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Liceo “B. Varchi” Montevarchi anno scolastico 2007-2008

<strong>Liceo</strong> “B. <strong>Varchi</strong>”<br />

Montevarchi<br />

anno scolastico 2007-2008


Il volume raccoglie gli interventi dei relatori<br />

del ciclo di <strong>conferenze</strong> Dell’Estetica presentate<br />

al <strong>Liceo</strong> “B. <strong>Varchi</strong>” di Montevarchi nell’anno<br />

scolastico 2007-2008.<br />

Ideatrice del progetto e curatrice della raccolta:<br />

Libera Bramante<br />

Grazie al <strong>Liceo</strong> “B. <strong>Varchi</strong>” di Montevarchi<br />

che ha consentito la realizzazione<br />

dell’iniziativa. Grazie ai ragazzi che l’hanno<br />

sollecitata. Grazie a tutti coloro che l’hanno<br />

condivisa.<br />

Al testo è allegato un compact disc che<br />

contiene le immagini presentate durante<br />

le <strong>conferenze</strong> ed alcune foto dei “piatti<br />

della bellezza” che ne hanno addocito lo<br />

scenario.


<strong>Liceo</strong> Scientifi co e Classico “B. <strong>Varchi</strong>”<br />

Montevarchi


Sommario<br />

Premessa ...............................................................................................p. 7<br />

Libera Bramante<br />

Introduzione.........................................................................................p. 9<br />

Nedo Migliorini<br />

La bellezza e il “sé immagine” ....................................................... p. 11<br />

di Libera Bramante<br />

Il bello artistico tra epoche e stili ................................................... p. 27<br />

di Giuseppe Pristerà<br />

Religione e velo: prescrizione o scelta? ........................................ p. 39<br />

di Cristina Viglianisi<br />

La donna salvifica in Dante e in Montale ..................................... p. 49<br />

di Giuliana Simonti<br />

Il sorriso di Venere la bellezza attraverso la lettura dei classici ...... p. 65<br />

di Carla Mugnai<br />

Dell’estetica ovvero del corpo in movimento .............................. p. 83<br />

di Alessandra De Mori<br />

Dialogo sul bello in matematica ................................................... p. 99<br />

di Paola Pieralli e Paola Stoppielli<br />

L’estetica tra forma e sostanza ...................................................... p. 127<br />

di Carlo Nocentini


Premessa<br />

L’idea di questo libro è nata lo scorso anno scolastico 2007/2008<br />

quando, durante gli incontri pomeridiani tenutisi nel nostro <strong>Liceo</strong><br />

sul tema Dell’Estetica, si sentì la necessità di “fissare” in uno<br />

scritto quei <strong>contenuti</strong> di riflessione a carattere multidisciplinare,<br />

quasi per impedire che il tempo disperdesse l’entusiasmo profuso<br />

durante la loro preparazione ed esposizione. Un entusiasmo<br />

inizialmente timido forse a causa del timore che la disabitudine<br />

a lavorare insieme, prerogativa spesso peculiare della scuola secondaria<br />

superiore, potesse far naufragare sul nascere tale iniziativa.<br />

Di fatto il desiderio da più parti avvertito e mai apertamente palesato<br />

di costruire un qualcosa dove si imponesse forte un “noi”<br />

piuttosto che tanti “io” isolati, ha avuto il sopravvento.<br />

Differenti approcci, specifiche competenze, multiformi sensibilità<br />

e un libro: Dell’Estetica.<br />

7<br />

Libera Bramante


Introduzione<br />

Non c’è alcun dubbio che la vita umana trovi una <strong>delle</strong> modalità<br />

della propria più significativa espressione e rappresentazione<br />

nelle forme della bellezza.<br />

Si potrebbe dire che, proprio per lo stringente legame tra bellezza<br />

e vita umana, i termini umanità e bellezza siano non solo<br />

genericamente correlati ma addirittura in relazione necessariamente<br />

biunivoca: la bellezza in sé, fuori dalla coscienza umana,<br />

ha infatti poco senso in quanto solo gli esseri umani sono in grado<br />

di esprimerne i tratti siano essi della natura, dei corpi, <strong>delle</strong><br />

anime o degli stessi prodotti umani dell’arte e dell’intelligenza<br />

in tutte le forme.<br />

Segno della bellezza sono i sentimenti di affezione, attrazione e<br />

piacere, dunque tutte espressioni emozionali dal contenuto positivo,<br />

che si determinano nella coscienza in relazione alla qualità<br />

<strong>delle</strong> cose percepite siano esse appunto produzioni della natura o<br />

creazioni umane. Che tali sentimenti si producano in virtù di un<br />

canone di riferimento interiore innato, oppure acquisito per educazione<br />

e/o consuetudine sociale, è motivo di confronto da secoli<br />

tra filosofi; nessuno tuttavia dubita quale sia l’effetto di questi sentimenti:<br />

essi contrassegnano in modo specifico l’esistenza umana.<br />

Circondarsi di bellezza è una <strong>delle</strong> prerogative più caratterizzanti<br />

della natura umana tanto che etnologi ed antropologi hanno sottolineato<br />

come questo tratto comune ad ogni contesto sociale costituisca<br />

un universale della cultura .<br />

E sono proprio l’universalità e la connessa molteplicità dei <strong>contenuti</strong><br />

di esperienza capaci di indurre questi sentimenti positivi<br />

e piacevoli le testimonianze più evidenti della pervasività<br />

dell’esperienza estetica: gli uomini cercano la bellezza ovunque<br />

e cercano altresì di produrne sempre di nuova.<br />

9


Niente di più naturale ed al tempo stesso interessante, allora, per<br />

una comunità di docenti professionalmente dediti ad educare<br />

alla bellezza, (bellezza dell’arte, della letteratura, della poesia,<br />

della scienza, del pensiero, della corporeità,…) che interrogarsi<br />

sull’Estetica. Essi infatti non solo hanno il dovere di approfondire<br />

le proprie conoscenze già esperte di tali forme di bellezza,<br />

ma hanno anche quello di ricercare i modi e le strategie migliori,<br />

magari utilizzando quelle stesse emozioni positive che tali<br />

espressioni inducono, per educare i giovani a riconoscerle, ad<br />

apprezzarle e valorizzarle oltre che, eventualmente, a produrne<br />

di nuove.<br />

10<br />

Nedo Migliorini<br />

Dirigente scolastico<br />

<strong>Liceo</strong> “B. <strong>Varchi</strong>” Montevarchi


La bellezza e il “sé immagine” (*)<br />

Cosa possiamo dire riguardo alla bellezza? Intanto possiamo<br />

fare una parziale mappatura, ovviamente incompleta, del suo<br />

codice genetico e <strong>delle</strong> sue odierne manifestazioni e come punto<br />

di partenza respingere l’illusione che della bellezza “esistano definizioni<br />

preliminari semplici e univoche quasi fossero forme immobili,<br />

monoliti di cristallo perfettamente squadrati e fuori del tempo o canoni<br />

assoluti che si impongono automaticamente e perentoriamente alla percezione<br />

e al gusto”. 1<br />

Si tratta al contrario di nozioni complesse e stratificate nel tempo,<br />

con registri simbolici e culturali non omogenei, riflesso di<br />

analisi e desideri degli uomini.<br />

Prima di addentrarsi nel nucleo del problema è però necessario<br />

fare un piccolo excursus sulla terminologia legata al concetto di<br />

bello perché attraverso l’analisi di essa possiamo comprendere<br />

interessanti sfumature. La ricerca linguistica e terminologica ci<br />

fa inquadrare il termine bello come legato all’interno di sistemi<br />

di valore e pone in risalto la connessione del bello con i concetti<br />

(idee) di eccellenza e perfezione morale. Ma ciò che è più singolare<br />

è che esso ha una natura “quasi ubiqua rinvenibile nelle più distanti<br />

culture”. 2<br />

In latino bellus, diminuitivo di bonus (dweno–los, bonulus) in origine<br />

significava abbastanza buono, ma non eccellente (appena sopra<br />

la media), piccolo e grazioso. In giapponese yoshi ha lo stesso legame<br />

con il buono. Così come in greco kalokàgathos, uomo esemplare<br />

(*) Questa relazione è corredata da immagini contenute nel compact disc allegato al<br />

volume.<br />

1 R. Bodei, Le forme del bello, Il Mulino, Bologna, 1995, pag. 8.<br />

2 Ivi, pag.13.<br />

11<br />

di Libera Bramante


Dell’Estetica<br />

(kàlos, buono; originariamente kalim, attrarre a sè) e (àgatos, buono).<br />

O in cinese l’ideogramma mei (bellezza come un grande agnello)<br />

posto in rapporto con shan (buono).<br />

Bello in latino, pulcher (di origine incerta) riferito a bontà e potenza<br />

divina e umana o aptus, bello in quanto funzionale allo scopo<br />

(da cui l’opera di Agostino De pulchro et apto).<br />

Infine in tedesco (da Hegel ad Heidegger) schön (bello) ha lo<br />

stesso etimo di schein (brillare, splendere, pieno di luce) come nelle<br />

concezioni tardo antiche e medievali dove il bello è associato<br />

all’Aglaia, allo Splendor e alla Caritas.<br />

Questo per quanto riguarda la terminologia.<br />

Ma cosa troviamo se andiamo alla ricerca <strong>delle</strong> tradizioni che<br />

maggiormente hanno segnato la nostra concezione di bellezza?<br />

Troviamo come prima quella che si richiama alle idee di misura<br />

e di ordine, le cui premesse (nella Grecia arcaica) risalgono<br />

a Zeus che, dopo aver vinto le forze <strong>delle</strong> tenebre, imprigiona<br />

dopo un colpo di stato il padre Kronos sull’Erebo e stabilisce le<br />

proprie leggi fondandole sulla nozione di misura. E insieme al<br />

figlio Apollo custodisce queste Metra secondo regole codificate e<br />

trascritte sulle mura esterne del tempio di Delfi con una scritta che<br />

così suonava: “il più giusto è il più bello, osserva il “limite” 3 (concetto<br />

di perfezione nella mentalità arcaica). [D1]<br />

Questi ideali di misura vengono per la prima volta trasposti<br />

dal piano religioso a quello filosofico grazie alla scuola pitagorica<br />

che avvia le prime articolate riflessioni sul bello. Si attribuisce<br />

proprio a Pitagora l’inscrizione di ogni forma di bellezza in un contesto<br />

globale. Nessuna civiltà prima dei Greci era riuscita a codificare<br />

con tanta astrazione le leggi di questo ordine. In tutte le civiltà<br />

gli uomini si sono sempre lasciati attrarre dai fenomeni (legati ai<br />

concetti) di ordine e simmetria, che suscitano sensazioni di sicurezza<br />

ed equilibrio. La percezione è tanto più forte quando questi si<br />

riscontrano in natura (es. contorni della luna che si stagliano nel<br />

cielo stellato; le macchie rosso fuoco sul dorso di un insetto etc.).<br />

Percezione più forte di quella che si prova quando si riflette sulla<br />

simmetria assiale (speculare <strong>delle</strong> due metà del corpo).<br />

Pitagora chiama il mondo Kosmos, termine che in preceden-<br />

3 Ivi, pag. 17.<br />

12


La bellezza e il “sé immagine” di Libera Bramante<br />

za indicava solo l’ornamento o il maquillage <strong>delle</strong> donne, i nostri<br />

odierni oggetti di cosmetica. L’intento di Pitagora era quello di<br />

trasferire anche sulla terra l’ordine (apparentemente minato dal<br />

caos del cielo stellato) che si riscontrava dall’osservazione dei<br />

corpi celesti e dei loro ritmi e cicli. Solo così, secondo Pitagora,<br />

gli uomini avrebbero imparato a distinguere il vero dal falso, il<br />

bello dal brutto, il buono dal cattivo e sarebbero stati in grado di<br />

elaborarlo nelle leggi della politica. Solo così queste leggi sarebbero<br />

state perfette come quelle che regolano i corpi celesti. 4 Per<br />

Pitagora la misura e l’ordine si manifestano nell’armonia sonora<br />

e nella simmetria visibile, concetti che implicano una relazione<br />

o proporzione ordinata di parti dove ordine e proporzione coincidono<br />

con la bellezza. Così la bellezza è concepita come proporzione<br />

e appropriata disposizione <strong>delle</strong> parti. Per i pitagorici<br />

l’armonia sonora e la simmetria visibile, che sono la più esplicita<br />

manifestazione della misura, sono riconvertibili l’una nell’altra<br />

così come il sensibile è traducibile nell’intellegibile e viceversa.<br />

Essi sostengono che non vi è scissione fra i piani di realtà, tra il<br />

piano sensibile e quello intellegibile, ma essi sono “traducibili”<br />

l’uno nell’altro. Inoltre per i Pitagorici le misure del mondo sono<br />

conoscibili perché obbediscono a leggi che si mostrano attraverso<br />

numeri [D2]. Il numero è l’archè, l’origine, l’essenza della realtà<br />

e non è separato dagli enti, non è una astrazione 5 ; ha aderenza<br />

con la realtà perchè non vi è scissione tra i piani di realtà (Platone<br />

opererà questa separazione).<br />

Per Pitagora la “riconvertibilità” dei concetti di armonia sonora<br />

e simmetria visibile, che sono alla base del concetto di misura,<br />

è testimoniata da un racconto. Si narra che Pitagora, udendo dei<br />

colpi di martello sull’incudine, si rese conto che l’armonia dei<br />

suoni prodotti, un accordo secondo la proporzione 3:4:5, non dipendeva<br />

nè dalla forma del martello nè dalla forza, ma dal loro<br />

peso. Questa armonia trovava poi riscontro nella costruzione geometrica<br />

di due triangoli che alla fine di alcune operazioni forniva<br />

tre segmenti la cui rispettiva lunghezza corrispondeva a quel-<br />

4 Cfr. R. Bodei, Le forme del bello, op. cit. pag. 19.<br />

5 Cfr. Aristotele, Metafisica, 987b, in Collana I Grandi Filosofi, opere scelte da<br />

Armando Massarenti, Laterza, Bari, 1999.<br />

13


Dell’Estetica<br />

la <strong>delle</strong> corde “do”, “mi”, “la” a testimonianza della traducibilità<br />

del visibile nell’udibile come del sensibile nell’intellegibile.<br />

Per tale motivo il bello sensibile risultava non divergere da<br />

quello artistico in uno scambio reciproco di forme sensibili e di<br />

forme intellegibili.<br />

L’applicabilità del numero e della misura anche alla simmetria<br />

visibile, oltre che all’armonia sonora, è per i pitagorici testimoniata<br />

nella scultura, nell’ architettura e nella pittura. E l’anello<br />

di congiunzione tra armonia e simmetria è indicato dal ritmo:<br />

regolare ritorno degli stessi elementi o strutture. Nella scultura<br />

la simmetria è resa dai rapporti di misura tra le parti della statua<br />

(es. rapporto tra la testa e il corpo: la testa un decimo rispetto al<br />

corpo). Oppure nelle arti visive con la sezione aurea, divisione di<br />

un segmento in due parti diseguali tali che queste stiano tra loro<br />

in un rapporto corrispondente a quello che l’intero segmento intrattiene<br />

con la prima parte.<br />

Quindi l’armonia, la simmetria e un cosmo retto dal numero<br />

presuppongono la misura, il rapporto di proporzione senza residui,<br />

l’unione di bello, buono, vero.<br />

Così il pensiero di Pitagora svilupperà un’iniziale sinonimia<br />

della trinità vero, bello, buono.<br />

Se il mondo è governato da leggi che si basano su misure calcolabili,<br />

armoniche e simmetriche, che i sensi e l’intelletto sono<br />

capaci di cogliere e reinvertire reciprocamente, esse sono belle,<br />

vere e buone.<br />

Il bello quindi è buono, è giusto, retto dalla giusta misura,<br />

dall’equilibrio e dall’armonia che sono virtù. Per cui se la virtù<br />

coincide con l’adeguarsi alla forma razionale del mondo, il bello è<br />

qualsiasi atteggiamento morale che si ispira alla misura.<br />

La trinità pitagorica comincerà ad incrinarsi solo con Platone,<br />

quando il vero e il buono perderanno la loro “immediata coincidenza<br />

con il bello”. 6<br />

Ma con quale bello? Quello sensibile e quello dell’arte.<br />

Questo perché per Platone, rispetto a Pitagora, c’è scissione<br />

6 R. Bodei, Le forme del bello, op. cit. pag. 30.<br />

14


La bellezza e il “sé immagine” di Libera Bramante<br />

tra sensibile ed intellegibile. Per Platone il mondo intellegibile<br />

o iperuranio o mondo <strong>delle</strong> idee custodisce le essenze vere della<br />

realtà, gli archetipi, i modelli di cui il mondo sensibile è copia. Qui<br />

bisognerà fare una precisazione perchè erroneamente si vede<br />

Platone avversario tout court dell’arte quando, in realtà, il suo è<br />

solo timore della potenza ammaliatrice di essa che tocca la parte<br />

a-razionale dell’anima, allontanando dal vero, dalla ragione.<br />

Platone avversa quindi solo quella potenza dell’arte “istigatrice”<br />

di sentimenti irrazionali che distoglie dal coglimento del vero,<br />

bello e buono intellegibili. Per Platone il sensibile è funzionale<br />

all’intellegibile, la bellezza sensibile a quella intellegibile. L’ordine<br />

cosmico non è altro che una copia dell’intellegibile e la bellezza<br />

rinvia ad un aldilà ultrasensibile, di cui la parte sensibile di<br />

essa ne è solo un riflesso. Quindi la bellezza vera, quella che potrà<br />

ricostituire la trinità vero, bello, buono, rinvia a ciò che si può<br />

cogliere oltre i sensi.<br />

In particolare in due dialoghi, il Convito ed il Fedro, [D3] Platone<br />

definisce i caratteri della bellezza, ne ribadisce il legame con il<br />

buono ed il vero intelligibili, ma anche con l’amore, Eros, che è un<br />

grande demone (ciò che sta tra dio e il mortale), che è amore del<br />

bello, Eros di bellezza, messaggero dagli uomini agli dei. Egli ha<br />

il compito di cogliere la bellezza sensibile e da lì si fa veicolo per<br />

ascendere dalla bellezza dei corpi alla Bellezza in sé.<br />

Nel Convito, Socrate, invitato a cena da Agatone ed esortato a<br />

parlare di questioni riguardanti l’amore riferisce il dialogo avuto<br />

con Diotima di Mantinea, portatrice di arte divinatoria, esperta<br />

in cose d’amore, e così dice:<br />

[…] “E quando alcuno […] sollevandosi dalle cose di quaggiù, prenda<br />

a contemplare quella bellezza, allora può dirsi che abbia quasi toccato<br />

la meta.<br />

Perché questo appunto è sulla via d’amore procedere o essere guidato<br />

dirittamente da un altro: muovendo dalle belle persone di quaggiù<br />

ascendere via via sempre più in alto, attratto dalla bellezza di lassù,<br />

quasi montandovi per una scala, da un bel corpo a due, e da due a tutti i<br />

bei corpi, e da’ bei corpi alle belle istituzioni e dalle istituzioni alle belle<br />

scienze per finire dalle scienze a quella scienza che non è scienza d’altro<br />

se non in quella bellezza; e pervenuto al termine, conosca quel che è il<br />

bello in sé.<br />

15


Dell’Estetica<br />

Questo, mio caro Socrate, se altro mai, diceva l’ospite di Mantinea, è<br />

il momento della vita degno per un uomo d’esser vissuto, allorché egli<br />

può contemplare la bellezza in sé. Ed essa, ove mai tu la veda, non ti<br />

parrà comparabile né con oro né con vesti né con quei bei fanciulli e<br />

giovanetti, al cospetto dei quali rimani ora sgomento e sei pronto, e tu e<br />

molti altri, guardando codesti vostri amati e standovi con loro, se fosse<br />

possibile, sempre, a non mangiare né bere, ma soltanto a contemplarveli<br />

e starci insieme.<br />

E che sarebbe, diceva, se a qualcuno riuscisse di vedere il bello in sé,<br />

schietto, puro, sincero, non infarcito di carni umane e di colori e di<br />

tante altre vanità mortali, ma potesse scorgere la divina bellezza in sé<br />

medesima, uniforme ?[…]<br />

O non pensi, disse, che quivi soltanto, a lui che vede la bellezza con<br />

quello per cui essa è visibile, verrà fatto di partorire, non immagini di<br />

virtù, perché non è in contatto con immagini, ma virtù vera, perché in<br />

contatto col vero; e che, avendo generato e nutrito virtù vera a lui solo è<br />

concesso di divenir caro agli dei, ed anche, se altri mai fu tale al mondo,<br />

immortale ?” 7<br />

Quindi Platone non disdegna la bellezza sensibile. Nel Convito<br />

si parla di amore per la bellezza di un corpo e poi di altri corpi e<br />

così per via ascensiva si arriva all’essenza suprema della bellezza.<br />

La bellezza rende immortali nel corpo (propagazione della<br />

specie) e nell’anima. Quindi egli non solo non disdegna la bellezza<br />

sensibile, ma le affida la responsabilità di condurre l’uomo in<br />

ascesa dal sensibile all’intellegibile. 8<br />

E infatti nel Fedro dice:<br />

[…] “Quanto alla bellezza, essa, come s’è detto, sfolgorava allora nella sua<br />

essenza tra quegli spettacoli; e noi, venuti quaggiù, l’abbiamo senz’altro<br />

riconosciuta alla sua luminosità mediante il più luminoso dei nostri sensi.<br />

La vista è infatti il più acuto dei nostri sensi corporei, ma con essa non<br />

si vede la sapienza – che desterebbe in noi ardentissimi amori, se la sua<br />

7 Platone, Convito, XXIX, 210/211 - 211/212, in PLATONE, Tutte le opere, Sansoni<br />

Editore, Milano, 1993.<br />

8 Cfr. F. Rella, Il mostruoso dentro di noi, in La Repubblica del 12 Giugno 2007; S.<br />

Givone, La bellezza? La bellezza non deve essere perchè è falsa, in SWIF, L’Unità 16<br />

Gennaio 2002, (http://swif.uniba.it/lei/rassegna020116c.htm); T. Mann, La morte<br />

a Venezia, introduzione di Cesare Cases, traduzione di Bruno Maffi, Milano:<br />

Rizzoli, 1987.<br />

16


La bellezza e il “sé immagine” di Libera Bramante<br />

immagine si offrisse altrettanto chiara al nostro occhio – come del resto<br />

non si vedono le altre amabili essenze.<br />

Ora invece alla sola bellezza toccò questo privilegio d’essere la più evidente<br />

e la più amabile […]” 9<br />

Quindi in Platone il concetto di bellezza ha un duplice significato:<br />

da un lato è Eros che genera l’immortalità nella bellezza,<br />

dall’altro è coglimento di verità e di bene.<br />

Ma se Eros genera l’eterno nella bellezza allora la bellezza sarà<br />

l’origine dell’eternità e dell’immortalità. La bellezza come origine.<br />

Queste considerazioni passeranno poi attraverso la concezione<br />

plotiniana della bellezza come sgorgante dal nulla, [D4] un nulla<br />

inteso come libero sgorgare dall’Uno, un nulla alto e non basso<br />

che è nel cuore dell’essere e lo fonda. Quindi l’essere non sarà<br />

che libertà e la bellezza manifestazione dell’essere come libertà.<br />

Nel corso dei secoli la riflessione e gli interrogativi sul concetto<br />

di bellezza oscilleranno tra il bello inteso come libertà creatrice e<br />

il bello come fondamento di verità e bene.<br />

Ma già a partire da Plotino, come abbiamo visto, la bellezza<br />

sottratta dal suo fondamento (in quanto intesa come libero sgorgare<br />

dall’Uno, quindi come libertà) si sottrarrà a se stessa e si<br />

farà sfuggente ed inafferrabile. E così per secoli, fino ad arrivare<br />

a pensare che la bellezza non ha più a che fare con la bellezza, ma<br />

con altro. Il suo altro che ne porta alla luce la verità, negandola.<br />

La bellezza ha a che fare con il nulla. E come sostiene Sergio Givone:<br />

“con ciò il cerchio sembra chiudersi”. 10<br />

Da qui una domanda che ci riguarda da vicino. [D5]<br />

È ancora cosa, è ancora ideale per noi la bellezza? “O non è<br />

che un guscio vuoto, un simulacro, un’idea svuotata di senso?” 11<br />

Viviamo in un mondo che è paradosso di bellezza, che la insegue<br />

forsennatamente, ma che non sa più cosa essa sia.<br />

9 Platone, Fedro, XXXI, 250/251, in PLATONE, Tutte le opere, Sansoni Editore, Milano,<br />

1993.<br />

10 S. Givone, Prima lezione di estetica, Laterza, Bari, 2006, pag. 49.<br />

11 Ibidem.<br />

17


Dell’Estetica<br />

Solo ciò che è bello sembra degno di esistere, ma il risultato poi<br />

è il trionfo di quella parodia del bello che è cosmesi a tutti i costi.<br />

Il paradigma estetico viene così esteso pervasivamente ai più<br />

diversi ambiti dell’esperienza, secondo quel fenomeno che Mario<br />

Perniola 12 definisce dimensione estetizzante <strong>delle</strong> masse. Difatti<br />

a prima vista la bellezza pare ancora una volta, come già Platone<br />

ci aveva fatto notare, il concetto più adatto a gettare un ponte,<br />

ma questa volta, tra l’atmosfera cosmetico-massmediale pubblicitaria<br />

e la tradizione culturale. Quindi la bellezza è più popolare,<br />

più connessa con il sentire <strong>delle</strong> masse che non i concetti di<br />

verità / virtù / bontà. Intanto oggi, sulla base di accreditati dati<br />

statistici, sembrerebbe che pochi si curano della coerenza dei loro<br />

pensieri o della purezza <strong>delle</strong> proprie azioni, ma moltissimi si<br />

interrogano sull’avvenenza del volto o del corpo, affollando maniacalmente<br />

palestre, centri estetici, intraprendendo diete drastiche<br />

e comprando cosmetici che promettono miracoli. In tutto<br />

questo contesto pervasivamente estetizzante non c’è più posto per<br />

la tradizione culturale, per la plurimillenaria riflessione filosofica<br />

intorno alla nozione di bellezza. Le moltitudini estetizzanti<br />

ritengono di non avere più nulla da imparare dalla tradizione<br />

culturale intorno al concetto di bellezza. Questo divario, sempre<br />

più marcato tra la nozione di bellezza e le moltitudini estetizzanti,<br />

non è così immediato e passa attraverso una patologia sociale<br />

chiamata narcisismo. Il termine è mutuato dalla tradizione mitologico<br />

letteraria. 13 [D6]<br />

Narciso è una figura mitologica greca, figlio di Cefiso, divinità<br />

fluviale e della ninfa Liriope. Secondo il mito narrato da Ovidio,<br />

Narciso era un bellissimo giovane di cui tutti, sia uomini<br />

che donne, si innamoravano alla follia. Tra gli spasimanti anche<br />

la ninfa Eco, condannata da Era a ripetere le ultime parole che<br />

le venivano rivolte, poiché le sue chiacchiere distraevano la dea<br />

impedendole di scoprire gli amori furtivi di Zeus. Incapace di di-<br />

12 Cfr. M. Perniola, Che fine ha fatto la bellezza, in Diario di Repubblica, 12 Giugno<br />

2007; M. Perniola, La battaglia per la bellezza, in SWIF, L’Unità, 15 Settembre 2002<br />

(http://lgxserver.uniba.it/lei/rassegna/020915d.htm).<br />

13 Ovidio, Metamorfosi, trad. L. Koch, a cura di A. Barchesi/G. Rosati, Mondadori,<br />

Milano, 2007.<br />

18


La bellezza e il “sé immagine” di Libera Bramante<br />

chiarare il suo amore, Eco fu respinta brutalmente dal bel giovane,<br />

trascorrendo, consumata dall’amore, il resto della sua vita in valli<br />

solitarie e destinata a rimanere solo un’eco lontana.<br />

Gli dei adirati allora decisero di punire Narciso facendolo innamorare<br />

della sua immagine. Così Narciso, avvicinandosi ad<br />

una fonte chiara, non appena vide riflessa la sua immagine se ne<br />

innamorò perdutamente. Quell’amore, che gli veniva al tempo<br />

stesso concesso e negato, cominciò a struggerlo di dolore e insieme<br />

a farlo godere del suo tormento fino a quando il povero<br />

giovane non morì di languori e il suo bel corpo si trasformò in un<br />

narciso, il fiore che cresce ai bordi <strong>delle</strong> fonti.<br />

Da qui il narcisismo, come malattia psichica, che ha per l’affettività<br />

contemporanea 14 un’importanza paragonabile a quella<br />

dell’isteria e della nevrosi al tempo di Freud.<br />

Il termine narcisismo, usato per la prima volta in psicanalisi<br />

da Ellis, poi ripreso da un discepolo di Freud (J. Singer) e nel<br />

1914 da Freud 15 stesso, comunemente sta ad indicare uno stato<br />

psichico in cui il soggetto preoccupato solo di sè stesso, esclude<br />

tutti gli altri.<br />

Come sostiene Freud, il narcisista è un soggetto la cui libido si<br />

ritira su sè stessa, tant’è che si parla di ritiro narcisistico inteso<br />

come un ritrarsi su sé stessi: come direbbe A. Lowen “un soggetto<br />

in grado di agire quasi completamente in assenza di sentimenti”. 16<br />

“Egli stesso diventa il proprio mondo e crede di essere lui il mondo<br />

intero” 17 (Theodore Rubin).<br />

Freud nel 1914 in Introduzione al narcisismo individua due tipi<br />

di narcisismo: un narcisismo primario che non è una perversione,<br />

bensì il completamento libidico dell’egoismo, della pulsione di<br />

auto-conservazione, una componente che appartiene legittimamente<br />

ad ogni essere vivente, da intendersi come normale fase<br />

evolutiva nella formazione della personalità, istinto di sopravvi-<br />

14 Cfr. M. Perniola, La battaglia per la bellezza, art.cit. (http://lgxserver.uniba.it/lei/<br />

rassegna/020915d.htm).<br />

15 S. Freud, Introduzione al narcisismo, in Freud Opere, Boringhieri, Torino, 1975, pp.<br />

441-472.<br />

16 A. Lowen, Il narcisismo. L’identità rinnegata, Feltrinelli, Milano, 1985, pag.35.<br />

17 T. Rubin, Goodbye to death and celebration of life, Vol. II, Event, 1981, p. 64.<br />

19


Dell’Estetica<br />

venza ed auto-tutela; e un narcisismo secondario. Quest’ultimo è<br />

un nuovo ritirarsi narcisistico, un nuovo ritrarsi sull’Io (dagli oggetti)<br />

riproducendo quella onnipotenza infantile negata dall’incalzante<br />

maturità o dovuta all’influenza di quegli aspetti involutivi<br />

e nevrotici della società, che si esprimono attraverso la ricerca<br />

del piacere ad ogni costo, con eccessi di consumismo di cibo e/o<br />

di generi vari alternati ad atteggiamenti anoressici e ricerca, nei<br />

casi più gravi, di bellezza e felicità originaria attraverso paradisi<br />

artificiali.<br />

Oltre a questo può esserci un narcisismo secondario più sano,<br />

inteso come autodifesa, causato da traumi emotivi, esperienze<br />

negative (esempio: un ritiro in sé stesse da parte di donne che<br />

hanno subito esperienze negative con uomini cattivi e incapaci<br />

di amare).<br />

Se consideriamo il quadro socio-culturale in cui viviamo oggi,<br />

possiamo affermare che il narcisismo secondario, che già nel 1914<br />

fu oggetto di studio da parte di Freud, sia un tratto caratteristico<br />

della nostra epoca.<br />

L’amplificazione iperbolica dell’immagine dell’io a detrimento<br />

della sua realtà conduce così ad un totale appiattimento sui modelli<br />

proposti dalla pubblicità, dalla televisione e dalla moda, che<br />

ha assunto nel corso degli ultimi tempi l’aspetto di una catastrofe<br />

culturale, politica e sociale in cui sono coinvolte l’arte e la scienza<br />

non meno della filosofia e della religione. Tant’è che già nel 1980<br />

la personalità narcisistica acquistò una tale importanza sulla scena<br />

psichiatrica da essere inclusa nel DSM-III dall’Associazione<br />

psichiatrica americana. 18<br />

Ciò anche a causa degli sviluppi avvenuti sia in campo sociale,<br />

con la pubblicazione del libro di Christopher Lasch La cultura del<br />

narcisismo (1978) 19 in cui si indagano le cause sociali che hanno<br />

stravolto le categorie esistenziali dell’uomo facendolo ripiegare<br />

su sé stesso, sia in ambito psicoanalitico grazie alle teorie di un<br />

18 DSM-III-R, Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali. Ed. Masson, Milano,<br />

1981.<br />

19 C. Lasch, La cultura del narcisismo, Bompiani, Milano, 1978.<br />

20


La bellezza e il “sé immagine” di Libera Bramante<br />

autorevole analista di Chicago, H. Kohut, 20 che ha stimolato l’interesse<br />

intorno alla personalità narcisistica ispirando un grosso<br />

movimento interno alla psicoanalisi definito “Psicologia del sé”.<br />

La crisi dei valori, l’esibizionismo, la smania di costruirsi<br />

un’immagine vincente agli occhi del mondo sono tutti fattori che<br />

hanno certamente contribuito allo sviluppo incalzante <strong>delle</strong> personalità<br />

narcisistiche.<br />

Dal punto di vista più propriamente sociologico, C. Lasch nel<br />

libro La cultura del narcisismo sostiene che Narciso è l’immagine<br />

simbolo del nostro tempo, dell’io incapace di aprirsi al riconoscimento<br />

dell’altro. Un io auto-proclamatosi ombelico del mondo,<br />

origine e fine di ogni cosa. A suo avviso la nostra epoca vive un<br />

individualismo narcisistico, ansioso ed inquieto, ripiegato su se<br />

stesso, mosso dal desiderio di possesso e benessere senza limiti.<br />

Mentalità proposta e imposta dai nuovi soggetti di potere che<br />

impediscono la formazione di sane personalità, di sani Io nella<br />

collettività. Qui i soggetti sociali finiscono diritti nelle bocche<br />

del cannone del consumismo. Senza un io correttamente formato<br />

l’uomo è condotto alla ricerca di soddisfazioni effimere 21 , di una<br />

bellezza/apparenza vuota che è il nulla.<br />

Un nulla che sta in basso, che è simulazione, e che non è quello<br />

alto di Plotino.<br />

Certamente è l’eccessiva importanza legata all’immagine,<br />

all’immagine bella, un indizio inequivocabile della tendenza al<br />

narcisismo. I narcisisti dimostrano, è vero, una mancanza di interesse<br />

per gli altri, ma sono allo stesso modo indifferenti ai propri<br />

più veri bisogni. Spesso il loro comportamento è autodistruttivo.<br />

Inoltre, quando parliamo dell’amore dei narcisisti per se stessi,<br />

dobbiamo operare una distinzione. Il narcisista denota un investimento<br />

nell’immagine invece che nel sé. I narcisisti amano la<br />

propria immagine, non il loro sé reale. Amano il loro sé immagine.<br />

Hanno un senso di sé debole e non è in base ad esso che orientano<br />

le loro emozioni. Ciò che fanno è piuttosto diretto ad in-<br />

20 H. Kohut, Narcisismo e analisi del sè, Boringhieri, Torino, 1971; H. Kohut, La<br />

guarigione del sé, Boringhieri, Torino, 1977; vedi anche H. Rosenfeld, Comunicazione<br />

e interpretazione, Boringhieri, Torino, 1989, pp. 54-55.<br />

21 Vedi S. Givone, Prima lezione di estetica, op. cit. pag. 51.<br />

21


Dell’Estetica<br />

crementare l’immagine, spesso a discapito del sé. L’ammirazione<br />

che il narcisista riceve gonfia solo il suo io e non fa nulla per il se.<br />

Alla fine il narcisista respingerà gli ammiratori allo stesso modo<br />

in cui ha respinto il proprio sé autentico.<br />

Il ritirarsi su di sé è non amore di sé, è incapacità di amare. Si cura<br />

la propria immagine bella (come Narciso), ma non ci si ama. Si<br />

insegue l’eterna giovinezza, si uccide a poco a poco il proprio<br />

sé (come Dorian Gray 22 [D7]) inseguendo una bellezza ideale e<br />

non reale, sotto i ferri del chirurgo plastico o smettendo di cibarsi<br />

in un alterato rapporto dialettico con il cibo, fino a rendere<br />

la propria immagine una rappresentazione spettrale/fantastica<br />

nell’agonia anoressica. [D8]<br />

In questo contesto in cui l’estetica, la bellezza, sembra reggersi<br />

solo sul culto dell’immagine narcisisticamente intesa, in cui<br />

si è smarrito il nesso bellezza/realtà, bellezza/verità a favore<br />

dell’apparenza e del non amore di sé, c’è ancora posto per la<br />

bellezza che è eros, amore di bellezza e quindi amore di verità?<br />

Amore che, veicolato dalla bellezza e veicolante la stessa, passa<br />

prima attraverso i corpi, i corpi belli, per poi valorizzare la vera<br />

essenza dell’uomo. Corpi belli che non sono (non devono essere)<br />

immagine, ma che sono sé reale, sono sana autocreatività, autopoiesi<br />

23 e non simulazione e massificazione su modelli proposti dai<br />

media e dal marketing. In tal senso per non lasciarsi sopraffare<br />

dal nulla <strong>delle</strong> apparenze, si può rivolgere lo sguardo a quello<br />

stesso narcisismo dai risvolti naturali, positivi, “sani” come direbbe<br />

Kohut. Narcisismo che può essere indirizzato in positivo e<br />

curato, ossia coltivato, e che può diventare un’arma di difesa nei<br />

confronti di un mondo pervasivamente estetizzante e legato al<br />

culto dell’immagine tout-court.<br />

Il narcisismo come amore e cura di se stessi può costituire un<br />

aspetto certamente ambivalente, ma non necessariamente e sempre<br />

negativo della società contemporanea. Ciò se si presta un oc-<br />

22 Oscar Wilde, Il ritratto di Dorian Gray, collana Universale Economica «I Classici»,<br />

traduzione di Benedetta Bini, Feltrinelli, 1991.<br />

23 Vedi H. R. Maturana, F. J. Varela, Autopoiesi e cognizione. La realizzazione del vivente,<br />

Marsilio, Padova, 2001, pag. 39; N. Luhmann, Sistemi sociali fondamentali di una<br />

teoria generale, trad. it. Il Mulino, Bologna, 1990, pag. 415.<br />

22


La bellezza e il “sé immagine” di Libera Bramante<br />

chio più attento e volto a filtrare quegli aspetti involutivi della<br />

nostra epoca dove bellezza sembrerebbe essere solo immagine.<br />

All’istinto di Narciso sono infatti collegate l’ambizione personale,<br />

la volontà di migliorarsi rispetto al passato, di auto-affermarsi,<br />

la difesa dei propri interessi. 24 Secondo Freud esso costituisce<br />

una spinta originariamente erotica di perfezionamento, ossia di<br />

perfezionamento della pulsione libidica. Unito ad altre caratteristiche<br />

della personalità, il narcisismo può avere importanti<br />

valenze sociali a patto che siano tutelate certe condizioni quali<br />

l’indipendenza individuale, la libertà di scelta e l’identificazione<br />

dell’individuo con scopi socialmente compatibili.<br />

Tali caratteristiche pare siano tipiche nella fase adolescenziale<br />

[D9] in cui l’io dei giovani, affrancatosi dai limiti posti dall’infanzia,<br />

raggiunge un livello di massima autodeterminazione creativa,<br />

di massima creatività autonoma o anche detta autopoiesi.<br />

Tale creatività che è anche individualità e che è naturalmente<br />

narcisistica si manifesta con:<br />

- amore e rispetto verso se stessi, dimostrato non solo nell’autoconservazione<br />

e nell’autotutela, ma anche nella coltivazione<br />

sana della propria persona sia dal punto di vista formale ed<br />

estetico, che dal punto di vista intellettuale;<br />

- amore per l’ambiente, naturale ed umano, coltivato dal punto<br />

di vista estetico e sociale, nel quale al giovane piace “riconoscersi”<br />

e stare a proprio agio.<br />

Questo tipo di amore e di carica di autodeterminazione creativa,<br />

di tutela della propria individualità e libertà auto-creativa deve<br />

fare i conti con le restrizioni e i vincoli sociali che l’adolescente<br />

vive e che l’entrata nella vita adulta con le sue responsabilità<br />

metterebbe a rischio.<br />

È questa la ragione per cui l’eterna giovinezza costituisce un<br />

mito e un’utopia che accomuna la società contemporanea a quella<br />

passata e la perdita di giovinezza un rimpianto altrettanto universale,<br />

perchè si perde l’autonomia individuale creativa.<br />

24 Cfr. S. Freud, Introduzione al narcisismo, op. cit. pag.46.<br />

23


Dell’Estetica<br />

Pertanto, come insegna la sociologia, è possibile sfruttare l’impulso<br />

alla creatività autopoietica ai vari stadi del ciclo di vita, per<br />

socializzare, educare e produrre, e sublimarlo a scopi, non solo<br />

individuali di chiusura e ripiegamento su se stessi, ma anche sociali,<br />

senza privare l’individuo di un senso di soddisfazione e<br />

felicità.<br />

E chissà che indirizzando e coltivando un naturale narcisismo<br />

primario non vi sia ancora spazio per una bellezza del sé reale e<br />

non più del sé immagine, dove l’ideale bellezza/verità/bontà,<br />

forse anacronistico ma nostalgico, lasci intravedere spiragli di<br />

ottimismo. E allora, la bellezza salverà il mondo? 25<br />

25 Cfr. F. Dostoevskij, L’idiota, Einaudi, Torino, 1994.<br />

24


Riferimenti bibliografici<br />

La bellezza e il “sé immagine” di Libera Bramante<br />

• Aristotele, Metafisica, in Collana I Grandi Filosofi, opere scelte<br />

da Armando Massarenti, Laterza, Bari, 1999.<br />

• R. Bodei, Le forme del bello, Il Mulino, Bologna, 1995.<br />

• F. Dostoevskij, L’idiota, Einaudi, Torino, 1994.<br />

• DSM-III-R, Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali.<br />

Ed. Masson, Milano, 1981.<br />

• S. Freud, Introduzione al narcisismo, in Freud Opere, Boringhieri,<br />

Torino, 1975.<br />

• S. Givone, Prima lezione di estetica, Laterza, Bari, 2006.<br />

• H. Kohut, La guarigione del sé, Boringhieri, Torino, 1977.<br />

• H. Kohut, Narcisismo e analisi del sè, Boringhieri, Torino, 1971.<br />

• C. Lasch, La cultura del narcisismo, Bompiani, Milano, 2001.<br />

• A. Lowen, Il narcisismo. L’identità rinnegata, Feltrinelli, Milano,<br />

1985.<br />

• N. Luhmann, Sistemi sociali fondamentali di una teoria generale,<br />

trad. it. Il Mulino, Bologna, 1990.<br />

• T. Mann, La morte a Venezia, introduzione di Cesare Cases, traduzione<br />

di Bruno Maffi, Milano, Rizzoli, 1987.<br />

• H. R. Maturana, F. J. Varela, Autopoiesi e cognizione. La realizzazione<br />

del vivente, Marsilio, Padova, 2001.<br />

• Ovidio, Metamorfosi, trad. L. Koch, a cura di A. Barchesi/G.<br />

Rosati, Mondadori, Milano, 2007.<br />

• Platone, Convito, in PLATONE. Tutte le opere, Sansoni Editore,<br />

Milano, 1993.<br />

• Platone, Fedro, in PLATONE. Tutte le opere, Sansoni Editore,<br />

Milano, 1993.<br />

• H. Rosenfeld, Comunicazione e interpretazione, Boringhieri,<br />

Torino, 1989.<br />

• T. Rubin, Goodbye to death and celebration of life, Event, Vol.<br />

II., 1981.<br />

• Oscar Wilde, Il ritratto di Dorian Gray, collana Universale<br />

Economica «I Classici», traduzione di Benedetta Bini, Feltrinelli,<br />

1991.<br />

25


Il bello artistico tra epoche e stili (*)<br />

Introduzione<br />

Il concetto di estetica nell’arte inteso come ricerca del bello,<br />

ossia forme armoniose giuste proporzioni ecc., è variato notevolmente<br />

nei secoli e nelle epoche, mutando in funzione dei parametri<br />

storici, sociali, stilistici e culturali.<br />

Ciò che era considerato bello dagli artisti medioevali, non lo<br />

era più per gli artisti del Rinascimento che definivano l’arte gotica<br />

“barbara”. Ciò che era bello per gli artisti barocchi dei secc.<br />

XVII e XVIII non lo fu più per i neoclassici nell’Ottocento che<br />

condannarono gli eccessi e gli abusi dell’arte barocca e roccocò e<br />

definirono quel periodo artistico un periodo di “disordine”.<br />

Ciò si spiega con il fatto che gli artisti hanno interpretato il concetto<br />

di estetica nel loro particolare momento storico e secondo<br />

precisi parametri figli di ispirazioni e aspirazioni stilistiche sociali,<br />

economiche, artistiche e culturali in genere.<br />

Kalòs kai agathòs<br />

Nel mondo greco il concetto di bello coincide con quello di<br />

buono, ossia giusto, eroico, onesto.<br />

Kalòs Kai agathòs ossia “quel che è bello è buono”.<br />

Nell’arte greca la bellezza esteriore è frutto di precisi rapporti<br />

proporzionali tra le parti, equilibrio nei gesti, ponderazione <strong>delle</strong><br />

parti, compostezza nel mondo che circonda l’uomo, pacatezza<br />

nella gestualità.<br />

27<br />

di Giuseppe Pristerà<br />

(*) Questa relazione è corredata da immagini contenute nel compact disc allegato al<br />

volume.


Dell’Estetica<br />

Il mondo rappresentato dagli artisti greci era un mondo interiore<br />

senza tensioni, concetto incarnato in modo esemplare dal<br />

Dorifiro di Policleto. L’ideale policleteo rimane inalterato per tutto<br />

il classicismo e l’artista greco ricerca la bellezza quasi esclusivamente<br />

nel corpo maschile. Si tratta di corpi nudi e atletici in<br />

quanto rappresentano spessissimo atleti.<br />

Si sa infatti che l’atleta, per tutta la durata <strong>delle</strong> manifestazioni<br />

olimpiche dell’antichità, era considerato un vero eroe che godeva<br />

di un trattamento sociale privilegiato (per esempio le sue imprese<br />

gli assicuravano un vitalizio, i posti migliori a teatro e ogni<br />

sorta di riguardo).<br />

Si capirà bene che allora un individuo così amato dal mondo<br />

che lo aveva prodotto, non poteva che diventare un modello, lui<br />

e la condizione che lo caratterizzava: nudità e prestanza fisica veniva<br />

così immortalata da artisti sommi come per esempio Mirone<br />

nel Discobolo.<br />

Per i greci l’atleta nudo era simbolo di perfezione e permetteva<br />

di ammirare le proporzioni e la bellezza del corpo umano, ma<br />

maschile.<br />

Con Prassitele inizia il concetto di bellezza femminile.Nasce<br />

così l’esempio di bellezza femminile ideale coniata con Afrodite al<br />

bagno, primo esempio di una dea rappresentata nuda, a cui faranno<br />

riferimento gli artisti successivi, primo fra tutti l’artista della<br />

Venere di Milo, fino agli artisti del Rinascimento che riprodurranno<br />

tale modello di bellezza femminile quali Botticelli e Raffaello.<br />

Nell’Afrodite al languore sentimentale si unisce la flessuosità del<br />

corpo, un corpo femminile dalle forme tornite.<br />

Il concetto di bellezza subisce <strong>delle</strong> variazioni già presso i<br />

romani. Pur rimanendo legato a quello greco, mostra però apporti<br />

di maggiore naturalismo e realismo essendo legato a<br />

una visione più concreta dell’arte. Si sa infatti che per i romani<br />

l’arte viene concepita come documento non come filosofia.<br />

Lo dimostrano le matrone romane, denudate a mo’ di Veneri, o<br />

gli imperatori con le teste fisionomiche su corpi che non sono<br />

loro poiché si rifacevano ai modelli greci della perfezione. È un<br />

realismo quello degli artisti romani che deriva anche dalle civiltà<br />

italiche.<br />

Inoltre i romani contestavano l’esibizione del proprio corpo<br />

28


Il bello artistico tra epoche e stili di Giuseppe Pristerà<br />

se pur per motivi sportivi. Questo senso di pudicizia però non<br />

era poi così genuino. I romani deploravano i greci che correvano<br />

nudi nell’agone olimpico ma poi la notte a teatro chiedevano<br />

il denudamento <strong>delle</strong> mime (ballerine) che avveniva alla fine di<br />

alcuni spettacoli.<br />

Il corpo tempio dell’anima<br />

Con la spiritualizzazione paleocristiana si perde il senso del<br />

corporeo. Scompare il nudo nell’arte come veicolo di sollecitazione<br />

corporea.<br />

L’uomo è simbolo di creazione divina tendente al ricongiungimento<br />

col suo Fattore. Quindi nell’arte scompare la corporeità,<br />

infatti le Vergini di Sant’Apollinare Nuovo sono interamente ricoperte<br />

da abiti preziosi e appaiono come figure prive di peso, quasi<br />

incorporee.<br />

Nell’arte medioevale il nudo si lega al peccato, quel peccato<br />

che portò all’allontanamento dell’uomo da Dio e alla presa di coscienza<br />

della pochezza della condizione umana.<br />

Nell’Inferno del Mosaico del Battistero di Firenze, eseguito su disegni<br />

di Coppo di Marcovaldo, il nudo è un nudo deformato perchè<br />

è fonte di peccato. I corpi sono fortemente plastici ma anche<br />

scheletrici, a tratti mostruosi quindi inquietanti.<br />

La Grecia classica rivista dai rinascimentali<br />

Nella stagione rinascimentale c’è un recupero della bellezza<br />

classica anche se con un diverso approccio e diversi risultati stilistici<br />

da parte degli artisti del Quattrocento e del Cinquecento.<br />

Nel primo rinascimento c’è una ricerca dell’equilibrio e della<br />

compostezza, dell’armonia e della perfezione che si rifà a quella<br />

raggiunta dagli artisti della Grecia classica.<br />

Ciò accade nelle opere di Piero della Francesca, di Antonello da<br />

Messina in pittura, vedi ad esempio il Battesimo di Cristo di Piero<br />

o il San Sebastiano di Dresda di Antonello Da Messina, dipinti costruiti<br />

secondo il rigore della prospettiva e nei quali i corpi, quasi<br />

dei solidi geometrici, sono caratterizzati da un senso profondo<br />

dell’equilibrio.<br />

29


Dell’Estetica<br />

In scultura mirabile esempio di nudo di ispirazione antica è<br />

il David Bronzeo di Donatello in cui lo scultore si rifà al modello<br />

prassitelico.<br />

Nel solco di quest’indirizzo culturale e programmatico che<br />

vuole far rivivere Atene sulle sponde del Tevere o su quelle<br />

dell’Arno, si pone anche il genio di Michelangelo.<br />

Intenzionato a rivaleggiare con gli antichi, come dimostra fin<br />

dagli esordi con la realizzazione di quel capolavoro che è il Bacco<br />

del Bargello, il Buonarroti si ispirò per questo soggetto direttamente<br />

alla statuaria classica, infatti la statua risulta molto simile<br />

all’Antinoo come Bacco del Museo Nazionale di Napoli.<br />

Chiaramente il maestro riproduce qui la “ponderatio” classica<br />

del Doriforo di Policleto ammorbidendola però con una fisicità<br />

molle e ambigua che pare l’immagine stessa dell’ebbrezza.<br />

Michelangelo insomma non reinventa l’antico, non lo copia,<br />

così come del resto faranno più tardi Canova, David e tutti quelli<br />

che aggiungono del loro alla tradizione.<br />

Colpisce la rappresentazione del corpo femminile in Michelangelo,<br />

come chiaramente dimostra il Tondo Doni.<br />

La donna michelangiolesca appare sempre possente, muscolosa<br />

in quanto l’artista trasferisce la bellezza maschile nella figura<br />

femminile e ciò perchè per Michelangelo uomo e donna sono<br />

frutto di una stessa matrice.<br />

Il desiderio e la capacità di stupire<br />

La Venere di Botticelli è l’incarnazione magistrale dell’ideale<br />

della bellezza femminile del Rinascimento.<br />

È la Venere di Prassitele rivista in chiave neoplatonica. Venere è<br />

una visione ultraterrena, è l’ideale di bellezza neoplatonica, cioè<br />

quella bellezza che avvicina l’uomo a Dio ossia alla perfezione.<br />

La dea dell’amore, infatti, era nata dalla spuma del mare sollevata<br />

dalla caduta del fallo di Saturno evirato da Giove.<br />

Venere di Botticelli rappresenta la bellezza ideale secondo il<br />

concetto platonico: bellezza classica a cui corrisponde purezza<br />

dell’anima quindi bellezza la cui contemplazione nobilita l’animo<br />

umano. È una bellezza da contemplare, non da “toccare”.<br />

In questo modo, di conseguenza, non c’è carnalità, non c’è ero-<br />

30


Il bello artistico tra epoche e stili di Giuseppe Pristerà<br />

tismo. Inoltre è una figura realizzata non per massa e volume<br />

ma per linee, perché deve esprimere purezza ma anche vaghezza<br />

di quell’età che non tornerà più (di doman non v’è certezza). È il<br />

sentire la caducità <strong>delle</strong> cose terrene. È una visione dolce-amara<br />

dell’esistenza, tipica di tutta l’epoca di Lorenzo il Magnifico.<br />

In Leonardo l’uomo e la donna vivono in armonia con la natura,<br />

non c’è l’angoscia della morte perché dalla morte c’è la rinascita,<br />

lo dimostra perfettamente La Gioconda, il cui sorriso è<br />

quello di chi è in perfetta armonia con la natura.<br />

Il modello di bellezza muta visibilmente con Tiziano, nelle cui<br />

immagini femminili c’è la passione, il risveglio dei sensi, c’è la<br />

quotidianità.<br />

La Venere di Urbino, dono di nozze, rappresenta una Venere che<br />

risponde al gusto dell’epoca: bella, carnale, sensuale ma non appariscente,<br />

così come si conviene a una moglie devota. Infatti nel<br />

quadro è presente il cagnolino, simbolo di fedeltà e il mazzolino<br />

di rose che rimanda ai piaceri e alle pene d’amore (non c’è rosa<br />

senza spine…).<br />

La poetica del Barocco<br />

Nel sec. XVII, con l’arte barocca, si assiste alla nascita di una<br />

nuova poetica e di una nuova estetica con forti componenti scenografiche<br />

e di spettacolarizzazione.<br />

Sia in pittura che in scultura la figura umana, sia maschile che<br />

femminile, è spesso nuda, che si tratti di soggetti mitologici oppure<br />

di soggetti sacri.<br />

La visione del corpo umano, spesso rappresentato nella sua nudità,<br />

acquisisce una sua pregnanza scenografica e accattivante.<br />

Grande importanza assume la figura femminile in pittori quali<br />

Pietro da Cortona, Guido Reni, Pieter Paul Rubens. In particolare<br />

i dipinti di Rubens eseguiti in Italia, negli stessi anni in cui dipingeva<br />

Caravaggio, propongono un modello di donna che risponde<br />

al gusto dell’epoca: una donna opulenta, di grande sensualità,<br />

viva e pulsante.<br />

Lo dimostrano ad esempio Le Tre Grazie del Museo del Prado<br />

di Madrid oppure il dipinto Sbarco di Maria De’ Medici a Marsiglia<br />

del Louvre in cui le tre Mereidi che spuntano dalle onde del mare<br />

31


Dell’Estetica<br />

per accompagnare l’approdo di Maria sono tre ritratti di donne<br />

italiane dell’epoca, miracolosamente e abbondantemente in carne,<br />

di grande potenza espressiva.<br />

I corpi di Rubens sono trionfanti, figli dell’antica Grecia e di<br />

Roma, ma anche morbidi e sensuali o turgidi di muscoli, percorsi<br />

dal sangue e dal respiro della vita.<br />

Nel sec. XVIII, con il Rococò, prosegue l’immagine della donna<br />

sensuale e ammaliatrice. Sono le donne dipinte da pittori come<br />

Boucher in Leda e il Cigno del 1741 o Diana esce dal bagno del Louvre:<br />

sono le donne dell’alcova, donne che suscitano sensi, sono le<br />

donne dei boudoirs.<br />

I soggetti sono quasi sempre mitologici ma sempre estremamente<br />

carnali, fatti di carne viva e pulsante, di strabordante sensualità,<br />

sono immagini dipinte per l’aristocrazia decadente e malata, sempre<br />

più chiusa nel suo mondo dorato e distante dalla realtà.<br />

Neoclassicismo: la riscoperta della purezza.<br />

Con il celebre trattato Storia dell’arte dell’antichità del 1764 Jahann<br />

Joachin Winckelmann detta un nuovo canone estetico, la<br />

figura umana si deve ispirare, egli afferma, agli ideali e agli insegnamenti<br />

degli artisti greci dell’antichità che avevano fissato<br />

proporzioni e rapporti con il fine di costruire la bellezza assoluta,<br />

la perfezione.<br />

Con il Neoclassicismo c’è quindi un recupero della bellezza<br />

classica, del bello ideale.<br />

Scrive Winckelmann: la bellezza è percepita dai sensi, ma è riconosciuta<br />

e compresa dall’intelletto, anche se i sensi così sono resi meno<br />

sensibili.<br />

Leggendo questa frase del Winckelmann si comprende meglio<br />

perchè non ci sarebbe stato più spazio per opere come Diana esce<br />

dal bagno di Boucher e per la strabordante sensualità <strong>delle</strong> donne<br />

dipinte nel ‘600 e ‘700.<br />

Con il Neoclassicismo il corpo si va raggelando, non deve più<br />

suscitare forti emozioni. Un esempio è Amore e Psiche di Francois<br />

Gerard de1798 dove, nonostante i colori e il soggetto, tutto pare<br />

di marmo.<br />

Quello degli amanti è un bacio platonico che non ha niente di<br />

32


Il bello artistico tra epoche e stili di Giuseppe Pristerà<br />

carnale e peccaminoso. Davvero qui si tratta di forme per l’intelletto,<br />

come sosteneva Winkelmann, lontane dalla carne, perfette<br />

nelle proporzioni dettate dai canoni classici. Il valore del corpo è<br />

cambiato: esso rappresenta lo spirito.<br />

In epoca neoclassica il nudo femminile passa in secondo piano;<br />

principale è quello maschile, che è spesso eroico. Un artista che<br />

ha espresso il nudo femminile in perfetta sintonia con il canone<br />

estetico del neoclassicismo è Canova che con Paolina Borghese, ad<br />

esempio, propone una visione di bellezza femminile intesa come<br />

mezzo di consolazione, che aiuta l’uomo a nobilitare il suo animo.<br />

Paolina, rappresentata da Canova come Venere vincitrice, del<br />

1804, è figlia dell’estetica neoclassica, capolavoro di equilibrio fra<br />

il ritratto verista e l’idealizzazione della figura che viene appunto<br />

identificata come Venere.<br />

L’opera si rifà al mito di Afrodite che tiene in mano il pomo che<br />

le assegnò Paride in quello che potremmo definire il primo concorso<br />

di bellezza della storia (Paride doveva scegliere fra Afrodite,<br />

Atena e Giunone, la dea più bella).<br />

Qui Canova, proponendo un mito classico, in realtà celebra<br />

l’avvenenza di Paolina che si trasforma nella metafora dell’ideale<br />

di bellezza di un’epoca, quella del Neoclassicismo in cui gli<br />

artisti cercano di replicare la bellezza pura e ideale classica.<br />

L’Ottocento romantico: verso altri miti.<br />

Con l’Ottocento si torna a sbirciare dietro la tenda, nelle alcove,<br />

nelle stanze <strong>delle</strong> donne.<br />

Gli artisti ricercano sempre la purezza <strong>delle</strong> linee del corpo di tali<br />

donne perchè il Neoclassicismo non è passato invano e Canova ha<br />

lasciato il segno, ma questa “purezza ideale” è subito “scaldata”<br />

dalla presenza di elementi di intimità (una tenda, un turbante, dei<br />

cuscini ecc…) perchè ora subentra l’evocazione dell’oriente.<br />

Il mistero del culto dell’oriente, culto tipicamente romantico,<br />

porta con sé il corpo femminile visto nella sua misteriosità ed<br />

esotismo. La bagnante di Valpincon di Jean Auguste Dominique<br />

Ingres del 1822, già nella scelta del soggetto, non più classico<br />

o tratto dai miti, lascia percepire un profondo cambiamento di<br />

mentalità: quella dipinta da Ingres di certo non è una dea, ma<br />

33


Dell’Estetica<br />

una donna che sta preparandosi per il bagno alle terme.<br />

Il fatto che sia seduta in una sorta di spogliatoio, le cui pareti<br />

sono costituite da tende, una di queste è stata spostata per permetterci<br />

di osservarla di nascosto, ci fa percepire il profondo<br />

mutamento di mentalità rispetto alla Paolina Borghese e quindi<br />

all’estetica neoclassica.<br />

È, quella proposta da Ingres, una nuova poetica aperta all’evocazione<br />

di realtà più carnali e concrete, come dimostra anche il<br />

dipinto Bagno Turco (Louvre) oppure L’odelisca con le schiave del<br />

1839, dove si dimostra che il fascino dell’oriente è il tarlo che<br />

corrode l’algida bellezza neoclassica e la scalda. Tutta l’atmosfera<br />

del quadro vuole alludere alla lascivia e al peccato. Del resto<br />

tutti i cinque sensi sono sollecitati: odorato e gusto con il narghilè,<br />

tatto e vista con le stoffe e la pelle diafana <strong>delle</strong> fanciulle.<br />

Ma Ingres non fa che aprire la strada a nuovi e inaspettati sviluppi.<br />

La riflessione su una nuova estetica non si ferma qui.<br />

Ci sono ora artisti romantici, come William Blake, Henry Fussly,<br />

Eugene Delacroix, che ricercano una nuova estetica alla luce<br />

di altri miti come Michelangelo, Shakespeare, Dante: in particolare<br />

Michelangelo, annerito dal fumo <strong>delle</strong> candele di ben tre secoli<br />

di preghiere, ha assunto un aspetto romantico.<br />

Il gigantismo, l’eroismo, il pathos <strong>delle</strong> figure michelangiolesche<br />

ispirerà questi artisti.<br />

Nella Morte di Sardanapalo di Delacroix (Louvre) i nudi carnali e<br />

sanguigni riflettono una visione del mondo non distaccata come<br />

quella di Canova, ma drammatica, nella quale si affrontano amore<br />

e morte cioè le radici della stagione romantica.<br />

Con il realismo poi del secondo Ottocento si crea una nuova<br />

estetica: la bellezza femminile, con i realisti quali Courbert prima<br />

e con gli impressionisti poi, è ispirata ora al reale. Sono donne<br />

comuni trasformate ora in Veneri, ora in Ninfe. Sono le donne e<br />

gli uomini di quella società, di quel tempo.<br />

Ad esempio La colazione sull’erba di Manet presenta una donna<br />

nuda accanto a due giovani borghesi con abiti dell’epoca, sfacciatamente<br />

nuda e quindi scandalosa per la benpensante borghesia<br />

dell’epoca. Cosi come in Olympia si perde la contemplazione della<br />

bellezza: è la realtà di un nudo comune, anche un po’ sgraziato,<br />

che però esprime sensualità.<br />

34


Il bello artistico tra epoche e stili di Giuseppe Pristerà<br />

Nelle Bagnanti, Renoir riprende temi che erano stati del secolo<br />

precedente, ma con spirito nuovo. Le pose <strong>delle</strong> sue mo<strong>delle</strong><br />

sono tratte dal repertorio classico, ma queste sono mo<strong>delle</strong> reali<br />

in carne ed ossa, estremamente spontanee anche se di grande<br />

eleganza e levità soprattutto per l’uso dei colori chiari e la leggerezza<br />

del disegno.<br />

Novecento: allontanarsi dalla realtà<br />

È difficile definire il concetto di estetica relativo all’arte del Novecento,<br />

perchè il concetto stesso di bello è variato notevolmente<br />

da artista a artista e forse in un certo senso si è perso, poiché la<br />

ricerca artistica ha preso nel Novecento altre strade.<br />

Il Novecento ha visto una accelerazione nel campo economico<br />

e sociale, è stato un secolo di grandi conquiste in campo tecnologico,<br />

ma anche un periodo di colossali contraddizioni, di atroci<br />

crudeltà, di grandi slanci umanitari. Nell’arte da una parte si è<br />

cercato di distruggere l’idea stessa di figura, considerandola un<br />

inutile ingombro al processo creativo, e dall’altra se ne è fatto lo<br />

strumento principale dell’espressività umana.<br />

La pittura in particolare ha perso la sua funzione di riproduzione<br />

della realtà, soppiantata in questo dalla fotografia che nel Novecento<br />

è ormai un mezzo affidabile, un mezzo che si dimostra<br />

subito molto più rapido ed efficace per rappresentare la realtà<br />

con fedeltà. Questo spiega, in parte, perchè l’arte del Novecento<br />

si è avventurata su strade diverse da quelle che battevano la riproduzione<br />

della realtà.<br />

Gli artisti del Novecento perciò hanno via via svincolato la loro<br />

creatività dal bisogno di riprodurre la realtà.<br />

Questo lo avevano già iniziato a fare i pittori post-impressionisti<br />

alla fine dell’Ottocento, quali Van Gogh, che nei suoi dipinti<br />

passionali giungeva a stravolgere la realtà in funzione dei suoi<br />

sentimenti, o Gauguin, ad esempio in Due donne tahitiane in cui<br />

c’è la riscoperta sì della bellezza del nudo femminile, legato però<br />

al mondo esotico e quindi primitivo, quello che lui vagheggiava.<br />

Le sue donne sono cariche di sensualità, che però è una sensualità<br />

indigena.<br />

Tutto questo lungo processo, che era emerso nel corso dell’ulti-<br />

35


Dell’Estetica<br />

mo tratto del XX sec., aveva poi trovato un momento topico nella<br />

celebre mostra del 1905 al Salon D’Automne di Parigi, quando<br />

una decina di artisti aveva esposto quadri che provocarono l’ira<br />

della critica e del pubblico, da cui il soprannome di fauves ossia<br />

belve, a loro affibiato.<br />

I corpi da loro dipinti erano realizzati con tratti duri, semplificati,<br />

che disegnavano le forme senza entrare nei dettagli. I colori<br />

erano piatti, senza sfumature e per nulla realistici.<br />

Per esempio quando si adoperava il rosa, come nel caso del<br />

Nudo Rosa di Henri Matisse, questo colore non aveva nulla a che<br />

fare con quello della pelle; era piatto, senza chiaroscuri né sfumature<br />

mentre il corpo perdeva le proporzioni ideali.<br />

Ma il corpo umano subisce una radicale trasformazione con<br />

il cubismo. Picasso sottopone, a partire da Les Demoiselles d’Avignon,<br />

il corpo umano, in questo caso quello femminile, ad una<br />

operazione scientifica di smembramento, scomposizione e valorizzazione<br />

come piani luminosi incastrati fra loro.<br />

Una stagione dai mille risvolti<br />

Dopo la scomposizione c’è la ricomposizione della figura, ovvero<br />

il ritorno all’ordine, trasversale per tutta l’Europa.<br />

Uno dei primi artisti ad effettuare la ricostruzione del corpo<br />

umano è Amedeo Modigliani.<br />

Passato da Parigi, l’artista livornese che tutti chiamavano Modì<br />

non aderì mai ad alcun movimento, inclusi il Cubismo e Futurismo<br />

nei quali gli avevano chiesto di entrare, perchè seguiva una<br />

propria strada, quella della linea le cui radici arrivavano a Ingres<br />

e Canova. Così egli dipinge la figura costruendola attraverso la linea<br />

con colori piatti, come meravigliosi arabeschi. Sono per lo più<br />

donne esili (Nudo sdraiato 1918) longilinee, dalle linee sinuose. Le<br />

sue figure assumono connotati nuovi rispetto al passato.<br />

In Europa a cominciare dal 1924, il Surrealismo propone l’immagine<br />

femminile in particolare, come fonte di pulsazioni erotiche<br />

studiate in questi anni da Freud e Yung. Dalì, ad esempio,<br />

usò quasi sempre come musa ispiratrice la moglie (Mia moglie in<br />

contemplazione).<br />

Il tormento della figura moderna comincia con Egon Schielle,<br />

36


Il bello artistico tra epoche e stili di Giuseppe Pristerà<br />

fortemente influenzato dalla scoperta freudiana dell’inconscio<br />

che avvenne proprio nella sua Vienna. La conseguenza fu lo stravolgimento<br />

dei modelli estetici dell’arte dell’epoca.<br />

Nuovi temi ispirano Schielle ma anche altri pittori dell’epoca<br />

quali Klimt, Kokoschka e poi Munch, cioè tutti quelli influenzati<br />

dalla psicoanalisi: angoscia esistenziale, solitudine, malattia,<br />

morte ma anche pulsioni erotiche represse, e ciò si riflette nella<br />

rappresentazione dei corpi che diventano emaciati, a volte stravolti.<br />

Guardare le mie figure significa guardare dentro, disse Schielle. Ormai<br />

è superato l’ideale classico, ossia quello accademico e la figura<br />

umana esprime ora il disagio interiore. (Egon Schiele Madre<br />

defunta, nudo femminile.)<br />

Negli anni sessanta, in America, invece con la Pop Art si sperimentano<br />

nuovi linguaggi e la figura umana incarna l’immagine<br />

del consumismo stesso, mentre dagli anni settanta in poi con la<br />

Body Art la figura umana viene elevata a opera d’arte da firmare.<br />

Sulla scia della Body Art si collocano tutti quegli artisti degli<br />

anni ottanta fino ad oggi che, firmando un oggetto, anche un<br />

qualsiasi oggetto, gli attribuiscono il valore di opera d’arte che,<br />

altrimenti, non avrebbe mai posseduto.<br />

Avevano iniziato a farlo all’inizio del Novecento i dadaisti con<br />

la famosa Fontana di Duchamp che altro non era che un water, poi<br />

Manzoni con le sue scatole contenenti Merda d’artista.<br />

Oggi si può dire che più che una ricerca dell’estetica intesa<br />

come tutto ciò che attiene al bello, inteso come componente o fine<br />

dell’arte, l’arte sia prima di tutto provocazione e di conseguenza<br />

anche denuncia.<br />

Afferma Maurizio Cattelan, uno dei più noti e celebrati artisti<br />

contemporanei: A volte credo che il mio lavoro incarni alcuni valori<br />

dei quali dovremmo essere imbarazzati. Ma l’arte è uno specchio: ci<br />

restituisce l’immagine di ciò che siamo, o di ciò che diventeremo. E gli<br />

specchi attraggono, anche quando sono poco lusinghieri.<br />

37


Religione e velo:<br />

prescrizione o scelta? (*)<br />

Nell’ambito di questo progetto dedicato all’estetica e vista la<br />

materia che insegno in questo liceo, mi è parso opportuno dedicare<br />

il mio intervento ad una tematica troppo spesso legata ad<br />

episodi nei quali scarsa informazione e diffidenza nei confronti<br />

di alcune forme di diversità, portano a prese di posizione che a<br />

volte, hanno tutto il sapore dell’intolleranza.<br />

Le ricerche che ho effettuato per preparare questo intervento<br />

hanno rafforzato in me la convinzione che questa sia un’occasione<br />

valida non tanto per dare <strong>delle</strong> “soluzioni” al quesito iniziale,<br />

perché soluzioni in senso tecnico non ci sono (e vedremo perché)<br />

quanto per porsi <strong>delle</strong> domande e per tentare di riflettere insieme<br />

su una tematica sempre più di attualità.<br />

La scorsa settimana l’intervento della prof.ssa Bramante ha sottolineato,<br />

tra l’altro, come il concetto di estetica ci rimanda di fatto<br />

al concetto di “Bello” inteso come sistema di Valori che tende<br />

all’eccellenza ed alla perfezione morale… Quindi “il più giusto è<br />

il più bello” ed il “bello è qualunque misura morale che si ispira<br />

al giusto”. Ha richiamato il legame tra bellezza e libertà ed in<br />

questo senso diventa interessante indagare circa le implicazioni<br />

che un pezzetto di tessuto posto sul capo può avere. [D1]<br />

Per effettuare questa riflessione mi pare opportuno fare una<br />

distinzione tra tre fondamentali aspetti legati all’uso del velo:<br />

- Aspetti teologico/religiosi;<br />

- Aspetti giuridici;<br />

- Aspetti sociali.<br />

39<br />

di Cristina Viglianisi<br />

(*) Questa relazione è corredata da immagini contenute nel compact disc allegato al<br />

volume.


Aspetti teologico/religiosi<br />

Dell’Estetica<br />

L’utilizzo del “velo” non è, come a volte frettolosamente ed erroneamente<br />

si crede, una prerogativa del mondo islamico.<br />

È diffuso nelle religioni e culture orientali ed è presente<br />

nell’ebraismo e nel cristianesimo.<br />

Per semplicità, farò riferimento solo alle tre religioni<br />

monoteistiche.<br />

Nell’ebraismo l’uso del velo era presente. Ne troviamo<br />

traccia nell’Antico Testamento, già nella Genesi, in Isaia, nel<br />

Deuteronomio e nel Cantico dei Cantici dove esplicito è il riferimento<br />

quando si legge:<br />

”Come sei bella amica mia, come sei bella:<br />

Gli occhi tuoi sono colombe dietro il tuo velo…<br />

Come spicchi di melagrana risplende la tua gota attraverso il velo”.<br />

All’interno del rito del matrimonio è prevista la cerimonia del<br />

“velamento“, in ebraico “bedekken”.<br />

Consiste nel porre un velo sul viso della sposa poco prima di<br />

dare inizio alla cerimonia. Questo rito ricorda la benedizione che<br />

nella Bibbia fu data a Rebecca.<br />

Rebecca fu la prima donna della Bibbia a coprirsi con un velo<br />

prima di procedere verso la “chuppà” (in ebraico significa protezione),<br />

che indica la tenda che copriva gli sposi durante la cerimonia<br />

nuziale (Gn 24,65-67), con il suo sposo Isacco.<br />

Dunque il velo assume un duplice significato simbolico:<br />

- indica la condizione di donna sposata;<br />

- invita alla modestia in modo da insegnare all’uomo che ciò<br />

che conta davvero è la personalità della donna, ovvero la<br />

sua bellezza interiore e non quella fisica.<br />

Il velo coprendo l’esterno indirizza l’attenzione verso l’interno.<br />

Nel cristianesimo troviamo oltre ai riferimenti dell’A.T. citati<br />

in relazione all’ebraismo, nel N.T. c’è un riferimento preciso nella<br />

lettera ai Corinzi al cap. 11,5-6-10 quando leggiamo:<br />

40


Religione e velo: prescrizione o scelta? di Cristina Viglianisi<br />

“Ogni donna che prega o profetizza senza velo sul capo, manca di riguardo<br />

al suo capo, come se fosse rasa; che se una donna non si copre si<br />

tagli pure i capelli, ma se è vergogna per una donna tagliarsi i capelli o<br />

essere rasa allora si copra… La donna deve portare un segno di dipendenza<br />

sul capo, a motivo degli angeli.”<br />

S. Paolo segue le consuetudini del tempo circa l’onorabilità<br />

nell’abbigliamento femminile, ma l’indicazione riguarda solo il<br />

momento della preghiera in assemblea.<br />

Il Giudaismo infatti prescriveva alle donne sposate di portar<br />

fuori casa un velo sul capo in segno di appartenenza e sottomissione<br />

al marito. La società greca era più emancipata ma le regole<br />

della buona società si ispiravano alla norma di Plutarco secondo<br />

la quale era “più conveniente per gli uomini presentarsi in pubblico<br />

a capo scoperto e per le donne invece con il capo velato”.<br />

Nell’islamismo il riferimento al velo è contenuto nel Corano<br />

nella Sura 23 al versetto 5 e alla Sura 24 (capitolo) al versetto 31.<br />

Nella Sura 23, versetto 5 leggiamo:<br />

“O Profeta dì alle tue spose, alle tue figlie e alle donne dei credenti di<br />

coprirsi dei loro veli, così da essere riconosciute e non essere molestate”<br />

Nella Sura 24, versetto 31 invece:<br />

“E dì alle credenti di abbassare i loro sguardi ed essere caste e di non<br />

mostrare i loro ornamenti se non quello che appare; di lasciare scendere<br />

il loro velo fin sul petto e non mostrare i loro ornamenti ad altri che ai<br />

loro mariti, ai loro padri, ai padri dei loro mariti, ai loro figli, ai loro fratelli,<br />

ai figli dei loro fratelli, ai figli <strong>delle</strong> loro sorelle, alle loro donne, alle<br />

schiave che possiedono, ai servi maschi che non hanno desiderio, ai ragazzi<br />

impuberi che non hanno interesse per le parti nascoste <strong>delle</strong> donne.<br />

E non battano i piedi sì da mostrare gli ornamenti che celano….”<br />

Non procederò all’analisi interpretativa di questo testo perché<br />

richiederebbe anche e soprattutto un lavoro di contestualizzazione<br />

storica e sociale che necessiterebbe di molto più tempo di quello<br />

a mia disposizione; questo perché l’esegesi di un testo religioso<br />

non può prescindere dalla contesto culturale nel quale nasce.<br />

41


Dell’Estetica<br />

È importante sottolineare la delicatezza del lavoro interpretativo,<br />

perché per chi vive in Occidente e conosce l’Islam solo attraverso i<br />

mezzi di comunicazione di massa è presuntuoso interpretare dando<br />

valore di Verità e Certezza ad un testo dove ogni parola, ogni frase<br />

sono espressione di modelli di vita culturali molto diversi dal nostro<br />

e che dunque vanno tenute in debito conto all’analisi interpretativa.<br />

Tuttavia mi preme mettere in evidenza come il “fine” di quello<br />

che ha più il sapore di un suggerimento che di un’imposizione (in<br />

genere quando una cosa è imposta viene prevista almeno una<br />

sanzione per chi non esegue quanto indicato…e qui non ci sono<br />

sanzioni), è protettivo nei confronti della donna e di “quell’interesse<br />

“particolare, non affettivo, che potrebbero provare gli uomini<br />

non legati a lei da vincoli familiari.<br />

Niente sottomissione dunque ma segno di appartenenza religiosa e<br />

familiare!<br />

Si copre il corpo per affermare la persona… e questo ci richiama<br />

alla memoria la corrente del personalismo.<br />

Da notare inoltre che anche all’interno del mondo islamico non è<br />

unanime l’interpretazione del significato del velo: per alcuni rappresenta<br />

un semplice invito alla modestia del vestire <strong>delle</strong> donne e non<br />

una prescrizione tassativa, per altri una tradizione antica ormai da<br />

superare, per altri ancora una prescrizione che indipendentemente<br />

dall’obbligatorietà và mantenuta a difesa dell’identità islamica.<br />

Un discorso a parte sarebbe necessario per il burka, abito di colore<br />

solitamente blu, che copre sia la testa che il corpo dotato di<br />

una retina agli all’altezza degli occhi che permette di vedere senza<br />

scoprire gli occhi della donna. Il burka introdotto in Afganistan<br />

è stato reso obbligatorio per imposizione dei Talebani. Dunque il<br />

discorso intorno al burka diventa spiccatamente di tipo politico<br />

ed esula dalla finalità di questo approfondimento. [D2,3,4,5,6]<br />

Aspetti giuridici<br />

Dal punto di vista giuridico la situazione in Italia è la seguente:<br />

in Italia la nostra Costituzione garantisce la libertà religiosa.<br />

Il Codice penale contiene norme che fanno riferimento ad un<br />

abbigliamento idoneo ad indurre una falsa individuazione sociale<br />

della persona (art. 498 c.p. e 640 c.p.).<br />

42


Religione e velo: prescrizione o scelta? di Cristina Viglianisi<br />

L’art. 5 – L.152/75, riguardante le disposizioni a tutela dell’ordine<br />

pubblico così recita: “è vietato l’uso di caschi protettivi o<br />

di qualunque altro mezzo atto a rendere difficoltoso il riconoscimento<br />

della persona, in luogo pubblico o aperto al pubblico,<br />

senza giustificato motivo“.<br />

Dunque non è lecito utilizzare in luogo pubblico abiti, caschi<br />

o maschere che rendano difficoltoso o impediscano il proprio riconoscimento;<br />

se invece rimangono ben visibili i tratti del viso<br />

della persona, il limite della riconoscibilità non viene valicata.<br />

In Francia è in vigore la legge del 15 Marzo 2004 che vieta nelle<br />

scuole, nei collegi e nei luoghi pubblici il portamento di segni o<br />

abbigliamento con i quali gli allievi manifestano ostentatamente<br />

un’appartenenza religiosa.<br />

In Germania il problema si è posto in passato solo per l’hijab<br />

<strong>delle</strong> insegnanti, e si è concluso con una sentenza che lo ha consentito;<br />

occasionalmente si apre qualche polemica.<br />

In Gran Bretagna la questione è di fatto inesistente perché nessuno<br />

ha mai chiesto restrizioni in tal senso e addirittura in passato<br />

è stato consentito ai sikh di derogare all’obbligo del casco per<br />

poter indossare il turbante.<br />

In Spagna il foulard è accettato dagli istituti scolastici pubblici.<br />

In Finlandia e Svezia l’uso del velo è ammesso a scuola con<br />

l’unica distinzione per il burka, che è vietato. Tuttavia nel 2003<br />

è stata introdotta la possibilità di vietarlo, alla luce però di uno<br />

spirito di dialogo sui valori di uguaglianza dei sessi e del rispetto<br />

del principio democratico sul quale si basa il sistema educativo.<br />

Nei Paesi Bassi la questione non è stata affrontata dal punto di<br />

vista religioso ma da quello della discriminazione sociale, ed è<br />

generalmente tollerato. Fa eccezione il burka che non è ammesso<br />

perché non consente di identificare le allieve.<br />

In Russia, Romania, Ungheria, Grecia, Repubblica Ceca,<br />

Slovacchia e Polonia, la questione del velo non è ancora stata oggetto<br />

di una discussione giuridica approfondita ed è dunque ammesso.<br />

In Turchia, Azerbaigian, e Albania, il dibattito ruota non solo<br />

intorno alla libertà personale ma anche sul significato politico<br />

legato all’uso del velo islamico.<br />

Solo in questi tre paesi l’uso del velo è regolamentato anche<br />

nello spazio universitario.<br />

43


Dell’Estetica<br />

E proprio dalla Turchia è partito nel 1998 il ricorso di una studentessa<br />

della facoltà di medicina alla quale era stato vietato<br />

l’uso del velo durante le lezioni. Il ricorso diretto alla Suprema<br />

Corte per i Diritti Umani di Strasburgo (CEDU), ha portato alla<br />

sentenza del 10 Novembre 2005 con la quale: “la Corte afferma<br />

che esaminando la questione del velo islamico nel contesto turco<br />

bisogna tener conto dell’impatto che può avere questo simbolo,<br />

presentato o percepito come dovere religioso, su coloro che hanno<br />

scelto di non portarlo”.<br />

Con questa sentenza di rigetto del ricorso della studentessa<br />

turca la Corte Europea aveva di fatto tentato di realizzare un bilanciamento<br />

tra le esigenze individuali e quelle collettive partendo<br />

dalla considerazione soprattutto del significato politico e<br />

<strong>delle</strong> sue conseguenze sul piano anche sociale che un pronunciamento<br />

diverso avrebbe prodotto. In Turchia infatti le istanze di<br />

tipo religioso rischiano di divenire facile veicolo di esportazione<br />

e diffusione di rivendicazioni politiche di tipo fondamentalista.<br />

In Turchia proprio da pochissimi giorni la questione legata all’uso<br />

del velo è stata riaperta. A tempo di record il 9 Febbraio 2008, il<br />

Parlamento turco ha approvato gli emendamenti alla Costituzione<br />

che stabiliscono la libertà di portare il velo islamico all’università.<br />

Rimane quindi il divieto nei luoghi pubblici e nei licei.<br />

Non è semplice interpretare questo fatto: per alcuni è un pericoloso<br />

passo indietro che poco ha a che fare con il diritto <strong>delle</strong><br />

donne di indossare il velo e che nasconde invece risvolti politici<br />

ancora non ben visibili; per altri è semplicemente la vittoria della<br />

libertà di scelta.<br />

Mi è parso interessante a questo proposito il commento di Orhan<br />

Pamuk, scrittore e premio Nobel, che ha dedicato un libro “scandalo”<br />

per il mondo turco, sulla questione del velo, dal titolo Neve.<br />

Pamuk intervistato su questo cambiamento all’indomani di<br />

questa decisione a chi gli chiede se questa sia la conquista di un<br />

diritto o un’imposizione, risponde :”più uno ritiene di avere la risposta<br />

e più diventa l’idiota successivo che impone la soluzione<br />

sbagliata. L’ideale è rispettare i comportamenti, avere comprensione<br />

e decenza, cercando di capire e guardando alle persone ed<br />

ai problemi non in modo autoritario”.<br />

44


Aspetti sociali<br />

Religione e velo: prescrizione o scelta? di Cristina Viglianisi<br />

Abbiamo visto che l’uso del velo non è prerogativa solo del<br />

mondo islamico.<br />

Molte <strong>delle</strong> discussioni che in questi ultimi tempi hanno animato<br />

trasmissioni televisive e non solo (uno per tutti il famoso<br />

caso della Santanché!) partono dall’idea che l’uso del velo sia lesivo<br />

dei diritti fondamentali della donna.<br />

Ma è davvero e dappertutto così?<br />

Se per un momento prescindiamo dal suo uso per motivi religiosi,<br />

ci accorgiamo che per esempio in Sardegna ed in alcune<br />

zone dell’entroterra siciliano le donne anziane portano ancora<br />

il fazzoletto in testa e non se lo tolgono mai, nemmeno d’estate.<br />

Nessuno le obbliga a portarlo, ma si sentirebbero molto a disagio<br />

senza. Leggendo un articolo di una giornalista sarda, Barbara<br />

Fois ho scoperto addirittura l’uso in alcune zone più interne<br />

dell’isola, della benda saracena, ovvero un fazzoletto che chiude<br />

anche la parte inferiore del viso, non solo la fronte. Dunque rimangono<br />

scoperti solo gli occhi ed il naso, il resto rimane avvolto<br />

in questa benda nera. La cosa interessante è che nessuna<br />

di queste donne bendate è succube del proprio marito o degli<br />

uomini della propria famiglia. Al contrario il contesto sociale è<br />

fortemente matriarcale e la donna è rispettata e le viene riconosciuto<br />

un potere e una considerazione pari a quelli riservati ai<br />

maschi. Sono donne forti e di profonda fede alle quali oggi sarebbe<br />

difficile spiegare che “devono” togliersi il loro fazzoletto<br />

radicato nella loro cultura e nei loro costumi. [D7]<br />

Se ripensiamo al cinema degli anni sessanta, a quei simboli di<br />

bellezza che sono state Grace Kelly, Audrey Hepburn per esempio<br />

e ai film nei quali apparivano nelle scene in auto con i loro<br />

capi avvolti in splendidi foulard annodati proprio come hidjab,<br />

ricorderemo come quelle immagini creavano desiderio di imitazione<br />

di quello che era per l’epoca simbolo di una moda e di una<br />

bellezza eterea cui tendere. [D8, 9]Allora se oggi fa tanto scalpore<br />

un foulard forse c’è qualcosa in più che non è solo legato al motivo<br />

religioso, né alla tutela della libertà <strong>delle</strong> donne.<br />

Nel 2004 mentre si discuteva in Francia della legge che avrebbe<br />

vietato l’uso del velo sono stati scritti diversi libri: tra questi<br />

45


Dell’Estetica<br />

ricordo La forza della ragione scritto da Oriana Fallaci scrittrice formidabile<br />

ma notoriamente antiislamica.<br />

A questo libro ne è seguito un altro di Stefano Allievi, sociologo<br />

e specializzato in sociologia <strong>delle</strong> religioni e in studi sul<br />

mutamento culturale, che partendo dalla sua conoscenza diretta<br />

del mondo islamico risponde alla Fallaci con un libro dal titolo<br />

Ragioni senza forza. Forze senza ragione.<br />

In quel libro Allievi evidenzia tre contraddizioni di fondo intorno<br />

a questa legge che stava per essere varata e della quale si<br />

discuteva tanto anche in Italia:<br />

- In un Occidente che si definisce liberale si discute, di fatto, del<br />

diritto a vestirsi come si vuole;<br />

- Nel paese che ha fatto della laicità una sorta di religione di<br />

stato, lo Stato si impone sulle religioni con la forza della legge;<br />

- La legge che avrebbe dovuto regolare l’uso dei simboli in generale,<br />

di fatto è stata voluta, e nessuno lo ha negato, per regolare<br />

la questione del velo islamico.<br />

A Milano nell’aprile del 2007, si è svolta una conferenza dal<br />

titolo La questione del velo tra libertà e rispetto. Dai vari interventi è<br />

emerso che se il velo è simbolo di subordinazione non è possibile<br />

per uno stato laico sottoscrivere questa subordinazione.<br />

Ma se, come molte donne islamiche dichiarano, l’uso del<br />

velo ha solo una valenza legata all’identità, all’appartenenza<br />

ad un mondo ed a una cultura il discorso assume un sapore<br />

diverso.<br />

Pamuk nel suo libro Neve, per scrivere il quale ha svolto molte<br />

ed accurate ricerche, racconta che ci sono studentesse a Kars, città<br />

al confine con l’Armenia, che si suicidano perché obbligate a<br />

togliere quel pezzo di stoffa per entrare all’università.<br />

Perché si arriva a tanto? Le ragazze che dicono di avere scelto<br />

l’uso del velo affermano di sentirsi nude senza, indifese, vulnerabili…<br />

e questo in fondo ci richiama ad un concetto antico,<br />

richiamato mirabilmente dal prof. Pristerà la settimana scorsa,<br />

quando ci ricordava come nell’arte greca il nudo era simbolo di<br />

perdita di dignità quindi riservato agli schiavi.<br />

Allora perché l’Occidente così attento ai valori legati all’arte e<br />

alla cultura, non riesce ad ammettere la possibilità che una don-<br />

46


Religione e velo: prescrizione o scelta? di Cristina Viglianisi<br />

na possa avere scelto liberamente di velare il proprio capo e che è<br />

proprio velandosi che sente di essere veramente libera?<br />

In altre parole, se fosse espressione di una scelta di valore libera?<br />

E qui il discorso si complica perché la libera scelta è spesso influenzata<br />

dai condizionamenti sociali: per esempio, se all’interno di<br />

un gruppo, una scuola un piccolo nucleo sociale, si diffonde l’uso<br />

di un determinato capo di abbigliamento in modo libero spontaneo<br />

ma condiviso e accettato da tutti come identificativo dell’appartenenza<br />

al gruppo di cui sopra, ed un soggetto volesse discostarsi (per<br />

libera scelta) da questo uso, subirebbe dei condizionamenti ?<br />

Io credo che la risposta sia non un sì secco ma un sì SE la comunità<br />

cui appartiene cominciasse a farlo sentire un diverso…<br />

Allora il punto, a mio modesto avviso non è se il velo è più o<br />

meno lesivo dei diritti della donna, se è più o meno prescritto dal<br />

Corano, ma se noi società civile siamo veramente tali nell’accettazione<br />

di chi per cultura, usi e costumi è diverso da noi.<br />

In altre parole la domanda di partenza era: il velo prescrizione o<br />

scelta? La risposta di fatto è duplice perché per alcuni è una prescrizione<br />

che non può essere disattesa, per altri è una libera scelta.<br />

Serve allora un presupposto fondamentale: quello della civiltà,<br />

l’unico in grado di garantire libertà, rispetto dei diritti di tutti e<br />

<strong>delle</strong> diversità.<br />

Il presupposto della civiltà ci aiuterebbe a sostenere il diritto di<br />

quelle donne che non vogliono l’uso del velo, come affermazione<br />

della loro emancipazione, senza battaglie senza scontri ideologici,<br />

ed al tempo stesso a rispettare senza additare chi viceversa in<br />

quel velo trova identità e affermazione del proprio credo.<br />

Un ricordo doveroso va a Benazir Bhuto, donna islamica moderna<br />

che lottava per il suo paese contro ogni forma di fondamentalismo,<br />

e che con grande orgoglio ostentava il suo foulard.<br />

È con questo grande presupposto, quello della civiltà appunto<br />

che:<br />

- si smorzerebbero i toni di tanti dibattiti che in fondo nascondono<br />

solo una grande paura verso l’Islam visto, vissuto,<br />

e giudicato in termini troppo sommari e riduttivi e molto<br />

spesso solo identificativo di in piccolissimo Islam: quello dei<br />

fondamentalisti;<br />

47


Dell’Estetica<br />

- si potrebbero cogliere, in un rapporto di arricchimento reciproco,<br />

le differenze con altre culture;<br />

- si favorirebbe la diffusione di un clima sereno di dialogo<br />

all’interno del quale le diverse esigenze e rivendicazioni potrebbero<br />

trovare adeguata soluzione rispettosa <strong>delle</strong> esigenze<br />

dei singoli e di quelli più ampi della collettività;<br />

- si potrebbe affermare davvero e fino in fondo il valore della<br />

laicità che vuol dire solo e soltanto libertà e rispetto della<br />

diversità.<br />

48


La donna salvifica in<br />

Dante e in Montale<br />

Quando si parla di bellezza è impossibile non parlare di poesia<br />

e quando si parla di poesia è impossibile non parlare della donna<br />

quale ispiratrice di poeti di ogni tempo.<br />

Dante e Montale non si sottraggono a questo.<br />

Certo, il tempo che li separa, la differente Weltanschauung che li<br />

caratterizza, segnano un discrimen tra i due poeti, ma in entrambi<br />

la donna assume un valore fondamentale: diventa elemento salvifico<br />

per l’uomo.<br />

La salvezza a cui mira Dante, e a cui Beatrice lo condurrà, è<br />

quella eterna. Per Montale si tratta di resistere alla sofferenza di<br />

questo mondo, ma salvare dal “male di vivere”, per un uomo del<br />

Novecento, è molto.<br />

La donna di Dante, Beatrice, è colei che porta alla beatitudine.<br />

La donna cantata da Montale è rappresentata da figure diverse,<br />

ha nomi differenti: Esterina, Annetta-Arletta, Dora Markus,<br />

Gerti, Clizia, Volpe, Mosca, ma in ogni caso risulta elemento positivo,<br />

capace di sostenere il poeta nella “disarmonia”, come lui<br />

chiama l’esperienza esistenziale. 1<br />

Tra tutte Clizia assume un significato salvifico particolare.<br />

A livello iconografico della Beatrice dantesca non abbiamo che<br />

immagini successive di secoli al periodo in cui visse. Pensiamo<br />

per esempio a Beatrice e Dante a ponte Santa Trinita di Henry Holiday<br />

del 1883 o alla più intensa e conturbante Beata Beatrix di<br />

Gabriele Rossetti del 1863 o ai vari tentativi di rendere in pittura<br />

la Beatrice del Paradiso.<br />

1 Intervista radiofonica a Eugenio Montale, raccolta in E. Montale, Sulla poesia, a<br />

cura di G. Zampa, Mondadori, Milano, 1976.<br />

49<br />

di Giuliana Simonti


Dell’Estetica<br />

Di Clizia abbiamo solo qualche foto, ma le caratteristiche che i<br />

due poeti sottolineano nelle due donne hanno elementi comuni.<br />

Fondamentali per entrambi gli occhi dell’amata. Per Dante quelli<br />

di Beatrice sono occhi da cui come ch’ella li mova / escono spirti<br />

d’amore infiammati (Vita Nova, XIX). Beatrice negli occhi porta amore<br />

/ per che si fa gentile ciò ch’ella mira (Vita Nova, XXI).<br />

Clizia per Montale ha occhi d’acciaio, capaci di opporsi al male<br />

(Le Occasioni, Nuove Stanze) e il poeta a volte si augura di fuggire<br />

dal bagliore dei suoi cigli (La bufera, Su una lettera non scritta).<br />

Beatrice è angiola giovanissima (Vita Nova, II), è mirabile visione<br />

(Vita Nova, III), è gentilissima salute (Vita Nova, XI). Di lei il poeta<br />

può dire:<br />

Tanto gentile e tanto onesta pare<br />

la donna mia quand’ella altrui saluta<br />

ch’ogne lingua deven tremando muta<br />

e li occhi no l’ardiscon di guardare (Vita Nova, XXVI).<br />

Oppure:<br />

Vede perfettamente onne salute<br />

chi la mia donna tra le donne vede (Vita Nova, XXVI).<br />

Dante vede dunque in Beatrice l’angelo, il miracolo che appare<br />

in terra per condurre l’uomo alla salvezza eterna, oggetto di fede<br />

incrollabile per il poeta profondamente cristiano.<br />

Montale ha della vita un’esperienza differente. Non proietta<br />

l’uomo in una dimensione ultraterrena, ma circoscrive la sua<br />

analisi a questo mondo di cui egli ha fondamentalmente esperienza<br />

del male, nel quale tuttavia l’apparizione della donna ha<br />

in sé qualcosa di miracoloso.<br />

Fin dalla sua prima opera, Ossi di seppia del 1925, traspare la<br />

consapevolezza del male di vivere a cui si può sfuggire grazie<br />

a un varco, a una via di fuga, come si legge nel testo proemiale<br />

50


In limine:<br />

La donna salvifica in Dante e in Montale di Giuliana Simonti<br />

Cerca una maglia rotta nella rete<br />

che ci stringe, tu balza fuori, fuggi!<br />

Va, per te l’ho pregato, - ora la sete<br />

mi sarà lieve, meno acre la ruggine…<br />

Oppure ne I limoni sempre da Ossi di seppia:<br />

talora ci si aspetta<br />

di scoprire uno sbaglio di Natura,<br />

il punto morto del mondo, l’anello che non tiene,<br />

il filo da disbrogliare che finalmente ci metta<br />

nel mezzo di una verità.<br />

La salvezza in questa stagione montaliana è legata alla possibilità<br />

di oltrepassare il muro. Un muro che si rivela, per il poeta,<br />

invalicabile, come dice nel più antico degli Ossi, Meriggiare pallido<br />

e assorto del 1916:<br />

E andando nel sole che abbaglia<br />

sentire con triste meraviglia<br />

com’è tutta la vita e il suo travaglio<br />

in questo seguitare una muraglia<br />

che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia.<br />

Il poeta non riconosce a se stesso la possibilità del varco, la possibilità<br />

di gettarsi nel mare della vita, come vede fare in Falsetto<br />

ad Esterina, la splendida Esterina Rossi (immortalata anche dallo<br />

scultore Messina) che il poeta conobbe sulla spiaggia di Genova<br />

Quarto nel 1924:<br />

Esiti a sommo del tremulo asse,<br />

poi ridi, e come spiccata da un vento<br />

t’abbatti fra le braccia<br />

del tuo divino amico che t’afferra.<br />

Ti guardiamo noi, della razza<br />

di chi rimane a terra.<br />

51


Dell’Estetica<br />

A lui è concesso solo di resistere, grazie, appunto, alla presenza<br />

degli ossi di seppia, elementi minimi, caricati però di valenza<br />

altamente positiva (eccellenti i limoni, il croco, il girasole, per<br />

esempio, per la forza vitale del loro colore, capace di opporsi al<br />

grigiore della vita). Ma il poeta può augurare ad altri la possibilità<br />

di evadere, a quel tu a cui spesso si rivolge.<br />

Il tu degli Ossi non è ancora Clizia, ma fondamentalmente<br />

Annetta-Arletta (a volte un amico, come in Ripenso il tuo sorriso,<br />

dedicata al ballerino russo Boris Kniaseff) ma proprio in questa<br />

prima opera si può, secondo me, recuperare un’anticipazione di<br />

Clizia.<br />

Dice il poeta in Portami il girasole del 1923, nella sezione Ossi di<br />

seppia dell’omonima raccolta:<br />

Portami il girasole ch’io lo trapianti<br />

nel mio terreno bruciato dal salino,<br />

e mostri tutto il giorno agli azzurri specchianti<br />

del cielo l’ansietà del suo volto giallino.<br />

Tendono alla chiarità le cose oscure,<br />

si esauriscono i corpi in un fluire<br />

di tinte: queste in musiche. Svanire<br />

è dunque la ventura <strong>delle</strong> venture.<br />

Portami tu la pianta che conduce<br />

dove sorgono bionde trasparenze<br />

e vapora la vita quale essenza;<br />

portami il girasole impazzito di luce.<br />

Il poeta invita quel tu, a cui si rivolge, a portagli un girasole<br />

da poter trapiantare nel suo terreno bruciato dal salino, nella sua<br />

vita riarsa. Un girasole capace di mostrare all’azzurro del cielo<br />

l’ansia del suo volto, espressa da quel colore giallino con cui si<br />

chiude la prima strofe. Tutto ciò che è oscuro tende alla luce; gli<br />

elementi si annullano in un fluire di colori e questi svaniscono in<br />

musiche. Dunque al poeta sembra proprio che l’avventura più<br />

grande sia quella di svanire, di perdere la propria pesantezza,<br />

52


La donna salvifica in Dante e in Montale di Giuliana Simonti<br />

la propria corporeità. Per questo torna a chiedere che gli venga<br />

portato il girasole impazzito di luce, ebbro di luce (una ebbrezza<br />

assolutamente positiva) che può condurre dove la vita sublima<br />

quale essenza.<br />

In questo caso, dunque, non al tu, alla donna, ma al girasole<br />

che lei può portare è legata la possibilità di uscire dall’arsura.<br />

Perché mi piace vedere nel girasole degli Ossi l’anticipatore<br />

di Clizia? Perché Clizia è il girasole secondo il mito riferito da<br />

Ovidio: la ninfa Clizia, figlia di Oceano, innamorata di Apollo-<br />

Febo, avendo per la sua gelosia provocato la morte della ninfa<br />

Leucotoe, viene abbandonata dal dio, vive di brina e lacrime e si<br />

trasforma in girasole, la pianta che gira sempre la sua corolla alla<br />

ricerca del suo amato.<br />

Clizia, anche se mai nominata in questa seconda opera, è la<br />

figura fondamentale <strong>delle</strong> Occasioni del 1939. Non l’unica (Annetta-Arletta<br />

è ancora la donna de La casa dei doganieri, Dora Markus<br />

è quella della prima parte dell’omonima poesia, Gerti Frankl<br />

della seconda, l’ebrea Liuba è la protagonista di A Liuba che parte,<br />

Maria Rosaria Solares, una peruviana conosciuta a Firenze, si ritrova<br />

in altri testi della collezione, come vedremo in seguito) ma<br />

sicuramente la più importante. A lei fu dedicata l’intera opera<br />

dall’edizione del 1949 in poi con le iniziali del suo vero nome: A<br />

I.B., cioè a Irma Brandeis.<br />

Irma Brandeis è una giovane ebrea americana, studiosa della<br />

poesia medievale italiana, allieva di Singleton, che nel 1933 era<br />

giunta a Firenze e si era recata al Gabinetto Viesseux, dove Montale<br />

lavorava dal 1929, con l’esplicito desiderio di conoscere il<br />

poeta. Fu un classico coup de foudre intellettuale ed affettivo. Irma<br />

ripartirà presto per l’America; tornerà più volte a Firenze fino al<br />

1938, quando, in seguito alle leggi razziali, dovrà abbandonare<br />

definitivamente l’Italia. Di questa relazione rimangono oggi le<br />

155 lettere che Montale scrisse alla donna dal 1933 al ’39 (anno<br />

della separazione definitiva anche a causa della presenza sempre<br />

più insistente di quella che poi diventerà la moglie del poeta:<br />

Drusilla Tanzi, la Mosca di Satura). Queste lettere sono state pub-<br />

53


Dell’Estetica<br />

blicate per la prima volta, da Mondadori, solo nel 2006. 2<br />

Clizia nelle Occasioni è la figura femminile assente fisicamente,<br />

ma sempre presente nella mente del poeta. In questa stagione<br />

montaliana la salvezza è proprio legata a questa donna lontana<br />

(non sfugga il legame con l’amore de loin dei Provenzali ripreso<br />

dai nostri Stilnovisti) che il poeta recupera continuamente nella<br />

memoria e di cui può percepire la presenza tramite segni che lui<br />

solo può cogliere. Se questi segni mancano l’inferno è certo:<br />

Lo sai: debbo riperderti e non posso.<br />

Come un tiro aggiustato mi sommuove<br />

ogni opera, ogni grido e anche lo spiro<br />

salino che straripa<br />

dai moli e fa l’oscura primavera<br />

di Sottoripa.<br />

Paese di ferrame e alberature<br />

a selva nella polvere del vespro.<br />

Un ronzio lungo viene dall’aperto,<br />

strazia com’unghia ai vetri. Cerco il segno<br />

smarrito, il pegno solo ch’ebbi in grazia<br />

da te.<br />

E l’inferno è certo.<br />

Questo dice il poeta nel primo dei venti Mottetti, che rappresentano<br />

la sezione centrale <strong>delle</strong> Occasioni, scritto nel 1934.<br />

La consapevolezza estrema di dover lasciare la donna è sottolineata<br />

nel primo verso da quell’assertivo Lo sai e dalla spiegazione<br />

che segue i due punti: debbo riperderti e non posso.<br />

Il poeta si trova nella zona portuale di Genova (il quartiere di<br />

Sottoripa paese di ferrame e alberature). Ogni voce, ogni segno di<br />

lavoro, come un tiro preciso nei suoi confronti, lo costringono al<br />

sobbalzo. Colpiscono la sua mente assorta, compresa quell’aria<br />

che sa di sale che supera i moli e produce l’oscura primavera del<br />

quartiere. Neppure la stagione positiva addolcisce la situazione.<br />

2 Eugenio Montale, Lettere a Clizia, a cura di R. Bettarini, G. Manghetti, F. Zabagli,<br />

Mondadori, Milano, 2006.<br />

54


La donna salvifica in Dante e in Montale di Giuliana Simonti<br />

L’ossimoro oscura primavera rimanda alle primavere che non fioriscono<br />

del Carnevale di Gerti, sempre <strong>delle</strong> Occasioni e anticipa la<br />

tragica piagata primavera della Primavera hitleriana nella Bufera. Il<br />

ronzio lungo che giunge all’orecchio del poeta produce un effetto<br />

straziante, strazia com’unghia ai vetri. E quel verbo, dolorosissimo<br />

nel suo significato, posto in posizione principe nel verso,<br />

rima con il termine che chiude quello successivo e che rimanda<br />

al suo significato opposto: strazia-grazia. È per grazia, non per<br />

merito del poeta che un tempo egli ricevette un pegno da lei.<br />

Ora egli cerca un suo segno. La pausa prima del verso finale<br />

indica l’impossibilità di trovarlo. E la sofferenza è infinita.<br />

Dai critici, anche per certe affermazioni di Montale, si è pensato,<br />

fino all’uscita del già citato Lettere a Clizia, che questo<br />

Mottetto non fosse stato scritto per la giovane americana. Nella<br />

lettera del 15 gennaio 1935 però leggiamo: “… i famigerati Mottetti<br />

(i primi tre) furono scritti prima della conoscenza di Irma<br />

Brandeis. Di quella redazione sopravvisse solo il Mottetto n. 3;<br />

nel Mottetto n. 2 l’immagine di I. B. abitante a Costa S. Giorgio<br />

andò a coincidere con Maria Rosaria Solares, nata a Genova,<br />

città di S.Giorgio e il drago…. Il primo Mottetto è invece interamente<br />

tuo e a Sottoripa noi abbiamo consumato ‘l’ultima cena’<br />

(dalla Carlotta). Se rileggo i tre Mottetti ci ritrovo una Miss<br />

Gatu che sia stata anche in un sanatorio dove si gioca a bridge”.<br />

Non ci stupisca questa sovrapposizione di figure di riferimento<br />

in Montale, perché per il poeta la verità biografica può contare poco,<br />

essenziale é la verità poetica. A questo proposito bisogna tener conto<br />

anche di quanto l’autore ha scritto nella poesia posta in limine a<br />

Satura, quarto libro montaliano, uscito nel 1971, intitolata proprio Il<br />

Tu: in me i tanti sono uno / anche se appaiono / moltiplicati dagli specchi.<br />

Se l’inferno è certo quando il poeta non riesce a trovare un segno<br />

di lei, Clizia può miracolosamente balzare nella memoria<br />

anche quando si era persa la speranza di rivederla ancora. Un<br />

segno improvviso può avere un carattere epifanico, può rimandare<br />

a lei:<br />

La speranza di pure rivederti<br />

m’abbandonava;<br />

55


Dell’Estetica<br />

e mi chiesi se questo che mi chiude<br />

ogni senso di te, schermo d’immagini,<br />

ha i segni della morte o dal passato<br />

è in esso, ma distorto e fatto labile,<br />

un tuo barbaglio:<br />

(a Modena, tra i portici,<br />

un servo gallonato trascinava<br />

due sciacalli al guinzaglio). 3<br />

Il poeta ricorda che un giorno, a Modena, la speranza di rivedere<br />

la donna lo abbandonava. E ricorda di essersi chiesto se tutti<br />

quegli aspetti di vita, distrazioni, che intorno a lui gli impedivano<br />

di cogliere qualche presenza di lei, fossero segni di morte, per lui<br />

estraniato, oppure se proprio in quelli potesse improvvisamente<br />

apparire, balzare dal passato, un segno di lei, un tuo barbaglio, una<br />

luce improvvisa, anche se distorta e resa flebile dalla lontananza.<br />

Ed ecco il segno: tra i portici / un servo gallonato trascinava / due<br />

sciacalli al guinzaglio. Montale stesso ha spiegato questi ultimi versi<br />

in un articolo pubblicato sul “Corriere della Sera” il 16 febbraio<br />

1950 4 : “Mirco (il nome che il poeta dà a se stesso) era a Modena…<br />

A Clizia piacevano gli animali strani. I due sciacalli rimandano a<br />

lei, richiamano lei”. Ecco come l’occasione suscita il bagliore che<br />

anima la memoria grigia in cui spesso il poeta si trova immerso.<br />

E proprio i barbagli dell’aurora che improvvisamente colpiscono un<br />

ramo di palma contro un muro possono offrire un altro segno di lei:<br />

Ecco il segno; s’innerva<br />

sul muro che s’indora:<br />

un frastaglio di palma<br />

bruciato dai barbagli dell’aurora.<br />

Il passo che proviene<br />

dalla serra sì lieve,<br />

3 Si tratta del sesto Mottetto, scritto nel 1937.<br />

4 Montale iniziò a collaborare al “Corriere” nel 1946. Nel 1948 fu assunto<br />

definitivamente. L’articolo citato è entrato a far parte del volume di scritti Sulla<br />

poesia, già citato.<br />

56


La donna salvifica in Dante e in Montale di Giuliana Simonti<br />

non è felpato dalla neve, è ancora<br />

tua vita, sangue tuo nelle mie vene. 5<br />

Il poeta cerca in altri scatti improvvisi la presenza della donna:<br />

Il ramarro, se scocca<br />

sotto la grande fersa<br />

dalle stoppie –<br />

la vela, quando fiotta<br />

e s’inabissa al salto<br />

della rocca –<br />

il cannone di mezzodì<br />

più fioco del tuo cuor<br />

e il cronometro se<br />

scatta senza rumore –<br />

Ma la delusione lo sorprende:<br />

e poi? Luce di lampo<br />

invano può mutarvi in alcunché<br />

di ricco e di strano. Altro era il tuo stampo. 6<br />

E allora il poeta si chiede:<br />

Perché tardi? Nel pino lo scoiattolo<br />

batte la coda a torcia sulla scorza.<br />

La mezzaluna scende col suo picco<br />

nel sole che la smorza. È giorno fatto. 7<br />

All’interno dei Mottetti, precisamente nel dodicesimo, di data-<br />

5 È l’ottavo Mottetto, scritto nel 1938.<br />

6 Mottetto n. 9, scritto nel 1937.<br />

7 Mottetto n. 10, 1938.<br />

57


Dell’Estetica<br />

zione incerta (gennaio 1940?) 8 , assistiamo ad una trasformazione<br />

di Clizia, a un’anticipazione di quello che sarà nella Bufera:<br />

Ti libero la fronte dai ghiaccioli<br />

che raccogliesti traversando l’alte<br />

nebulose; hai le penne lacerate<br />

dai cicloni, ti desti a soprassalti.<br />

Mezzodì: allunga nel riquadro il nespolo<br />

l’ombra nera, s’ostina in cielo un sole<br />

freddoloso; e l’altre ombre che scantonano<br />

nel vicolo non sanno che sei qui.<br />

Clizia è ormai una figura metafisica il cui intervento può davvero<br />

salvare il poeta, salvarlo dal male di vivere, s’intende.<br />

La donna lo ha visitato, è scesa dall’alto 9 , ha attraversato alte<br />

nebulose (dense? lontane?). Ora è qui con le penne a brandelli, rovinate<br />

dalle tempeste (i cicloni anticipano già la Bufera). Si sveglia<br />

d’improvviso, a scatti, e il poeta con delicatezza estrema le libera<br />

la fronte dai ghiaccioli che ha raccolto nel suo viaggio. È un mezzogiorno<br />

opaco: nel riquadro della finestra il nespolo allunga la<br />

sua ombra nera, ma in cielo resiste il sole che, pur freddoloso e<br />

lontano dalla solarità rappresentata dal giallo negli Ossi di seppia,<br />

rimane sempre elemento positivo. E gli altri non conoscono il<br />

segreto del poeta, non sanno che lei è giunta.<br />

Nella Bufera, terzo libro montaliano, del 1956, a Clizia viene affidato<br />

il compito di salvare tutti. La situazione collettiva è diventata<br />

tragica: la seconda guerra mondiale ha infestato il mondo.<br />

Già nelle poesie di Finisterre, uscite nel 1943 grazie a Gianfranco<br />

Contini che le aveva portate a Lugano, e più tardi entrate come<br />

prima sezione nella Bufera, Clizia diventa l’angelo visitatore.<br />

Nella famosa Intervista immaginaria pubblicata sul primo numero<br />

de “La Rassegna d’Italia” del gennaio 1946 Montale disse: “Ho<br />

8 Il Mottetto uscì per la prima volta sulla rivista “La Ronda” nell’aprile del 1940.<br />

9 Già nei versi finali del decimo Mottetto la donna è vista scendere dall’alto: nulla<br />

finisce, o tutto, se tu folgore / lasci la nube.<br />

58


La donna salvifica in Dante e in Montale di Giuliana Simonti<br />

proiettato la Selvaggia o la Mandetta o la Delia (le donne cantate<br />

rispettivamente da Cino da Pistoia, da Guido Cavalcanti e dal<br />

poeta francese del Cinquecento Maurice Scève n.d.r) la chiami<br />

come vuole, sullo sfondo di una guerra cosmica e terrestre, senza<br />

scopo e senza ragione, e mi sono affidato a lei, donna, angelo o<br />

procellaria ”.<br />

La donna dunque scende dall’alto. In varie poesie della Bufera<br />

si ripete questa caratteristica: ne La frangia dei capelli Montale<br />

dice: l’ala onde tu vai… scesa d’un balzo; in Giorno e notte: o perigliosa<br />

annunciatrice dell’alba; in Iride la chiama la messaggera di Dio:<br />

l’Iri del Canaan; ne L’orto si legge: messaggera / che scendi, prediletta<br />

del mio Dio. D’altra parte la condizione estrema della guerra potrebbe<br />

trovare un antidoto solo in un intervento straordinario.<br />

Ricordiamo che Montale (1896 – 1981), a differenza di Ungaretti,<br />

non ha lasciato segno nei suoi versi della prima guerra (anche se<br />

marginalmente vi partecipò nel ’18, in Vallarsa) la seconda, invece,<br />

fa da sfondo a buona parte del terzo libro e in questo Clizia<br />

assume valore salvifico per eccellenza con caratteristiche tipicamente<br />

cristiane (in questo caso risulta evidente la sua vicinanza<br />

con la Beatrice dantesca) anche se è cantata da un poeta che non<br />

crede alla salvezza ultraterrena, ma che concepisce la salvezza di<br />

tutti dalla bufera della guerra solo grazie all’intervento eccezionale<br />

di lei. Esempio di questo La primavera hitleriana:<br />

Folta la nuvola bianca <strong>delle</strong> falène impazzite<br />

turbina intorno agli scialbi fanali e sulle spallette,<br />

stende a terra una coltre su cui scricchia<br />

come su zucchero il piede; l’estate imminente sprigiona<br />

ora il gelo notturno che capiva<br />

nelle cave segrete della stagione morta,<br />

negli orti che da Maiano scavalcano a questi renai.<br />

Da poco sul corso è passato a volo un messo infernale<br />

tra un alalà di scherani, un golfo mistico acceso<br />

e pavesato di croci a uncino l’ha preso e inghiottito,<br />

si sono chiuse le vetrine, povere<br />

e inoffensive benché armate anch’esse<br />

59


Dell’Estetica<br />

di cannoni e giocattoli di guerra,<br />

ha sprangato il beccaio che infiorava<br />

di bacche il muso dei capretti uccisi,<br />

la sagra dei miti carnefici che ancora ignorano il sangue<br />

s’è tramutata in un sozzo trescone d’ali schiantate,<br />

di larve sulle golène, e l’acqua séguita a rodere<br />

le sponde e più nessuno è incolpevole.<br />

Tutto per nulla, dunque? – e le candele<br />

romane, a S. Giovanni, che sbiancavano lente<br />

l’orizzonte, ed i pegni e i lunghi addii<br />

forti come un battesimo nella lugubre attesa<br />

dell’orda (ma una gemma rigò l’aria stillando<br />

sui ghiacci e le riviere dei tuoi lidi<br />

gli angeli di Tobia, i sette, la semina<br />

dell’avvenire) e gli elitropi nati<br />

dalle tue mani – tutto arso e succhiato<br />

da un polline che stride come il fuoco<br />

e ha punte di sinibbio…<br />

Oh la piagata<br />

primavera e pur festa se raggela<br />

in morte questa morte! Guarda ancora<br />

in alto, Clizia, è la tua sorte, tu<br />

che il non mutato amor mutata serbi,<br />

fino a che il cieco sole che in te porti<br />

si abbàcini nell’Altro e si distrugga<br />

in Lui, per tutti. Forse le sirene, i rintocchi<br />

che salutano i mostri nella sera<br />

della loro tregenda, si confondono già<br />

col suono che slegato dal cielo, scende, vince –<br />

col respiro di un’alba che domani per tutti<br />

si riaffacci, bianca ma senz’ali<br />

di raccapriccio, ai greti del sud…<br />

Nell’epigrafe alla poesia la spiegazione del nome dato dal poeta<br />

alla donna, in questo testo per la prima volta chiamata Clizia:<br />

60


La donna salvifica in Dante e in Montale di Giuliana Simonti<br />

Ne quella ch’a veder lo solo si gira…(Dante (?) a Giovanni Quirini) 10 ,<br />

fanciulla trasformata in girasole, appunto, colei che il non mutato<br />

amor mutata serba, come dice Montale citando ancora l’antico poeta<br />

che forse è Dante (quasi a chiudere il nostro discorso che ha<br />

preso il via proprio nel suo nome).<br />

Iniziata nel ’39 e terminata nel ’46, questa poesia è fondamentale<br />

per capire il nuovo ruolo di Clizia. L’immagine iniziale rimanda<br />

ad una situazione tragica: intorno alle deboli luci dei lampioni<br />

del lungarno fiorentino turbina una nube di farfalle notturne<br />

impazzite. Molte cadono a terra a formare una coltre sulla quale<br />

il piede stride come se si muovesse sullo zucchero. L’aria è fredda,<br />

l’estate ormai vicina libera il gelo della notte, che durante la<br />

stagione invernale era rimasto chiuso nei suoi antri nascosti, giù<br />

per le terre che dalla località di Maiano giungono fino alle rive<br />

dell’Arno. Hitler, tra le grida acclamanti dei suoi sgherri, è accolto<br />

dalla folla esultante. Sono stati chiusi i negozi con le vetrine<br />

ornate di giocattoli di guerra. La violenza si coglie in quei musi<br />

di capretti uccisi infiorati di bacche che si mostrano dalle macellerie.<br />

La festa dei miti carnefici, potente ossimoro per indicare i<br />

tanti che ancora non si sono macchiati di sangue, ma che presto<br />

lo faranno, si è, nell’ora della sera, trasformata in una immonda<br />

danza di ali spezzate, di larve di farfalle su quella striscia di terra<br />

che separa l’argine dal letto del fiume. E l’acqua continua a corrodere<br />

le rive (la storia non si ferma) e ormai nessuno può dirsi<br />

senza colpa.<br />

La violenza riesce a corrompere tutto? Non sono valse a niente<br />

le cerimonie religiose con i fuochi d’artificio (ma proprio il termine<br />

candele rimanda al contesto sacro) in occasione della festa di<br />

S.Giovanni? A cosa è valsa la storia privata con l’esperienza della<br />

separazione dalla donna, vissuta come un sacrificio, con i pegni e<br />

i saluti scambiati con la forza di un impegno religioso? Non sono<br />

valsi a fermare la sciagura della guerra, anche se qualche segno<br />

10 Da ricordare che proprio nel ’39 Gianfranco Contini, amico di Montale, aveva<br />

pubblicato le Rime di Dante tra cui si trova il sonetto Nulla mi pare mai più crudel<br />

cosa di dubbia attribuzione, da cui sono tratti i versi riportati da Montale.<br />

61


Dell’Estetica<br />

positivo filtra goccia a goccia dalla terra di lei 11 , i girasoli nati<br />

dalle sue mani? (la poesia?).<br />

Tutto ormai sembra bruciato e annullato dalla furia travolgente<br />

di folate di vento sferzante. Eppure la primavera ferita, straziata,<br />

è ancora festa se congela nella morte la situazione nefasta che di<br />

per sé è già morte. E allora la salvezza di tutti è legata solamente<br />

a lei, a Clizia, colei che pur essendo cambiata, conserva in sé<br />

un amore immutato, che, guardando fissamente in alto, offrirà,<br />

come sacrificio per la salvezza di tutti, a Cristo salvatore.<br />

Forse proprio per questo i fischi <strong>delle</strong> sirene e i rintocchi <strong>delle</strong><br />

campane che salutano Hitler e Mussolini, i mostri, nella sera del<br />

loro passaggio a Firenze (ma nel termine tregenda anche il significato<br />

di convegno di demoni) si mescola col suono che, liberato<br />

dal cielo, scende e vince il male con il sollievo di un’alba che possa<br />

portare sulla terra riarsa una speranza priva di paura.<br />

Clizia ha assolto il suo compito. Già ne L’ombra della magnolia<br />

a lei si dice Addio. Ne Il gallo cedrone Clizia è scomparsa. Nella<br />

prima poesia dei Madrigali privati, sesta e penultima sezione della<br />

Bufera, appare già un’altra donna: Se t’hanno assomigliato / alla<br />

volpe sarà per la falcata / prodigiosa, pel volo del tuo passo / che unisce<br />

e che divide, che sconvolge / e rinfranca il selciato …<br />

La Volpe appunto, la poetessa Maria Luisa Spaziani, una figura<br />

totalmente terrena, importante per il poeta, ma che poco ha da<br />

spartire con Clizia.<br />

11 L’immagine biblica degli angeli di Tobia, i sette, la semina dell’avvenire, tratta<br />

proprio dal Libro di Tobia (12, 15) è segno di un qualcosa di positivo che è successo<br />

nella terra di lei e che potrebbe riferirsi anche (ricordare la lunga gestazione del<br />

testo) alla decisione degli Americani di intervenire contro il nazifascismo.<br />

62


La donna salvifica in Dante e in Montale di Giuliana Simonti<br />

Riferimenti bibliografici<br />

• Eugenio Montale, Poesie, a cura di Angelo Marchese,<br />

Mondadori, Milano, 1991.<br />

• Eugenio Montale, Le occasioni, a cura di Dante Isella, Einaudi,<br />

Torino,1996.<br />

• Marco Forti, Eugenio Montale, La poesia, la prosa di fantasia e<br />

d’invenzione, Mursia, Milano, 1973.<br />

• Eugenio Montale, Lettere a Clizia, a cura di Rosanna Bettarini,<br />

Gloria Manghetti, Franco Zabagli, Mondadori, Milano, 2006.<br />

63


Il sorriso di Venere la bellezza<br />

attraverso la lettura dei classici (*)<br />

La bellezza di Elena<br />

Ringrazio prima di tutto il <strong>Liceo</strong> <strong>Varchi</strong>, che ci ospita in questa occasione<br />

di scambio, interessante e spero non unica; saluto e ringrazio<br />

quindi la prof. Bramante, collega sensibile e colta nonché amica gentile,<br />

che ha organizzato questi incontri di riflessione intorno al tema<br />

dell’estetica - cioè del dono prezioso e difficile della bellezza - e soprattutto<br />

saluto e ringrazio voi che siete intervenuti così numerosi e<br />

avrete la pazienza di ascoltare il mio contributo di questa sera.<br />

Questa nostra conversazione ha un titolo suggestivo, ma anche<br />

un po’ ambiguo: il sorriso di Venere. [D1]<br />

Non un semplice titolo, ma piuttosto una citazione, che si riconduce<br />

facilmente al sonetto di Foscolo dedicato alla sua isola natale – Zacinto<br />

- che si specchia nel mare greco; quel mare da cui nacque Venere<br />

e rese felici e fertili quelle terre col suo sorriso, tanto che la bellezza di<br />

quel cielo e di quel mare ispirarono la grande poesia di Omero e il suo<br />

racconto del nòstos, del ritorno in patria, di Ulisse.<br />

Rileggiamo insieme l’incipit del sonetto di Ugo Foscolo: [D2]<br />

A ZACINTO<br />

Né più mai toccherò le sacre sponde<br />

ove il mio corpo fanciulletto giacque,<br />

Zacinto mia, che te specchi nell’onde<br />

del greco mar da cui vergine nacque<br />

Venere, e fea quelle isole feconde<br />

col suo primo sorriso…<br />

65<br />

di Carla Mugnai<br />

(*) Questa relazione è corredata da immagini contenute nel compact disc allegato al<br />

volume.


Dell’Estetica<br />

Venere / Afrodite, la dea dell’amore carnale, è qui rappresentata<br />

mentre esce dalle onde del mare ellenico e col sorriso, il primo<br />

sorriso dell’Amore, fa nascere la bellezza e la poesia: la grande<br />

poesia di Omero.<br />

Mi è sembrata la metafora più immediata per alludere al nostro<br />

tema: la bellezza attraverso la lettura di alcuni testi della letteratura<br />

classica greca e latina.<br />

In primo luogo nell’Iliade , dove la dea Afrodite è ben presente.<br />

La troviamo come nume tutelare, protettrice e pronuba della<br />

coppia prediletta: Elena e il suo amante-non amato Paride Alessandro.<br />

Entrambi, in modo molto diverso, come vedremo, hanno ricevuto<br />

da Afrodite il dono della bellezza, in forma di potere di<br />

seduzione.<br />

Dono fatale<br />

Elena è l’unica figlia femmina fra i figli mortali di Zeus.<br />

Elena dunque è stata ed è il simbolo stesso della bellezza, colei<br />

a cui Venere ha riservato il suo più seducente sorriso; di lei e<br />

della forza che a lei deriva dalla sua bellezza possiamo dire come<br />

dicevano gli antichi:<br />

La bellezza è la più ammirabile, la più preziosa e la più divina <strong>delle</strong><br />

cose. Ed è facile giungere a comprendere la sua potenza: infatti risulterà<br />

evidente che le realtà che pure non hanno in sé una parte di virtù o di<br />

sapienza o di giustizia sono apprezzate più di ciascuno di questi valori,<br />

mentre riscontreremo che <strong>delle</strong> realtà che sono rimaste prive di bellezza<br />

nessuna è amata, ma tutte sono disprezzate, eccetto quante siano entrate<br />

in contatto con questa forma ideale, e riscontreremo anche che la<br />

virtù è così rinomata soprattutto per il fatto che è la più bella fra tutti<br />

gli oggetti di dedizione. Ancha a partire da un altro punto di vista si<br />

potrebbe comprendere quanto la bellezza si distingua dagli altri beni,<br />

considerando cioè gli atteggiamenti che noi assumiamo verso ciascuno<br />

di essi. Infatti, degli altri beni di cui ci troviamo ad aver bisogno, noi<br />

vogliamo soltanto entrare in possesso, ma non ne restiamo più a lungo<br />

toccati nell’animo. Invece <strong>delle</strong> cose belle sorge in noi un amore, che<br />

è dotato di forza di desiderio tanto più grande, quanto più pregevole<br />

è l’oggetto d’amore. Inoltre nei confronti di coloro che si distinguono<br />

in intelligenza o in qualche altra caratteristica noi proviamo invidia, a<br />

66


Il sorriso di Venere: la bellezza attraverso la lettura dei classici di Carla Mugnai<br />

meno che essi beneficandoci di giorno in giorno non ci attraggano a sé e<br />

non ci costringano ad amarli; invece nel momento stesso in cui vediamo<br />

<strong>delle</strong> persone belle diventiamo ben disposti nei loro confronti e soltanto<br />

a loro, come a divinità, non ci esimiamo dall’attribuire venerazione.<br />

(Isocrate, Elena, 54)<br />

Elena – la donna più bella del mondo - come la rappresenterà<br />

Saffo: [D3]<br />

“Elena che superava ogni donna in bellezza, abbandonato il suo illustre<br />

marito, andò a Troia per mare scordando del tutto la figlia,<br />

e i genitori.<br />

La dea di Cipro tutta la travolse nel folle amore”<br />

Eppure a tanto splendore di grazia e di seduzione si intrecciano<br />

segni inquietanti di lutto e di timore. Nel poema omerico che<br />

per primo la celebra e ne costruisce il mito, Elena compare infatti<br />

come premio della Eris, della contesa, da cui deriva Ares, la guerra.<br />

Già nell’Iliade dunque è una figura ambigua: è dono di Afrodite<br />

a Paride ed è sciagura per il popolo dei Teucri.<br />

A questo proposito, Eschilo dirà di lei: “Il nome di Elena, la sposa<br />

di guerra, la donna contesa; poiché Elena, la sterminatrice di navi,<br />

di uomini, di città, lasciando le preziose coltri del talamo, salpò via,<br />

portata dal soffio di un vento gagliardo… “ (Eschilo, Agamennone,<br />

691-698) [D4]<br />

Sul nome Elène Eschilo costruisce le figure retoriche dell’enumerazione<br />

e dell’etimologia, derivando il nome stesso della donna<br />

dall’azione di sterminare e declinandolo in tre variazioni [D5]<br />

Elène diventa così :<br />

èlaunos,<br />

èlandros, la sterminatrice di uomini<br />

67<br />

di navi<br />

elèptolis di città


Dell’Estetica<br />

Siamo di fronte al potere grande e temibile di una donna fatale,<br />

dove Fatale ha ancora il significato originario del termine, derivato<br />

da Fato.<br />

Fatale è quindi attribuito alla persona che con la sua sola presenza<br />

può cambiare il destino degli uomini che incontra , in<br />

modo drammatico e spesso con esiti tragici.<br />

Fatale infatti è anche Achille per Andromaca, lui che le ha ucciso<br />

padre e fratelli in un sol giorno, trasformando la sua esistenza<br />

da quella di pricipessa onorata nella sua terra a straniera in cerca<br />

di rifugio e che poi le ucciderà anche il marito e la ridurrà da moglie<br />

amata, anche se straniera e fuggitiva, in schiava degli Achei.<br />

Questo è il potere che Venere ha donato col suo sorriso alla sua<br />

protetta, alla prediletta, a Elena scegliendola come esempio insuperabile<br />

di incanto e seduzione per ogni uomo che la ammiri.<br />

Oggetto del desiderio<br />

La donna Fatale che ti cambia il destino, Elena splendente, bellissima,<br />

meraviglia per i mortali .<br />

Eppure Omero non la descrive mai nei suoi tratti somatici.<br />

Quando il poema la presenta per la prima volta, nel terzo libro,<br />

essa è intenta a tessere: [D6]<br />

Iris intanto venne messaggera ad Elena dalle bianche braccia…<br />

La trovò nella stanza: quella tesseva un gran manto<br />

doppio, tinto di porpora, e molte avventure ci ricamava<br />

che i Troiani, provetti cavalieri, e gli Achei vestiti di bronzo<br />

affrontarono a causa di lei sotto i colpi di Ares.<br />

(Iliade III , 121/191 trad. G.Cerri)<br />

Iride la convince a recarsi sulle mura della città, per assistere<br />

al combattimento, infondendole il desiderio di rivedere la sua<br />

gente, il suo primo marito e forse i suoi fratelli – Castore e Polluce<br />

– che Elena crede ancora in vita .<br />

Sulla torre, vicino alle porte Scee, incontra Priamo e tutti i nobili<br />

anziani della città che ne ammirano la bellezza, ma vorrebbero<br />

allontanarla: [D7]<br />

68


Il sorriso di Venere: la bellezza attraverso la lettura dei classici di Carla Mugnai<br />

Non è motivo di biasimo, se per tale donna a lungo<br />

Troiani e Achei sopportano dolori:<br />

maledettamente somiglia d’aspetto alle dee immortali<br />

Ma tuttavia pur così bella sulle navi ritorni,<br />

che a noi e ai nostri figli non resti sventura in futuro.<br />

(ibidem)<br />

La messaggera degli dei l’ha condotta sulle mura per assistere<br />

al duello tra il suo primo marito Menelao e l’attuale compagno<br />

Alessandro, duello di cui ancora una volta Elena sarà il premio<br />

promesso al vincitore:<br />

In duello si batteranno per te:<br />

di chi riuscirà vincitore sarai detta sposa legittima.<br />

(ibidem)<br />

Elena è premio, oggetto della contesa (oggetto del desiderio potremmo<br />

dire secondo la terminologia di Propp) e come oggetto<br />

è rappresentata .<br />

Seguiamo quello che dice Nicole Loraux in Il femminile e l’uomo<br />

greco nel suo intervento intitolato Il fantasma della sessualità: [D8]<br />

Elena vive al di fuori di Elena come oggetto bramato e per questo<br />

sono usati ampiamente i neutri<br />

àgalma (¥galma), cosa preziosa,<br />

kallìsteuma, (kall… steuma) cosa bella,<br />

tèras (tšraj) cosa straordinaria,<br />

thàuma (qaÚma) cosa prodigiosa,<br />

ma anche<br />

pèma (pÃma) flagello<br />

Successivamente la incontriamo a parlare per sette volte e ogni volta<br />

sarà per cercare di mettere a distanza colei che parla da quella che gli<br />

altri vedono<br />

La bellezza che Elena ha ricevuto in misura superiore a ogni<br />

69


Dell’Estetica<br />

altra donna sulla terra è dunque una misteriosa e potente energia<br />

che attrae su di sé gli sguardi e i desideri degli uomini conquistati<br />

dalla sua immagine , senza alcuna volontà da parte sua.<br />

Molti eroi saranno vittima di questo potere seduttivo.<br />

Teseo la rapì quando era ancora una fanciullina.<br />

Tutti i principi greci la desiderarono in moglie e Tindaro che<br />

l’aveva allevata nella sua casa pretese da loro il patto di solidarietà<br />

- stipulato tra tutti i testimoni del matrimonio di Elena col<br />

prescelto Menelao - che spingerà gli stessi, con a capo Agmennone,<br />

a dichiarare guerra a Troia.<br />

Paride la rapirà per compiere la promessa di Venere.<br />

Alla morte di Paride sarà ancora contesa tra altri due figli di<br />

Priamo: Eleno e Deifobo e verrà assegnata al più valoroso Deifobo.<br />

Il mito ci dice che Elena odiava il suo terzo marito Deifobo tanto<br />

da ucciderlo lei stessa, secondo una tradizione o comunque<br />

tanto da festeggiare alla notizia della sua morte per mano di Menelao,<br />

il marito col quale voleva tornare.<br />

L’amante : Alessandro – simile-a-un-dio<br />

Femme fatale. Oggetto del desiderio. Dotata di grande potere di<br />

seduzione.<br />

Eppure oltre che seduttrice l’Elena di Omero appare anche e<br />

soprattutto come sedotta. [D9]<br />

Lo vediamo nel suo rapporto con Paride Alessandro l’amante<br />

che l’ha rapita dal palazzo dov’ era ospite e l’ha condotta a Ilio:<br />

anche a lui la dea Afrodite ha sorriso, in lui si compiace in modo<br />

particolare e a lui ha donato parte del suo potere, come ha fatto<br />

per la figlia di Leda e di Zeus: Elena di Sparta.<br />

Ma mentre nella donna splendente e maledettamente bella il<br />

dono divino del fascino è vissuto in modo drammatico come<br />

conflitto tra istinto e ragione, tra piacere e virtù e poi diventerà<br />

il conflitto tra apparire ed essere, Alessandro mostra un altro<br />

aspetto del dono, del sorriso di Venere.<br />

In lui, come in Elena, la bellezza è dono divino.<br />

Quando entra in scena, all’inizio del terzo libro, nell’episodio<br />

70


Il sorriso di Venere: la bellezza attraverso la lettura dei classici di Carla Mugnai<br />

del duello con Menelao, Omero lo designa con un epiteto che lo<br />

accompagna sempre: Alessandro – simile-a-un-dio: [D10]<br />

Quando (i due eserciti) furono di fronte,<br />

alla testa dei Troiani era Alessandro -simile-a-un-dio;<br />

sulle spalle una pelle di pardo e l’arco ricurvo e la spada.<br />

(Iliade III, 15-17)<br />

Bello ed elegante con le sue armi e le pelli esotiche. Poco oltre<br />

dirà: [D11]<br />

[come un leone affamato che si imbatte in un cervo o in un capro<br />

selvatico]<br />

così gioì Menelao dinanzi a sé vedendo Alessandro – simile-a-un-dio<br />

e ancora:<br />

Ma non appena lo vide,<br />

Alessandro – simile-a-un-dio rimase atterrito in cuor suo<br />

e si tirava indietro nel gruppo dei compagni per schivare la morte.<br />

Come uno che ha visto un serpente…<br />

(Iliade III, 30-33)<br />

Bellezza, splendore, eleganza, ma non accompagnate dalle virtù<br />

dell’uomo antico: onore e coraggio.<br />

Come gli rimprovera il fratello Ettore, che lo vede ricoprirsi di<br />

infamia davanti a tutti, perché non ha il coraggio di affrontare in<br />

battaglia il primo marito della donna che lui ha rapito, violando<br />

i doveri dell’ospitalità.<br />

Ettore ci dà la sintesi della natura e del carattere di Alessando: [D12]<br />

Paride maledetto, per bellezza il più valoroso, pazzo di donne,<br />

ingannatore… ridono gli Achei<br />

a pensare che il nostro campione primeggia, perché ha bello<br />

l’aspetto, ma non ha forza nel cuore né un po’ di coraggio.<br />

Non affronteresti dunque Menelao?<br />

Capiresti che uomo è colui del quale possiedi la sposa fiorente;<br />

non ti sarebbe d’aiuto la cetra né quanto ti ha dato Afrodite,<br />

la bellezza e la chioma, quando fossi lì nella polvere a batterti.<br />

(Iliade III, 40 - 55)<br />

71


Dell’Estetica<br />

C’è un riferimento diretto alla bellezza del corpo, in particolare<br />

ai lunghi capelli biondi, sciolti sulle spalle, e all’abilità nella musica,<br />

nel canto e nella danza.<br />

Queste attività nella società greca di epoca classica erano spesso<br />

esercitate con grande abilità da uomini d’arme senza nessuno<br />

scandalo, basta pensare a quello che ci dice Plutarco a proposito<br />

del generale tebano Epaminonda, grande stratega e esperto musicista<br />

e ballerino .<br />

Al contrario nella civiltà di cui Ettore fa parte - più arcaica e<br />

orientalizzante- come poi sarà nel mondo romano , musica, canto<br />

e danza sono attività ritenute effeminate, inadatte ad un uomo e<br />

in particolare ad un combattente.<br />

Il duello tra Paride e Menelao<br />

Vediamo cosa risponde Paride al fratello Ettore: [D13]<br />

A lui disse in risposta Alessandro – simile-a-un-dio<br />

(hai ragione anche se le tue parole sono taglienti come la scure<br />

che taglia il legno per le navi)<br />

non mi rinfacciare i gradevoli doni di Afrodite d’oro:<br />

non si possono certo respingere i doni preziosi degli dei,<br />

quelli che loro concedono, né si può scegliere a proprio piacere.<br />

(Iliade III 64 - 66)<br />

Ecco che il nostro eroe, per così dire, si giustifica dicendo, in<br />

sostanza, non è colpa mia se sono fatto così.<br />

Ma poi continua dichiarandosi pronto ad affrontare il rivale in<br />

un duello che metta fine alla contesa e alla guerra .<br />

Sappiamo come andrà a finire il duello, con Menelao che lo<br />

vince e, afferrato il rivale per la criniera dell’elmo, lo trascina verso<br />

l’esercito acheo, ma Afrodite interviene e spezza la cinghia del<br />

sottogola, liberando il suo pupillo: una fortuna sfacciata che a<br />

volte tocca ai giovani imprudenti che osano sfidare la sorte.<br />

A Menelao furioso resta in mano solo l’elmo, mentre Paride<br />

scompare sotto gli occhi di Elena e di tutti i presenti.<br />

Elena, che poi sarà chiamata dalla dea a raggiungere il suo<br />

amante con queste parole: [D14]<br />

72


Il sorriso di Venere: la bellezza attraverso la lettura dei classici di Carla Mugnai<br />

Su vieni, Alessandro ti manda a dire di tornartene a casa.<br />

Lui è già in camera, sopra il letto tornito con arte,<br />

splendente di bellezza ed eleganza; non diresti davvero<br />

che torni da uno scontro corpo a corpo, ma piuttosto che vada<br />

ad un ballo, o abbia smesso appena e si riposi dal ballo.<br />

Elena risponde con sdegno al richiamo d’amore, accusa Afrodite<br />

di volerla trascinare nel fango , le chiede provocatoriamente<br />

se non vorrà portarla ancora ad altri letti, in altri paesi, ancora<br />

più lontano dalla sua terra, seguendo qualche altro uomo caro<br />

alla dea: [D15]<br />

Io non andrò laggiù a preparare il suo letto<br />

– sarebbe vergognoso davvero.<br />

E anche quando la dea la costringe con minacce di morte a<br />

seguirla fino nella stanza e lei stessa pone un sedile proprio di<br />

fronte a Paride:<br />

Elena figlia di Zeus vi si mise a sedere distogliendo altrove lo sguardo<br />

e rimproverando lo sposo di non essere piuttosto caduto in<br />

duello, lo sfida a ritornare sul campo e ad affrontare di nuovo<br />

Menelao che lui tante volte si è vantato di superare in forza e<br />

abilità.<br />

La regina di Sparta dimostra tutto il suo tormento per il disonore<br />

di avere un amante così poco valoroso, la vergogna di fronte<br />

alle donne Troiane che sparleranno di lei, la mancanza di stima<br />

per questo sposo leggero e incostante; l’amante non-amato di cui<br />

abbiamo detto.<br />

Ma, mentre mostra tanto sdegno, non può del tutto nascondere<br />

l’emozione forte che la possiede di fronte all’uomo che l’ha<br />

sedotta, inducendola ad abbandonare marito, famiglia e patria:<br />

tutto per lui ha lasciato la regina sposa del re di Sparta Menelao.<br />

Già al primo richiamo della dea dell’Amore Elena ha avuto un<br />

sussulto, un tremito del cuore al pensiero dell’amante in attesa<br />

di lei: Disse così, e le scosse l’animo in petto… ebbe allora un sussulto.<br />

Quando poi gli è di fronte nella stanza da letto, distoglie lo<br />

73


Dell’Estetica<br />

sguardo in segno di disprezzo, ma anche per tentare di evitare la<br />

seduzione di Paride, perché si sente invadere dal desiderio di lui.<br />

Infine davanti alla forza seduttiva <strong>delle</strong> sue parole cede senza<br />

ritegno: [D16]<br />

(non mi tormentare, dice Paride, oggi ha vinto lui e domani sarò<br />

io il vincitore)<br />

Ma vieni, mettiamoci a letto e godiamo l’amore:<br />

mai il desiderio di te mi ha sconvolto la mente con tanta violenza<br />

neppure il primo giorno in cui mi sono unito a te d’amore e di letto<br />

tanto ora ho voglia di te e dolce mi prende il desiderio.<br />

Disse e s’avviò al letto per primo: lo seguì la sua donna .<br />

Seduzione e narcisismo<br />

Ritroviamo Paride Alessandro nel VI libro, quando Ettore, tornando<br />

in città per chiedere sacrifici ad Atena, lo va a cercare nelle<br />

sue stanze, e di nuovo si mostra pronto a combattere .<br />

Ettore sorride e crede al cambiamento.<br />

Omero ce lo descrive mentre va verso il fratello, correndo veloce,<br />

orgoglioso e felice del proprio corpo, del vigore giovanile di<br />

tutte le sue membra: [D17]<br />

come un cavallo stallone appena nutrito alla greppia<br />

strappa la corda e galoppa felice nel piano<br />

…orgoglioso tiene alta la testa, intorno i suoi crini<br />

svolazzano sopra le spalle; egli gode del proprio vigore.<br />

Paride, a differenza di Elena, non manifesta mai sensi di colpa;<br />

i doni di Afrodite che egli ha ricevuto sono bellezza seduttiva e<br />

amore per i piaceri della vita, così come leggerezza di mente e di cuore.<br />

Agisce senza pensare alle conseguenze dei suoi atti, promette e<br />

dimentica le promesse, fa dei propositi ai quali non tiene fede,<br />

segue l’istinto e il piacere del momento.<br />

Un attimo prima si presenta davanti agli eserciti schierati provocando<br />

i più forti eroi, fiero <strong>delle</strong> sue armi esotiche e lucenti, un attimo<br />

dopo si ritira timoroso; sfida a duello il rivale per compiacere il<br />

fratello e poi scompare senza vergogna nelle sue stanze per giorni,<br />

mentre fuori continua la carneficina che lui stesso ha provocato.<br />

74


Il sorriso di Venere: la bellezza attraverso la lettura dei classici di Carla Mugnai<br />

Quella di Paride è forse la forma più potente di seduzione: è il<br />

potere seduttivo dei bambini, l’irresistibile grazia dei giovanissimi,<br />

la magica onnipotenza narcisistica di un individuo egocentrico<br />

prima della costruzione di una coscienza di sé in relazione agli<br />

altri e alle regole della convivenza.<br />

Ad Alessandro simile a un dio,come ai bambini, tutto si finisce<br />

per perdonare, il suo fascino è ben lontano da quello fatale e tragico<br />

di Elena, ma non meno intenso.<br />

L’idolo <strong>delle</strong> genti<br />

La questione della colpa di Elena è stata a lungo dibattuta, già<br />

dagli antichi : possiamo ricordare la difesa di Gorgia e soprattutto<br />

la palinodia di Stesicoro.<br />

Ma qui vorrei solo accennare a questa tradizione secondaria,<br />

posteriore ad Omero e molto più, diremmo, moderna e cioè la<br />

leggenda di Elena che non andò mai a Troia.<br />

Già nel mito narrato da Stesicoro nella sua Palinodia Elena segue<br />

Paride a Ilio soltanto come eidolon (idolo), immagine; in realtà<br />

la regina si rifugia in Egitto.<br />

Euripide nella tragicommedia Elena segue la variante di Stesicoro<br />

e ne fa oggetto di riflessione profondamente moderna .<br />

“Il pensiero corre, per associazione, a Platone che afferma nella Repubblica<br />

che il piacere sessuale è il fantasma del vero piacere e per questo<br />

èeidolon si combatte come si combatteva sotto Troia per il fantasma di<br />

Elena, non conoscendo la verità.”(N. Loraux)<br />

In Euripide (nel V sec. a.C.) Elena prende subito distanza dal<br />

mito e dato che a Troia è stato portato un fantasma, Paride a Menelao<br />

non ha sottratto la sposa, ma ha rapito solo una bambola<br />

d’aria, (èidolon èmpnoun) come dice Euripide, un fantasma che<br />

vaga sempre oltremare. L’Elena condotta a Troia è un idolo, cioè<br />

una apparenza vuota, un’immagine d’aria [D18].<br />

La vera Elena si è rifugiata in Egitto dove Menelao la ritroverà<br />

nel nòstos, nel viaggio di ritorno.<br />

Ecco il momento in cui la regina rivela la verità al messaggero<br />

che la incontra sulla spiaggia d’Egitto: [D19]<br />

75


Dell’Estetica<br />

Teucro “… alla marina Cipro, ove l’oracolo<br />

d’Apollo disse che abitato avrei,<br />

che il nome avrei di Salamina all’isola<br />

posto, in ricordo della patria antica…<br />

Elena<br />

Quella è un fantasma: a Troia io non andai…<br />

Nunzio<br />

Che dici?Le nostre pene furono per una nuvola?”<br />

(Euripide, Elena - trad. E. Romagnoli)<br />

L’incontro con la persona reale dimostrerà al re, agli achei (e a<br />

tutti noi) due verità incontestabili: che la guerra non ha mai una<br />

ragione reale e che la fama di una persona vive una vita distinta<br />

dal soggetto che l’ha ispirata.<br />

È ancora per questo che immagini fatte di luce, proiettate sul<br />

piccolo o sul grande schermo, sono così pronte a trasformarsi in<br />

idoli per la folla che le ammira, senza conoscerle.<br />

La potenza di Eros<br />

Paride ed Elena, una coppia male assortita si direbbe, eppure<br />

unita da un vincolo fortissimo, che va contro ogni ragione.<br />

Paride non fa niente per compiacere Elena, non capisce i suoi<br />

desideri, trova fastidiose le sue osservazioni, le sue promesse<br />

sono scritte nel vento.<br />

Elena non ha stima del suo compagno, sente la colpa e il biasimo<br />

degli altri su di loro, questa situazione le fa perdere anche la<br />

stima di se stessa (io, faccia di cagna – dice al cognato – meglio sarebbe<br />

non fossi mai nata) [D20], ma entrambi sono attratti in modo<br />

irresistibile dalla dea Afrodite, e da suo figlio, simbolo della forza<br />

primordiale dell’eros.<br />

Di quel dio terribile così cantato da Saffo: [D21]<br />

Eros,<br />

belva dolce-amara,<br />

invincibile,<br />

simile a vento scatenato fra querce sui<br />

monti,<br />

nell’intimo<br />

76


Il sorriso di Venere: la bellezza attraverso la lettura dei classici di Carla Mugnai<br />

mi eccita e sconvolge,<br />

Eros scioglimembra<br />

Gli antichi sapevano bene quanto potesse essere travolgente,<br />

quindi anche distruttiva, la forza del desiderio: è significativo<br />

il quarto coro dell’Antigone, in cui Sofocle presenta la triplice<br />

potenza che presiede alla passione e alla sessualità (Eros, Imeros,<br />

Afrodite). Una potenza che invade ugualmente animali, dei<br />

immortali e uomini mortali, simile alla follia, che fa delirare e<br />

suscita guerre tra padri e figli; accesa da niente altro che dalla<br />

curva tenera della guancia di una ragazza o dalla vibrazione di<br />

luce che emana da sotto le sue ciglia:<br />

Eros,<br />

nella lotta invincibile,<br />

Eros, che sulle bestie ti slanci<br />

e vigili sulle tenere guance<br />

della ragazza,<br />

tu che scavalchi il mare<br />

e penetri anche nelle capanne dei poveri:<br />

non immortale,<br />

non umano, che campa una giornata,<br />

può sfuggirti.<br />

Delira chi è colmo di te.<br />

Anche la mente dei giusti<br />

tu trascini all’ ingiustizia,<br />

e al disastro;<br />

tu hai scatenato questa<br />

guerra<br />

fra consanguinei.<br />

Desiderio,<br />

nato dagli occhi<br />

della donna, dell’incanto<br />

lucente vibrazione<br />

dalle ciglia della donna amata:,<br />

potere che siede tra Potenze regolatrici della vita<br />

sta fra le leggi fondamentali del mondo,<br />

splendente trionfa.<br />

È nel gioco la celeste<br />

Afrodite, che disarma.<br />

77


Seduce invincibilmente<br />

la dea Afrodite.<br />

(Sofocle, Antigone)<br />

Dell’Estetica<br />

Elena suscita l’hìmeros, il desiderio amoroso; ma lei non ricambia<br />

questo desiderio e vi soggiace solo dopo l’imposizione di<br />

Afrodite. Sembra più forte la dimensione del pòthos del desiderio<br />

di ciò che è assente, che essa stessa prova e di cui è oggetto.<br />

Li unisce dunque un amore, per così dire, a una sola dimensione,<br />

è il desiderio nato dalla bellezza, che si nutre di possesso,<br />

indifferente a qualsiasi altro valore e che di questo nutrimento<br />

non è mai realmente saziato né può godere.<br />

Amore e Psiche<br />

Per avvicinare un concetto diverso della bellezza e trovare altre<br />

dimensioni dell’amore prendiamo in considerazione, questa volta<br />

più brevemente, un testo latino molto posteriore, ma altrettanto famoso:<br />

la novella di Amore e Psiche, dal romanzo Metamorfosi di Apuleio.<br />

[D22]<br />

Il titolo Metamorphoseon libri conobbe presto la concorrenza di<br />

quello con cui l’opera fu indicata da Agostino di Ippona nel De<br />

civitate Dei (XVlll, 18): Asinus aureus, L’asino d’oro.<br />

Le Metamorfosi di Apuleio - sotto l’apparenza di una lettura di<br />

puro svago, intessuta di episodi umoristici e licenziosi - assume<br />

in realtà i caratteri del romanzo di formazione. [D23]<br />

Nella vicenda del giovane Lucio, che, trasformato in asino<br />

dalla sua curiosità , deve affrontare e risolvere diverse peripezie<br />

per riconquistare l’umanità perduta, viene rappresentato simbolicamente<br />

il passaggio dall’adolescenza, governata dall’istinto,<br />

all’età della ragione.<br />

La favola di Amore e Psiche, grazie al rilievo derivante dalla posizione<br />

centrale nel romanzo e dalla lunga estensione (64 capitoli),<br />

assume valore di premonizione nei confronti del destino di<br />

Lucio, il protagonista del romanzo.<br />

Il nostro eroe, nella sua nuova forma di asinello, è caduto nelle<br />

78


Il sorriso di Venere: la bellezza attraverso la lettura dei classici di Carla Mugnai<br />

mani dei predoni che se ne servono per trasportare le merci rubate<br />

nella loro caverna; qui è tenuta prigioniera una giovane, rapita<br />

poco prima e affidata ad una vecchia governante.<br />

Per consolare e distrarre la giovinetta dai suoi terrori, la governante<br />

le racconta la favola di Psiche, mentre l’asino Lucio, in<br />

disparte, ascolta con attenzione. [D24]<br />

La trama rispecchia tradizioni favolistiche note in tutti i tempi:<br />

Psiche, la figlia minore di un re, suscita l’invidia di Venere a causa<br />

della sua straordinaria bellezza, e viene, per volere della dea,<br />

data in preda a un mostro.<br />

Cupido, figlio di Venere, vedendola, se ne innamora e la libera,<br />

portandola al sicuro in un castello, dove ne diviene l’amante.<br />

Alla fanciulla, che ignora l’identità del dio, è negata la vista<br />

dell’amato, pena l’immediata separazione da lui. Tuttavia, istigata<br />

dalle due sorelle invidiose, Psiche non resiste al divieto e<br />

spia Amore mentre dorme: dalla lucerna accesa una goccia di<br />

olio bollente cade sulla spalla di Cupido che si sveglia.<br />

Il giovane, gravemente ferito, è costretto ad abbandonare la<br />

sua sposa e rifugiarsi nel palazzo della madre per essere curato.<br />

La prova che Psiche ha fallito è la fiducia nello sposo e la ferita<br />

che mette in pericolo Amore è stata in realtà inferta al loro legame.<br />

Le prove per ritrovare Amore<br />

All’inevitabile, immediato distacco pone rimedio la dolorosa<br />

espiazione cui Psiche si sottomette, attraverso varie esperienze.<br />

La fanciulla si presenta infatti da Venere per chiedere di rivedere<br />

lo sposo e la dea ha l’occasione per compiere la sua vendetta:<br />

la fa tormentare dalle sue ancelle Solitudine, Tristezza e Angoscia,<br />

la insulta e percuote in ogni modo e poi le propone tre prove<br />

impossibili. [D25]<br />

Psiche le supererà, ma non da sola, bensì con aiuti straordinari:<br />

saranno le formiche a insegnarle la pazienza assolvendo per lei<br />

l’incarico di separare una montagna di sette tipi di semi diversi.<br />

I giunchi del lago le insegneranno l’umiltà che induce a piegarsi alle circostanze,<br />

suggerendole il modo migliore di raccogliere un ricciolo d’oro<br />

dal vello di capre feroci, che Venere pretende come seconda prova.<br />

L’acqua nera della roccia dei draghi sarà infine raccolta da<br />

79


Dell’Estetica<br />

un’aquila che, volando alto, le mostra come liberarsi dal peso<br />

dell’angoscia che opprime, dal male di vivere che gli antichi<br />

chiamavano accidia e che scorre nel profondo della nostra anima<br />

come nera palude custodita dai nostri mostri.<br />

Ma Venere ha in serbo per lei un’ultima trappola e la incarica di<br />

recarsi nell’ Orco per portarle un po’ della bellezza di Proserpina.<br />

Quando la giovane si trova tra le mani la preziosa cassettina che<br />

Proserpina le ha affidato, non resiste alla tentazione di aprirla.<br />

Ora che le prove sono finite, ella sta per rivedere finalmente lo<br />

sposo, ma teme che lui la trovi troppo sciupata dalle sofferenze e<br />

allora perché non usare per sé appena un soffio di quella magica<br />

pozione? Dallo scrigno esce un Sonno Mortale che la avvolge;<br />

questa volta sarà però Amore stesso, ormai guarito dalla ferita,<br />

a salvarla.<br />

La novella si conclude felicemente con gli onori tributati a Psiche,<br />

assunta a dea, e le nozze con Amore; i due vivranno insieme<br />

e dalla loro unione nascerà Voluptas, cioè la Gioia di vivere.<br />

Bellezza e amore come dono di sé<br />

Quale significato ha quest’opera? Oltre ad avere introdotto il<br />

genere narrativo della novella fantastica con elementi magici<br />

possiamo vedere altri aspetti.<br />

I protagonisti sono : Cupido, cioè il desiderio d’amore, l’eros, il<br />

corpo e Psiche, la conoscenza, lo spirito, l’anima.<br />

Amore non vuole essere visto nel suo aspetto esteriore, ma avvicinato<br />

da ogni altro senso tranne gli occhi.<br />

Le prove a cui Psiche si è sottoposta per riconquistare lo sposo<br />

perduto, al servizio della dea Venere sono il dono di sé, oltre ogni<br />

fatica, fino al sacrificio. [D26]<br />

Il lieto fine rappresenta una nuova capacità di amare attraverso<br />

il ricongiungimento di corpo e anima. Amore che non è soltanto<br />

eros ma anche filia. Filia come conoscenza dell’altro, della sua<br />

interiorità.<br />

Filia è anche fiducia e complicità, nello stesso senso in cui Catullo<br />

dice a Lesbia: [D27]<br />

80


Il sorriso di Venere: la bellezza attraverso la lettura dei classici di Carla Mugnai<br />

Dicebas quondam solum te nosse Catullum<br />

Lesbia, nec prae me velle tenere Iovem.<br />

Dilexi tum te non tantum ut vulgus amicam<br />

sed pater ut gnatos diligit et generos.<br />

Ti ho amato non solo come amante ma anche come padre verso i figli<br />

Amore come dono di sé e scoperta dell’altro, dove la bellezza ha molte<br />

dimensioni e dall’infatuazione si passa al legame affettivo profondo.<br />

È il foedus, il patto di eterna amicizia che Catullo prega gli venga<br />

concesso dagli dei: [D28]<br />

Iucundum, mea vita, mihi proponis amorem<br />

hunc nostrum inter nos pepetuumque fore.<br />

Di magni, facite ut vere promittere possit,<br />

atque id sincere dicat et ex animo,<br />

ut liceat nobis tota perducere vita<br />

aeternum hoc sanctae foedus amicitiae<br />

(grandi dei, fate che sia consentito a noi per tutta la vita rispettare questo<br />

eterno patto di santa amicizia)<br />

Seguendo i testi abbiamo dunque tracciato un percorso letterario<br />

che dalla seduzione e dall’eros ci ha portato al dono di sé e<br />

alla filia. [D29]<br />

Manca ancora una dimensione all’amore come noi oggi lo concepiamo<br />

ed è l’agape, la comunione, non in senso sacro, ma come<br />

condivisione di un progetto di vita comune.<br />

Perché questo si realizzi, almeno culturalmente, occorre che il<br />

cristianesimo celebri il mistero di Maria e dia alla donna la pari<br />

dignità, fondando la coppia sul consenso reciproco. [D30]<br />

Questo è il senso dell’annuncio di Gabriele alla giovane, scelta tra<br />

tutte le donne e invitata a rispondere liberamente alla chiamata.<br />

Qualcuno ha detto che in quel momento, dopo le parole dell’angelo,<br />

in quel momento eterno di silenzio, Dio tremava d’amore in<br />

attesa della risposta, che viene con semplicità: Eccomi.<br />

Ci dobbiamo fermare qui, anche se il percorso è stato solo tracciato.<br />

Grazie a voi tutti per la straordinaria cortesia e attenzione che<br />

mi avete dimostrato.<br />

81


Riferimenti bibliografici<br />

Dell’Estetica<br />

• L’asino d’oro. Metamorphoseon libri, Apuleio.<br />

• Passato prossimo, Cantarella E.<br />

• Liber, Catullo.<br />

• Elena, Euripide, trad. E. Romagnoli.<br />

• Sonetti, Foscolo U.<br />

• L’immaginario epico, Longoni V.<br />

• Il fantasma della sessualità’ in Il femminile e l’uomo greco...,<br />

Loraux N.<br />

• Iliade, Omero, trad. G.Cerri e V. Longoni.<br />

• Antigone, Sofocle, trad. E. Romagnoli.<br />

82


Dell’estetica ovvero<br />

del corpo in movimento (*)<br />

AVVERTENZA<br />

Lo scritto che segue acquista un senso se viene accompagnato dai filmati inseriti<br />

nel cd allegato alla pubblicazione e da quelli fruibili sottoforma di link,<br />

quindi disponendo del collegamento ad internet durante la lettura.<br />

L’avvertenza è d’obbligo poichè la tematica oggetto della mia breve trattazione,<br />

se legata alla sola parola, è tarpata della sua componente vitale: il corpo<br />

in movimento.<br />

Per collegarsi al link premere il tasto Ctrl + cliccare con il tasto sinistro del<br />

mouse sull’indirizzo interessato all’apparire della manina.<br />

Il corpo in movimento, attraverso la parola, è complicato da<br />

descrivere e, soprattutto, difficile da comprendere, assai noioso da<br />

seguire. Il corpo in movimento ha bisogno di essere almeno osservato,<br />

se non davvero vissuto, per essere compreso. Ecco perché<br />

l’intervento collegato alla disciplina dell’educazione fisica, inserito<br />

nel ciclo di incontri “Dell’Estetica”, non ha potuto che muoversi<br />

attraverso lo scorrere di filmati che hanno aiutato a raccontare<br />

alcuni degli aspetti dell’universo che può esprimere la persona<br />

quando si muove.<br />

La parola precedeva, seguiva o accompagnava l’esperienza visiva:<br />

giustificava le scelte di chi andava raccontando del corpo in<br />

movimento attraverso le immagini, aiutava a sottolineare alcuni<br />

elementi particolari.<br />

Alla richiesta di aggiustare il materiale della conferenza per<br />

inserirlo in una pubblicazione ho risposto che non aveva senso<br />

parlare del corpo in movimento, anzi del bello del corpo che si<br />

muove, immobilizzandolo dentro alla parola, schiacciandolo su<br />

83<br />

di Alessandra De Mori<br />

(*) Questa relazione è corredata da filmati <strong>contenuti</strong> nel compact disc allegato al<br />

volume.


Dell’Estetica<br />

una pagina, niente filmati, niente immagini, niente movimento.<br />

D’altro canto il gruppo di lavoro del <strong>Liceo</strong> <strong>Varchi</strong>, nella diversità<br />

degli elementi scelti, <strong>delle</strong> discipline implicate, dei tagli e degli<br />

stili utilizzati, aveva lavorato sodo, si era divertito, aveva raccolto<br />

<strong>delle</strong> soddisfazioni: mi dispiaceva togliere dal gioco proprio la<br />

disciplina che attraverso il gioco esprime una parte importante<br />

di se stessa anche se certamente non l’unica. Diciamo che il gioco<br />

si è trasformato in sfida, sfida nel tentare di narrare del bello<br />

del corpo in movimento: piccola sfida se il lettore terrà conto del<br />

suggerimento dato nell’avvertenza.<br />

Dell’ Estetica ovvero Il corpo in movimento<br />

1° sfida<br />

Quale corpo? Il corpo dell’essere umano inteso come persona<br />

in qualsiasi fase del suo sviluppo.<br />

Perché ho sentito di dover specificare dell’essere umano inteso<br />

come persona ?<br />

Rispondo riportando fedelmente da uno scritto di U.Galimberti<br />

e proseguendo in modo autonomo:<br />

[…] Da centro di irradiazione simbolica nella comunità primitiva, il<br />

corpo, infatti, è diventato in occidente “il negativo di ogni valore” che<br />

il gioco dialettico <strong>delle</strong> opposizioni è andato accumulando. Dalla “ follia<br />

del corpo” di Platone alla “maledizione della carne” nella religione biblica<br />

dalla “lacerazione” cartesiana della sua unità alla sua “anatomia”<br />

ad opera della scienza[…].<br />

Il corpo è stato considerato, ed ancora troppo spesso è considerato,<br />

come altro e non come significante, come realtà in stretta<br />

osmosi con la parte psichica/intellettiva dell’essere umano,<br />

nel suo percorso di crescita e formazione dalla nascita sino alla<br />

morte. Insomma mi sono trovata nella necessità di stigmatizzare<br />

da subito, per comprendere lo sviluppo della mia piccola<br />

riflessione sull’Estetica come Corpo in Movimento, che il corpo<br />

è manifestazione della persona totale, della sua preziosità e della sua<br />

relazionalità.<br />

84


Dell’estetica ovvero del corpo in movimento di Alessandra De Mori<br />

2° sfida<br />

Quale movimento? Movimento naturale, movimento artistico,<br />

movimento tecnico.<br />

Per esempio strisciare-rotolare-camminare-correre-saltare-lanciare-afferrare-arrampicare-giocare-teatro-danza-mimo-attivitàcircense-ginnastica<br />

artistica/attrezzistica-ritmica-pattinaggio artistico-nuoto<br />

sincronizzato-tufffi-yoga-arti marziali-tutti gli altri sport<br />

individuali e di squadra… e si potrebbe continuare.<br />

Idealmente mi sono proposta di abbracciare qualsiasi forma del<br />

movimento umano; concretamente ed ovviamente il campo si è<br />

limitato ad alcune di queste.<br />

3° sfida<br />

Movimento e tempo:<br />

corpo e movimento considerati nel tempo.<br />

Come età della persona -come evoluzione della tecnica -come<br />

sviluppo della tecnologia- come cambiamento della moda- come<br />

adattamento alla “cultura”.<br />

La categoria temporale condiziona in modo inevitabile qualsiasi<br />

analisi si voglia affrontare rispetto al corpo in movimento;<br />

si può affermare , nello specifico, che la relazione estetica/corpo<br />

in movimento/tempo, porterebbe allo sviluppo di una trattazione<br />

lunga e articolata: porto solo due brevi esemplificazioni.<br />

Rispetto al terzo punto (sviluppo della tecnologia) per esempio,<br />

uno sport come lo sci da discesa ha visto un cambiamento<br />

sbalorditivo nell’utilizzo dei materiali e della tecnologia legata<br />

agli strumenti di questa attività che partendo dall’applicazione<br />

nel campo agonistico di alto profilo, si è estesa rapidamente coinvolgendo<br />

anche l’attività amatoriale. Grazie a questo apporto, apparentemente,<br />

si è semplificato l’iter per imparare a sciare; rispetto<br />

ad un paio di decenni fa sono molto più numerose le persone<br />

che scendono dalle piste apparentemente danzando, godendosi la<br />

piacevolezza della curva facile ed esprimendo globalmente un<br />

movimento anche bello ma gli incidenti con traumi gravi o gravissimi,<br />

sono così aumentati da portare alla formulazione di una<br />

legge (n.363/24dicembre2003) atta a normare la sicurezza sulle<br />

85


Dell’Estetica<br />

piste da sci che impegna gestori ed utenti in modo tassativo e<br />

che, purtroppo, non è bastata ad evitare numerosi incidenti mortali<br />

anche nella stagione in corso.<br />

Rispetto all’ultimo punto (adattamento alla cultura) vorrei esemplificare<br />

ponendo l’attenzione alla consuetudine del mordi e fuggi<br />

tipica anche del mondo del movimento e mi riferisco a tutta quella<br />

pletora di novità” nel campo di tecniche e metodiche di lavoro che<br />

si susseguono di anno in anno nelle varie palestre, centri fitness e<br />

luoghi addetti alla cura e al culto del corpo perché vi è la necessità<br />

della cosa nuova, diversa, sempre più efficace, sempre più rassicurante<br />

in termini di conquista di un corpo à la page.<br />

Dopo aver lanciato la sfida, ho meditato e scelto. Scelto di sviluppare<br />

la riflessione attraverso dei quesiti aperti, aperti a chi mi<br />

sta leggendo e riferiti in successione al movimento definito artistico,<br />

tecnico, naturale: tra le righe apparirà anche la mia risposta,<br />

ma il mio obiettivo è che ciascuno confezioni la sua risposta.<br />

1° quesito<br />

IL MOVIMENTO ARTISTICO: BELLO QUANDO?<br />

Quando esprime ritmo, espressività, emozione, sentimento,<br />

relazione, sensazionalità e quando “racconta” e suscita<br />

meraviglia, stupore, gioia, ognuno potrà aggiungere, togliere,<br />

modificare qualcosa.<br />

C’È UN PREZZO PER CHI LO PRATICA ?<br />

SE SI’, È SEMPRE BELLO ?<br />

La prima domanda ha una risposta abbastanza semplice da<br />

confezionare, per lo meno nelle linee essenziali: la visione dei<br />

filmati vi aiuterà a strutturare la vostra risposta.<br />

Momix<br />

http://www.youtube.com/watch?v=X8zxhugbZ_g<br />

Plushenko<br />

(Pattinaggio artistico su ghiaccio olimpiadi invernali Torino 2006)<br />

http://www.youtube.com/watch?v=RupZUDcsRIk&NR=1<br />

Fusarpoli Margaglio in Romeo Giulietta<br />

86


Dell’estetica ovvero del corpo in movimento di Alessandra De Mori<br />

http://video.libero.it/app/play?id=428a11478d758c066d3f43a517d90b26<br />

Carolina Kostner<br />

http://www.youtube.com/watch?v=nfUTDkfx70g<br />

Acrosport<br />

http://www.youtube.com/watch?v=5jkjSF2VwP4<br />

Ginnastica ritmica olimpiadi di Atene 2004<br />

http://full.it.netlog.com/go/explore/videos/videoid=766760<br />

La risposta alla seconda e soprattutto alla terza domanda invece<br />

è davvero difficile.<br />

Vi accompagno nell’analisi di alcuni dei filmati indicati, per<br />

darvi degli spunti di riflessione che possono aiutarvi nella scelta<br />

della vostra risposta.<br />

Il primo filmato è quello dei Momix o meglio di due danzatoriacrobati<br />

dello storico gruppo dei Momix<br />

Momix è un gruppo di ballerini-illusionisti capeggiato<br />

dall’americano Moses Pendleton.<br />

Il gruppo, noto nel mondo per le opere di eccezionale bellezza<br />

ed inventiva, fin dalla nascita ha acquisito grande fama per la<br />

sua capacità di evocare un mondo di immagini surreali usando<br />

corpo, costumi, attrezzi, luci e giochi d’ombra.<br />

Il nome della compagnia è quello di un assolo creato da<br />

Pendleton per le Olimpiadi Invernali di Lake Placid nel 1980.<br />

Vi chiedo uno sforzo anzi, un quadruplo sforzo, valido per tutti<br />

i filmati ( sarebbe bene visionarli due volte almeno):<br />

1- osservare, non guardare;<br />

2- farsi investire visivamente dai corpi che si muovono nella<br />

loro globalità;<br />

3- osservare alcune zone, alcuni punti di questi corpi: in particolare<br />

la colonna vertebrale con speciale riguardo per il tratto<br />

lombare e cervicale, le ginocchia, la morfologia <strong>delle</strong> masse<br />

muscolari;<br />

4- memorizzare alcune <strong>delle</strong> cose osservate.<br />

Dalla prima volta che ho preso visione di questo filmato e sempre<br />

quando l’ho rivisto, lo sbalordimento ed i brividi sono stati<br />

87


Dell’Estetica<br />

presenti. La musica certo fa la sua parte ma il dialogo dei due<br />

corpi è davvero straordinario.<br />

Al di là <strong>delle</strong> abilità che manifestano, sono davvero dei corpi<br />

che muovendosi raccontano, che diventano attrezzo, aiuto, supporto<br />

per l’altro riuscendo ad investire di tutto questo anche chi<br />

osserva, comunicano un vissuto intenso, a suo modo straordinario,<br />

che investe totalmente l’osservatore. Le abilità motorie si<br />

esprimono al massimo livello e l’espressione corporea trova degli<br />

alleati d’eccezione nei fattori esecutivi e psicomotori dei due<br />

danzatori<br />

MA<br />

avete colto il carico di lavoro nelle zone critiche del rachide a<br />

livello cervicale e soprattutto lombare, in tutte le occasioni nelle<br />

quali si va cercando o viene richiesta un’estensione massima della<br />

colonna vertebrale?<br />

Vi suggerisce qualcosa la morfologia di alcune masse muscolari<br />

(es. arti inferiori, zona del dorso, ma non solo) chiaramente<br />

molto sviluppate, tanto da far cogliere un dato morfologico che<br />

forse non è compatibile in forma ottimale con un dato fisiologico?<br />

Il 15 febbraio 2008, all’incontro con i Proff. Bramante e Pristerà, si<br />

è fatto riferimento al concetto di limite – misura – equilibrio come<br />

presupposti della cosa Bella, della cosa Buona, della cosa Vera<br />

nella filosofia antica e nell’arte antica ed il rispetto del limite,<br />

della misura, dell’equilibrio ( lo possiamo chiamare concetto di<br />

omeostasi riferito nello specifico all’organismo umano) rimangono<br />

elementi portanti per il rispetto della persona, per la persona<br />

nella sua interezza anche nel ventunesimo secolo! Quante ore di<br />

lavoro, quante continue ripetizioni per arrivare ad essere quasi<br />

perfetti? E quanto carico sulle strutture articolari? Vedi le ginocchia<br />

per esempio.<br />

La ricerca di raggiungere escursioni articolari, cioè ampiezze<br />

di movimento, molto oltre il fisiologico, lascerà indenni le strutture<br />

articolari o renderà più precoci o più pesanti le conseguenze<br />

dell’invecchiamento fisiologico?<br />

Vi siete mai domandati perché sono così frequenti gli incidenti<br />

ed i traumi negli sportivi di alto livello, ma non solo?<br />

88


Dell’estetica ovvero del corpo in movimento di Alessandra De Mori<br />

Passiamo al filmato su Plushenko.<br />

Evgenij Viktorovič Pljuščenko (Solnečnyj, 3 novembre 1982) è<br />

un pattinatore di figura di nazionalità russa. È stato sei volte campione<br />

nazionale, cinque volte campione europeo, tre volte campione<br />

del mondo e vincitore della medaglia d’oro alle Olimpiadi<br />

di Torino 2006 nel singolo uomini.<br />

Il filmato che vi propongo merita, a mio avviso, il titolo di poesia<br />

dei piedi e dei salti.<br />

La capacità interpretativa ed espressiva di questo atleta è straordinaria:<br />

senza voler lasciare andare troppo l’aspetto emotivo a<br />

scapito del dato razionale, vi devo dire che la fanciullezza di P.<br />

è stata piuttosto difficile ed ancora giovanissimo, aveva 11 anni,<br />

è stato lasciato dalla madre a San Pietroburgo, affidato al suo<br />

leggendario allenatore - la famiglia di P. non poteva permettersi<br />

l’accudimento del figlio per ragioni economiche - che lo ha cresciuto<br />

e mantenuto, oltre che allenato, ma in un regime di grande<br />

severità.<br />

Forse la capacità interpretativa nasce anche dall’esperienza<br />

non certo facile della prima parte della vita di Plushenko<br />

MA<br />

ridiamo un’occhiata ai punti stilati per il filmato sui Momix ed<br />

aggiungiamo, nello specifico, che la dinamicità, che è una <strong>delle</strong><br />

caratteristiche del pattinaggio (tra l’altro Plushenko è un pattinatore<br />

particolarmente veloce), pur eliminando fasi e posture davvero<br />

statiche, richiede tempi e carichi di lavoro notevolissimi.<br />

Non sono pochi gli atleti, anche in questo caso, che interrompono<br />

la carriera o fanno lunghe interruzioni per problemi traumatici,<br />

non dovuti alle eventuali cadute sui pattini e Plushenko<br />

è tra questi.<br />

Passiamo al filmato sull’acrosport.<br />

Lo sport acrobatico fa parte a pieno titolo ( anche se soltanto<br />

dal 1999) dell’ampia famiglia della Ginnastica e <strong>delle</strong> sue competizioni<br />

sportive. Quali che siano le caratteristiche tecniche di<br />

ogni disciplina della ginnastica, tutte però sono improntate agli<br />

stessi significati essenziali: la ricerca della spettacolarità,il domi-<br />

89


Dell’Estetica<br />

nio ed il controllo <strong>delle</strong> difficoltà, il senso estetico del gesto. Il<br />

corpo proprio ed il corpo dell’altro/gli altri diventano oggetto<br />

nel senso che si trasformano in attrezzi; il dialogo diventa più di<br />

tipo tonico ( muscolare) nel senso di percepire in continuazione<br />

qualsiasi cambiamento o nuova situazione che possa richiedere<br />

un adattamento all’altro.<br />

Gli sport acrobatici (ACRO) derivano da una attività che vanta<br />

origini molto antiche, di grande impegno muscolare e che richiede<br />

atti di equilibrio e di statica particolarmente sofisticati. Il suo<br />

nome proviene dal greco arcaico acrobateo, elevarsi sugli arti,<br />

e la sua pratica è testimoniata da documenti risalenti all’antico<br />

Egitto.<br />

Questa attività, considerata di tipo circense, in Italia è poco<br />

praticata mentre è diffusa nell’Europa dell’est e negli USA.<br />

Il filmato non può che lasciare a bocca aperta: la fluidità, la<br />

morbidezza, la ritmicità e la perfetta coordinazione di ogni fase<br />

fanno apparire facile e semplice quanto invece è assolutamente<br />

impegnativo da un punto di vista dell’acrobazia ma anche di capacità<br />

ed abilità legate alla forza, alla mobilità articolare, all’equilibrio,<br />

alla strutturazione spazio/temporale<br />

MA<br />

pur amando il movimento da sempre e osservando con occhi<br />

stupiti e meravigliati quanto atleti,danzatori e funamboli possono<br />

riuscire a realizzare, ho concluso che non c’è normativa 626<br />

( vedi legge sulla sicurezza, oggi D.Lgs 81/2008) che tenga in<br />

queste situazioni non c’è una rete, non un sistema di “sicurezza”;<br />

potrebbe bastare un piccolo errore per incorrere in gravi conseguenze.<br />

Certamente questi acrobati sanno cadere, aggiustarsi al<br />

momento opportuno ma che la quasi perfezione (poiché la perfezione<br />

assoluta pare non essere prerogativa dell’umano) possa<br />

reggere tra le mani l’incolumità <strong>delle</strong> persone mi pare essere pensiero<br />

perlomeno superficiale.<br />

A questo punto vi dico che la mia personale riflessione nel cercare<br />

la risposta ( la mia) alla seconda e soprattutto alla terza domanda,<br />

si è trovata a combattere tra la seduzione della meraviglia del<br />

movimento e la crudezza della esasperazione del movimento stesso.<br />

90


Dell’estetica ovvero del corpo in movimento di Alessandra De Mori<br />

Ho trovato la mia bussola tuffandomi nel pensiero antico: nella<br />

teoria della kalokagathia che affermava che le attività fisiche e le<br />

virtù morali sono così connesse ed inscindibili da far coincidere<br />

Bellezza e Virtù.<br />

Siamo nel V secolo a.C. ad Atene, tre maestri ripartiscono<br />

l’educazione il citaredo,il grammatico e l’insegnante di ginnastica<br />

o pedotriba e, come scrive J. Ulmann autore dello straordinario<br />

testo “Dalla ginnastica agli sport moderni” del 1965 […]<br />

“È indispensabile ricordare che per il pensiero ellenico la Virtù e la<br />

Bellezza vengono attribuiti ad un essere che assolve perfettamente la<br />

propria funzione e la mediazione per questo è il Coraggio: la Bellezza<br />

è il corpo dell’atleta, immobile in un atteggiamento o in movimento e<br />

sia che abbia dato lui stesso una forma al proprio corpo, o che sia uscito<br />

vincitore da una competizione o che abbia accresciuto l’efficienza dei<br />

suoi movimenti, è un essere dotato di coraggio, è coraggioso nella lotta<br />

che sostiene con gli altri ma anche contro se stesso”[…].<br />

Infatti se il negativo di quanto si può cogliere nel prezzo da<br />

pagare lo vediamo come coraggio nel mettere la propria persona,<br />

il proprio organismo anche a repentaglio pur di offrire agli altri,<br />

oltre che a se stessi, la possibilità di godere di un’esperienza bella,<br />

straordinaria, unica, significativa, ecco che il negativo assume<br />

quasi il simbolo di un sacrificio, nel senso di sacrum facere, rendere<br />

sacro. Il prezzo può essere anche molto alto, ma la Bellezza,<br />

straordinaria e, forse, sacra ne nobilita il costo.<br />

2° quesito<br />

MOVIMENTO TECNICO: BELLO QUANDO?<br />

Quando esprime coordinazione, armonia, potenza, forza, velocità,<br />

resistenza, efficacia, risultato, performance, strategia,<br />

collaborazione…<br />

C’È UN “PREZZO” PER CHI LO PRATICA?<br />

SE IL PREZZO FOSSE “L’IMBROGLIO”, “IL DANNO A SE’<br />

STESSI”, È SEMPRE BELLO ?<br />

Passiamo a considerare il movimento più fortemente tecnico<br />

per così dire. In questo caso , nelle mie domande, sono andata<br />

giù un po’ più bruscamente perché il collegamento immediato<br />

è stato al doping, al calcio scommesse, alle problematiche più o<br />

91


Dell’Estetica<br />

meno limpide relative alla crescita sportiva dei giovani più promettenti,<br />

alla problematica dello sport spettacolo, agli aspetti ed<br />

ai risvolti di tipo economico e finanziario legati al grande circo<br />

dello sport mediatico.<br />

La risposta poi all’ultima domanda si fa ancor più delicata di<br />

quella rivolta al movimento artistico.<br />

Anche in questo caso la visione di alcuni filmati aiuterà a meditare<br />

e a trovare la propria risposta.<br />

Pallacanestro<br />

Micael Jordan filmato su cd allegato<br />

Harlem street ball filmato su cd allegato<br />

Atletica leggera<br />

Europei di Goteborg 2006<br />

http://www.youtube.com/watch?v=5Gni7s0eqa4<br />

Salto in alto (Sotomayor) filmato su cd allegato<br />

Salto triplo<br />

http://www.youtube.com/watch?v=_in5a610k3M<br />

Salto in lungo (Powell) filmato su cd allegato<br />

Pallavolo Olimpiadi Pechino<br />

http://www.youtube.com/watch?v=nAX30lqdmVE&featur<br />

e=PlayList&p=0CC6CAC3A23E1845&playnext=1&playnext_<br />

from=PL&index=36<br />

Calcio<br />

Ronaldinho<br />

http://www.riminibeach.it/immagini/video/video-ronaldinho<br />

The best soccer moments filmato su cd allegato<br />

Il primo filmato nel quale vi accompagno potrebbe avere come<br />

sottotitolo “La persona umana è atta a volare”.<br />

Siamo nel parquet della pallacanestro e il corpo in movimento<br />

è quello di M.Jordan.<br />

Michael Jeffrey Jordan (Brooklyn, 17 febbraio 1963) è annoverato<br />

tuttora fra gli sportivi più popolari al mondo in virtù dei<br />

titoli conquistati, dei primati personali conseguiti e, soprattutto,<br />

92


Dell’estetica ovvero del corpo in movimento di Alessandra De Mori<br />

per l’impatto rivoluzionario del suo stile di gioco sullo sviluppo<br />

della pallacanestro moderna, è quasi unanimemente considerato<br />

il più credibile aspirante al titolo di migliore giocatore di tutti i<br />

tempi.<br />

Timido, poco brillante a scuola, pratica diverse attività sportive:<br />

nel basket il ragazzo se la cava, ma, paradossalmente, quello che<br />

diventerà il più ammirato giocatore di tutti i tempi, viene escluso<br />

dalla squadra di basket della sua scuola, la Laney High School,<br />

quando era un sophomore (studente del secondo anno), dato che<br />

alle selezioni l’allenatore non lo ritiene abbastanza dotato.<br />

Invece di perdersi d’animo, Jordan si allena per un anno intero<br />

per conto proprio, pronto a ripresentarsi alle selezioni dell’anno<br />

seguente. Nel frattempo, all’età di 14 anni, per la prima volta<br />

riesce a schiacciare nel corso di una partita di street basket in un<br />

playground, era alto solamente 172 cm.<br />

Il suo corpo in movimento è ancor più magico se pensiamo che<br />

per un altezza di 198 cm. ed un peso di 98 kg. muoversi con leggerezza,<br />

velocità, ritmo e fluidità è davvero un’impresa.<br />

Questa riflessione mi permette di formulare un’ipotesi, certamente<br />

tutta da dimostrare:<br />

non sarà che il nostro Jordan ha realizzato una meraviglia motoria<br />

grazie anche al fatto di essersi sperimentato in una molteplicità<br />

di sport come football americano, baseball, nuoto?<br />

Dimostrando che la attuale metodica di precocizzare assolutamente<br />

l’impatto anche tecnico con una specialità sportiva ( nel<br />

nuoto, nella ginnastica, nello stesso calcio e non solo) non è la<br />

strada da percorrere per formare i talenti del futuro; semmai è<br />

un percorso contro la persona e che, più che dare abilità trasferibili,<br />

trasforma i piccoli sportivi in futuri poco abili motori oltre che<br />

magari poco belli motori?<br />

Il secondo filmato si riferisce agli europei di atletica leggera di<br />

Goteborg (2006) in cui atleti come Baldini Stefano, maratona, oro<br />

alle olimpiadi di Atene, Andrei Howe, salto in lungo, Rigaudo<br />

Elisa con la 20 km di marcia ed altri, vengono colti non solo<br />

nell’istante preciso della loro prova ma anche con qualcosa di<br />

più, istanti di concentrazione, momenti di esultanza, visi, facce,<br />

loro e del pubblico che meritano davvero l’espressione di epifa-<br />

93


Dell’Estetica<br />

nia del volto forgiata da Emmanuel Lévinas (Kaunas 1905 - Parigi<br />

1995 filosofo lituano naturalizzato francese di origini ebraiche):<br />

almeno così io ho interpretato quanto visto. In verità ho scelto,<br />

tra i molti possibili, questo filmato per farmi aiutare dall’ottimismo<br />

della volontà. Infatti trovare una risposta alla terza domanda<br />

forse è anche semplice, ma trovare il coraggio di credere o di<br />

continuare a credere nello sport conoscendo i non pochi neri risvolti<br />

di questo mondo, necessita davvero di molta volontà ed<br />

ottimismo. Anche per questo ritorno brevemente sul concetto di<br />

epifania del volto di Lévinas che ha inteso dare tre <strong>contenuti</strong> a<br />

questa affermazione; il volto indica:<br />

[…] il tu dell’altro che vuole essere riconosciuto nella sua singolarità,<br />

con il suo proprio nome e il suo essere unico […]<br />

[…] la nudità del volto simboleggia che egli, la persona, è un io aperto<br />

al dialogo, un appello vivente, un invito all’incontro […] l’incontro<br />

con l’altro non è mai un incontro neutrale, è sempre un accadimento<br />

etico […]<br />

[…] il fondamento ultimo di questa eticità risiede nel fatto che il volto<br />

dell’altro è il simbolo e, in un certo senso, la presenza dell’Assolutamente-Altro<br />

nel mondo […]<br />

E nel filmato, che volti belli abbiamo visto, che espressioni, che Altro<br />

al di là della prestazione e del risultato: forse abbiamo potuto<br />

cogliere quel coraggio che per Platone ed i suoi contemporanei<br />

mediava Bellezza e Virtù portando l’essere umano ad esprimersi al<br />

massimo livello nell’agone sportivo, al massimo senza imbroglio.<br />

3° quesito<br />

MOVIMENTO NATURALE: BELLO QUANDO ?<br />

Quando esprime coordinazione, armonia, efficacia…<br />

L’arrampicare è una <strong>delle</strong> capacità motorie dell’essere umano;<br />

è considerato uno dei movimenti naturali. Nel filmato che segue<br />

più che capacità di arrampicare vediamo abilità ed altro ( http://<br />

www.youtube.com/watch?v=ZZ8yL4uSl6Y), ormai l’occhio si è<br />

fatto esperto, il commento è libero perché il fatto è stupefacente in<br />

tutti i sensi!<br />

94


Dell’estetica ovvero del corpo in movimento di Alessandra De Mori<br />

I primi quattro minuti circa del filmato sono una vera e propria<br />

danza sulla roccia, con la roccia, “nella” roccia: una danza leggera,<br />

rapida, bella, forse troppo per essere così bella, a lungo, nel tempo.<br />

Il protagonista del video è Dan Osman (11 febbraio 1963 -<br />

Yosemite National Park, 23 novembre 1998) alpinista arrampicatore<br />

e praticante di sport estremi statunitense. Conosciuto per<br />

il pericoloso sport di “free soloing” (arrampicata senza corde o<br />

altro sistema di sicurezza) e controlled free-falling (salto nel vuoto<br />

con l’uso di una normale corda semi elastica da arrampicata<br />

come sistema di sicurezza) con il quale ha stabilito il record<br />

di 305 metri, è morto il 23 novembre del 1998 all’età di 35 anni,<br />

dopo che la sua corda si è spezzata mentre tentava di battere il<br />

record (di free-falling stabilito da lui stesso pochi giorni prima)<br />

dalla Leaning Tower, formazione rocciosa alta 700 metri situata<br />

nel parco nazionale dello Yosemite. Le cause esatte della rottura<br />

della corda sono tuttora sconosciute.<br />

E IL MOVIMENTO DELLA PERSONA DIVERSA, DISABILE,<br />

DIVERSAMENTE ABILE, HANDICAPPATA?<br />

Prendiamo visione dei filmati<br />

http://www.youtube.com/watch?v=1so1ZMgpg2w<br />

http://www.youtube.com/watch?v=7UQ82PWrwxE<br />

http://www.youtube.com/watch?v=r2CllUdbQGs&feature=related<br />

Il protagonista del primo filmato lo avete riconosciuto tutti, è<br />

Oscar Pistorius (Pretoria, 22 novembre 1986) atleta sudafricano,<br />

campione paraolimpico nel 2004 sui 200 m piani. Soprannominato<br />

The fastest thing on no legs, Pistorius è un amputato bilaterale<br />

detentore del record del mondo sui 100, 200 e 400 m piani.<br />

Corre grazie a particolari protesi in fibra di carbonio. Pistorius<br />

è nato con una grave malformazione (non aveva i talloni), che<br />

lo costringe, all’età di undici mesi, all’amputazione <strong>delle</strong> gambe.<br />

Negli anni del liceo pratica il rugby e la pallanuoto, poi un<br />

infortunio lo porta all’atletica leggera, dapprima per motivi di<br />

riabilitazione, poi per scelta.<br />

Il primo appuntamento ufficiale di rilievo sono le paraolimpiadi<br />

di Atene del 2004. Al Gran Gala di Roma, il 13 luglio 2007, gli è<br />

95


Dell’Estetica<br />

stata data la possibilità di gareggiare nel gruppo B con i normodotati<br />

ed ha ottenuto il secondo piazzamento.<br />

Dopo una lunga battaglia gli è stato consentito di partecipare<br />

alle Olimpiadi di Pechino con la clausola di realizzare un tempo<br />

minimo di ammissione. Il tempo non è stato realizzato: è sufficiente<br />

osservare la tabella che riporta i tempi di Pistorius confrontati<br />

con i record di Powel e Johnson per capire che le diatribe<br />

sulle protesi di Oscar Pistorius (la federazione internazionale di<br />

atletica sosteneva che le protesi utilizzate da Pistorius aumentavano<br />

le sue possibilità di un 30% rispetto alla corsa di un normodotato)<br />

non hanno mai avuto troppo senso.<br />

mt. Pistorius Asafa Powell M. Johnson<br />

100 10” 91 9” 77<br />

200 21” 58 19” 32<br />

400 46” 56 43” 18<br />

Se Oscar Pistorius è un personaggio, i protagonisti del secondo<br />

e del terzo filmato sono degli emeriti sconosciuti per tutti noi<br />

MA<br />

sono le persone che davvero mi aiutano di più a mantenere fede<br />

ad uno degli obiettivi che il gruppo di lavoro si era proposto<br />

nel realizzare le chiacchierate sulla tematica “Dell’Estetica”: il<br />

tentativo di far cogliere ai nostri ragazzi, quindi agli studenti<br />

del <strong>Liceo</strong> <strong>Varchi</strong>, che Il Bello/La Bellezza, ancor più, Il Bello e La<br />

Bellezza Veri sono ciò che si percepisce, si vive, si vede, si gusta,<br />

si annusa, si tocca, si sente come BELLO ma ad una condizione:<br />

la condizione è che si senta dentro, che ci allarghi il cuore in<br />

un sorriso che trasmetta il coraggio di comprendere che non<br />

è BELLO ciò che è bello come apparenza, ma che lo è quando<br />

è coraggio per sostenere al meglio fatica, dolore, svantaggio,<br />

fragilità, ingiustizia, perseveranza, determinazione, ricerca, gioia<br />

di vivere… sempre e solo nel rispetto di sé e degli altri.<br />

96


Dell’estetica ovvero del corpo in movimento di Alessandra De Mori<br />

Riferimenti bibliografici<br />

• Umberto Galimberti, Il Corpo, Feltrinelli, Milano, 1996.<br />

• Jaques Ulmann, Ginnastica, Educazione Fisica e Sport dall’antichità<br />

ad oggi, Armando Editore, Roma, 1973.<br />

• Jean Le Boulch, Sport Educativo, Armando Editore, Roma,<br />

1991.<br />

• Michael Argyle, Il Corpo e il suo linguaggio, Zanichelli, Bologna,<br />

1992.<br />

97


Dialogo sul<br />

bello in matematica (*)<br />

di Paola Pieralli e Paola Stoppielli<br />

Due insegnanti di matematica dialogano e discutono sui materiali<br />

da presentare alla conferenza “Dialogo sul bello in matematica”<br />

che dovranno tenere la settimana successiva. Sono in una<br />

stanza dell’istituto presso il quale lavorano.<br />

Propongono argomenti sui quali convengono o dibattono,<br />

mettendo in evidenza luci ed ombre del lavoro dei matematici,<br />

ma, in ogni caso, traspare tutta il loro amore per la disciplina<br />

e il loro coinvolgimento nel Bello Matematico che mostrano di<br />

apprezzare.<br />

La prima insegnante, Teresa, rappresenta una insegnante più<br />

razionale, ironica verso il proprio lavoro, anche perché è la più<br />

anziana <strong>delle</strong> due. La seconda insegnante, Paola, è ironica, competente;<br />

è più entusiasta e rappresenta l’interfaccia fra il matematico<br />

e il pubblico, preoccupata di coinvolgerlo nelle proprie<br />

emozioni.<br />

La scena prevede un tavolo con libri sparsi ovunque e con due<br />

lampade; Teresa e Paola sono sedute l’una di fronte all’altra, da<br />

parti opposte al tavolo, volgono le spalle al pubblico e osservano<br />

uno schermo, dove vengono proiettate le immagini della loro<br />

presentazione.<br />

Il palcoscenico è al buio: inizia la rappresentazione.<br />

Teresa accende la propria lampada, Paola l’altra.<br />

Inizia la proiezione <strong>delle</strong> diapositive riguardanti le sette meraviglie del<br />

mondo antico e del mondo moderno, come emblemi del bello e del sublime<br />

nel corso dei secoli, e loro stanno in silenzio, fin quando non appare<br />

il triangolo rettangolo…<br />

(*) Questa relazione è corredata da immagini contenute nel compact disc allegato al<br />

volume.<br />

99


Dell’Estetica<br />

Teresa:<br />

Ecco, Paola, tra le tante meraviglie concepite dall’uomo, potremmo<br />

iniziare la nostra conferenza della prossima settimana<br />

proprio da questo antico capolavoro della matematica.<br />

È conosciuto da tutti, cento volte dimostrato, eppure… riesce<br />

sempre a stupirmi!<br />

Paola:<br />

Vedo comunque che almeno questa volta hai dato ascolto ai<br />

miei consigli scegliendo il Teorema di Pitagora!<br />

Teresa:<br />

Sì, è proprio così!<br />

Ma lasciami ripercorrere ancora una volta, solo per noi due, la<br />

dimostrazione che lo stesso Euclide ne ha dato nei suoi Elementi.<br />

È così semplice, bella, eterna, che tutti potranno valutare come<br />

possa avere la dignità di essere inserita fra i capolavori degni di<br />

essere tutelati sul pianeta!<br />

(Teresa prosegue con la dimostrazione del teorema di Pitagora secondo<br />

Euclide…)<br />

Teresa:<br />

… non ti sembra sorprendente? Gli angoli retti sono entità familiari…<br />

Compaiono nella vita di ogni giorno e non solo come<br />

manufatti dell’uomo… cosa ci può essere più naturale di un angolo<br />

retto?… Nessuno potrebbe pensare cosa possa avere a che<br />

fare una cosa familiare e naturale come un angolo retto con una<br />

equazione astratta e precisa quale a 2 + b 2 = c 2 … eppure questo<br />

teorema mette insieme questi due aspetti…<br />

Paola:<br />

… In effetti è geniale come Euclide porti l’ascoltatore verso la<br />

dimostrazione della verità del teorema di Pitagora attraverso<br />

due dimostrazioni simmetriche, analoghe, come usano dire i matematici…<br />

e poi quella precisione nei singoli passaggi, la strutturazione<br />

del pensiero che accoglie nozioni già provate, più<br />

antiche, che indicano la profondità di un percorso di ricerca… e<br />

100


Dialogo sul bello in matematica di Paola Pieralli e Paola Stoppielli<br />

poi l’ equilibrio con cui viene condotto l’ascoltatore alla nuova<br />

verità. Niente è ridondante, superfluo: il percorso appare elegante<br />

e profondo!<br />

Teresa:<br />

Cosa ti dicevo? Un’opera d’arte vera e propria, degna di essere<br />

esposta insieme a tutte quelle che rendono unico il nostro pianeta<br />

e soprattutto l’opera che l’uomo vi ha costruito.<br />

Paola:<br />

Ma… forse non saremo convincenti sulla particolarità dell’opera<br />

di Euclide… non è forse cosa nota a tutti, che già gli egizi conoscevano<br />

le proprietà <strong>delle</strong> terne di numeri che poi furono chiamate<br />

pitagoriche… che sono state ritrovate tavolette in Cina che<br />

testimoniano una conoscenza del teorema di Pitagora addirittura<br />

1000 anni prima della nascita di Pitagora stesso e di cui avevano<br />

dato addirittura una dimostrazione grafica molto interessante…<br />

e anche in India era già noto ancor prima… perché allora, si chiederanno,<br />

ci raccontano proprio la dimostrazione di Euclide?…<br />

cos’ha in più?<br />

Teresa:<br />

E da chi iniziare, altrimenti? Euclide sta fra i grandi della matematica<br />

essenzialmente per aver scritto gli Elementi, che non<br />

sono altro che una enorme raccolta di tutto il sapere matematico<br />

del tempo: pochi dei teoremi presenti in questa opera sono dovuti<br />

personalmente a Euclide… Ma il genio di Euclide consiste<br />

nel presentare la matematica già nota, in modo del tutto chiaro,<br />

organizzato e logico: a lui si deve lo sviluppo assiomatico della<br />

matematica… ed è questa la differenza cruciale con tutti i matematici<br />

che lo avevano preceduto.<br />

Quello che vogliamo comunicare è che Euclide ha preso le singole<br />

opere d’arte, arte matematica, che le menti dell’uomo avevano<br />

costruito ed ha saputo collocarle in una corrente di pensiero,<br />

come… un fiume che sgorga da una sorgente e via, via… si<br />

allarga… ed ogni suo passaggio è giustificato dal precedente… e<br />

tutto acquista un senso e una visione di globalità!<br />

101


Dell’Estetica<br />

Paola:<br />

... È vero… e in più, una dimostrazione del collegamento fra<br />

il problema aritmetico e il corrispondente problema geometrico,<br />

cioè il collegamento fra le terne pitagoriche e il triangolo rettangolo,<br />

che possiamo definire l’inverso del teorema di Pitagora, si<br />

trova soltanto in Euclide.<br />

Teresa:<br />

Vedi che saremo convincenti?… Stai tranquilla…<br />

Paola:<br />

Quindi, mostreremo il Teorema di Pitagora come una singola<br />

opera d’arte inserita all’interno della sua corrente! Come per un<br />

quadro, come per una corrente artistica!<br />

Questa immagine può essere comprensibile anche da un pubblico<br />

di non insegnanti o studenti… ma diventerà tutto più complesso<br />

quando cercheremo di spiegare come Euclide ha costruito la sua<br />

teoria… di illustrare il suo metodo, innovativo per quei tempi<br />

Teresa:<br />

Infatti… vediamo come possiamo fare… Euclide parte con una<br />

serie di asserzioni di base (gli assiomi e le definizioni) che sono i<br />

fondamenti per dimostrare la prima proposizione.<br />

Fatto ciò, sulla base dei fondamenti e di questa prima proposizione,<br />

può dimostrare la seconda e così via…<br />

Gli Elementi hanno rappresentato un modello per tutto il lavoro<br />

matematico successivo…<br />

È impossibile non partire da questo dato per far apprezzare la<br />

potenza e la bellezza dell’opera di Euclide nella matematica!<br />

Paola:<br />

… (euforica) l’opera di Euclide è rimasta così intatta nella sua<br />

importanza, nella sua eterna verità!<br />

… (dubbiosa) ma… allora… come giustificheremo la presenza<br />

<strong>delle</strong> geometrie non Euclidee? Anche Euclide è stato superato…<br />

ed esistono mondi dove le sue stupende dimostrazioni non<br />

valgono più!…<br />

102


Dialogo sul bello in matematica di Paola Pieralli e Paola Stoppielli<br />

Teresa:<br />

Certo. Ma come le correnti artistiche si modificano nel corso<br />

dei secoli, così la geometria Euclidea ha subito differenti sviluppi<br />

nel corso del 19°secolo, dando vita alle geometrie non euclidee.<br />

Però, come il “Giudizio” della cappella Sistina rimane comunque<br />

una opera d’arte, anche al di fuori della corrente artistica che l’ha<br />

generata, così la dimostrazione del teorema di Pitagora fatta da<br />

Euclide, rimane un’opera d’arte nel campo della matematica…<br />

una singola opera bella ed eterna!<br />

Paola:<br />

… giusto… e poi quello che di eterno rimane di Euclide è il metodo:<br />

ancora oggi nelle branche più disparate della matematica,<br />

per primi vengono presentati gli assiomi e poi vengono costruite<br />

le teorie… ancora dopo 23 secoli dalla sua morte!… le opere matematiche<br />

belle ed eterne!<br />

Questo è davvero un concetto intrigante!… Pensi che saremo<br />

convincenti nell’esporre questo concetto?<br />

Teresa:<br />

Ci proviamo!… E se non riusciamo a convincere noi, potremmo<br />

sempre citare quella frase di Hardy che ci aveva tanto coinvolto…<br />

Paola: (legge)<br />

Si… quando afferma:<br />

come dimostra ampiamente la storia, l’opera matematica, quale che sia<br />

il suo valore intrinseco, è la più duratura di tutte. … Le civiltà dei babilonesi<br />

e degli Assiri sono morte, Hammurabi, Sargon e Nabucodonosor<br />

non sono che dei nomi, ma la matematica babilonese ci interessa ancora<br />

e la numerazione sessagesimale è ancora usata in astronomia<br />

Teresa:<br />

Poi, l’esempio decisivo su come le opere d’arte della matematica<br />

siano perenni è quello dei greci. Ancora oggi li consideriamo<br />

matematici “veri” perché, come abbiamo visto con l’opera di<br />

Euclide, sono stati i primi a usare un linguaggio che ancora i<br />

matematici moderni capiscono… dopo tanti secoli!<br />

103


Dell’Estetica<br />

Paola:<br />

Certo, senti come continua Hardy:<br />

la matematica greca è “perenne”, ancora più della letteratura greca.<br />

Archimede sarà ricordato quando Eschilo sarà dimenticato, perché le<br />

lingue muoiono ma le idee matematiche no…<br />

Teresa:<br />

Già… le idee. Forse ci sbagliamo… Certo un’opera d’arte è…<br />

più tangibile!<br />

Come possiamo fare a stravolgere il pensare comune… a convincere<br />

che un matematico è un artista e non solo uno scienziato,<br />

che non è solo… uno scopritore di proprietà…<br />

Paola:<br />

Diremo allora che il matematico, come il pittore e il poeta, è un<br />

creatore di forme… Il pittore crea forme con i segni e con i colori, il<br />

poeta con le parole… il matematico, invece, non ha altro materiale<br />

con cui lavorare se non le idee… quindi il matematico è un creatore<br />

di forme fatte di idee ed è per questo che le forme che crea sono più<br />

durature <strong>delle</strong> forme create dal pittore o dal poeta … perché le sue<br />

sono fatte di idee e hanno qualche probabilità di durare più a lungo…<br />

perché le idee si usurano meno <strong>delle</strong> parole e <strong>delle</strong> immagini.<br />

Teresa:<br />

Bene. A questo punto dovremmo essere riuscite a convincere<br />

che anche un matematico è un creatore di forme fatte di idee…<br />

Allora… saremo anche in grado di convincere che un’opera<br />

matematica è… bella! Citando ancora Hardy: Le forme create dal<br />

pittore o dal poeta, per essere perenni devono essere belle: la bellezza è<br />

il requisito fondamentale perché un’opera superi il passare del tempo.<br />

Quindi anche per le forme create dal matematico deve valere lo stesso<br />

requisito: al mondo non ci può essere un posto perenne per la matematica<br />

brutta… E noi abbiamo iniziato presentando un’opera che vive da<br />

23 secoli… (con enfasi) Non può essere allora che meravigliosa…<br />

Paola:<br />

Ecco, sento che dovremo percorrere questa strada… È senza<br />

104


Dialogo sul bello in matematica di Paola Pieralli e Paola Stoppielli<br />

dubbio difficile definire la bellezza matematica. Ma dopotutto<br />

questo è altrettanto vero per qualsiasi genere di bellezza.<br />

Possiamo anche non sapere che cosa intendiamo per “bella<br />

poesia”, ma questo non ci impedisce di riconoscerne una quando<br />

la leggiamo… le idee, come i colori o le parole, per essere belle,<br />

devono legarsi armoniosamente… guarda… (si volgono verso lo<br />

schermo a leggere la diapositiva)<br />

Not all the water in the rough rude sea<br />

Can wash the balm from an anointed King<br />

(Nemmeno tutta l’acqua del mare rude e violenta<br />

Può cancellare il crisma di un re consacrato.)<br />

(Shakespeare Riccardo III, atto III, scena II)<br />

Non ti sembrano belli questi versi?<br />

Teresa:<br />

Belli questi versi,… davvero,… nonostante la banalità e la falsità<br />

<strong>delle</strong> idee che esprimono!… La povertà di idee difficilmente<br />

guasta la bellezza <strong>delle</strong> forme verbali…<br />

Paola:<br />

Il matematico, invece, non ha altro materiale con cui lavorare<br />

se non le idee… quindi, se il matematico vuole creare un opera<br />

duratura, può produrre solo belle idee… Ma come far capire cosa<br />

intendiamo per “bella matematica” ?<br />

Possiamo avvertire una bella melodia, o una bella poesia o provare<br />

ammirazione per un quadro o per una costruzione pur senza<br />

sapere perché… ma come suscitare lo stesso sentimento per la<br />

matematica… sarà la nostra scommessa far vedere tutto quello<br />

che di bello c’è nella matematica! Naturalmente, aspettiamoci<br />

anche <strong>delle</strong> opposizioni…<br />

Teresa:<br />

Anche perché per la maggior parte <strong>delle</strong> persone la matematica<br />

è una austera disciplina intellettuale, comprensibile solo a<br />

pochi eccentrici professori universitari. Poche persone mettono<br />

in discussione la verità della matematica, ma la bellezza… è<br />

105


Dell’Estetica<br />

l’ultimo degli aggettivi che attribuirebbero a questa materia!<br />

Paola:<br />

Secondo me dovremmo trovare una immagine concreta per far<br />

comprendere come i matematici intendano il concetto di bellezza.Potremmo<br />

trovare un parallelo tra matematica e architettura.<br />

Costruire una teoria matematica è come costruire una cattedrale:<br />

diversi artigiani lavorano contemporaneamente a parti differenti<br />

della costruzione, ciascuna parte permeata da una costante<br />

ricerca di equilibrio tra estetica e funzionalità, ma la cattedrale trae<br />

forza dall’impatto visivo del suo insieme. La matematica è un<br />

edificio astratto, la cui elegante struttura esprime un progetto<br />

d’insieme di bellezza, in cui la raffinatezza del dettaglio può essere<br />

colta se ci addentriamo nella sua intricata argomentazione e<br />

la cui solidità è rafforzata dalle sue molteplici applicazioni pratiche.<br />

Come afferma Hardy, la bellezza di un teorema dipende<br />

anche dalla significatività <strong>delle</strong> idee matematiche che esso mette<br />

in relazione: un’idea matematica è significativa se la si può collegare<br />

in modo naturale e illuminante a una vasta rete di altre<br />

idee matematiche… perciò un teorema matematico bello è un teorema<br />

che porterà molto probabilmente grandi progressi in matematica…<br />

in una costruzione infinita di idee… la cattedrale…<br />

Teresa:<br />

È vero.… Non solo: sia nella matematica che nell’architettura le qualità<br />

la cui somma crea bellezza sono l’eleganza, la simmetria, l’equilibrio, la<br />

precisione, la profondità. Credo che questo sia proprio il concetto che<br />

dovremmo sviluppare… (dubbiosa) Tuttavia penso che il fascino estetico<br />

della matematica alla fine non lo avvertiranno tutti… la matematica<br />

è per pochi, mentre la musica, la poesia, la pittura raggiungono una<br />

più vasta platea… Quante persone, anche colte, che apprezzano la<br />

Letteratura, la Musica le Arti Figurative, che hanno maturato il gusto<br />

del bello nelle varie forme della creatività umana, considerano la<br />

Matematica come una disciplina misteriosa, riconoscendole la giusta<br />

importanza per lo sviluppo della scienza, ma non l’apprezzano certo<br />

per la sua bellezza , anzi… la considerano sgradevole.<br />

Spesso il loro ricordo scolastico confina con l’incubo: la maggior<br />

106


Dialogo sul bello in matematica di Paola Pieralli e Paola Stoppielli<br />

parte della gente è così spaventata al solo nome della matematica<br />

che è portata esagerare la propria stupidità matematica…<br />

E certo anche i matematici… come diciamo, i nostri “artisti”, non<br />

aiutano molto a far apprezzare al grande pubblico il bello <strong>delle</strong><br />

loro costruzioni.<br />

Paola:<br />

Eh sì… nell’immaginario collettivo il matematico è quello<br />

“strano”… Anche nei film visti dal grande pubblico… In Beautiful<br />

mind, ad esempio, abbiamo un matematico (beh, non proprio<br />

tale) geniale ma molto strano!<br />

E che dire <strong>delle</strong> donne poi? Hermann Weyl usava questa brutta<br />

battuta a proposito <strong>delle</strong> donne matematiche: “solo due donne<br />

matematiche nella storia, Sof’ja Kpovalevskaja ed Emmy Noether: ma la<br />

prima… non era una matematica e la seconda… non era una donna”.<br />

Teresa:<br />

E questo è un punto dolente! Quella battuta poi è molto cattiva<br />

e in fondo non veritiera… Pensa alle ragazze che studiano<br />

matematica… molto incoraggiante!<br />

Sulle donne e la matematica, sulle loro difficoltà, dovremmo<br />

organizzare un’altra conferenza… è un piccolo mondo, ma un<br />

mondo di donne coraggiose tutto da scoprire.<br />

Paola:<br />

Ma torniamo alla stranezza attribuita al matematico, alla sua<br />

immagine di appartenere a un mondo a sé. Del resto anche Jean<br />

Dieudonné, descrivendo i matematici del secolo scorso, non offre<br />

immagini molto accattivanti per il grande pubblico…<br />

Teresa:.<br />

Sarà perché, come per tanti scienziati, la vita dei matematici è<br />

dominata da una curiosità insaziabile, un desiderio di risolvere i<br />

problemi studiati che confina con la passione, che arriva a far sì<br />

che il matematico si astragga quasi completamente dalla realtà<br />

circostante.<br />

La storia della matematica è piena di bizzarrie di matematici<br />

celebri… Ricordi l’avventura che Platone attribuisce a Talete, che<br />

107


Dell’Estetica<br />

cadde in una buca… Anche la sua serva rise di lui: “Tu cerchi di<br />

sapere tutto quello che è in cielo… e intanto… non vedi quello che c’è<br />

sulla terra…”<br />

Come se ci dicessero che i matematici sono incapaci di capire<br />

qualcosa del presente… quante le battute che essi stessi inventano<br />

sul loro mondo… (legge, divertendosi… mentre entrambe guardano<br />

insieme il foglio con una rassegna di epigrafi di matematici…)<br />

A queste coordinate giace Cartesio<br />

Eulero costante<br />

Pascal giace qui, probabilmente<br />

(Pascal giace qui, potete scommetterci)<br />

Riemann riposa sotto la superficie<br />

In questo spazio giace David Hilbert<br />

Qui ha scelto di stare Godel, incompleto<br />

… Divertenti…, non è vero, eh?<br />

Paola:(gesto di disappunto… e disperazione)<br />

Già… battute che solo loro possono capire… Uhm… forse è<br />

meglio sfumare sulla figura dell’uomo, dell’artista… meglio<br />

quindi parlare di come lavora! Tante volte abbiamo citato<br />

l’attività della dimostrazione che varrà la pena soffermarsi un po’!<br />

Teresa:<br />

Ma anche qui non sarà facile trasmettere al pubblico quanto è<br />

apprezzata dai matematici questa attività. E anche quanto senso<br />

di soddisfazione estetica ne traggano… e forse, anche questa è<br />

un’arte che sta scomparendo, o forse sta solo mutando, come<br />

mutano le matematiche!<br />

Paola:<br />

Certo che è difficile parlarne! Del resto, se un tuo studente<br />

ti chiedesse di dargli una definizione di dimostrazione, cosa<br />

risponderesti istintivamente?<br />

Teresa:<br />

Forse direi: “NON LO SAI? Ma che anno fai? Incredibile!… Una<br />

108


Dialogo sul bello in matematica di Paola Pieralli e Paola Stoppielli<br />

dimostrazione è quello che mi hai visto fare alla lavagna almeno tre<br />

volte la settimana per tutti questi anni!”<br />

… ecco, credo che istintivamente risponderei così… E poi mi<br />

pentirei.<br />

Paola:<br />

Già, perchè lui ti ha chiesto una definizione…<br />

Teresa:<br />

Infatti. Ti ho detto che mi sono già pentita… Allora gli direi<br />

che l’intera faccenda è stata chiarita dai logici. Quello che si deve<br />

fare è questo: trascrivere gli assiomi della teoria in un linguaggio<br />

formale con una data lista di simboli o alfabeto. Poi, nello stesso<br />

simbolismo, scrivere l’ipotesi del teorema. Poi mostrare che è<br />

possibile trasformare l’ipotesi passo dopo passo, usando le regole<br />

della logica, sino ad ottenere la tesi. Questa è una dimostrazione.<br />

Gli direi ancora che una dimostrazione buona deve essere<br />

quindi formalizzabile, ma anche convincente e… ispezionabile!<br />

Paola:<br />

“Davvero???”- credo ti risponderebbe… - “Che strano! Non ho<br />

visto fare mai, durante l’ora di matematica, una cosa del genere!!”<br />

Teresa:<br />

Oh!! Naturalmente nessuno fa davvero così! Ci vorrebbe una<br />

vita! È sufficiente sapere che… si potrebbe fare!<br />

Paola:<br />

Quindi… i matematici non fanno mai <strong>delle</strong> dimostrazioni<br />

vere…? Vogliamo affermare questa tesi?<br />

Teresa:<br />

Certo che le fanno! Se un teorema non è dimostrato non è … niente!<br />

Paola:<br />

(con tono eccitato e ironico) Allora, cosa vogliamo dire che sia una<br />

dimostrazione? Bisogna sapere tutto sui linguaggi formali e la<br />

logica formale prima di fare una dimostrazione matematica?<br />

109


Dell’Estetica<br />

Teresa:<br />

Naturalmente no! Anzi, forse… meno ne sappiamo e meglio è!<br />

Paola:<br />

(con tono risoluto)Ma allora che cosa è una dimostrazione?<br />

Teresa:<br />

Semplicemente, essa è un ragionamento che convince chi<br />

conosce l’argomento!<br />

Paola:<br />

Ma allora la definizione di dimostrazione è soggettiva! Dipende<br />

da particolari persone e prima di decidere cosa è una dimostrazione<br />

devo decidere chi sono gli esperti. Quindi siamo NOI che decidiamo<br />

che cos’è una dimostrazione e se uno non impara a decidere nello<br />

stesso modo NOI decidiamo che non ha attitudine!<br />

Teresa:<br />

No. Non è così… Anche se questo strumento che i matematici<br />

utilizzano dall’antichità per costruire le loro opere non è alla fin<br />

fine così chiaro da spiegare al pubblico…<br />

Con le tue battute mi hai quasi stretto all’angolo!…. Dimostrazione….<br />

che mostra a partire da, oppure dal greco “apodeixis”<br />

[ápodeixis], atto di mostrare, di indicare con l’indice.<br />

Paola:<br />

…certo, è una parola che evocava il portare alla luce qualcosa<br />

che era nascosto… anche le parole teoria e teorema derivano da<br />

termini che si riferiscono all’atto del vedere… dal greco oraw<br />

[órao], osservare …<br />

Teresa:<br />

Già … quasi a sottolineare il fatto che la verità matematica<br />

si viene a conoscere mediante una sorta di “terzo occhio” che<br />

permette di accedere al mondo dei numeri e <strong>delle</strong> figure…<br />

sembrerebbe una specie di esperienza mistica…<br />

E in effetti, molti matematici percepiscono la loro attività come<br />

110


Dialogo sul bello in matematica di Paola Pieralli e Paola Stoppielli<br />

qualcosa di inconscio e che, talvolta quando uno meno se lo<br />

aspetta, affiora al conscio… l’intuizione matematica!<br />

Paola:<br />

Ed è a questo punto che la dimostrazione permette di confermare o<br />

confutare l’intuizione… E la ricerca della dimostrazione dell’intuizione<br />

può talvolta durare secoli… Che dire infatti dell’ormai celebre “ultimo<br />

teorema di Fermat”, formulato da Pierre de Fermat nel 1637 :<br />

“L’equazione a n +b n =c n con a, b, c interi e diversi da zero, non ha<br />

soluzione per n maggiore di 2”<br />

Egli affermò di averlo dimostrato, ma scrisse solamente, ai<br />

margini di una copia dell’Arithmetica di Diofanto “Dispongo di<br />

una meravigliosa dimostrazione di questo teorema, che non può essere<br />

contenuta nel margine troppo stretto della pagina”.<br />

Teresa:<br />

E così iniziò una <strong>delle</strong> sfide più lunghe e intense della storia<br />

della matematica. Molti matematici si susseguirono nella ricerca<br />

della dimostrazione di un teorema il cui enunciato così semplice<br />

dava da ritenere che anche dimostrarlo non sarebbe stato così<br />

difficile e invece…Solo nel 1994, oltre 350 anni dopo la sua<br />

formulazione, Andrew Wiles riuscì in tale impresa…<br />

Paola:<br />

Già… come non può affascinare quest’arte dell’intelletto…<br />

quale e quanta passione, al pari di tanti pittori, poeti, letterati,<br />

architetti, ardeva in questi matematici…<br />

Wiles rimase affascinato dal teorema di Fermat quando ne<br />

venne a conoscenza per caso in una biblioteca della sua città.<br />

Aveva poco più di 10 anni… risolvere quel problema divenne il<br />

suo sogno e a questo sogno ha dedicato la sua vita.<br />

Teresa:<br />

Sì, è affascinante. Parlare del Teorema di Fermat richiederebbe<br />

un’altra conferenza e non basterebbe, viste le connessioni e gli<br />

sviluppi che ha portato nel corso di questi 350 anni… sarebbe<br />

necessario troppo tempo…, non divaghiamo… torniamo a noi…<br />

La dimostrazione è stata considerata nella matematica classica<br />

111


Dell’Estetica<br />

un cammino razionale nel senso più letterale del termine fin dai<br />

tempi di Aristotele, il quale ne individuò le leggi e le espose nella<br />

sua opera Organon. E sono quelle della logica.<br />

Paola:<br />

Però non possiamo dare l’idea che tutto, da Aristotele in poi,<br />

è restato immobile….che non c’è stato più nulla di nuovo… La<br />

matematica è eterna, ma non statica…<br />

Teresa:<br />

Forse sarà sufficiente osservare che, come tutte le arti hanno<br />

sviluppato nel corso dei secoli tecniche sempre nuove per<br />

manifestare l’ingegno e il genio creativo dei propri artisti, anche<br />

la matematica ha sviluppato tecniche più recenti e nuove…<br />

Ad esempio a cavallo tra il 1800 e il 1900 il matematico italiano<br />

Peano formalizzò una tecnica dimostrativa innovativa: la tecnica<br />

di dimostrazione per induzione, mai utilizzata prima… E altre<br />

tecniche sono sorte, tant’è che il concetto di dimostrazione, che<br />

nei secoli precedenti sembrava unico, nell’ultimo secolo sembra<br />

aver perso la sua assolutezza…<br />

Paola:<br />

Potremmo citare ciò che William Thurston, medaglia Fields<br />

1982, il premio Nobel della matematica, disse:<br />

“…che la matematica si riduca alle dimostrazioni formali è un’idea<br />

senza solide basi… In pratica i matematici dimostrano i teoremi in un<br />

contesto sociale… Il loro è un corpo di conoscenze e di tecniche soggetto<br />

a condizionamenti sociali”<br />

Dimostrare non sembra più avere il significato di arrivare<br />

attraverso passaggi indiscutibili ed eseguibili direttamente<br />

dall’uomo ad affermare una verità. In questi ultimi tempi i passaggi<br />

intermedi che costituiscono una dimostrazione non sempre sono<br />

evidenti, anzi, a volte sono occulti, e sempre meno sono direttamente<br />

compiuti dall’uomo, ma sono invece ottenuti tramite elaborazioni<br />

al computer… tant’è che la stessa comunità dei matematici appare<br />

divisa sul ruolo che deve avere una dimostrazione…<br />

112


Dialogo sul bello in matematica di Paola Pieralli e Paola Stoppielli<br />

Teresa:<br />

… basta pensare alla crisi suscitata dal teorema dei quattro colori!<br />

Paola:<br />

Il teorema dei quattro colori afferma che, data una superficie<br />

piana divisa in regioni connesse, come ad esempio una carta geografica<br />

politica, sono sufficienti quattro colori per colorare ogni regione facendo<br />

in modo che regioni adiacenti non abbiano lo stesso colore. Due regioni<br />

sono dette adiacenti se hanno almeno un segmento di confine in comune,<br />

non solo uno o più punti isolati.<br />

La definitiva dimostrazione del teorema per quattro soli<br />

colori fu fornita nel 1977 da Appel e Haken, due matematici<br />

dell’Università dell’Illinois, però solo grazie a un complesso<br />

algoritmo informatico e questo sollevò molte perplessità.<br />

Teresa:<br />

Già … il problema dell’accettazione di questa dimostrazione divise<br />

il mondo dei matematici. E non solo. Quando alcuni alla fine<br />

del secolo scorso hanno provato a fare il punto della situazione<br />

hanno incontrato metodi diversi per affrontare le ultime sofisticate<br />

ricerche in campo matematico: parlano di dimostrazioni di tipo<br />

probabilistico, di video-dimostrazioni… boh…<br />

Chissà cosa accadrà in questo secolo!<br />

Paola:<br />

Forse l’arte della dimostrazione matematica consisterà nel<br />

trovare una cornice, una scena in cui tutto quello che uno cerca<br />

di dimostrare diventi quasi ovvio!<br />

La creatività matematica si sta già manifestando nel trovare<br />

questi contesti… Qualche volta si trovano nel ricco mondo degli<br />

oggetti materiali, qualche volta uno se li inventa… ancora un<br />

mondo fatto di idee! E questo mondo di idee e di costruzione di<br />

idee è così avvincente!<br />

Teresa:<br />

Hai ragione ad esserne tanto coinvolta!… E comunque,<br />

nonostante queste luci ed ombre, l’operare del pensiero nel<br />

condurre i suoi ragionamenti deduttivi è così complesso, ricco,<br />

113


Dell’Estetica<br />

affascinante che credo valga la pena richiamarlo al pubblico…<br />

magari citando qualche grande dei secoli passati.<br />

Paola:<br />

Credo che basti questo brano tratto da Cartesio, che mette in<br />

luce come la difficoltà nell’applicare le tecniche della deduzione<br />

sia comune a molti, anche a personaggi del calibro di Cartesio<br />

stesso e non solo a noi poveri e comuni mortali “Talvolta la<br />

deduzione si dà con una così lunga serie di conseguenze che, quando<br />

siamo arrivati alla fine, non ci ricordiamo più facilmente del cammino<br />

che abbiamo percorso fino là; per questo diciamo che dobbiamo soccorrere<br />

la debolezza della memoria con un movimento continuo del pensiero…<br />

[…] Allora [se non posso ricordarmele tutte] io le percorro più volte con<br />

un movimento continuo dell’immaginazione che, nello stesso tempo deve<br />

avere l’intuizione di ciascuna cosa e passare alle altre, finché non imparo<br />

a passare dalla prima all’ultima così rapidamente da non lasciare alcun<br />

ruolo alla memoria, e avere, sembra, l’intuizione tutto in una volta”.<br />

Teresa:<br />

Bello!… Vale la pena leggere queste parole… Ma non facciamoci<br />

prendere la mano dalle nostre passioni… Occorrerà analizzare<br />

altri , non possiamo certo fermarci al teorema di Pitagora!<br />

Paola:<br />

Eh si… ce ne sono così tanti… Ricordi che nel 1988 la rivista The<br />

Mathematical Intelligencer ne ha fatto addirittura una classifica?<br />

Guarda: i 5 teoremi più belli …<br />

Posizione Teorema<br />

1 e iπ +1=0 Formula di Eulero<br />

2 V+F=E+2 (formula caratteristica di Eulero per i poliedri)<br />

3 I numeri primi sono infiniti (Euclide)<br />

4 Esistono 5 poliedri regolari<br />

5 1+1/2 2 +1/3 2 +1/4 2 +…=π/6 (Eulero)<br />

114


Dialogo sul bello in matematica di Paola Pieralli e Paola Stoppielli<br />

Teresa:<br />

Pensa,… ben tre di questi capolavori sono dovuti a Eulero… un<br />

artista molto fecondo… e pensa che tutti coinvolgono idee già in<br />

possesso di ogni studente <strong>delle</strong> superiori! Anche la Formula di<br />

Eulero, la prima classificata!<br />

Paola:<br />

Fu Feynman , un fisico americano premio Nobel nel 1965, uno<br />

dei primi ad eleggere la formula di Eulero la formula più bella<br />

di tutti i tempi, quando solo all’età di 13 anni la inserì con tale<br />

appellativo nel suo quaderno di liceale… e tutt’ora la maggior<br />

parte dei matematici la considerano tale .<br />

Agli occhi di persone, diciamo, “ non addette ai lavori”, può<br />

sembrare una cosa insignificante, priva di qualsiasi fascino…<br />

E’ bene allora presentare quelli che sono i protagonisti di questa<br />

storia: i numeri e e π, legati tramite il numero immaginario i ai<br />

numeri più elementari dell’aritmetica,1 e 0 in una relazione che<br />

più semplice non si poteva, tramite gli operatori fondamentali<br />

della aritmetica:uguaglianza, addizione, moltiplicazione e<br />

potenza (legge la formula):<br />

e iπ +1=0<br />

Ecco il primo protagonista, π,… presentato addirittura da<br />

Dante…<br />

“Qual è’l geometra che tutto s’affigge<br />

Per misurar lo cerchio, e non ritrova,<br />

pensando, quel principio ond’elli indige,<br />

tal era io a quella vista nova:<br />

veder volea come si convenne<br />

l’’imago al cerchio come vi s’indova.”<br />

(Dante, Paradiso XXXIII,133-138)<br />

… 3,14, è nozione comune di ogni studente, è quel numero che<br />

serve ad esempio a calcolare l’area di un cerchio. Nei libri scolastici<br />

troviamo che π è definito come il rapporto fra una qualsiasi<br />

circonferenza C e il suo diametro d… una formalizzazione<br />

tutto sommato recente, una conquista del 18° secolo. La storia<br />

di questo numero, in realtà, ha origine con la storia dell’uomo.<br />

115


Dell’Estetica<br />

Infatti sul Papiro Rhind lo scriba Ahmes scrisse:<br />

Togli 1/9 a un diametro e costruisci un quadrato sulla parte che ne<br />

rimane; questo quadrato ha la stessa area del cerchio.”<br />

Teresa:<br />

Il problema della quadratura del cerchio!….<br />

Paola:<br />

… problema che appassionò gli antichi greci e che ha<br />

attraversato i secoli, fino al 1800…: Archimede di Siracusa (287-<br />

212 a.C. ca.), adottando i risultati noti fino ad allora, fu il primo<br />

a giungere con successo a una approssimazione del rapporto tra<br />

circonferenza e diametro . Egli concluse che:<br />

“La circonferenza di ogni cerchio è tripla del diametro, più una parte<br />

minore di un settimo del diametro e maggiore di dieci settantunesimi “<br />

… che ricondotto al linguaggio moderno, fornisce, per il<br />

rapporto tra circonferenza e diametro, un valore approssimato<br />

pari a 3,14…<br />

Teresa:<br />

Certo che la storia di pi greco attraversa davvero tutta la storia<br />

della matematica, ed è senza confini… dalla Cina, all’India,<br />

all’Europa.<br />

Paola:<br />

E poi, quanti matematici importanti hanno cercato di<br />

comprendere la natura di questo numero, fornendo formule che lo<br />

legassero a numeri “normali”: Viète, John Wallis, James Gregory…<br />

E finalmente Eulero, che dal 1736, utilizzò regolarmente il simbolo<br />

π per indicare il numero “misterioso”, con il sospetto che fosse un<br />

numero molto… molto “strano”! Egli scrisse infatti:<br />

“È probabile che il numero π non sia neppure contenuto nelle irrazionalità<br />

algebriche, ossia che non possa essere una radice di un’equazione<br />

algebrica con un numero finito di termini, i cui coefficienti siano razionali.<br />

Pare però molto difficile dimostrarlo in modo rigoroso.”<br />

116


Dialogo sul bello in matematica di Paola Pieralli e Paola Stoppielli<br />

In sostanza Eulero afferma che non c’è nessuna, dico… nessuna<br />

equazione espressa da un polinomio a coefficienti interi di cui π<br />

sia soluzione!<br />

Teresa:<br />

Già… un numero “trascendente”. Come scoprì Lindemann<br />

nel 1882. E questa scoperta equivaleva ad abbandonare<br />

definitivamente il sogno nato sulle sponde del Nilo: quello di<br />

trovare un quadrato con la stessa area del cerchio utilizzando<br />

solo una riga e un compasso! Il problema della quadratura del<br />

cerchio è impossibile… E poi la corsa per calcolare le sue infinite<br />

cifre decimali… Fine ‘800… se ne conoscono 707!<br />

Alla fine del 2002… le cifre calcolate sono oltre 1 2 4 1<br />

MILIARDI! E la gara continua… ormai è una prova di forza fra π<br />

e i calcolatori! (Legge:)<br />

“… Esplorare π è come esplorare’Universo…” (David<br />

Chudnovsky)<br />

“Il numero pi greco, correttamente interpretato, contiene l’intera<br />

storia dell’umanità.” (Martin Gardner)<br />

Paola:<br />

E che dire del secondo protagonista della formula?… il numero<br />

e:<br />

L’incendio suo seguiva ogni scintilla<br />

Ed erano tante, che’l numer loro<br />

Più che’l doppiar delli scacchi s’inmilla<br />

Dante,Paradiso, X XVIII 91 – 93<br />

Dante fa riferimento a una famosa leggenda in cui si narra<br />

la storia dell’inventore degli scacchi, che chiese in regalo al<br />

suo sovrano, entusiasta del gioco, un chicco di riso sulla prima<br />

casella della sua scacchiera 8 per 8, il doppio sulla seconda, cioè<br />

2, il doppio ancora sulla terza, cioè 4, e sempre raddoppiando,<br />

8, 16, 32, 64 e così via sulle caselle successive, fino all’ultima, la<br />

sessantaquattresima. In matematica scriviamo: 2 1 , 2 2 , 2 3 , ..., 2 n cioè<br />

117


Dell’Estetica<br />

una potenza dove l’esponente aumenta via via, anche di poco, ma<br />

determinando un notevole aumento del valore di tutta la potenza.<br />

Il risultato della somma di queste potenze è un numero<br />

impressionante, 3 chicchi e mezzo per ogni centimetro quadrato<br />

della superficie terrestre…<br />

Anche nel linguaggio corrente, spesso sentiamo parlare di crescita<br />

esponenziale, per indicare una crescita molto veloce legata a<br />

fenomeni socio-economici o alla crescita di una popolazione, alla<br />

diffusione di un’epidemia.<br />

Il numero e , quindi, anche se non è molto noto come π,<br />

meriterebbe maggior considerazione. Anch’esso affonda le sue<br />

origini in problemi molto antichi,dai primi che si sono chiesti<br />

quale potesse essere il miglior investimento di un capitale: su<br />

una tavoletta babilonese del 1700 a.C è stato trovato un problema<br />

che nel linguaggio moderno sarebbe così…<br />

Quanto tempo ci vorrà perché una certa somma di denaro raddoppi, se<br />

ogni anno aumenta del 20%?<br />

… è un tipico esempio di calcolo di interesse su un capitale… Il<br />

secondo protagonista della formula di Eulero ha origine qui, ma<br />

viene definitivamente alla luce solo all’inizio del diciassettesimo<br />

secolo, un periodo di grandi sviluppi finanziari, con un’attenzione<br />

particolare quindi per il problema dell’interesse composto. Infatti<br />

e deriva dalla formula del capitale M che si ottiene al termine di<br />

un anno, facendo maturare un capitale iniziale C ad un tasso di<br />

interesse I secondo la formula dell’interesse composto<br />

M = C(1 + i/n) n<br />

con C uguale a 1, i uguale a 1 e con n, che è il numero di volte in<br />

cui viene calcolato e capitalizzato l’interesse nell’arco dell’anno,<br />

tendente all’infinito. Cioè e è il risultato di (1 + 1/n) n per n molto<br />

molto molto grande…<br />

2,718281828459045235360287… = e.<br />

Hermite provò che anche e è un numero trascendente… e,come<br />

per π, molti matematici competono per calcolare le sue cifre<br />

decimali…<br />

118


Dialogo sul bello in matematica di Paola Pieralli e Paola Stoppielli<br />

Teresa:<br />

Lo so!… attualmente il record 51 539 600 000 cifre decimali !!…<br />

Scusa se ti interrompo, ma questa formula è troppo ricca ed i suoi<br />

protagonisti si contendono la nostra attenzione…<br />

Come pensi di introdurre l’unità immaginaria? Dire che<br />

si tratta di un numero che moltiplicato per se stesso da<br />

come risultato -1… Quando si è visto qualcosa del genere?<br />

Facciamo magie?…si cambiano le regole del gioco?… non sarà<br />

sufficiente…<br />

Paola:<br />

È vero, far comprendere come la mente umana possa avere<br />

concepito quantità non reali, ma che, eppure grazie alla loro<br />

esistenza permettono di ottenere soluzioni reali di problemi reali<br />

non è facile… però ho trovato qualcosa in cui si avverte lo stesso<br />

senso di smarrimento che si prova quando cerchiamo di figurarci<br />

tali numeri…<br />

Sempre caro mi fu quest’ermo colle<br />

e questa siepe, che da tanta parte<br />

dell’ultimo orizzonte il<br />

guardo esclude.<br />

dell’ultimo orizzonte il guardo<br />

esclude. Ma sedendo e mirando,<br />

interminati spazi di là da quella,<br />

e sovrumani silenzi, e profondissima<br />

quïete io nel pensier mi fingo,<br />

ove per poco il cor non si spaura.<br />

E come il vento odo stormir tra queste piante,<br />

io quello infinito silenzio a questa voce<br />

vo comparando: e mi sovvien l’eterno,<br />

e le morte stagioni, e la presente<br />

e viva, e il suon di lei.<br />

Così tra questa immensità s’annega il pensier mio:<br />

e il naufragar m’è dolce in questo mare<br />

Teresa:<br />

… Non credi che questo accostamento sia azzardato? Sento già<br />

che ci accuseranno di voler spiegare tutto, solo con la matematica.<br />

Ci diranno che vogliamo scalare la montagna della scienza e<br />

119


Dell’Estetica<br />

dell’arte con uno zaino pieno solo di matematica… Mah!… Non<br />

staremo osando troppo?…<br />

Paola:<br />

A me piace… l’accostamento mi è venuto in mente leggendo<br />

questo brano tratto dal libro di Peter Hoeg “Il senso di Smilla per<br />

la neve”… ascolta…<br />

“Alla base della matematica ci sono i numeri. Se qualcuno mi chiedesse<br />

cosa mi rende veramente felice io risponderei: i numeri. La neve, il<br />

ghiaccio e i numeri. E sai perché? Perché? Perché il sistema numerico<br />

è come la vita umana: per cominciare ci sono i numeri naturali. Sono<br />

quelli interi e positivi. I numeri del bambino.<br />

Ma la coscienza umana si espande. Il bambino scopre il desiderio e sai<br />

qual è l’espressione matematica del desiderio? Sono i numeri negativi.<br />

Quelli con cui si dà forma all’impressione che manchi qualcosa.<br />

Ma la coscienza si espande ancora e cresce e il bambino copre gli spazi<br />

intermedi. Fra le pietre, fra le parti di muschio tra le pietre, fra le persone.<br />

E fra i numeri.<br />

Sai questo a cosa porta? Alle frazioni. I numeri interi più le frazioni<br />

danno i numeri razionali.<br />

Ma la coscienza non si ferma lì. Vuole superare la ragione. Aggiunge<br />

un’operazione assurda come la radice quadrata. E ottiene i numeri irrazionali.<br />

È una sorta di follia, perché i numeri irrazionali sono infiniti.<br />

Non possono essere scritti. Spingono la coscienza nell’infinito.<br />

E addizionando i numeri irrazionali ai numeri razionali si ottengono i<br />

numeri reali…<br />

Non finisce. Non finisce mai. Perché ora, su due piedi, espandiamo i<br />

numeri reali con quelli immaginari, radici quadrate dei numeri negativi.<br />

Sono i numeri che non possiamo figurarci, numeri che la coscienza<br />

normale non può comprendere. E quando aggiungiamo i numeri immaginari<br />

ai numeri reali, abbiamo i numeri complessi .<br />

È come un grande paesaggio aperto. Gli orizzonti. Ci si avvicina ad<br />

essi e loro continuano ad allontanarsi”.<br />

… poi continuerei con una piccola storia di i: solo per inquadrarlo<br />

storicamente….<br />

Teresa:<br />

Basta… basta… Io direi solo che fu Bombelli, un matematico<br />

del 1500, che li creò chiamandoli “quantità silvestri” e che il<br />

120


Dialogo sul bello in matematica di Paola Pieralli e Paola Stoppielli<br />

nome di numeri immaginari, poi, lo si deve a Cartesio e che forse<br />

tanto immaginari questi numeri non lo sono se un ingegnere<br />

elettrotecnico americano, Steinmetz, alla fine dell’Ottocento<br />

sviluppò la teoria <strong>delle</strong> correnti alternate basandosi sui numeri<br />

complessi…Meno male che i prossimi numeri della formula non<br />

hanno bisogno di presentazione<br />

Quando si parte il giuoco della zara,<br />

Colui che perde si riman dolente,<br />

Repetendo le volte, e tristo impara;<br />

Con l’altro se ne va tutta la gente;<br />

Qual va dinnanzi, e qual di dietro il prende,<br />

E qual da lato li si reca a mente (Dante, Purgatorio, V I , 1-12)<br />

Tu credi che a me tuo pensier mei<br />

Da quel ch’è primo, così come raia<br />

Dall’un, se si conosce, il cinque e ‘l sei ( Dante ,Paradiso XV, 55-57 )<br />

Paola:<br />

Qui Dante fa riferimento al gioco della zara, un gioco fatto con<br />

tre dadi che venivano disposti su un banco: vinceva chi, prima<br />

che i dadi fossero lanciati, indovinava la combinazione vincente,<br />

proclamandola ad alta voce. Il termine zara si riferiva alla<br />

combinazione sfavorevole, cioè a quella che aveva meno probabilità<br />

di uscire… L’aleatorietà dei fenomeni, degli eventi: 0 e 1 non sono<br />

solo numeri importanti in aritmetica, ma esprimono i valori estremi<br />

della probabilità di un evento: 0 se l’evento è impossibile, non si può<br />

verificare, 1 se l’evento è certo, si verifica in ogni caso.<br />

Teresa:<br />

… e con 0 e 1 termina la rassegna dei protagonisti della formula<br />

di Eulero… E adesso, spero, sarà più chiaro perché è stata definita<br />

la formula più bella di tutti i tempi…<br />

Paola:<br />

È vero… dietro ci sono idee che spaziano attraverso le epoche<br />

e i luoghi che hanno fatto la storia della matematica: tutte le<br />

volte che mi soffermo sulla formula mi chiedo com’è possibile<br />

che queste entità fondamentali e apparentemente lontane tra<br />

121


Dell’Estetica<br />

loro possano intrecciarsi così semplicemente, elegantemente e<br />

armoniosamente.<br />

Teresa:<br />

Sì, presentiamo solo idee semplici… e… belle, semplici e…<br />

ricche… ed io concluderei presentando un altro capolavoro di<br />

Euclide… Che ne dici se provassimo con il Teorema fondamentale<br />

dell’aritmetica?<br />

Paola:<br />

Certo, mi sembra proprio adatto: anche Hardy lo<br />

approverebbe… ricordi?<br />

Ha detto che un opera matematica è bella se è significativa, se<br />

può collegarsi ad altre idee matematiche, portando così grandi<br />

progressi in matematica… e quante idee sono legate da questo<br />

teorema… fondamentale e quindi… elementare: per capire la sua<br />

grandezza servono solo nozioni alla portata di uno studente di<br />

12 anni, serve solo ricordarsi dei numeri primi… 2, 3, 5, cioè, tutti<br />

quei numeri maggiori di 1 che hanno come divisori solo uno e<br />

loro stessi, e infine il concetto di divisore.<br />

Teresa:<br />

Allora… inoltriamoci… nell’infinito! Questa parola, infinito,<br />

che, nell’enunciato del teorema, Euclide pare non osare neanche<br />

pronunciare! Lui dice infatti:<br />

“Esistono sempre numeri primi in numero maggiore di quanti numeri<br />

primi si voglia proporre”<br />

… E poi… via con l’opera d’arte di cui Hardy ebbe a dire:<br />

“Questa dimostrazione conserva la freschezza e l’importanza di quando<br />

è stata scoperta: duemila anni non le hanno lasciato una ruga!”<br />

Paola:<br />

… Ne sono sempre più convinta: è un’opera indispensabile per<br />

cogliere l’arte dello stile euclideo, in cui egli mette a punto via<br />

via tutto ciò che gli serve per giungere alla conclusione finale,<br />

122


Dialogo sul bello in matematica di Paola Pieralli e Paola Stoppielli<br />

che viene condotta utilizzando una tecnica dimostrativa molto<br />

sopraffine: la Reductio ad Absurdum: la dimostrazione per<br />

assurdo. Come dice Hardy:<br />

La reductio ad absurdum, tanto amata da Euclide, è una <strong>delle</strong> più belle<br />

armi di un matematico. È un gambetto molto più raffinato di qualsiasi<br />

gambetto degli scacchi: un giocatore di scacchi può offrire in sacrificio<br />

un pedone o anche qualche altro pezzo, ma il matematico offre la partita.<br />

Teresa:<br />

Giusto! E con quale eleganza Euclide se ne serve e ci conduce<br />

per mano a quella verità in pochissime mosse<br />

Prima ci dimostra che se due numeri sono divisibili per uno<br />

stesso numero, lo è anche la loro differenza, per esempio, se 18 è<br />

divisibile per 3, e 12 è divisibile per 3, lo è anche la loro differenza<br />

18-12, cioè anche 6 è divisibile per 3! Facile, no?<br />

Con una seconda mossa ci convince poi che ogni numero<br />

naturale, 1, 2, 3, 4, 5,6,… o è primo o è possibile scriverlo come<br />

prodotto di numeri primi…, i quali saranno, quindi, tutti divisori<br />

del nostro numero…I numeri primi… ce li fa immaginare…<br />

come se fossero… atomi!<br />

Ci fa vedere i numeri primi come i componenti fondamentali di<br />

tutti gli altri numeri!<br />

E come terza mossa Euclide ci dimostra che quel prodotto in<br />

numeri primi è unico… i numeri primi sono, alla fine, non solo i<br />

componenti, ma addirittura il codice genetico di ciascun numero<br />

naturale…! 15, ad esempio, lo posso scrivere solo come prodotto<br />

dei numeri primi 3 e 5, e basta… non ho un’altra possibilità!<br />

Ma a questo punto con tre battute messe a segno Euclide ha<br />

preparato i suoi lettori ad apprezzare il suo capolavoro, cioè può<br />

dimostrare che i numeri primi sono infiniti…<br />

Perché… se… non lo fossero… Prendiamoli tutti, i nostri numeri<br />

primi, : A,B,C, D,… M e scriviamo un nuovo numero, dove li<br />

abbiamo moltiplicati tutti insieme, ed abbiamo aggiunto una<br />

unità<br />

N = A · B · C · · · ·M+1<br />

Bene, se N è primo, ne ho trovato un altro e posso continuare<br />

allo stesso modo, con un altro e un altro ancora… quanto<br />

123


Dell’Estetica<br />

voglio… all’infinito… Se N non è primo, però, Euclide ci ha<br />

insegnato già che ci sarà, fra tutti i nostri numeri primi, almeno<br />

un numero primo, chiamalo G, che lo divide! Quindi, G è<br />

contemporaneamente un divisore del numero che è il prodotto<br />

di tutti i nostri numeri primi<br />

A · B · C · · ·G · · ·M<br />

Ma è anche un divisore di N!<br />

Ne segue che G dovrà essere anche un divisore della differenza<br />

dei nostri due numeri<br />

(A · B · C · · · ·M+1) - A · B · C · · · ·M<br />

Che è 1 !!!!! Ma… può G, primo, essere divisore di 1 essendone<br />

maggiore?<br />

(si guardano con evidente e crescente stupore e poi eclamano insieme…)<br />

Teresa e Paola:<br />

ASSURDO!!!!<br />

Teresa:<br />

No, evidentemente, quindi G è il nuovo primo… e via : la<br />

dimostrazione che l’insieme dei numeri primi è infinito… è fatta!!<br />

Paola:<br />

Ecco: e tutto avviene con eleganza, equilibrio, precisione,<br />

profondità… qualità fondamentali per …la nostra cattedrale!<br />

Quali altre opere potremmo presentare per convincere della<br />

bellezza della matematica?<br />

Una bellezza davvero senza tempo!!!<br />

Teresa: (guardando l’orologio…)<br />

Già… il tempo… ma è tardissimo!… E noi siamo ancora qui<br />

a preparare il materiale: la prossima settimana abbiamo la<br />

conferenza… Andiamocene… o ci chiuderanno dentro la scuola.<br />

124


Dialogo sul bello in matematica di Paola Pieralli e Paola Stoppielli<br />

Paola:<br />

… Eppure…conosco ancora una meravigliosa dimostrazione…<br />

(rimettendo anche lei i fogli, ma guardandone uno con più attenzione)…<br />

Teresa:<br />

Non c’è tempo… non c’è tempo<br />

Paola:<br />

… (tenta di trattenersi)… Potrei scrivertela… entrerebbe in una<br />

diapositiva…<br />

Teresa:<br />

(con voce ferma) e lo spazio (ridacchiando) non è sufficiente!!!<br />

Paola:<br />

(guarda anche lei l’orologio...)… è tardi… lo spazio è davvero<br />

troppo piccolo…non c’è tempo!<br />

(Si spengono le luci)<br />

Riferimenti bibliografici<br />

• William Dunham, Viaggio attraverso il genio<br />

• Godfrey H. Hardy, Apologia di un matematico<br />

• Che cos’è una dimostrazione?, Quaderni ELEUSI-PRISTEM<br />

• Michael Francio Atiyah, Senza bellezza non c’è verità scientifica<br />

• Corriere della sera ,14 marzo 2007<br />

• Euclide, Elementi<br />

• Gabriele Lolli, Il riso di Talete, La crisalide e la farfalla<br />

• Cartesio, Discorso sul metodo<br />

• Peter Hoeg, Il senso di Smilla per la neve<br />

• M. Machover, The Mathematical Intelligencer<br />

• Jean Dieudonné , L’arte dei numeri<br />

• Piergiorgio Odifreddi, Idee per diventare Matematico<br />

125


L’estetica tra<br />

forma e sostanza<br />

A me non piace fare <strong>conferenze</strong>. Penso alla cultura non come<br />

ad un processo di trasmissione, ma come ad un processo di crescita<br />

insieme, in cui si confrontano e si verificano punti di vista e<br />

riflessioni.Per cui, fondamentalmente, le mie sono solo riflessioni<br />

ad alta voce.<br />

Il nostro oggetto è la natura del bello. Il concetto di arte, l’oggetto<br />

dell’estetica.<br />

La prima cosa che mi è venuta in mente è che, in linea<br />

generale,mi sembra, per noi è molto più facile applicare categorie<br />

estetiche alla poesia, alla pittura, alla scultura che non al<br />

romanzo.E la differenza tra queste cose risiede nel fatto che, nel<br />

romanzo, c’è una storia. Ci sono categorie di spazio, di tempo,<br />

di causalità, di prima e dopo. E, per quanto ci riguarda, quando<br />

parliamo di bello, noi tendiamo a prescindere da queste categorie.<br />

Il bello è al di fuori della storia.<br />

La seconda cosa che mi è venuta in mente è che il bello è comunque<br />

una rappresentazione che ricade sotto i sensi, ma in<br />

questo suo ricadere sotto i sensi, nel processo che porta alla sua<br />

creazione, nel sentito che origina la sua realizzazione, mi sembra<br />

si possa dire che ci siano due tipi di modalità.<br />

Arte con - una unità tra il sentito e il rappresentato, in cui anche<br />

la materia, lo strumento dell’arte è in qualche modo inestricabilmente<br />

connesso a questa unità, come avviene nella pittura, e<br />

ancor di più nella musica, - e arte su. In qualche maniera, se non<br />

altro per un certo lungo periodo, queste differenze di modo nel<br />

collegarsi con il bello, sembrano anche state legate al materiale<br />

che veniva usato per rappresentarlo.Come se il materiale, con<br />

la sua matericità e con le sue limitazioni, imponesse percorsi diversi.<br />

127<br />

di Carlo Nocentini


Dell’Estetica<br />

Se mi si passa una dicotomizzazione estrema, sto pensando alla<br />

differenza che esiste, già nell’antica Grecia, tra le statue e le pitture<br />

sui vasi. Spesso stilizzate, queste ultime, evocatrici, partecipi<br />

degli elementi magici <strong>delle</strong> pitture rupestri neolitiche. Molto più<br />

solide e particolareggiate le statue, come se l’intervento dell’artista,<br />

in questo caso, fosse necessariamente quello di infondere alla<br />

pietra, che risponde a sue proprie leggi in modo molto più greve<br />

della pittura e del colore, o della musica, un modello , in qualche<br />

misura razionale e razionalizzato, armonico secondo rigorosi codici<br />

di gestione del materiale, con cui opera.<br />

Perché il bello ha carattere di universalità. E, in qualche modo,<br />

l’universalità noi la troviamo solo in due aree dell’uomo. Nella<br />

profondità dell’istinto ancestrale, o nell’astrazione matematica.<br />

Le culture sono tra loro differenti, gli istinti profondi no.<br />

Il bello ha a che fare con il nulla, ci ha ricordato la prof. Bramante,<br />

citando Adorno. Dentro, insieme al bello, in fondo ad esso è<br />

sempre in agguato un meccanismo di dissoluzione. Di unità primigenia<br />

nella quale vi è perdita dell’Io. E l’arte è il tentativo di<br />

rendere fruibile il nulla. Perché il bello è desiderio, e il desiderio<br />

come una <strong>delle</strong> sue polarità ha appunto la dissoluzione con il desiderato.<br />

Nell’agito dell’orgia sacrificale dionisiaca si inserisce la<br />

narrazione, non storicizzata, che si muove in un eterno presente,<br />

e abbiamo la tragedia, che è esorcismo, unità di estetica ed etica,<br />

ma nella quale lo spazio del logos, della storia e del tempo è estremamente<br />

ridotto.<br />

Momento diadico, dove Dioniso (l’agito) e Apollo ( il racconto)<br />

coagiscono, ma non interagiscono.<br />

È come se il coro, unica realtà, producesse fuori di sé la visione e parlasse<br />

di essa e su di essa con tutto il simbolismo della danza, del suono<br />

e della parola (Nietsche,).<br />

È una sorta di incantesimo; lo spettatore diventava Satiro e guardava<br />

fuori di sé quella visione che era il compimento apollineo del proprio<br />

stato dionisiaco.<br />

Attraverso l’azione dell’attore, l’uomo cominciava il lungo percorso<br />

della sua individuazione.<br />

È Socrate, secondo Nietsche, che uccide la tragedia, quando ad<br />

essa applica il logos.<br />

128


L’estetica tra forma e sostanza di Carlo Nocentini<br />

Solo apparentemente diverso è il discorso nelle arti plastiche,<br />

soprattutto la scultura. Il terzo polo, il logos, la legge del padre è<br />

rappresentato dalla pietra. La pietra e il metallo sono, in maniera<br />

decisamente superiore a tutte le altre forme espressive, insensibili<br />

al desiderio. La loro trasformazione in opera d’arte non è più il<br />

risultato, più o meno immediato, del desiderio, ma richiedono, intrinsecamente,<br />

una tecnica, un logos per poter essere trasformati.<br />

I greci conoscono il pericolo della bellezza? Suppongo di sì,<br />

perché la esorcizzano. Le assegnano una funzione etica. Operano<br />

un processo di sublimazione ante litteram.<br />

La tragedia pone di fronte agli uomini gli impulsi passionali<br />

e irrazionali (matricidio, incesto, cannibalismo, suicidio, infanticidio…)<br />

che si trovano, più o meno inconsciamente, nell’animo<br />

umano, permettendo agli individui di sfogarli innocuamente, in<br />

una sorta di esorcizzazione di massa.<br />

Nietzsche affermerà l’esistenza, nella cultura greca, di un contrasto,<br />

enorme per l’origine e i fini, fra l’arte plastica, cioè l’apollinea, e<br />

l’arte non plastica della musica, cioè la dionisiaca.<br />

Questi due istinti così diversi camminano uno accanto all’altro, per lo<br />

più in aperto dissidio, stimolandosi reciprocamente a sempre nuove e<br />

più gagliarde reazioni per perpetuare in sé incessantemente la lotta di<br />

quel contrasto, su cui la comune parola di “arte” getta un ponte che è<br />

solo apparente: finché in ultimo, riuniti insieme da un miracolo metafisico<br />

prodotto dalla “volontà” ellenica, essi appaiono finalmente in<br />

coppia e generano in quest’accoppiamento l’opera d’arte della tragedia<br />

attica, che è tanto dionisiaca quanto apollinea.<br />

In psicoanalisi si sono succedute diverse interpretazioni del<br />

bello e dell’arte.<br />

Freud ritiene che l’arte rappresenti il ritorno del rimosso e usi il<br />

linguaggio dei sogni; Jung pensa che l’arte sia espressione degli universali<br />

archetipici sepolti nell’inconscio collettivo dei quali l’inconscio<br />

individuale è partecipe. Melanie Klein, invece, considera l’arte<br />

come espressione della fantasia del mondo interno, uno spazio della<br />

mente in cui si muovono personaggi interiorizzati. Quelli cattivi<br />

attaccano gli oggetti buoni facendo emergere il senso di colpa e in<br />

fine la riparazione. L’arte diviene così un mezzo di riparazione.<br />

129


Dell’Estetica<br />

Infine il modello della mente di Bion, arte come elaborazione<br />

del processo di pensiero che si libera dalle richieste del potere<br />

(Superio) e pensa per se stessa. Così nascono i volumi della Recherche<br />

di Proust<br />

Per i post-kleiniani, fondamentalmente, l’arte trova il suo fondamento<br />

nella fase pre-edipica, all’interno dell’universo conflittuale<br />

– ma simbiotico- del rapporto madre-bambino, prima che il<br />

padre intervenga a costituire il triangolo, a spostare il codice del<br />

mondo da duale a ternario, in una parola a consentire l’ingresso<br />

del logos in quello che era solo l’universo del desiderio.<br />

Il mistero dell’opera d’arte coincide col mistero che è l’oggetto<br />

materno per il bambino.<br />

E la differenza tra arte apollinea ed arte dionisiaca corre, in<br />

qualche modo per tutti questi secoli, con differenza di accentazioni.<br />

Arte come espressione di un sentito, voce di un mondo interno<br />

che si esprime attraverso la trasmissione primaria di sensazioni,<br />

cui piega la materia, arte come espressione ed arte come modello<br />

universale, come rappresentazione, come trasferimento di universali<br />

dal pensiero umano alla materia.<br />

Non vedo, dalla Grecia a non molti anni fa, una scultura monumentale<br />

che si esprima come evocazione di sentiti, non rappresentativi.<br />

Compare in questi ultimi decenni. Mi viene in mente<br />

Henry Moore, ma ce ne saranno, ovviamente molti altri.Nella<br />

scultura decorativa invece forme altamente simboliche, o che<br />

agitano evocazioni profonde, compaiono dal gotico in poi. Fino<br />

ad arrivare a Gaudì, e alla Sacrada Familia, in cui, alla rigorosità<br />

dei calcoli che determinano la struttura portante, si sovrappone<br />

un impianto decorativo esclusivamente simbolico.<br />

Allora, da tutte queste notazioni sparse vorrei far emergere un<br />

concetto.<br />

L’arte, originariamente, appartiene a due mondi tra di loro<br />

completamente diversi. L’apollineo e il dionisiaco. Diversi modelli,<br />

diversi percorsi, un momento unificante che è la tragedia. Il<br />

modello dionisiaco viene lentamente spinto ai margini, per tutta<br />

la classicità, e si affaccia sporadicamente. Sto pensando relativamente<br />

al suo ri-emergere, ad alcuni polittici di Jeronimus Bosh, o<br />

appunto, ad elementi decorativi nelle chiese. O anche a El Greco,<br />

130


L’estetica tra forma e sostanza di Carlo Nocentini<br />

che per certi versi mi desta assonanze con l’Urlo di Munch.<br />

È un processo, quello apollineo, nel quale la trasmissione del<br />

sentito passa attraverso una rigorosa disciplina di tipo logico<br />

formale - si chiami prospettiva, sezione aurea o disegno - che<br />

canalizza in qualche modo l’espressione. È a partire dagli ultimi<br />

decenni dell’800 che il dionisiaco ri-esplode. Se noi prendiamo<br />

un pittore che penso tutti conosciamo, Van Gogh, è solo nel suo<br />

ultimo periodo, Arles, Saint Remy, Auverse sur Oise, gli anni<br />

dall’88 al 90, che i suoi quadri trasmettono sensazioni attraverso<br />

il colore, svincolandosi in maniera quasi completa dal disegno.<br />

È fondamentalmente dall’inizio del Novecento, con l’esplosione<br />

del surrealismo, e con le varie diramazioni che da esso si<br />

spandono che riprende corpo l’arte come espressione, senza la<br />

mediazione della ragione.<br />

È Breton che, nel Manifesto dei surrealisti, definisce il movimento<br />

come automatismo psichico puro, attraverso il quale ci si propone<br />

di esprimere, con le parole o la scrittura o in altro modo, il reale<br />

funzionamento del pensiero. Comando del pensiero, in assenza di qualsiasi<br />

controllo esercitato dalla ragione, al di fuori di ogni preoccupazione<br />

estetica e morale.<br />

Tutte le correnti contemporanee, se si fa eccezione per il cosiddetto<br />

realismo socialista, ormai scomparso, si rifanno a questo<br />

tipo di impostazione.<br />

Arte come ritorno al dionisiaco, come espressione dei <strong>contenuti</strong><br />

inconsci, al di fuori di qualsiasi processo regolatore rappresentato<br />

da ragione, etica, morale, codici. Arte come immediatezza<br />

del sentire. Si ripropone una dimensione che è pre-tragica.La<br />

percezione si sposta da percezione del mondo a percezione del<br />

mondo interno. Cassirer, nel 1968, scriveva:<br />

Soltanto ciò che si dimostra essenziale per l’insieme del nostro vivere e<br />

del nostro agire viene scelto e osservato.<br />

Qualunque cosa appaia importante per il nostro desiderare e il nostro volere,<br />

per le nostre esperienze e angosce, per agire e per fare, quello e soltanto quello<br />

riceve il timbro del significato verbale. Possiamo ritrovare la matrice unitaria<br />

dei processi di costruzione della realtà, in quanto l’itinerario maturativo di<br />

ordine cognitivo non viene disgiunto dall’itinerario psicoaffettivo.<br />

L’essenziale per il vivere e l’agire sembra essersi trasformato.<br />

131


Dell’Estetica<br />

Dalla natura, alla religione, alle originarie pulsioni affettive pretragiche.<br />

Già Fornari notava:<br />

“Il linguaggio artistico trasforma la presenza in rappresentazione attraverso<br />

un processo singolarissimo collocabile in una zona intermedia<br />

tra immaginario e reale, a metà strada tra il principio del piacere e il<br />

principio della realtà in quanto l’esame di realtà (che permetterebbe di<br />

collocare l’esperienza nell’uno o nell’altro dei due principi) non è negato<br />

(come avviene ad esempio nell’allucinazione) ma semplicemente<br />

lasciato sospeso” (Fornari, 1970).<br />

Ma, mi pare, si possa aggiungere che in questa zona tra immaginario<br />

e reale il pendolo si sposta, o verso l’una o l’altra parte.<br />

Si potrebbe, penso, notare anche un’altra relazione. Nelle società<br />

centrate sui diritti il pendolo è più spostato verso l’immaginario,<br />

nelle società in cui l’individualità ha una rilevanza più marginale<br />

rispetto al collettivo sociale, appare prevalente l’esame di realtà.<br />

C’è una notazione di Freud, che mi pare interessante.Nella<br />

verbalizzazione del sogno la parola privatizza il linguaggio pubblico,<br />

nella poesia pubblicizza il linguaggio privato. Ogni sogno<br />

racchiude in sé tutto l’universo del sognatore e l’interpretazione<br />

analitica può solo esaurire una faccia del poliedro, lasciando la<br />

possibilità ad altre molteplici interpretazioni. Osserva Fornari:<br />

“Se le emozioni incontrollate portano l’uomo alla sofferenza e alla percezione<br />

dolorosa della ̓ʼmancanzaʼ, l’esperienza artistica permette che le emozioni trovino<br />

spazio per esprimersi grazie al controllo dato sia dall’ordine del processo<br />

culturale estetico, sia dalla possibilità di mettere a confronto i significati primari<br />

con i significati storici”.<br />

Proviamo a vedere se si conclude qualcosa.<br />

Il bello è una sensazione trasmessa. La sensazione non può mai<br />

essere trasmessa in quanto tale, senza passare attraverso un<br />

linguaggio, cioè attraverso un sistema di regole. Questo sistema<br />

può essere più o meno ampio e vincolante, ma comunque<br />

sistema di regole è. Per potere avere una valenza“ ampia”, in<br />

epistemologia diremmo essere oggetto di validazione intersoggetiva,<br />

linguaggio e sensazione sottostante debbono parlare o<br />

dell’armonia dell’universo (categoria pura a priori di kantiana<br />

memoria) o degli elementi profondi sepolti nel nostro inconscio.<br />

132


L’estetica tra forma e sostanza di Carlo Nocentini<br />

Nel primo caso il linguaggio è molto più articolato, formalizzato,<br />

stringente. Nel secondo caso è molto più “libero”, creazionista.<br />

Ma, e qui sta il problema, la libertà del linguaggio che incrocia<br />

la libertà dell’inconscio si pone a rischio dissoluzione. Rimanda<br />

(può rimandare) direttamente alla perdita del sé pre-tragica,<br />

propria dell’orgia dionisiaca. L’opera d’arte vive su un crinale.<br />

Il sistema formalizzato di regole la uccide. L’universo della non<br />

regola, della semplice esplosione del sentito, che la esalta in massimo<br />

grado, la rende intrasmissibile e rischia di portare con sé la<br />

dissoluzione dell’artista. In questo si ravvisa una fortissima analogia<br />

col processo psicoanalitico. La cogenza <strong>delle</strong> regole scatena<br />

la nevrosi. La dissoluzione nelle pulsioni la psicosi. Non a caso<br />

oggi si parla della psicoanalisi come di una “estetica”.<br />

133


Grafica e stampa<br />

Industria Grafica Valdarnese<br />

Finito di stampare nel mese di maggio 2009

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