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Liceo “B. Varchi” Montevarchi anno scolastico 2007-2008
- Page 2 and 3: Il volume raccoglie gli interventi
- Page 4 and 5: Sommario Premessa .................
- Page 6 and 7: Introduzione Non c’è alcun dubbi
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- Page 46 and 47: La donna salvifica in Dante e in Mo
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- Page 50 and 51: La donna salvifica in Dante e in Mo
<strong>Liceo</strong> “B. <strong>Varchi</strong>”<br />
Montevarchi<br />
anno scolastico 2007-2008
Il volume raccoglie gli interventi dei relatori<br />
del ciclo di <strong>conferenze</strong> Dell’Estetica presentate<br />
al <strong>Liceo</strong> “B. <strong>Varchi</strong>” di Montevarchi nell’anno<br />
scolastico 2007-2008.<br />
Ideatrice del progetto e curatrice della raccolta:<br />
Libera Bramante<br />
Grazie al <strong>Liceo</strong> “B. <strong>Varchi</strong>” di Montevarchi<br />
che ha consentito la realizzazione<br />
dell’iniziativa. Grazie ai ragazzi che l’hanno<br />
sollecitata. Grazie a tutti coloro che l’hanno<br />
condivisa.<br />
Al testo è allegato un compact disc che<br />
contiene le immagini presentate durante<br />
le <strong>conferenze</strong> ed alcune foto dei “piatti<br />
della bellezza” che ne hanno addocito lo<br />
scenario.
<strong>Liceo</strong> Scientifi co e Classico “B. <strong>Varchi</strong>”<br />
Montevarchi
Sommario<br />
Premessa ...............................................................................................p. 7<br />
Libera Bramante<br />
Introduzione.........................................................................................p. 9<br />
Nedo Migliorini<br />
La bellezza e il “sé immagine” ....................................................... p. 11<br />
di Libera Bramante<br />
Il bello artistico tra epoche e stili ................................................... p. 27<br />
di Giuseppe Pristerà<br />
Religione e velo: prescrizione o scelta? ........................................ p. 39<br />
di Cristina Viglianisi<br />
La donna salvifica in Dante e in Montale ..................................... p. 49<br />
di Giuliana Simonti<br />
Il sorriso di Venere la bellezza attraverso la lettura dei classici ...... p. 65<br />
di Carla Mugnai<br />
Dell’estetica ovvero del corpo in movimento .............................. p. 83<br />
di Alessandra De Mori<br />
Dialogo sul bello in matematica ................................................... p. 99<br />
di Paola Pieralli e Paola Stoppielli<br />
L’estetica tra forma e sostanza ...................................................... p. 127<br />
di Carlo Nocentini
Premessa<br />
L’idea di questo libro è nata lo scorso anno scolastico 2007/2008<br />
quando, durante gli incontri pomeridiani tenutisi nel nostro <strong>Liceo</strong><br />
sul tema Dell’Estetica, si sentì la necessità di “fissare” in uno<br />
scritto quei <strong>contenuti</strong> di riflessione a carattere multidisciplinare,<br />
quasi per impedire che il tempo disperdesse l’entusiasmo profuso<br />
durante la loro preparazione ed esposizione. Un entusiasmo<br />
inizialmente timido forse a causa del timore che la disabitudine<br />
a lavorare insieme, prerogativa spesso peculiare della scuola secondaria<br />
superiore, potesse far naufragare sul nascere tale iniziativa.<br />
Di fatto il desiderio da più parti avvertito e mai apertamente palesato<br />
di costruire un qualcosa dove si imponesse forte un “noi”<br />
piuttosto che tanti “io” isolati, ha avuto il sopravvento.<br />
Differenti approcci, specifiche competenze, multiformi sensibilità<br />
e un libro: Dell’Estetica.<br />
7<br />
Libera Bramante
Introduzione<br />
Non c’è alcun dubbio che la vita umana trovi una <strong>delle</strong> modalità<br />
della propria più significativa espressione e rappresentazione<br />
nelle forme della bellezza.<br />
Si potrebbe dire che, proprio per lo stringente legame tra bellezza<br />
e vita umana, i termini umanità e bellezza siano non solo<br />
genericamente correlati ma addirittura in relazione necessariamente<br />
biunivoca: la bellezza in sé, fuori dalla coscienza umana,<br />
ha infatti poco senso in quanto solo gli esseri umani sono in grado<br />
di esprimerne i tratti siano essi della natura, dei corpi, <strong>delle</strong><br />
anime o degli stessi prodotti umani dell’arte e dell’intelligenza<br />
in tutte le forme.<br />
Segno della bellezza sono i sentimenti di affezione, attrazione e<br />
piacere, dunque tutte espressioni emozionali dal contenuto positivo,<br />
che si determinano nella coscienza in relazione alla qualità<br />
<strong>delle</strong> cose percepite siano esse appunto produzioni della natura o<br />
creazioni umane. Che tali sentimenti si producano in virtù di un<br />
canone di riferimento interiore innato, oppure acquisito per educazione<br />
e/o consuetudine sociale, è motivo di confronto da secoli<br />
tra filosofi; nessuno tuttavia dubita quale sia l’effetto di questi sentimenti:<br />
essi contrassegnano in modo specifico l’esistenza umana.<br />
Circondarsi di bellezza è una <strong>delle</strong> prerogative più caratterizzanti<br />
della natura umana tanto che etnologi ed antropologi hanno sottolineato<br />
come questo tratto comune ad ogni contesto sociale costituisca<br />
un universale della cultura .<br />
E sono proprio l’universalità e la connessa molteplicità dei <strong>contenuti</strong><br />
di esperienza capaci di indurre questi sentimenti positivi<br />
e piacevoli le testimonianze più evidenti della pervasività<br />
dell’esperienza estetica: gli uomini cercano la bellezza ovunque<br />
e cercano altresì di produrne sempre di nuova.<br />
9
Niente di più naturale ed al tempo stesso interessante, allora, per<br />
una comunità di docenti professionalmente dediti ad educare<br />
alla bellezza, (bellezza dell’arte, della letteratura, della poesia,<br />
della scienza, del pensiero, della corporeità,…) che interrogarsi<br />
sull’Estetica. Essi infatti non solo hanno il dovere di approfondire<br />
le proprie conoscenze già esperte di tali forme di bellezza,<br />
ma hanno anche quello di ricercare i modi e le strategie migliori,<br />
magari utilizzando quelle stesse emozioni positive che tali<br />
espressioni inducono, per educare i giovani a riconoscerle, ad<br />
apprezzarle e valorizzarle oltre che, eventualmente, a produrne<br />
di nuove.<br />
10<br />
Nedo Migliorini<br />
Dirigente scolastico<br />
<strong>Liceo</strong> “B. <strong>Varchi</strong>” Montevarchi
La bellezza e il “sé immagine” (*)<br />
Cosa possiamo dire riguardo alla bellezza? Intanto possiamo<br />
fare una parziale mappatura, ovviamente incompleta, del suo<br />
codice genetico e <strong>delle</strong> sue odierne manifestazioni e come punto<br />
di partenza respingere l’illusione che della bellezza “esistano definizioni<br />
preliminari semplici e univoche quasi fossero forme immobili,<br />
monoliti di cristallo perfettamente squadrati e fuori del tempo o canoni<br />
assoluti che si impongono automaticamente e perentoriamente alla percezione<br />
e al gusto”. 1<br />
Si tratta al contrario di nozioni complesse e stratificate nel tempo,<br />
con registri simbolici e culturali non omogenei, riflesso di<br />
analisi e desideri degli uomini.<br />
Prima di addentrarsi nel nucleo del problema è però necessario<br />
fare un piccolo excursus sulla terminologia legata al concetto di<br />
bello perché attraverso l’analisi di essa possiamo comprendere<br />
interessanti sfumature. La ricerca linguistica e terminologica ci<br />
fa inquadrare il termine bello come legato all’interno di sistemi<br />
di valore e pone in risalto la connessione del bello con i concetti<br />
(idee) di eccellenza e perfezione morale. Ma ciò che è più singolare<br />
è che esso ha una natura “quasi ubiqua rinvenibile nelle più distanti<br />
culture”. 2<br />
In latino bellus, diminuitivo di bonus (dweno–los, bonulus) in origine<br />
significava abbastanza buono, ma non eccellente (appena sopra<br />
la media), piccolo e grazioso. In giapponese yoshi ha lo stesso legame<br />
con il buono. Così come in greco kalokàgathos, uomo esemplare<br />
(*) Questa relazione è corredata da immagini contenute nel compact disc allegato al<br />
volume.<br />
1 R. Bodei, Le forme del bello, Il Mulino, Bologna, 1995, pag. 8.<br />
2 Ivi, pag.13.<br />
11<br />
di Libera Bramante
Dell’Estetica<br />
(kàlos, buono; originariamente kalim, attrarre a sè) e (àgatos, buono).<br />
O in cinese l’ideogramma mei (bellezza come un grande agnello)<br />
posto in rapporto con shan (buono).<br />
Bello in latino, pulcher (di origine incerta) riferito a bontà e potenza<br />
divina e umana o aptus, bello in quanto funzionale allo scopo<br />
(da cui l’opera di Agostino De pulchro et apto).<br />
Infine in tedesco (da Hegel ad Heidegger) schön (bello) ha lo<br />
stesso etimo di schein (brillare, splendere, pieno di luce) come nelle<br />
concezioni tardo antiche e medievali dove il bello è associato<br />
all’Aglaia, allo Splendor e alla Caritas.<br />
Questo per quanto riguarda la terminologia.<br />
Ma cosa troviamo se andiamo alla ricerca <strong>delle</strong> tradizioni che<br />
maggiormente hanno segnato la nostra concezione di bellezza?<br />
Troviamo come prima quella che si richiama alle idee di misura<br />
e di ordine, le cui premesse (nella Grecia arcaica) risalgono<br />
a Zeus che, dopo aver vinto le forze <strong>delle</strong> tenebre, imprigiona<br />
dopo un colpo di stato il padre Kronos sull’Erebo e stabilisce le<br />
proprie leggi fondandole sulla nozione di misura. E insieme al<br />
figlio Apollo custodisce queste Metra secondo regole codificate e<br />
trascritte sulle mura esterne del tempio di Delfi con una scritta che<br />
così suonava: “il più giusto è il più bello, osserva il “limite” 3 (concetto<br />
di perfezione nella mentalità arcaica). [D1]<br />
Questi ideali di misura vengono per la prima volta trasposti<br />
dal piano religioso a quello filosofico grazie alla scuola pitagorica<br />
che avvia le prime articolate riflessioni sul bello. Si attribuisce<br />
proprio a Pitagora l’inscrizione di ogni forma di bellezza in un contesto<br />
globale. Nessuna civiltà prima dei Greci era riuscita a codificare<br />
con tanta astrazione le leggi di questo ordine. In tutte le civiltà<br />
gli uomini si sono sempre lasciati attrarre dai fenomeni (legati ai<br />
concetti) di ordine e simmetria, che suscitano sensazioni di sicurezza<br />
ed equilibrio. La percezione è tanto più forte quando questi si<br />
riscontrano in natura (es. contorni della luna che si stagliano nel<br />
cielo stellato; le macchie rosso fuoco sul dorso di un insetto etc.).<br />
Percezione più forte di quella che si prova quando si riflette sulla<br />
simmetria assiale (speculare <strong>delle</strong> due metà del corpo).<br />
Pitagora chiama il mondo Kosmos, termine che in preceden-<br />
3 Ivi, pag. 17.<br />
12
La bellezza e il “sé immagine” di Libera Bramante<br />
za indicava solo l’ornamento o il maquillage <strong>delle</strong> donne, i nostri<br />
odierni oggetti di cosmetica. L’intento di Pitagora era quello di<br />
trasferire anche sulla terra l’ordine (apparentemente minato dal<br />
caos del cielo stellato) che si riscontrava dall’osservazione dei<br />
corpi celesti e dei loro ritmi e cicli. Solo così, secondo Pitagora,<br />
gli uomini avrebbero imparato a distinguere il vero dal falso, il<br />
bello dal brutto, il buono dal cattivo e sarebbero stati in grado di<br />
elaborarlo nelle leggi della politica. Solo così queste leggi sarebbero<br />
state perfette come quelle che regolano i corpi celesti. 4 Per<br />
Pitagora la misura e l’ordine si manifestano nell’armonia sonora<br />
e nella simmetria visibile, concetti che implicano una relazione<br />
o proporzione ordinata di parti dove ordine e proporzione coincidono<br />
con la bellezza. Così la bellezza è concepita come proporzione<br />
e appropriata disposizione <strong>delle</strong> parti. Per i pitagorici<br />
l’armonia sonora e la simmetria visibile, che sono la più esplicita<br />
manifestazione della misura, sono riconvertibili l’una nell’altra<br />
così come il sensibile è traducibile nell’intellegibile e viceversa.<br />
Essi sostengono che non vi è scissione fra i piani di realtà, tra il<br />
piano sensibile e quello intellegibile, ma essi sono “traducibili”<br />
l’uno nell’altro. Inoltre per i Pitagorici le misure del mondo sono<br />
conoscibili perché obbediscono a leggi che si mostrano attraverso<br />
numeri [D2]. Il numero è l’archè, l’origine, l’essenza della realtà<br />
e non è separato dagli enti, non è una astrazione 5 ; ha aderenza<br />
con la realtà perchè non vi è scissione tra i piani di realtà (Platone<br />
opererà questa separazione).<br />
Per Pitagora la “riconvertibilità” dei concetti di armonia sonora<br />
e simmetria visibile, che sono alla base del concetto di misura,<br />
è testimoniata da un racconto. Si narra che Pitagora, udendo dei<br />
colpi di martello sull’incudine, si rese conto che l’armonia dei<br />
suoni prodotti, un accordo secondo la proporzione 3:4:5, non dipendeva<br />
nè dalla forma del martello nè dalla forza, ma dal loro<br />
peso. Questa armonia trovava poi riscontro nella costruzione geometrica<br />
di due triangoli che alla fine di alcune operazioni forniva<br />
tre segmenti la cui rispettiva lunghezza corrispondeva a quel-<br />
4 Cfr. R. Bodei, Le forme del bello, op. cit. pag. 19.<br />
5 Cfr. Aristotele, Metafisica, 987b, in Collana I Grandi Filosofi, opere scelte da<br />
Armando Massarenti, Laterza, Bari, 1999.<br />
13
Dell’Estetica<br />
la <strong>delle</strong> corde “do”, “mi”, “la” a testimonianza della traducibilità<br />
del visibile nell’udibile come del sensibile nell’intellegibile.<br />
Per tale motivo il bello sensibile risultava non divergere da<br />
quello artistico in uno scambio reciproco di forme sensibili e di<br />
forme intellegibili.<br />
L’applicabilità del numero e della misura anche alla simmetria<br />
visibile, oltre che all’armonia sonora, è per i pitagorici testimoniata<br />
nella scultura, nell’ architettura e nella pittura. E l’anello<br />
di congiunzione tra armonia e simmetria è indicato dal ritmo:<br />
regolare ritorno degli stessi elementi o strutture. Nella scultura<br />
la simmetria è resa dai rapporti di misura tra le parti della statua<br />
(es. rapporto tra la testa e il corpo: la testa un decimo rispetto al<br />
corpo). Oppure nelle arti visive con la sezione aurea, divisione di<br />
un segmento in due parti diseguali tali che queste stiano tra loro<br />
in un rapporto corrispondente a quello che l’intero segmento intrattiene<br />
con la prima parte.<br />
Quindi l’armonia, la simmetria e un cosmo retto dal numero<br />
presuppongono la misura, il rapporto di proporzione senza residui,<br />
l’unione di bello, buono, vero.<br />
Così il pensiero di Pitagora svilupperà un’iniziale sinonimia<br />
della trinità vero, bello, buono.<br />
Se il mondo è governato da leggi che si basano su misure calcolabili,<br />
armoniche e simmetriche, che i sensi e l’intelletto sono<br />
capaci di cogliere e reinvertire reciprocamente, esse sono belle,<br />
vere e buone.<br />
Il bello quindi è buono, è giusto, retto dalla giusta misura,<br />
dall’equilibrio e dall’armonia che sono virtù. Per cui se la virtù<br />
coincide con l’adeguarsi alla forma razionale del mondo, il bello è<br />
qualsiasi atteggiamento morale che si ispira alla misura.<br />
La trinità pitagorica comincerà ad incrinarsi solo con Platone,<br />
quando il vero e il buono perderanno la loro “immediata coincidenza<br />
con il bello”. 6<br />
Ma con quale bello? Quello sensibile e quello dell’arte.<br />
Questo perché per Platone, rispetto a Pitagora, c’è scissione<br />
6 R. Bodei, Le forme del bello, op. cit. pag. 30.<br />
14
La bellezza e il “sé immagine” di Libera Bramante<br />
tra sensibile ed intellegibile. Per Platone il mondo intellegibile<br />
o iperuranio o mondo <strong>delle</strong> idee custodisce le essenze vere della<br />
realtà, gli archetipi, i modelli di cui il mondo sensibile è copia. Qui<br />
bisognerà fare una precisazione perchè erroneamente si vede<br />
Platone avversario tout court dell’arte quando, in realtà, il suo è<br />
solo timore della potenza ammaliatrice di essa che tocca la parte<br />
a-razionale dell’anima, allontanando dal vero, dalla ragione.<br />
Platone avversa quindi solo quella potenza dell’arte “istigatrice”<br />
di sentimenti irrazionali che distoglie dal coglimento del vero,<br />
bello e buono intellegibili. Per Platone il sensibile è funzionale<br />
all’intellegibile, la bellezza sensibile a quella intellegibile. L’ordine<br />
cosmico non è altro che una copia dell’intellegibile e la bellezza<br />
rinvia ad un aldilà ultrasensibile, di cui la parte sensibile di<br />
essa ne è solo un riflesso. Quindi la bellezza vera, quella che potrà<br />
ricostituire la trinità vero, bello, buono, rinvia a ciò che si può<br />
cogliere oltre i sensi.<br />
In particolare in due dialoghi, il Convito ed il Fedro, [D3] Platone<br />
definisce i caratteri della bellezza, ne ribadisce il legame con il<br />
buono ed il vero intelligibili, ma anche con l’amore, Eros, che è un<br />
grande demone (ciò che sta tra dio e il mortale), che è amore del<br />
bello, Eros di bellezza, messaggero dagli uomini agli dei. Egli ha<br />
il compito di cogliere la bellezza sensibile e da lì si fa veicolo per<br />
ascendere dalla bellezza dei corpi alla Bellezza in sé.<br />
Nel Convito, Socrate, invitato a cena da Agatone ed esortato a<br />
parlare di questioni riguardanti l’amore riferisce il dialogo avuto<br />
con Diotima di Mantinea, portatrice di arte divinatoria, esperta<br />
in cose d’amore, e così dice:<br />
[…] “E quando alcuno […] sollevandosi dalle cose di quaggiù, prenda<br />
a contemplare quella bellezza, allora può dirsi che abbia quasi toccato<br />
la meta.<br />
Perché questo appunto è sulla via d’amore procedere o essere guidato<br />
dirittamente da un altro: muovendo dalle belle persone di quaggiù<br />
ascendere via via sempre più in alto, attratto dalla bellezza di lassù,<br />
quasi montandovi per una scala, da un bel corpo a due, e da due a tutti i<br />
bei corpi, e da’ bei corpi alle belle istituzioni e dalle istituzioni alle belle<br />
scienze per finire dalle scienze a quella scienza che non è scienza d’altro<br />
se non in quella bellezza; e pervenuto al termine, conosca quel che è il<br />
bello in sé.<br />
15
Dell’Estetica<br />
Questo, mio caro Socrate, se altro mai, diceva l’ospite di Mantinea, è<br />
il momento della vita degno per un uomo d’esser vissuto, allorché egli<br />
può contemplare la bellezza in sé. Ed essa, ove mai tu la veda, non ti<br />
parrà comparabile né con oro né con vesti né con quei bei fanciulli e<br />
giovanetti, al cospetto dei quali rimani ora sgomento e sei pronto, e tu e<br />
molti altri, guardando codesti vostri amati e standovi con loro, se fosse<br />
possibile, sempre, a non mangiare né bere, ma soltanto a contemplarveli<br />
e starci insieme.<br />
E che sarebbe, diceva, se a qualcuno riuscisse di vedere il bello in sé,<br />
schietto, puro, sincero, non infarcito di carni umane e di colori e di<br />
tante altre vanità mortali, ma potesse scorgere la divina bellezza in sé<br />
medesima, uniforme ?[…]<br />
O non pensi, disse, che quivi soltanto, a lui che vede la bellezza con<br />
quello per cui essa è visibile, verrà fatto di partorire, non immagini di<br />
virtù, perché non è in contatto con immagini, ma virtù vera, perché in<br />
contatto col vero; e che, avendo generato e nutrito virtù vera a lui solo è<br />
concesso di divenir caro agli dei, ed anche, se altri mai fu tale al mondo,<br />
immortale ?” 7<br />
Quindi Platone non disdegna la bellezza sensibile. Nel Convito<br />
si parla di amore per la bellezza di un corpo e poi di altri corpi e<br />
così per via ascensiva si arriva all’essenza suprema della bellezza.<br />
La bellezza rende immortali nel corpo (propagazione della<br />
specie) e nell’anima. Quindi egli non solo non disdegna la bellezza<br />
sensibile, ma le affida la responsabilità di condurre l’uomo in<br />
ascesa dal sensibile all’intellegibile. 8<br />
E infatti nel Fedro dice:<br />
[…] “Quanto alla bellezza, essa, come s’è detto, sfolgorava allora nella sua<br />
essenza tra quegli spettacoli; e noi, venuti quaggiù, l’abbiamo senz’altro<br />
riconosciuta alla sua luminosità mediante il più luminoso dei nostri sensi.<br />
La vista è infatti il più acuto dei nostri sensi corporei, ma con essa non<br />
si vede la sapienza – che desterebbe in noi ardentissimi amori, se la sua<br />
7 Platone, Convito, XXIX, 210/211 - 211/212, in PLATONE, Tutte le opere, Sansoni<br />
Editore, Milano, 1993.<br />
8 Cfr. F. Rella, Il mostruoso dentro di noi, in La Repubblica del 12 Giugno 2007; S.<br />
Givone, La bellezza? La bellezza non deve essere perchè è falsa, in SWIF, L’Unità 16<br />
Gennaio 2002, (http://swif.uniba.it/lei/rassegna020116c.htm); T. Mann, La morte<br />
a Venezia, introduzione di Cesare Cases, traduzione di Bruno Maffi, Milano:<br />
Rizzoli, 1987.<br />
16
La bellezza e il “sé immagine” di Libera Bramante<br />
immagine si offrisse altrettanto chiara al nostro occhio – come del resto<br />
non si vedono le altre amabili essenze.<br />
Ora invece alla sola bellezza toccò questo privilegio d’essere la più evidente<br />
e la più amabile […]” 9<br />
Quindi in Platone il concetto di bellezza ha un duplice significato:<br />
da un lato è Eros che genera l’immortalità nella bellezza,<br />
dall’altro è coglimento di verità e di bene.<br />
Ma se Eros genera l’eterno nella bellezza allora la bellezza sarà<br />
l’origine dell’eternità e dell’immortalità. La bellezza come origine.<br />
Queste considerazioni passeranno poi attraverso la concezione<br />
plotiniana della bellezza come sgorgante dal nulla, [D4] un nulla<br />
inteso come libero sgorgare dall’Uno, un nulla alto e non basso<br />
che è nel cuore dell’essere e lo fonda. Quindi l’essere non sarà<br />
che libertà e la bellezza manifestazione dell’essere come libertà.<br />
Nel corso dei secoli la riflessione e gli interrogativi sul concetto<br />
di bellezza oscilleranno tra il bello inteso come libertà creatrice e<br />
il bello come fondamento di verità e bene.<br />
Ma già a partire da Plotino, come abbiamo visto, la bellezza<br />
sottratta dal suo fondamento (in quanto intesa come libero sgorgare<br />
dall’Uno, quindi come libertà) si sottrarrà a se stessa e si<br />
farà sfuggente ed inafferrabile. E così per secoli, fino ad arrivare<br />
a pensare che la bellezza non ha più a che fare con la bellezza, ma<br />
con altro. Il suo altro che ne porta alla luce la verità, negandola.<br />
La bellezza ha a che fare con il nulla. E come sostiene Sergio Givone:<br />
“con ciò il cerchio sembra chiudersi”. 10<br />
Da qui una domanda che ci riguarda da vicino. [D5]<br />
È ancora cosa, è ancora ideale per noi la bellezza? “O non è<br />
che un guscio vuoto, un simulacro, un’idea svuotata di senso?” 11<br />
Viviamo in un mondo che è paradosso di bellezza, che la insegue<br />
forsennatamente, ma che non sa più cosa essa sia.<br />
9 Platone, Fedro, XXXI, 250/251, in PLATONE, Tutte le opere, Sansoni Editore, Milano,<br />
1993.<br />
10 S. Givone, Prima lezione di estetica, Laterza, Bari, 2006, pag. 49.<br />
11 Ibidem.<br />
17
Dell’Estetica<br />
Solo ciò che è bello sembra degno di esistere, ma il risultato poi<br />
è il trionfo di quella parodia del bello che è cosmesi a tutti i costi.<br />
Il paradigma estetico viene così esteso pervasivamente ai più<br />
diversi ambiti dell’esperienza, secondo quel fenomeno che Mario<br />
Perniola 12 definisce dimensione estetizzante <strong>delle</strong> masse. Difatti<br />
a prima vista la bellezza pare ancora una volta, come già Platone<br />
ci aveva fatto notare, il concetto più adatto a gettare un ponte,<br />
ma questa volta, tra l’atmosfera cosmetico-massmediale pubblicitaria<br />
e la tradizione culturale. Quindi la bellezza è più popolare,<br />
più connessa con il sentire <strong>delle</strong> masse che non i concetti di<br />
verità / virtù / bontà. Intanto oggi, sulla base di accreditati dati<br />
statistici, sembrerebbe che pochi si curano della coerenza dei loro<br />
pensieri o della purezza <strong>delle</strong> proprie azioni, ma moltissimi si<br />
interrogano sull’avvenenza del volto o del corpo, affollando maniacalmente<br />
palestre, centri estetici, intraprendendo diete drastiche<br />
e comprando cosmetici che promettono miracoli. In tutto<br />
questo contesto pervasivamente estetizzante non c’è più posto per<br />
la tradizione culturale, per la plurimillenaria riflessione filosofica<br />
intorno alla nozione di bellezza. Le moltitudini estetizzanti<br />
ritengono di non avere più nulla da imparare dalla tradizione<br />
culturale intorno al concetto di bellezza. Questo divario, sempre<br />
più marcato tra la nozione di bellezza e le moltitudini estetizzanti,<br />
non è così immediato e passa attraverso una patologia sociale<br />
chiamata narcisismo. Il termine è mutuato dalla tradizione mitologico<br />
letteraria. 13 [D6]<br />
Narciso è una figura mitologica greca, figlio di Cefiso, divinità<br />
fluviale e della ninfa Liriope. Secondo il mito narrato da Ovidio,<br />
Narciso era un bellissimo giovane di cui tutti, sia uomini<br />
che donne, si innamoravano alla follia. Tra gli spasimanti anche<br />
la ninfa Eco, condannata da Era a ripetere le ultime parole che<br />
le venivano rivolte, poiché le sue chiacchiere distraevano la dea<br />
impedendole di scoprire gli amori furtivi di Zeus. Incapace di di-<br />
12 Cfr. M. Perniola, Che fine ha fatto la bellezza, in Diario di Repubblica, 12 Giugno<br />
2007; M. Perniola, La battaglia per la bellezza, in SWIF, L’Unità, 15 Settembre 2002<br />
(http://lgxserver.uniba.it/lei/rassegna/020915d.htm).<br />
13 Ovidio, Metamorfosi, trad. L. Koch, a cura di A. Barchesi/G. Rosati, Mondadori,<br />
Milano, 2007.<br />
18
La bellezza e il “sé immagine” di Libera Bramante<br />
chiarare il suo amore, Eco fu respinta brutalmente dal bel giovane,<br />
trascorrendo, consumata dall’amore, il resto della sua vita in valli<br />
solitarie e destinata a rimanere solo un’eco lontana.<br />
Gli dei adirati allora decisero di punire Narciso facendolo innamorare<br />
della sua immagine. Così Narciso, avvicinandosi ad<br />
una fonte chiara, non appena vide riflessa la sua immagine se ne<br />
innamorò perdutamente. Quell’amore, che gli veniva al tempo<br />
stesso concesso e negato, cominciò a struggerlo di dolore e insieme<br />
a farlo godere del suo tormento fino a quando il povero<br />
giovane non morì di languori e il suo bel corpo si trasformò in un<br />
narciso, il fiore che cresce ai bordi <strong>delle</strong> fonti.<br />
Da qui il narcisismo, come malattia psichica, che ha per l’affettività<br />
contemporanea 14 un’importanza paragonabile a quella<br />
dell’isteria e della nevrosi al tempo di Freud.<br />
Il termine narcisismo, usato per la prima volta in psicanalisi<br />
da Ellis, poi ripreso da un discepolo di Freud (J. Singer) e nel<br />
1914 da Freud 15 stesso, comunemente sta ad indicare uno stato<br />
psichico in cui il soggetto preoccupato solo di sè stesso, esclude<br />
tutti gli altri.<br />
Come sostiene Freud, il narcisista è un soggetto la cui libido si<br />
ritira su sè stessa, tant’è che si parla di ritiro narcisistico inteso<br />
come un ritrarsi su sé stessi: come direbbe A. Lowen “un soggetto<br />
in grado di agire quasi completamente in assenza di sentimenti”. 16<br />
“Egli stesso diventa il proprio mondo e crede di essere lui il mondo<br />
intero” 17 (Theodore Rubin).<br />
Freud nel 1914 in Introduzione al narcisismo individua due tipi<br />
di narcisismo: un narcisismo primario che non è una perversione,<br />
bensì il completamento libidico dell’egoismo, della pulsione di<br />
auto-conservazione, una componente che appartiene legittimamente<br />
ad ogni essere vivente, da intendersi come normale fase<br />
evolutiva nella formazione della personalità, istinto di sopravvi-<br />
14 Cfr. M. Perniola, La battaglia per la bellezza, art.cit. (http://lgxserver.uniba.it/lei/<br />
rassegna/020915d.htm).<br />
15 S. Freud, Introduzione al narcisismo, in Freud Opere, Boringhieri, Torino, 1975, pp.<br />
441-472.<br />
16 A. Lowen, Il narcisismo. L’identità rinnegata, Feltrinelli, Milano, 1985, pag.35.<br />
17 T. Rubin, Goodbye to death and celebration of life, Vol. II, Event, 1981, p. 64.<br />
19
Dell’Estetica<br />
venza ed auto-tutela; e un narcisismo secondario. Quest’ultimo è<br />
un nuovo ritirarsi narcisistico, un nuovo ritrarsi sull’Io (dagli oggetti)<br />
riproducendo quella onnipotenza infantile negata dall’incalzante<br />
maturità o dovuta all’influenza di quegli aspetti involutivi<br />
e nevrotici della società, che si esprimono attraverso la ricerca<br />
del piacere ad ogni costo, con eccessi di consumismo di cibo e/o<br />
di generi vari alternati ad atteggiamenti anoressici e ricerca, nei<br />
casi più gravi, di bellezza e felicità originaria attraverso paradisi<br />
artificiali.<br />
Oltre a questo può esserci un narcisismo secondario più sano,<br />
inteso come autodifesa, causato da traumi emotivi, esperienze<br />
negative (esempio: un ritiro in sé stesse da parte di donne che<br />
hanno subito esperienze negative con uomini cattivi e incapaci<br />
di amare).<br />
Se consideriamo il quadro socio-culturale in cui viviamo oggi,<br />
possiamo affermare che il narcisismo secondario, che già nel 1914<br />
fu oggetto di studio da parte di Freud, sia un tratto caratteristico<br />
della nostra epoca.<br />
L’amplificazione iperbolica dell’immagine dell’io a detrimento<br />
della sua realtà conduce così ad un totale appiattimento sui modelli<br />
proposti dalla pubblicità, dalla televisione e dalla moda, che<br />
ha assunto nel corso degli ultimi tempi l’aspetto di una catastrofe<br />
culturale, politica e sociale in cui sono coinvolte l’arte e la scienza<br />
non meno della filosofia e della religione. Tant’è che già nel 1980<br />
la personalità narcisistica acquistò una tale importanza sulla scena<br />
psichiatrica da essere inclusa nel DSM-III dall’Associazione<br />
psichiatrica americana. 18<br />
Ciò anche a causa degli sviluppi avvenuti sia in campo sociale,<br />
con la pubblicazione del libro di Christopher Lasch La cultura del<br />
narcisismo (1978) 19 in cui si indagano le cause sociali che hanno<br />
stravolto le categorie esistenziali dell’uomo facendolo ripiegare<br />
su sé stesso, sia in ambito psicoanalitico grazie alle teorie di un<br />
18 DSM-III-R, Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali. Ed. Masson, Milano,<br />
1981.<br />
19 C. Lasch, La cultura del narcisismo, Bompiani, Milano, 1978.<br />
20
La bellezza e il “sé immagine” di Libera Bramante<br />
autorevole analista di Chicago, H. Kohut, 20 che ha stimolato l’interesse<br />
intorno alla personalità narcisistica ispirando un grosso<br />
movimento interno alla psicoanalisi definito “Psicologia del sé”.<br />
La crisi dei valori, l’esibizionismo, la smania di costruirsi<br />
un’immagine vincente agli occhi del mondo sono tutti fattori che<br />
hanno certamente contribuito allo sviluppo incalzante <strong>delle</strong> personalità<br />
narcisistiche.<br />
Dal punto di vista più propriamente sociologico, C. Lasch nel<br />
libro La cultura del narcisismo sostiene che Narciso è l’immagine<br />
simbolo del nostro tempo, dell’io incapace di aprirsi al riconoscimento<br />
dell’altro. Un io auto-proclamatosi ombelico del mondo,<br />
origine e fine di ogni cosa. A suo avviso la nostra epoca vive un<br />
individualismo narcisistico, ansioso ed inquieto, ripiegato su se<br />
stesso, mosso dal desiderio di possesso e benessere senza limiti.<br />
Mentalità proposta e imposta dai nuovi soggetti di potere che<br />
impediscono la formazione di sane personalità, di sani Io nella<br />
collettività. Qui i soggetti sociali finiscono diritti nelle bocche<br />
del cannone del consumismo. Senza un io correttamente formato<br />
l’uomo è condotto alla ricerca di soddisfazioni effimere 21 , di una<br />
bellezza/apparenza vuota che è il nulla.<br />
Un nulla che sta in basso, che è simulazione, e che non è quello<br />
alto di Plotino.<br />
Certamente è l’eccessiva importanza legata all’immagine,<br />
all’immagine bella, un indizio inequivocabile della tendenza al<br />
narcisismo. I narcisisti dimostrano, è vero, una mancanza di interesse<br />
per gli altri, ma sono allo stesso modo indifferenti ai propri<br />
più veri bisogni. Spesso il loro comportamento è autodistruttivo.<br />
Inoltre, quando parliamo dell’amore dei narcisisti per se stessi,<br />
dobbiamo operare una distinzione. Il narcisista denota un investimento<br />
nell’immagine invece che nel sé. I narcisisti amano la<br />
propria immagine, non il loro sé reale. Amano il loro sé immagine.<br />
Hanno un senso di sé debole e non è in base ad esso che orientano<br />
le loro emozioni. Ciò che fanno è piuttosto diretto ad in-<br />
20 H. Kohut, Narcisismo e analisi del sè, Boringhieri, Torino, 1971; H. Kohut, La<br />
guarigione del sé, Boringhieri, Torino, 1977; vedi anche H. Rosenfeld, Comunicazione<br />
e interpretazione, Boringhieri, Torino, 1989, pp. 54-55.<br />
21 Vedi S. Givone, Prima lezione di estetica, op. cit. pag. 51.<br />
21
Dell’Estetica<br />
crementare l’immagine, spesso a discapito del sé. L’ammirazione<br />
che il narcisista riceve gonfia solo il suo io e non fa nulla per il se.<br />
Alla fine il narcisista respingerà gli ammiratori allo stesso modo<br />
in cui ha respinto il proprio sé autentico.<br />
Il ritirarsi su di sé è non amore di sé, è incapacità di amare. Si cura<br />
la propria immagine bella (come Narciso), ma non ci si ama. Si<br />
insegue l’eterna giovinezza, si uccide a poco a poco il proprio<br />
sé (come Dorian Gray 22 [D7]) inseguendo una bellezza ideale e<br />
non reale, sotto i ferri del chirurgo plastico o smettendo di cibarsi<br />
in un alterato rapporto dialettico con il cibo, fino a rendere<br />
la propria immagine una rappresentazione spettrale/fantastica<br />
nell’agonia anoressica. [D8]<br />
In questo contesto in cui l’estetica, la bellezza, sembra reggersi<br />
solo sul culto dell’immagine narcisisticamente intesa, in cui<br />
si è smarrito il nesso bellezza/realtà, bellezza/verità a favore<br />
dell’apparenza e del non amore di sé, c’è ancora posto per la<br />
bellezza che è eros, amore di bellezza e quindi amore di verità?<br />
Amore che, veicolato dalla bellezza e veicolante la stessa, passa<br />
prima attraverso i corpi, i corpi belli, per poi valorizzare la vera<br />
essenza dell’uomo. Corpi belli che non sono (non devono essere)<br />
immagine, ma che sono sé reale, sono sana autocreatività, autopoiesi<br />
23 e non simulazione e massificazione su modelli proposti dai<br />
media e dal marketing. In tal senso per non lasciarsi sopraffare<br />
dal nulla <strong>delle</strong> apparenze, si può rivolgere lo sguardo a quello<br />
stesso narcisismo dai risvolti naturali, positivi, “sani” come direbbe<br />
Kohut. Narcisismo che può essere indirizzato in positivo e<br />
curato, ossia coltivato, e che può diventare un’arma di difesa nei<br />
confronti di un mondo pervasivamente estetizzante e legato al<br />
culto dell’immagine tout-court.<br />
Il narcisismo come amore e cura di se stessi può costituire un<br />
aspetto certamente ambivalente, ma non necessariamente e sempre<br />
negativo della società contemporanea. Ciò se si presta un oc-<br />
22 Oscar Wilde, Il ritratto di Dorian Gray, collana Universale Economica «I Classici»,<br />
traduzione di Benedetta Bini, Feltrinelli, 1991.<br />
23 Vedi H. R. Maturana, F. J. Varela, Autopoiesi e cognizione. La realizzazione del vivente,<br />
Marsilio, Padova, 2001, pag. 39; N. Luhmann, Sistemi sociali fondamentali di una<br />
teoria generale, trad. it. Il Mulino, Bologna, 1990, pag. 415.<br />
22
La bellezza e il “sé immagine” di Libera Bramante<br />
chio più attento e volto a filtrare quegli aspetti involutivi della<br />
nostra epoca dove bellezza sembrerebbe essere solo immagine.<br />
All’istinto di Narciso sono infatti collegate l’ambizione personale,<br />
la volontà di migliorarsi rispetto al passato, di auto-affermarsi,<br />
la difesa dei propri interessi. 24 Secondo Freud esso costituisce<br />
una spinta originariamente erotica di perfezionamento, ossia di<br />
perfezionamento della pulsione libidica. Unito ad altre caratteristiche<br />
della personalità, il narcisismo può avere importanti<br />
valenze sociali a patto che siano tutelate certe condizioni quali<br />
l’indipendenza individuale, la libertà di scelta e l’identificazione<br />
dell’individuo con scopi socialmente compatibili.<br />
Tali caratteristiche pare siano tipiche nella fase adolescenziale<br />
[D9] in cui l’io dei giovani, affrancatosi dai limiti posti dall’infanzia,<br />
raggiunge un livello di massima autodeterminazione creativa,<br />
di massima creatività autonoma o anche detta autopoiesi.<br />
Tale creatività che è anche individualità e che è naturalmente<br />
narcisistica si manifesta con:<br />
- amore e rispetto verso se stessi, dimostrato non solo nell’autoconservazione<br />
e nell’autotutela, ma anche nella coltivazione<br />
sana della propria persona sia dal punto di vista formale ed<br />
estetico, che dal punto di vista intellettuale;<br />
- amore per l’ambiente, naturale ed umano, coltivato dal punto<br />
di vista estetico e sociale, nel quale al giovane piace “riconoscersi”<br />
e stare a proprio agio.<br />
Questo tipo di amore e di carica di autodeterminazione creativa,<br />
di tutela della propria individualità e libertà auto-creativa deve<br />
fare i conti con le restrizioni e i vincoli sociali che l’adolescente<br />
vive e che l’entrata nella vita adulta con le sue responsabilità<br />
metterebbe a rischio.<br />
È questa la ragione per cui l’eterna giovinezza costituisce un<br />
mito e un’utopia che accomuna la società contemporanea a quella<br />
passata e la perdita di giovinezza un rimpianto altrettanto universale,<br />
perchè si perde l’autonomia individuale creativa.<br />
24 Cfr. S. Freud, Introduzione al narcisismo, op. cit. pag.46.<br />
23
Dell’Estetica<br />
Pertanto, come insegna la sociologia, è possibile sfruttare l’impulso<br />
alla creatività autopoietica ai vari stadi del ciclo di vita, per<br />
socializzare, educare e produrre, e sublimarlo a scopi, non solo<br />
individuali di chiusura e ripiegamento su se stessi, ma anche sociali,<br />
senza privare l’individuo di un senso di soddisfazione e<br />
felicità.<br />
E chissà che indirizzando e coltivando un naturale narcisismo<br />
primario non vi sia ancora spazio per una bellezza del sé reale e<br />
non più del sé immagine, dove l’ideale bellezza/verità/bontà,<br />
forse anacronistico ma nostalgico, lasci intravedere spiragli di<br />
ottimismo. E allora, la bellezza salverà il mondo? 25<br />
25 Cfr. F. Dostoevskij, L’idiota, Einaudi, Torino, 1994.<br />
24
Riferimenti bibliografici<br />
La bellezza e il “sé immagine” di Libera Bramante<br />
• Aristotele, Metafisica, in Collana I Grandi Filosofi, opere scelte<br />
da Armando Massarenti, Laterza, Bari, 1999.<br />
• R. Bodei, Le forme del bello, Il Mulino, Bologna, 1995.<br />
• F. Dostoevskij, L’idiota, Einaudi, Torino, 1994.<br />
• DSM-III-R, Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali.<br />
Ed. Masson, Milano, 1981.<br />
• S. Freud, Introduzione al narcisismo, in Freud Opere, Boringhieri,<br />
Torino, 1975.<br />
• S. Givone, Prima lezione di estetica, Laterza, Bari, 2006.<br />
• H. Kohut, La guarigione del sé, Boringhieri, Torino, 1977.<br />
• H. Kohut, Narcisismo e analisi del sè, Boringhieri, Torino, 1971.<br />
• C. Lasch, La cultura del narcisismo, Bompiani, Milano, 2001.<br />
• A. Lowen, Il narcisismo. L’identità rinnegata, Feltrinelli, Milano,<br />
1985.<br />
• N. Luhmann, Sistemi sociali fondamentali di una teoria generale,<br />
trad. it. Il Mulino, Bologna, 1990.<br />
• T. Mann, La morte a Venezia, introduzione di Cesare Cases, traduzione<br />
di Bruno Maffi, Milano, Rizzoli, 1987.<br />
• H. R. Maturana, F. J. Varela, Autopoiesi e cognizione. La realizzazione<br />
del vivente, Marsilio, Padova, 2001.<br />
• Ovidio, Metamorfosi, trad. L. Koch, a cura di A. Barchesi/G.<br />
Rosati, Mondadori, Milano, 2007.<br />
• Platone, Convito, in PLATONE. Tutte le opere, Sansoni Editore,<br />
Milano, 1993.<br />
• Platone, Fedro, in PLATONE. Tutte le opere, Sansoni Editore,<br />
Milano, 1993.<br />
• H. Rosenfeld, Comunicazione e interpretazione, Boringhieri,<br />
Torino, 1989.<br />
• T. Rubin, Goodbye to death and celebration of life, Event, Vol.<br />
II., 1981.<br />
• Oscar Wilde, Il ritratto di Dorian Gray, collana Universale<br />
Economica «I Classici», traduzione di Benedetta Bini, Feltrinelli,<br />
1991.<br />
25
Il bello artistico tra epoche e stili (*)<br />
Introduzione<br />
Il concetto di estetica nell’arte inteso come ricerca del bello,<br />
ossia forme armoniose giuste proporzioni ecc., è variato notevolmente<br />
nei secoli e nelle epoche, mutando in funzione dei parametri<br />
storici, sociali, stilistici e culturali.<br />
Ciò che era considerato bello dagli artisti medioevali, non lo<br />
era più per gli artisti del Rinascimento che definivano l’arte gotica<br />
“barbara”. Ciò che era bello per gli artisti barocchi dei secc.<br />
XVII e XVIII non lo fu più per i neoclassici nell’Ottocento che<br />
condannarono gli eccessi e gli abusi dell’arte barocca e roccocò e<br />
definirono quel periodo artistico un periodo di “disordine”.<br />
Ciò si spiega con il fatto che gli artisti hanno interpretato il concetto<br />
di estetica nel loro particolare momento storico e secondo<br />
precisi parametri figli di ispirazioni e aspirazioni stilistiche sociali,<br />
economiche, artistiche e culturali in genere.<br />
Kalòs kai agathòs<br />
Nel mondo greco il concetto di bello coincide con quello di<br />
buono, ossia giusto, eroico, onesto.<br />
Kalòs Kai agathòs ossia “quel che è bello è buono”.<br />
Nell’arte greca la bellezza esteriore è frutto di precisi rapporti<br />
proporzionali tra le parti, equilibrio nei gesti, ponderazione <strong>delle</strong><br />
parti, compostezza nel mondo che circonda l’uomo, pacatezza<br />
nella gestualità.<br />
27<br />
di Giuseppe Pristerà<br />
(*) Questa relazione è corredata da immagini contenute nel compact disc allegato al<br />
volume.
Dell’Estetica<br />
Il mondo rappresentato dagli artisti greci era un mondo interiore<br />
senza tensioni, concetto incarnato in modo esemplare dal<br />
Dorifiro di Policleto. L’ideale policleteo rimane inalterato per tutto<br />
il classicismo e l’artista greco ricerca la bellezza quasi esclusivamente<br />
nel corpo maschile. Si tratta di corpi nudi e atletici in<br />
quanto rappresentano spessissimo atleti.<br />
Si sa infatti che l’atleta, per tutta la durata <strong>delle</strong> manifestazioni<br />
olimpiche dell’antichità, era considerato un vero eroe che godeva<br />
di un trattamento sociale privilegiato (per esempio le sue imprese<br />
gli assicuravano un vitalizio, i posti migliori a teatro e ogni<br />
sorta di riguardo).<br />
Si capirà bene che allora un individuo così amato dal mondo<br />
che lo aveva prodotto, non poteva che diventare un modello, lui<br />
e la condizione che lo caratterizzava: nudità e prestanza fisica veniva<br />
così immortalata da artisti sommi come per esempio Mirone<br />
nel Discobolo.<br />
Per i greci l’atleta nudo era simbolo di perfezione e permetteva<br />
di ammirare le proporzioni e la bellezza del corpo umano, ma<br />
maschile.<br />
Con Prassitele inizia il concetto di bellezza femminile.Nasce<br />
così l’esempio di bellezza femminile ideale coniata con Afrodite al<br />
bagno, primo esempio di una dea rappresentata nuda, a cui faranno<br />
riferimento gli artisti successivi, primo fra tutti l’artista della<br />
Venere di Milo, fino agli artisti del Rinascimento che riprodurranno<br />
tale modello di bellezza femminile quali Botticelli e Raffaello.<br />
Nell’Afrodite al languore sentimentale si unisce la flessuosità del<br />
corpo, un corpo femminile dalle forme tornite.<br />
Il concetto di bellezza subisce <strong>delle</strong> variazioni già presso i<br />
romani. Pur rimanendo legato a quello greco, mostra però apporti<br />
di maggiore naturalismo e realismo essendo legato a<br />
una visione più concreta dell’arte. Si sa infatti che per i romani<br />
l’arte viene concepita come documento non come filosofia.<br />
Lo dimostrano le matrone romane, denudate a mo’ di Veneri, o<br />
gli imperatori con le teste fisionomiche su corpi che non sono<br />
loro poiché si rifacevano ai modelli greci della perfezione. È un<br />
realismo quello degli artisti romani che deriva anche dalle civiltà<br />
italiche.<br />
Inoltre i romani contestavano l’esibizione del proprio corpo<br />
28
Il bello artistico tra epoche e stili di Giuseppe Pristerà<br />
se pur per motivi sportivi. Questo senso di pudicizia però non<br />
era poi così genuino. I romani deploravano i greci che correvano<br />
nudi nell’agone olimpico ma poi la notte a teatro chiedevano<br />
il denudamento <strong>delle</strong> mime (ballerine) che avveniva alla fine di<br />
alcuni spettacoli.<br />
Il corpo tempio dell’anima<br />
Con la spiritualizzazione paleocristiana si perde il senso del<br />
corporeo. Scompare il nudo nell’arte come veicolo di sollecitazione<br />
corporea.<br />
L’uomo è simbolo di creazione divina tendente al ricongiungimento<br />
col suo Fattore. Quindi nell’arte scompare la corporeità,<br />
infatti le Vergini di Sant’Apollinare Nuovo sono interamente ricoperte<br />
da abiti preziosi e appaiono come figure prive di peso, quasi<br />
incorporee.<br />
Nell’arte medioevale il nudo si lega al peccato, quel peccato<br />
che portò all’allontanamento dell’uomo da Dio e alla presa di coscienza<br />
della pochezza della condizione umana.<br />
Nell’Inferno del Mosaico del Battistero di Firenze, eseguito su disegni<br />
di Coppo di Marcovaldo, il nudo è un nudo deformato perchè<br />
è fonte di peccato. I corpi sono fortemente plastici ma anche<br />
scheletrici, a tratti mostruosi quindi inquietanti.<br />
La Grecia classica rivista dai rinascimentali<br />
Nella stagione rinascimentale c’è un recupero della bellezza<br />
classica anche se con un diverso approccio e diversi risultati stilistici<br />
da parte degli artisti del Quattrocento e del Cinquecento.<br />
Nel primo rinascimento c’è una ricerca dell’equilibrio e della<br />
compostezza, dell’armonia e della perfezione che si rifà a quella<br />
raggiunta dagli artisti della Grecia classica.<br />
Ciò accade nelle opere di Piero della Francesca, di Antonello da<br />
Messina in pittura, vedi ad esempio il Battesimo di Cristo di Piero<br />
o il San Sebastiano di Dresda di Antonello Da Messina, dipinti costruiti<br />
secondo il rigore della prospettiva e nei quali i corpi, quasi<br />
dei solidi geometrici, sono caratterizzati da un senso profondo<br />
dell’equilibrio.<br />
29
Dell’Estetica<br />
In scultura mirabile esempio di nudo di ispirazione antica è<br />
il David Bronzeo di Donatello in cui lo scultore si rifà al modello<br />
prassitelico.<br />
Nel solco di quest’indirizzo culturale e programmatico che<br />
vuole far rivivere Atene sulle sponde del Tevere o su quelle<br />
dell’Arno, si pone anche il genio di Michelangelo.<br />
Intenzionato a rivaleggiare con gli antichi, come dimostra fin<br />
dagli esordi con la realizzazione di quel capolavoro che è il Bacco<br />
del Bargello, il Buonarroti si ispirò per questo soggetto direttamente<br />
alla statuaria classica, infatti la statua risulta molto simile<br />
all’Antinoo come Bacco del Museo Nazionale di Napoli.<br />
Chiaramente il maestro riproduce qui la “ponderatio” classica<br />
del Doriforo di Policleto ammorbidendola però con una fisicità<br />
molle e ambigua che pare l’immagine stessa dell’ebbrezza.<br />
Michelangelo insomma non reinventa l’antico, non lo copia,<br />
così come del resto faranno più tardi Canova, David e tutti quelli<br />
che aggiungono del loro alla tradizione.<br />
Colpisce la rappresentazione del corpo femminile in Michelangelo,<br />
come chiaramente dimostra il Tondo Doni.<br />
La donna michelangiolesca appare sempre possente, muscolosa<br />
in quanto l’artista trasferisce la bellezza maschile nella figura<br />
femminile e ciò perchè per Michelangelo uomo e donna sono<br />
frutto di una stessa matrice.<br />
Il desiderio e la capacità di stupire<br />
La Venere di Botticelli è l’incarnazione magistrale dell’ideale<br />
della bellezza femminile del Rinascimento.<br />
È la Venere di Prassitele rivista in chiave neoplatonica. Venere è<br />
una visione ultraterrena, è l’ideale di bellezza neoplatonica, cioè<br />
quella bellezza che avvicina l’uomo a Dio ossia alla perfezione.<br />
La dea dell’amore, infatti, era nata dalla spuma del mare sollevata<br />
dalla caduta del fallo di Saturno evirato da Giove.<br />
Venere di Botticelli rappresenta la bellezza ideale secondo il<br />
concetto platonico: bellezza classica a cui corrisponde purezza<br />
dell’anima quindi bellezza la cui contemplazione nobilita l’animo<br />
umano. È una bellezza da contemplare, non da “toccare”.<br />
In questo modo, di conseguenza, non c’è carnalità, non c’è ero-<br />
30
Il bello artistico tra epoche e stili di Giuseppe Pristerà<br />
tismo. Inoltre è una figura realizzata non per massa e volume<br />
ma per linee, perché deve esprimere purezza ma anche vaghezza<br />
di quell’età che non tornerà più (di doman non v’è certezza). È il<br />
sentire la caducità <strong>delle</strong> cose terrene. È una visione dolce-amara<br />
dell’esistenza, tipica di tutta l’epoca di Lorenzo il Magnifico.<br />
In Leonardo l’uomo e la donna vivono in armonia con la natura,<br />
non c’è l’angoscia della morte perché dalla morte c’è la rinascita,<br />
lo dimostra perfettamente La Gioconda, il cui sorriso è<br />
quello di chi è in perfetta armonia con la natura.<br />
Il modello di bellezza muta visibilmente con Tiziano, nelle cui<br />
immagini femminili c’è la passione, il risveglio dei sensi, c’è la<br />
quotidianità.<br />
La Venere di Urbino, dono di nozze, rappresenta una Venere che<br />
risponde al gusto dell’epoca: bella, carnale, sensuale ma non appariscente,<br />
così come si conviene a una moglie devota. Infatti nel<br />
quadro è presente il cagnolino, simbolo di fedeltà e il mazzolino<br />
di rose che rimanda ai piaceri e alle pene d’amore (non c’è rosa<br />
senza spine…).<br />
La poetica del Barocco<br />
Nel sec. XVII, con l’arte barocca, si assiste alla nascita di una<br />
nuova poetica e di una nuova estetica con forti componenti scenografiche<br />
e di spettacolarizzazione.<br />
Sia in pittura che in scultura la figura umana, sia maschile che<br />
femminile, è spesso nuda, che si tratti di soggetti mitologici oppure<br />
di soggetti sacri.<br />
La visione del corpo umano, spesso rappresentato nella sua nudità,<br />
acquisisce una sua pregnanza scenografica e accattivante.<br />
Grande importanza assume la figura femminile in pittori quali<br />
Pietro da Cortona, Guido Reni, Pieter Paul Rubens. In particolare<br />
i dipinti di Rubens eseguiti in Italia, negli stessi anni in cui dipingeva<br />
Caravaggio, propongono un modello di donna che risponde<br />
al gusto dell’epoca: una donna opulenta, di grande sensualità,<br />
viva e pulsante.<br />
Lo dimostrano ad esempio Le Tre Grazie del Museo del Prado<br />
di Madrid oppure il dipinto Sbarco di Maria De’ Medici a Marsiglia<br />
del Louvre in cui le tre Mereidi che spuntano dalle onde del mare<br />
31
Dell’Estetica<br />
per accompagnare l’approdo di Maria sono tre ritratti di donne<br />
italiane dell’epoca, miracolosamente e abbondantemente in carne,<br />
di grande potenza espressiva.<br />
I corpi di Rubens sono trionfanti, figli dell’antica Grecia e di<br />
Roma, ma anche morbidi e sensuali o turgidi di muscoli, percorsi<br />
dal sangue e dal respiro della vita.<br />
Nel sec. XVIII, con il Rococò, prosegue l’immagine della donna<br />
sensuale e ammaliatrice. Sono le donne dipinte da pittori come<br />
Boucher in Leda e il Cigno del 1741 o Diana esce dal bagno del Louvre:<br />
sono le donne dell’alcova, donne che suscitano sensi, sono le<br />
donne dei boudoirs.<br />
I soggetti sono quasi sempre mitologici ma sempre estremamente<br />
carnali, fatti di carne viva e pulsante, di strabordante sensualità,<br />
sono immagini dipinte per l’aristocrazia decadente e malata, sempre<br />
più chiusa nel suo mondo dorato e distante dalla realtà.<br />
Neoclassicismo: la riscoperta della purezza.<br />
Con il celebre trattato Storia dell’arte dell’antichità del 1764 Jahann<br />
Joachin Winckelmann detta un nuovo canone estetico, la<br />
figura umana si deve ispirare, egli afferma, agli ideali e agli insegnamenti<br />
degli artisti greci dell’antichità che avevano fissato<br />
proporzioni e rapporti con il fine di costruire la bellezza assoluta,<br />
la perfezione.<br />
Con il Neoclassicismo c’è quindi un recupero della bellezza<br />
classica, del bello ideale.<br />
Scrive Winckelmann: la bellezza è percepita dai sensi, ma è riconosciuta<br />
e compresa dall’intelletto, anche se i sensi così sono resi meno<br />
sensibili.<br />
Leggendo questa frase del Winckelmann si comprende meglio<br />
perchè non ci sarebbe stato più spazio per opere come Diana esce<br />
dal bagno di Boucher e per la strabordante sensualità <strong>delle</strong> donne<br />
dipinte nel ‘600 e ‘700.<br />
Con il Neoclassicismo il corpo si va raggelando, non deve più<br />
suscitare forti emozioni. Un esempio è Amore e Psiche di Francois<br />
Gerard de1798 dove, nonostante i colori e il soggetto, tutto pare<br />
di marmo.<br />
Quello degli amanti è un bacio platonico che non ha niente di<br />
32
Il bello artistico tra epoche e stili di Giuseppe Pristerà<br />
carnale e peccaminoso. Davvero qui si tratta di forme per l’intelletto,<br />
come sosteneva Winkelmann, lontane dalla carne, perfette<br />
nelle proporzioni dettate dai canoni classici. Il valore del corpo è<br />
cambiato: esso rappresenta lo spirito.<br />
In epoca neoclassica il nudo femminile passa in secondo piano;<br />
principale è quello maschile, che è spesso eroico. Un artista che<br />
ha espresso il nudo femminile in perfetta sintonia con il canone<br />
estetico del neoclassicismo è Canova che con Paolina Borghese, ad<br />
esempio, propone una visione di bellezza femminile intesa come<br />
mezzo di consolazione, che aiuta l’uomo a nobilitare il suo animo.<br />
Paolina, rappresentata da Canova come Venere vincitrice, del<br />
1804, è figlia dell’estetica neoclassica, capolavoro di equilibrio fra<br />
il ritratto verista e l’idealizzazione della figura che viene appunto<br />
identificata come Venere.<br />
L’opera si rifà al mito di Afrodite che tiene in mano il pomo che<br />
le assegnò Paride in quello che potremmo definire il primo concorso<br />
di bellezza della storia (Paride doveva scegliere fra Afrodite,<br />
Atena e Giunone, la dea più bella).<br />
Qui Canova, proponendo un mito classico, in realtà celebra<br />
l’avvenenza di Paolina che si trasforma nella metafora dell’ideale<br />
di bellezza di un’epoca, quella del Neoclassicismo in cui gli<br />
artisti cercano di replicare la bellezza pura e ideale classica.<br />
L’Ottocento romantico: verso altri miti.<br />
Con l’Ottocento si torna a sbirciare dietro la tenda, nelle alcove,<br />
nelle stanze <strong>delle</strong> donne.<br />
Gli artisti ricercano sempre la purezza <strong>delle</strong> linee del corpo di tali<br />
donne perchè il Neoclassicismo non è passato invano e Canova ha<br />
lasciato il segno, ma questa “purezza ideale” è subito “scaldata”<br />
dalla presenza di elementi di intimità (una tenda, un turbante, dei<br />
cuscini ecc…) perchè ora subentra l’evocazione dell’oriente.<br />
Il mistero del culto dell’oriente, culto tipicamente romantico,<br />
porta con sé il corpo femminile visto nella sua misteriosità ed<br />
esotismo. La bagnante di Valpincon di Jean Auguste Dominique<br />
Ingres del 1822, già nella scelta del soggetto, non più classico<br />
o tratto dai miti, lascia percepire un profondo cambiamento di<br />
mentalità: quella dipinta da Ingres di certo non è una dea, ma<br />
33
Dell’Estetica<br />
una donna che sta preparandosi per il bagno alle terme.<br />
Il fatto che sia seduta in una sorta di spogliatoio, le cui pareti<br />
sono costituite da tende, una di queste è stata spostata per permetterci<br />
di osservarla di nascosto, ci fa percepire il profondo<br />
mutamento di mentalità rispetto alla Paolina Borghese e quindi<br />
all’estetica neoclassica.<br />
È, quella proposta da Ingres, una nuova poetica aperta all’evocazione<br />
di realtà più carnali e concrete, come dimostra anche il<br />
dipinto Bagno Turco (Louvre) oppure L’odelisca con le schiave del<br />
1839, dove si dimostra che il fascino dell’oriente è il tarlo che<br />
corrode l’algida bellezza neoclassica e la scalda. Tutta l’atmosfera<br />
del quadro vuole alludere alla lascivia e al peccato. Del resto<br />
tutti i cinque sensi sono sollecitati: odorato e gusto con il narghilè,<br />
tatto e vista con le stoffe e la pelle diafana <strong>delle</strong> fanciulle.<br />
Ma Ingres non fa che aprire la strada a nuovi e inaspettati sviluppi.<br />
La riflessione su una nuova estetica non si ferma qui.<br />
Ci sono ora artisti romantici, come William Blake, Henry Fussly,<br />
Eugene Delacroix, che ricercano una nuova estetica alla luce<br />
di altri miti come Michelangelo, Shakespeare, Dante: in particolare<br />
Michelangelo, annerito dal fumo <strong>delle</strong> candele di ben tre secoli<br />
di preghiere, ha assunto un aspetto romantico.<br />
Il gigantismo, l’eroismo, il pathos <strong>delle</strong> figure michelangiolesche<br />
ispirerà questi artisti.<br />
Nella Morte di Sardanapalo di Delacroix (Louvre) i nudi carnali e<br />
sanguigni riflettono una visione del mondo non distaccata come<br />
quella di Canova, ma drammatica, nella quale si affrontano amore<br />
e morte cioè le radici della stagione romantica.<br />
Con il realismo poi del secondo Ottocento si crea una nuova<br />
estetica: la bellezza femminile, con i realisti quali Courbert prima<br />
e con gli impressionisti poi, è ispirata ora al reale. Sono donne<br />
comuni trasformate ora in Veneri, ora in Ninfe. Sono le donne e<br />
gli uomini di quella società, di quel tempo.<br />
Ad esempio La colazione sull’erba di Manet presenta una donna<br />
nuda accanto a due giovani borghesi con abiti dell’epoca, sfacciatamente<br />
nuda e quindi scandalosa per la benpensante borghesia<br />
dell’epoca. Cosi come in Olympia si perde la contemplazione della<br />
bellezza: è la realtà di un nudo comune, anche un po’ sgraziato,<br />
che però esprime sensualità.<br />
34
Il bello artistico tra epoche e stili di Giuseppe Pristerà<br />
Nelle Bagnanti, Renoir riprende temi che erano stati del secolo<br />
precedente, ma con spirito nuovo. Le pose <strong>delle</strong> sue mo<strong>delle</strong><br />
sono tratte dal repertorio classico, ma queste sono mo<strong>delle</strong> reali<br />
in carne ed ossa, estremamente spontanee anche se di grande<br />
eleganza e levità soprattutto per l’uso dei colori chiari e la leggerezza<br />
del disegno.<br />
Novecento: allontanarsi dalla realtà<br />
È difficile definire il concetto di estetica relativo all’arte del Novecento,<br />
perchè il concetto stesso di bello è variato notevolmente<br />
da artista a artista e forse in un certo senso si è perso, poiché la<br />
ricerca artistica ha preso nel Novecento altre strade.<br />
Il Novecento ha visto una accelerazione nel campo economico<br />
e sociale, è stato un secolo di grandi conquiste in campo tecnologico,<br />
ma anche un periodo di colossali contraddizioni, di atroci<br />
crudeltà, di grandi slanci umanitari. Nell’arte da una parte si è<br />
cercato di distruggere l’idea stessa di figura, considerandola un<br />
inutile ingombro al processo creativo, e dall’altra se ne è fatto lo<br />
strumento principale dell’espressività umana.<br />
La pittura in particolare ha perso la sua funzione di riproduzione<br />
della realtà, soppiantata in questo dalla fotografia che nel Novecento<br />
è ormai un mezzo affidabile, un mezzo che si dimostra<br />
subito molto più rapido ed efficace per rappresentare la realtà<br />
con fedeltà. Questo spiega, in parte, perchè l’arte del Novecento<br />
si è avventurata su strade diverse da quelle che battevano la riproduzione<br />
della realtà.<br />
Gli artisti del Novecento perciò hanno via via svincolato la loro<br />
creatività dal bisogno di riprodurre la realtà.<br />
Questo lo avevano già iniziato a fare i pittori post-impressionisti<br />
alla fine dell’Ottocento, quali Van Gogh, che nei suoi dipinti<br />
passionali giungeva a stravolgere la realtà in funzione dei suoi<br />
sentimenti, o Gauguin, ad esempio in Due donne tahitiane in cui<br />
c’è la riscoperta sì della bellezza del nudo femminile, legato però<br />
al mondo esotico e quindi primitivo, quello che lui vagheggiava.<br />
Le sue donne sono cariche di sensualità, che però è una sensualità<br />
indigena.<br />
Tutto questo lungo processo, che era emerso nel corso dell’ulti-<br />
35
Dell’Estetica<br />
mo tratto del XX sec., aveva poi trovato un momento topico nella<br />
celebre mostra del 1905 al Salon D’Automne di Parigi, quando<br />
una decina di artisti aveva esposto quadri che provocarono l’ira<br />
della critica e del pubblico, da cui il soprannome di fauves ossia<br />
belve, a loro affibiato.<br />
I corpi da loro dipinti erano realizzati con tratti duri, semplificati,<br />
che disegnavano le forme senza entrare nei dettagli. I colori<br />
erano piatti, senza sfumature e per nulla realistici.<br />
Per esempio quando si adoperava il rosa, come nel caso del<br />
Nudo Rosa di Henri Matisse, questo colore non aveva nulla a che<br />
fare con quello della pelle; era piatto, senza chiaroscuri né sfumature<br />
mentre il corpo perdeva le proporzioni ideali.<br />
Ma il corpo umano subisce una radicale trasformazione con<br />
il cubismo. Picasso sottopone, a partire da Les Demoiselles d’Avignon,<br />
il corpo umano, in questo caso quello femminile, ad una<br />
operazione scientifica di smembramento, scomposizione e valorizzazione<br />
come piani luminosi incastrati fra loro.<br />
Una stagione dai mille risvolti<br />
Dopo la scomposizione c’è la ricomposizione della figura, ovvero<br />
il ritorno all’ordine, trasversale per tutta l’Europa.<br />
Uno dei primi artisti ad effettuare la ricostruzione del corpo<br />
umano è Amedeo Modigliani.<br />
Passato da Parigi, l’artista livornese che tutti chiamavano Modì<br />
non aderì mai ad alcun movimento, inclusi il Cubismo e Futurismo<br />
nei quali gli avevano chiesto di entrare, perchè seguiva una<br />
propria strada, quella della linea le cui radici arrivavano a Ingres<br />
e Canova. Così egli dipinge la figura costruendola attraverso la linea<br />
con colori piatti, come meravigliosi arabeschi. Sono per lo più<br />
donne esili (Nudo sdraiato 1918) longilinee, dalle linee sinuose. Le<br />
sue figure assumono connotati nuovi rispetto al passato.<br />
In Europa a cominciare dal 1924, il Surrealismo propone l’immagine<br />
femminile in particolare, come fonte di pulsazioni erotiche<br />
studiate in questi anni da Freud e Yung. Dalì, ad esempio,<br />
usò quasi sempre come musa ispiratrice la moglie (Mia moglie in<br />
contemplazione).<br />
Il tormento della figura moderna comincia con Egon Schielle,<br />
36
Il bello artistico tra epoche e stili di Giuseppe Pristerà<br />
fortemente influenzato dalla scoperta freudiana dell’inconscio<br />
che avvenne proprio nella sua Vienna. La conseguenza fu lo stravolgimento<br />
dei modelli estetici dell’arte dell’epoca.<br />
Nuovi temi ispirano Schielle ma anche altri pittori dell’epoca<br />
quali Klimt, Kokoschka e poi Munch, cioè tutti quelli influenzati<br />
dalla psicoanalisi: angoscia esistenziale, solitudine, malattia,<br />
morte ma anche pulsioni erotiche represse, e ciò si riflette nella<br />
rappresentazione dei corpi che diventano emaciati, a volte stravolti.<br />
Guardare le mie figure significa guardare dentro, disse Schielle. Ormai<br />
è superato l’ideale classico, ossia quello accademico e la figura<br />
umana esprime ora il disagio interiore. (Egon Schiele Madre<br />
defunta, nudo femminile.)<br />
Negli anni sessanta, in America, invece con la Pop Art si sperimentano<br />
nuovi linguaggi e la figura umana incarna l’immagine<br />
del consumismo stesso, mentre dagli anni settanta in poi con la<br />
Body Art la figura umana viene elevata a opera d’arte da firmare.<br />
Sulla scia della Body Art si collocano tutti quegli artisti degli<br />
anni ottanta fino ad oggi che, firmando un oggetto, anche un<br />
qualsiasi oggetto, gli attribuiscono il valore di opera d’arte che,<br />
altrimenti, non avrebbe mai posseduto.<br />
Avevano iniziato a farlo all’inizio del Novecento i dadaisti con<br />
la famosa Fontana di Duchamp che altro non era che un water, poi<br />
Manzoni con le sue scatole contenenti Merda d’artista.<br />
Oggi si può dire che più che una ricerca dell’estetica intesa<br />
come tutto ciò che attiene al bello, inteso come componente o fine<br />
dell’arte, l’arte sia prima di tutto provocazione e di conseguenza<br />
anche denuncia.<br />
Afferma Maurizio Cattelan, uno dei più noti e celebrati artisti<br />
contemporanei: A volte credo che il mio lavoro incarni alcuni valori<br />
dei quali dovremmo essere imbarazzati. Ma l’arte è uno specchio: ci<br />
restituisce l’immagine di ciò che siamo, o di ciò che diventeremo. E gli<br />
specchi attraggono, anche quando sono poco lusinghieri.<br />
37
Religione e velo:<br />
prescrizione o scelta? (*)<br />
Nell’ambito di questo progetto dedicato all’estetica e vista la<br />
materia che insegno in questo liceo, mi è parso opportuno dedicare<br />
il mio intervento ad una tematica troppo spesso legata ad<br />
episodi nei quali scarsa informazione e diffidenza nei confronti<br />
di alcune forme di diversità, portano a prese di posizione che a<br />
volte, hanno tutto il sapore dell’intolleranza.<br />
Le ricerche che ho effettuato per preparare questo intervento<br />
hanno rafforzato in me la convinzione che questa sia un’occasione<br />
valida non tanto per dare <strong>delle</strong> “soluzioni” al quesito iniziale,<br />
perché soluzioni in senso tecnico non ci sono (e vedremo perché)<br />
quanto per porsi <strong>delle</strong> domande e per tentare di riflettere insieme<br />
su una tematica sempre più di attualità.<br />
La scorsa settimana l’intervento della prof.ssa Bramante ha sottolineato,<br />
tra l’altro, come il concetto di estetica ci rimanda di fatto<br />
al concetto di “Bello” inteso come sistema di Valori che tende<br />
all’eccellenza ed alla perfezione morale… Quindi “il più giusto è<br />
il più bello” ed il “bello è qualunque misura morale che si ispira<br />
al giusto”. Ha richiamato il legame tra bellezza e libertà ed in<br />
questo senso diventa interessante indagare circa le implicazioni<br />
che un pezzetto di tessuto posto sul capo può avere. [D1]<br />
Per effettuare questa riflessione mi pare opportuno fare una<br />
distinzione tra tre fondamentali aspetti legati all’uso del velo:<br />
- Aspetti teologico/religiosi;<br />
- Aspetti giuridici;<br />
- Aspetti sociali.<br />
39<br />
di Cristina Viglianisi<br />
(*) Questa relazione è corredata da immagini contenute nel compact disc allegato al<br />
volume.
Aspetti teologico/religiosi<br />
Dell’Estetica<br />
L’utilizzo del “velo” non è, come a volte frettolosamente ed erroneamente<br />
si crede, una prerogativa del mondo islamico.<br />
È diffuso nelle religioni e culture orientali ed è presente<br />
nell’ebraismo e nel cristianesimo.<br />
Per semplicità, farò riferimento solo alle tre religioni<br />
monoteistiche.<br />
Nell’ebraismo l’uso del velo era presente. Ne troviamo<br />
traccia nell’Antico Testamento, già nella Genesi, in Isaia, nel<br />
Deuteronomio e nel Cantico dei Cantici dove esplicito è il riferimento<br />
quando si legge:<br />
”Come sei bella amica mia, come sei bella:<br />
Gli occhi tuoi sono colombe dietro il tuo velo…<br />
Come spicchi di melagrana risplende la tua gota attraverso il velo”.<br />
All’interno del rito del matrimonio è prevista la cerimonia del<br />
“velamento“, in ebraico “bedekken”.<br />
Consiste nel porre un velo sul viso della sposa poco prima di<br />
dare inizio alla cerimonia. Questo rito ricorda la benedizione che<br />
nella Bibbia fu data a Rebecca.<br />
Rebecca fu la prima donna della Bibbia a coprirsi con un velo<br />
prima di procedere verso la “chuppà” (in ebraico significa protezione),<br />
che indica la tenda che copriva gli sposi durante la cerimonia<br />
nuziale (Gn 24,65-67), con il suo sposo Isacco.<br />
Dunque il velo assume un duplice significato simbolico:<br />
- indica la condizione di donna sposata;<br />
- invita alla modestia in modo da insegnare all’uomo che ciò<br />
che conta davvero è la personalità della donna, ovvero la<br />
sua bellezza interiore e non quella fisica.<br />
Il velo coprendo l’esterno indirizza l’attenzione verso l’interno.<br />
Nel cristianesimo troviamo oltre ai riferimenti dell’A.T. citati<br />
in relazione all’ebraismo, nel N.T. c’è un riferimento preciso nella<br />
lettera ai Corinzi al cap. 11,5-6-10 quando leggiamo:<br />
40
Religione e velo: prescrizione o scelta? di Cristina Viglianisi<br />
“Ogni donna che prega o profetizza senza velo sul capo, manca di riguardo<br />
al suo capo, come se fosse rasa; che se una donna non si copre si<br />
tagli pure i capelli, ma se è vergogna per una donna tagliarsi i capelli o<br />
essere rasa allora si copra… La donna deve portare un segno di dipendenza<br />
sul capo, a motivo degli angeli.”<br />
S. Paolo segue le consuetudini del tempo circa l’onorabilità<br />
nell’abbigliamento femminile, ma l’indicazione riguarda solo il<br />
momento della preghiera in assemblea.<br />
Il Giudaismo infatti prescriveva alle donne sposate di portar<br />
fuori casa un velo sul capo in segno di appartenenza e sottomissione<br />
al marito. La società greca era più emancipata ma le regole<br />
della buona società si ispiravano alla norma di Plutarco secondo<br />
la quale era “più conveniente per gli uomini presentarsi in pubblico<br />
a capo scoperto e per le donne invece con il capo velato”.<br />
Nell’islamismo il riferimento al velo è contenuto nel Corano<br />
nella Sura 23 al versetto 5 e alla Sura 24 (capitolo) al versetto 31.<br />
Nella Sura 23, versetto 5 leggiamo:<br />
“O Profeta dì alle tue spose, alle tue figlie e alle donne dei credenti di<br />
coprirsi dei loro veli, così da essere riconosciute e non essere molestate”<br />
Nella Sura 24, versetto 31 invece:<br />
“E dì alle credenti di abbassare i loro sguardi ed essere caste e di non<br />
mostrare i loro ornamenti se non quello che appare; di lasciare scendere<br />
il loro velo fin sul petto e non mostrare i loro ornamenti ad altri che ai<br />
loro mariti, ai loro padri, ai padri dei loro mariti, ai loro figli, ai loro fratelli,<br />
ai figli dei loro fratelli, ai figli <strong>delle</strong> loro sorelle, alle loro donne, alle<br />
schiave che possiedono, ai servi maschi che non hanno desiderio, ai ragazzi<br />
impuberi che non hanno interesse per le parti nascoste <strong>delle</strong> donne.<br />
E non battano i piedi sì da mostrare gli ornamenti che celano….”<br />
Non procederò all’analisi interpretativa di questo testo perché<br />
richiederebbe anche e soprattutto un lavoro di contestualizzazione<br />
storica e sociale che necessiterebbe di molto più tempo di quello<br />
a mia disposizione; questo perché l’esegesi di un testo religioso<br />
non può prescindere dalla contesto culturale nel quale nasce.<br />
41
Dell’Estetica<br />
È importante sottolineare la delicatezza del lavoro interpretativo,<br />
perché per chi vive in Occidente e conosce l’Islam solo attraverso i<br />
mezzi di comunicazione di massa è presuntuoso interpretare dando<br />
valore di Verità e Certezza ad un testo dove ogni parola, ogni frase<br />
sono espressione di modelli di vita culturali molto diversi dal nostro<br />
e che dunque vanno tenute in debito conto all’analisi interpretativa.<br />
Tuttavia mi preme mettere in evidenza come il “fine” di quello<br />
che ha più il sapore di un suggerimento che di un’imposizione (in<br />
genere quando una cosa è imposta viene prevista almeno una<br />
sanzione per chi non esegue quanto indicato…e qui non ci sono<br />
sanzioni), è protettivo nei confronti della donna e di “quell’interesse<br />
“particolare, non affettivo, che potrebbero provare gli uomini<br />
non legati a lei da vincoli familiari.<br />
Niente sottomissione dunque ma segno di appartenenza religiosa e<br />
familiare!<br />
Si copre il corpo per affermare la persona… e questo ci richiama<br />
alla memoria la corrente del personalismo.<br />
Da notare inoltre che anche all’interno del mondo islamico non è<br />
unanime l’interpretazione del significato del velo: per alcuni rappresenta<br />
un semplice invito alla modestia del vestire <strong>delle</strong> donne e non<br />
una prescrizione tassativa, per altri una tradizione antica ormai da<br />
superare, per altri ancora una prescrizione che indipendentemente<br />
dall’obbligatorietà và mantenuta a difesa dell’identità islamica.<br />
Un discorso a parte sarebbe necessario per il burka, abito di colore<br />
solitamente blu, che copre sia la testa che il corpo dotato di<br />
una retina agli all’altezza degli occhi che permette di vedere senza<br />
scoprire gli occhi della donna. Il burka introdotto in Afganistan<br />
è stato reso obbligatorio per imposizione dei Talebani. Dunque il<br />
discorso intorno al burka diventa spiccatamente di tipo politico<br />
ed esula dalla finalità di questo approfondimento. [D2,3,4,5,6]<br />
Aspetti giuridici<br />
Dal punto di vista giuridico la situazione in Italia è la seguente:<br />
in Italia la nostra Costituzione garantisce la libertà religiosa.<br />
Il Codice penale contiene norme che fanno riferimento ad un<br />
abbigliamento idoneo ad indurre una falsa individuazione sociale<br />
della persona (art. 498 c.p. e 640 c.p.).<br />
42
Religione e velo: prescrizione o scelta? di Cristina Viglianisi<br />
L’art. 5 – L.152/75, riguardante le disposizioni a tutela dell’ordine<br />
pubblico così recita: “è vietato l’uso di caschi protettivi o<br />
di qualunque altro mezzo atto a rendere difficoltoso il riconoscimento<br />
della persona, in luogo pubblico o aperto al pubblico,<br />
senza giustificato motivo“.<br />
Dunque non è lecito utilizzare in luogo pubblico abiti, caschi<br />
o maschere che rendano difficoltoso o impediscano il proprio riconoscimento;<br />
se invece rimangono ben visibili i tratti del viso<br />
della persona, il limite della riconoscibilità non viene valicata.<br />
In Francia è in vigore la legge del 15 Marzo 2004 che vieta nelle<br />
scuole, nei collegi e nei luoghi pubblici il portamento di segni o<br />
abbigliamento con i quali gli allievi manifestano ostentatamente<br />
un’appartenenza religiosa.<br />
In Germania il problema si è posto in passato solo per l’hijab<br />
<strong>delle</strong> insegnanti, e si è concluso con una sentenza che lo ha consentito;<br />
occasionalmente si apre qualche polemica.<br />
In Gran Bretagna la questione è di fatto inesistente perché nessuno<br />
ha mai chiesto restrizioni in tal senso e addirittura in passato<br />
è stato consentito ai sikh di derogare all’obbligo del casco per<br />
poter indossare il turbante.<br />
In Spagna il foulard è accettato dagli istituti scolastici pubblici.<br />
In Finlandia e Svezia l’uso del velo è ammesso a scuola con<br />
l’unica distinzione per il burka, che è vietato. Tuttavia nel 2003<br />
è stata introdotta la possibilità di vietarlo, alla luce però di uno<br />
spirito di dialogo sui valori di uguaglianza dei sessi e del rispetto<br />
del principio democratico sul quale si basa il sistema educativo.<br />
Nei Paesi Bassi la questione non è stata affrontata dal punto di<br />
vista religioso ma da quello della discriminazione sociale, ed è<br />
generalmente tollerato. Fa eccezione il burka che non è ammesso<br />
perché non consente di identificare le allieve.<br />
In Russia, Romania, Ungheria, Grecia, Repubblica Ceca,<br />
Slovacchia e Polonia, la questione del velo non è ancora stata oggetto<br />
di una discussione giuridica approfondita ed è dunque ammesso.<br />
In Turchia, Azerbaigian, e Albania, il dibattito ruota non solo<br />
intorno alla libertà personale ma anche sul significato politico<br />
legato all’uso del velo islamico.<br />
Solo in questi tre paesi l’uso del velo è regolamentato anche<br />
nello spazio universitario.<br />
43
Dell’Estetica<br />
E proprio dalla Turchia è partito nel 1998 il ricorso di una studentessa<br />
della facoltà di medicina alla quale era stato vietato<br />
l’uso del velo durante le lezioni. Il ricorso diretto alla Suprema<br />
Corte per i Diritti Umani di Strasburgo (CEDU), ha portato alla<br />
sentenza del 10 Novembre 2005 con la quale: “la Corte afferma<br />
che esaminando la questione del velo islamico nel contesto turco<br />
bisogna tener conto dell’impatto che può avere questo simbolo,<br />
presentato o percepito come dovere religioso, su coloro che hanno<br />
scelto di non portarlo”.<br />
Con questa sentenza di rigetto del ricorso della studentessa<br />
turca la Corte Europea aveva di fatto tentato di realizzare un bilanciamento<br />
tra le esigenze individuali e quelle collettive partendo<br />
dalla considerazione soprattutto del significato politico e<br />
<strong>delle</strong> sue conseguenze sul piano anche sociale che un pronunciamento<br />
diverso avrebbe prodotto. In Turchia infatti le istanze di<br />
tipo religioso rischiano di divenire facile veicolo di esportazione<br />
e diffusione di rivendicazioni politiche di tipo fondamentalista.<br />
In Turchia proprio da pochissimi giorni la questione legata all’uso<br />
del velo è stata riaperta. A tempo di record il 9 Febbraio 2008, il<br />
Parlamento turco ha approvato gli emendamenti alla Costituzione<br />
che stabiliscono la libertà di portare il velo islamico all’università.<br />
Rimane quindi il divieto nei luoghi pubblici e nei licei.<br />
Non è semplice interpretare questo fatto: per alcuni è un pericoloso<br />
passo indietro che poco ha a che fare con il diritto <strong>delle</strong><br />
donne di indossare il velo e che nasconde invece risvolti politici<br />
ancora non ben visibili; per altri è semplicemente la vittoria della<br />
libertà di scelta.<br />
Mi è parso interessante a questo proposito il commento di Orhan<br />
Pamuk, scrittore e premio Nobel, che ha dedicato un libro “scandalo”<br />
per il mondo turco, sulla questione del velo, dal titolo Neve.<br />
Pamuk intervistato su questo cambiamento all’indomani di<br />
questa decisione a chi gli chiede se questa sia la conquista di un<br />
diritto o un’imposizione, risponde :”più uno ritiene di avere la risposta<br />
e più diventa l’idiota successivo che impone la soluzione<br />
sbagliata. L’ideale è rispettare i comportamenti, avere comprensione<br />
e decenza, cercando di capire e guardando alle persone ed<br />
ai problemi non in modo autoritario”.<br />
44
Aspetti sociali<br />
Religione e velo: prescrizione o scelta? di Cristina Viglianisi<br />
Abbiamo visto che l’uso del velo non è prerogativa solo del<br />
mondo islamico.<br />
Molte <strong>delle</strong> discussioni che in questi ultimi tempi hanno animato<br />
trasmissioni televisive e non solo (uno per tutti il famoso<br />
caso della Santanché!) partono dall’idea che l’uso del velo sia lesivo<br />
dei diritti fondamentali della donna.<br />
Ma è davvero e dappertutto così?<br />
Se per un momento prescindiamo dal suo uso per motivi religiosi,<br />
ci accorgiamo che per esempio in Sardegna ed in alcune<br />
zone dell’entroterra siciliano le donne anziane portano ancora<br />
il fazzoletto in testa e non se lo tolgono mai, nemmeno d’estate.<br />
Nessuno le obbliga a portarlo, ma si sentirebbero molto a disagio<br />
senza. Leggendo un articolo di una giornalista sarda, Barbara<br />
Fois ho scoperto addirittura l’uso in alcune zone più interne<br />
dell’isola, della benda saracena, ovvero un fazzoletto che chiude<br />
anche la parte inferiore del viso, non solo la fronte. Dunque rimangono<br />
scoperti solo gli occhi ed il naso, il resto rimane avvolto<br />
in questa benda nera. La cosa interessante è che nessuna<br />
di queste donne bendate è succube del proprio marito o degli<br />
uomini della propria famiglia. Al contrario il contesto sociale è<br />
fortemente matriarcale e la donna è rispettata e le viene riconosciuto<br />
un potere e una considerazione pari a quelli riservati ai<br />
maschi. Sono donne forti e di profonda fede alle quali oggi sarebbe<br />
difficile spiegare che “devono” togliersi il loro fazzoletto<br />
radicato nella loro cultura e nei loro costumi. [D7]<br />
Se ripensiamo al cinema degli anni sessanta, a quei simboli di<br />
bellezza che sono state Grace Kelly, Audrey Hepburn per esempio<br />
e ai film nei quali apparivano nelle scene in auto con i loro<br />
capi avvolti in splendidi foulard annodati proprio come hidjab,<br />
ricorderemo come quelle immagini creavano desiderio di imitazione<br />
di quello che era per l’epoca simbolo di una moda e di una<br />
bellezza eterea cui tendere. [D8, 9]Allora se oggi fa tanto scalpore<br />
un foulard forse c’è qualcosa in più che non è solo legato al motivo<br />
religioso, né alla tutela della libertà <strong>delle</strong> donne.<br />
Nel 2004 mentre si discuteva in Francia della legge che avrebbe<br />
vietato l’uso del velo sono stati scritti diversi libri: tra questi<br />
45
Dell’Estetica<br />
ricordo La forza della ragione scritto da Oriana Fallaci scrittrice formidabile<br />
ma notoriamente antiislamica.<br />
A questo libro ne è seguito un altro di Stefano Allievi, sociologo<br />
e specializzato in sociologia <strong>delle</strong> religioni e in studi sul<br />
mutamento culturale, che partendo dalla sua conoscenza diretta<br />
del mondo islamico risponde alla Fallaci con un libro dal titolo<br />
Ragioni senza forza. Forze senza ragione.<br />
In quel libro Allievi evidenzia tre contraddizioni di fondo intorno<br />
a questa legge che stava per essere varata e della quale si<br />
discuteva tanto anche in Italia:<br />
- In un Occidente che si definisce liberale si discute, di fatto, del<br />
diritto a vestirsi come si vuole;<br />
- Nel paese che ha fatto della laicità una sorta di religione di<br />
stato, lo Stato si impone sulle religioni con la forza della legge;<br />
- La legge che avrebbe dovuto regolare l’uso dei simboli in generale,<br />
di fatto è stata voluta, e nessuno lo ha negato, per regolare<br />
la questione del velo islamico.<br />
A Milano nell’aprile del 2007, si è svolta una conferenza dal<br />
titolo La questione del velo tra libertà e rispetto. Dai vari interventi è<br />
emerso che se il velo è simbolo di subordinazione non è possibile<br />
per uno stato laico sottoscrivere questa subordinazione.<br />
Ma se, come molte donne islamiche dichiarano, l’uso del<br />
velo ha solo una valenza legata all’identità, all’appartenenza<br />
ad un mondo ed a una cultura il discorso assume un sapore<br />
diverso.<br />
Pamuk nel suo libro Neve, per scrivere il quale ha svolto molte<br />
ed accurate ricerche, racconta che ci sono studentesse a Kars, città<br />
al confine con l’Armenia, che si suicidano perché obbligate a<br />
togliere quel pezzo di stoffa per entrare all’università.<br />
Perché si arriva a tanto? Le ragazze che dicono di avere scelto<br />
l’uso del velo affermano di sentirsi nude senza, indifese, vulnerabili…<br />
e questo in fondo ci richiama ad un concetto antico,<br />
richiamato mirabilmente dal prof. Pristerà la settimana scorsa,<br />
quando ci ricordava come nell’arte greca il nudo era simbolo di<br />
perdita di dignità quindi riservato agli schiavi.<br />
Allora perché l’Occidente così attento ai valori legati all’arte e<br />
alla cultura, non riesce ad ammettere la possibilità che una don-<br />
46
Religione e velo: prescrizione o scelta? di Cristina Viglianisi<br />
na possa avere scelto liberamente di velare il proprio capo e che è<br />
proprio velandosi che sente di essere veramente libera?<br />
In altre parole, se fosse espressione di una scelta di valore libera?<br />
E qui il discorso si complica perché la libera scelta è spesso influenzata<br />
dai condizionamenti sociali: per esempio, se all’interno di<br />
un gruppo, una scuola un piccolo nucleo sociale, si diffonde l’uso<br />
di un determinato capo di abbigliamento in modo libero spontaneo<br />
ma condiviso e accettato da tutti come identificativo dell’appartenenza<br />
al gruppo di cui sopra, ed un soggetto volesse discostarsi (per<br />
libera scelta) da questo uso, subirebbe dei condizionamenti ?<br />
Io credo che la risposta sia non un sì secco ma un sì SE la comunità<br />
cui appartiene cominciasse a farlo sentire un diverso…<br />
Allora il punto, a mio modesto avviso non è se il velo è più o<br />
meno lesivo dei diritti della donna, se è più o meno prescritto dal<br />
Corano, ma se noi società civile siamo veramente tali nell’accettazione<br />
di chi per cultura, usi e costumi è diverso da noi.<br />
In altre parole la domanda di partenza era: il velo prescrizione o<br />
scelta? La risposta di fatto è duplice perché per alcuni è una prescrizione<br />
che non può essere disattesa, per altri è una libera scelta.<br />
Serve allora un presupposto fondamentale: quello della civiltà,<br />
l’unico in grado di garantire libertà, rispetto dei diritti di tutti e<br />
<strong>delle</strong> diversità.<br />
Il presupposto della civiltà ci aiuterebbe a sostenere il diritto di<br />
quelle donne che non vogliono l’uso del velo, come affermazione<br />
della loro emancipazione, senza battaglie senza scontri ideologici,<br />
ed al tempo stesso a rispettare senza additare chi viceversa in<br />
quel velo trova identità e affermazione del proprio credo.<br />
Un ricordo doveroso va a Benazir Bhuto, donna islamica moderna<br />
che lottava per il suo paese contro ogni forma di fondamentalismo,<br />
e che con grande orgoglio ostentava il suo foulard.<br />
È con questo grande presupposto, quello della civiltà appunto<br />
che:<br />
- si smorzerebbero i toni di tanti dibattiti che in fondo nascondono<br />
solo una grande paura verso l’Islam visto, vissuto,<br />
e giudicato in termini troppo sommari e riduttivi e molto<br />
spesso solo identificativo di in piccolissimo Islam: quello dei<br />
fondamentalisti;<br />
47
Dell’Estetica<br />
- si potrebbero cogliere, in un rapporto di arricchimento reciproco,<br />
le differenze con altre culture;<br />
- si favorirebbe la diffusione di un clima sereno di dialogo<br />
all’interno del quale le diverse esigenze e rivendicazioni potrebbero<br />
trovare adeguata soluzione rispettosa <strong>delle</strong> esigenze<br />
dei singoli e di quelli più ampi della collettività;<br />
- si potrebbe affermare davvero e fino in fondo il valore della<br />
laicità che vuol dire solo e soltanto libertà e rispetto della<br />
diversità.<br />
48
La donna salvifica in<br />
Dante e in Montale<br />
Quando si parla di bellezza è impossibile non parlare di poesia<br />
e quando si parla di poesia è impossibile non parlare della donna<br />
quale ispiratrice di poeti di ogni tempo.<br />
Dante e Montale non si sottraggono a questo.<br />
Certo, il tempo che li separa, la differente Weltanschauung che li<br />
caratterizza, segnano un discrimen tra i due poeti, ma in entrambi<br />
la donna assume un valore fondamentale: diventa elemento salvifico<br />
per l’uomo.<br />
La salvezza a cui mira Dante, e a cui Beatrice lo condurrà, è<br />
quella eterna. Per Montale si tratta di resistere alla sofferenza di<br />
questo mondo, ma salvare dal “male di vivere”, per un uomo del<br />
Novecento, è molto.<br />
La donna di Dante, Beatrice, è colei che porta alla beatitudine.<br />
La donna cantata da Montale è rappresentata da figure diverse,<br />
ha nomi differenti: Esterina, Annetta-Arletta, Dora Markus,<br />
Gerti, Clizia, Volpe, Mosca, ma in ogni caso risulta elemento positivo,<br />
capace di sostenere il poeta nella “disarmonia”, come lui<br />
chiama l’esperienza esistenziale. 1<br />
Tra tutte Clizia assume un significato salvifico particolare.<br />
A livello iconografico della Beatrice dantesca non abbiamo che<br />
immagini successive di secoli al periodo in cui visse. Pensiamo<br />
per esempio a Beatrice e Dante a ponte Santa Trinita di Henry Holiday<br />
del 1883 o alla più intensa e conturbante Beata Beatrix di<br />
Gabriele Rossetti del 1863 o ai vari tentativi di rendere in pittura<br />
la Beatrice del Paradiso.<br />
1 Intervista radiofonica a Eugenio Montale, raccolta in E. Montale, Sulla poesia, a<br />
cura di G. Zampa, Mondadori, Milano, 1976.<br />
49<br />
di Giuliana Simonti
Dell’Estetica<br />
Di Clizia abbiamo solo qualche foto, ma le caratteristiche che i<br />
due poeti sottolineano nelle due donne hanno elementi comuni.<br />
Fondamentali per entrambi gli occhi dell’amata. Per Dante quelli<br />
di Beatrice sono occhi da cui come ch’ella li mova / escono spirti<br />
d’amore infiammati (Vita Nova, XIX). Beatrice negli occhi porta amore<br />
/ per che si fa gentile ciò ch’ella mira (Vita Nova, XXI).<br />
Clizia per Montale ha occhi d’acciaio, capaci di opporsi al male<br />
(Le Occasioni, Nuove Stanze) e il poeta a volte si augura di fuggire<br />
dal bagliore dei suoi cigli (La bufera, Su una lettera non scritta).<br />
Beatrice è angiola giovanissima (Vita Nova, II), è mirabile visione<br />
(Vita Nova, III), è gentilissima salute (Vita Nova, XI). Di lei il poeta<br />
può dire:<br />
Tanto gentile e tanto onesta pare<br />
la donna mia quand’ella altrui saluta<br />
ch’ogne lingua deven tremando muta<br />
e li occhi no l’ardiscon di guardare (Vita Nova, XXVI).<br />
Oppure:<br />
Vede perfettamente onne salute<br />
chi la mia donna tra le donne vede (Vita Nova, XXVI).<br />
Dante vede dunque in Beatrice l’angelo, il miracolo che appare<br />
in terra per condurre l’uomo alla salvezza eterna, oggetto di fede<br />
incrollabile per il poeta profondamente cristiano.<br />
Montale ha della vita un’esperienza differente. Non proietta<br />
l’uomo in una dimensione ultraterrena, ma circoscrive la sua<br />
analisi a questo mondo di cui egli ha fondamentalmente esperienza<br />
del male, nel quale tuttavia l’apparizione della donna ha<br />
in sé qualcosa di miracoloso.<br />
Fin dalla sua prima opera, Ossi di seppia del 1925, traspare la<br />
consapevolezza del male di vivere a cui si può sfuggire grazie<br />
a un varco, a una via di fuga, come si legge nel testo proemiale<br />
50
In limine:<br />
La donna salvifica in Dante e in Montale di Giuliana Simonti<br />
Cerca una maglia rotta nella rete<br />
che ci stringe, tu balza fuori, fuggi!<br />
Va, per te l’ho pregato, - ora la sete<br />
mi sarà lieve, meno acre la ruggine…<br />
Oppure ne I limoni sempre da Ossi di seppia:<br />
talora ci si aspetta<br />
di scoprire uno sbaglio di Natura,<br />
il punto morto del mondo, l’anello che non tiene,<br />
il filo da disbrogliare che finalmente ci metta<br />
nel mezzo di una verità.<br />
La salvezza in questa stagione montaliana è legata alla possibilità<br />
di oltrepassare il muro. Un muro che si rivela, per il poeta,<br />
invalicabile, come dice nel più antico degli Ossi, Meriggiare pallido<br />
e assorto del 1916:<br />
E andando nel sole che abbaglia<br />
sentire con triste meraviglia<br />
com’è tutta la vita e il suo travaglio<br />
in questo seguitare una muraglia<br />
che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia.<br />
Il poeta non riconosce a se stesso la possibilità del varco, la possibilità<br />
di gettarsi nel mare della vita, come vede fare in Falsetto<br />
ad Esterina, la splendida Esterina Rossi (immortalata anche dallo<br />
scultore Messina) che il poeta conobbe sulla spiaggia di Genova<br />
Quarto nel 1924:<br />
Esiti a sommo del tremulo asse,<br />
poi ridi, e come spiccata da un vento<br />
t’abbatti fra le braccia<br />
del tuo divino amico che t’afferra.<br />
Ti guardiamo noi, della razza<br />
di chi rimane a terra.<br />
51
Dell’Estetica<br />
A lui è concesso solo di resistere, grazie, appunto, alla presenza<br />
degli ossi di seppia, elementi minimi, caricati però di valenza<br />
altamente positiva (eccellenti i limoni, il croco, il girasole, per<br />
esempio, per la forza vitale del loro colore, capace di opporsi al<br />
grigiore della vita). Ma il poeta può augurare ad altri la possibilità<br />
di evadere, a quel tu a cui spesso si rivolge.<br />
Il tu degli Ossi non è ancora Clizia, ma fondamentalmente<br />
Annetta-Arletta (a volte un amico, come in Ripenso il tuo sorriso,<br />
dedicata al ballerino russo Boris Kniaseff) ma proprio in questa<br />
prima opera si può, secondo me, recuperare un’anticipazione di<br />
Clizia.<br />
Dice il poeta in Portami il girasole del 1923, nella sezione Ossi di<br />
seppia dell’omonima raccolta:<br />
Portami il girasole ch’io lo trapianti<br />
nel mio terreno bruciato dal salino,<br />
e mostri tutto il giorno agli azzurri specchianti<br />
del cielo l’ansietà del suo volto giallino.<br />
Tendono alla chiarità le cose oscure,<br />
si esauriscono i corpi in un fluire<br />
di tinte: queste in musiche. Svanire<br />
è dunque la ventura <strong>delle</strong> venture.<br />
Portami tu la pianta che conduce<br />
dove sorgono bionde trasparenze<br />
e vapora la vita quale essenza;<br />
portami il girasole impazzito di luce.<br />
Il poeta invita quel tu, a cui si rivolge, a portagli un girasole<br />
da poter trapiantare nel suo terreno bruciato dal salino, nella sua<br />
vita riarsa. Un girasole capace di mostrare all’azzurro del cielo<br />
l’ansia del suo volto, espressa da quel colore giallino con cui si<br />
chiude la prima strofe. Tutto ciò che è oscuro tende alla luce; gli<br />
elementi si annullano in un fluire di colori e questi svaniscono in<br />
musiche. Dunque al poeta sembra proprio che l’avventura più<br />
grande sia quella di svanire, di perdere la propria pesantezza,<br />
52
La donna salvifica in Dante e in Montale di Giuliana Simonti<br />
la propria corporeità. Per questo torna a chiedere che gli venga<br />
portato il girasole impazzito di luce, ebbro di luce (una ebbrezza<br />
assolutamente positiva) che può condurre dove la vita sublima<br />
quale essenza.<br />
In questo caso, dunque, non al tu, alla donna, ma al girasole<br />
che lei può portare è legata la possibilità di uscire dall’arsura.<br />
Perché mi piace vedere nel girasole degli Ossi l’anticipatore<br />
di Clizia? Perché Clizia è il girasole secondo il mito riferito da<br />
Ovidio: la ninfa Clizia, figlia di Oceano, innamorata di Apollo-<br />
Febo, avendo per la sua gelosia provocato la morte della ninfa<br />
Leucotoe, viene abbandonata dal dio, vive di brina e lacrime e si<br />
trasforma in girasole, la pianta che gira sempre la sua corolla alla<br />
ricerca del suo amato.<br />
Clizia, anche se mai nominata in questa seconda opera, è la<br />
figura fondamentale <strong>delle</strong> Occasioni del 1939. Non l’unica (Annetta-Arletta<br />
è ancora la donna de La casa dei doganieri, Dora Markus<br />
è quella della prima parte dell’omonima poesia, Gerti Frankl<br />
della seconda, l’ebrea Liuba è la protagonista di A Liuba che parte,<br />
Maria Rosaria Solares, una peruviana conosciuta a Firenze, si ritrova<br />
in altri testi della collezione, come vedremo in seguito) ma<br />
sicuramente la più importante. A lei fu dedicata l’intera opera<br />
dall’edizione del 1949 in poi con le iniziali del suo vero nome: A<br />
I.B., cioè a Irma Brandeis.<br />
Irma Brandeis è una giovane ebrea americana, studiosa della<br />
poesia medievale italiana, allieva di Singleton, che nel 1933 era<br />
giunta a Firenze e si era recata al Gabinetto Viesseux, dove Montale<br />
lavorava dal 1929, con l’esplicito desiderio di conoscere il<br />
poeta. Fu un classico coup de foudre intellettuale ed affettivo. Irma<br />
ripartirà presto per l’America; tornerà più volte a Firenze fino al<br />
1938, quando, in seguito alle leggi razziali, dovrà abbandonare<br />
definitivamente l’Italia. Di questa relazione rimangono oggi le<br />
155 lettere che Montale scrisse alla donna dal 1933 al ’39 (anno<br />
della separazione definitiva anche a causa della presenza sempre<br />
più insistente di quella che poi diventerà la moglie del poeta:<br />
Drusilla Tanzi, la Mosca di Satura). Queste lettere sono state pub-<br />
53
Dell’Estetica<br />
blicate per la prima volta, da Mondadori, solo nel 2006. 2<br />
Clizia nelle Occasioni è la figura femminile assente fisicamente,<br />
ma sempre presente nella mente del poeta. In questa stagione<br />
montaliana la salvezza è proprio legata a questa donna lontana<br />
(non sfugga il legame con l’amore de loin dei Provenzali ripreso<br />
dai nostri Stilnovisti) che il poeta recupera continuamente nella<br />
memoria e di cui può percepire la presenza tramite segni che lui<br />
solo può cogliere. Se questi segni mancano l’inferno è certo:<br />
Lo sai: debbo riperderti e non posso.<br />
Come un tiro aggiustato mi sommuove<br />
ogni opera, ogni grido e anche lo spiro<br />
salino che straripa<br />
dai moli e fa l’oscura primavera<br />
di Sottoripa.<br />
Paese di ferrame e alberature<br />
a selva nella polvere del vespro.<br />
Un ronzio lungo viene dall’aperto,<br />
strazia com’unghia ai vetri. Cerco il segno<br />
smarrito, il pegno solo ch’ebbi in grazia<br />
da te.<br />
E l’inferno è certo.<br />
Questo dice il poeta nel primo dei venti Mottetti, che rappresentano<br />
la sezione centrale <strong>delle</strong> Occasioni, scritto nel 1934.<br />
La consapevolezza estrema di dover lasciare la donna è sottolineata<br />
nel primo verso da quell’assertivo Lo sai e dalla spiegazione<br />
che segue i due punti: debbo riperderti e non posso.<br />
Il poeta si trova nella zona portuale di Genova (il quartiere di<br />
Sottoripa paese di ferrame e alberature). Ogni voce, ogni segno di<br />
lavoro, come un tiro preciso nei suoi confronti, lo costringono al<br />
sobbalzo. Colpiscono la sua mente assorta, compresa quell’aria<br />
che sa di sale che supera i moli e produce l’oscura primavera del<br />
quartiere. Neppure la stagione positiva addolcisce la situazione.<br />
2 Eugenio Montale, Lettere a Clizia, a cura di R. Bettarini, G. Manghetti, F. Zabagli,<br />
Mondadori, Milano, 2006.<br />
54
La donna salvifica in Dante e in Montale di Giuliana Simonti<br />
L’ossimoro oscura primavera rimanda alle primavere che non fioriscono<br />
del Carnevale di Gerti, sempre <strong>delle</strong> Occasioni e anticipa la<br />
tragica piagata primavera della Primavera hitleriana nella Bufera. Il<br />
ronzio lungo che giunge all’orecchio del poeta produce un effetto<br />
straziante, strazia com’unghia ai vetri. E quel verbo, dolorosissimo<br />
nel suo significato, posto in posizione principe nel verso,<br />
rima con il termine che chiude quello successivo e che rimanda<br />
al suo significato opposto: strazia-grazia. È per grazia, non per<br />
merito del poeta che un tempo egli ricevette un pegno da lei.<br />
Ora egli cerca un suo segno. La pausa prima del verso finale<br />
indica l’impossibilità di trovarlo. E la sofferenza è infinita.<br />
Dai critici, anche per certe affermazioni di Montale, si è pensato,<br />
fino all’uscita del già citato Lettere a Clizia, che questo<br />
Mottetto non fosse stato scritto per la giovane americana. Nella<br />
lettera del 15 gennaio 1935 però leggiamo: “… i famigerati Mottetti<br />
(i primi tre) furono scritti prima della conoscenza di Irma<br />
Brandeis. Di quella redazione sopravvisse solo il Mottetto n. 3;<br />
nel Mottetto n. 2 l’immagine di I. B. abitante a Costa S. Giorgio<br />
andò a coincidere con Maria Rosaria Solares, nata a Genova,<br />
città di S.Giorgio e il drago…. Il primo Mottetto è invece interamente<br />
tuo e a Sottoripa noi abbiamo consumato ‘l’ultima cena’<br />
(dalla Carlotta). Se rileggo i tre Mottetti ci ritrovo una Miss<br />
Gatu che sia stata anche in un sanatorio dove si gioca a bridge”.<br />
Non ci stupisca questa sovrapposizione di figure di riferimento<br />
in Montale, perché per il poeta la verità biografica può contare poco,<br />
essenziale é la verità poetica. A questo proposito bisogna tener conto<br />
anche di quanto l’autore ha scritto nella poesia posta in limine a<br />
Satura, quarto libro montaliano, uscito nel 1971, intitolata proprio Il<br />
Tu: in me i tanti sono uno / anche se appaiono / moltiplicati dagli specchi.<br />
Se l’inferno è certo quando il poeta non riesce a trovare un segno<br />
di lei, Clizia può miracolosamente balzare nella memoria<br />
anche quando si era persa la speranza di rivederla ancora. Un<br />
segno improvviso può avere un carattere epifanico, può rimandare<br />
a lei:<br />
La speranza di pure rivederti<br />
m’abbandonava;<br />
55
Dell’Estetica<br />
e mi chiesi se questo che mi chiude<br />
ogni senso di te, schermo d’immagini,<br />
ha i segni della morte o dal passato<br />
è in esso, ma distorto e fatto labile,<br />
un tuo barbaglio:<br />
(a Modena, tra i portici,<br />
un servo gallonato trascinava<br />
due sciacalli al guinzaglio). 3<br />
Il poeta ricorda che un giorno, a Modena, la speranza di rivedere<br />
la donna lo abbandonava. E ricorda di essersi chiesto se tutti<br />
quegli aspetti di vita, distrazioni, che intorno a lui gli impedivano<br />
di cogliere qualche presenza di lei, fossero segni di morte, per lui<br />
estraniato, oppure se proprio in quelli potesse improvvisamente<br />
apparire, balzare dal passato, un segno di lei, un tuo barbaglio, una<br />
luce improvvisa, anche se distorta e resa flebile dalla lontananza.<br />
Ed ecco il segno: tra i portici / un servo gallonato trascinava / due<br />
sciacalli al guinzaglio. Montale stesso ha spiegato questi ultimi versi<br />
in un articolo pubblicato sul “Corriere della Sera” il 16 febbraio<br />
1950 4 : “Mirco (il nome che il poeta dà a se stesso) era a Modena…<br />
A Clizia piacevano gli animali strani. I due sciacalli rimandano a<br />
lei, richiamano lei”. Ecco come l’occasione suscita il bagliore che<br />
anima la memoria grigia in cui spesso il poeta si trova immerso.<br />
E proprio i barbagli dell’aurora che improvvisamente colpiscono un<br />
ramo di palma contro un muro possono offrire un altro segno di lei:<br />
Ecco il segno; s’innerva<br />
sul muro che s’indora:<br />
un frastaglio di palma<br />
bruciato dai barbagli dell’aurora.<br />
Il passo che proviene<br />
dalla serra sì lieve,<br />
3 Si tratta del sesto Mottetto, scritto nel 1937.<br />
4 Montale iniziò a collaborare al “Corriere” nel 1946. Nel 1948 fu assunto<br />
definitivamente. L’articolo citato è entrato a far parte del volume di scritti Sulla<br />
poesia, già citato.<br />
56
La donna salvifica in Dante e in Montale di Giuliana Simonti<br />
non è felpato dalla neve, è ancora<br />
tua vita, sangue tuo nelle mie vene. 5<br />
Il poeta cerca in altri scatti improvvisi la presenza della donna:<br />
Il ramarro, se scocca<br />
sotto la grande fersa<br />
dalle stoppie –<br />
la vela, quando fiotta<br />
e s’inabissa al salto<br />
della rocca –<br />
il cannone di mezzodì<br />
più fioco del tuo cuor<br />
e il cronometro se<br />
scatta senza rumore –<br />
Ma la delusione lo sorprende:<br />
e poi? Luce di lampo<br />
invano può mutarvi in alcunché<br />
di ricco e di strano. Altro era il tuo stampo. 6<br />
E allora il poeta si chiede:<br />
Perché tardi? Nel pino lo scoiattolo<br />
batte la coda a torcia sulla scorza.<br />
La mezzaluna scende col suo picco<br />
nel sole che la smorza. È giorno fatto. 7<br />
All’interno dei Mottetti, precisamente nel dodicesimo, di data-<br />
5 È l’ottavo Mottetto, scritto nel 1938.<br />
6 Mottetto n. 9, scritto nel 1937.<br />
7 Mottetto n. 10, 1938.<br />
57
Dell’Estetica<br />
zione incerta (gennaio 1940?) 8 , assistiamo ad una trasformazione<br />
di Clizia, a un’anticipazione di quello che sarà nella Bufera:<br />
Ti libero la fronte dai ghiaccioli<br />
che raccogliesti traversando l’alte<br />
nebulose; hai le penne lacerate<br />
dai cicloni, ti desti a soprassalti.<br />
Mezzodì: allunga nel riquadro il nespolo<br />
l’ombra nera, s’ostina in cielo un sole<br />
freddoloso; e l’altre ombre che scantonano<br />
nel vicolo non sanno che sei qui.<br />
Clizia è ormai una figura metafisica il cui intervento può davvero<br />
salvare il poeta, salvarlo dal male di vivere, s’intende.<br />
La donna lo ha visitato, è scesa dall’alto 9 , ha attraversato alte<br />
nebulose (dense? lontane?). Ora è qui con le penne a brandelli, rovinate<br />
dalle tempeste (i cicloni anticipano già la Bufera). Si sveglia<br />
d’improvviso, a scatti, e il poeta con delicatezza estrema le libera<br />
la fronte dai ghiaccioli che ha raccolto nel suo viaggio. È un mezzogiorno<br />
opaco: nel riquadro della finestra il nespolo allunga la<br />
sua ombra nera, ma in cielo resiste il sole che, pur freddoloso e<br />
lontano dalla solarità rappresentata dal giallo negli Ossi di seppia,<br />
rimane sempre elemento positivo. E gli altri non conoscono il<br />
segreto del poeta, non sanno che lei è giunta.<br />
Nella Bufera, terzo libro montaliano, del 1956, a Clizia viene affidato<br />
il compito di salvare tutti. La situazione collettiva è diventata<br />
tragica: la seconda guerra mondiale ha infestato il mondo.<br />
Già nelle poesie di Finisterre, uscite nel 1943 grazie a Gianfranco<br />
Contini che le aveva portate a Lugano, e più tardi entrate come<br />
prima sezione nella Bufera, Clizia diventa l’angelo visitatore.<br />
Nella famosa Intervista immaginaria pubblicata sul primo numero<br />
de “La Rassegna d’Italia” del gennaio 1946 Montale disse: “Ho<br />
8 Il Mottetto uscì per la prima volta sulla rivista “La Ronda” nell’aprile del 1940.<br />
9 Già nei versi finali del decimo Mottetto la donna è vista scendere dall’alto: nulla<br />
finisce, o tutto, se tu folgore / lasci la nube.<br />
58
La donna salvifica in Dante e in Montale di Giuliana Simonti<br />
proiettato la Selvaggia o la Mandetta o la Delia (le donne cantate<br />
rispettivamente da Cino da Pistoia, da Guido Cavalcanti e dal<br />
poeta francese del Cinquecento Maurice Scève n.d.r) la chiami<br />
come vuole, sullo sfondo di una guerra cosmica e terrestre, senza<br />
scopo e senza ragione, e mi sono affidato a lei, donna, angelo o<br />
procellaria ”.<br />
La donna dunque scende dall’alto. In varie poesie della Bufera<br />
si ripete questa caratteristica: ne La frangia dei capelli Montale<br />
dice: l’ala onde tu vai… scesa d’un balzo; in Giorno e notte: o perigliosa<br />
annunciatrice dell’alba; in Iride la chiama la messaggera di Dio:<br />
l’Iri del Canaan; ne L’orto si legge: messaggera / che scendi, prediletta<br />
del mio Dio. D’altra parte la condizione estrema della guerra potrebbe<br />
trovare un antidoto solo in un intervento straordinario.<br />
Ricordiamo che Montale (1896 – 1981), a differenza di Ungaretti,<br />
non ha lasciato segno nei suoi versi della prima guerra (anche se<br />
marginalmente vi partecipò nel ’18, in Vallarsa) la seconda, invece,<br />
fa da sfondo a buona parte del terzo libro e in questo Clizia<br />
assume valore salvifico per eccellenza con caratteristiche tipicamente<br />
cristiane (in questo caso risulta evidente la sua vicinanza<br />
con la Beatrice dantesca) anche se è cantata da un poeta che non<br />
crede alla salvezza ultraterrena, ma che concepisce la salvezza di<br />
tutti dalla bufera della guerra solo grazie all’intervento eccezionale<br />
di lei. Esempio di questo La primavera hitleriana:<br />
Folta la nuvola bianca <strong>delle</strong> falène impazzite<br />
turbina intorno agli scialbi fanali e sulle spallette,<br />
stende a terra una coltre su cui scricchia<br />
come su zucchero il piede; l’estate imminente sprigiona<br />
ora il gelo notturno che capiva<br />
nelle cave segrete della stagione morta,<br />
negli orti che da Maiano scavalcano a questi renai.<br />
Da poco sul corso è passato a volo un messo infernale<br />
tra un alalà di scherani, un golfo mistico acceso<br />
e pavesato di croci a uncino l’ha preso e inghiottito,<br />
si sono chiuse le vetrine, povere<br />
e inoffensive benché armate anch’esse<br />
59
Dell’Estetica<br />
di cannoni e giocattoli di guerra,<br />
ha sprangato il beccaio che infiorava<br />
di bacche il muso dei capretti uccisi,<br />
la sagra dei miti carnefici che ancora ignorano il sangue<br />
s’è tramutata in un sozzo trescone d’ali schiantate,<br />
di larve sulle golène, e l’acqua séguita a rodere<br />
le sponde e più nessuno è incolpevole.<br />
Tutto per nulla, dunque? – e le candele<br />
romane, a S. Giovanni, che sbiancavano lente<br />
l’orizzonte, ed i pegni e i lunghi addii<br />
forti come un battesimo nella lugubre attesa<br />
dell’orda (ma una gemma rigò l’aria stillando<br />
sui ghiacci e le riviere dei tuoi lidi<br />
gli angeli di Tobia, i sette, la semina<br />
dell’avvenire) e gli elitropi nati<br />
dalle tue mani – tutto arso e succhiato<br />
da un polline che stride come il fuoco<br />
e ha punte di sinibbio…<br />
Oh la piagata<br />
primavera e pur festa se raggela<br />
in morte questa morte! Guarda ancora<br />
in alto, Clizia, è la tua sorte, tu<br />
che il non mutato amor mutata serbi,<br />
fino a che il cieco sole che in te porti<br />
si abbàcini nell’Altro e si distrugga<br />
in Lui, per tutti. Forse le sirene, i rintocchi<br />
che salutano i mostri nella sera<br />
della loro tregenda, si confondono già<br />
col suono che slegato dal cielo, scende, vince –<br />
col respiro di un’alba che domani per tutti<br />
si riaffacci, bianca ma senz’ali<br />
di raccapriccio, ai greti del sud…<br />
Nell’epigrafe alla poesia la spiegazione del nome dato dal poeta<br />
alla donna, in questo testo per la prima volta chiamata Clizia:<br />
60
La donna salvifica in Dante e in Montale di Giuliana Simonti<br />
Ne quella ch’a veder lo solo si gira…(Dante (?) a Giovanni Quirini) 10 ,<br />
fanciulla trasformata in girasole, appunto, colei che il non mutato<br />
amor mutata serba, come dice Montale citando ancora l’antico poeta<br />
che forse è Dante (quasi a chiudere il nostro discorso che ha<br />
preso il via proprio nel suo nome).<br />
Iniziata nel ’39 e terminata nel ’46, questa poesia è fondamentale<br />
per capire il nuovo ruolo di Clizia. L’immagine iniziale rimanda<br />
ad una situazione tragica: intorno alle deboli luci dei lampioni<br />
del lungarno fiorentino turbina una nube di farfalle notturne<br />
impazzite. Molte cadono a terra a formare una coltre sulla quale<br />
il piede stride come se si muovesse sullo zucchero. L’aria è fredda,<br />
l’estate ormai vicina libera il gelo della notte, che durante la<br />
stagione invernale era rimasto chiuso nei suoi antri nascosti, giù<br />
per le terre che dalla località di Maiano giungono fino alle rive<br />
dell’Arno. Hitler, tra le grida acclamanti dei suoi sgherri, è accolto<br />
dalla folla esultante. Sono stati chiusi i negozi con le vetrine<br />
ornate di giocattoli di guerra. La violenza si coglie in quei musi<br />
di capretti uccisi infiorati di bacche che si mostrano dalle macellerie.<br />
La festa dei miti carnefici, potente ossimoro per indicare i<br />
tanti che ancora non si sono macchiati di sangue, ma che presto<br />
lo faranno, si è, nell’ora della sera, trasformata in una immonda<br />
danza di ali spezzate, di larve di farfalle su quella striscia di terra<br />
che separa l’argine dal letto del fiume. E l’acqua continua a corrodere<br />
le rive (la storia non si ferma) e ormai nessuno può dirsi<br />
senza colpa.<br />
La violenza riesce a corrompere tutto? Non sono valse a niente<br />
le cerimonie religiose con i fuochi d’artificio (ma proprio il termine<br />
candele rimanda al contesto sacro) in occasione della festa di<br />
S.Giovanni? A cosa è valsa la storia privata con l’esperienza della<br />
separazione dalla donna, vissuta come un sacrificio, con i pegni e<br />
i saluti scambiati con la forza di un impegno religioso? Non sono<br />
valsi a fermare la sciagura della guerra, anche se qualche segno<br />
10 Da ricordare che proprio nel ’39 Gianfranco Contini, amico di Montale, aveva<br />
pubblicato le Rime di Dante tra cui si trova il sonetto Nulla mi pare mai più crudel<br />
cosa di dubbia attribuzione, da cui sono tratti i versi riportati da Montale.<br />
61
Dell’Estetica<br />
positivo filtra goccia a goccia dalla terra di lei 11 , i girasoli nati<br />
dalle sue mani? (la poesia?).<br />
Tutto ormai sembra bruciato e annullato dalla furia travolgente<br />
di folate di vento sferzante. Eppure la primavera ferita, straziata,<br />
è ancora festa se congela nella morte la situazione nefasta che di<br />
per sé è già morte. E allora la salvezza di tutti è legata solamente<br />
a lei, a Clizia, colei che pur essendo cambiata, conserva in sé<br />
un amore immutato, che, guardando fissamente in alto, offrirà,<br />
come sacrificio per la salvezza di tutti, a Cristo salvatore.<br />
Forse proprio per questo i fischi <strong>delle</strong> sirene e i rintocchi <strong>delle</strong><br />
campane che salutano Hitler e Mussolini, i mostri, nella sera del<br />
loro passaggio a Firenze (ma nel termine tregenda anche il significato<br />
di convegno di demoni) si mescola col suono che, liberato<br />
dal cielo, scende e vince il male con il sollievo di un’alba che possa<br />
portare sulla terra riarsa una speranza priva di paura.<br />
Clizia ha assolto il suo compito. Già ne L’ombra della magnolia<br />
a lei si dice Addio. Ne Il gallo cedrone Clizia è scomparsa. Nella<br />
prima poesia dei Madrigali privati, sesta e penultima sezione della<br />
Bufera, appare già un’altra donna: Se t’hanno assomigliato / alla<br />
volpe sarà per la falcata / prodigiosa, pel volo del tuo passo / che unisce<br />
e che divide, che sconvolge / e rinfranca il selciato …<br />
La Volpe appunto, la poetessa Maria Luisa Spaziani, una figura<br />
totalmente terrena, importante per il poeta, ma che poco ha da<br />
spartire con Clizia.<br />
11 L’immagine biblica degli angeli di Tobia, i sette, la semina dell’avvenire, tratta<br />
proprio dal Libro di Tobia (12, 15) è segno di un qualcosa di positivo che è successo<br />
nella terra di lei e che potrebbe riferirsi anche (ricordare la lunga gestazione del<br />
testo) alla decisione degli Americani di intervenire contro il nazifascismo.<br />
62
La donna salvifica in Dante e in Montale di Giuliana Simonti<br />
Riferimenti bibliografici<br />
• Eugenio Montale, Poesie, a cura di Angelo Marchese,<br />
Mondadori, Milano, 1991.<br />
• Eugenio Montale, Le occasioni, a cura di Dante Isella, Einaudi,<br />
Torino,1996.<br />
• Marco Forti, Eugenio Montale, La poesia, la prosa di fantasia e<br />
d’invenzione, Mursia, Milano, 1973.<br />
• Eugenio Montale, Lettere a Clizia, a cura di Rosanna Bettarini,<br />
Gloria Manghetti, Franco Zabagli, Mondadori, Milano, 2006.<br />
63
Il sorriso di Venere la bellezza<br />
attraverso la lettura dei classici (*)<br />
La bellezza di Elena<br />
Ringrazio prima di tutto il <strong>Liceo</strong> <strong>Varchi</strong>, che ci ospita in questa occasione<br />
di scambio, interessante e spero non unica; saluto e ringrazio<br />
quindi la prof. Bramante, collega sensibile e colta nonché amica gentile,<br />
che ha organizzato questi incontri di riflessione intorno al tema<br />
dell’estetica - cioè del dono prezioso e difficile della bellezza - e soprattutto<br />
saluto e ringrazio voi che siete intervenuti così numerosi e<br />
avrete la pazienza di ascoltare il mio contributo di questa sera.<br />
Questa nostra conversazione ha un titolo suggestivo, ma anche<br />
un po’ ambiguo: il sorriso di Venere. [D1]<br />
Non un semplice titolo, ma piuttosto una citazione, che si riconduce<br />
facilmente al sonetto di Foscolo dedicato alla sua isola natale – Zacinto<br />
- che si specchia nel mare greco; quel mare da cui nacque Venere<br />
e rese felici e fertili quelle terre col suo sorriso, tanto che la bellezza di<br />
quel cielo e di quel mare ispirarono la grande poesia di Omero e il suo<br />
racconto del nòstos, del ritorno in patria, di Ulisse.<br />
Rileggiamo insieme l’incipit del sonetto di Ugo Foscolo: [D2]<br />
A ZACINTO<br />
Né più mai toccherò le sacre sponde<br />
ove il mio corpo fanciulletto giacque,<br />
Zacinto mia, che te specchi nell’onde<br />
del greco mar da cui vergine nacque<br />
Venere, e fea quelle isole feconde<br />
col suo primo sorriso…<br />
65<br />
di Carla Mugnai<br />
(*) Questa relazione è corredata da immagini contenute nel compact disc allegato al<br />
volume.
Dell’Estetica<br />
Venere / Afrodite, la dea dell’amore carnale, è qui rappresentata<br />
mentre esce dalle onde del mare ellenico e col sorriso, il primo<br />
sorriso dell’Amore, fa nascere la bellezza e la poesia: la grande<br />
poesia di Omero.<br />
Mi è sembrata la metafora più immediata per alludere al nostro<br />
tema: la bellezza attraverso la lettura di alcuni testi della letteratura<br />
classica greca e latina.<br />
In primo luogo nell’Iliade , dove la dea Afrodite è ben presente.<br />
La troviamo come nume tutelare, protettrice e pronuba della<br />
coppia prediletta: Elena e il suo amante-non amato Paride Alessandro.<br />
Entrambi, in modo molto diverso, come vedremo, hanno ricevuto<br />
da Afrodite il dono della bellezza, in forma di potere di<br />
seduzione.<br />
Dono fatale<br />
Elena è l’unica figlia femmina fra i figli mortali di Zeus.<br />
Elena dunque è stata ed è il simbolo stesso della bellezza, colei<br />
a cui Venere ha riservato il suo più seducente sorriso; di lei e<br />
della forza che a lei deriva dalla sua bellezza possiamo dire come<br />
dicevano gli antichi:<br />
La bellezza è la più ammirabile, la più preziosa e la più divina <strong>delle</strong><br />
cose. Ed è facile giungere a comprendere la sua potenza: infatti risulterà<br />
evidente che le realtà che pure non hanno in sé una parte di virtù o di<br />
sapienza o di giustizia sono apprezzate più di ciascuno di questi valori,<br />
mentre riscontreremo che <strong>delle</strong> realtà che sono rimaste prive di bellezza<br />
nessuna è amata, ma tutte sono disprezzate, eccetto quante siano entrate<br />
in contatto con questa forma ideale, e riscontreremo anche che la<br />
virtù è così rinomata soprattutto per il fatto che è la più bella fra tutti<br />
gli oggetti di dedizione. Ancha a partire da un altro punto di vista si<br />
potrebbe comprendere quanto la bellezza si distingua dagli altri beni,<br />
considerando cioè gli atteggiamenti che noi assumiamo verso ciascuno<br />
di essi. Infatti, degli altri beni di cui ci troviamo ad aver bisogno, noi<br />
vogliamo soltanto entrare in possesso, ma non ne restiamo più a lungo<br />
toccati nell’animo. Invece <strong>delle</strong> cose belle sorge in noi un amore, che<br />
è dotato di forza di desiderio tanto più grande, quanto più pregevole<br />
è l’oggetto d’amore. Inoltre nei confronti di coloro che si distinguono<br />
in intelligenza o in qualche altra caratteristica noi proviamo invidia, a<br />
66
Il sorriso di Venere: la bellezza attraverso la lettura dei classici di Carla Mugnai<br />
meno che essi beneficandoci di giorno in giorno non ci attraggano a sé e<br />
non ci costringano ad amarli; invece nel momento stesso in cui vediamo<br />
<strong>delle</strong> persone belle diventiamo ben disposti nei loro confronti e soltanto<br />
a loro, come a divinità, non ci esimiamo dall’attribuire venerazione.<br />
(Isocrate, Elena, 54)<br />
Elena – la donna più bella del mondo - come la rappresenterà<br />
Saffo: [D3]<br />
“Elena che superava ogni donna in bellezza, abbandonato il suo illustre<br />
marito, andò a Troia per mare scordando del tutto la figlia,<br />
e i genitori.<br />
La dea di Cipro tutta la travolse nel folle amore”<br />
Eppure a tanto splendore di grazia e di seduzione si intrecciano<br />
segni inquietanti di lutto e di timore. Nel poema omerico che<br />
per primo la celebra e ne costruisce il mito, Elena compare infatti<br />
come premio della Eris, della contesa, da cui deriva Ares, la guerra.<br />
Già nell’Iliade dunque è una figura ambigua: è dono di Afrodite<br />
a Paride ed è sciagura per il popolo dei Teucri.<br />
A questo proposito, Eschilo dirà di lei: “Il nome di Elena, la sposa<br />
di guerra, la donna contesa; poiché Elena, la sterminatrice di navi,<br />
di uomini, di città, lasciando le preziose coltri del talamo, salpò via,<br />
portata dal soffio di un vento gagliardo… “ (Eschilo, Agamennone,<br />
691-698) [D4]<br />
Sul nome Elène Eschilo costruisce le figure retoriche dell’enumerazione<br />
e dell’etimologia, derivando il nome stesso della donna<br />
dall’azione di sterminare e declinandolo in tre variazioni [D5]<br />
Elène diventa così :<br />
èlaunos,<br />
èlandros, la sterminatrice di uomini<br />
67<br />
di navi<br />
elèptolis di città
Dell’Estetica<br />
Siamo di fronte al potere grande e temibile di una donna fatale,<br />
dove Fatale ha ancora il significato originario del termine, derivato<br />
da Fato.<br />
Fatale è quindi attribuito alla persona che con la sua sola presenza<br />
può cambiare il destino degli uomini che incontra , in<br />
modo drammatico e spesso con esiti tragici.<br />
Fatale infatti è anche Achille per Andromaca, lui che le ha ucciso<br />
padre e fratelli in un sol giorno, trasformando la sua esistenza<br />
da quella di pricipessa onorata nella sua terra a straniera in cerca<br />
di rifugio e che poi le ucciderà anche il marito e la ridurrà da moglie<br />
amata, anche se straniera e fuggitiva, in schiava degli Achei.<br />
Questo è il potere che Venere ha donato col suo sorriso alla sua<br />
protetta, alla prediletta, a Elena scegliendola come esempio insuperabile<br />
di incanto e seduzione per ogni uomo che la ammiri.<br />
Oggetto del desiderio<br />
La donna Fatale che ti cambia il destino, Elena splendente, bellissima,<br />
meraviglia per i mortali .<br />
Eppure Omero non la descrive mai nei suoi tratti somatici.<br />
Quando il poema la presenta per la prima volta, nel terzo libro,<br />
essa è intenta a tessere: [D6]<br />
Iris intanto venne messaggera ad Elena dalle bianche braccia…<br />
La trovò nella stanza: quella tesseva un gran manto<br />
doppio, tinto di porpora, e molte avventure ci ricamava<br />
che i Troiani, provetti cavalieri, e gli Achei vestiti di bronzo<br />
affrontarono a causa di lei sotto i colpi di Ares.<br />
(Iliade III , 121/191 trad. G.Cerri)<br />
Iride la convince a recarsi sulle mura della città, per assistere<br />
al combattimento, infondendole il desiderio di rivedere la sua<br />
gente, il suo primo marito e forse i suoi fratelli – Castore e Polluce<br />
– che Elena crede ancora in vita .<br />
Sulla torre, vicino alle porte Scee, incontra Priamo e tutti i nobili<br />
anziani della città che ne ammirano la bellezza, ma vorrebbero<br />
allontanarla: [D7]<br />
68
Il sorriso di Venere: la bellezza attraverso la lettura dei classici di Carla Mugnai<br />
Non è motivo di biasimo, se per tale donna a lungo<br />
Troiani e Achei sopportano dolori:<br />
maledettamente somiglia d’aspetto alle dee immortali<br />
Ma tuttavia pur così bella sulle navi ritorni,<br />
che a noi e ai nostri figli non resti sventura in futuro.<br />
(ibidem)<br />
La messaggera degli dei l’ha condotta sulle mura per assistere<br />
al duello tra il suo primo marito Menelao e l’attuale compagno<br />
Alessandro, duello di cui ancora una volta Elena sarà il premio<br />
promesso al vincitore:<br />
In duello si batteranno per te:<br />
di chi riuscirà vincitore sarai detta sposa legittima.<br />
(ibidem)<br />
Elena è premio, oggetto della contesa (oggetto del desiderio potremmo<br />
dire secondo la terminologia di Propp) e come oggetto<br />
è rappresentata .<br />
Seguiamo quello che dice Nicole Loraux in Il femminile e l’uomo<br />
greco nel suo intervento intitolato Il fantasma della sessualità: [D8]<br />
Elena vive al di fuori di Elena come oggetto bramato e per questo<br />
sono usati ampiamente i neutri<br />
àgalma (¥galma), cosa preziosa,<br />
kallìsteuma, (kall… steuma) cosa bella,<br />
tèras (tšraj) cosa straordinaria,<br />
thàuma (qaÚma) cosa prodigiosa,<br />
ma anche<br />
pèma (pÃma) flagello<br />
Successivamente la incontriamo a parlare per sette volte e ogni volta<br />
sarà per cercare di mettere a distanza colei che parla da quella che gli<br />
altri vedono<br />
La bellezza che Elena ha ricevuto in misura superiore a ogni<br />
69
Dell’Estetica<br />
altra donna sulla terra è dunque una misteriosa e potente energia<br />
che attrae su di sé gli sguardi e i desideri degli uomini conquistati<br />
dalla sua immagine , senza alcuna volontà da parte sua.<br />
Molti eroi saranno vittima di questo potere seduttivo.<br />
Teseo la rapì quando era ancora una fanciullina.<br />
Tutti i principi greci la desiderarono in moglie e Tindaro che<br />
l’aveva allevata nella sua casa pretese da loro il patto di solidarietà<br />
- stipulato tra tutti i testimoni del matrimonio di Elena col<br />
prescelto Menelao - che spingerà gli stessi, con a capo Agmennone,<br />
a dichiarare guerra a Troia.<br />
Paride la rapirà per compiere la promessa di Venere.<br />
Alla morte di Paride sarà ancora contesa tra altri due figli di<br />
Priamo: Eleno e Deifobo e verrà assegnata al più valoroso Deifobo.<br />
Il mito ci dice che Elena odiava il suo terzo marito Deifobo tanto<br />
da ucciderlo lei stessa, secondo una tradizione o comunque<br />
tanto da festeggiare alla notizia della sua morte per mano di Menelao,<br />
il marito col quale voleva tornare.<br />
L’amante : Alessandro – simile-a-un-dio<br />
Femme fatale. Oggetto del desiderio. Dotata di grande potere di<br />
seduzione.<br />
Eppure oltre che seduttrice l’Elena di Omero appare anche e<br />
soprattutto come sedotta. [D9]<br />
Lo vediamo nel suo rapporto con Paride Alessandro l’amante<br />
che l’ha rapita dal palazzo dov’ era ospite e l’ha condotta a Ilio:<br />
anche a lui la dea Afrodite ha sorriso, in lui si compiace in modo<br />
particolare e a lui ha donato parte del suo potere, come ha fatto<br />
per la figlia di Leda e di Zeus: Elena di Sparta.<br />
Ma mentre nella donna splendente e maledettamente bella il<br />
dono divino del fascino è vissuto in modo drammatico come<br />
conflitto tra istinto e ragione, tra piacere e virtù e poi diventerà<br />
il conflitto tra apparire ed essere, Alessandro mostra un altro<br />
aspetto del dono, del sorriso di Venere.<br />
In lui, come in Elena, la bellezza è dono divino.<br />
Quando entra in scena, all’inizio del terzo libro, nell’episodio<br />
70
Il sorriso di Venere: la bellezza attraverso la lettura dei classici di Carla Mugnai<br />
del duello con Menelao, Omero lo designa con un epiteto che lo<br />
accompagna sempre: Alessandro – simile-a-un-dio: [D10]<br />
Quando (i due eserciti) furono di fronte,<br />
alla testa dei Troiani era Alessandro -simile-a-un-dio;<br />
sulle spalle una pelle di pardo e l’arco ricurvo e la spada.<br />
(Iliade III, 15-17)<br />
Bello ed elegante con le sue armi e le pelli esotiche. Poco oltre<br />
dirà: [D11]<br />
[come un leone affamato che si imbatte in un cervo o in un capro<br />
selvatico]<br />
così gioì Menelao dinanzi a sé vedendo Alessandro – simile-a-un-dio<br />
e ancora:<br />
Ma non appena lo vide,<br />
Alessandro – simile-a-un-dio rimase atterrito in cuor suo<br />
e si tirava indietro nel gruppo dei compagni per schivare la morte.<br />
Come uno che ha visto un serpente…<br />
(Iliade III, 30-33)<br />
Bellezza, splendore, eleganza, ma non accompagnate dalle virtù<br />
dell’uomo antico: onore e coraggio.<br />
Come gli rimprovera il fratello Ettore, che lo vede ricoprirsi di<br />
infamia davanti a tutti, perché non ha il coraggio di affrontare in<br />
battaglia il primo marito della donna che lui ha rapito, violando<br />
i doveri dell’ospitalità.<br />
Ettore ci dà la sintesi della natura e del carattere di Alessando: [D12]<br />
Paride maledetto, per bellezza il più valoroso, pazzo di donne,<br />
ingannatore… ridono gli Achei<br />
a pensare che il nostro campione primeggia, perché ha bello<br />
l’aspetto, ma non ha forza nel cuore né un po’ di coraggio.<br />
Non affronteresti dunque Menelao?<br />
Capiresti che uomo è colui del quale possiedi la sposa fiorente;<br />
non ti sarebbe d’aiuto la cetra né quanto ti ha dato Afrodite,<br />
la bellezza e la chioma, quando fossi lì nella polvere a batterti.<br />
(Iliade III, 40 - 55)<br />
71
Dell’Estetica<br />
C’è un riferimento diretto alla bellezza del corpo, in particolare<br />
ai lunghi capelli biondi, sciolti sulle spalle, e all’abilità nella musica,<br />
nel canto e nella danza.<br />
Queste attività nella società greca di epoca classica erano spesso<br />
esercitate con grande abilità da uomini d’arme senza nessuno<br />
scandalo, basta pensare a quello che ci dice Plutarco a proposito<br />
del generale tebano Epaminonda, grande stratega e esperto musicista<br />
e ballerino .<br />
Al contrario nella civiltà di cui Ettore fa parte - più arcaica e<br />
orientalizzante- come poi sarà nel mondo romano , musica, canto<br />
e danza sono attività ritenute effeminate, inadatte ad un uomo e<br />
in particolare ad un combattente.<br />
Il duello tra Paride e Menelao<br />
Vediamo cosa risponde Paride al fratello Ettore: [D13]<br />
A lui disse in risposta Alessandro – simile-a-un-dio<br />
(hai ragione anche se le tue parole sono taglienti come la scure<br />
che taglia il legno per le navi)<br />
non mi rinfacciare i gradevoli doni di Afrodite d’oro:<br />
non si possono certo respingere i doni preziosi degli dei,<br />
quelli che loro concedono, né si può scegliere a proprio piacere.<br />
(Iliade III 64 - 66)<br />
Ecco che il nostro eroe, per così dire, si giustifica dicendo, in<br />
sostanza, non è colpa mia se sono fatto così.<br />
Ma poi continua dichiarandosi pronto ad affrontare il rivale in<br />
un duello che metta fine alla contesa e alla guerra .<br />
Sappiamo come andrà a finire il duello, con Menelao che lo<br />
vince e, afferrato il rivale per la criniera dell’elmo, lo trascina verso<br />
l’esercito acheo, ma Afrodite interviene e spezza la cinghia del<br />
sottogola, liberando il suo pupillo: una fortuna sfacciata che a<br />
volte tocca ai giovani imprudenti che osano sfidare la sorte.<br />
A Menelao furioso resta in mano solo l’elmo, mentre Paride<br />
scompare sotto gli occhi di Elena e di tutti i presenti.<br />
Elena, che poi sarà chiamata dalla dea a raggiungere il suo<br />
amante con queste parole: [D14]<br />
72
Il sorriso di Venere: la bellezza attraverso la lettura dei classici di Carla Mugnai<br />
Su vieni, Alessandro ti manda a dire di tornartene a casa.<br />
Lui è già in camera, sopra il letto tornito con arte,<br />
splendente di bellezza ed eleganza; non diresti davvero<br />
che torni da uno scontro corpo a corpo, ma piuttosto che vada<br />
ad un ballo, o abbia smesso appena e si riposi dal ballo.<br />
Elena risponde con sdegno al richiamo d’amore, accusa Afrodite<br />
di volerla trascinare nel fango , le chiede provocatoriamente<br />
se non vorrà portarla ancora ad altri letti, in altri paesi, ancora<br />
più lontano dalla sua terra, seguendo qualche altro uomo caro<br />
alla dea: [D15]<br />
Io non andrò laggiù a preparare il suo letto<br />
– sarebbe vergognoso davvero.<br />
E anche quando la dea la costringe con minacce di morte a<br />
seguirla fino nella stanza e lei stessa pone un sedile proprio di<br />
fronte a Paride:<br />
Elena figlia di Zeus vi si mise a sedere distogliendo altrove lo sguardo<br />
e rimproverando lo sposo di non essere piuttosto caduto in<br />
duello, lo sfida a ritornare sul campo e ad affrontare di nuovo<br />
Menelao che lui tante volte si è vantato di superare in forza e<br />
abilità.<br />
La regina di Sparta dimostra tutto il suo tormento per il disonore<br />
di avere un amante così poco valoroso, la vergogna di fronte<br />
alle donne Troiane che sparleranno di lei, la mancanza di stima<br />
per questo sposo leggero e incostante; l’amante non-amato di cui<br />
abbiamo detto.<br />
Ma, mentre mostra tanto sdegno, non può del tutto nascondere<br />
l’emozione forte che la possiede di fronte all’uomo che l’ha<br />
sedotta, inducendola ad abbandonare marito, famiglia e patria:<br />
tutto per lui ha lasciato la regina sposa del re di Sparta Menelao.<br />
Già al primo richiamo della dea dell’Amore Elena ha avuto un<br />
sussulto, un tremito del cuore al pensiero dell’amante in attesa<br />
di lei: Disse così, e le scosse l’animo in petto… ebbe allora un sussulto.<br />
Quando poi gli è di fronte nella stanza da letto, distoglie lo<br />
73
Dell’Estetica<br />
sguardo in segno di disprezzo, ma anche per tentare di evitare la<br />
seduzione di Paride, perché si sente invadere dal desiderio di lui.<br />
Infine davanti alla forza seduttiva <strong>delle</strong> sue parole cede senza<br />
ritegno: [D16]<br />
(non mi tormentare, dice Paride, oggi ha vinto lui e domani sarò<br />
io il vincitore)<br />
Ma vieni, mettiamoci a letto e godiamo l’amore:<br />
mai il desiderio di te mi ha sconvolto la mente con tanta violenza<br />
neppure il primo giorno in cui mi sono unito a te d’amore e di letto<br />
tanto ora ho voglia di te e dolce mi prende il desiderio.<br />
Disse e s’avviò al letto per primo: lo seguì la sua donna .<br />
Seduzione e narcisismo<br />
Ritroviamo Paride Alessandro nel VI libro, quando Ettore, tornando<br />
in città per chiedere sacrifici ad Atena, lo va a cercare nelle<br />
sue stanze, e di nuovo si mostra pronto a combattere .<br />
Ettore sorride e crede al cambiamento.<br />
Omero ce lo descrive mentre va verso il fratello, correndo veloce,<br />
orgoglioso e felice del proprio corpo, del vigore giovanile di<br />
tutte le sue membra: [D17]<br />
come un cavallo stallone appena nutrito alla greppia<br />
strappa la corda e galoppa felice nel piano<br />
…orgoglioso tiene alta la testa, intorno i suoi crini<br />
svolazzano sopra le spalle; egli gode del proprio vigore.<br />
Paride, a differenza di Elena, non manifesta mai sensi di colpa;<br />
i doni di Afrodite che egli ha ricevuto sono bellezza seduttiva e<br />
amore per i piaceri della vita, così come leggerezza di mente e di cuore.<br />
Agisce senza pensare alle conseguenze dei suoi atti, promette e<br />
dimentica le promesse, fa dei propositi ai quali non tiene fede,<br />
segue l’istinto e il piacere del momento.<br />
Un attimo prima si presenta davanti agli eserciti schierati provocando<br />
i più forti eroi, fiero <strong>delle</strong> sue armi esotiche e lucenti, un attimo<br />
dopo si ritira timoroso; sfida a duello il rivale per compiacere il<br />
fratello e poi scompare senza vergogna nelle sue stanze per giorni,<br />
mentre fuori continua la carneficina che lui stesso ha provocato.<br />
74
Il sorriso di Venere: la bellezza attraverso la lettura dei classici di Carla Mugnai<br />
Quella di Paride è forse la forma più potente di seduzione: è il<br />
potere seduttivo dei bambini, l’irresistibile grazia dei giovanissimi,<br />
la magica onnipotenza narcisistica di un individuo egocentrico<br />
prima della costruzione di una coscienza di sé in relazione agli<br />
altri e alle regole della convivenza.<br />
Ad Alessandro simile a un dio,come ai bambini, tutto si finisce<br />
per perdonare, il suo fascino è ben lontano da quello fatale e tragico<br />
di Elena, ma non meno intenso.<br />
L’idolo <strong>delle</strong> genti<br />
La questione della colpa di Elena è stata a lungo dibattuta, già<br />
dagli antichi : possiamo ricordare la difesa di Gorgia e soprattutto<br />
la palinodia di Stesicoro.<br />
Ma qui vorrei solo accennare a questa tradizione secondaria,<br />
posteriore ad Omero e molto più, diremmo, moderna e cioè la<br />
leggenda di Elena che non andò mai a Troia.<br />
Già nel mito narrato da Stesicoro nella sua Palinodia Elena segue<br />
Paride a Ilio soltanto come eidolon (idolo), immagine; in realtà<br />
la regina si rifugia in Egitto.<br />
Euripide nella tragicommedia Elena segue la variante di Stesicoro<br />
e ne fa oggetto di riflessione profondamente moderna .<br />
“Il pensiero corre, per associazione, a Platone che afferma nella Repubblica<br />
che il piacere sessuale è il fantasma del vero piacere e per questo<br />
èeidolon si combatte come si combatteva sotto Troia per il fantasma di<br />
Elena, non conoscendo la verità.”(N. Loraux)<br />
In Euripide (nel V sec. a.C.) Elena prende subito distanza dal<br />
mito e dato che a Troia è stato portato un fantasma, Paride a Menelao<br />
non ha sottratto la sposa, ma ha rapito solo una bambola<br />
d’aria, (èidolon èmpnoun) come dice Euripide, un fantasma che<br />
vaga sempre oltremare. L’Elena condotta a Troia è un idolo, cioè<br />
una apparenza vuota, un’immagine d’aria [D18].<br />
La vera Elena si è rifugiata in Egitto dove Menelao la ritroverà<br />
nel nòstos, nel viaggio di ritorno.<br />
Ecco il momento in cui la regina rivela la verità al messaggero<br />
che la incontra sulla spiaggia d’Egitto: [D19]<br />
75
Dell’Estetica<br />
Teucro “… alla marina Cipro, ove l’oracolo<br />
d’Apollo disse che abitato avrei,<br />
che il nome avrei di Salamina all’isola<br />
posto, in ricordo della patria antica…<br />
Elena<br />
Quella è un fantasma: a Troia io non andai…<br />
Nunzio<br />
Che dici?Le nostre pene furono per una nuvola?”<br />
(Euripide, Elena - trad. E. Romagnoli)<br />
L’incontro con la persona reale dimostrerà al re, agli achei (e a<br />
tutti noi) due verità incontestabili: che la guerra non ha mai una<br />
ragione reale e che la fama di una persona vive una vita distinta<br />
dal soggetto che l’ha ispirata.<br />
È ancora per questo che immagini fatte di luce, proiettate sul<br />
piccolo o sul grande schermo, sono così pronte a trasformarsi in<br />
idoli per la folla che le ammira, senza conoscerle.<br />
La potenza di Eros<br />
Paride ed Elena, una coppia male assortita si direbbe, eppure<br />
unita da un vincolo fortissimo, che va contro ogni ragione.<br />
Paride non fa niente per compiacere Elena, non capisce i suoi<br />
desideri, trova fastidiose le sue osservazioni, le sue promesse<br />
sono scritte nel vento.<br />
Elena non ha stima del suo compagno, sente la colpa e il biasimo<br />
degli altri su di loro, questa situazione le fa perdere anche la<br />
stima di se stessa (io, faccia di cagna – dice al cognato – meglio sarebbe<br />
non fossi mai nata) [D20], ma entrambi sono attratti in modo<br />
irresistibile dalla dea Afrodite, e da suo figlio, simbolo della forza<br />
primordiale dell’eros.<br />
Di quel dio terribile così cantato da Saffo: [D21]<br />
Eros,<br />
belva dolce-amara,<br />
invincibile,<br />
simile a vento scatenato fra querce sui<br />
monti,<br />
nell’intimo<br />
76
Il sorriso di Venere: la bellezza attraverso la lettura dei classici di Carla Mugnai<br />
mi eccita e sconvolge,<br />
Eros scioglimembra<br />
Gli antichi sapevano bene quanto potesse essere travolgente,<br />
quindi anche distruttiva, la forza del desiderio: è significativo<br />
il quarto coro dell’Antigone, in cui Sofocle presenta la triplice<br />
potenza che presiede alla passione e alla sessualità (Eros, Imeros,<br />
Afrodite). Una potenza che invade ugualmente animali, dei<br />
immortali e uomini mortali, simile alla follia, che fa delirare e<br />
suscita guerre tra padri e figli; accesa da niente altro che dalla<br />
curva tenera della guancia di una ragazza o dalla vibrazione di<br />
luce che emana da sotto le sue ciglia:<br />
Eros,<br />
nella lotta invincibile,<br />
Eros, che sulle bestie ti slanci<br />
e vigili sulle tenere guance<br />
della ragazza,<br />
tu che scavalchi il mare<br />
e penetri anche nelle capanne dei poveri:<br />
non immortale,<br />
non umano, che campa una giornata,<br />
può sfuggirti.<br />
Delira chi è colmo di te.<br />
Anche la mente dei giusti<br />
tu trascini all’ ingiustizia,<br />
e al disastro;<br />
tu hai scatenato questa<br />
guerra<br />
fra consanguinei.<br />
Desiderio,<br />
nato dagli occhi<br />
della donna, dell’incanto<br />
lucente vibrazione<br />
dalle ciglia della donna amata:,<br />
potere che siede tra Potenze regolatrici della vita<br />
sta fra le leggi fondamentali del mondo,<br />
splendente trionfa.<br />
È nel gioco la celeste<br />
Afrodite, che disarma.<br />
77
Seduce invincibilmente<br />
la dea Afrodite.<br />
(Sofocle, Antigone)<br />
Dell’Estetica<br />
Elena suscita l’hìmeros, il desiderio amoroso; ma lei non ricambia<br />
questo desiderio e vi soggiace solo dopo l’imposizione di<br />
Afrodite. Sembra più forte la dimensione del pòthos del desiderio<br />
di ciò che è assente, che essa stessa prova e di cui è oggetto.<br />
Li unisce dunque un amore, per così dire, a una sola dimensione,<br />
è il desiderio nato dalla bellezza, che si nutre di possesso,<br />
indifferente a qualsiasi altro valore e che di questo nutrimento<br />
non è mai realmente saziato né può godere.<br />
Amore e Psiche<br />
Per avvicinare un concetto diverso della bellezza e trovare altre<br />
dimensioni dell’amore prendiamo in considerazione, questa volta<br />
più brevemente, un testo latino molto posteriore, ma altrettanto famoso:<br />
la novella di Amore e Psiche, dal romanzo Metamorfosi di Apuleio.<br />
[D22]<br />
Il titolo Metamorphoseon libri conobbe presto la concorrenza di<br />
quello con cui l’opera fu indicata da Agostino di Ippona nel De<br />
civitate Dei (XVlll, 18): Asinus aureus, L’asino d’oro.<br />
Le Metamorfosi di Apuleio - sotto l’apparenza di una lettura di<br />
puro svago, intessuta di episodi umoristici e licenziosi - assume<br />
in realtà i caratteri del romanzo di formazione. [D23]<br />
Nella vicenda del giovane Lucio, che, trasformato in asino<br />
dalla sua curiosità , deve affrontare e risolvere diverse peripezie<br />
per riconquistare l’umanità perduta, viene rappresentato simbolicamente<br />
il passaggio dall’adolescenza, governata dall’istinto,<br />
all’età della ragione.<br />
La favola di Amore e Psiche, grazie al rilievo derivante dalla posizione<br />
centrale nel romanzo e dalla lunga estensione (64 capitoli),<br />
assume valore di premonizione nei confronti del destino di<br />
Lucio, il protagonista del romanzo.<br />
Il nostro eroe, nella sua nuova forma di asinello, è caduto nelle<br />
78
Il sorriso di Venere: la bellezza attraverso la lettura dei classici di Carla Mugnai<br />
mani dei predoni che se ne servono per trasportare le merci rubate<br />
nella loro caverna; qui è tenuta prigioniera una giovane, rapita<br />
poco prima e affidata ad una vecchia governante.<br />
Per consolare e distrarre la giovinetta dai suoi terrori, la governante<br />
le racconta la favola di Psiche, mentre l’asino Lucio, in<br />
disparte, ascolta con attenzione. [D24]<br />
La trama rispecchia tradizioni favolistiche note in tutti i tempi:<br />
Psiche, la figlia minore di un re, suscita l’invidia di Venere a causa<br />
della sua straordinaria bellezza, e viene, per volere della dea,<br />
data in preda a un mostro.<br />
Cupido, figlio di Venere, vedendola, se ne innamora e la libera,<br />
portandola al sicuro in un castello, dove ne diviene l’amante.<br />
Alla fanciulla, che ignora l’identità del dio, è negata la vista<br />
dell’amato, pena l’immediata separazione da lui. Tuttavia, istigata<br />
dalle due sorelle invidiose, Psiche non resiste al divieto e<br />
spia Amore mentre dorme: dalla lucerna accesa una goccia di<br />
olio bollente cade sulla spalla di Cupido che si sveglia.<br />
Il giovane, gravemente ferito, è costretto ad abbandonare la<br />
sua sposa e rifugiarsi nel palazzo della madre per essere curato.<br />
La prova che Psiche ha fallito è la fiducia nello sposo e la ferita<br />
che mette in pericolo Amore è stata in realtà inferta al loro legame.<br />
Le prove per ritrovare Amore<br />
All’inevitabile, immediato distacco pone rimedio la dolorosa<br />
espiazione cui Psiche si sottomette, attraverso varie esperienze.<br />
La fanciulla si presenta infatti da Venere per chiedere di rivedere<br />
lo sposo e la dea ha l’occasione per compiere la sua vendetta:<br />
la fa tormentare dalle sue ancelle Solitudine, Tristezza e Angoscia,<br />
la insulta e percuote in ogni modo e poi le propone tre prove<br />
impossibili. [D25]<br />
Psiche le supererà, ma non da sola, bensì con aiuti straordinari:<br />
saranno le formiche a insegnarle la pazienza assolvendo per lei<br />
l’incarico di separare una montagna di sette tipi di semi diversi.<br />
I giunchi del lago le insegneranno l’umiltà che induce a piegarsi alle circostanze,<br />
suggerendole il modo migliore di raccogliere un ricciolo d’oro<br />
dal vello di capre feroci, che Venere pretende come seconda prova.<br />
L’acqua nera della roccia dei draghi sarà infine raccolta da<br />
79
Dell’Estetica<br />
un’aquila che, volando alto, le mostra come liberarsi dal peso<br />
dell’angoscia che opprime, dal male di vivere che gli antichi<br />
chiamavano accidia e che scorre nel profondo della nostra anima<br />
come nera palude custodita dai nostri mostri.<br />
Ma Venere ha in serbo per lei un’ultima trappola e la incarica di<br />
recarsi nell’ Orco per portarle un po’ della bellezza di Proserpina.<br />
Quando la giovane si trova tra le mani la preziosa cassettina che<br />
Proserpina le ha affidato, non resiste alla tentazione di aprirla.<br />
Ora che le prove sono finite, ella sta per rivedere finalmente lo<br />
sposo, ma teme che lui la trovi troppo sciupata dalle sofferenze e<br />
allora perché non usare per sé appena un soffio di quella magica<br />
pozione? Dallo scrigno esce un Sonno Mortale che la avvolge;<br />
questa volta sarà però Amore stesso, ormai guarito dalla ferita,<br />
a salvarla.<br />
La novella si conclude felicemente con gli onori tributati a Psiche,<br />
assunta a dea, e le nozze con Amore; i due vivranno insieme<br />
e dalla loro unione nascerà Voluptas, cioè la Gioia di vivere.<br />
Bellezza e amore come dono di sé<br />
Quale significato ha quest’opera? Oltre ad avere introdotto il<br />
genere narrativo della novella fantastica con elementi magici<br />
possiamo vedere altri aspetti.<br />
I protagonisti sono : Cupido, cioè il desiderio d’amore, l’eros, il<br />
corpo e Psiche, la conoscenza, lo spirito, l’anima.<br />
Amore non vuole essere visto nel suo aspetto esteriore, ma avvicinato<br />
da ogni altro senso tranne gli occhi.<br />
Le prove a cui Psiche si è sottoposta per riconquistare lo sposo<br />
perduto, al servizio della dea Venere sono il dono di sé, oltre ogni<br />
fatica, fino al sacrificio. [D26]<br />
Il lieto fine rappresenta una nuova capacità di amare attraverso<br />
il ricongiungimento di corpo e anima. Amore che non è soltanto<br />
eros ma anche filia. Filia come conoscenza dell’altro, della sua<br />
interiorità.<br />
Filia è anche fiducia e complicità, nello stesso senso in cui Catullo<br />
dice a Lesbia: [D27]<br />
80
Il sorriso di Venere: la bellezza attraverso la lettura dei classici di Carla Mugnai<br />
Dicebas quondam solum te nosse Catullum<br />
Lesbia, nec prae me velle tenere Iovem.<br />
Dilexi tum te non tantum ut vulgus amicam<br />
sed pater ut gnatos diligit et generos.<br />
Ti ho amato non solo come amante ma anche come padre verso i figli<br />
Amore come dono di sé e scoperta dell’altro, dove la bellezza ha molte<br />
dimensioni e dall’infatuazione si passa al legame affettivo profondo.<br />
È il foedus, il patto di eterna amicizia che Catullo prega gli venga<br />
concesso dagli dei: [D28]<br />
Iucundum, mea vita, mihi proponis amorem<br />
hunc nostrum inter nos pepetuumque fore.<br />
Di magni, facite ut vere promittere possit,<br />
atque id sincere dicat et ex animo,<br />
ut liceat nobis tota perducere vita<br />
aeternum hoc sanctae foedus amicitiae<br />
(grandi dei, fate che sia consentito a noi per tutta la vita rispettare questo<br />
eterno patto di santa amicizia)<br />
Seguendo i testi abbiamo dunque tracciato un percorso letterario<br />
che dalla seduzione e dall’eros ci ha portato al dono di sé e<br />
alla filia. [D29]<br />
Manca ancora una dimensione all’amore come noi oggi lo concepiamo<br />
ed è l’agape, la comunione, non in senso sacro, ma come<br />
condivisione di un progetto di vita comune.<br />
Perché questo si realizzi, almeno culturalmente, occorre che il<br />
cristianesimo celebri il mistero di Maria e dia alla donna la pari<br />
dignità, fondando la coppia sul consenso reciproco. [D30]<br />
Questo è il senso dell’annuncio di Gabriele alla giovane, scelta tra<br />
tutte le donne e invitata a rispondere liberamente alla chiamata.<br />
Qualcuno ha detto che in quel momento, dopo le parole dell’angelo,<br />
in quel momento eterno di silenzio, Dio tremava d’amore in<br />
attesa della risposta, che viene con semplicità: Eccomi.<br />
Ci dobbiamo fermare qui, anche se il percorso è stato solo tracciato.<br />
Grazie a voi tutti per la straordinaria cortesia e attenzione che<br />
mi avete dimostrato.<br />
81
Riferimenti bibliografici<br />
Dell’Estetica<br />
• L’asino d’oro. Metamorphoseon libri, Apuleio.<br />
• Passato prossimo, Cantarella E.<br />
• Liber, Catullo.<br />
• Elena, Euripide, trad. E. Romagnoli.<br />
• Sonetti, Foscolo U.<br />
• L’immaginario epico, Longoni V.<br />
• Il fantasma della sessualità’ in Il femminile e l’uomo greco...,<br />
Loraux N.<br />
• Iliade, Omero, trad. G.Cerri e V. Longoni.<br />
• Antigone, Sofocle, trad. E. Romagnoli.<br />
82
Dell’estetica ovvero<br />
del corpo in movimento (*)<br />
AVVERTENZA<br />
Lo scritto che segue acquista un senso se viene accompagnato dai filmati inseriti<br />
nel cd allegato alla pubblicazione e da quelli fruibili sottoforma di link,<br />
quindi disponendo del collegamento ad internet durante la lettura.<br />
L’avvertenza è d’obbligo poichè la tematica oggetto della mia breve trattazione,<br />
se legata alla sola parola, è tarpata della sua componente vitale: il corpo<br />
in movimento.<br />
Per collegarsi al link premere il tasto Ctrl + cliccare con il tasto sinistro del<br />
mouse sull’indirizzo interessato all’apparire della manina.<br />
Il corpo in movimento, attraverso la parola, è complicato da<br />
descrivere e, soprattutto, difficile da comprendere, assai noioso da<br />
seguire. Il corpo in movimento ha bisogno di essere almeno osservato,<br />
se non davvero vissuto, per essere compreso. Ecco perché<br />
l’intervento collegato alla disciplina dell’educazione fisica, inserito<br />
nel ciclo di incontri “Dell’Estetica”, non ha potuto che muoversi<br />
attraverso lo scorrere di filmati che hanno aiutato a raccontare<br />
alcuni degli aspetti dell’universo che può esprimere la persona<br />
quando si muove.<br />
La parola precedeva, seguiva o accompagnava l’esperienza visiva:<br />
giustificava le scelte di chi andava raccontando del corpo in<br />
movimento attraverso le immagini, aiutava a sottolineare alcuni<br />
elementi particolari.<br />
Alla richiesta di aggiustare il materiale della conferenza per<br />
inserirlo in una pubblicazione ho risposto che non aveva senso<br />
parlare del corpo in movimento, anzi del bello del corpo che si<br />
muove, immobilizzandolo dentro alla parola, schiacciandolo su<br />
83<br />
di Alessandra De Mori<br />
(*) Questa relazione è corredata da filmati <strong>contenuti</strong> nel compact disc allegato al<br />
volume.
Dell’Estetica<br />
una pagina, niente filmati, niente immagini, niente movimento.<br />
D’altro canto il gruppo di lavoro del <strong>Liceo</strong> <strong>Varchi</strong>, nella diversità<br />
degli elementi scelti, <strong>delle</strong> discipline implicate, dei tagli e degli<br />
stili utilizzati, aveva lavorato sodo, si era divertito, aveva raccolto<br />
<strong>delle</strong> soddisfazioni: mi dispiaceva togliere dal gioco proprio la<br />
disciplina che attraverso il gioco esprime una parte importante<br />
di se stessa anche se certamente non l’unica. Diciamo che il gioco<br />
si è trasformato in sfida, sfida nel tentare di narrare del bello<br />
del corpo in movimento: piccola sfida se il lettore terrà conto del<br />
suggerimento dato nell’avvertenza.<br />
Dell’ Estetica ovvero Il corpo in movimento<br />
1° sfida<br />
Quale corpo? Il corpo dell’essere umano inteso come persona<br />
in qualsiasi fase del suo sviluppo.<br />
Perché ho sentito di dover specificare dell’essere umano inteso<br />
come persona ?<br />
Rispondo riportando fedelmente da uno scritto di U.Galimberti<br />
e proseguendo in modo autonomo:<br />
[…] Da centro di irradiazione simbolica nella comunità primitiva, il<br />
corpo, infatti, è diventato in occidente “il negativo di ogni valore” che<br />
il gioco dialettico <strong>delle</strong> opposizioni è andato accumulando. Dalla “ follia<br />
del corpo” di Platone alla “maledizione della carne” nella religione biblica<br />
dalla “lacerazione” cartesiana della sua unità alla sua “anatomia”<br />
ad opera della scienza[…].<br />
Il corpo è stato considerato, ed ancora troppo spesso è considerato,<br />
come altro e non come significante, come realtà in stretta<br />
osmosi con la parte psichica/intellettiva dell’essere umano,<br />
nel suo percorso di crescita e formazione dalla nascita sino alla<br />
morte. Insomma mi sono trovata nella necessità di stigmatizzare<br />
da subito, per comprendere lo sviluppo della mia piccola<br />
riflessione sull’Estetica come Corpo in Movimento, che il corpo<br />
è manifestazione della persona totale, della sua preziosità e della sua<br />
relazionalità.<br />
84
Dell’estetica ovvero del corpo in movimento di Alessandra De Mori<br />
2° sfida<br />
Quale movimento? Movimento naturale, movimento artistico,<br />
movimento tecnico.<br />
Per esempio strisciare-rotolare-camminare-correre-saltare-lanciare-afferrare-arrampicare-giocare-teatro-danza-mimo-attivitàcircense-ginnastica<br />
artistica/attrezzistica-ritmica-pattinaggio artistico-nuoto<br />
sincronizzato-tufffi-yoga-arti marziali-tutti gli altri sport<br />
individuali e di squadra… e si potrebbe continuare.<br />
Idealmente mi sono proposta di abbracciare qualsiasi forma del<br />
movimento umano; concretamente ed ovviamente il campo si è<br />
limitato ad alcune di queste.<br />
3° sfida<br />
Movimento e tempo:<br />
corpo e movimento considerati nel tempo.<br />
Come età della persona -come evoluzione della tecnica -come<br />
sviluppo della tecnologia- come cambiamento della moda- come<br />
adattamento alla “cultura”.<br />
La categoria temporale condiziona in modo inevitabile qualsiasi<br />
analisi si voglia affrontare rispetto al corpo in movimento;<br />
si può affermare , nello specifico, che la relazione estetica/corpo<br />
in movimento/tempo, porterebbe allo sviluppo di una trattazione<br />
lunga e articolata: porto solo due brevi esemplificazioni.<br />
Rispetto al terzo punto (sviluppo della tecnologia) per esempio,<br />
uno sport come lo sci da discesa ha visto un cambiamento<br />
sbalorditivo nell’utilizzo dei materiali e della tecnologia legata<br />
agli strumenti di questa attività che partendo dall’applicazione<br />
nel campo agonistico di alto profilo, si è estesa rapidamente coinvolgendo<br />
anche l’attività amatoriale. Grazie a questo apporto, apparentemente,<br />
si è semplificato l’iter per imparare a sciare; rispetto<br />
ad un paio di decenni fa sono molto più numerose le persone<br />
che scendono dalle piste apparentemente danzando, godendosi la<br />
piacevolezza della curva facile ed esprimendo globalmente un<br />
movimento anche bello ma gli incidenti con traumi gravi o gravissimi,<br />
sono così aumentati da portare alla formulazione di una<br />
legge (n.363/24dicembre2003) atta a normare la sicurezza sulle<br />
85
Dell’Estetica<br />
piste da sci che impegna gestori ed utenti in modo tassativo e<br />
che, purtroppo, non è bastata ad evitare numerosi incidenti mortali<br />
anche nella stagione in corso.<br />
Rispetto all’ultimo punto (adattamento alla cultura) vorrei esemplificare<br />
ponendo l’attenzione alla consuetudine del mordi e fuggi<br />
tipica anche del mondo del movimento e mi riferisco a tutta quella<br />
pletora di novità” nel campo di tecniche e metodiche di lavoro che<br />
si susseguono di anno in anno nelle varie palestre, centri fitness e<br />
luoghi addetti alla cura e al culto del corpo perché vi è la necessità<br />
della cosa nuova, diversa, sempre più efficace, sempre più rassicurante<br />
in termini di conquista di un corpo à la page.<br />
Dopo aver lanciato la sfida, ho meditato e scelto. Scelto di sviluppare<br />
la riflessione attraverso dei quesiti aperti, aperti a chi mi<br />
sta leggendo e riferiti in successione al movimento definito artistico,<br />
tecnico, naturale: tra le righe apparirà anche la mia risposta,<br />
ma il mio obiettivo è che ciascuno confezioni la sua risposta.<br />
1° quesito<br />
IL MOVIMENTO ARTISTICO: BELLO QUANDO?<br />
Quando esprime ritmo, espressività, emozione, sentimento,<br />
relazione, sensazionalità e quando “racconta” e suscita<br />
meraviglia, stupore, gioia, ognuno potrà aggiungere, togliere,<br />
modificare qualcosa.<br />
C’È UN PREZZO PER CHI LO PRATICA ?<br />
SE SI’, È SEMPRE BELLO ?<br />
La prima domanda ha una risposta abbastanza semplice da<br />
confezionare, per lo meno nelle linee essenziali: la visione dei<br />
filmati vi aiuterà a strutturare la vostra risposta.<br />
Momix<br />
http://www.youtube.com/watch?v=X8zxhugbZ_g<br />
Plushenko<br />
(Pattinaggio artistico su ghiaccio olimpiadi invernali Torino 2006)<br />
http://www.youtube.com/watch?v=RupZUDcsRIk&NR=1<br />
Fusarpoli Margaglio in Romeo Giulietta<br />
86
Dell’estetica ovvero del corpo in movimento di Alessandra De Mori<br />
http://video.libero.it/app/play?id=428a11478d758c066d3f43a517d90b26<br />
Carolina Kostner<br />
http://www.youtube.com/watch?v=nfUTDkfx70g<br />
Acrosport<br />
http://www.youtube.com/watch?v=5jkjSF2VwP4<br />
Ginnastica ritmica olimpiadi di Atene 2004<br />
http://full.it.netlog.com/go/explore/videos/videoid=766760<br />
La risposta alla seconda e soprattutto alla terza domanda invece<br />
è davvero difficile.<br />
Vi accompagno nell’analisi di alcuni dei filmati indicati, per<br />
darvi degli spunti di riflessione che possono aiutarvi nella scelta<br />
della vostra risposta.<br />
Il primo filmato è quello dei Momix o meglio di due danzatoriacrobati<br />
dello storico gruppo dei Momix<br />
Momix è un gruppo di ballerini-illusionisti capeggiato<br />
dall’americano Moses Pendleton.<br />
Il gruppo, noto nel mondo per le opere di eccezionale bellezza<br />
ed inventiva, fin dalla nascita ha acquisito grande fama per la<br />
sua capacità di evocare un mondo di immagini surreali usando<br />
corpo, costumi, attrezzi, luci e giochi d’ombra.<br />
Il nome della compagnia è quello di un assolo creato da<br />
Pendleton per le Olimpiadi Invernali di Lake Placid nel 1980.<br />
Vi chiedo uno sforzo anzi, un quadruplo sforzo, valido per tutti<br />
i filmati ( sarebbe bene visionarli due volte almeno):<br />
1- osservare, non guardare;<br />
2- farsi investire visivamente dai corpi che si muovono nella<br />
loro globalità;<br />
3- osservare alcune zone, alcuni punti di questi corpi: in particolare<br />
la colonna vertebrale con speciale riguardo per il tratto<br />
lombare e cervicale, le ginocchia, la morfologia <strong>delle</strong> masse<br />
muscolari;<br />
4- memorizzare alcune <strong>delle</strong> cose osservate.<br />
Dalla prima volta che ho preso visione di questo filmato e sempre<br />
quando l’ho rivisto, lo sbalordimento ed i brividi sono stati<br />
87
Dell’Estetica<br />
presenti. La musica certo fa la sua parte ma il dialogo dei due<br />
corpi è davvero straordinario.<br />
Al di là <strong>delle</strong> abilità che manifestano, sono davvero dei corpi<br />
che muovendosi raccontano, che diventano attrezzo, aiuto, supporto<br />
per l’altro riuscendo ad investire di tutto questo anche chi<br />
osserva, comunicano un vissuto intenso, a suo modo straordinario,<br />
che investe totalmente l’osservatore. Le abilità motorie si<br />
esprimono al massimo livello e l’espressione corporea trova degli<br />
alleati d’eccezione nei fattori esecutivi e psicomotori dei due<br />
danzatori<br />
MA<br />
avete colto il carico di lavoro nelle zone critiche del rachide a<br />
livello cervicale e soprattutto lombare, in tutte le occasioni nelle<br />
quali si va cercando o viene richiesta un’estensione massima della<br />
colonna vertebrale?<br />
Vi suggerisce qualcosa la morfologia di alcune masse muscolari<br />
(es. arti inferiori, zona del dorso, ma non solo) chiaramente<br />
molto sviluppate, tanto da far cogliere un dato morfologico che<br />
forse non è compatibile in forma ottimale con un dato fisiologico?<br />
Il 15 febbraio 2008, all’incontro con i Proff. Bramante e Pristerà, si<br />
è fatto riferimento al concetto di limite – misura – equilibrio come<br />
presupposti della cosa Bella, della cosa Buona, della cosa Vera<br />
nella filosofia antica e nell’arte antica ed il rispetto del limite,<br />
della misura, dell’equilibrio ( lo possiamo chiamare concetto di<br />
omeostasi riferito nello specifico all’organismo umano) rimangono<br />
elementi portanti per il rispetto della persona, per la persona<br />
nella sua interezza anche nel ventunesimo secolo! Quante ore di<br />
lavoro, quante continue ripetizioni per arrivare ad essere quasi<br />
perfetti? E quanto carico sulle strutture articolari? Vedi le ginocchia<br />
per esempio.<br />
La ricerca di raggiungere escursioni articolari, cioè ampiezze<br />
di movimento, molto oltre il fisiologico, lascerà indenni le strutture<br />
articolari o renderà più precoci o più pesanti le conseguenze<br />
dell’invecchiamento fisiologico?<br />
Vi siete mai domandati perché sono così frequenti gli incidenti<br />
ed i traumi negli sportivi di alto livello, ma non solo?<br />
88
Dell’estetica ovvero del corpo in movimento di Alessandra De Mori<br />
Passiamo al filmato su Plushenko.<br />
Evgenij Viktorovič Pljuščenko (Solnečnyj, 3 novembre 1982) è<br />
un pattinatore di figura di nazionalità russa. È stato sei volte campione<br />
nazionale, cinque volte campione europeo, tre volte campione<br />
del mondo e vincitore della medaglia d’oro alle Olimpiadi<br />
di Torino 2006 nel singolo uomini.<br />
Il filmato che vi propongo merita, a mio avviso, il titolo di poesia<br />
dei piedi e dei salti.<br />
La capacità interpretativa ed espressiva di questo atleta è straordinaria:<br />
senza voler lasciare andare troppo l’aspetto emotivo a<br />
scapito del dato razionale, vi devo dire che la fanciullezza di P.<br />
è stata piuttosto difficile ed ancora giovanissimo, aveva 11 anni,<br />
è stato lasciato dalla madre a San Pietroburgo, affidato al suo<br />
leggendario allenatore - la famiglia di P. non poteva permettersi<br />
l’accudimento del figlio per ragioni economiche - che lo ha cresciuto<br />
e mantenuto, oltre che allenato, ma in un regime di grande<br />
severità.<br />
Forse la capacità interpretativa nasce anche dall’esperienza<br />
non certo facile della prima parte della vita di Plushenko<br />
MA<br />
ridiamo un’occhiata ai punti stilati per il filmato sui Momix ed<br />
aggiungiamo, nello specifico, che la dinamicità, che è una <strong>delle</strong><br />
caratteristiche del pattinaggio (tra l’altro Plushenko è un pattinatore<br />
particolarmente veloce), pur eliminando fasi e posture davvero<br />
statiche, richiede tempi e carichi di lavoro notevolissimi.<br />
Non sono pochi gli atleti, anche in questo caso, che interrompono<br />
la carriera o fanno lunghe interruzioni per problemi traumatici,<br />
non dovuti alle eventuali cadute sui pattini e Plushenko<br />
è tra questi.<br />
Passiamo al filmato sull’acrosport.<br />
Lo sport acrobatico fa parte a pieno titolo ( anche se soltanto<br />
dal 1999) dell’ampia famiglia della Ginnastica e <strong>delle</strong> sue competizioni<br />
sportive. Quali che siano le caratteristiche tecniche di<br />
ogni disciplina della ginnastica, tutte però sono improntate agli<br />
stessi significati essenziali: la ricerca della spettacolarità,il domi-<br />
89
Dell’Estetica<br />
nio ed il controllo <strong>delle</strong> difficoltà, il senso estetico del gesto. Il<br />
corpo proprio ed il corpo dell’altro/gli altri diventano oggetto<br />
nel senso che si trasformano in attrezzi; il dialogo diventa più di<br />
tipo tonico ( muscolare) nel senso di percepire in continuazione<br />
qualsiasi cambiamento o nuova situazione che possa richiedere<br />
un adattamento all’altro.<br />
Gli sport acrobatici (ACRO) derivano da una attività che vanta<br />
origini molto antiche, di grande impegno muscolare e che richiede<br />
atti di equilibrio e di statica particolarmente sofisticati. Il suo<br />
nome proviene dal greco arcaico acrobateo, elevarsi sugli arti,<br />
e la sua pratica è testimoniata da documenti risalenti all’antico<br />
Egitto.<br />
Questa attività, considerata di tipo circense, in Italia è poco<br />
praticata mentre è diffusa nell’Europa dell’est e negli USA.<br />
Il filmato non può che lasciare a bocca aperta: la fluidità, la<br />
morbidezza, la ritmicità e la perfetta coordinazione di ogni fase<br />
fanno apparire facile e semplice quanto invece è assolutamente<br />
impegnativo da un punto di vista dell’acrobazia ma anche di capacità<br />
ed abilità legate alla forza, alla mobilità articolare, all’equilibrio,<br />
alla strutturazione spazio/temporale<br />
MA<br />
pur amando il movimento da sempre e osservando con occhi<br />
stupiti e meravigliati quanto atleti,danzatori e funamboli possono<br />
riuscire a realizzare, ho concluso che non c’è normativa 626<br />
( vedi legge sulla sicurezza, oggi D.Lgs 81/2008) che tenga in<br />
queste situazioni non c’è una rete, non un sistema di “sicurezza”;<br />
potrebbe bastare un piccolo errore per incorrere in gravi conseguenze.<br />
Certamente questi acrobati sanno cadere, aggiustarsi al<br />
momento opportuno ma che la quasi perfezione (poiché la perfezione<br />
assoluta pare non essere prerogativa dell’umano) possa<br />
reggere tra le mani l’incolumità <strong>delle</strong> persone mi pare essere pensiero<br />
perlomeno superficiale.<br />
A questo punto vi dico che la mia personale riflessione nel cercare<br />
la risposta ( la mia) alla seconda e soprattutto alla terza domanda,<br />
si è trovata a combattere tra la seduzione della meraviglia del<br />
movimento e la crudezza della esasperazione del movimento stesso.<br />
90
Dell’estetica ovvero del corpo in movimento di Alessandra De Mori<br />
Ho trovato la mia bussola tuffandomi nel pensiero antico: nella<br />
teoria della kalokagathia che affermava che le attività fisiche e le<br />
virtù morali sono così connesse ed inscindibili da far coincidere<br />
Bellezza e Virtù.<br />
Siamo nel V secolo a.C. ad Atene, tre maestri ripartiscono<br />
l’educazione il citaredo,il grammatico e l’insegnante di ginnastica<br />
o pedotriba e, come scrive J. Ulmann autore dello straordinario<br />
testo “Dalla ginnastica agli sport moderni” del 1965 […]<br />
“È indispensabile ricordare che per il pensiero ellenico la Virtù e la<br />
Bellezza vengono attribuiti ad un essere che assolve perfettamente la<br />
propria funzione e la mediazione per questo è il Coraggio: la Bellezza<br />
è il corpo dell’atleta, immobile in un atteggiamento o in movimento e<br />
sia che abbia dato lui stesso una forma al proprio corpo, o che sia uscito<br />
vincitore da una competizione o che abbia accresciuto l’efficienza dei<br />
suoi movimenti, è un essere dotato di coraggio, è coraggioso nella lotta<br />
che sostiene con gli altri ma anche contro se stesso”[…].<br />
Infatti se il negativo di quanto si può cogliere nel prezzo da<br />
pagare lo vediamo come coraggio nel mettere la propria persona,<br />
il proprio organismo anche a repentaglio pur di offrire agli altri,<br />
oltre che a se stessi, la possibilità di godere di un’esperienza bella,<br />
straordinaria, unica, significativa, ecco che il negativo assume<br />
quasi il simbolo di un sacrificio, nel senso di sacrum facere, rendere<br />
sacro. Il prezzo può essere anche molto alto, ma la Bellezza,<br />
straordinaria e, forse, sacra ne nobilita il costo.<br />
2° quesito<br />
MOVIMENTO TECNICO: BELLO QUANDO?<br />
Quando esprime coordinazione, armonia, potenza, forza, velocità,<br />
resistenza, efficacia, risultato, performance, strategia,<br />
collaborazione…<br />
C’È UN “PREZZO” PER CHI LO PRATICA?<br />
SE IL PREZZO FOSSE “L’IMBROGLIO”, “IL DANNO A SE’<br />
STESSI”, È SEMPRE BELLO ?<br />
Passiamo a considerare il movimento più fortemente tecnico<br />
per così dire. In questo caso , nelle mie domande, sono andata<br />
giù un po’ più bruscamente perché il collegamento immediato<br />
è stato al doping, al calcio scommesse, alle problematiche più o<br />
91
Dell’Estetica<br />
meno limpide relative alla crescita sportiva dei giovani più promettenti,<br />
alla problematica dello sport spettacolo, agli aspetti ed<br />
ai risvolti di tipo economico e finanziario legati al grande circo<br />
dello sport mediatico.<br />
La risposta poi all’ultima domanda si fa ancor più delicata di<br />
quella rivolta al movimento artistico.<br />
Anche in questo caso la visione di alcuni filmati aiuterà a meditare<br />
e a trovare la propria risposta.<br />
Pallacanestro<br />
Micael Jordan filmato su cd allegato<br />
Harlem street ball filmato su cd allegato<br />
Atletica leggera<br />
Europei di Goteborg 2006<br />
http://www.youtube.com/watch?v=5Gni7s0eqa4<br />
Salto in alto (Sotomayor) filmato su cd allegato<br />
Salto triplo<br />
http://www.youtube.com/watch?v=_in5a610k3M<br />
Salto in lungo (Powell) filmato su cd allegato<br />
Pallavolo Olimpiadi Pechino<br />
http://www.youtube.com/watch?v=nAX30lqdmVE&featur<br />
e=PlayList&p=0CC6CAC3A23E1845&playnext=1&playnext_<br />
from=PL&index=36<br />
Calcio<br />
Ronaldinho<br />
http://www.riminibeach.it/immagini/video/video-ronaldinho<br />
The best soccer moments filmato su cd allegato<br />
Il primo filmato nel quale vi accompagno potrebbe avere come<br />
sottotitolo “La persona umana è atta a volare”.<br />
Siamo nel parquet della pallacanestro e il corpo in movimento<br />
è quello di M.Jordan.<br />
Michael Jeffrey Jordan (Brooklyn, 17 febbraio 1963) è annoverato<br />
tuttora fra gli sportivi più popolari al mondo in virtù dei<br />
titoli conquistati, dei primati personali conseguiti e, soprattutto,<br />
92
Dell’estetica ovvero del corpo in movimento di Alessandra De Mori<br />
per l’impatto rivoluzionario del suo stile di gioco sullo sviluppo<br />
della pallacanestro moderna, è quasi unanimemente considerato<br />
il più credibile aspirante al titolo di migliore giocatore di tutti i<br />
tempi.<br />
Timido, poco brillante a scuola, pratica diverse attività sportive:<br />
nel basket il ragazzo se la cava, ma, paradossalmente, quello che<br />
diventerà il più ammirato giocatore di tutti i tempi, viene escluso<br />
dalla squadra di basket della sua scuola, la Laney High School,<br />
quando era un sophomore (studente del secondo anno), dato che<br />
alle selezioni l’allenatore non lo ritiene abbastanza dotato.<br />
Invece di perdersi d’animo, Jordan si allena per un anno intero<br />
per conto proprio, pronto a ripresentarsi alle selezioni dell’anno<br />
seguente. Nel frattempo, all’età di 14 anni, per la prima volta<br />
riesce a schiacciare nel corso di una partita di street basket in un<br />
playground, era alto solamente 172 cm.<br />
Il suo corpo in movimento è ancor più magico se pensiamo che<br />
per un altezza di 198 cm. ed un peso di 98 kg. muoversi con leggerezza,<br />
velocità, ritmo e fluidità è davvero un’impresa.<br />
Questa riflessione mi permette di formulare un’ipotesi, certamente<br />
tutta da dimostrare:<br />
non sarà che il nostro Jordan ha realizzato una meraviglia motoria<br />
grazie anche al fatto di essersi sperimentato in una molteplicità<br />
di sport come football americano, baseball, nuoto?<br />
Dimostrando che la attuale metodica di precocizzare assolutamente<br />
l’impatto anche tecnico con una specialità sportiva ( nel<br />
nuoto, nella ginnastica, nello stesso calcio e non solo) non è la<br />
strada da percorrere per formare i talenti del futuro; semmai è<br />
un percorso contro la persona e che, più che dare abilità trasferibili,<br />
trasforma i piccoli sportivi in futuri poco abili motori oltre che<br />
magari poco belli motori?<br />
Il secondo filmato si riferisce agli europei di atletica leggera di<br />
Goteborg (2006) in cui atleti come Baldini Stefano, maratona, oro<br />
alle olimpiadi di Atene, Andrei Howe, salto in lungo, Rigaudo<br />
Elisa con la 20 km di marcia ed altri, vengono colti non solo<br />
nell’istante preciso della loro prova ma anche con qualcosa di<br />
più, istanti di concentrazione, momenti di esultanza, visi, facce,<br />
loro e del pubblico che meritano davvero l’espressione di epifa-<br />
93
Dell’Estetica<br />
nia del volto forgiata da Emmanuel Lévinas (Kaunas 1905 - Parigi<br />
1995 filosofo lituano naturalizzato francese di origini ebraiche):<br />
almeno così io ho interpretato quanto visto. In verità ho scelto,<br />
tra i molti possibili, questo filmato per farmi aiutare dall’ottimismo<br />
della volontà. Infatti trovare una risposta alla terza domanda<br />
forse è anche semplice, ma trovare il coraggio di credere o di<br />
continuare a credere nello sport conoscendo i non pochi neri risvolti<br />
di questo mondo, necessita davvero di molta volontà ed<br />
ottimismo. Anche per questo ritorno brevemente sul concetto di<br />
epifania del volto di Lévinas che ha inteso dare tre <strong>contenuti</strong> a<br />
questa affermazione; il volto indica:<br />
[…] il tu dell’altro che vuole essere riconosciuto nella sua singolarità,<br />
con il suo proprio nome e il suo essere unico […]<br />
[…] la nudità del volto simboleggia che egli, la persona, è un io aperto<br />
al dialogo, un appello vivente, un invito all’incontro […] l’incontro<br />
con l’altro non è mai un incontro neutrale, è sempre un accadimento<br />
etico […]<br />
[…] il fondamento ultimo di questa eticità risiede nel fatto che il volto<br />
dell’altro è il simbolo e, in un certo senso, la presenza dell’Assolutamente-Altro<br />
nel mondo […]<br />
E nel filmato, che volti belli abbiamo visto, che espressioni, che Altro<br />
al di là della prestazione e del risultato: forse abbiamo potuto<br />
cogliere quel coraggio che per Platone ed i suoi contemporanei<br />
mediava Bellezza e Virtù portando l’essere umano ad esprimersi al<br />
massimo livello nell’agone sportivo, al massimo senza imbroglio.<br />
3° quesito<br />
MOVIMENTO NATURALE: BELLO QUANDO ?<br />
Quando esprime coordinazione, armonia, efficacia…<br />
L’arrampicare è una <strong>delle</strong> capacità motorie dell’essere umano;<br />
è considerato uno dei movimenti naturali. Nel filmato che segue<br />
più che capacità di arrampicare vediamo abilità ed altro ( http://<br />
www.youtube.com/watch?v=ZZ8yL4uSl6Y), ormai l’occhio si è<br />
fatto esperto, il commento è libero perché il fatto è stupefacente in<br />
tutti i sensi!<br />
94
Dell’estetica ovvero del corpo in movimento di Alessandra De Mori<br />
I primi quattro minuti circa del filmato sono una vera e propria<br />
danza sulla roccia, con la roccia, “nella” roccia: una danza leggera,<br />
rapida, bella, forse troppo per essere così bella, a lungo, nel tempo.<br />
Il protagonista del video è Dan Osman (11 febbraio 1963 -<br />
Yosemite National Park, 23 novembre 1998) alpinista arrampicatore<br />
e praticante di sport estremi statunitense. Conosciuto per<br />
il pericoloso sport di “free soloing” (arrampicata senza corde o<br />
altro sistema di sicurezza) e controlled free-falling (salto nel vuoto<br />
con l’uso di una normale corda semi elastica da arrampicata<br />
come sistema di sicurezza) con il quale ha stabilito il record<br />
di 305 metri, è morto il 23 novembre del 1998 all’età di 35 anni,<br />
dopo che la sua corda si è spezzata mentre tentava di battere il<br />
record (di free-falling stabilito da lui stesso pochi giorni prima)<br />
dalla Leaning Tower, formazione rocciosa alta 700 metri situata<br />
nel parco nazionale dello Yosemite. Le cause esatte della rottura<br />
della corda sono tuttora sconosciute.<br />
E IL MOVIMENTO DELLA PERSONA DIVERSA, DISABILE,<br />
DIVERSAMENTE ABILE, HANDICAPPATA?<br />
Prendiamo visione dei filmati<br />
http://www.youtube.com/watch?v=1so1ZMgpg2w<br />
http://www.youtube.com/watch?v=7UQ82PWrwxE<br />
http://www.youtube.com/watch?v=r2CllUdbQGs&feature=related<br />
Il protagonista del primo filmato lo avete riconosciuto tutti, è<br />
Oscar Pistorius (Pretoria, 22 novembre 1986) atleta sudafricano,<br />
campione paraolimpico nel 2004 sui 200 m piani. Soprannominato<br />
The fastest thing on no legs, Pistorius è un amputato bilaterale<br />
detentore del record del mondo sui 100, 200 e 400 m piani.<br />
Corre grazie a particolari protesi in fibra di carbonio. Pistorius<br />
è nato con una grave malformazione (non aveva i talloni), che<br />
lo costringe, all’età di undici mesi, all’amputazione <strong>delle</strong> gambe.<br />
Negli anni del liceo pratica il rugby e la pallanuoto, poi un<br />
infortunio lo porta all’atletica leggera, dapprima per motivi di<br />
riabilitazione, poi per scelta.<br />
Il primo appuntamento ufficiale di rilievo sono le paraolimpiadi<br />
di Atene del 2004. Al Gran Gala di Roma, il 13 luglio 2007, gli è<br />
95
Dell’Estetica<br />
stata data la possibilità di gareggiare nel gruppo B con i normodotati<br />
ed ha ottenuto il secondo piazzamento.<br />
Dopo una lunga battaglia gli è stato consentito di partecipare<br />
alle Olimpiadi di Pechino con la clausola di realizzare un tempo<br />
minimo di ammissione. Il tempo non è stato realizzato: è sufficiente<br />
osservare la tabella che riporta i tempi di Pistorius confrontati<br />
con i record di Powel e Johnson per capire che le diatribe<br />
sulle protesi di Oscar Pistorius (la federazione internazionale di<br />
atletica sosteneva che le protesi utilizzate da Pistorius aumentavano<br />
le sue possibilità di un 30% rispetto alla corsa di un normodotato)<br />
non hanno mai avuto troppo senso.<br />
mt. Pistorius Asafa Powell M. Johnson<br />
100 10” 91 9” 77<br />
200 21” 58 19” 32<br />
400 46” 56 43” 18<br />
Se Oscar Pistorius è un personaggio, i protagonisti del secondo<br />
e del terzo filmato sono degli emeriti sconosciuti per tutti noi<br />
MA<br />
sono le persone che davvero mi aiutano di più a mantenere fede<br />
ad uno degli obiettivi che il gruppo di lavoro si era proposto<br />
nel realizzare le chiacchierate sulla tematica “Dell’Estetica”: il<br />
tentativo di far cogliere ai nostri ragazzi, quindi agli studenti<br />
del <strong>Liceo</strong> <strong>Varchi</strong>, che Il Bello/La Bellezza, ancor più, Il Bello e La<br />
Bellezza Veri sono ciò che si percepisce, si vive, si vede, si gusta,<br />
si annusa, si tocca, si sente come BELLO ma ad una condizione:<br />
la condizione è che si senta dentro, che ci allarghi il cuore in<br />
un sorriso che trasmetta il coraggio di comprendere che non<br />
è BELLO ciò che è bello come apparenza, ma che lo è quando<br />
è coraggio per sostenere al meglio fatica, dolore, svantaggio,<br />
fragilità, ingiustizia, perseveranza, determinazione, ricerca, gioia<br />
di vivere… sempre e solo nel rispetto di sé e degli altri.<br />
96
Dell’estetica ovvero del corpo in movimento di Alessandra De Mori<br />
Riferimenti bibliografici<br />
• Umberto Galimberti, Il Corpo, Feltrinelli, Milano, 1996.<br />
• Jaques Ulmann, Ginnastica, Educazione Fisica e Sport dall’antichità<br />
ad oggi, Armando Editore, Roma, 1973.<br />
• Jean Le Boulch, Sport Educativo, Armando Editore, Roma,<br />
1991.<br />
• Michael Argyle, Il Corpo e il suo linguaggio, Zanichelli, Bologna,<br />
1992.<br />
97
Dialogo sul<br />
bello in matematica (*)<br />
di Paola Pieralli e Paola Stoppielli<br />
Due insegnanti di matematica dialogano e discutono sui materiali<br />
da presentare alla conferenza “Dialogo sul bello in matematica”<br />
che dovranno tenere la settimana successiva. Sono in una<br />
stanza dell’istituto presso il quale lavorano.<br />
Propongono argomenti sui quali convengono o dibattono,<br />
mettendo in evidenza luci ed ombre del lavoro dei matematici,<br />
ma, in ogni caso, traspare tutta il loro amore per la disciplina<br />
e il loro coinvolgimento nel Bello Matematico che mostrano di<br />
apprezzare.<br />
La prima insegnante, Teresa, rappresenta una insegnante più<br />
razionale, ironica verso il proprio lavoro, anche perché è la più<br />
anziana <strong>delle</strong> due. La seconda insegnante, Paola, è ironica, competente;<br />
è più entusiasta e rappresenta l’interfaccia fra il matematico<br />
e il pubblico, preoccupata di coinvolgerlo nelle proprie<br />
emozioni.<br />
La scena prevede un tavolo con libri sparsi ovunque e con due<br />
lampade; Teresa e Paola sono sedute l’una di fronte all’altra, da<br />
parti opposte al tavolo, volgono le spalle al pubblico e osservano<br />
uno schermo, dove vengono proiettate le immagini della loro<br />
presentazione.<br />
Il palcoscenico è al buio: inizia la rappresentazione.<br />
Teresa accende la propria lampada, Paola l’altra.<br />
Inizia la proiezione <strong>delle</strong> diapositive riguardanti le sette meraviglie del<br />
mondo antico e del mondo moderno, come emblemi del bello e del sublime<br />
nel corso dei secoli, e loro stanno in silenzio, fin quando non appare<br />
il triangolo rettangolo…<br />
(*) Questa relazione è corredata da immagini contenute nel compact disc allegato al<br />
volume.<br />
99
Dell’Estetica<br />
Teresa:<br />
Ecco, Paola, tra le tante meraviglie concepite dall’uomo, potremmo<br />
iniziare la nostra conferenza della prossima settimana<br />
proprio da questo antico capolavoro della matematica.<br />
È conosciuto da tutti, cento volte dimostrato, eppure… riesce<br />
sempre a stupirmi!<br />
Paola:<br />
Vedo comunque che almeno questa volta hai dato ascolto ai<br />
miei consigli scegliendo il Teorema di Pitagora!<br />
Teresa:<br />
Sì, è proprio così!<br />
Ma lasciami ripercorrere ancora una volta, solo per noi due, la<br />
dimostrazione che lo stesso Euclide ne ha dato nei suoi Elementi.<br />
È così semplice, bella, eterna, che tutti potranno valutare come<br />
possa avere la dignità di essere inserita fra i capolavori degni di<br />
essere tutelati sul pianeta!<br />
(Teresa prosegue con la dimostrazione del teorema di Pitagora secondo<br />
Euclide…)<br />
Teresa:<br />
… non ti sembra sorprendente? Gli angoli retti sono entità familiari…<br />
Compaiono nella vita di ogni giorno e non solo come<br />
manufatti dell’uomo… cosa ci può essere più naturale di un angolo<br />
retto?… Nessuno potrebbe pensare cosa possa avere a che<br />
fare una cosa familiare e naturale come un angolo retto con una<br />
equazione astratta e precisa quale a 2 + b 2 = c 2 … eppure questo<br />
teorema mette insieme questi due aspetti…<br />
Paola:<br />
… In effetti è geniale come Euclide porti l’ascoltatore verso la<br />
dimostrazione della verità del teorema di Pitagora attraverso<br />
due dimostrazioni simmetriche, analoghe, come usano dire i matematici…<br />
e poi quella precisione nei singoli passaggi, la strutturazione<br />
del pensiero che accoglie nozioni già provate, più<br />
antiche, che indicano la profondità di un percorso di ricerca… e<br />
100
Dialogo sul bello in matematica di Paola Pieralli e Paola Stoppielli<br />
poi l’ equilibrio con cui viene condotto l’ascoltatore alla nuova<br />
verità. Niente è ridondante, superfluo: il percorso appare elegante<br />
e profondo!<br />
Teresa:<br />
Cosa ti dicevo? Un’opera d’arte vera e propria, degna di essere<br />
esposta insieme a tutte quelle che rendono unico il nostro pianeta<br />
e soprattutto l’opera che l’uomo vi ha costruito.<br />
Paola:<br />
Ma… forse non saremo convincenti sulla particolarità dell’opera<br />
di Euclide… non è forse cosa nota a tutti, che già gli egizi conoscevano<br />
le proprietà <strong>delle</strong> terne di numeri che poi furono chiamate<br />
pitagoriche… che sono state ritrovate tavolette in Cina che<br />
testimoniano una conoscenza del teorema di Pitagora addirittura<br />
1000 anni prima della nascita di Pitagora stesso e di cui avevano<br />
dato addirittura una dimostrazione grafica molto interessante…<br />
e anche in India era già noto ancor prima… perché allora, si chiederanno,<br />
ci raccontano proprio la dimostrazione di Euclide?…<br />
cos’ha in più?<br />
Teresa:<br />
E da chi iniziare, altrimenti? Euclide sta fra i grandi della matematica<br />
essenzialmente per aver scritto gli Elementi, che non<br />
sono altro che una enorme raccolta di tutto il sapere matematico<br />
del tempo: pochi dei teoremi presenti in questa opera sono dovuti<br />
personalmente a Euclide… Ma il genio di Euclide consiste<br />
nel presentare la matematica già nota, in modo del tutto chiaro,<br />
organizzato e logico: a lui si deve lo sviluppo assiomatico della<br />
matematica… ed è questa la differenza cruciale con tutti i matematici<br />
che lo avevano preceduto.<br />
Quello che vogliamo comunicare è che Euclide ha preso le singole<br />
opere d’arte, arte matematica, che le menti dell’uomo avevano<br />
costruito ed ha saputo collocarle in una corrente di pensiero,<br />
come… un fiume che sgorga da una sorgente e via, via… si<br />
allarga… ed ogni suo passaggio è giustificato dal precedente… e<br />
tutto acquista un senso e una visione di globalità!<br />
101
Dell’Estetica<br />
Paola:<br />
... È vero… e in più, una dimostrazione del collegamento fra<br />
il problema aritmetico e il corrispondente problema geometrico,<br />
cioè il collegamento fra le terne pitagoriche e il triangolo rettangolo,<br />
che possiamo definire l’inverso del teorema di Pitagora, si<br />
trova soltanto in Euclide.<br />
Teresa:<br />
Vedi che saremo convincenti?… Stai tranquilla…<br />
Paola:<br />
Quindi, mostreremo il Teorema di Pitagora come una singola<br />
opera d’arte inserita all’interno della sua corrente! Come per un<br />
quadro, come per una corrente artistica!<br />
Questa immagine può essere comprensibile anche da un pubblico<br />
di non insegnanti o studenti… ma diventerà tutto più complesso<br />
quando cercheremo di spiegare come Euclide ha costruito la sua<br />
teoria… di illustrare il suo metodo, innovativo per quei tempi<br />
Teresa:<br />
Infatti… vediamo come possiamo fare… Euclide parte con una<br />
serie di asserzioni di base (gli assiomi e le definizioni) che sono i<br />
fondamenti per dimostrare la prima proposizione.<br />
Fatto ciò, sulla base dei fondamenti e di questa prima proposizione,<br />
può dimostrare la seconda e così via…<br />
Gli Elementi hanno rappresentato un modello per tutto il lavoro<br />
matematico successivo…<br />
È impossibile non partire da questo dato per far apprezzare la<br />
potenza e la bellezza dell’opera di Euclide nella matematica!<br />
Paola:<br />
… (euforica) l’opera di Euclide è rimasta così intatta nella sua<br />
importanza, nella sua eterna verità!<br />
… (dubbiosa) ma… allora… come giustificheremo la presenza<br />
<strong>delle</strong> geometrie non Euclidee? Anche Euclide è stato superato…<br />
ed esistono mondi dove le sue stupende dimostrazioni non<br />
valgono più!…<br />
102
Dialogo sul bello in matematica di Paola Pieralli e Paola Stoppielli<br />
Teresa:<br />
Certo. Ma come le correnti artistiche si modificano nel corso<br />
dei secoli, così la geometria Euclidea ha subito differenti sviluppi<br />
nel corso del 19°secolo, dando vita alle geometrie non euclidee.<br />
Però, come il “Giudizio” della cappella Sistina rimane comunque<br />
una opera d’arte, anche al di fuori della corrente artistica che l’ha<br />
generata, così la dimostrazione del teorema di Pitagora fatta da<br />
Euclide, rimane un’opera d’arte nel campo della matematica…<br />
una singola opera bella ed eterna!<br />
Paola:<br />
… giusto… e poi quello che di eterno rimane di Euclide è il metodo:<br />
ancora oggi nelle branche più disparate della matematica,<br />
per primi vengono presentati gli assiomi e poi vengono costruite<br />
le teorie… ancora dopo 23 secoli dalla sua morte!… le opere matematiche<br />
belle ed eterne!<br />
Questo è davvero un concetto intrigante!… Pensi che saremo<br />
convincenti nell’esporre questo concetto?<br />
Teresa:<br />
Ci proviamo!… E se non riusciamo a convincere noi, potremmo<br />
sempre citare quella frase di Hardy che ci aveva tanto coinvolto…<br />
Paola: (legge)<br />
Si… quando afferma:<br />
come dimostra ampiamente la storia, l’opera matematica, quale che sia<br />
il suo valore intrinseco, è la più duratura di tutte. … Le civiltà dei babilonesi<br />
e degli Assiri sono morte, Hammurabi, Sargon e Nabucodonosor<br />
non sono che dei nomi, ma la matematica babilonese ci interessa ancora<br />
e la numerazione sessagesimale è ancora usata in astronomia<br />
Teresa:<br />
Poi, l’esempio decisivo su come le opere d’arte della matematica<br />
siano perenni è quello dei greci. Ancora oggi li consideriamo<br />
matematici “veri” perché, come abbiamo visto con l’opera di<br />
Euclide, sono stati i primi a usare un linguaggio che ancora i<br />
matematici moderni capiscono… dopo tanti secoli!<br />
103
Dell’Estetica<br />
Paola:<br />
Certo, senti come continua Hardy:<br />
la matematica greca è “perenne”, ancora più della letteratura greca.<br />
Archimede sarà ricordato quando Eschilo sarà dimenticato, perché le<br />
lingue muoiono ma le idee matematiche no…<br />
Teresa:<br />
Già… le idee. Forse ci sbagliamo… Certo un’opera d’arte è…<br />
più tangibile!<br />
Come possiamo fare a stravolgere il pensare comune… a convincere<br />
che un matematico è un artista e non solo uno scienziato,<br />
che non è solo… uno scopritore di proprietà…<br />
Paola:<br />
Diremo allora che il matematico, come il pittore e il poeta, è un<br />
creatore di forme… Il pittore crea forme con i segni e con i colori, il<br />
poeta con le parole… il matematico, invece, non ha altro materiale<br />
con cui lavorare se non le idee… quindi il matematico è un creatore<br />
di forme fatte di idee ed è per questo che le forme che crea sono più<br />
durature <strong>delle</strong> forme create dal pittore o dal poeta … perché le sue<br />
sono fatte di idee e hanno qualche probabilità di durare più a lungo…<br />
perché le idee si usurano meno <strong>delle</strong> parole e <strong>delle</strong> immagini.<br />
Teresa:<br />
Bene. A questo punto dovremmo essere riuscite a convincere<br />
che anche un matematico è un creatore di forme fatte di idee…<br />
Allora… saremo anche in grado di convincere che un’opera<br />
matematica è… bella! Citando ancora Hardy: Le forme create dal<br />
pittore o dal poeta, per essere perenni devono essere belle: la bellezza è<br />
il requisito fondamentale perché un’opera superi il passare del tempo.<br />
Quindi anche per le forme create dal matematico deve valere lo stesso<br />
requisito: al mondo non ci può essere un posto perenne per la matematica<br />
brutta… E noi abbiamo iniziato presentando un’opera che vive da<br />
23 secoli… (con enfasi) Non può essere allora che meravigliosa…<br />
Paola:<br />
Ecco, sento che dovremo percorrere questa strada… È senza<br />
104
Dialogo sul bello in matematica di Paola Pieralli e Paola Stoppielli<br />
dubbio difficile definire la bellezza matematica. Ma dopotutto<br />
questo è altrettanto vero per qualsiasi genere di bellezza.<br />
Possiamo anche non sapere che cosa intendiamo per “bella<br />
poesia”, ma questo non ci impedisce di riconoscerne una quando<br />
la leggiamo… le idee, come i colori o le parole, per essere belle,<br />
devono legarsi armoniosamente… guarda… (si volgono verso lo<br />
schermo a leggere la diapositiva)<br />
Not all the water in the rough rude sea<br />
Can wash the balm from an anointed King<br />
(Nemmeno tutta l’acqua del mare rude e violenta<br />
Può cancellare il crisma di un re consacrato.)<br />
(Shakespeare Riccardo III, atto III, scena II)<br />
Non ti sembrano belli questi versi?<br />
Teresa:<br />
Belli questi versi,… davvero,… nonostante la banalità e la falsità<br />
<strong>delle</strong> idee che esprimono!… La povertà di idee difficilmente<br />
guasta la bellezza <strong>delle</strong> forme verbali…<br />
Paola:<br />
Il matematico, invece, non ha altro materiale con cui lavorare<br />
se non le idee… quindi, se il matematico vuole creare un opera<br />
duratura, può produrre solo belle idee… Ma come far capire cosa<br />
intendiamo per “bella matematica” ?<br />
Possiamo avvertire una bella melodia, o una bella poesia o provare<br />
ammirazione per un quadro o per una costruzione pur senza<br />
sapere perché… ma come suscitare lo stesso sentimento per la<br />
matematica… sarà la nostra scommessa far vedere tutto quello<br />
che di bello c’è nella matematica! Naturalmente, aspettiamoci<br />
anche <strong>delle</strong> opposizioni…<br />
Teresa:<br />
Anche perché per la maggior parte <strong>delle</strong> persone la matematica<br />
è una austera disciplina intellettuale, comprensibile solo a<br />
pochi eccentrici professori universitari. Poche persone mettono<br />
in discussione la verità della matematica, ma la bellezza… è<br />
105
Dell’Estetica<br />
l’ultimo degli aggettivi che attribuirebbero a questa materia!<br />
Paola:<br />
Secondo me dovremmo trovare una immagine concreta per far<br />
comprendere come i matematici intendano il concetto di bellezza.Potremmo<br />
trovare un parallelo tra matematica e architettura.<br />
Costruire una teoria matematica è come costruire una cattedrale:<br />
diversi artigiani lavorano contemporaneamente a parti differenti<br />
della costruzione, ciascuna parte permeata da una costante<br />
ricerca di equilibrio tra estetica e funzionalità, ma la cattedrale trae<br />
forza dall’impatto visivo del suo insieme. La matematica è un<br />
edificio astratto, la cui elegante struttura esprime un progetto<br />
d’insieme di bellezza, in cui la raffinatezza del dettaglio può essere<br />
colta se ci addentriamo nella sua intricata argomentazione e<br />
la cui solidità è rafforzata dalle sue molteplici applicazioni pratiche.<br />
Come afferma Hardy, la bellezza di un teorema dipende<br />
anche dalla significatività <strong>delle</strong> idee matematiche che esso mette<br />
in relazione: un’idea matematica è significativa se la si può collegare<br />
in modo naturale e illuminante a una vasta rete di altre<br />
idee matematiche… perciò un teorema matematico bello è un teorema<br />
che porterà molto probabilmente grandi progressi in matematica…<br />
in una costruzione infinita di idee… la cattedrale…<br />
Teresa:<br />
È vero.… Non solo: sia nella matematica che nell’architettura le qualità<br />
la cui somma crea bellezza sono l’eleganza, la simmetria, l’equilibrio, la<br />
precisione, la profondità. Credo che questo sia proprio il concetto che<br />
dovremmo sviluppare… (dubbiosa) Tuttavia penso che il fascino estetico<br />
della matematica alla fine non lo avvertiranno tutti… la matematica<br />
è per pochi, mentre la musica, la poesia, la pittura raggiungono una<br />
più vasta platea… Quante persone, anche colte, che apprezzano la<br />
Letteratura, la Musica le Arti Figurative, che hanno maturato il gusto<br />
del bello nelle varie forme della creatività umana, considerano la<br />
Matematica come una disciplina misteriosa, riconoscendole la giusta<br />
importanza per lo sviluppo della scienza, ma non l’apprezzano certo<br />
per la sua bellezza , anzi… la considerano sgradevole.<br />
Spesso il loro ricordo scolastico confina con l’incubo: la maggior<br />
106
Dialogo sul bello in matematica di Paola Pieralli e Paola Stoppielli<br />
parte della gente è così spaventata al solo nome della matematica<br />
che è portata esagerare la propria stupidità matematica…<br />
E certo anche i matematici… come diciamo, i nostri “artisti”, non<br />
aiutano molto a far apprezzare al grande pubblico il bello <strong>delle</strong><br />
loro costruzioni.<br />
Paola:<br />
Eh sì… nell’immaginario collettivo il matematico è quello<br />
“strano”… Anche nei film visti dal grande pubblico… In Beautiful<br />
mind, ad esempio, abbiamo un matematico (beh, non proprio<br />
tale) geniale ma molto strano!<br />
E che dire <strong>delle</strong> donne poi? Hermann Weyl usava questa brutta<br />
battuta a proposito <strong>delle</strong> donne matematiche: “solo due donne<br />
matematiche nella storia, Sof’ja Kpovalevskaja ed Emmy Noether: ma la<br />
prima… non era una matematica e la seconda… non era una donna”.<br />
Teresa:<br />
E questo è un punto dolente! Quella battuta poi è molto cattiva<br />
e in fondo non veritiera… Pensa alle ragazze che studiano<br />
matematica… molto incoraggiante!<br />
Sulle donne e la matematica, sulle loro difficoltà, dovremmo<br />
organizzare un’altra conferenza… è un piccolo mondo, ma un<br />
mondo di donne coraggiose tutto da scoprire.<br />
Paola:<br />
Ma torniamo alla stranezza attribuita al matematico, alla sua<br />
immagine di appartenere a un mondo a sé. Del resto anche Jean<br />
Dieudonné, descrivendo i matematici del secolo scorso, non offre<br />
immagini molto accattivanti per il grande pubblico…<br />
Teresa:.<br />
Sarà perché, come per tanti scienziati, la vita dei matematici è<br />
dominata da una curiosità insaziabile, un desiderio di risolvere i<br />
problemi studiati che confina con la passione, che arriva a far sì<br />
che il matematico si astragga quasi completamente dalla realtà<br />
circostante.<br />
La storia della matematica è piena di bizzarrie di matematici<br />
celebri… Ricordi l’avventura che Platone attribuisce a Talete, che<br />
107
Dell’Estetica<br />
cadde in una buca… Anche la sua serva rise di lui: “Tu cerchi di<br />
sapere tutto quello che è in cielo… e intanto… non vedi quello che c’è<br />
sulla terra…”<br />
Come se ci dicessero che i matematici sono incapaci di capire<br />
qualcosa del presente… quante le battute che essi stessi inventano<br />
sul loro mondo… (legge, divertendosi… mentre entrambe guardano<br />
insieme il foglio con una rassegna di epigrafi di matematici…)<br />
A queste coordinate giace Cartesio<br />
Eulero costante<br />
Pascal giace qui, probabilmente<br />
(Pascal giace qui, potete scommetterci)<br />
Riemann riposa sotto la superficie<br />
In questo spazio giace David Hilbert<br />
Qui ha scelto di stare Godel, incompleto<br />
… Divertenti…, non è vero, eh?<br />
Paola:(gesto di disappunto… e disperazione)<br />
Già… battute che solo loro possono capire… Uhm… forse è<br />
meglio sfumare sulla figura dell’uomo, dell’artista… meglio<br />
quindi parlare di come lavora! Tante volte abbiamo citato<br />
l’attività della dimostrazione che varrà la pena soffermarsi un po’!<br />
Teresa:<br />
Ma anche qui non sarà facile trasmettere al pubblico quanto è<br />
apprezzata dai matematici questa attività. E anche quanto senso<br />
di soddisfazione estetica ne traggano… e forse, anche questa è<br />
un’arte che sta scomparendo, o forse sta solo mutando, come<br />
mutano le matematiche!<br />
Paola:<br />
Certo che è difficile parlarne! Del resto, se un tuo studente<br />
ti chiedesse di dargli una definizione di dimostrazione, cosa<br />
risponderesti istintivamente?<br />
Teresa:<br />
Forse direi: “NON LO SAI? Ma che anno fai? Incredibile!… Una<br />
108
Dialogo sul bello in matematica di Paola Pieralli e Paola Stoppielli<br />
dimostrazione è quello che mi hai visto fare alla lavagna almeno tre<br />
volte la settimana per tutti questi anni!”<br />
… ecco, credo che istintivamente risponderei così… E poi mi<br />
pentirei.<br />
Paola:<br />
Già, perchè lui ti ha chiesto una definizione…<br />
Teresa:<br />
Infatti. Ti ho detto che mi sono già pentita… Allora gli direi<br />
che l’intera faccenda è stata chiarita dai logici. Quello che si deve<br />
fare è questo: trascrivere gli assiomi della teoria in un linguaggio<br />
formale con una data lista di simboli o alfabeto. Poi, nello stesso<br />
simbolismo, scrivere l’ipotesi del teorema. Poi mostrare che è<br />
possibile trasformare l’ipotesi passo dopo passo, usando le regole<br />
della logica, sino ad ottenere la tesi. Questa è una dimostrazione.<br />
Gli direi ancora che una dimostrazione buona deve essere<br />
quindi formalizzabile, ma anche convincente e… ispezionabile!<br />
Paola:<br />
“Davvero???”- credo ti risponderebbe… - “Che strano! Non ho<br />
visto fare mai, durante l’ora di matematica, una cosa del genere!!”<br />
Teresa:<br />
Oh!! Naturalmente nessuno fa davvero così! Ci vorrebbe una<br />
vita! È sufficiente sapere che… si potrebbe fare!<br />
Paola:<br />
Quindi… i matematici non fanno mai <strong>delle</strong> dimostrazioni<br />
vere…? Vogliamo affermare questa tesi?<br />
Teresa:<br />
Certo che le fanno! Se un teorema non è dimostrato non è … niente!<br />
Paola:<br />
(con tono eccitato e ironico) Allora, cosa vogliamo dire che sia una<br />
dimostrazione? Bisogna sapere tutto sui linguaggi formali e la<br />
logica formale prima di fare una dimostrazione matematica?<br />
109
Dell’Estetica<br />
Teresa:<br />
Naturalmente no! Anzi, forse… meno ne sappiamo e meglio è!<br />
Paola:<br />
(con tono risoluto)Ma allora che cosa è una dimostrazione?<br />
Teresa:<br />
Semplicemente, essa è un ragionamento che convince chi<br />
conosce l’argomento!<br />
Paola:<br />
Ma allora la definizione di dimostrazione è soggettiva! Dipende<br />
da particolari persone e prima di decidere cosa è una dimostrazione<br />
devo decidere chi sono gli esperti. Quindi siamo NOI che decidiamo<br />
che cos’è una dimostrazione e se uno non impara a decidere nello<br />
stesso modo NOI decidiamo che non ha attitudine!<br />
Teresa:<br />
No. Non è così… Anche se questo strumento che i matematici<br />
utilizzano dall’antichità per costruire le loro opere non è alla fin<br />
fine così chiaro da spiegare al pubblico…<br />
Con le tue battute mi hai quasi stretto all’angolo!…. Dimostrazione….<br />
che mostra a partire da, oppure dal greco “apodeixis”<br />
[ápodeixis], atto di mostrare, di indicare con l’indice.<br />
Paola:<br />
…certo, è una parola che evocava il portare alla luce qualcosa<br />
che era nascosto… anche le parole teoria e teorema derivano da<br />
termini che si riferiscono all’atto del vedere… dal greco oraw<br />
[órao], osservare …<br />
Teresa:<br />
Già … quasi a sottolineare il fatto che la verità matematica<br />
si viene a conoscere mediante una sorta di “terzo occhio” che<br />
permette di accedere al mondo dei numeri e <strong>delle</strong> figure…<br />
sembrerebbe una specie di esperienza mistica…<br />
E in effetti, molti matematici percepiscono la loro attività come<br />
110
Dialogo sul bello in matematica di Paola Pieralli e Paola Stoppielli<br />
qualcosa di inconscio e che, talvolta quando uno meno se lo<br />
aspetta, affiora al conscio… l’intuizione matematica!<br />
Paola:<br />
Ed è a questo punto che la dimostrazione permette di confermare o<br />
confutare l’intuizione… E la ricerca della dimostrazione dell’intuizione<br />
può talvolta durare secoli… Che dire infatti dell’ormai celebre “ultimo<br />
teorema di Fermat”, formulato da Pierre de Fermat nel 1637 :<br />
“L’equazione a n +b n =c n con a, b, c interi e diversi da zero, non ha<br />
soluzione per n maggiore di 2”<br />
Egli affermò di averlo dimostrato, ma scrisse solamente, ai<br />
margini di una copia dell’Arithmetica di Diofanto “Dispongo di<br />
una meravigliosa dimostrazione di questo teorema, che non può essere<br />
contenuta nel margine troppo stretto della pagina”.<br />
Teresa:<br />
E così iniziò una <strong>delle</strong> sfide più lunghe e intense della storia<br />
della matematica. Molti matematici si susseguirono nella ricerca<br />
della dimostrazione di un teorema il cui enunciato così semplice<br />
dava da ritenere che anche dimostrarlo non sarebbe stato così<br />
difficile e invece…Solo nel 1994, oltre 350 anni dopo la sua<br />
formulazione, Andrew Wiles riuscì in tale impresa…<br />
Paola:<br />
Già… come non può affascinare quest’arte dell’intelletto…<br />
quale e quanta passione, al pari di tanti pittori, poeti, letterati,<br />
architetti, ardeva in questi matematici…<br />
Wiles rimase affascinato dal teorema di Fermat quando ne<br />
venne a conoscenza per caso in una biblioteca della sua città.<br />
Aveva poco più di 10 anni… risolvere quel problema divenne il<br />
suo sogno e a questo sogno ha dedicato la sua vita.<br />
Teresa:<br />
Sì, è affascinante. Parlare del Teorema di Fermat richiederebbe<br />
un’altra conferenza e non basterebbe, viste le connessioni e gli<br />
sviluppi che ha portato nel corso di questi 350 anni… sarebbe<br />
necessario troppo tempo…, non divaghiamo… torniamo a noi…<br />
La dimostrazione è stata considerata nella matematica classica<br />
111
Dell’Estetica<br />
un cammino razionale nel senso più letterale del termine fin dai<br />
tempi di Aristotele, il quale ne individuò le leggi e le espose nella<br />
sua opera Organon. E sono quelle della logica.<br />
Paola:<br />
Però non possiamo dare l’idea che tutto, da Aristotele in poi,<br />
è restato immobile….che non c’è stato più nulla di nuovo… La<br />
matematica è eterna, ma non statica…<br />
Teresa:<br />
Forse sarà sufficiente osservare che, come tutte le arti hanno<br />
sviluppato nel corso dei secoli tecniche sempre nuove per<br />
manifestare l’ingegno e il genio creativo dei propri artisti, anche<br />
la matematica ha sviluppato tecniche più recenti e nuove…<br />
Ad esempio a cavallo tra il 1800 e il 1900 il matematico italiano<br />
Peano formalizzò una tecnica dimostrativa innovativa: la tecnica<br />
di dimostrazione per induzione, mai utilizzata prima… E altre<br />
tecniche sono sorte, tant’è che il concetto di dimostrazione, che<br />
nei secoli precedenti sembrava unico, nell’ultimo secolo sembra<br />
aver perso la sua assolutezza…<br />
Paola:<br />
Potremmo citare ciò che William Thurston, medaglia Fields<br />
1982, il premio Nobel della matematica, disse:<br />
“…che la matematica si riduca alle dimostrazioni formali è un’idea<br />
senza solide basi… In pratica i matematici dimostrano i teoremi in un<br />
contesto sociale… Il loro è un corpo di conoscenze e di tecniche soggetto<br />
a condizionamenti sociali”<br />
Dimostrare non sembra più avere il significato di arrivare<br />
attraverso passaggi indiscutibili ed eseguibili direttamente<br />
dall’uomo ad affermare una verità. In questi ultimi tempi i passaggi<br />
intermedi che costituiscono una dimostrazione non sempre sono<br />
evidenti, anzi, a volte sono occulti, e sempre meno sono direttamente<br />
compiuti dall’uomo, ma sono invece ottenuti tramite elaborazioni<br />
al computer… tant’è che la stessa comunità dei matematici appare<br />
divisa sul ruolo che deve avere una dimostrazione…<br />
112
Dialogo sul bello in matematica di Paola Pieralli e Paola Stoppielli<br />
Teresa:<br />
… basta pensare alla crisi suscitata dal teorema dei quattro colori!<br />
Paola:<br />
Il teorema dei quattro colori afferma che, data una superficie<br />
piana divisa in regioni connesse, come ad esempio una carta geografica<br />
politica, sono sufficienti quattro colori per colorare ogni regione facendo<br />
in modo che regioni adiacenti non abbiano lo stesso colore. Due regioni<br />
sono dette adiacenti se hanno almeno un segmento di confine in comune,<br />
non solo uno o più punti isolati.<br />
La definitiva dimostrazione del teorema per quattro soli<br />
colori fu fornita nel 1977 da Appel e Haken, due matematici<br />
dell’Università dell’Illinois, però solo grazie a un complesso<br />
algoritmo informatico e questo sollevò molte perplessità.<br />
Teresa:<br />
Già … il problema dell’accettazione di questa dimostrazione divise<br />
il mondo dei matematici. E non solo. Quando alcuni alla fine<br />
del secolo scorso hanno provato a fare il punto della situazione<br />
hanno incontrato metodi diversi per affrontare le ultime sofisticate<br />
ricerche in campo matematico: parlano di dimostrazioni di tipo<br />
probabilistico, di video-dimostrazioni… boh…<br />
Chissà cosa accadrà in questo secolo!<br />
Paola:<br />
Forse l’arte della dimostrazione matematica consisterà nel<br />
trovare una cornice, una scena in cui tutto quello che uno cerca<br />
di dimostrare diventi quasi ovvio!<br />
La creatività matematica si sta già manifestando nel trovare<br />
questi contesti… Qualche volta si trovano nel ricco mondo degli<br />
oggetti materiali, qualche volta uno se li inventa… ancora un<br />
mondo fatto di idee! E questo mondo di idee e di costruzione di<br />
idee è così avvincente!<br />
Teresa:<br />
Hai ragione ad esserne tanto coinvolta!… E comunque,<br />
nonostante queste luci ed ombre, l’operare del pensiero nel<br />
condurre i suoi ragionamenti deduttivi è così complesso, ricco,<br />
113
Dell’Estetica<br />
affascinante che credo valga la pena richiamarlo al pubblico…<br />
magari citando qualche grande dei secoli passati.<br />
Paola:<br />
Credo che basti questo brano tratto da Cartesio, che mette in<br />
luce come la difficoltà nell’applicare le tecniche della deduzione<br />
sia comune a molti, anche a personaggi del calibro di Cartesio<br />
stesso e non solo a noi poveri e comuni mortali “Talvolta la<br />
deduzione si dà con una così lunga serie di conseguenze che, quando<br />
siamo arrivati alla fine, non ci ricordiamo più facilmente del cammino<br />
che abbiamo percorso fino là; per questo diciamo che dobbiamo soccorrere<br />
la debolezza della memoria con un movimento continuo del pensiero…<br />
[…] Allora [se non posso ricordarmele tutte] io le percorro più volte con<br />
un movimento continuo dell’immaginazione che, nello stesso tempo deve<br />
avere l’intuizione di ciascuna cosa e passare alle altre, finché non imparo<br />
a passare dalla prima all’ultima così rapidamente da non lasciare alcun<br />
ruolo alla memoria, e avere, sembra, l’intuizione tutto in una volta”.<br />
Teresa:<br />
Bello!… Vale la pena leggere queste parole… Ma non facciamoci<br />
prendere la mano dalle nostre passioni… Occorrerà analizzare<br />
altri , non possiamo certo fermarci al teorema di Pitagora!<br />
Paola:<br />
Eh si… ce ne sono così tanti… Ricordi che nel 1988 la rivista The<br />
Mathematical Intelligencer ne ha fatto addirittura una classifica?<br />
Guarda: i 5 teoremi più belli …<br />
Posizione Teorema<br />
1 e iπ +1=0 Formula di Eulero<br />
2 V+F=E+2 (formula caratteristica di Eulero per i poliedri)<br />
3 I numeri primi sono infiniti (Euclide)<br />
4 Esistono 5 poliedri regolari<br />
5 1+1/2 2 +1/3 2 +1/4 2 +…=π/6 (Eulero)<br />
114
Dialogo sul bello in matematica di Paola Pieralli e Paola Stoppielli<br />
Teresa:<br />
Pensa,… ben tre di questi capolavori sono dovuti a Eulero… un<br />
artista molto fecondo… e pensa che tutti coinvolgono idee già in<br />
possesso di ogni studente <strong>delle</strong> superiori! Anche la Formula di<br />
Eulero, la prima classificata!<br />
Paola:<br />
Fu Feynman , un fisico americano premio Nobel nel 1965, uno<br />
dei primi ad eleggere la formula di Eulero la formula più bella<br />
di tutti i tempi, quando solo all’età di 13 anni la inserì con tale<br />
appellativo nel suo quaderno di liceale… e tutt’ora la maggior<br />
parte dei matematici la considerano tale .<br />
Agli occhi di persone, diciamo, “ non addette ai lavori”, può<br />
sembrare una cosa insignificante, priva di qualsiasi fascino…<br />
E’ bene allora presentare quelli che sono i protagonisti di questa<br />
storia: i numeri e e π, legati tramite il numero immaginario i ai<br />
numeri più elementari dell’aritmetica,1 e 0 in una relazione che<br />
più semplice non si poteva, tramite gli operatori fondamentali<br />
della aritmetica:uguaglianza, addizione, moltiplicazione e<br />
potenza (legge la formula):<br />
e iπ +1=0<br />
Ecco il primo protagonista, π,… presentato addirittura da<br />
Dante…<br />
“Qual è’l geometra che tutto s’affigge<br />
Per misurar lo cerchio, e non ritrova,<br />
pensando, quel principio ond’elli indige,<br />
tal era io a quella vista nova:<br />
veder volea come si convenne<br />
l’’imago al cerchio come vi s’indova.”<br />
(Dante, Paradiso XXXIII,133-138)<br />
… 3,14, è nozione comune di ogni studente, è quel numero che<br />
serve ad esempio a calcolare l’area di un cerchio. Nei libri scolastici<br />
troviamo che π è definito come il rapporto fra una qualsiasi<br />
circonferenza C e il suo diametro d… una formalizzazione<br />
tutto sommato recente, una conquista del 18° secolo. La storia<br />
di questo numero, in realtà, ha origine con la storia dell’uomo.<br />
115
Dell’Estetica<br />
Infatti sul Papiro Rhind lo scriba Ahmes scrisse:<br />
Togli 1/9 a un diametro e costruisci un quadrato sulla parte che ne<br />
rimane; questo quadrato ha la stessa area del cerchio.”<br />
Teresa:<br />
Il problema della quadratura del cerchio!….<br />
Paola:<br />
… problema che appassionò gli antichi greci e che ha<br />
attraversato i secoli, fino al 1800…: Archimede di Siracusa (287-<br />
212 a.C. ca.), adottando i risultati noti fino ad allora, fu il primo<br />
a giungere con successo a una approssimazione del rapporto tra<br />
circonferenza e diametro . Egli concluse che:<br />
“La circonferenza di ogni cerchio è tripla del diametro, più una parte<br />
minore di un settimo del diametro e maggiore di dieci settantunesimi “<br />
… che ricondotto al linguaggio moderno, fornisce, per il<br />
rapporto tra circonferenza e diametro, un valore approssimato<br />
pari a 3,14…<br />
Teresa:<br />
Certo che la storia di pi greco attraversa davvero tutta la storia<br />
della matematica, ed è senza confini… dalla Cina, all’India,<br />
all’Europa.<br />
Paola:<br />
E poi, quanti matematici importanti hanno cercato di<br />
comprendere la natura di questo numero, fornendo formule che lo<br />
legassero a numeri “normali”: Viète, John Wallis, James Gregory…<br />
E finalmente Eulero, che dal 1736, utilizzò regolarmente il simbolo<br />
π per indicare il numero “misterioso”, con il sospetto che fosse un<br />
numero molto… molto “strano”! Egli scrisse infatti:<br />
“È probabile che il numero π non sia neppure contenuto nelle irrazionalità<br />
algebriche, ossia che non possa essere una radice di un’equazione<br />
algebrica con un numero finito di termini, i cui coefficienti siano razionali.<br />
Pare però molto difficile dimostrarlo in modo rigoroso.”<br />
116
Dialogo sul bello in matematica di Paola Pieralli e Paola Stoppielli<br />
In sostanza Eulero afferma che non c’è nessuna, dico… nessuna<br />
equazione espressa da un polinomio a coefficienti interi di cui π<br />
sia soluzione!<br />
Teresa:<br />
Già… un numero “trascendente”. Come scoprì Lindemann<br />
nel 1882. E questa scoperta equivaleva ad abbandonare<br />
definitivamente il sogno nato sulle sponde del Nilo: quello di<br />
trovare un quadrato con la stessa area del cerchio utilizzando<br />
solo una riga e un compasso! Il problema della quadratura del<br />
cerchio è impossibile… E poi la corsa per calcolare le sue infinite<br />
cifre decimali… Fine ‘800… se ne conoscono 707!<br />
Alla fine del 2002… le cifre calcolate sono oltre 1 2 4 1<br />
MILIARDI! E la gara continua… ormai è una prova di forza fra π<br />
e i calcolatori! (Legge:)<br />
“… Esplorare π è come esplorare’Universo…” (David<br />
Chudnovsky)<br />
“Il numero pi greco, correttamente interpretato, contiene l’intera<br />
storia dell’umanità.” (Martin Gardner)<br />
Paola:<br />
E che dire del secondo protagonista della formula?… il numero<br />
e:<br />
L’incendio suo seguiva ogni scintilla<br />
Ed erano tante, che’l numer loro<br />
Più che’l doppiar delli scacchi s’inmilla<br />
Dante,Paradiso, X XVIII 91 – 93<br />
Dante fa riferimento a una famosa leggenda in cui si narra<br />
la storia dell’inventore degli scacchi, che chiese in regalo al<br />
suo sovrano, entusiasta del gioco, un chicco di riso sulla prima<br />
casella della sua scacchiera 8 per 8, il doppio sulla seconda, cioè<br />
2, il doppio ancora sulla terza, cioè 4, e sempre raddoppiando,<br />
8, 16, 32, 64 e così via sulle caselle successive, fino all’ultima, la<br />
sessantaquattresima. In matematica scriviamo: 2 1 , 2 2 , 2 3 , ..., 2 n cioè<br />
117
Dell’Estetica<br />
una potenza dove l’esponente aumenta via via, anche di poco, ma<br />
determinando un notevole aumento del valore di tutta la potenza.<br />
Il risultato della somma di queste potenze è un numero<br />
impressionante, 3 chicchi e mezzo per ogni centimetro quadrato<br />
della superficie terrestre…<br />
Anche nel linguaggio corrente, spesso sentiamo parlare di crescita<br />
esponenziale, per indicare una crescita molto veloce legata a<br />
fenomeni socio-economici o alla crescita di una popolazione, alla<br />
diffusione di un’epidemia.<br />
Il numero e , quindi, anche se non è molto noto come π,<br />
meriterebbe maggior considerazione. Anch’esso affonda le sue<br />
origini in problemi molto antichi,dai primi che si sono chiesti<br />
quale potesse essere il miglior investimento di un capitale: su<br />
una tavoletta babilonese del 1700 a.C è stato trovato un problema<br />
che nel linguaggio moderno sarebbe così…<br />
Quanto tempo ci vorrà perché una certa somma di denaro raddoppi, se<br />
ogni anno aumenta del 20%?<br />
… è un tipico esempio di calcolo di interesse su un capitale… Il<br />
secondo protagonista della formula di Eulero ha origine qui, ma<br />
viene definitivamente alla luce solo all’inizio del diciassettesimo<br />
secolo, un periodo di grandi sviluppi finanziari, con un’attenzione<br />
particolare quindi per il problema dell’interesse composto. Infatti<br />
e deriva dalla formula del capitale M che si ottiene al termine di<br />
un anno, facendo maturare un capitale iniziale C ad un tasso di<br />
interesse I secondo la formula dell’interesse composto<br />
M = C(1 + i/n) n<br />
con C uguale a 1, i uguale a 1 e con n, che è il numero di volte in<br />
cui viene calcolato e capitalizzato l’interesse nell’arco dell’anno,<br />
tendente all’infinito. Cioè e è il risultato di (1 + 1/n) n per n molto<br />
molto molto grande…<br />
2,718281828459045235360287… = e.<br />
Hermite provò che anche e è un numero trascendente… e,come<br />
per π, molti matematici competono per calcolare le sue cifre<br />
decimali…<br />
118
Dialogo sul bello in matematica di Paola Pieralli e Paola Stoppielli<br />
Teresa:<br />
Lo so!… attualmente il record 51 539 600 000 cifre decimali !!…<br />
Scusa se ti interrompo, ma questa formula è troppo ricca ed i suoi<br />
protagonisti si contendono la nostra attenzione…<br />
Come pensi di introdurre l’unità immaginaria? Dire che<br />
si tratta di un numero che moltiplicato per se stesso da<br />
come risultato -1… Quando si è visto qualcosa del genere?<br />
Facciamo magie?…si cambiano le regole del gioco?… non sarà<br />
sufficiente…<br />
Paola:<br />
È vero, far comprendere come la mente umana possa avere<br />
concepito quantità non reali, ma che, eppure grazie alla loro<br />
esistenza permettono di ottenere soluzioni reali di problemi reali<br />
non è facile… però ho trovato qualcosa in cui si avverte lo stesso<br />
senso di smarrimento che si prova quando cerchiamo di figurarci<br />
tali numeri…<br />
Sempre caro mi fu quest’ermo colle<br />
e questa siepe, che da tanta parte<br />
dell’ultimo orizzonte il<br />
guardo esclude.<br />
dell’ultimo orizzonte il guardo<br />
esclude. Ma sedendo e mirando,<br />
interminati spazi di là da quella,<br />
e sovrumani silenzi, e profondissima<br />
quïete io nel pensier mi fingo,<br />
ove per poco il cor non si spaura.<br />
E come il vento odo stormir tra queste piante,<br />
io quello infinito silenzio a questa voce<br />
vo comparando: e mi sovvien l’eterno,<br />
e le morte stagioni, e la presente<br />
e viva, e il suon di lei.<br />
Così tra questa immensità s’annega il pensier mio:<br />
e il naufragar m’è dolce in questo mare<br />
Teresa:<br />
… Non credi che questo accostamento sia azzardato? Sento già<br />
che ci accuseranno di voler spiegare tutto, solo con la matematica.<br />
Ci diranno che vogliamo scalare la montagna della scienza e<br />
119
Dell’Estetica<br />
dell’arte con uno zaino pieno solo di matematica… Mah!… Non<br />
staremo osando troppo?…<br />
Paola:<br />
A me piace… l’accostamento mi è venuto in mente leggendo<br />
questo brano tratto dal libro di Peter Hoeg “Il senso di Smilla per<br />
la neve”… ascolta…<br />
“Alla base della matematica ci sono i numeri. Se qualcuno mi chiedesse<br />
cosa mi rende veramente felice io risponderei: i numeri. La neve, il<br />
ghiaccio e i numeri. E sai perché? Perché? Perché il sistema numerico<br />
è come la vita umana: per cominciare ci sono i numeri naturali. Sono<br />
quelli interi e positivi. I numeri del bambino.<br />
Ma la coscienza umana si espande. Il bambino scopre il desiderio e sai<br />
qual è l’espressione matematica del desiderio? Sono i numeri negativi.<br />
Quelli con cui si dà forma all’impressione che manchi qualcosa.<br />
Ma la coscienza si espande ancora e cresce e il bambino copre gli spazi<br />
intermedi. Fra le pietre, fra le parti di muschio tra le pietre, fra le persone.<br />
E fra i numeri.<br />
Sai questo a cosa porta? Alle frazioni. I numeri interi più le frazioni<br />
danno i numeri razionali.<br />
Ma la coscienza non si ferma lì. Vuole superare la ragione. Aggiunge<br />
un’operazione assurda come la radice quadrata. E ottiene i numeri irrazionali.<br />
È una sorta di follia, perché i numeri irrazionali sono infiniti.<br />
Non possono essere scritti. Spingono la coscienza nell’infinito.<br />
E addizionando i numeri irrazionali ai numeri razionali si ottengono i<br />
numeri reali…<br />
Non finisce. Non finisce mai. Perché ora, su due piedi, espandiamo i<br />
numeri reali con quelli immaginari, radici quadrate dei numeri negativi.<br />
Sono i numeri che non possiamo figurarci, numeri che la coscienza<br />
normale non può comprendere. E quando aggiungiamo i numeri immaginari<br />
ai numeri reali, abbiamo i numeri complessi .<br />
È come un grande paesaggio aperto. Gli orizzonti. Ci si avvicina ad<br />
essi e loro continuano ad allontanarsi”.<br />
… poi continuerei con una piccola storia di i: solo per inquadrarlo<br />
storicamente….<br />
Teresa:<br />
Basta… basta… Io direi solo che fu Bombelli, un matematico<br />
del 1500, che li creò chiamandoli “quantità silvestri” e che il<br />
120
Dialogo sul bello in matematica di Paola Pieralli e Paola Stoppielli<br />
nome di numeri immaginari, poi, lo si deve a Cartesio e che forse<br />
tanto immaginari questi numeri non lo sono se un ingegnere<br />
elettrotecnico americano, Steinmetz, alla fine dell’Ottocento<br />
sviluppò la teoria <strong>delle</strong> correnti alternate basandosi sui numeri<br />
complessi…Meno male che i prossimi numeri della formula non<br />
hanno bisogno di presentazione<br />
Quando si parte il giuoco della zara,<br />
Colui che perde si riman dolente,<br />
Repetendo le volte, e tristo impara;<br />
Con l’altro se ne va tutta la gente;<br />
Qual va dinnanzi, e qual di dietro il prende,<br />
E qual da lato li si reca a mente (Dante, Purgatorio, V I , 1-12)<br />
Tu credi che a me tuo pensier mei<br />
Da quel ch’è primo, così come raia<br />
Dall’un, se si conosce, il cinque e ‘l sei ( Dante ,Paradiso XV, 55-57 )<br />
Paola:<br />
Qui Dante fa riferimento al gioco della zara, un gioco fatto con<br />
tre dadi che venivano disposti su un banco: vinceva chi, prima<br />
che i dadi fossero lanciati, indovinava la combinazione vincente,<br />
proclamandola ad alta voce. Il termine zara si riferiva alla<br />
combinazione sfavorevole, cioè a quella che aveva meno probabilità<br />
di uscire… L’aleatorietà dei fenomeni, degli eventi: 0 e 1 non sono<br />
solo numeri importanti in aritmetica, ma esprimono i valori estremi<br />
della probabilità di un evento: 0 se l’evento è impossibile, non si può<br />
verificare, 1 se l’evento è certo, si verifica in ogni caso.<br />
Teresa:<br />
… e con 0 e 1 termina la rassegna dei protagonisti della formula<br />
di Eulero… E adesso, spero, sarà più chiaro perché è stata definita<br />
la formula più bella di tutti i tempi…<br />
Paola:<br />
È vero… dietro ci sono idee che spaziano attraverso le epoche<br />
e i luoghi che hanno fatto la storia della matematica: tutte le<br />
volte che mi soffermo sulla formula mi chiedo com’è possibile<br />
che queste entità fondamentali e apparentemente lontane tra<br />
121
Dell’Estetica<br />
loro possano intrecciarsi così semplicemente, elegantemente e<br />
armoniosamente.<br />
Teresa:<br />
Sì, presentiamo solo idee semplici… e… belle, semplici e…<br />
ricche… ed io concluderei presentando un altro capolavoro di<br />
Euclide… Che ne dici se provassimo con il Teorema fondamentale<br />
dell’aritmetica?<br />
Paola:<br />
Certo, mi sembra proprio adatto: anche Hardy lo<br />
approverebbe… ricordi?<br />
Ha detto che un opera matematica è bella se è significativa, se<br />
può collegarsi ad altre idee matematiche, portando così grandi<br />
progressi in matematica… e quante idee sono legate da questo<br />
teorema… fondamentale e quindi… elementare: per capire la sua<br />
grandezza servono solo nozioni alla portata di uno studente di<br />
12 anni, serve solo ricordarsi dei numeri primi… 2, 3, 5, cioè, tutti<br />
quei numeri maggiori di 1 che hanno come divisori solo uno e<br />
loro stessi, e infine il concetto di divisore.<br />
Teresa:<br />
Allora… inoltriamoci… nell’infinito! Questa parola, infinito,<br />
che, nell’enunciato del teorema, Euclide pare non osare neanche<br />
pronunciare! Lui dice infatti:<br />
“Esistono sempre numeri primi in numero maggiore di quanti numeri<br />
primi si voglia proporre”<br />
… E poi… via con l’opera d’arte di cui Hardy ebbe a dire:<br />
“Questa dimostrazione conserva la freschezza e l’importanza di quando<br />
è stata scoperta: duemila anni non le hanno lasciato una ruga!”<br />
Paola:<br />
… Ne sono sempre più convinta: è un’opera indispensabile per<br />
cogliere l’arte dello stile euclideo, in cui egli mette a punto via<br />
via tutto ciò che gli serve per giungere alla conclusione finale,<br />
122
Dialogo sul bello in matematica di Paola Pieralli e Paola Stoppielli<br />
che viene condotta utilizzando una tecnica dimostrativa molto<br />
sopraffine: la Reductio ad Absurdum: la dimostrazione per<br />
assurdo. Come dice Hardy:<br />
La reductio ad absurdum, tanto amata da Euclide, è una <strong>delle</strong> più belle<br />
armi di un matematico. È un gambetto molto più raffinato di qualsiasi<br />
gambetto degli scacchi: un giocatore di scacchi può offrire in sacrificio<br />
un pedone o anche qualche altro pezzo, ma il matematico offre la partita.<br />
Teresa:<br />
Giusto! E con quale eleganza Euclide se ne serve e ci conduce<br />
per mano a quella verità in pochissime mosse<br />
Prima ci dimostra che se due numeri sono divisibili per uno<br />
stesso numero, lo è anche la loro differenza, per esempio, se 18 è<br />
divisibile per 3, e 12 è divisibile per 3, lo è anche la loro differenza<br />
18-12, cioè anche 6 è divisibile per 3! Facile, no?<br />
Con una seconda mossa ci convince poi che ogni numero<br />
naturale, 1, 2, 3, 4, 5,6,… o è primo o è possibile scriverlo come<br />
prodotto di numeri primi…, i quali saranno, quindi, tutti divisori<br />
del nostro numero…I numeri primi… ce li fa immaginare…<br />
come se fossero… atomi!<br />
Ci fa vedere i numeri primi come i componenti fondamentali di<br />
tutti gli altri numeri!<br />
E come terza mossa Euclide ci dimostra che quel prodotto in<br />
numeri primi è unico… i numeri primi sono, alla fine, non solo i<br />
componenti, ma addirittura il codice genetico di ciascun numero<br />
naturale…! 15, ad esempio, lo posso scrivere solo come prodotto<br />
dei numeri primi 3 e 5, e basta… non ho un’altra possibilità!<br />
Ma a questo punto con tre battute messe a segno Euclide ha<br />
preparato i suoi lettori ad apprezzare il suo capolavoro, cioè può<br />
dimostrare che i numeri primi sono infiniti…<br />
Perché… se… non lo fossero… Prendiamoli tutti, i nostri numeri<br />
primi, : A,B,C, D,… M e scriviamo un nuovo numero, dove li<br />
abbiamo moltiplicati tutti insieme, ed abbiamo aggiunto una<br />
unità<br />
N = A · B · C · · · ·M+1<br />
Bene, se N è primo, ne ho trovato un altro e posso continuare<br />
allo stesso modo, con un altro e un altro ancora… quanto<br />
123
Dell’Estetica<br />
voglio… all’infinito… Se N non è primo, però, Euclide ci ha<br />
insegnato già che ci sarà, fra tutti i nostri numeri primi, almeno<br />
un numero primo, chiamalo G, che lo divide! Quindi, G è<br />
contemporaneamente un divisore del numero che è il prodotto<br />
di tutti i nostri numeri primi<br />
A · B · C · · ·G · · ·M<br />
Ma è anche un divisore di N!<br />
Ne segue che G dovrà essere anche un divisore della differenza<br />
dei nostri due numeri<br />
(A · B · C · · · ·M+1) - A · B · C · · · ·M<br />
Che è 1 !!!!! Ma… può G, primo, essere divisore di 1 essendone<br />
maggiore?<br />
(si guardano con evidente e crescente stupore e poi eclamano insieme…)<br />
Teresa e Paola:<br />
ASSURDO!!!!<br />
Teresa:<br />
No, evidentemente, quindi G è il nuovo primo… e via : la<br />
dimostrazione che l’insieme dei numeri primi è infinito… è fatta!!<br />
Paola:<br />
Ecco: e tutto avviene con eleganza, equilibrio, precisione,<br />
profondità… qualità fondamentali per …la nostra cattedrale!<br />
Quali altre opere potremmo presentare per convincere della<br />
bellezza della matematica?<br />
Una bellezza davvero senza tempo!!!<br />
Teresa: (guardando l’orologio…)<br />
Già… il tempo… ma è tardissimo!… E noi siamo ancora qui<br />
a preparare il materiale: la prossima settimana abbiamo la<br />
conferenza… Andiamocene… o ci chiuderanno dentro la scuola.<br />
124
Dialogo sul bello in matematica di Paola Pieralli e Paola Stoppielli<br />
Paola:<br />
… Eppure…conosco ancora una meravigliosa dimostrazione…<br />
(rimettendo anche lei i fogli, ma guardandone uno con più attenzione)…<br />
Teresa:<br />
Non c’è tempo… non c’è tempo<br />
Paola:<br />
… (tenta di trattenersi)… Potrei scrivertela… entrerebbe in una<br />
diapositiva…<br />
Teresa:<br />
(con voce ferma) e lo spazio (ridacchiando) non è sufficiente!!!<br />
Paola:<br />
(guarda anche lei l’orologio...)… è tardi… lo spazio è davvero<br />
troppo piccolo…non c’è tempo!<br />
(Si spengono le luci)<br />
Riferimenti bibliografici<br />
• William Dunham, Viaggio attraverso il genio<br />
• Godfrey H. Hardy, Apologia di un matematico<br />
• Che cos’è una dimostrazione?, Quaderni ELEUSI-PRISTEM<br />
• Michael Francio Atiyah, Senza bellezza non c’è verità scientifica<br />
• Corriere della sera ,14 marzo 2007<br />
• Euclide, Elementi<br />
• Gabriele Lolli, Il riso di Talete, La crisalide e la farfalla<br />
• Cartesio, Discorso sul metodo<br />
• Peter Hoeg, Il senso di Smilla per la neve<br />
• M. Machover, The Mathematical Intelligencer<br />
• Jean Dieudonné , L’arte dei numeri<br />
• Piergiorgio Odifreddi, Idee per diventare Matematico<br />
125
L’estetica tra<br />
forma e sostanza<br />
A me non piace fare <strong>conferenze</strong>. Penso alla cultura non come<br />
ad un processo di trasmissione, ma come ad un processo di crescita<br />
insieme, in cui si confrontano e si verificano punti di vista e<br />
riflessioni.Per cui, fondamentalmente, le mie sono solo riflessioni<br />
ad alta voce.<br />
Il nostro oggetto è la natura del bello. Il concetto di arte, l’oggetto<br />
dell’estetica.<br />
La prima cosa che mi è venuta in mente è che, in linea<br />
generale,mi sembra, per noi è molto più facile applicare categorie<br />
estetiche alla poesia, alla pittura, alla scultura che non al<br />
romanzo.E la differenza tra queste cose risiede nel fatto che, nel<br />
romanzo, c’è una storia. Ci sono categorie di spazio, di tempo,<br />
di causalità, di prima e dopo. E, per quanto ci riguarda, quando<br />
parliamo di bello, noi tendiamo a prescindere da queste categorie.<br />
Il bello è al di fuori della storia.<br />
La seconda cosa che mi è venuta in mente è che il bello è comunque<br />
una rappresentazione che ricade sotto i sensi, ma in<br />
questo suo ricadere sotto i sensi, nel processo che porta alla sua<br />
creazione, nel sentito che origina la sua realizzazione, mi sembra<br />
si possa dire che ci siano due tipi di modalità.<br />
Arte con - una unità tra il sentito e il rappresentato, in cui anche<br />
la materia, lo strumento dell’arte è in qualche modo inestricabilmente<br />
connesso a questa unità, come avviene nella pittura, e<br />
ancor di più nella musica, - e arte su. In qualche maniera, se non<br />
altro per un certo lungo periodo, queste differenze di modo nel<br />
collegarsi con il bello, sembrano anche state legate al materiale<br />
che veniva usato per rappresentarlo.Come se il materiale, con<br />
la sua matericità e con le sue limitazioni, imponesse percorsi diversi.<br />
127<br />
di Carlo Nocentini
Dell’Estetica<br />
Se mi si passa una dicotomizzazione estrema, sto pensando alla<br />
differenza che esiste, già nell’antica Grecia, tra le statue e le pitture<br />
sui vasi. Spesso stilizzate, queste ultime, evocatrici, partecipi<br />
degli elementi magici <strong>delle</strong> pitture rupestri neolitiche. Molto più<br />
solide e particolareggiate le statue, come se l’intervento dell’artista,<br />
in questo caso, fosse necessariamente quello di infondere alla<br />
pietra, che risponde a sue proprie leggi in modo molto più greve<br />
della pittura e del colore, o della musica, un modello , in qualche<br />
misura razionale e razionalizzato, armonico secondo rigorosi codici<br />
di gestione del materiale, con cui opera.<br />
Perché il bello ha carattere di universalità. E, in qualche modo,<br />
l’universalità noi la troviamo solo in due aree dell’uomo. Nella<br />
profondità dell’istinto ancestrale, o nell’astrazione matematica.<br />
Le culture sono tra loro differenti, gli istinti profondi no.<br />
Il bello ha a che fare con il nulla, ci ha ricordato la prof. Bramante,<br />
citando Adorno. Dentro, insieme al bello, in fondo ad esso è<br />
sempre in agguato un meccanismo di dissoluzione. Di unità primigenia<br />
nella quale vi è perdita dell’Io. E l’arte è il tentativo di<br />
rendere fruibile il nulla. Perché il bello è desiderio, e il desiderio<br />
come una <strong>delle</strong> sue polarità ha appunto la dissoluzione con il desiderato.<br />
Nell’agito dell’orgia sacrificale dionisiaca si inserisce la<br />
narrazione, non storicizzata, che si muove in un eterno presente,<br />
e abbiamo la tragedia, che è esorcismo, unità di estetica ed etica,<br />
ma nella quale lo spazio del logos, della storia e del tempo è estremamente<br />
ridotto.<br />
Momento diadico, dove Dioniso (l’agito) e Apollo ( il racconto)<br />
coagiscono, ma non interagiscono.<br />
È come se il coro, unica realtà, producesse fuori di sé la visione e parlasse<br />
di essa e su di essa con tutto il simbolismo della danza, del suono<br />
e della parola (Nietsche,).<br />
È una sorta di incantesimo; lo spettatore diventava Satiro e guardava<br />
fuori di sé quella visione che era il compimento apollineo del proprio<br />
stato dionisiaco.<br />
Attraverso l’azione dell’attore, l’uomo cominciava il lungo percorso<br />
della sua individuazione.<br />
È Socrate, secondo Nietsche, che uccide la tragedia, quando ad<br />
essa applica il logos.<br />
128
L’estetica tra forma e sostanza di Carlo Nocentini<br />
Solo apparentemente diverso è il discorso nelle arti plastiche,<br />
soprattutto la scultura. Il terzo polo, il logos, la legge del padre è<br />
rappresentato dalla pietra. La pietra e il metallo sono, in maniera<br />
decisamente superiore a tutte le altre forme espressive, insensibili<br />
al desiderio. La loro trasformazione in opera d’arte non è più il<br />
risultato, più o meno immediato, del desiderio, ma richiedono, intrinsecamente,<br />
una tecnica, un logos per poter essere trasformati.<br />
I greci conoscono il pericolo della bellezza? Suppongo di sì,<br />
perché la esorcizzano. Le assegnano una funzione etica. Operano<br />
un processo di sublimazione ante litteram.<br />
La tragedia pone di fronte agli uomini gli impulsi passionali<br />
e irrazionali (matricidio, incesto, cannibalismo, suicidio, infanticidio…)<br />
che si trovano, più o meno inconsciamente, nell’animo<br />
umano, permettendo agli individui di sfogarli innocuamente, in<br />
una sorta di esorcizzazione di massa.<br />
Nietzsche affermerà l’esistenza, nella cultura greca, di un contrasto,<br />
enorme per l’origine e i fini, fra l’arte plastica, cioè l’apollinea, e<br />
l’arte non plastica della musica, cioè la dionisiaca.<br />
Questi due istinti così diversi camminano uno accanto all’altro, per lo<br />
più in aperto dissidio, stimolandosi reciprocamente a sempre nuove e<br />
più gagliarde reazioni per perpetuare in sé incessantemente la lotta di<br />
quel contrasto, su cui la comune parola di “arte” getta un ponte che è<br />
solo apparente: finché in ultimo, riuniti insieme da un miracolo metafisico<br />
prodotto dalla “volontà” ellenica, essi appaiono finalmente in<br />
coppia e generano in quest’accoppiamento l’opera d’arte della tragedia<br />
attica, che è tanto dionisiaca quanto apollinea.<br />
In psicoanalisi si sono succedute diverse interpretazioni del<br />
bello e dell’arte.<br />
Freud ritiene che l’arte rappresenti il ritorno del rimosso e usi il<br />
linguaggio dei sogni; Jung pensa che l’arte sia espressione degli universali<br />
archetipici sepolti nell’inconscio collettivo dei quali l’inconscio<br />
individuale è partecipe. Melanie Klein, invece, considera l’arte<br />
come espressione della fantasia del mondo interno, uno spazio della<br />
mente in cui si muovono personaggi interiorizzati. Quelli cattivi<br />
attaccano gli oggetti buoni facendo emergere il senso di colpa e in<br />
fine la riparazione. L’arte diviene così un mezzo di riparazione.<br />
129
Dell’Estetica<br />
Infine il modello della mente di Bion, arte come elaborazione<br />
del processo di pensiero che si libera dalle richieste del potere<br />
(Superio) e pensa per se stessa. Così nascono i volumi della Recherche<br />
di Proust<br />
Per i post-kleiniani, fondamentalmente, l’arte trova il suo fondamento<br />
nella fase pre-edipica, all’interno dell’universo conflittuale<br />
– ma simbiotico- del rapporto madre-bambino, prima che il<br />
padre intervenga a costituire il triangolo, a spostare il codice del<br />
mondo da duale a ternario, in una parola a consentire l’ingresso<br />
del logos in quello che era solo l’universo del desiderio.<br />
Il mistero dell’opera d’arte coincide col mistero che è l’oggetto<br />
materno per il bambino.<br />
E la differenza tra arte apollinea ed arte dionisiaca corre, in<br />
qualche modo per tutti questi secoli, con differenza di accentazioni.<br />
Arte come espressione di un sentito, voce di un mondo interno<br />
che si esprime attraverso la trasmissione primaria di sensazioni,<br />
cui piega la materia, arte come espressione ed arte come modello<br />
universale, come rappresentazione, come trasferimento di universali<br />
dal pensiero umano alla materia.<br />
Non vedo, dalla Grecia a non molti anni fa, una scultura monumentale<br />
che si esprima come evocazione di sentiti, non rappresentativi.<br />
Compare in questi ultimi decenni. Mi viene in mente<br />
Henry Moore, ma ce ne saranno, ovviamente molti altri.Nella<br />
scultura decorativa invece forme altamente simboliche, o che<br />
agitano evocazioni profonde, compaiono dal gotico in poi. Fino<br />
ad arrivare a Gaudì, e alla Sacrada Familia, in cui, alla rigorosità<br />
dei calcoli che determinano la struttura portante, si sovrappone<br />
un impianto decorativo esclusivamente simbolico.<br />
Allora, da tutte queste notazioni sparse vorrei far emergere un<br />
concetto.<br />
L’arte, originariamente, appartiene a due mondi tra di loro<br />
completamente diversi. L’apollineo e il dionisiaco. Diversi modelli,<br />
diversi percorsi, un momento unificante che è la tragedia. Il<br />
modello dionisiaco viene lentamente spinto ai margini, per tutta<br />
la classicità, e si affaccia sporadicamente. Sto pensando relativamente<br />
al suo ri-emergere, ad alcuni polittici di Jeronimus Bosh, o<br />
appunto, ad elementi decorativi nelle chiese. O anche a El Greco,<br />
130
L’estetica tra forma e sostanza di Carlo Nocentini<br />
che per certi versi mi desta assonanze con l’Urlo di Munch.<br />
È un processo, quello apollineo, nel quale la trasmissione del<br />
sentito passa attraverso una rigorosa disciplina di tipo logico<br />
formale - si chiami prospettiva, sezione aurea o disegno - che<br />
canalizza in qualche modo l’espressione. È a partire dagli ultimi<br />
decenni dell’800 che il dionisiaco ri-esplode. Se noi prendiamo<br />
un pittore che penso tutti conosciamo, Van Gogh, è solo nel suo<br />
ultimo periodo, Arles, Saint Remy, Auverse sur Oise, gli anni<br />
dall’88 al 90, che i suoi quadri trasmettono sensazioni attraverso<br />
il colore, svincolandosi in maniera quasi completa dal disegno.<br />
È fondamentalmente dall’inizio del Novecento, con l’esplosione<br />
del surrealismo, e con le varie diramazioni che da esso si<br />
spandono che riprende corpo l’arte come espressione, senza la<br />
mediazione della ragione.<br />
È Breton che, nel Manifesto dei surrealisti, definisce il movimento<br />
come automatismo psichico puro, attraverso il quale ci si propone<br />
di esprimere, con le parole o la scrittura o in altro modo, il reale<br />
funzionamento del pensiero. Comando del pensiero, in assenza di qualsiasi<br />
controllo esercitato dalla ragione, al di fuori di ogni preoccupazione<br />
estetica e morale.<br />
Tutte le correnti contemporanee, se si fa eccezione per il cosiddetto<br />
realismo socialista, ormai scomparso, si rifanno a questo<br />
tipo di impostazione.<br />
Arte come ritorno al dionisiaco, come espressione dei <strong>contenuti</strong><br />
inconsci, al di fuori di qualsiasi processo regolatore rappresentato<br />
da ragione, etica, morale, codici. Arte come immediatezza<br />
del sentire. Si ripropone una dimensione che è pre-tragica.La<br />
percezione si sposta da percezione del mondo a percezione del<br />
mondo interno. Cassirer, nel 1968, scriveva:<br />
Soltanto ciò che si dimostra essenziale per l’insieme del nostro vivere e<br />
del nostro agire viene scelto e osservato.<br />
Qualunque cosa appaia importante per il nostro desiderare e il nostro volere,<br />
per le nostre esperienze e angosce, per agire e per fare, quello e soltanto quello<br />
riceve il timbro del significato verbale. Possiamo ritrovare la matrice unitaria<br />
dei processi di costruzione della realtà, in quanto l’itinerario maturativo di<br />
ordine cognitivo non viene disgiunto dall’itinerario psicoaffettivo.<br />
L’essenziale per il vivere e l’agire sembra essersi trasformato.<br />
131
Dell’Estetica<br />
Dalla natura, alla religione, alle originarie pulsioni affettive pretragiche.<br />
Già Fornari notava:<br />
“Il linguaggio artistico trasforma la presenza in rappresentazione attraverso<br />
un processo singolarissimo collocabile in una zona intermedia<br />
tra immaginario e reale, a metà strada tra il principio del piacere e il<br />
principio della realtà in quanto l’esame di realtà (che permetterebbe di<br />
collocare l’esperienza nell’uno o nell’altro dei due principi) non è negato<br />
(come avviene ad esempio nell’allucinazione) ma semplicemente<br />
lasciato sospeso” (Fornari, 1970).<br />
Ma, mi pare, si possa aggiungere che in questa zona tra immaginario<br />
e reale il pendolo si sposta, o verso l’una o l’altra parte.<br />
Si potrebbe, penso, notare anche un’altra relazione. Nelle società<br />
centrate sui diritti il pendolo è più spostato verso l’immaginario,<br />
nelle società in cui l’individualità ha una rilevanza più marginale<br />
rispetto al collettivo sociale, appare prevalente l’esame di realtà.<br />
C’è una notazione di Freud, che mi pare interessante.Nella<br />
verbalizzazione del sogno la parola privatizza il linguaggio pubblico,<br />
nella poesia pubblicizza il linguaggio privato. Ogni sogno<br />
racchiude in sé tutto l’universo del sognatore e l’interpretazione<br />
analitica può solo esaurire una faccia del poliedro, lasciando la<br />
possibilità ad altre molteplici interpretazioni. Osserva Fornari:<br />
“Se le emozioni incontrollate portano l’uomo alla sofferenza e alla percezione<br />
dolorosa della ̓ʼmancanzaʼ, l’esperienza artistica permette che le emozioni trovino<br />
spazio per esprimersi grazie al controllo dato sia dall’ordine del processo<br />
culturale estetico, sia dalla possibilità di mettere a confronto i significati primari<br />
con i significati storici”.<br />
Proviamo a vedere se si conclude qualcosa.<br />
Il bello è una sensazione trasmessa. La sensazione non può mai<br />
essere trasmessa in quanto tale, senza passare attraverso un<br />
linguaggio, cioè attraverso un sistema di regole. Questo sistema<br />
può essere più o meno ampio e vincolante, ma comunque<br />
sistema di regole è. Per potere avere una valenza“ ampia”, in<br />
epistemologia diremmo essere oggetto di validazione intersoggetiva,<br />
linguaggio e sensazione sottostante debbono parlare o<br />
dell’armonia dell’universo (categoria pura a priori di kantiana<br />
memoria) o degli elementi profondi sepolti nel nostro inconscio.<br />
132
L’estetica tra forma e sostanza di Carlo Nocentini<br />
Nel primo caso il linguaggio è molto più articolato, formalizzato,<br />
stringente. Nel secondo caso è molto più “libero”, creazionista.<br />
Ma, e qui sta il problema, la libertà del linguaggio che incrocia<br />
la libertà dell’inconscio si pone a rischio dissoluzione. Rimanda<br />
(può rimandare) direttamente alla perdita del sé pre-tragica,<br />
propria dell’orgia dionisiaca. L’opera d’arte vive su un crinale.<br />
Il sistema formalizzato di regole la uccide. L’universo della non<br />
regola, della semplice esplosione del sentito, che la esalta in massimo<br />
grado, la rende intrasmissibile e rischia di portare con sé la<br />
dissoluzione dell’artista. In questo si ravvisa una fortissima analogia<br />
col processo psicoanalitico. La cogenza <strong>delle</strong> regole scatena<br />
la nevrosi. La dissoluzione nelle pulsioni la psicosi. Non a caso<br />
oggi si parla della psicoanalisi come di una “estetica”.<br />
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Grafica e stampa<br />
Industria Grafica Valdarnese<br />
Finito di stampare nel mese di maggio 2009