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Scarica i pannelli in PDF sulla biodiversità - Antonio Zanelli

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La <strong>biodiversità</strong> agraria a Reggio Emilia<br />

FRUMENTO<br />

Grano Puolard di Ciano<br />

La scoperta e lo sviluppo dell’agricoltura si basò soprattutto su poche,<br />

umili piante: i cereali. La svolta avvenne circa 10.000 anni fa<br />

quando l’uomo selezionò alcune piante di cereali a semi resistenti.<br />

Le spighe delle piante selvatiche dei cereali tendevano a liberare i<br />

chicchi, spandendoli sul terreno per favorirne la diffusione; il primo<br />

passo, che permise l’utilizzo di questi semi ricchi di sostanze<br />

nutritive e di facile conservazione, fu la selezione di varietà non<br />

caduche.<br />

L’utilizzo del frumento <strong>in</strong> Pianura Padana si fa risalire a circa 6.500<br />

anni fa.<br />

Probabilmente una delle prime specie coltivate fu il Triticum monococcum,<br />

conosciuto oggi anche come farro piccolo, derivato da<br />

forme spontanee. Oltre a questa specie, ha <strong>in</strong>izio anche la coltivazione<br />

delle forme tetraploidi come il Triticum dicoccum, caratterizzato<br />

da spighette portanti 2 cariossidi vestite. Tale specie viene<br />

tuttora coltivata <strong>in</strong> particolare nell’Italia centro meridionale con il<br />

nome di farro medio. Solo successivamente <strong>in</strong>izia la coltivazione<br />

delle specie esaploidi, nelle forme sia vestite (Spelta) che nude<br />

(Triticum aestivum – o grano tenero), derivate probabilmente da<br />

<strong>in</strong>croci accidentali tra diverse specie.<br />

Le due specie di frumento più utilizzate attualmente sono il grano<br />

tenero (Triticum aestivum), <strong>in</strong> regioni dal clima temperato freddo<br />

o freddo, e il grano duro (Triticum durum), nei climi temperatocaldi<br />

e caldi ed aridi. Esiste anche una terza specie, il grano turgido<br />

(Triticum turgidum), detto anche semiduro, la cui coltivazione<br />

è quasi scomparsa.<br />

Ad <strong>in</strong>izio ‘900 si com<strong>in</strong>cio un’opera sistematica di selezione sulle<br />

varietà di grano, al f<strong>in</strong>e di ottenere una maggiore resistenza<br />

all’allettamento (le spighe che si coricano), alle malattie come le<br />

rugg<strong>in</strong>i e per aumentare le rese produttive e la precocità. F<strong>in</strong>o ad<br />

allora nel nostro Paese erano diffuse varietà locali tradizionali, <strong>in</strong><br />

auge da secoli: il Cologna orig<strong>in</strong>ario del Veneto, il Rosso Olona<br />

ISTITUTO D’ISTRUZIONE SUPERIORE “ANTONIO ZANELLI”<br />

Sez. Tecnica Agraria (<strong>in</strong>dirizzi generale, ambientale e zootecnico)<br />

<strong>in</strong> Lombardia, il Gentilrosso <strong>in</strong> Toscana (a lungo la varietà più<br />

diffusa <strong>in</strong> Italia), il Rieti orig<strong>in</strong>ario dell’Umbria. Poi erano coltivate<br />

alcune varietà di grani turgidi come il Civitella <strong>in</strong> Toscana, e<br />

il nostro Poulard di Ciano.<br />

La selezione consistette <strong>in</strong> un primo tempo nella scelta di l<strong>in</strong>ee geneticamente<br />

pure delle comuni varietà, ma i progressi più grandi<br />

furono però ottenuti con l’<strong>in</strong>crocio di varietà locali con altre del<br />

centro Europa o del Giappone, il cui <strong>in</strong>iziatore fu l’agronomo e<br />

genetista Nazareno Strampelli. Queste varietà dalle caratteristiche<br />

superiori vennero chiamate razze elette, come ad esempio l’Ardito<br />

(il primo ad essere selezionato nel 1913) e il Virgilio tra i teneri,<br />

il Senatore Cappelli tra i duri; esse rimasero <strong>in</strong> voga f<strong>in</strong>o agli anni<br />

’60, quando furono sostituite da nuove cultivar più produttive.<br />

Negli ultimi anni c’è un ritorno d’<strong>in</strong>teresse verso le vecchie varietà<br />

di grano, sia quelle orig<strong>in</strong>arie come il Gentile Rosso che quelle<br />

selezionate ad <strong>in</strong>izio ‘900, grazie alle loro eccellenti caratteristiche<br />

organolettiche.<br />

L’unico frumento reggiano autoctono venne trovato a Ciano d’Enza<br />

a f<strong>in</strong>e Ottocento dal Bizzozzero, grande agronomo parmense.<br />

Specialisti come il Vilmor<strong>in</strong> a Parigi e il Siemoni a Roma, lo riconobbero<br />

come Poulard, ovvero come Triticum turgidum, ma senza<br />

riuscire ad associarlo ad alcuno degli altri frumenti semiduri allora<br />

conosciuti. Qu<strong>in</strong>di venne ritenuta una nuova varietà autoctona<br />

del reggiano ed ebbe, all’epoca, una grande diffusione <strong>in</strong> tutta la<br />

penisola, stante la sua buona produttività.<br />

Questa varietà pareva est<strong>in</strong>ta, ma proprio quest’anno ne è stata<br />

identificata una probabile accessione <strong>in</strong> un campo di frumenti antichi<br />

appena oltre Enza, <strong>in</strong> prov<strong>in</strong>cia di Parma. Se il grano <strong>in</strong> questione<br />

si dimostrerà realmente il Poulard di Ciano, verrà recuperato<br />

e questa vecchia gloria reggiana si potrà considerare a tutti gli<br />

effetti salvata dall’oblio.

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