12.06.2013 Views

Scarica i pannelli in PDF sulla biodiversità - Antonio Zanelli

Scarica i pannelli in PDF sulla biodiversità - Antonio Zanelli

Scarica i pannelli in PDF sulla biodiversità - Antonio Zanelli

SHOW MORE
SHOW LESS

Create successful ePaper yourself

Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.

Il cocomero (Citrullus lanatus), appartenente anch’esso alla famiglia<br />

delle Cucurbitaceae, è orig<strong>in</strong>ario dell’Africa tropicale,<br />

dove sono presenti ancora i suoi progenitori selvatici. La sua storia<br />

è simile a quella del melone: era coltivato nell’antico Egitto<br />

già nel 2.000 a.C. mentre non era conosciuto dalle antiche civiltà<br />

europee; dall’Africa si diffuse verso oriente lungo le rotte<br />

commerciali, raggiungendo nel X secolo d.C. la C<strong>in</strong>a (che oggi<br />

è il primo produttore mondiale), nel XII secolo; si diffuse qu<strong>in</strong>di<br />

<strong>in</strong> Europa grazie agli Arabi. Probabilmente venne portato nelle<br />

Americhe dai primi coloni o dagli schiavi africani.<br />

Attualmente <strong>in</strong> Italia è coltivato su circa 17.000 ettari, pr<strong>in</strong>cipalmente<br />

<strong>in</strong> Lazio, Emilia Romagna, Puglia e Sicilia.<br />

Nella nostra prov<strong>in</strong>cia è stato ed è tuttora una delle colture ortive<br />

più importanti, tipiche della bassa pianura, <strong>in</strong> particolare tra<br />

Novellara e Santa Vittoria di Gualtieri. Il cocomero di Santa<br />

Vittoria ha goduto nei secoli scorsi di grande fama, grazie al suo<br />

gusto e al non comune contenuto zuccher<strong>in</strong>o, dovuto al sapiente<br />

modo di coltivazione ed alle caratteristiche particolari del terreno<br />

della zona.<br />

Pare che la coltivazione del cocomero <strong>in</strong> quest’area risalga al<br />

Settecento, senza alcun dubbio posteriore a quella del melone.<br />

La coltura del cocomero a Santa Vittoria venne molto <strong>in</strong>centivata<br />

durante il breve periodo Napoleonico, come possibilità per i<br />

più poveri, <strong>in</strong> particolare i braccianti, di <strong>in</strong>tegrare i loro miseri<br />

redditi, sfruttando la frequente disponibilità di terreni per periodi<br />

limitati di tempo, causati da un’economia di “guerra” e “occupazione”<br />

che non permetteva programmi a lungo term<strong>in</strong>e.<br />

Quando una coltura <strong>in</strong>vernale come il grano non riusciva bene<br />

per un andamento climatico avverso, nei mesi primaverili si poteva<br />

piantare il cocomero, che ad agosto era già pronto. La coltivazione<br />

richiedeva pochi <strong>in</strong>vestimenti, molta manodopera che<br />

La <strong>biodiversità</strong> agraria a Reggio Emilia<br />

COCOMERO<br />

di Santa Vittoria<br />

ISTITUTO D’ISTRUZIONE SUPERIORE “ANTONIO ZANELLI”<br />

Sez. Tecnica Agraria (<strong>in</strong>dirizzi generale, ambientale e zootecnico)<br />

non mancava e da un profitto economico mediamente buono sui<br />

mercati locali.<br />

La varietà coltivata nel territorio vittoriese veniva chiamata<br />

“Nostrana”, o anche col term<strong>in</strong>e dialettale “Fojasa”, ed era caratterizzata<br />

dalla scorza verde a strisce scure. Si ha memoria di<br />

questa varietà f<strong>in</strong>o agli anni Sessanta.<br />

Nella bassa reggiana era diffusa anche una varietà, probabilmente<br />

di orig<strong>in</strong>e francese, chiamata Ardita. Questa varietà però<br />

altro non era che il cocomero di Bagnacavallo. Le note d’epoca<br />

lo descrivono come di medio periodo e media pezzatura, a<br />

strisce longitud<strong>in</strong>ali alternate chiare e scure ed a seme grande,<br />

biancastro con bordo scuro. Non è possibile dire con sicurezza<br />

se si trattasse di un cocomero reggiano “emigrato” <strong>in</strong> Romagna<br />

o viceversa.<br />

Non si sa nemmeno se la Fojasa di Santa Vittoria e l’Ardita siano<br />

la stessa cosa. Insomma il mistero relativo alle antiche angurie<br />

reggiane è tuttora irrisolto.<br />

Negli anni Sessanta arrivano le prime cultivar straniere e negli<br />

anni ‘70 i cocomeri locali sono già scomparsi dai cataloghi delle<br />

ditte sementiere, sostituiti da Sugar Baby (nera piccola e precoce),<br />

Asahi Miako e Crimson Sweet (grosse e striate). Le nuove<br />

varietà conquistano il mercato perché più serbevoli, o più semplici<br />

da coltivare, quasi sempre più produttive oppure perché<br />

non si rendeva più necessaria l’opera dell’esperto “spiccatore”,<br />

<strong>in</strong> quanto la maturazione non era più scalare.<br />

Le vecchie cultivar sono qu<strong>in</strong>di scomparse da alcuni decenni dai<br />

nostri campi, però è noto che il seme del Santa Vittoria è custodito<br />

da una ditta sementiera statunitense, che lo prelevò nel secondo<br />

dopoguerra; oggi viene commercializzato un ibrido F1 ricavato<br />

da questi semi e chiamato proprio cocomero di Santa Vittoria.

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!