gennaio 1992.<br />

– ANONIMO, Calabrò, un’opera lunga quarant’anni, in “Spettacoli & arte”, 15 gennaio 2004.<br />

– ANONIMO, Campanella, in “La Stampa”, 9 ottobre 1997.<br />

– ANONIMO, Canzoni d’amore, di passione e di gelosia, in “Punto di vista”, a. IX, n. 34,<br />

ottobre-dicembre 2002.<br />

– ANONIMO, Capone promette cose “turche”, in “Business”, 10 dicembre 1987.<br />

– ANONIMO, Capuana, fiabe quasi inedite, in “La Sicilia”, 7 agosto 1989.<br />

– ANONIMO, Carlo Goldoni, Torquato Tasso, in “Ariel”, n. 3, settembre-dicembre 1992.<br />

– ANONIMO, Caro Baudelaire, in “Clarin”, Buenos Aires, 25 agosto 1988.<br />

– ANONIMO, Caro Baudelaire, in “Courier des Marches et d’outre-mer” (Francia), a.<br />

36, n. 137, 4° Trimestre 1983.<br />

– ANONIMO, Caro Baudelaire, in “Il Ponte”, novembre 1983.<br />

– ANONIMO, Carte “Levante” a modico prezzo, in “Lucania”, 4 maggio 1995.<br />

– ANONIMO, Carte “Levante” a modico prezzo, in “Puglia”, 4 maggio 1995.<br />

– ANONIMO, Casa di Cristallo, in “Il Gazzettino” (Padova), 10 novembre 1997.<br />

– ANONIMO, Casa di Cristallo, in “Il Gazzettino” (Padova), 6 novembre 1997.<br />

– ANONIMO, Circe, il fascino della poesia - Finalisti Dante Maffia, Valerio Magrelli e<br />

Giancarlo Majorino all’Oasi di Kufra, in “Latina oggi”, 15 ottobre 1992.<br />

– ANONIMO, Clessidra un Bertoldo in “giallo”, in “La Provincia”, 28 aprile 1990.<br />

– ANONIMO, Come ricordo Salinari, in “Il Cittadino”, 1° ottobre 1984.<br />

– ANONIMO, Concorso di poesia. Ecco i premiati, in “Il Gazzettino”, 27 maggio 1995.<br />

– ANONIMO, Consegnati i premi internazionali “Pino d’Oro” e “Scogliera d’argento”, in<br />

“Gazzetta del Sud”, 6 settembre 1985.<br />

– ANONIMO, Convegno su Alvaro, in “Il Messaggero”, 29 novembre 1986.<br />

– ANONIMO, Corigliano, in “Tempo Pollino”, 6 aprile 1987.<br />

– ANONIMO, Cucuzza presenta al San Paolo, in “La Repubblica”, 29 gennaio 2000.<br />

– ANONIMO, Dante Maffia e La poesia italiana verso il nuovo millennio, nel sito web http:/<br />

/www.loso.it/POIEIN/autori/maffia.htm”, 29 agosto 2001.<br />

– ANONIMO, Dante Maffia, A vite i tutte i jùrne, in “Fermenti”, n. 1, 1988.<br />

– ANONIMO, Dante Maffia, A vite i tutte i jùrne, in “Il Messaggero”, 4 marzo 1987.<br />

– ANONIMO, Dante Maffia, A vite i tutte i jùrne, in “La Calabria”, febbraio 1988.<br />

– ANONIMO, Dante Maffia, A vite i tutte i jùrne, in “La Collina”, dicembre 1987 -<br />

giugno 1988.<br />

– ANONIMO, Dante Maffia, A vite i tutte i jùrne, in “Laboratorio”, aprile-giugno 1987.<br />

– ANONIMO, Dante Maffia, A vite i tutte i jùrne, in “Misure Critiche”, gennaiosettembre<br />

1987.<br />

– ANONIMO, Dante Maffia, in “Polizia Italiana”, a. XXIII, luglio-agosto 2000.<br />

– ANONIMO, Dante Maffia, Mi faccio musulmano, in “Storicità”, a. XIII, n. 125, luglioagosto<br />

2004.<br />

– ANONIMO, Dante Maffia, presentazione del romanzo “La danza del adios”, alla fiera del<br />

libro, in “L’eco d’Italia”, 25 aprile 1991.


NOTA BIO-BIBLIOGRAFICA<br />

– ANONIMO, Dante Maffia, uno de los poetas mas importantes de Italia - Siempre la poesia,<br />

in “La prensa” (Argentina), 19 agosto 1990.<br />

– ANONIMO, Dante Maffia: “L’eredità infranta”, in “Meridiano Sud”, 15 marzo 1982.<br />

– ANONIMO, Dante Maffia: “Il ritorno di Omero”, in “Il Tizzone”, a. VIII, n. 2, maggio<br />

1987.<br />

– ANONIMO, Dante Maffia - Giacomo Soffiantino, in “Fogli Sciolti”, Modena, maggio<br />

2004.<br />

– ANONIMO, Di alcuni amici poeti, in “Letture”, agosto-settembre 1980.<br />

– ANONIMO, Di Elio Pecora la poesia dell’anno, in “Gazzetta del Sud”, 14 luglio 1987.<br />

– ANONIMO, Diario romano, in “Portofranco”, febbraio 2003.<br />

– ANONIMO, Dieci anni di poesia per lo sport, in “Il Mattino”, 11 novembre, 1997.<br />

– ANONIMO, Dodici fiabe quasi inedite di Luigi Capuana, in “L’eco di Bergamo”, 12<br />

agosto 1989.<br />

– ANONIMO, Domani a Seregno Biagi consegnerà i Premi Brianza, in “Il giorno”, 3<br />

settembre 1993.<br />

– ANONIMO, Dossier - Poesia in dialetto, in “Lettera dall’Italia” - Istituto della Enciclopedia<br />

Italiana”, n. 27, luglio-settembre 1992.<br />

– ANONIMO, Drammi biblici in italiano e romanesco e convegno sulla poesia oggi i Italia, in<br />

“Avvenire”, 18 gennaio, 1987.<br />

– ANONIMO, Due nuove proposte delle <strong>Edizioni</strong> Casagrande di Bellinzona, in “Corriere<br />

del Ticino” (Svizzera), 18 marzo 1992.<br />

– ANONIMO, È in edicola Il Policordo, in “Il quotidiano di Foggia”, 15 luglio 1988.<br />

– ANONIMO, È in libreria “Canzoni d’amore, di passione e di gelosia” di Dante Maffia, in<br />

“Il Tempo”, 26 novembre 2002.<br />

– ANONIMO, Encuentro de poetas, in “Diario de Sevilla”, 23 marzo, 2000.<br />

– ANONIMO, Enotrio lo vedo così, in “Il Cittadino”, 5 luglio 1986.<br />

– ANONIMO, Esito Premio “Rhegium Julii” 1975, in “La Procellaria”, a. XXIII, n. 3,<br />

luglio-settembre 1975.<br />

– ANONIMO, Espana e Italia unidas por la poesia, in “El Giraldillo”, n. 194, marzo 2000.<br />

– ANONIMO, Eugenio Nastasi: lo specchio greco, in “La Voce”, 25 dicembre, 1989.<br />

– ANONIMO, Fiabe quasi inedite di Capuana, in “L’ora”, 5 agosto 1989.<br />

– ANONIMO, Foto e Notizia, in “La Calabria nel mondo”, Premiazione Internazionale,<br />

IX edizione, Roma, 15 novembre 2000.<br />

– ANONIMO, Giovanni Nadiani e Dante Maffia, in “Terra e Gente”, a. XII, n. 1, 1992.<br />

– ANONIMO, Giro d’Italia Premio per Premio, in “La Stampa” 27 giugno 1993.<br />

– ANONIMO, Grande premiato di fine estate, in “Millelibri”, n. 67, settembre 1993.<br />

– ANONIMO, Ha dieci anni il “Premio G. Tinessa”, in “Realtà sannita”, n. XIX, 1-15<br />

dicembre 1997.<br />

– ANONIMO, I colori della vita nella narrativa di G. Saviane, in “Otto/Novecento”,<br />

settembre-dicembre 1986.<br />

– ANONIMO, I finalisti al premio Martina F. di poesia, in “La Gazzetta del Mezzogiorno”,<br />

9 settembre 1977.<br />

– ANONIMO, I finalisti del “Viareggio”, in “Gazzetta del Mezzogiorno, 11 giugno 1992.<br />

– ANONIMO, I finalisti del Viareggio Repaci, in “Il Tempo”, 11 giugno 1992.<br />

– ANONIMO, I magnifici <strong>69</strong> di Carlo Barrese, in “Cultura calabrese”, giugno-luglio 1987.<br />

– ANONIMO, I nostri poeti Dante Maffia, in “La Gazzetta di Catanzaro”, 14 giugno 1992.<br />

– ANONIMO, I nove finalisti del “Martina Franca”, in “Il Resto del Carlino”, 9 settembre<br />

1977.<br />

63


64<br />

MARIA FONTANA ARDITO<br />

– ANONIMO, I poeti calabresi in un libro di Ursini, in “Il crotonese”, 19-23 dicembre<br />

1986.<br />

– ANONIMO, I Premi “Le città della Magna Grecia”, in “L’altra Italia”, luglio-settembre<br />

1987.<br />

– ANONIMO, I Premi, in “Il Giornale d’Italia”, 24 maggio1981.<br />

– ANONIMO, I rùspe cannarùte, in “La talpa libri de Il Manifesto”, 29 giugno 1995.<br />

– ANONIMO, I rùspe cannarùte, in “Sentieri”, a. III, n. 11, settembre 1995.<br />

– ANONIMO, Idea, in “Il Tempo”, 4 maggio 1984.<br />

– ANONIMO, Il “Premio Trastevere” di poesia a Dante Maffia e ad Aldo Fabrizi, in “Il<br />

Tempo”, 16 maggio 1981.<br />

– ANONIMO, Il balzo immaginativo degli avamposti, in “ La voce del popolo” (Jugoslavia),<br />

20 maggio 1988.<br />

– ANONIMO, Il Camaiore alle poesie di Dante Maffia, in “La Stampa”, 17 settembre 2003.<br />

– ANONIMO, Il cielo dissolve, in “Solchi nel pensiero”, a. V, n. 1, gennaio-marzo 2005.<br />

– ANONIMO, Il convegno di Palazzo Venezia, in “Il Messaggero”, 1° dicembre 1986.<br />

– ANONIMO, Il dialetto rosetano nella poesia di Dante Maffia, in “Cittanova”, ottobre 1989.<br />

– ANONIMO, Il dialetto rosetano nella poesia di Dante Maffia, in “La Voce”, 11 novembre<br />

1989.<br />

– ANONIMO, Il dottor Max sul set un film per il romanzo, in “La Provincia”, 3 settembre<br />

2000.<br />

– ANONIMO, Il giusto Premio, in “Ciociaria Oggi”, 5 luglio 1988.<br />

– ANONIMO, Il leone non mangia l’erba, in “Contenuti”, ottobre 1975.<br />

– ANONIMO, Il leone non mangia l’erba, in “Katundi Yne”, a. VI, n. 17, aprile 1975.<br />

– ANONIMO, Il libro di Mazzantini, in “Giornale di poesia siciliana”, n. VIII, settembre<br />

1993.<br />

– ANONIMO, Il libro double-face, in “L’esagono”, 26 marzo 1990.<br />

– ANONIMO, Il linguaggio dei sentimenti, in “Notiziario Libri” (Svizzera), dicembre<br />

1993.<br />

– ANONIMO, Il Parnaso, in “Il nuovo tempo libero”, a. XVIII, n. 2, luglio 1997.<br />

– ANONIMO, Il poeta Dante Maffia vince il Camaiore - Folla ed entusiasmo in sala alle<br />

Dune, in “Il Tirreno”, 16 settembre 2003.<br />

– ANONIMO, Il poeta Dante Maffia: “È tempo di amare”, in “Il corriere di Ostia”, 9<br />

agosto 2003.<br />

– ANONIMO, Il poeta Dante Maffia: “È tempo di amare”, in “Il Giornale di Ostia”, 9<br />

agosto 2003.<br />

– ANONIMO, Il poeta Dante Maffia: “È tempo di amare”, in “Metropolis”, a. VI, n. 3,<br />

marzo 2003.<br />

– ANONIMO, Il Policordo, in “Logos”, settembre-ottobre 1987.<br />

– ANONIMO, Il Policordo. Omaggio a Josè Ortega, in “Puglia”, 1° marzo 1987.<br />

– ANONIMO, Il Premio “De Libero”, in “Il Messaggero”, 2 marzo 1988.<br />

– ANONIMO, Il Premio del Tascabile Riviera delle Palme a Bassani e Ottone, in “Il Resto<br />

del Carlino”, 1° ottobre 1988.<br />

– ANONIMO, Il Premio Internazionale “Eugenio Montale”, in “Giornale di poesia siciliana”,<br />

n. 8, settembre 1993.<br />

– ANONIMO, Il Premio letterario per lo sport ha dieci anni, in “Cronache di Benevento”,<br />

4 aprile 1997.<br />

– ANONIMO, Il Rhegium di poesia a Rascigno e Maffia, in “Gazzetta del Sud”, 20<br />

maggio 1984.


NOTA BIO-BIBLIOGRAFICA<br />

– ANONIMO, Il ritorno di Omero, in “L’Inchiesta”, febbraio 1985.<br />

– ANONIMO, Il romanzo di Angioni finalista al Viareggio, in “La Nuova-Nuova Sardegna”,<br />

11 giugno 1992.<br />

– ANONIMO, Il romanzo di Campanella, in “Il Mattino” (Il Paginone), 10 novembre<br />

1997.<br />

– ANONIMO, Il Sud come metafora, in “Mosaico Italiano” (inserto di “Comunità italiana”<br />

Brasile), a. VI, n. 86, luglio 2005.<br />

– ANONIMO, Il Viareggio sfoglia le prime rose, in “Il Resto del Carlino”, 10 giugno 1993.<br />

– ANONIMO, Imprimatur, in “Il sigillo”, a. VII, n. 1, marzo 2003.<br />

– ANONIMO, in “Talento”, n. 5, settembre 1993.<br />

– ANONIMO, In biblioteca, in “Tribuna Sud”, a. XIX, n. 10, novembre 1991.<br />

– ANONIMO, In Calabria tutti poeti e letterati, in “I giorni”, 9 maggio 1991.<br />

– ANONIMO, In Calabria tutti poeti e letterati, in “Pitagora”, a. III, n. 9, gennaio-marzo<br />

1991.<br />

– ANONIMO, In libreria “Il Policordo” diretto da Dante Maffia, in “Il Cittadino”, 12<br />

aprile 1986.<br />

– ANONIMO, In libreria “Il Policordo”, Bellezza intervista A.M. Ortese, in “Il Cittadino”,<br />

13 febbraio 1988.<br />

– ANONIMO, Incontri culturali, in “Il Messaggero”, 29 aprile 1988.<br />

– ANONIMO, Incontri di poesia, in “Giornale di Sicilia”, 29 luglio 1987.<br />

– ANONIMO, Invito ufficialmente il cons. Monelli al Premio “Anco Marzio”, in “Il Giornale<br />

di Ostia”, 14 maggio 2003.<br />

– ANONIMO, L’editore Abramo al salone di Torino, in “Calabria”, maggio 1993.<br />

– ANONIMO, L’educazione permanente di Dante Maffia, in “Il Cittadino”, 10 aprile 1992.<br />

– ANONIMO, L’educazione permanente, in “Calabria Letteraria”, aprile-giugno 1992.<br />

– ANONIMO, L’educazione permanente, in “Notiziario libri Casagrande” (Svizzera), n.<br />

1, aprile 1992.<br />

– ANONIMO, L’educazione permanente, in “Poesia”, ottobre 1992.<br />

– ANONIMO, L’eredità infranta, in “Il tizzone”, a. III, n. 3, luglio-settembre 1982.<br />

– ANONIMO, L’eredità infranta, in “Tribuna dell’Irpinia”, 30 settembre 1981.<br />

– ANONIMO, L’eredità infranta, in “Tribuna Sud”, 14 luglio 1981.<br />

– ANONIMO, L’eterno e l’immenso, in “Cultura Calabrese”, a. XX (n. 5 ) n. 12, 1990.<br />

– ANONIMO, L’itinerario poetico di Dante Maffia, in “Quinta Generazione”, a. XIII, n.<br />

133-134, luglio-agosto 1985.<br />

– ANONIMO, La “Alfredo Guida” mette sottobraccio gli aerei supersonici con le buone<br />

letture, in “Napoli Oggi”, 30 maggio, 5 giugno 1991.<br />

– ANONIMO, La “parola” torna lo sport, Premio letterario e importante convegno nazionale,<br />

in “Il Mattino”, 27 novembre 1997.<br />

– ANONIMO, La Biblioteca d’Alessandria, in “Letteratura-Tradizione”, a. VII, n. 29,<br />

luglio-agosto 2004.<br />

– ANONIMO, La castità del male (6 poesie), in “Pagine”, a. IV, n. 8, maggio-agosto<br />

1993.<br />

– ANONIMO, La castità del male, in “Poesia”, n. 66, ottobre 1993.<br />

– ANONIMO, La collana Clessidra, in “Giornale della Libreria”, maggio 1990.<br />

– ANONIMO, La danza del adios, in “Editotorial losada”, a. LIII, n. 4-5, 6 ottobre 1991.<br />

– ANONIMO, La danza del adios, in “La Nacion”, 7 aprile 1991.<br />

– ANONIMO, La danza del adios, in “La Prensa”, 17 aprile 1991.<br />

– ANONIMO, La grande notte del premio, in “La Nazione”, 13 settembre 2003.<br />

65


66<br />

MARIA FONTANA ARDITO<br />

– ANONIMO, La lunga estate di Castel Sant’Angelo, in “Produzione e cultura”, n. 5-6,<br />

settembre-dicembre 1993.<br />

– ANONIMO, La pagina della poesia (Dante Maffia, quattro testi con notizia biobibliografica),<br />

in “Scrittori Italiani”, a. I, n. 1, maggio-giugno 2003.<br />

– ANONIMO, La poesia del calabrese Dante Maffia, in “Cronorama”, n. 44-45, gennaiodicembre<br />

1987.<br />

– ANONIMO, La poesia dialettale per i vent’anni del Premio Lanciano, in “Il Centro”, 17<br />

dicembre 1991.<br />

– ANONIMO, La poesia è come un volo di rondine - Canzoni d’amore, di passione e di<br />

gelosia, in “La Sicilia”, 15 ottobre 2003.<br />

– ANONIMO, La premiazione del Pino d’Oro, in “Il Mattino”, 27 agosto 1975.<br />

– ANONIMO, La rosa dei premiati ed i relativi settori (Il Pino d’Oro), in “L’Opinione”, 24<br />

agosto 1985.<br />

– ANONIMO, Lanciano, assegnati ieri sera i premi di poesia dialettale, in “Il Messaggero”,<br />

15 dicembre 1991.<br />

– ANONIMO, Le cinquine del Viareggio, in “La Stampa”, 20 giugno 1991.<br />

– ANONIMO, Le favole impudiche, in “Agipress”, a. VII, 15 settembre 1977.<br />

– ANONIMO, Le poesie di L. Messina, in “Il Faro”, n. 21, 16-31 dicembre 1993.<br />

– ANONIMO, Le ragioni della cultura, in “Il Giorno”, 6 ottobre 1991.<br />

– ANONIMO, Le testate “amiche”, in “La Torre”, 17 aprile 1988.<br />

– ANONIMO, Le tre sezioni del “Viareggio”, in “La Nuova-Nuova Sardegna”, 10 giugno<br />

1993.<br />

– ANONIMO, Lettera aperta ad Alfonso Berardinelli, in “Poiesis”, a. III, n. 6, gennaioaprile<br />

1995.<br />

– ANONIMO, Letteratura in rivista a cura di Biblion, in “Rivisteria”, n. 28, 1990.<br />

– ANONIMO, Letture sottosopra, in “Esquire”, maggio 1990.<br />

– ANONIMO, Libreria A. Guida, in “Enne”, 2-9 giugno 1992.<br />

– ANONIMO, Libretti double-face, in “Ultime da Babele”, marzo-maggio 1990.<br />

– ANONIMO, Libri novità libri, in “Gazzetta di Parma”, 12 maggio 1983.<br />

– ANONIMO, Libri, in “Il Messaggero”, 28 gennaio 1988.<br />

– ANONIMO, Lo scrittore Piero Bargellini ha consegnato il Trofeo de Il Miliardo, in “Il<br />

Miliardo”, 27 gennaio 1975.<br />

– ANONIMO, Lo scultore Cherubini... (Premio Vanvitelli), in “La Torre” (Velletri), 26<br />

maggio 2000.<br />

– ANONIMO, Lo specchio della mente, in “La Repubblica” (Trovaroma), 18-24 novembre<br />

1999.<br />

– ANONIMO, Lo specchio della mente, in “Notiziario Italo-Germanico”, a. XXXVI, n. 1,<br />

10 febbraio 2000.<br />

– ANONIMO, Lo Sport in campo: tra libri e versi, in “Il Sannio”, 27 novembre 1997.<br />

– ANONIMO, Maffia benemerito della cultura, in “Katundi Yne”, a. XXXVI, n. 118,<br />

gennaio 2005.<br />

– ANONIMO, Maffia Dante..., in “Giornale della libreria”, marzo 1990.<br />

– ANONIMO, Maffia finalista al “Viareggio”, in “Il Tiraccio”, giugno-luglio 1983.<br />

– ANONIMO, Maffia, in “Tribuna Sud”, 18 marzo 1985.<br />

– ANONIMO, Mano nella mano senza barriere, in “Il Giornale di Ostia”, 29 aprile 2003.<br />

– ANONIMO, Mare e amore temi prediletti, in “50 & Più”, n. 12, dicembre 2001.<br />

– ANONIMO, News da Roma, in “Cortinacittà”, settembre 1987.<br />

– ANONIMO, Notizia su Dante Maffia, in “Parallelo 38”, a. XXVI, n. 9, settembre 1995.


NOTA BIO-BIBLIOGRAFICA<br />

– ANONIMO, Novedades culturales - Visita de un poeta italiano, in “La Prensa”(Argentina),<br />

12 agosto 1990.<br />

– ANONIMO, Novità e ristampe 1992, in “Notiziario Libri” (Svizzera), aprile 1992.<br />

– ANONIMO, Obras completas de Rafael Barrett, in “La Naciòn”, Buenos Aires, 16<br />

settembre 1990.<br />

– ANONIMO, Oggi lo sport è ancora scuola di vita?, in “Il Mattino”, 21 novembre 1997.<br />

– ANONIMO, Omaggio a Guerricchio e 9 anni di “Talità Kum”, in “Lucania”, 23 luglio<br />

1996.<br />

– ANONIMO, Papaciòmme, in “Il serratore”, a. 14, n. 65, gennaio-marzo 2001.<br />

– ANONIMO, Per Anna Maria Ortese, in “Il Giorno”, 25 febbraio 1986.<br />

– ANONIMO, Per la poesia una collana piccina picciò, in “Millelibri”, marzo 1991.<br />

– ANONIMO, Poesia protagonista al Circe-Sabaudia, in “Latina Oggi”, 4 ottobre 1992.<br />

– ANONIMO, Poesie alla Longobarda (Il leone non mangia l’erba), in “La Nazione”, 3<br />

novembre 1974.<br />

– ANONIMO, Poesie di Calabrò, in “Gazzetta di Parma”, 20 luglio 2002.<br />

– ANONIMO, Poeta italiano, in “La Nacion”, 5 agosto 1990.<br />

– ANONIMO, Poeti in Calabria, in “Origini”, a. XIII, n. 39, dicembre 1999.<br />

– ANONIMO, Poeti Italiani (Monografia e cinque testi), in “Pagine”, a. III, n. 4, gennaioaprile<br />

1992.<br />

– ANONIMO, Poeti laureati, in “Corriere d’Informazione”, 17 settembre 1977.<br />

– ANONIMO, Portofranco per mille lire di sola poesia, in “Quotidiano”, 4 maggio 1995.<br />

– ANONIMO, Premi di poesia, in “Katundi Yne” n. 50, 1984.<br />

– ANONIMO, Premi, in “La Stampa”, 6 novembre 1997.<br />

– ANONIMO, Premiati Benedetti e La Capria, in “Corriere della Sera”, 11 novembre<br />

2004.<br />

– ANONIMO, Premiati i vincitori della VII edizione de “Il Pino d’Oro”, in “Il giornale di<br />

Calabria”, 27 agosto 1975.<br />

– ANONIMO, Premiati, in “Poesia”, n. 65, settembre 1993.<br />

– ANONIMO, Premio alla cultura a Renato Minore, in “Il Messaggero”, 11 novembre<br />

2004.<br />

– ANONIMO, Premio D’Alessandro a Calabrò e Portale, in “Il Mattino”, 18 giugno 2003.<br />

– ANONIMO, Premio del tascabile “Riviera delle palme”, in “Riviera delle palme”, n. 5,<br />

maggio-giugno 1988.<br />

– ANONIMO, Premio del tascabile “Riviera delle palme”, in “Riviera delle palme”, n.<br />

3/4, marzo-aprile 1988.<br />

– ANONIMO, Premio del tascabile “Riviera delle palme”, in “Riviera delle palme”, n.<br />

7-8-9, luglio-agosto-settembre 1991.<br />

– ANONIMO, Premio del tascabile “Riviera delle palme”, in “Riviera delle palme”, n. 7-8,<br />

settembre-novembre 1992.<br />

– ANONIMO, Premio del Tascabile a Quinzio e Tomizza, in “La Gazzetta di Ascoli”, 23<br />

ottobre 1992.<br />

– ANONIMO, Premio Internazionale “Anco Marzio”, in “Il Giornale di Ostia”, 17 maggio<br />

2003.<br />

– ANONIMO, Premio Internazionale Arte Pro Arte 1970, in “Il Nostro Vivaio”, a. XVI, n.<br />

11/12, novembre-dicembre 1970.<br />

– ANONIMO, Premio nazionale del tascabile istituita commissione giudicatrice, in “Il<br />

Resto del Carlino”, 29 aprile 1987.<br />

– ANONIMO, Premio Nazionale Tarquinia-Cardarelli, in “Città di Vita”, marzo 1984.<br />

67


68<br />

MARIA FONTANA ARDITO<br />

– ANONIMO, Premio per l’attività letteraria: Dante Maffia, in “Le Muse”, a. II, n. 1,<br />

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– ANONIMO, Premio tascabile, in “Il Resto del Carlino”, 4 maggio 1988.<br />

– ANONIMO, Premio Trastevere a Dante Maffia, in “Gazzetta del Sud”, 16 gennaio 1981.<br />

– ANONIMO, Presentacion de libros, in “La Nacion”, 13 agosto 1990.<br />

– ANONIMO, Presentacion de libros, in “La Nacion”, 9 agosto 1990.<br />

– ANONIMO, Presentazione dell’“Agenda del poeta 2003”, in “Il Secolo d’Italia”, 28<br />

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– ANONIMO, Promozione della letteratura ed editoria, in “Riviera delle palme”, a. III, n.<br />

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– ANONIMO, Può la poesia rispondere all’angoscia dei tempi, in “Puglia”, 2 ottobre 1987.<br />

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– ANONIMO, Romanazzi non demorde vuole Garofalo direttore, in “Meridiano Sud”, 30<br />

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– ANONIMO, Rossano - si inaugura la mostra “Video 2000”, in “Gazzetta del Sud”, 6<br />

ottobre 1987.<br />

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Mantova”, 2 dicembre 1999.<br />

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99


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– PICCIONE NINO, L’educazione permanente, in “Scena illustrata”, a. 127, n. 7, luglio<br />

1992.<br />

– PICCIONE NINO, L’educazione permanente, in XI Edizione del Premio Calliope,<br />

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– PICCIONE NINO, Lo specchio della mente, in “Microprovincia”, n. 39, gennaio-dicembre<br />

2001.<br />

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1992.<br />

– PICCIONE NINO, U Ddìje poverìlle, in “Essere”, a. VI, n. 8-10, agosto-ottobre 1991.<br />

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Tempo”, 8 luglio 1992.<br />

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Antologia”, a. 135, Fascicolo 2216, ottobre-dicembre 2000.<br />

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– VOLONTERIO PAOLO, Il Premio Brianza incorona giornalisti e letterati d’Europa, in “Il<br />

cittadino della domenica”, 11 settembre 1993.<br />

– VOLONTERIO PAOLO, Il Premio Brianza va a consacrare i vincitori della V edizione..., in<br />

“Il cittadino della domenica”, 4 settembre 1993.<br />

– VOLONTERIO PAOLO, Premio Brianza ha consacrato altri quattro prestigiosi nomi, in “Il<br />

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– ZUCCARO EDOARDO, La barriera semantica, in “Poesia”, a. X, n. 104, marzo 1997.<br />

INTRODUZIONI, PREFAZIONI, PRESENTAZIONI, RISVOLTI, POSTFAZIONI,<br />

QUARTE DI COPERTINA A:<br />

– ACCATTATO NICOLA ORONZIO, Questa vita di uomini, Edisud, Salerno, 1989.<br />

– ALOISE PIERO, Nonostante tutto i fuochi sono accesi, Pellicanolibri, Roma-Catania, 1988.<br />

– ALTOMONTE ANTONIO, La vita le opere la critica, Cultura Calabrese Editrice, Marina<br />

di Belvedere, 1985.<br />

– AMATO SILVIA, La diga di sabbia, Gesualdi Editori, Roma, 1971.<br />

– AMODEI GUSEPPINA, Tre passi dentro il tempo, <strong>Edizioni</strong> Lepisma, Roma, 2004.<br />

– ANDREACE NICOLA, Tracce speculari - Percorsi antologici d’arte / 1995-2001, Stampasud,<br />

Mottola, 2001.<br />

– ANELLI JEPH, Finitudini, <strong>Edizioni</strong> Scettro del Re, Roma, 2001.<br />

– ANELLI JEPH, Il dolore infinito, Pellicanolibri, Roma-Catania, 1988.<br />

– APRILE BICE, Nella luce della luna, Arti grafiche Tamari, Bologna, 1981.<br />

– ATTARI UGO, Impervie dimore, Fondazione Federico II Editore, Palermo, 2003.<br />

– AA.VV., Arte ed ebbrezza - Da Manzù a dario Fo, <strong>Edizioni</strong> d’Arte Il Magazzino del<br />

Sale, Roma, 2003.<br />

– AA.VV., Italia Meravigliosa - Un viaggio straordinario nel Paese più bello del mondo,<br />

Condè Nast Traveller, Milano, 2003.<br />

– AA.VV., Narratori Calabresi, Abramo, Catanzaro, 1994.<br />

– AA.VV., Poesia a Lucca, Maria Pacini Fazzi Editore, Lucca, 2002.<br />

– AA.VV., Poesia al Casale Garibaldi, <strong>Edizioni</strong> Scettro del Re, Roma, 2001.<br />

– AA.VV., Poesia all’Alto Jonio (con Leonardo Odopguardi), Maria Pacini Fazzi Editore,<br />

Lucca, 2004.<br />

– AA.VV., Poesie alla Calabria, <strong>Periferia</strong>, Cosenza, 1986.<br />

– AA.VV., Terra e scrittura - Voci dalla cultura calabrese, Paideia, Firenze, 2003.<br />

– BALDI FABIA, Passo doppio, <strong>Edizioni</strong> Lepisma, Roma, 2004.<br />

– BARRECA PASQUALINO, Lerodìa o delle piccole cose, Ila Palma, Palermo, 2003.<br />

– BEER MINA; Consorte del mare, <strong>Edizioni</strong> Lepisma, Roma, 2005.<br />

– BERTIZZOLO GABRIELLA, Mesti riverberi, Genesi Editrice, Torino, 2000.<br />

– BLOISE GINO, Prima che faccia sera, Capone Editore, Cavallino di Lecce, 1982.<br />

– BORGIA ANDREA, Il passo lento di Shaughnessy, <strong>Edizioni</strong> Scettro del Re, Roma, 2000.<br />

– BOTTINO LETIZIA, Una pozzanghera azzurra, <strong>Edizioni</strong> Libreria Croce, Roma, 1998.


112<br />

MARIA FONTANA ARDITO<br />

– BRACALE ANNA MARIA, La città delle comete, Bastogi, Foggia, 1998.<br />

– BRUNI ALFREDO, Parole, Rebellato Editore, Fossalta di Piave-Venezia, 1981.<br />

– CADONI GIORGIO, Per mostre poetando, <strong>Edizioni</strong> Scettro del Re, Roma, 2002.<br />

– CALABRÒ CORRADO, Una vita per il suo verso, Mondadori, Milano, 2002.<br />

– CAPUANA LUIGI, Si conta e si racconta, Pellicanolibri, Roma-Catania, 1989.<br />

– CARCANO GIULIO, Una simpatia, <strong>Edizioni</strong> dell’Oleandro, Roma, 1996.<br />

– CARMINATI ATTILIO, El putèlo e ’l fiume, Corbo e Fiore Editori, Venezia, 1996.<br />

– CASALINO ANNA, L’esilio e il regno, Passigli Editori, Antella-Firenze, 2003.<br />

– CASSEL GRACIELA, Grabados (Catalogo per la Personale al Centro Cultural Recoleta),<br />

Buoenos Aires, 1991.<br />

– CATALDI GIOVANNI, Tra segno - forma - colore, Centro d’Arte Sybaris, Villapiana, 2003.<br />

– CELI LUIGI, Il centro della rosa, <strong>Edizioni</strong> Scettro del Re, Roma, 2000.<br />

– CHIELLINO GIOVANNI, Il volto della memoria, <strong>Edizioni</strong> Scettro del Re, Roma, 2000.<br />

– CICALA SANTINO, Candida suite, Pellicanolibri, Roma-Catania, 1986.<br />

– CLEMENTONI MIRANDA, Graffiti nell’anima, Pagine, Roma, 2003.<br />

– CODISPOTI BRUNO, Cumpagni ’e zappa, <strong>Edizioni</strong> TEM, Serra San Bruno, 1998.<br />

– CORBO PINO, Cerco nel vento, Grafischena, Fasano, 1978.<br />

– COSTA BEPPE, Fatto d’amore, Pellicanolibri, Roma-Catania, 1987.<br />

– COSTANZO CARLO, Ci sveglieremo fiumare, Grafischena, Fasano, 1978.<br />

– D’ONOFRIO GIUSEPPE, Prigioniero del nero, <strong>Edizioni</strong> Lepisma, Roma, 2004.<br />

– DE ANGELIS PIERLUIGI, Lacrime di Satana, <strong>Edizioni</strong> Libreria Croce, Roma, 1998.<br />

– DE FRANCESCO ENRICO, L’isola sogno, Tracce, Pescara, 1999.<br />

– DE MARCHI ROBERTO, Della natura, Crocetti Editore, Milano, 2003.<br />

– DE MARCO FRANCESCO, Quand’ero Melchiorre, Edicoop, Roma, 1981.<br />

– DE SANCTIS FRANCSCO, Torquato Tasso, <strong>Edizioni</strong> dell’Oleandro, Roma, 1995.<br />

– DE SIMONE ADOLFO, Ritratti (Galleria d’Arte Internazionale di Via Tornabuoni),<br />

Firenze, 1975.<br />

– DELL’ANNO ALESSANDRO, Cavalieri d’autunno, Cultura Nuova Editrice, Firenze, 1992.<br />

– DI GREGORIO NICOLETTA, Il cielo dissolve, Tracce, Pescara, 2004.<br />

– DI MASSIMO CRISTINA - CAPRARELLA ELISA, Amoris Anima, <strong>Edizioni</strong> Lepisma, 2005.<br />

– DI PECO OTTAVIO, Viaggiare verso..., Fenacom, Roma, 1998.<br />

– DI STEFANO BUSÀ NINNJ, Adiacenze e lontananze, Lineacultura, Milano, 2002.<br />

– DONATI RINALDO, Quattro chiacchiere co’ mamma, <strong>Edizioni</strong> Libreria Croce, Roma,<br />

2000.<br />

– ENOTRIO, Monografia, Jaca Book, Milano, 1988.<br />

– ERRIGO FRANCESCO LUIGI, Luoghi del cuore, Virgiglio Editore, Rosarno, 1997.<br />

– ESPOSITO GIUSEPPE, Il pranzo è servito, Maria Pacini Fazzi Editore, Lucca, 2002.<br />

– EVANGELISTI ITALO, Gioco e scopo, Pagine, Roma, 2000.<br />

– FELICI MAURO, Eroe 2000, <strong>Edizioni</strong> Monterotondo oggi, Monterotondo, 1974.<br />

– GATTI ALFIO, La terza mano di Dio, <strong>Edizioni</strong> Libreria Croce, Roma, 1999.<br />

– GIANCARLO CALDINI, Monografia (Galleria d’Arte Internazionale di Via Tornabuoni),<br />

Firenze, 1977.<br />

– GOLDONI CARLO, Torquato Tasso, Abramo, Catanzaro, 1993.<br />

– GORLANI LUISA, Lunazioni, <strong>Edizioni</strong> Scettro del Re, Roma, 2000.<br />

– GRASSO ENZO, La stagione della violenza, Pellicanolibri, Roma-Catania, 1987.<br />

– GRIECO GENNARO, Il viaggio virtuale, Venilia Editrice, Montemerlo, 1997.<br />

– HERNANDEZ DIAZ FRANCISCO, Hernandez a Roma, <strong>Edizioni</strong> Lepisma, Roma, 2003.<br />

– IACONIANNI LUDOVICO, Il cammino di luce, <strong>Edizioni</strong> dell’Oleandro, Roma, 1998.


NOTA BIO-BIBLIOGRAFICA<br />

113<br />

– JANNELLI NICOLA, Utopie... (Catalogo per la Personale a Piazza San Giovanni in<br />

Laterano), Roma, 2004.<br />

– LENISA MARIA GRAZIA, Incendio e fuga, Bastogi, Foggia, 2000.<br />

– LEONARDIS GERARDO, Appuntamenti per non morire, Edisud, Salerno, 1989.<br />

– LEONARDIS GERARDO, Ritorno agli ulivi, <strong>Edizioni</strong> del Convento, Calopezzati, 2002.<br />

– LINGUAGLOSSA GIORGIO, Paradiso, <strong>Edizioni</strong> Libreria Croce, Roma, 2000.<br />

– LIPPO ANGELO, Donne verso, Portofranco, Taranto, 1998.<br />

– LIPPO ANGELO, Le sillabe del vento, <strong>Edizioni</strong> dell’Oleandro, Roma, 2001.<br />

– LIPPO ANGELO, Puglia: un’arte di frontiera, Lepisma, Roma, 2004.<br />

– LO MAGRO GAETANO, Soliloqui di un povero Sisifo, Ila Palma, Palermo, 2001.<br />

– LONGO FREDDY, Concerto da camera, <strong>Edizioni</strong> del leone, Spinea-Venezia, 2002.<br />

– LUCCHESI MARCO, Lucca dentro, Maria Pacini Fazzi Editore, Lucca, 2002.<br />

– LUPPINO SUSAN, Continua il dialogo tra la materia e la forma, <strong>Edizioni</strong> d’Arte Davanzati,<br />

Firenze, 1982.<br />

– LUZZI GIACINTO, Na notte, Editrice Il Coscile, Castrovillari, 1988.<br />

– MACORI MEDARDO, Senso d’altrove, <strong>Edizioni</strong> Lepisma, Roma, 2004.<br />

– MAFFEI GRAZIANO, L’utopia di Markus, Maria Pacini Fazzi Editore, Lucca, 2004.<br />

– MAJONE MAURO PINA, Brevia et Cetera, <strong>Edizioni</strong> Lepisma, Roma, 2005.<br />

– MANCINI DAVID, I giorni al sole, Scettro del Re, Roma, 2002.<br />

– MANDRUZZATO ENZO, Ti perdono la morte, <strong>Edizioni</strong> Scettro del Re, Roma, 1999.<br />

– MANNINO GIUSEPPE, New York Ground zero, <strong>Edizioni</strong> Millenium, Roma, 2003.<br />

– MARANO ANTONELLA, Notturno stellato, <strong>Edizioni</strong> Libreria Croce, Roma, 1999.<br />

– MARINÒ CAMPO RITA, La freccia all’arco, Portofranco, Taranto, 1997.<br />

– MATTA SEBASTIAN, Sìn titulo, Casa d’Arte Ulisse, Roma, 2003.<br />

– MEI ANTONELLA, Bambole mute, <strong>Edizioni</strong> Libreria Croce, Roma, 1999.<br />

– MEI MARCO, Opere - 1942-1998 (Personale alla Galleria l’Agostiniana), Roma, 2001.<br />

– MESSINA LUCIANO, Gocce del tempo, Società Editrice Napoletana, Napoli, 1986.<br />

– MESSINA LUCIANO, Per accendere il sogno, Edizione del Giano, Calcata, 1993.<br />

– METALLI MARIO SIGFRIDO, Il desiderio e le pietre, <strong>Edizioni</strong> Confronto, Fondi, 1989.<br />

– MIGNANI ROBERTO, Per beltà sepolta, Aracne editrice, Roma, 1999.<br />

– MILANO DOMENICO, La casa e il nome, <strong>Edizioni</strong> dell’Oleandro, Roma, 1996.<br />

– MORETTI RAGANONI SERGIO, Dicotomia, Fabio Croce Editore, Roma, 2004.<br />

– NASTASI EUGENIO, Linea di confine, <strong>Edizioni</strong> Lepisma, Roma, 2003.<br />

– NIGRO NEVIO, Occhi segreti, Blu di Prussia, Piacenza, 1996.<br />

– NOTARO EUGENIO B., Racconti d’amore e di fantasia, Ibiskos Editrice, Empoli, 2001.<br />

– ORAZIO, Satire, epodi, odi, epistole tradotte in dialetto lucxano da Antonio Valicenti, Le<br />

Streghe, Roma, 2001.<br />

– PARAVATI ASSUNTA, La ragazza dei piani (Catalogo per la personale all’Associazione<br />

Abruzzese), Roma, 1994.<br />

– PELLEGRINI WILMA, Lacerazioni, <strong>Edizioni</strong> Lepisma, Roma, 2004.<br />

– PELLICANÒ ANGELA, Il parlante isolato (Catalogo per la Personale alla Galleria<br />

Monogramma di Via Margutta), Roma, 2002.<br />

– PETRAGLI GIORGIO, Catalogo per la Personale alla Banca d’Italia, Roma, 1991.<br />

– PETRONE CATERINA, Prime e ultime, <strong>Edizioni</strong> Lepisma, Roma, 2004.<br />

– PETRONE VINCENZO, Le danze della luna, Schena Editore, Fasano, 1980.<br />

– PIETRINI GAGAN DANIELE, Il viaggiatore, Semar, Roma, 2003.<br />

– PITOCCO MARIO, Catalogo per la Personale alla Galleria d’Arte La Bottega, Gorizia, 1990.<br />

– POPAZ JACKIE, Blues, <strong>Edizioni</strong> dell’Oleandro, Roma, 1997.


114<br />

MARIA FONTANA ARDITO<br />

– PROVINO SALVATORE, Sedimenti della materia, Comune di Napoli, Castel dell’Ovo,<br />

2003.<br />

– RAGO GINO, Fili di ragno, <strong>Edizioni</strong> Scettro del Re, Roma, 1999.<br />

– REGA EMILIO, Oltre le stelle - Aforismi, <strong>Edizioni</strong> dell’Oleandro, Roma, 1997.<br />

– REGGIANI PINO, Catalogo per la Personale alla Galleria Giulia arte contemporanea, Roma,<br />

2004.<br />

– REGGIANI PINO, L’uomo senza volto, Ed. K/R Centro, Roma, 2004.<br />

– RENZO LUIGI, Il Futuro che verrà, Grafosud, Rossano, 2003.<br />

– REPACI LEONIDA, Poesie, Soveria Mannelli, 1999.<br />

– RICOTTA MARIO, Teatro, Pellicanolibri, Roma-Catania, 1989.<br />

– RICOTTILLI BEATRICE, L’aria che respiro, <strong>Edizioni</strong> Libreria Croce, Roma, 1999.<br />

– RIVERA FRANCESCO, Pece, Pellicanolibri, Roma-Catania, 1986.<br />

– ROTELLI MARCO, Ponti che uniscono terre diverse, <strong>Edizioni</strong> Lepisma, Roma, 2003.<br />

– ROSOLINO ROSOLINI NELLO, Haiku, <strong>Edizioni</strong> Scettro del Re, Roma, 2002.<br />

– SACHINIS DUCAS, Monografia (Galleria d’Arte Internazionale di Via Tornabuoni),<br />

Firenze, 1975.<br />

– SALATIELLO MARIA PATRIZIA, Le rinominazioni di Giustino, Ila Palma, Palermo, 2003.<br />

– SANTORO MASTASNTUONO RITA, Nel solco del tempo, Dellisanti Editore, Massafra, 2003.<br />

– SAVIANTONI VINICIO, Con la penna e con la spada, A.L.I. Penna d’Autore, Torino, 2002.<br />

– SERAFINI EUGENIA, I racconti del Laurentino 38, <strong>Edizioni</strong> Artecom, Roma, 1998.<br />

– SODO ANGELO, Amore e libertà, Capone Editore, Cavallino di Lecce, 1988.<br />

– STECHER GIORGIO, Altre foto per album, <strong>Edizioni</strong> Scettro del Re, Roma, 1996.<br />

– STERPI CLAUDIO, Onomastica di Roma, Tipar Poligrafica Editrice, Roma, 2004.<br />

– STRATI SAVERIO, La vita le opere la critica, Cultura Calabrese Editrice, Marina di<br />

Belvedere, 1985.<br />

– TALIANO GRASSO ROCCO, Della notte e sospiri, Piero Manni, Lecce, 2000.<br />

– TROCARELLI FABIO, La luce del tempo, <strong>Edizioni</strong> Lepisma, Roma, 2003.<br />

– TURANO DOMENICO, La vita è..., Grafosud, Rossano, 1998.<br />

– VALICENTI ANTONIO, I segni della luce, <strong>Edizioni</strong> dell’Oleandro, Roma, 1997.<br />

– VARLARO VINCENZO, Il silenzio del mare, Galasso Editore, Trebisacce, 1986.<br />

– VICINO CATERINA, Il segno della crisalide, <strong>Edizioni</strong> Lepisma, Roma, 2004.<br />

– VIGO PIO, Lasciatemi le ali, Ila Palma, Palermo, 1997.<br />

SAGGI E ARTICOLI SULL’ARTE:<br />

– DANTE MAFFIA, Ovidio e le metamorfosi, in “Romabruzzo”, a. I, n. 0, dicembre<br />

1996.<br />

– DANTE MAFFIA, La Pittura di Angelo Navetta, in “Il Veltro”, a. XLII, n. 3-4, luglioagosto<br />

1998.<br />

– DANTE MAFFIA, Van Gogh: La grandezza pur non essendo un caposcuola, in “Idea”, a.<br />

XLIV, n. 3-4, marzo-aprile 1988.<br />

– DANTE MAFFIA, Enotrio quell’identità regionale, in “Calabria”, a. <strong>XXVII</strong>, n. 53,<br />

settembre-ottobre 1989.<br />

– DANTE MAFFIA, Da Boccioni a Rotella, la Calabria dei primati, in “Trapezakion”, a. I,<br />

n. 1, gennaio 1987.<br />

– DANTE MAFFIA, Renato Guttuso ovvero la crescita dell’uomo, in “Il Policordo”, n. 3,<br />

luglio-settembre 1977.


NOTA BIO-BIBLIOGRAFICA<br />

115<br />

– DANTE MAFFIA, Catalogo “Francisco Hernàndez Diaz”, <strong>Edizioni</strong> Lepisma, 10 ottobre -<br />

5 novembre 2003.<br />

– DANTE MAFFIA, Catalogo Ugo attardi “Opere 1947-2003”, Fondazione Federico II<br />

Editore, Palermo, 2003.<br />

– DANTE MAFFIA, Catalogo Angela Pellicanò, <strong>Edizioni</strong> Monogramma, Roma, 26 aprile<br />

- 28 maggio 2002.<br />

SCRITTI VARI: RACCONTI, POESIE, ARTICOLI:<br />

– DANTE MAFFIA, Due giapponesi e un americano (racconto), in “Voce Romana 2000”,<br />

a. V, n. 11-12, novembre-dicembre 2003.<br />

– DANTE MAFFIA, La perdita della memoria (racconto), in “Voce Romana 2000”, a. IX, n.<br />

2, febbraio 2005.<br />

– DANTE MAFFIA, Lo spazzino collezionista (racconto), in “Voce Romana 2000”, a. IX,<br />

n. 3, marzo 2005.<br />

– DANTE MAFFIA, Arrivano le donne (racconto), in “Voce Romana 2000”, a. VI, n. 10,<br />

ottobre 2004.<br />

– DANTE MAFFIA, Il vecchio e il nuovo (racconto), in “Voce Romana 2000”, a. VI, n. 6,<br />

giugno 2004.<br />

– DANTE MAFFIA, Andrea (racconto), in “Voce Romana 2000”, a. VI, n. 1, gennaio<br />

2004.<br />

– DANTE MAFFIA, La pupa (racconto), in “Voce Romana 2000”, a. V, n. 9, settembre<br />

2003.<br />

– DANTE MAFFIA, La felicità sconosciuta (racconto), in “Voce Romana 2000”, a. IX, n. 1,<br />

gennaio 2005.<br />

– DANTE MAFFIA, Che t’hanno fatto Fiume... (racconto), in “Voce Romana 2000”, a. VI,<br />

n. 9, settembre 2004.<br />

– DANTE MAFFIA, Lo spazzino e i vampiri (racconto), in “Voce Romana 2000”, a. VI,<br />

n. 7-8, luglio-agosto 2004.<br />

– DANTE MAFFIA, Al Prado (racconto), in “Armonie”, a. IX, n. 9, settembre 1992.<br />

– DANTE MAFFIA, Annamaria Ferramosca, in “Punto d’Incontro”, a. XXIII, n. 3, settembredicembre<br />

2000.<br />

– DANTE MAFFIA, Fra esperimento e cosa, in “Periferie”, ottobre-dicembre 2000.<br />

– DANTE MAFFIA, Viamerica, in “Poesia”, a. XIII, n. 138, aprile 2000.<br />

– DANTE MAFFIA, “Incendio e fuga”, in “Informazioni Editoriali”, maggio 2002.<br />

– DANTE MAFFIA, Presagi presenti, in “La Sicilia”, 28 gennaio 2003.<br />

– DANTE MAFFIA, La Poesia italiana de los anos 70 y 80, in “La Cultura en ’El Tiempo’”,<br />

16 giugno 1991.<br />

– DANTE MAFFIA, Recensioni a cura di Luigi Reina, in “Poiesis”, a. VII, n. 17, settembredicembre<br />

1998.<br />

– DANTE MAFFIA, Leopardi per l’Europa a cura di Giuliana Lucchini Bonomi (Trad. in<br />

dialetto calabro di Roseto Capo Spulico di Dante Maffia), in “Poiesis”, a. VI, n. 16,<br />

maggio-agosto 1998.<br />

– DANTE MAFFIA, Alberto Caramella, in “Poiesis”, n. 30-31, 2004-2005.<br />

– DANTE MAFFIA, Alberto Bevilacqua, in “Poiesis”, n. 30-31, 2004-2005.<br />

– DANTE MAFFIA, Federico Garcia Lorca tradotto da Dante Maffia, in “Poiesis”, a. VI, n.<br />

16, maggio-agosto 1998.


116<br />

MARIA FONTANA ARDITO<br />

– DANTE MAFFIA, Collana di poesia di Fabrizio Mugnaini, in “Poiesis”, a. V, n. 13,<br />

maggio-agosto 1997.<br />

– DANTE MAFFIA, La poesia di Dacia Maraini, in“Poiesis”, a. II, n. 5, settembre-dicembre<br />

1994.<br />

– DANTE MAFFIA, Recensioni (Giuseppe Leonelli e Gabriele Ghiandoni), in “Poiesis”, a.<br />

III, n. 6, gennaio-aprile 1995.<br />

– DANTE MAFFIA, “Il bosco illuminato”di Dino Claudio, in “La nuova tribuna letteraria”,<br />

a. VI, n. 36, novembre-dicembre 1994.<br />

– DANTE MAFFIA, La visionarietà intellettuale di Aldo Turchiaro, in “Trapeziakion”, a. I,<br />

n. 2, aprile 1986.<br />

– DANTE MAFFIA, Il falò di carta di Vincenzo Petrone, in “L’oleandro”, a. IX, n. 3,<br />

marzo-aprile 1991.<br />

– DANTE MAFFIA, La disperazione esistenziale nella poesia di Isabella Morra, in “Il corriere<br />

calabrese”, a. I, n. 1, gennaio-marzo 1991.<br />

– DANTE MAFFIA, Mito e realtà nell’opera di Mario Luzi, in “Il Cittadino”, 15 novembre<br />

1983.<br />

– DANTE MAFFIA, La vita del “Dottor Max” più affascinante di un romanzo d’avventura,<br />

in “Libertà”, 31 ottobre 2000.<br />

– DANTE MAFFIA, Viareggio ha premiato un poeta di classe, in “Paese sera”, 3 luglio<br />

1986.<br />

– DANTE MAFFIA, Giuseppe De Marco, in “Riscontri”, a. XII, n. 2, aprile-giugno 1990.<br />

– DANTE MAFFIA, Calabria romana o Roma calabrese?, in “Gazzetta del Sud”, 15 luglio<br />

2003.<br />

– DANTE MAFFIA, La nascita del trullo, in “Il martinese”, 8 ottobre 1988.<br />

– DANTE MAFFIA, La vita sa di buono di Cesare Vivaldi, in “Diverse Lingue”, a. XII, n.<br />

16, settembre 1997.<br />

– DANTE MAFFIA, Cari ragazzi, grazie per la bella esperienza!, in “Il Serratore”, n. 52,<br />

1998.<br />

– DANTE MAFFIA, “Parola di parole” di Giuseppe Napolitano, in “Il Foglio volante”, a.<br />

XV, n. 7-8, luglio-agosto 2000.<br />

– DANTE MAFFIA, Casale Garibaldi, in “Scrittori italiani”, a. I, n. 4, novembre-dicembre<br />

2003.<br />

– DANTE MAFFIA, Elio Stellitano, in “Calabria sconosciuta”, a. XII, n. 43, gennaiomaggio<br />

1989.<br />

– DANTE MAFFIA, La poesia è sempre abbandono all’occulto senso del vivere, in “Nuovi<br />

orientamenti per una nuova etica”, n. 11, ottobre 1987.<br />

– DANTE MAFFIA, Finestra antologica: Franco Loi, Valerio Magrelli, Antonio Riccardi,<br />

Robert Liddell Kavafis, Ennio Bonea, Antonio Iacopetta, Maria Grazia Lenisa, in<br />

“Poiesis”, a. VII, n. 18, gennaio-aprile 1999.<br />

– DANTE MAFFIA, Il secondo olocausto, in “La voce di Mantova”, 11 settembre 2000.<br />

– DANTE MAFFIA, Il gomitolo di cera, in “Il Cittadino”, a. XIII, n. 6, 30 marzo 1991.<br />

– DANTE MAFFIA, Le voci monologanti di Claudio Magris, in “Portofranco”, a. VIII, n.<br />

29, luglio-settembre 1996.<br />

– DANTE MAFFIA, La letteratura italiana del ’900, in “Poiesis”, a. III, n. 7.<br />

– DANTE MAFFIA, Marco Aurelio e il diavolo (racconto), in “Voce Romana 2000”, a. VI,<br />

n. 3, marzo 2004.<br />

– DANTE MAFFIA, Gli spazzini in Campidoglio (racconto), in “Voce Romana 2000”, a.<br />

IV, n. 4, aprile 2004.


NOTA BIO-BIBLIOGRAFICA<br />

117<br />

– DANTE MAFFIA, L’antimondanità del saggio, in “L’altra Europa”, a. III, n. 9, 1991.<br />

– DANTE MAFFIA, La funzione dello scrittore oggi, in “Produzione & Cultura”, a. X, n.<br />

4-6, luglio-dicembre 1997.<br />

– DANTE MAFFIA, Memoria e fantasia in Maria e il vecchio, quando il romanzo è più della<br />

vita, in “Eleusis”, a. II, n. 8-9, I-II trimestre 1992.<br />

– DANTE MAFFIA, Pinkerton, in “Il Cittadino”, a. IX, n. 14, 18 aprile 1987.<br />

– DANTE MAFFIA, Nino Piccione, in “Il Ragguaglio librario”, a. LXII, maggio 1995.<br />

– DANTE MAFFIA, Quattro “voci” che si rincorrono”, in “Portofranco”, a. VIII, n. 28,<br />

aprile-giugno 1996.<br />

– DANTE MAFFIA, Cristiano Serricchio, in “Portofranco”, a. VI, n. 20, aprile-giugno<br />

1994.<br />

– DANTE MAFFIA, Poesia: indietro tutta, in “Portofranco”, a. VII, n. 23, gennaio-marzo<br />

1995.<br />

– DANTE MAFFIA, Giacinto Spagnoletti e l’invenzione della letteratura, in “Portofranco”,<br />

a. VI, n. 20, aprile-giugno 1994.<br />

– DANTE MAFFIA, Un libro di C. Petrone, in “La Calabria”, 30 settembre 19<strong>69</strong>.<br />

– DANTE MAFFIA, Due spazzini all’ufficio postale (racconto), in “Voce Romana 2000”, a.<br />

VI, n. 5, maggio 2004.<br />

– DANTE MAFFIA, La poesia vista dalla terra, in “Poiesis”, a. IV, n. 9, gennaio-aprile<br />

1996.<br />

– DANTE MAFFIA, L’alba dei vinti di Dino Claudio, in “Studium”, aprile 2003.<br />

– DANTE MAFFIA, Incontro con la rima: Domenico Alvino, Ferdinando Falco, Giorgio<br />

Linguaglossa, Vladimir Majakovskij, Luigi Manzi, Achille Serrao, Bruno Tra versetti, in<br />

“Poiesis”, a. V, n. 13, maggio-agosto 1997.<br />

– DANTE MAFFIA, Anna Maria Bracale, in “Informazioni editoriali”, giugno 1999.<br />

– DANTE MAFFIA, Leopoldo Attolico, in “Clandestino”, a. II, 2004.<br />

– DANTE MAFFIA, Senza titolo, in “Poiesis”, a. VI, n. 16, maggio-agosto 1998.<br />

– DANTE MAFFIA, Sabino Caronia, in “Poiesis”, a. V, n. 12, gennaio-aprile 1997.<br />

– DANTE MAFFIA, L’epistolario e la poesia della Cvetaeva, in Poiesis”, a. V, n. 14, settembredicembre<br />

1997.<br />

– DANTE MAFFIA, Fabio Scotto, in “Poiesis, a. V, n. 14, settembre-dicembre 1997.<br />

– DANTE MAFFIA, La nazionale dei poeti, a. V, n. 14, settembre-dicembre 1997.<br />

– DANTE MAFFIA, Recensioni: Paola Maria Minucci, Nasos Vaghenas, Giuliano Gramigna,<br />

Antonio Liberti, Cosma Siani, Laura Canciani, Mimmo Grasso, Michele Sciscio, in<br />

“Poiesis”, a. VI, n. 15, gennaio-aprile 1998.<br />

– DANTE MAFFIA, Senza titolo, in “Poiesis”, a. VI, n. 15, gennaio-aprile 1998.<br />

– DANTE MAFFIA, Recensioni: Wislawa Szymborska, Nicola Gardini, Alberto Abbuonandi,<br />

Alida Maria Sessa, in “Poiesis”, a. VI, n. 16, maggio-agosto 1998.<br />

– DANTE MAFFIA, Incontro con la rima, in “Poiesis”, a. V, n. 12, gennaio-aprile 1997.<br />

– DANTE MAFFIA, Incontro con la rima, in “Poiesis”, a. IV, n. 11, settembre-dicembre<br />

1996.<br />

– DANTE MAFFIA, Incontro con la rima, in “Poiesis”, a. IV, n. 10, maggio-agosto 1996.<br />

– DANTE MAFFIA, Finestra Romanzo: Giuseppe Pontiggia, in “Poiesis”, a. IV, n. 10,<br />

maggio-agosto 1996.<br />

– DANTE MAFFIA, Recensioni: Giulio Ferroni, Maria Ida Gaeta-Gabriella Sica, Nicola Merola,<br />

Edoardo Sant’Elia, in “Poiesis”, a. IV, n. 10, maggio-agosto 1996.<br />

– DANTE MAFFIA, La visione di Alberto, in “Caffè Michelangelo”, a. IX, n. 2, maggioagosto<br />

2004.


118<br />

MARIA FONTANA ARDITO<br />

– DANTE MAFFIA, Luigi Fontanella, in “Poesia”, a. XIII, n. 144, novembre 2000.<br />

– DANTE MAFFIA, Gemma Forti, in “Poesia”, a. XIII, n. 144, novembre 2000.<br />

– DANTE MAFFIA, Biagia Marniti, in “Poesia”, a. XIV, n. 146, gennaio 2001.<br />

– DANTE MAFFIA, Atonia Arslan, in “Poesia”, a. XII, n. 125, febbraio 1999.<br />

– DANTE MAFFIA, Vito Riviello, in “Poesia”, a. XII, n. 130, luglio-agosto 1999.<br />

– DANTE MAFFIA, Donatella Biscutti, in “Poesia”, a. XIII, n. 135, gennaio 2000.<br />

– DANTE MAFFIA, Giorgio Luzzi, in “Poesia”, a. XVII, n. 180, febbraio 2004.<br />

– DANTE MAFFIA, Enrico Panunzio, in “Poesia”, a. X, n. 109, settembre 1997.<br />

– DANTE MAFFIA, Luciano Luisi, in “Poesia”, a. XI, n. 121, ottobre 1998.<br />

– DANTE MAFFIA, Elena Clementelli, in “Poesia”, a. XI, n. 122, novembre 1998.<br />

– DANTE MAFFIA, L. Reina, Masuccio Salernitano. Letteratura e società del “Novellino”,<br />

in “Il Veltro”, a. XLIV, n. 3-4, maggio-agosto 2000.<br />

– DANTE MAFFIA, Plinio Perilli, in “Portofranco”, a. X, n. 38, ottobre-dicembre 1998.<br />

– DANTE MAFFIA, Mail Art, in “Ellade”, a. II, n. 1, gennaio-febbraio 1994.<br />

– DANTE MAFFIA, Q. Orazio Flacco, in “Talento”, a. X, n. 2, 2000.<br />

– DANTE MAFFIA, Enrica Di Giorgi Lombardo, in “Talento”, a. VI, n. 6, novembredicembre<br />

1996.<br />

– DANTE MAFFIA, La Campania, in “Pagine”, a. VIII, n. 21, settembre-dicembre 1997.<br />

– DANTE MAFFIA, Grandine di Arixi, in “Il Cittadino”, a. IX, n. 12, 4 aprile 1987.<br />

– DANTE MAFFIA, Storie di casa Leopardi, in “Il Cittadino”, a. IX, n. 13, 11 aprile 1987.<br />

– DANTE MAFFIA, Capuana maestro anche nelle fiabe, in “Incontri”, settembre-ottobre<br />

1989.<br />

– DANTE MAFFIA, L’aura magica di Luzi, in “La Nuova Tribuna Letteraria”, a. XV, n.<br />

77, 2005.<br />

– DANTE MAFFIA, Una scrittura che va al cuore delle cose, in “La Provincia”, 28 marzo<br />

2000.<br />

– DANTE MAFFIA, Scrittura e (è) potere (?), in “L’Area di Broca”, a. <strong>XXVII</strong>, n. 71-72,<br />

gennaio-dicembre 2000.<br />

– DANTE MAFFIA, El fenòmeno Borges, in “La Nacion”, 31 dicembre 1994.<br />

– DANTE MAFFIA, L’onorevole (racconto), in “Il Pungiglione”, a. I, n. 1, gennaio 1984.<br />

– DANTE MAFFIA, Hector Bianciotti, in “Misure critiche”, gennaio-giugno 1989.<br />

– DANTE MAFFIA, Il naufragio dell’essere, in “Il Cittadino”, 1° febbraio 1982.<br />

– DANTE MAFFIA, Ruggiero: il medico poeta, in “Il Cittadino”, 5 luglio 1986.<br />

– DANTE MAFFIA, Cosenza, in “Poesia”, a. VI, n. 68, dicembre 1993.<br />

– DANTE MAFFIA, Pierfranco Bruni, in “La Voce”, n. 17, 15 ottobre 1986.<br />

– DANTE MAFFIA, Il sito di Sibari, in “Cronaca di Calabria”, 1° giugno 1973.<br />

– DANTE MAFFIA, Luzi presenta Bacchiega, in “Il Cittadino”, 5 luglio 1986.<br />

– DANTE MAFFIA, Hystrio di Mario Luzi, in “Il Cittadino”, 13 giugno 1988.<br />

– DANTE MAFFIA, Mancino-Laurelli il poeta parla il pittore assorbe, in “Il Cittadino”, 3<br />

ottobre 1987.<br />

– DANTE MAFFIA, Nigro vede il vento, in “Talento”, 3 gennaio 1995.<br />

– DANTE MAFFIA, Un nome l’alba ne l’acqua vana, in “Il Policordo”, n. 2, aprile-giugno<br />

1984.<br />

– DANTE MAFFIA, I giorni d’oro, in “Il Cittadino”, 31 maggio 1986.<br />

– DANTE MAFFIA, Il mistero del nostro viaggio, in “L’Oleandro”, agosto 1988.<br />

– DANTE MAFFIA, Di Carlo: dalla letteratura alla poesia, in “Il Cittadino”, 7 giugno<br />

1986.<br />

– DANTE MAFFIA, Marina, un uragano di vitalità, in “Paese sera”, 1° febbraio 1989.


NOTA BIO-BIBLIOGRAFICA<br />

119<br />

– DANTE MAFFIA, Maria T. Santalucia Scibona, in “La Nuova Tribuna Letteraria”, n.<br />

24, maggio-giugno 1994.<br />

– DANTE MAFFIA, Tra epica e favola, in “Il Cittadino”, 15 dicembre 1982.<br />

– DANTE MAFFIA, Teresa Maria Moriglioni, in “Parallelo 38”, n. 11, novembre 1971.<br />

– DANTE MAFFIA, Anna Mongiardo, in “Parallelo 38”, n. 11, novembre 1971.<br />

– DANTE MAFFIA, Appuntamenti per non morire, in “Idea”, a. XLVII, febbraio-marzo<br />

1991.<br />

– DANTE MAFFIA, Felici di volare, in “Il Mattino”, 10 marzo 1987.<br />

– DANTE MAFFIA, Una nota sulla poesia di Alfonso Gatto, in “Cronaca di Calabria”, 9<br />

dicembre 1973.<br />

– DANTE MAFFIA, Misura morale e umana, in “Il Cittadino”, 15 novembre 1982.<br />

– DANTE MAFFIA, La concabala di Grasso, in “Il Cittadino”, 19 dicembre 1987.<br />

– DANTE MAFFIA, Giuseppe Pedota, in “Poiesis”, n. 23-24.<br />

– DANTE MAFFIA, “La terra di Avram” morire per la ricerca e la scienza, in “Idea”, a. XLV,<br />

n. 1-2, gennaio-febbraio 1998.<br />

– DANTE MAFFIA, Il cerchio aperto di Luciano Erba, in “Il Cittadino”, 1° giugno 1986.<br />

– DANTE MAFFIA, Un liceo del Sud per un grande progetto, in “Il Tiraccio”, a. XV, n. 10,<br />

novembre-dicembre 1989.<br />

– DANTE MAFFIA, La luna suburbana, in “Quinta Generazione”, a. XV, n. 151-152,<br />

gennaio-febbraio 1987.<br />

– DANTE MAFFIA, Lo “speriamo che sia femmina” della poesia è un successo personale.<br />

Maschile, ovviamente, in “Puglia”, 18 giugno 2000.<br />

– DANTE MAFFIA, Temporale di luce, in “Il Tiraccio”, a. XVI, n. 6, giugno 1990.<br />

– DANTE MAFFIA, Cristalli d’argilla, in “L’Oleandro”, ottobre-novembre 1988.<br />

– DANTE MAFFIA, Flauto and concertina, in “Il Policordo”, a. I, n. 2, 1977.<br />

– DANTE MAFFIA, Corpus, in “L’Oleandro”, a. VI, n. 8, settembre 1988.<br />

– DANTE MAFFIA, Poesia e matrimonio, in “Idea”, a, XXXIX, n. 5-6, maggio-giugno<br />

1983.<br />

– DANTE MAFFIA, “Il cielo si dissolve”, in “Rec”, a. III, n. 7, agosto 2005.<br />

– DANTE MAFFIA, Versi d’amore e di nostalgia di Francesco Boneschi, in “Idea”, a. XXXIX,<br />

n. 11-12, novembre-dicembre 1983.<br />

– DANTE MAFFIA, Messaggio etico e civile di Ciril Zlobec , in “Idea”, a. XXXIX, n. 11-12,<br />

novembre-dicembre 1983.<br />

– DANTE MAFFIA, La lezione di Berardinelli, in “<strong>Periferia</strong>”, a. IX, n. 26, maggio-agosto<br />

1986.<br />

– DANTE MAFFIA, Orazio, le lettere, in “Hellas”, n. 6-7, dicembre 1894 - maggio 1984.<br />

– DANTE MAFFIA, Le Maschere e le stelle, cinque racconti di Dante Maffìa, in “Hellas”, n.<br />

6-7, dicembre 1894 - maggio 1984.<br />

– DANTE MAFFIA, Pino Corbo, in “Inchiostri”, Volume I, 1996.<br />

– DANTE MAFFIA, Su Stefania Siragusa, in “<strong>Periferia</strong>”, a. VI, n. 17, maggio-agosto 1983.<br />

– DANTE MAFFIA, Tamarriata sinfonica, in “<strong>Periferia</strong>”, a. II, n. 6, settembre-dicembre<br />

1979.<br />

– DANTE MAFFIA, Gabriela Mistral i ricordi, creature viventi, in “Poesia”, a. IX, n. 100,<br />

novembre 1996.<br />

– DANTE MAFFIA, Intervista a Giorgio Caproni, in “Poesia”, a. XI, n. 113, gennaio 1998.<br />

– DANTE MAFFIA, Mario Lunetta, in “<strong>Periferia</strong>”, a. IX, n. 27, settembre-dicembre 1996.<br />

– DANTE MAFFIA, La traduzione, in “Microprovincia”, n. 40, gennaio-dicembre 2002.<br />

– DANTE MAFFIA, La traduzione, in “Folium”, a. IV, n. 2, agosto 2002.


120<br />

MARIA FONTANA ARDITO<br />

– DANTE MAFFIA, “Il nido della cometa” di Nino Piccione, in “Silarus”, a. XL, n. 211,<br />

settembre-ottobre 2000.<br />

– DANTE MAFFIA, Dies ad Quem di Alfonso Malinconico, in “Gradiva”, number 19, Spring<br />

2001.<br />

– DANTE MAFFIA, Recensioni: Mirella Boeri, in “Riscontri”, a. XXIII, n. 2-3, aprilesettembre<br />

2001.<br />

– DANTE MAFFIA, Il Danubio di Claudio Magris (estratto), in “Nuova Antologia”, n.<br />

2191, luglio-settembre 1994.<br />

– DANTE MAFFIA, Pittura e letteratura, in “Folium”, a. I, n. 1, febbraio 1999.<br />

– DANTE MAFFIA, Il Paradiso di Linguaglossa come atto ontologico, in “Hebenon”, a. VI,<br />

n. 7-8, aprile-ottobre 2001.<br />

– DANTE MAFFIA, Claudio Magris: microcosmi, in “Microprovincia”, n. 5, n. 36, gennaiodicembre<br />

1998.<br />

– DANTE MAFFIA, Vincenzo Monaco, lo sguardo innamorato, in “Hellas”, a. I, n. 1,<br />

giugno-settembre 1980.<br />

– DANTE MAFFIA, Recensioni: Luigi Reina, in “Hebenon”, a. VI, n. 7-8, aprile-ottobre 2001.<br />

– DANTE MAFFIA, Dal simbolismo alla spiritualità, in “Hebenon”, a. VI, n. 7-8, aprileottobre<br />

2001.<br />

– DANTE MAFFIA, Chi ha paura del dialetto?, in “Diverse Lingue”, a. XI, n. 15, settembre<br />

1996.<br />

– DANTE MAFFIA, A. Giacomini: un’antologia, in “Diverse Lingue”, a. XIII, n. 17-18,<br />

Maggio 1998.<br />

– DANTE MAFFIA, Nord, Sud e la poesia in dialetto, in “Diverse Lingue”, a. X, n. 14,<br />

settembre 1995.<br />

– DANTE MAFFIA, Alcune figure poetiche del Friuli-Venezia Giulia, in “Diverse Lingue”,<br />

a. XIII, n. 19, dicembre 1998.<br />

– DANTE MAFFIA, “Girasoli i suoi seni”, in “Il Ventaglio”, a. VII, n. 5, n. 4, gennaiomarzo<br />

1975.<br />

– DANTE MAFFIA, Sui racconti di Raboni, in “Lunarionuovo”, a. VI, n. 28, gennaiofebbraio<br />

1984.<br />

– DANTE MAFFIA, Le poesie vissute di Plinio Perilli, in “Pelagos”, a. I, n. 1, luglio 1991.<br />

– DANTE MAFFIA, Trenta libri recenti per un sondaggio sulla poesia, in “Idea”, a. XLII, n.<br />

5, maggio 1986.<br />

– DANTE MAFFIA, Gaetano Marini, in “Realtà del Mezzogiorno”, a. XIV, n. 4, aprile<br />

1974.<br />

– DANTE MAFFIA, Cronache del mesozoico, in “Malvasia”, a. IX, n. 30, febbraio-maggio<br />

1989.<br />

– DANTE MAFFIA, Paola Lucarini Poggi, in “Città di Vita”, a. X<strong>XXVII</strong>I, n. 6, 1984.<br />

– DANTE MAFFIA, Renzo Rosso, in “L’anello che non tiene”, journal of Modern Italian<br />

Literature, Vol. I, n. 1, 1998.<br />

– DANTE MAFFIA, Umberto Eco, in “Misure Critiche”, n. 94-96, aprile-dicembre 1995.<br />

– DANTE MAFFIA, Poeti e Poetiche, in “Gradiva”, n. 22, 2002.<br />

– DANTE MAFFIA, Voce del luogo, in “Hortus”, n. 12, 1992.<br />

– DANTE MAFFIA, La poesia di Elena Bono tra mito e religiosità, in “Lunarionuovo”, a. V,<br />

n. 23-24, marzo-giugno 1983.<br />

– DANTE MAFFIA, La lettera (racconto), in “Idea”, a. XLIII, n. 12, dicembre 1987.<br />

– DANTE MAFFIA, Miranda Clementoni e il traguardo della poesia, in “Idea”, a. LII, n.<br />

1-4, gennaio-aprile 1996.


NOTA BIO-BIBLIOGRAFICA<br />

121<br />

– DANTE MAFFIA, Il fuoco che non brucia in “Mia madre amava il mare” di Enzo Siciliano,<br />

in “Idea”, a. LI, n. 6-12, giugno-dicembre 1995.<br />

– DANTE MAFFIA, “Eremita a Parigi” testi anche inediti di Calvino “di professione scrittore”,<br />

in “Idea”, a. LI, n. 3-4-5, marzo-maggio 1995.<br />

– DANTE MAFFIA, La declamazione onesta di Barberi Squarotti, in “Microprovincia”, n.<br />

40, gennaio-dicembre 2002.<br />

– DANTE MAFFIA, L’identità argentina, in “Misure Critiche”, a. XXIV, n. 91-93, lugliodicembre<br />

1994, gennaio-marzo 1995.<br />

– DANTE MAFFIA, Marco Amendola, indagine su Oscar Wilde, in “Inchiostri”, Vol. II,<br />

1997.<br />

– DANTE MAFFIA, Pino Corbo, in canto, in “Inchiostri”, Vol. I, 1996.<br />

– DANTE MAFFIA, Ne vogliamo parlare?, in “Poiesis”, n. 23-24.<br />

– DANTE MAFFIA, Vivian Lamarque, Carlo Maddalena, Gianni Rescigno, Luciano Erba,<br />

Mario Luzi, Marcella Continanza, Mario Specchio, Mariapia Giulivo, Marzia Alunni,<br />

Angelo Mundula, Annamaria Ferramosca, Franco Esposito, Gianfranco D’Ambrosio,<br />

Fabio Troncarelli, Dario Bellezza, Attila Jozsef, Michele Salazar, Stefano Marino, Stefano<br />

Dal Bianco, Maurizio Cucchi, Marco Guzzi, Renzo Ferri, Leandro Piantini, in “Poiesis”,<br />

n. 2-27, 2002-2003.<br />

– DANTE MAFFIA, Lars Forssell: sorgo dal silenzio e devo parlare con molte voci, in “Idea”,<br />

a. XLVII, n. 4-5, aprile-maggio 1991.<br />

– DANTE MAFFIA, L’ora intemporanea (1990), in “Poiesis”, numero speciale 25, 2002.<br />

– DANTE MAFFIA, Recensioni: Davide Rondoni, Angelo Sagnelli, Ciro Cianni, Fabrizio Pepe,<br />

Giovanni Orfei, Giuliano Manacorda, Gaetano Blaiotta, Giuseppina Amodei, Marco<br />

Rolloni, Francesco Graziano, Francesca Serragnoli, Roberto Rossi Preceruti, Ermanno<br />

Bencivenga, Emanuele Di Pasquale, Giorgio Barberi Squarotti, Alberto Caramella,<br />

Alberto Bertoni, Salvatore Sanna, in “Poiesis”, n. 28-29, 2004.<br />

– DANTE MAFFIA, Abel Prieto, il volo del gatto, in “Microprovincia”, n. 40, gennaiodicembre<br />

2002.<br />

– DANTE MAFFIA, Il libro perduto, in “Microprovincia”, n. 37, gennaio-dicembre 1999.<br />

– DANTE MAFFIA, Girolamo De Rada e il romanticismo mediterraneo, in “Microprovincia”,<br />

n. 41, gennaio-dicembre 2003.<br />

– DANTE MAFFIA, Nel grave sogno di Raboni, in “Il Policordo”, n. 5, n. 3, ottobredicembre<br />

1982.<br />

– DANTE MAFFIA, Su Bartolo Cattafi, in “Operai di Sogni”, 1984.<br />

– DANTE MAFFIA, La stella variabile di Sereni, in “<strong>Periferia</strong>”, a. V, n. 13, 1982.<br />

– DANTE MAFFIA, Sulla poesia di Cucchi, in “Il Policordo”, n. 5, n. 1, gennaio-marzo 1984.<br />

– DANTE MAFFIA, Umberto Eco, in “Misure Critiche”, a XXV, n. 94-96, aprile-dicembre<br />

1995.<br />

– DANTE MAFFIA, Franca Bacchiega, in “Nuova Antologia”, a. 126, Fasc. 2180, ottobredicembre<br />

1991.<br />

– DANTE MAFFIA, Bruno Traversetti, in “Otto-Novecento”, a. XIII, n. 6, novembredicembre<br />

1989.<br />

– DANTE MAFFIA, Giorgio Saviane, in “Nuova Antologia”, a. 127, Fasc. 2181, gennaiomarzo<br />

1992.<br />

– DANTE MAFFIA, Claudio Marabini, in “Nuova Antologia”, a. 122, Fasc. 2162, aprilegiugno<br />

1987.<br />

– DANTE MAFFIA, Claudio Magris, in “Nuova Antologia”, a. 127, Fasc. 2183, lugliosettembre<br />

1992.


122<br />

MARIA FONTANA ARDITO<br />

– DANTE MAFFIA, Le cose così come sono, in “Il Lettore di provincia”, a. XXVI, Fasc. 93,<br />

settembre 1995.<br />

– DANTE MAFFIA, Ennio Cavalli, in “Il Cristallo”, a. XLI, n. 3, dicembre 1999.<br />

– DANTE MAFFIA, Luigi Reina, in “Nuova Antologia”, a. 130, Fasc. 2196, ottobredicembre<br />

1995.<br />

– DANTE MAFFIA, Giorgio Saviane, in “Nuova Antologia”, a. 127, Fasc. 2184, ottobredicembre<br />

1992.<br />

– DANTE MAFFIA, Corrado Calabrò, in “Nuova Antologia”, a. 127, Fasc. 2184, ottobredicembre<br />

1992.<br />

– DANTE MAFFIA, L. Luisi, in “Rassegna Salentina”, a. VI, n. 5, settembre-ottobre 1981.<br />

– DANTE MAFFIA, Nel gomitolo della poesia, in “La Nazione”, 20 novembre 1991.<br />

– DANTE MAFFIA, Che cos’è la poesia nella società di oggi, in “Clic Donne 2000”, a. V, n.<br />

1, gennaio-marzo 2003.<br />

– DANTE MAFFIA, La durata dell’arte, in “I quaderni di Hebenon”, n. 7-8, aprile-ottobre<br />

2001.<br />

– DANTE MAFFIA, Ancora su Liuba, in “Hellas”, a. II, n. 2-3, 31 dicembre 1981.<br />

– DANTE MAFFIA, Rita Marinò Campo: la freccia e l’arco, in “Portofranco”, a. IX, n. 32,<br />

aprile-giugno, 1997.<br />

– DANTE MAFFIA, Un magnifico romanzo di Nini Piccione impostosi nell’attuale panorama<br />

letterario, in “Il nuovo tempo libero”, a. XVI, n. 2, agosto 1995.<br />

– DANTE MAFFIA, Maria T. Santalucia Scibona, in “La Nuova Tribuna Letteraria”,<br />

maggio-giugno 1994.<br />

– DANTE MAFFIA, La vecchiaccia (racconto), in “Voce romana”, a. V, n. 10, ottobre 2003.<br />

– DANTE MAFFIA, Bianca Buono, poetessa dei sentimenti, in “Rivista degli autori”, a. V,<br />

n. 10, settembre-ottobre 1995.<br />

– DANTE MAFFIA, Recensioni: Alberto Caramella, Andrea Attardi, Antonia Arslan, Dante<br />

Maffia tra secondo e terzo millennio, Mario Specchio, Alberto Bevilacqua, in “Poiesis”,<br />

n. 30-31, 2004-2005.<br />

– DANTE MAFFIA, Scrittori e letterature di frontiera, in “Portofranco”, a. X, n. 36, aprilegiugno<br />

1998.<br />

– DANTE MAFFIA, Ricordi di un secolo, in “Il Policordo”, n. 1, gennaio 1988.<br />

– DANTE MAFFIA, Il “poema filosofico” di Domenico Cambareri, in “Il Secolo d’Italia”, 19<br />

luglio 2000.<br />

– DANTE MAFFIA, La voce narrativa di Claudio Magris, in “La Voce”, a. IX, n. 2, 1°<br />

febbraio 1994.<br />

– DANTE MAFFIA, Sputi in faccia all’imperatore, in “Paese sera”, 11 febbraio 1987.<br />

– DANTE MAFFIA, I rischi mortali della poesia, in “Cronache del Mezzogiorno”, 4<br />

agosto 2000.<br />

– DANTE MAFFIA, Dal manicomio di Bisceglie (quattro poesie), in “Il Rosso e il nero”, a.<br />

V, n. 11, aprile 1996.<br />

– DANTE MAFFIA, Gùne, mònte la lùne (Uno monta la luna), in “Diverse Lingue”, a. VI,<br />

n. 1, ottobre 1993.<br />

– DANTE MAFFIA, Risposte al “questionario per i poeti in dialetto”, in “Diverse Lingue”,<br />

n. 14.<br />

– DANTE MAFFIA, Possibili errori, in “Poesia”, a. X, n. 112, dicembre 1997.<br />

– DANTE MAFFIA, Due giorni a Roseto, in “Il Pungiglione”, a. I, n. 2, febbraio 1984.<br />

– DANTE MAFFIA, La mia terra (una poesia), in “Parallelo 38”, a. XIX, n. 5, n. 12, dicembre<br />

1988.


NOTA BIO-BIBLIOGRAFICA<br />

123<br />

– DANTE MAFFIA, Quattro poesie, in “Parallelo 38”, a. XXVI, n. 5, n. 6, giugno 1995.<br />

– DANTE MAFFIA, Il grido, una poesia, in “Il Quadrato”, a. I, n. 1, settembre 1971.<br />

– DANTE MAFFIA, Tre poesie, in “Il giornale dei poeti”, a. <strong>XXVII</strong>, luglio-ottobre 1970.<br />

– DANTE MAFFIA, La carne stretta, in “Nuovo Sud”, 20 settembre 1980.<br />

– DANTE MAFFIA, Le comunioni di Mario Rivosecchi, in “Cronaca di Calabria”, 8<br />

giugno 1972.<br />

– DANTE MAFFIA, F. P. Memmo, in “Rassegna Salentina”, a. VI, n. 6, novembre-dicembre<br />

1981.<br />

– DANTE MAFFIA, L. Luisi, in “Rassegna Salentina”, a. VI, n. 5, settembre-ottobre 1981.<br />

– DANTE MAFFIA, Il nuovo libro di poesie di Bellezza, in “Il Cittadino”, 15 aprile 1984.<br />

– DANTE MAFFIA, Senza titolo, in “Gradiva”, n. 22, 2002.<br />

– DANTE MAFFIA, Una poesia, in “Punto d’incontro”, n. 4, settembre-ottobre 1980.<br />

– DANTE MAFFIA, Le scarpe nuove (racconto), in “Il Pungiglione”, a. I, n. 3-4, marzoaprile<br />

1984.<br />

– DANTE MAFFIA, Isabella Morra, in “Studi d’Italianistica nell’Africa Australe”, Vol.<br />

3, n. 4, 1990; Vol. 4, n. 1, 1991.<br />

– DANTE MAFFIA, Poesie: “Per distrazione”, “L’approdo evitato”, “Il segnale di partenza”,<br />

“Così Tommaso”, in “Microprovincia”, n. 39, gennaio 2001.<br />

– DANTE MAFFIA, Testi inediti, in “Studi d’Italianistica nell’Africa Australe”, Vol. 4, n.<br />

2, 1991.<br />

– DANTE MAFFIA, Testi inediti, “Studi d’Italianistica nell’Africa Australe”, Vol. 11, n.<br />

1, 1998.<br />

– DANTE MAFFIA, Diciassette poesie, in “Lunarionuovo”, a. VII, n. 31, luglio-agosto<br />

1994.<br />

– DANTE MAFFIA, Dediche: poesie inedite, in “Diverse Lingue”, a. V, n. 7, gennaio 1990.<br />

– DANTE MAFFIA, Uno, monta la luna (poesie), in “Diverse Lingue”, a. VI, n. 1, ottobre<br />

1993.<br />

– DANTE MAFFIA, “Limacciosità”, “Le mete” (poesie), in “Nuove Lettere”, a. IV-VII, n.<br />

5-8, 1996.<br />

– DANTE MAFFIA, Una poesia, in “Issimo”, a. X, n. 9, settembre 1997.<br />

– DANTE MAFFIA, Poesie: “Un piatto in più”, “Il viaggio e il labirinto”, in “Gradiva”,<br />

Vol. 4, n. 1, 1987.<br />

– DANTE MAFFIA, Due poesie, in “Microprovincia”, n. 5, n. 36, gennaio-dicembre 1998.<br />

– DANTE MAFFIA, Senza avvisarti delle mie morti (poesia), in “Voce Romana”, n. 7-8,<br />

luglio-agosto 2005.<br />

– DANTE MAFFIA, Anelavo alle magnolie (poesia), in “Voce Romana”, n. 9, settembre<br />

2005.<br />

– DANTE MAFFIA, Le stelle hanno bisogno (poesia), in “Voce Romana”, n. 6, giugno<br />

2005.<br />

– DANTE MAFFIA, Dieci poesie da “La sete aspra del male” (inedito), in “Hortus”, a. I, n.<br />

2, 1987.<br />

– DANTE MAFFIA, Quattro poesie, in “Inonijta”, n. 8-9, dicembre 1990, giugno 1991.<br />

– DANTE MAFFIA, Una poesia da “Il leone non mangia l’erba”, in “Il richiamo”, a. III, n.<br />

1, dicembre 1974.<br />

– DANTE MAFFIA, Poesie: “La tua forma ha riverberi”, “Nudo e fluido”, “Il dolore è stranito”,<br />

“La logica del desiderio”, in “Scrittori italiani”, a. I, n. 1, maggio-giugno 2003.<br />

– DANTE MAFFIA, Sogno d’agosto di un impiegato milanese (poesia), in “Milano Metropoli”,<br />

a. IV, n. 9, dicembre 2000.


124<br />

MARIA FONTANA ARDITO<br />

– DANTE MAFFIA, Dal manicomio di Aversa (poesie), in “Poiesis”, a. IV, n. 9, gennaio<br />

1996.<br />

– DANTE MAFFIA, Tre poesie, in “Parallelo 38”, a. XXVI, n. 5, n. 7-8, luglio-agosto 1995.<br />

– DANTE MAFFIA, Smarrimento (poesia), in “Famiglia cristiana”, n. 51, 28 dicembre<br />

1994.<br />

– DANTE MAFFIA, “Antonio”, “Teresa” (poesie), in “Issimo”, a. XVII, n. 39, settembreottobre<br />

2004.<br />

– DANTE MAFFIA, Una poesia, in “Mùvèszet Baràtai”, novembre-dicembre 2003.<br />

– DANTE MAFFIA, Cinque poesie tradotte in spagnolo e in inglese, in “Correo Latino”, a.<br />

I, n. 3-4, dicembre 1991.<br />

– DANTE MAFFIA, Le Esperidi sono donne stupende che non consigliano ipocrisia, in “Il<br />

Policordo”, a. I, n. 1, 1977.<br />

– DANTE MAFFIA, Resoconto (poesia inedita), in “Portofranco”, n. 16, aprile-giugno<br />

1993.<br />

– DANTE MAFFIA, Caro Baudelaire (poesia), in “Clarin”, Buenos Aires, 25 agosto 1988.<br />

– DANTE MAFFIA, La Poesia (poesia), in “Folium”, a. VI, agosto 2004.<br />

– DANTE MAFFIA, Prefazione a “Burlesque” di Andrea Borgia, Rubbettino Editore,<br />

Soveria Manneli, 2004.<br />

– DANTE MAFFIA, Prefazione a “Nugella” di Carmelo Pirrera, <strong>Edizioni</strong> La Ciambrina,<br />

Palermo, 1997.<br />

– DANTE MAFFIA, Un mattino di maggio, in “A Maria” (Maria Verdino), <strong>Edizioni</strong> Il<br />

Chiostro, Benevento, 2001.<br />

– DANTE MAFFIA, La ragazza di Petrovia, di Fulvio Tomizza, in “Riviera delle Palme”,<br />

a. VIII, n. 7-8-9, settembre-ottobre-novembre 1992.<br />

– DANTE MAFFIA, “Ricorda di dimenticarla” di Corrado Calabrò: un romanzo che si stampa<br />

dentro, in “Il Veltro”, a. XLIII, n. 5-6, 1999.


INTORNO A “UN LUPO MANNARO”<br />

Indice<br />

125<br />

Maria Fontana Ardito<br />

Intervista a Dante Maffia p. 5<br />

Rosa Romano Toscani<br />

Un’antinomia creativa: “Il poeta e lo spazzino” » 13<br />

Sabino Caronia<br />

Dante Maffia tra “castità” e “cinismo” » 17<br />

Giuliano Manacorda<br />

Su “La biblioteca d’Alessandria” di Dante Maffia » 21<br />

Antonio Donadio<br />

La verità del fuoco » 22<br />

Maria Rita Bozzetti<br />

Intorno “Al macero dell’invisibile” » 25<br />

Maria Lenti<br />

Maffia nella poesia del Novecento » 27<br />

Enzo Mandruzzato<br />

Il dono dei contenuti immensi » 28<br />

Gennaro Mercogliano<br />

L’ape dell’invisibile » 30<br />

Angelo Mundula<br />

I versi che lo raccontano e ci raccontano » 32<br />

Cristina Sparagana<br />

Come una Itaca calabra » 34<br />

Pasqualino Bongiovanni<br />

Intorno a “Il corpo della parola” » 39<br />

PERIFERIA, 2(<strong>69</strong>), ANNO <strong>XXVII</strong> N.S., 2008


126<br />

INDICE<br />

Elisa Caprarella<br />

Dichiarazione di poetica » 42<br />

Sergio Givone<br />

Colloqui con gli oggetti » 43<br />

Gennaro Mercogliano<br />

Nel ritmo delle dispersioni e la fuga dell’Io » 44<br />

Maria Lenti<br />

Intorno a “Un lupo mannaro” » 49<br />

Maria Fontana Ardito<br />

Nota bio-bibliografica » 51


INTORNO A “UN LUPO MANNARO”<br />

Finito di stampare nel mese di Novembre 2008<br />

Universal Book snc - 87036 Rende (CS)<br />

Tel. 0984.408929<br />

127


128<br />

INDICE

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