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La biodiversità agraria a Reggio Emilia La biodiversità in agricoltura (2) LA BIODIVERSITÀ DELLE SPECIE AGRARIE L’agricoltura e l’allevamento non sono stati altro che una scelta, tra l’enorme varietà di forme di vita presenti sul pianeta, di quelle specie ritenute più utili all’uomo e, successivamente, la selezione delle “forme” migliori in cui si esprime ogni specie. L’uomo però ha anche contribuito, nel corso dei secoli, alla selezione di centinaia di nuove cultivar vegetali e di razze animali, adatte per il tipo di agricoltura e di ambiente locali, aumentando quindi la diversità biologica. La presenza dell’uomo nell’ambiente non è sempre stata deleteria: la presenza di un disturbo moderato negli ecosistemi, come può essere quello di un’agricoltura rispettosa degli equilibri ambientali, provoca un aumento della diversità biologica, della complessità ecosistemica e della stabilità dell’ambiente. L’enorme ricchezza di razze e varietà locali, però è andata progressivamente riducendosi con l’avvento dell’agricoltura intensiva, che ha scelto come criterio quasi esclusivo la produttività. La varietà locali, ben adattate al loro ambiente, sono state progressivamente sostituite da nuove varietà ed ibridi, che massimizzano la produzione e altri fattori quali la lunga conservabilità e l’idoneità ai trasporti, caratteristiche gradite al sistema della grande distribuzione. Nel nostro Paese sono a rischio di estinzione, ad esempio, più di 1.500 varietà di frutta. Analoga sorte è riservata agli animali domestici: nell’ultimo cinquantennio si sono estinte cinque razze di bovini, tre di caprini, oltre dieci tra ovini e suini, sette di equini e quattro di asini. La perdita di varietà o razze locale è anche la perdita di sapori e tradizioni gastronomiche, spesso di mestieri tradizionali e di culture materiali, di sistemi agricoli sostenibili. ISTITUTO D’ISTRUZIONE SUPERIORE “ANTONIO ZANELLI” Sez. Tecnica Agraria (indirizzi generale, ambientale e zootecnico) fabbisogno alimentare complessivo mondiale soddisfatto per il 95% da 30 specie di piante alimenti nella nostra dieta costituiti per il 75% da 10 specie di piante grano, riso, mais, miglio, patata, patata dolce e igname, canna da zucchero, soia, cassava (manioca) calorie nella dieta di origine vegetale ricavate per il 60% da 3 sole specie di cereali grano, riso, mais Autori dei testi della mostra: Prof. Mirco Marconi, Prof. Gianni Leoncini, Prof. Alberto Tagliavini. Si ringraziano per le preziose informazioni fornite: Dott.ssa Cristina Piazza - Az. Agr. Stuard (PR), Prof. Enzo Melegari - ITAS Bocchialini (PR), Dott. Luigi Pacchiarini - Ass. Agricoltura Provincia di Reggio Emilia, Stefano Meglioraldi - Consorzio Promozione e Tutela dei Vini Reggiani, Prof. Aldo Rinaldi e Prof.ssa Esterina Caffarri - ex docenti dell’ITAS Zanelli, ed in particolare il Dott. Stefano Tellarini - Ricercatore del Centro Agricoltura Ambiente di Cesena; si ringrazia sentitamente Erica Maioli per le fotografie fornite.
La zucca, appartenente alla famiglia delle Cucurbitaceae, è originaria del continente americano e venne importata in Europa dopo la scoperta delle Americhe. Le tre specie principali sono la Cucurbita maxima (es. cappello da prete, marina di Chioggia, zucca quintale), originaria del Sud America, la Cucurbita moschata (es. violina, gialla di Napoli), pare originatasi in aree calde e paludose nella Colombia, la Cucurbita pepo (zucchini, zucche di Halloween), nativa del Messico e del sud degli Stati Uniti. Le zucche del genere Lagenaria (zucca fiasco, zucca del pellegrino) erano invece conosciute in Europa fin dall’antichità. La zucca, malgrado un ruolo marginale nell’agricoltura attuale, in passato svolse un funzione importante nel regime alimentare delle comunità rurali in molte parti del mondo. Ciò è dovuto a un complesso di fattori, quali la sua “generosità” alimentare (si può mangiare tutto e i semi sono molto nutrienti), la grande conservabilità che la rende commestibile fino a primavera inoltrata, la rusticità della pianta e la sua semplicissima coltivazione anche in terreni poco fertili o non irrigabili. Per le famiglie contadine della Pianura Padana, in passato in bilico tra modesto benessere e sussistenza, le zucche sono sempre state coltivate negli orti domestici, apprezzate per la loro produttività e serbevolezza. In annate agrarie buone si poteva darle agli animali o usarle per la piccola industria alimentare locale (canditi, mostarde, ecc.), in quelle di carestia potevano rappresentare una buona integrazione della razione alimentare. In Italia oggi la zucca è coltivata soprattutto in Lombardia, Emilia Romagna e Veneto, su di una superficie di circa 2.500 ettari. Nella nostra Provincia è una coltura secondaria, nonostante le eccellenti condizioni pedo-climatiche, relegata ad alcune aree particolarmente vocate nella bassa, o agli orti familiari. La biodiversità agraria a Reggio Emilia ZUCCHE Cappello da Prete ISTITUTO D’ISTRUZIONE SUPERIORE “ANTONIO ZANELLI” Sez. Tecnica Agraria (indirizzi generale, ambientale e zootecnico) La zucca, considerata un prodotto agrario minore, raramente è presa in considerazione da chi in passato scriveva di agricoltura; bisogna ricorrere alla pubblicazione del Casali (I nomi delle piante nel dialetto reggiano) del 1915, per trovare nomi di zucche come zucca Barucca (nome veneto della marina di Chioggia), zucca Collo Torto (probabilmente l’attuale trombetta di Albenga), zucca a Fiasco (genere Lagenaria) ed infine ma non ultima, zucca della Beretta o Turca (probabilmente riferito alla forma a turbante), che dovrebbero coincidere con la Cappello da Prete; questa rappresenta la varietà di più stretta autoctonia per la nostra provincia. La Cappello da Prete è tipica della bassa pianura reggiana, mantovana e parmense. Ha forma a turbante, con falda inferiore più o meno sviluppata, buccia grigio verde e superficie liscia, con spesso leggere costolature; l’aspetto è variabile a causa della scarsa selezione genetica. La polpa giallo-arancio, soda, dolce e povera di fibra, la rende ideale per il ripieno dei tortelli o la preparazione dei gnocchi. La varietà ha somiglianze con una delle cultivar più antiche d’Italia, la Marina di Chioggia, che però presenta un colore più verde e la superficie verrucosa. Zucche con queste sembianze compaiono già in dipinti del ‘600. La Cappello da Prete era molto diffusa nelle campagne fino all’ultimo dopoguerra, poi venne progressivamente sostituite da varietà più facili da cucinare, o di pezzatura inferiore e più precoci, quindi più adatte alla grande distribuzione. La sua superiorità organolettica rimane però indiscussa. L’Istituto Tecnico Agrario “Zanelli” di Reggio Emilia ha svolto un lavoro di ricerca e selezione varietale, rintracciando tre diverse accessioni: una dal basso mantovano, una da Guastalla ed una dal Comune di Cadelbosco; i semi riprodotti in purezza vengono distribuiti agli interessati.
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