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4 - Gola gioconda

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sped. in A.P. 45% art. 2. comma 20/B legge 662/96 Prato CPO<br />

il piacere<br />

della tavola<br />

in Toscana<br />

GOLA<br />

<strong>gioconda</strong><br />

edizioni Aida<br />

4<br />

2005<br />

€ 3,50


Editoriale<br />

La nostra rivista fin dalla sua testata evoca allegri<br />

e carnali piaceri; spessissimo poi viene chiamata<br />

<strong>Gola</strong> Profonda (è superfluo confessare che il<br />

gioco, non solo di parole, è voluto) e quindi il<br />

richiamo a peccati ancora più carnali è<br />

fortissimo. Potrebbe sembrare perciò quasi<br />

ovvia l’irriverenza delle pagine di questo numero<br />

dedicate al diavolo in cucina, numero che oltretutto<br />

esce a pochi giorni dalle feste di fine anno, quando<br />

tutti cioè dovremmo o vorremmo essere più buoni,<br />

pensare a far del bene e via dicendo.<br />

In realtà, nell’incertezza tra il collocarci nel girone<br />

infernale dei lussuriosi o il rifugiarci in quello dei<br />

golosi, abbiamo virato tutto con i colori (rossastri?)<br />

dell’ironia e della leggerezza; e, lungi da noi l’idea di<br />

strapazzare le feste e la loro sacralità, abbiamo<br />

cominciato col raccontare, nell’articolo di Sandro<br />

Bosticco, cosa succede quando le fiamme dell’inferno<br />

riscaldano la tavola; abbiamo proseguito, grazie a Max<br />

Frascino, col ricordare come le tre grandi religioni<br />

monoteiste attribuiscano da sempre un profondo<br />

significato al cibo e nel corso dei secoli hanno<br />

costruito mansionari di pratiche alimentari e codici<br />

comportamentali a volte molto corposi; non ci siamo<br />

dimenticati, per merito di Lara Fantoni, delle streghe e<br />

delle vessazioni che nei secoli hanno subito,<br />

soprattutto per quanto rappresentavano in tema di<br />

potere creativo e di espressione della libertà; abbiamo<br />

ricordato, tramite le parole di Paolo Pellegrini, la<br />

sacralità della fame, cioè la pratica del digiuno come<br />

pilastro di tutte le religioni; e infine, consentitecelo,<br />

siamo tornati nell’alveo della tradizione descrivendo<br />

con Marco Ghelfi il tripudio dei sapori e il senso delle<br />

scorpacciate di Natale. Già, dimenticavamo: auguri; ce<br />

li meritiamo, voi che ci leggete e noi che vi scriviamo.<br />

1


s o m m a r i o<br />

4 Il diavolo in cucina<br />

SANDRO BOSTICCO<br />

9 Non di solo pane...<br />

MASSIMILIANO FRASCINO<br />

15<br />

21<br />

27<br />

La cucina delle streghe<br />

LARA FANTONI<br />

Quando la fame è sacra<br />

PAOLO PELLEGRINI<br />

Il cenone che verrà<br />

MARCO GHELFI<br />

Speciale Un altro vino<br />

è possibile<br />

60 Locali per un giorno<br />

Shopping<br />

62 Una fame da lupo


Staseranonesco<br />

64 Una sera intorno al foghér<br />

66 Cibo tra le righe<br />

68<br />

Slow Food Firenze<br />

Per fare un albero...<br />

70 <strong>Gola</strong>... Milano<br />

Gustati per voi<br />

71 Una “ghiotta” occasione<br />

72 In giro con <strong>Gola</strong><br />

74 Winelovers<br />

76 Bocche di fuoco<br />

Consigli di <strong>Gola</strong><br />

78 Dolci tentazioni<br />

80 Le degustazioni<br />

<strong>Gola</strong> <strong>gioconda</strong><br />

I piaceri della tavola<br />

in Toscana<br />

Trimestrale<br />

www.gola<strong>gioconda</strong>.it<br />

posta@gola<strong>gioconda</strong>.it<br />

Realizzazione editoriale, grafica,<br />

impaginazione, riproduzione<br />

immagini:<br />

edizioni Aida<br />

Via Maragliano 31/A,<br />

50144 Firenze<br />

Tel. 055 321841<br />

Fax 055 3215216<br />

Direttore editoriale<br />

Leonardo Romanelli<br />

Direttore responsabile<br />

Lirio Mangalaviti<br />

Coordinamento redazionale<br />

Chiara Tacconi<br />

In redazione<br />

Max Frascino,<br />

Maurizio Izzo, Daniela Lucioli,<br />

Cristiano Maestrini,<br />

Silvia Vigiani<br />

Hanno collaborato a questo numero<br />

Stefania Bacherini, Paolo<br />

Baracchino, Sandro Bosticco,<br />

Olivia Chierighini,<br />

Aldo Fiordelli, Marco Ghelfi,<br />

Luigi Pittalis<br />

Progetto grafico<br />

Lucia Chieffo<br />

Copertina<br />

Timoti Bandinelli<br />

Disegni originali<br />

Chiara Raugei<br />

Abbonamento annuale<br />

(4 numeri) 12,00 euro da<br />

versare sul c/c postale<br />

n. 25030503, intestato a Aida,<br />

causale del versamento<br />

“abbonamento a 4 numeri di<br />

<strong>Gola</strong> <strong>gioconda</strong>”<br />

Pubblicità:<br />

Aida srl, tel. 055 3218448<br />

Stampa<br />

Nuova Grafica Fiorentina,<br />

Firenze<br />

Aut. del Trib. di Firenze<br />

n. 4843 del 18/12/98


Il diavolo in cucina<br />

4<br />

SANDRO BOSTICCO<br />

Ve lo garantisco, quando si tratta di nominare questa rivista<br />

il 68,3% dei miei interlocutori dice disinvoltamente “<strong>Gola</strong><br />

profonda”. Secondo gli esperti si tratta per una buona metà di<br />

lapsus froidiani: e già questo è peccaminoso. Considerando<br />

che l’altra metà crede che la testata si chiami proprio così,<br />

capite subito che l’editore, i redattori, i giornalisti, i grafici e<br />

financo i tipografi si trovano senz’altro all’inferno. Il megadirettore<br />

Romanelli, reo creatore della geniale denominazione,<br />

ha sviluppato addirittra una coda luciferina, che a mala pena<br />

nasconde dietro giacche abbondanti. Quanto al girone dantesco,<br />

però, c’è discussione fra i teologi se piazzarci in mezzo ai<br />

lussuriosi o ai golosi, con dispute degne dei filosofi medioevali:<br />

noi ne approfittiamo per sfuggire ai controlli e mandare in<br />

stampa ogni tanto le nostre facezie.<br />

Dalla lingua alla gola, ecco cosa succede<br />

quando le fiamme dell’inferno riscaldano la tavola


E dunque per tendenza naturale anch’io finisco col privilegiare<br />

i sapori “caldi”, che evocano le fiamme infernali. Pure il gergo<br />

che cerca di descrivere il gusto, infatti, ricorre all’idea di calore<br />

(dal tiepido al bruciante) quando si tratta di descrivere una<br />

sensazione forte come il vigore alcolico o l’aggessività del peperoncino.<br />

Niente a che fare con la vera temperatura del sorso<br />

o del boccone; piuttosto un procedere per metafora. Sulle<br />

schede di degustazione compare invariabilmente il termine<br />

“caldo” per descrivere un vino che viaggia sopra i 13° o<br />

giù di lì. Che dire allora di grappe, whisky e rum che<br />

veleggiano sopra i 40? Per quanto approssimata, la<br />

metafora regge e certamente vi è capitato di sfogliare<br />

qualche menù esotico in un paese straniero<br />

dove accanto all’incomprensibile nome di un piatto<br />

messicano o thailandese compariva la sommaria<br />

descrizione “hot” o “very hot” in un inglese<br />

globalizzato.<br />

Peccati… di gola<br />

Tuttavia non importa andare tanto lontano per<br />

trovare l’inferno. Basta che vi rechiate nella trattoria<br />

dietro l’angolo per ordinare il Pollo alla Diavola,<br />

a meno che l’incubo dell’influenza aviaria<br />

non l’abbia rimosso dal menù (che ci sia, anche<br />

qui, un effetto del Maligno?). In questo caso non<br />

si tratta tanto di piccantezza, quanto di fuoco vivo,<br />

più o meno infernale. Nella ricetta, d’altronde, compare<br />

il verbo “fiammeggiare”, che insieme al sangue<br />

(del maiale) al sudore (del cuoco) e alle lacrime<br />

(dovute più che altro alla cipolla) fa sempre rassomigliare<br />

ogni cucina a un girone dantesco. Se volete stare sull’intellettuale<br />

e approcciare il mondo diavolesco senza rischiare di<br />

bruciarvi la lingua potete anche gustarvi delle belle mele; apparentemente<br />

innocue, piacevoli e rinfrescanti, implicano<br />

tuttavia l’allusione peccaminosa alle rotondità tergali (più o<br />

meno appetitose a seconda del loro stato fisico e delle tendenze<br />

➤<br />

5


sessuali dell’osservatore-degustatore). Da non dimenticare, poi,<br />

che uno di questi frutti costituì l’occasione del Peccato Originale,<br />

essendo cresciuto non su un melo qualsiasi, ma nientedimeno<br />

che sull’Albero del Bene e del Male: una varietà ora<br />

scomparsa, a metà – pare – fra una Renetta e una Golden.<br />

Slow Food oggi ne farebbe un Presidio da salvaguardare, ma<br />

quelli erano altri tempi.<br />

Fuoco e fiamme<br />

Ma torniamo al vero “caldo”, cioè al piccante. Base comune in<br />

tutto il mondo è ormai il peperoncino nelle sue numerose varianti.<br />

Si tratta proprio di un appartenente alla famiglia dei<br />

peperoni, e quindi americano di origine. Il principio attivo<br />

diavolesco si chiama Capsaicina, tuttavia il Maligno ci ha messo<br />

➤<br />

anche una valanga di vitamina C (6-8 volte più di un pomodo-<br />

ro), sfidando subdolamente noi mortali ad avvantaggiarcene. Il<br />

vegetale è popolarissimo ed è diventato “gusto acquisito” in<br />

tante aree del pianeta, tanto che lo psicologo Paul Rozin ha<br />

avanzato una teoria secondo la quale la nostra mente apprezza<br />

come piacere quello che è un “rischio limitato”, provocante<br />

uno stress da stimolazione (come quando ci piace vedere scene<br />

di paura al cinema ben sapendo che non sono reali). In ogni<br />

caso i vari pimento, paprika, chilli, pepe di Cayenna, ecc.<br />

sono elaborazioni locali dei vari diabolici fruttini. Vi ricordo<br />

qui solo un paio di preparazioni super-classiche, la Harissa e il<br />

Tabasco. La prima è una salsetta maghrebina dall’innocuo profumo<br />

di aglio, che vi esplode in bocca appena osate adagiarla<br />

sul cus-cus: gli aromi rinfrescanti di cumino, coriandolo fresco<br />

e menta li ha messi dentro il Diavolo in persona per distrarre<br />

i malcapitati. Curiosa è la storia del Tabasco, salsa che<br />

prende il nome dallo stato messicano che si affaccia sul golfo.<br />

Da nome geografico è diventato un marchio di fabbrica brevettato,<br />

inquietante esempio della tendenza statunitense alla<br />

privatizzazione del mondo. La zona ha dato origine ai vari<br />

Chipotle, Habanero e Jalapeño che stanno al peperoncino come<br />

il Cabernet o il Sangiovese stano alla vite. Questa scottante<br />

materia prima viene fermentata in barili di quercia (Quercus<br />

Alba, data la lochescion), previa salatura nel sale di Avery Island<br />

in Louisiana, tanto che la potete rivendere come la versione<br />

barriccata del peperoncino. In realtà la tecnica ricorda da vicino<br />

il Sauerkraut, anche perché in questo procedimento brevettato<br />

nel 1870 viene addizionato pure l’aceto, tanto per rendere<br />

la poltiglia più aggressiva. In ogni caso tenete a mente l’adagio<br />

“Bacco, Tabasco e Venere riducono l’uomo in cenere”.<br />

curiosità<br />

➤<br />

Diavolerie<br />

linguistiche<br />

Quanto alla Toscana, il<br />

Maligno si è divertito a<br />

confondere i poveri umani<br />

con un’ulteriore diavoleria:<br />

nel volgare regionale ha diffuso<br />

la dizione “zenzero”<br />

per “peperoncino”, creando<br />

equivoci a catena e seminando<br />

zizzania nelle relazioni<br />

turistiche e internazionali<br />

in cui la nostra<br />

Regione sembra altrimenti<br />

eccellere. Già il povero<br />

Pellegrino Artusi se ne scandalizzava,<br />

eppure il problema<br />

persiste.<br />

7


fiamme nostrane<br />

8<br />

100 erbe,<br />

70 gradi<br />

La ricetta del Centerba<br />

Toro si tramanda dal 1817,<br />

quando fu messa ma punto<br />

da Beniamino Toro e<br />

subito denominata con<br />

questo saccente plurale<br />

alla latina. Fa sempre comodo<br />

tenerne una bottiglia<br />

in casa, in caso di emergenza<br />

può stasare un lavandino.<br />

È più caro della soda<br />

caustica, ma volete mettere<br />

il profumo? Taluni lo gradiscono<br />

nel caffè, voi toscanacci<br />

potreste provarlo<br />

come variante diabolica nel<br />

“ponce alla livornese”.<br />

Quanto alla versione dolce<br />

di appena 45°, si tratta<br />

ovviamente di una bibita<br />

da chierichetti.<br />

➤<br />

Questione di gradi<br />

Ma a questo punto i soliti amici sommelieri un po’ rompiballe<br />

mi proporranno il solito tormentone dell’abbinamento: «Scusi,<br />

Bosticco, ma con tutte queste calorie cosa ci consiglia casomai<br />

ci trovassimo a dover gestire una serata – speriamo una sola –<br />

nelle sale degli Inferi?».<br />

Mi verrebbe da tacitarli con gli abbinamenti più scontati, che<br />

so, uno scorrevole Sangue di Giuda dell’Oltrepò Pavese o un<br />

impegnativo cru di Inferno della Valtellina, che sappiamo benissimo<br />

essere i favoriti di Lucifero. Ma la deontologia professionale<br />

alla fine prevarrà e cercherò di convincerli a un più<br />

armonico abbinamento di caldo-contro-caldo. Quindi caccia<br />

ai super-super-alcolici, quelli da tenere lontano dai fornelli in<br />

cucina altrimenti si rischia l’incendio del quartiere. Un filone<br />

interessante sono i whisky cask strength, vale a dire “forza della<br />

botte”, cioè il liquido imbottigliato così come esce dai fusti<br />

dopo lungo o lunghissimo invecchiamento. Normalmente i<br />

bravi blenders li diluiscono con acqua di ruscello scozzese, giustificando<br />

la mossa con un miglior equilibrio organolettico anche<br />

se noi sospettiamo la loro tendenza al risparmio. Del resto<br />

anche tutti gli altri distillati vengon trattati in modo simile. Ma<br />

se volete aver un’idea dei tormenti infernali, incluso naturalmete<br />

quello di spendere di più, dovete trovare qualche rarità<br />

del genere come l’Aberlour a ‘bunath (che sembra significhi<br />

“l’origine” – forse “di tutti i mali”) che dichiara in etichetta<br />

59,6°. Ancora più meticolosi i produttori del Cardhu 1973<br />

Cask Strenght, con 60,02°, ed è chiaramente quello “0,02”<br />

che vi dà il cerchio alla testa.<br />

Ma, lasciando perdere queste bevande esotiche e tornando<br />

sul casereccio, resta da dire che il liquore più<br />

alcolico in circolazione è in realtà abruzzese: il celebrato<br />

Centerba Toro prodotto a Tocco Casauria vanta 70 gradi<br />

e gli aromi balsamici delle erbe del Gran Sasso, raccolte<br />

direttamente dal distaccamento dei Diavoli Forestali.<br />

E a questo punto bisogna aver il coraggio<br />

di dirlo: l’insospettabile Abruzzo risulta di fatto la<br />

regione più stregata d’Italia, se si pensa che oltre<br />

al Centerba vanta un prodotto tradizionale chiamato<br />

diavolicchio. Alla fine di questo articolo, lo<br />

avete capito: gira e rigira si tratta di peperoncino,<br />

amorevolmente essiccato in casa o addirittura infuso<br />

in olio di oliva – poco o punto vergine dato l’influsso<br />

infernale. Dose consigliata: una goccia ogni<br />

dieci porzioni di insalata.


Non di solo pane...<br />

Il rapporto fra il cibo e le tre principali religioni monoteiste<br />

non è dei più “sereni”. I divieti si alternano alle prescrizioni,<br />

in un coacervo di norme che regolamentano nel dettaglio il<br />

regime alimentare del povero praticante.<br />

Non tutte e tre le religioni, però, hanno lo stesso approccio ai<br />

piaceri della buona cucina, ed ognuna tratta in modo differenziato<br />

ingredienti e pietanze, con un proprio taglio originale. In<br />

un’ipotetica scala che misurasse l’intensità dei precetti alimentari,<br />

il Cattolicesimo vanta l’approccio più laico ed “antiproibizionista”;<br />

a seguire, l’Islam – introducendo il concetto di<br />

MASSIMILIANO FRASCINO<br />

Le tre grandi religioni monoteiste nel corso dei secoli<br />

hanno costruito mansionari di pratiche alimentari<br />

a volte molto corposi e complicati<br />

➤<br />

9


10<br />

➤<br />

cibo “lecito” (halàl), ripreso anche dall’Ebraismo (cibo Kasher)<br />

– mette in campo un mansionario di pratiche alimentari abbastanza<br />

corposo.<br />

Il record nella complicazione della vita del praticante, però,<br />

spetta senza dubbio agli Ebrei; i rabbini, infatti, hanno codificato<br />

la propria cultura alimentare in un complicatissimo<br />

codice normativo chiamato Kasherut, che interpreta le<br />

prescrizioni contenute nella Torah. Di fatto, un ebreo<br />

che volesse rispettare alla virgola i precetti della sua<br />

religione avrebbe ben poco tempo da dedicare ad<br />

altre cose, nell’arco della propria giornata.<br />

Non di solo pane vivrà l’uomo… (Vangelo<br />

secondo Matteo 4:4)<br />

Per i cattolici il cibo non è un tabù. Non esistono cibi<br />

puri o impuri, né prescrizioni particolari. «Non quello che<br />

entra nella bocca rende impuro l’uomo, ma quello che esce dalla<br />

bocca...». (Marco 7:15). È quindi lo stesso Gesù ad insegnare<br />

che non c’è attinenza tra abitudini alimentari e mancanza di<br />

rispetto nei confronti di Dio. «In questo contesto – spiega don<br />

Stefano Iafrancesco, cancelliere della Curia fiorentina – nella<br />

liturgia il digiuno è semplicemente una pratica che aiuta l’uomo<br />

a non essere preda degli istinti, rinunciando al cibo per<br />

concentrarsi sulla preghiera, in attesa del ritorno di Cristo, alla<br />

fine dei tempi (giudizio universale)».<br />

Non a caso la pratica del digiuno è fortemente consigliata nel<br />

periodo quaresimale – i 40 giorni precedenti la resurrezione,<br />

in cui Gesù visse nel deserto – con modalità tutto sommato<br />

sostenibili. Il precetto liturgico, infatti, richiede il digiuno o<br />

l’astinenza dal consumo di carne durante il mercoledì delle<br />

ceneri, all’inizio della Quaresima, ed il venerdì santo, cioè nel<br />

secondo giorno del triduo pasquale. Tutti i venerdì quaresimali,<br />

inoltre, è consigliata l’astensione dalle carni. Nella tradizione<br />

popolare, si parla di vigilia “nera” o “di magro”. Durante<br />

il resto dell’anno, invece, al cattolico praticante viene


ichiesta l’astensione dalla carne il venerdì, come atto penitenziale.<br />

«Il significato del digiuno cristiano – spiega ancora don Iafrancesco<br />

– è educazione a saper rinunciare alle necessità materiali,<br />

per affermare la libertà cristiana. Questo ha anche un connotato<br />

di tipo caritativo, perché, nel favorire la preghiera e l’incontro<br />

con Dio, si raccomanda al credente di devolvere ciò che si è<br />

risparmiato digiunando in opere di carità per i bisognosi. D’altra<br />

parte, questa visione virtuosa e non punitiva del digiuno è<br />

conseguente al fatto che lo stesso Gesù ha coscienza del fatto che<br />

mangiare è una necessità imprescindibile dell’uomo».<br />

«Servitevi dunque, mangiate le cose lecite e buone<br />

che il Dio via ha concesso» (Sura XVI: 114)<br />

Il Corano, testo sacro dell’Islam scritto dal profeta Maometto a<br />

seguito delle rivelazioni dell’Arcangelo Gabriele, contiene numerosi<br />

precetti alimentari, tra i quali il più importante è contenuto<br />

nella Sura II, 173: «Il Dio vi ha proibito di assaggiare l’animale<br />

morto da sé, e il sangue, la carne suina e ogni altra carne di animale<br />

su cui sia stato invocato altro nome diverso da quello di Dio. Faremo<br />

l’eccezione per colui che, non volendo, sarà obbligato a nutrirsene,<br />

senza essere un ribelle né un trasgressore: egli non peccherà,<br />

poiché Dio è indulgente, dispensatore di misericordia».<br />

Gli alimenti, pertanto, si suddividono prevalentemente in “halâl”<br />

(permessi, leciti) e “harâm” (proibiti, illeciti), ma esistono anche<br />

le sottocategorie “mushbûb” (dubbi, sospetti; il loro consumo<br />

è quindi affidato alla coscienza del musulmano) e “makrûh”<br />

(abominevoli). Questa articolazione del regime alimentare dipende<br />

anche dal fatto che l’Islam ha nei secoli assimilato molte<br />

culture in diversi continenti, definendo con duttilità i precetti<br />

ed i loro ambiti di applicazione.<br />

Gli animali permessi si possono mangiare, ma per essere halâl<br />

devono essere macellati tagliando giugulari e faringe, con gesto<br />

rituale; a poter compiere questo rito è solo un macellaio<br />

autorizzato. In sintesi, sono proibiti gli animali morti prima<br />

di essere stati macellati, il sangue, la carne di maiale e le<br />

bevande alcoliche. I precetti alimentari, a loro volta, oltre a<br />

rispondere ad esigenze d’ordine igienico sanitario, hanno la<br />

funzione di far comprendere all’uomo che esiste una volontà<br />

divina superiore che pone dei limiti, al di là dei quali l’individuo<br />

non si deve spingere, come prova di obbedienza e stimolo<br />

all’autocontrollo. «Il mussulmano osservante – conferma<br />

Mohammed Rallab, presidente della Comunità musulmana<br />

di Grosseto e cuoco di professione – deve seguire in modo<br />

➤<br />

vino “divivo”<br />

Disciplinare...<br />

ebraico<br />

Come molte altre procedure,<br />

anche la vinificazione<br />

nella cultura ebraica segue<br />

regole precise. Nessun<br />

divieto è prescritto per il<br />

vino in quanto bevanda alcolica,<br />

che rientra di diritto<br />

nell’alimentazione quotidiana<br />

ed onora la mensa<br />

il sabato e nelle festività.<br />

La norma della kasherut,<br />

però, riguarda il processo<br />

produttivo, come un’Haccp<br />

ante litteram: la pigiatura<br />

ed il processo di vinificazione,<br />

infatti, devono<br />

essere effettuati da ebrei,<br />

fino alla confezione del<br />

prodotto per il consumo.<br />

Persino l’apertura di ogni<br />

bottiglia e la mescita dovrebbero<br />

essere eseguiti da<br />

un ebreo osservante.<br />

Nella pratica vengono considerati<br />

proibiti, in assenza<br />

di controllo, tutti i vini,<br />

aceto, alcool, succo d’uva<br />

(anche se non ancora fermentato)<br />

e bevande alcoliche<br />

derivate dal vino,<br />

come vermouth, grappa,<br />

cognac o brandy.<br />

11


il digiuno ebraico<br />

12<br />

Penitenza<br />

e preghiera<br />

«I digiuni – sottolinea Elena<br />

Servi – sono dedicati alla<br />

preghiera nel ricordo di<br />

eventi straordinari della<br />

storia ebraica oppure sono<br />

di espiazione. Di solito essi<br />

vengono preceduti da alcuni<br />

giorni di penitenza, e<br />

costituiscono il tramite per<br />

astrarsi da tutto ciò che è<br />

materiale, e dedicarsi alla<br />

preghiera. Tra i principali,<br />

c’è il digiuno dei Primogeniti,<br />

alla vigilia di Pasqua,<br />

il 14 del mese di Nissàn. In<br />

questa data i primogeniti<br />

usano digiunare, in ricordo<br />

della morte dei primogeniti<br />

egiziani colpiti da<br />

una delle dieci piaghe bibliche,<br />

che risparmiò i loro<br />

coetanei ebrei. In questo<br />

caso, sono esenti dal digiuno<br />

coloro che partecipano<br />

ad una seudat mitzvà, pasto<br />

rituale che si tiene in<br />

occasione di un matrimonio,<br />

o di una circoncisione<br />

o per la conclusione di un<br />

importante ciclo di studi».<br />

➤<br />

coerente le indicazioni di Dio che sono riportate dal Corano».<br />

Il Ramadan è il nono mese del calendario islamico, che essendo<br />

basato sui mesi lunari (come quello ebraico) comincia ogni<br />

anno in date diverse. In questo periodo dell’anno, i musulmani<br />

seguono una dieta rigida, che impone il digiuno dall’alba al<br />

tramonto; l’astinenza non è solo di tipo alimentare, ma anche<br />

da bevande, fumo e rapporti sessuali. In effetti il Ramadan,<br />

mese in cui fu rivelato il Corano, è un periodo di meditazione<br />

ed avvicinamento all’Islam, di rinnovato equilibrio di fronte<br />

alle dipendenze fisiche e mentali.<br />

«Il Ramadan – spiega ancora Mohammed – è una pratica ascetica<br />

che avvicina a Dio, e che non si limita al solo digiuno.<br />

Durante questo periodo dell’anno, infatti, il buon musulmano<br />

deve astenersi dal dire bugie o dal parlare male di altre persone,<br />

così come deve evitare di guardare in modo ostile gli altri<br />

o di frequentare luoghi sbagliati (come discoteche e luoghi di<br />

perdizione). Il digiuno e la preghiera contribuiscono a redimere<br />

i peccati, ed a questo si accompagnano altre azioni rituali,<br />

come offrire denaro ai bisognosi, ritrovarsi alla sera in moschea<br />

o in famiglia, mangiare insieme dolci e andare a trovare<br />

persone amiche o in difficoltà».<br />

La Kasheruth ebraica – «Non cucinerai il capretto<br />

nel latte di sua madre» (Deuterenomio 14:2)<br />

Non c’è religione come quella ebraica nella quale il cibo, gli<br />

ingredienti e le preparazioni abbiano un peso così rilevante.<br />

Questo è tanto vero, che l’Ebraismo ha elaborato un complicatissimo<br />

e affascinante codice alimentare dal contenuto mistico/religioso<br />

– la Kasheruth – basato sull’interpretazione della<br />

Torah, il libro sacro delle leggi che secondo la tradizione Dio<br />

dettò a Mosè, durante il loro incontro sul Monte Sinai.<br />

L’ossessione tutta ebraica per gli alimenti non poteva che fondarsi<br />

su una distinzione netta fra ciò che è kasher (adatto,<br />

idoneo, puro) e ciò che non lo è. Per questo la Kasheruth<br />

divide il mondo animale fra esseri viventi commestibili e non<br />


14<br />

commestibili. Si possono mangiare, ad esempio, i mammiferi<br />

ruminanti, a patto che abbiano lo zoccolo fesso o bipartito, come<br />

capra, pecora e bue, ma non maiale, asino o cavallo. Se la cosa<br />

finisse qui, però, sarebbe troppo semplice. Ai divieti, infatti,<br />

si accompagnano una miriade di prescrizioni, così che, per<br />

essere kasher, ovvero “adatto” dal punto di vista rituale, il cibo<br />

ebraico deve corrispondere a rigidi principi, che non riguardano<br />

solo la scelta degli ingredienti, ma anche la preparazione<br />

e l’assunzione degli alimenti.<br />

«Perché la carne sia kasher – spiega Elena<br />

Servi, presidente dell’associazione<br />

La Piccola Gerusalemme di Pitigliano,<br />

dove fino al XVIII secolo era<br />

insediata una delle comunità ebraiche<br />

più numerose d’Italia – non solo<br />

deve provenire da alcuni animali e<br />

non da altri, ma l’abbattimento (shechitah)<br />

dev’essere eseguito da un macellaio<br />

rituale (schochet) che taglia con un coltello affilato i canali<br />

sanguigni posti tra esofago e trachea, in modo che l’animale<br />

perda coscienza e muoia senza soffrire. Il sangue, poi, non<br />

può essere consumato o utilizzato per cucinare, e la carne va<br />

più volte salata e lavata con aceto. Allo stesso modo, va rimosso<br />

il nervo sciatico, e l’animale non può essere mangiato<br />

se presenta malattie o difetti fisici, né se morto<br />

naturalmente o ucciso da un altro animale. Il<br />

sangue, secondo la tradizione, rappresentando<br />

la fonte della vita, non dev’essere utilizzato per<br />

l’alimentazione umana, così come, in base al precetto<br />

del Deuteronomio, non si può cucinare carne insieme<br />

al latte o ai latticini».<br />

Un ruolo importante nella tradizione religiosa ebraica è rivestito<br />

dal digiuno. Storicamente, gli Ebrei hanno affrontato<br />

molte delle guerre o dei rischi di guerra con un digiuno. La<br />

purificazione dell’animo tramite la preghiera, infatti, garantiva<br />

uno spirito più forte per affrontare le avversità. Da questa<br />

tradizione deriva la pratica del digiuno e dell’astinenza, in<br />

concomitanza con le principali ricorrenze religiose del calendario<br />

ebraico.<br />

Digiunare comporta l’astensione dal bere e dal mangiare (eccetto<br />

in caso di pericolo per la salute), ed è associato a pratiche<br />

penitenziali come non ungere il corpo con olio, non lavarsi<br />

e profumarsi, non indossare scarpe di pelle e non avere<br />

rapporti sessuali.<br />


La cucina<br />

delle streghe<br />

Streghe, maghe, fate: quanti esseri dotati di poteri soprannaturali<br />

nella tradizione orale e nella letteratura occidentale.<br />

Per lo più si tratta di donne, forse perché solo in una dimensione<br />

magica e fittizia le donne potevano (possono?) disporre<br />

del potere, ancorché dispensato, almeno nella tradizione<br />

che dal medioevo arriva fino a noi, da una figura maschile,<br />

il demonio, rappresentato per giunta da un simbolo di esuberante<br />

virilità bestiale quale il capro. Le streghe hanno dato<br />

corpo per secoli al terrore che il maschio, quanto meno un<br />

certo tipo di maschio, ha della donna e del suo potere creativo,<br />

della sua sessualità e del suo piacere qualora vengano a<br />

LARA FANTONI<br />

Son tornate, forse fanno meno paura; ricominciano<br />

nella vita di tutti i giorni, e perciò anche tra i<br />

fornelli, ad ammannire filtri e magie<br />

per migliorare i nostri giorni<br />

➤<br />

15


itinerari<br />

16<br />

Sentieri…<br />

stregati<br />

Due suggerimenti per un<br />

viaggio, gastronomico e<br />

non solo, sulle tracce<br />

delle streghe italiane: a<br />

Triora, nell’alta Valle Argentina,<br />

in provincia di<br />

Imperia, si coltiva la memoria<br />

di un gruppo di<br />

donne che nel 1587 furono<br />

accusate di aver<br />

provocato una terribile<br />

carestia, processate e<br />

condannate al rogo; in realtà<br />

non furono mai arse,<br />

ma lasciate a marcire in<br />

prigione. Il borgo di Triora<br />

è molto pittoresco,<br />

ospita un Museo regionale<br />

etnografico e della<br />

stregoneria, e numerose<br />

sono le ricette tipiche<br />

ispirate al mondo delle<br />

bàugie, come si chiamano<br />

le streghe in dialetto<br />

locale. L’altra meta irrinunciabile<br />

per chi voglia<br />

respirare l’aria delle streghe<br />

è il Sannio, e in particolare<br />

la zona di Benevento,<br />

con il famoso noce<br />

delle streghe, sotto il<br />

quale si dice si svolgessero<br />

sabba epocali. Anche<br />

qui la memoria delle streghe<br />

è coltivata e molti locali<br />

della zona offrono<br />

piatti di ispirazione stregonesca.<br />

➤<br />

mancarle i freni inibitori della religione e della prospettiva fallocentrica<br />

del sesso: il “commercio col demonio” tanto citato<br />

nei processi per stregoneria non era, a guardar bene, altro che<br />

la concretizzazione della paura che la donna si smarcasse dalla<br />

dipendenza economica ed emotiva dall’uomo, e che il piacere<br />

sessuale potesse assumere forme diverse da quelle codificate e<br />

funzionali alla procreazione. Pensiamo allo slogan “Tremate,<br />

tremate, le streghe son tornate!” urlato nelle manifestazioni femministe<br />

degli anni ‘70 e ‘80 del secolo scorso, dove per strega<br />

si intendeva la donna liberata, consapevole di sé, pronta a rivendicare<br />

con le unghie e coi denti diritti che dovrebbero essere<br />

sacrosanti quali l’autodeterminazione e la gestione del proprio<br />

corpo. Quello che, in fondo, le streghe facevano già da<br />

secoli: erano per lo più donne sole, libere, autosufficienti, che<br />

non avevano bisogno di un uomo che le campasse e desse un<br />

senso alla loro esistenza.<br />

Negli ultimi anni queste figure, a cui tutto o quasi è concesso<br />

a dispetto delle leggi della fisica e di quelle dei tribunali, stanno<br />

vivendo un vero e proprio ritorno di fiamma (una metafora<br />

quanto meno infelice, trattandosi di figure che spesso finivano<br />

sul rogo…): si consideri il mondo dell’intrattenimento per bambini,<br />

tra Witches, Winx, Moony Witcher, Harry Potter, e altre<br />

piccole streghe e maghetti di contorno che spopolano in libri,<br />

film, giochi di ruolo e annessa paccottiglia, ivi compresa l’intollerabile<br />

celebrazione consumistica di Halloween, di ascendenza<br />

celtica. E non si tratta di un fenomeno limitato ai piccoli:<br />

nei paesi di lingua inglese, e non solo, sono sempre più<br />

numerosi alcuni serissimi movimenti pseudoreligiosi, definiti<br />

neopagani, che si rifanno a sette stregonesche del passato, per<br />

lo più di stampo celtico o anglosassone, in risposta a un forte<br />

bisogno di trascendenza e al desiderio di manipolare una realtà<br />

evidentemente sentita come insoddisfacente.<br />

“Streghe” dei nostri giorni<br />

E noi cogliamo al volo l’occasione offertaci dalla moda stregonesca<br />

cercando di immaginare, con l’aiuto di alcune delle streghe<br />

più note della letteratura e della tradizione, quale potrebbe<br />

essere la cucina delle streghe di oggi. E non sono forse un po’<br />

streghe tutte le donne (e via, concediamolo, anche alcuni uomini)<br />

che riescono a rimescolare nel calderone del loro frenetico<br />

giorno lavoro, amori, figli, passioni, affetti, letture, impegno,<br />

distillandone un filtro magico che consente loro, con un<br />

po’ di affanno ma anche con soddisfazione, di vivere una vita<br />

ragionevolmente gustosa e passabilmente felice? E non sono in<br />


Consorzio Chianti Colli Senesi<br />

c/o CCIAA Piazza Matteotti, 30 - 53100 Siena<br />

Tel. 0577 202584 - Fax 0577 43186<br />

www.collisenesi.it - collisenesi@virgilio.it<br />

17


libri<br />

18<br />

In tema di libri, segnaliamo<br />

La cucina della strega<br />

moderna. Le migliori<br />

ricette per ottenere salute,<br />

successo, amore e<br />

amicizia di Montse<br />

Osuna, Macro Edizioni,<br />

2001; e La cucina<br />

delle fiabe.<br />

Fate, elfi, streghe<br />

ai fornelli<br />

di Roberto<br />

Carretta, Il<br />

Leone Verde,<br />

2002.<br />

➤<br />

fondo streghe tutte coloro, e tutti coloro, che di fronte al piattume<br />

avvilente della standardizzazione del cibo proposta dalla<br />

grande Inquisizione, ops, distribuzione riescono a dedicare un<br />

po’ del proprio tempo (che sia lui, il tempo, l’ingrediente magico<br />

più introvabile e potente della vita moderna?) alla ricerca di<br />

prodotti genuini e di sapori dimenticati, alla preparazione di<br />

cibi desueti, a fare, almeno ogni tanto, il pane in casa, a raccogliere<br />

funghi, frutti del bosco o erbe di campo, a preparare<br />

marmellate o aceto da soli, a organizzare un sabba, pardon,<br />

una cena sfrenatamente consolatoria, per una cerchia di amici<br />

fidati e se possibile molto settari?<br />

Cosa bolle nel paiolo?<br />

Per sdrammatizzare, diamo una scorsa a un paio di ricette di<br />

streghe ormai divenute improponibili, ma ugualmente interessanti:<br />

«Filetto di serpente d’acqua, occhio di ramarro, dito di<br />

rana, pelo di pipistrello, lingua di cane, lingua biforcuta di<br />

vipera, aculeo di orbettino, zampa di lucertola, ala di allocco,<br />

squama di drago, dente di lupo, mummia di strega… ventricolo<br />

e stomaco di squalo sazio, radice di cicuta raccolta al buio,<br />

fegato di ebreo blasfemo, fiele di capro, rametti di tasso tagliati<br />

con l’eclissi di luna, naso di turco, labbra di tartaro, dito di<br />

un neonato strangolato partorito da una sgualdrina in un fosso,<br />

intestini di tigre… e sangue di babbuino». Questi gli ingredienti<br />

del filtro preparato dalle tre streghe messe in scena da<br />

Shakespeare nel Macbeth: difficile realizzarla oggi, tra coscienza<br />

animalista e ipercorrettismo politico; ma, ammettiamolo, la<br />

litania snocciolata dalle tre megere shakespeariane ricorda un<br />

po’ gli ingredienti di certi ritrovati carnacei a lunga conservazione…<br />

E ancora: «Brodo di rospi… fritto di coscine di gatti<br />

di latte e di cervello di lupo… arrosto di corvi nutriti di carne<br />

umana». Questo il pasto succulento servito dalle Befane casentinesi<br />

a un contadino poco accorto che si è permesso di ficcare<br />

il naso nel loro sabba annuale, nelle Fiabe fantastiche – Le novelle<br />

della nonna di Emma Perodi. E non crediamo di dire una


sciocchezza troppo grossa affermando<br />

che, in certe standardizzate mense<br />

aziendali, un menu del genere sarebbe<br />

un’alternativa gradita, almeno<br />

una volta ogni tanto.<br />

Ricette da favola<br />

Passiamo alle cose serie: le streghe<br />

più malvagie della letteratura<br />

sono indubbiamente quelle<br />

delle Favole tedesche raccolte<br />

dai fratelli Grimm, ma chi non<br />

vorrebbe una nonna, una zia o<br />

almeno un’amica che sapesse imbastire deliziose casette fatte<br />

di leccornie prelibate come la strega di Hansel e Gretel? La<br />

stessa cattivissima strega di Biancaneve, una volta rieducata<br />

alle regole della buona sorellanza e convinta della propria<br />

più che bastevole avvenenza, potrebbe diventare una<br />

grandiosa cuoca di torte di mele e di gustosissimi<br />

Strudel.<br />

E che dire delle fate nostrane che, nelle Fiabe italiane<br />

trascritte e rielaborate da Italo Calvino, coltivano<br />

prezzemolo (o rape) di cui è ghiotta la futura<br />

madre di Prezzemolina (ovvero Raperonzolo).<br />

Ma la migliore di tutte è lei, la Bambina dai capelli<br />

turchini, croce e delizia del Pinocchio di Carlo Collodi,<br />

che dice al burattino, per convincerlo a darle<br />

una mano: «Se mi aiuti a portare a casa una di<br />

queste brocche d’acqua, ti darò un bel pezzo di<br />

pane… e insieme col pane ti darò un bel piatto di<br />

cavolfiore condito coll’olio e coll’aceto… e dopo<br />

il cavolfiore ti darò un bel confetto ripieno di rosolio».<br />

Che raffinatezza in quel semplice piatto di<br />

cavolfiore in insalata! Da fare invidia a certi estenuati<br />

gourmet mediatici. E quel confetto di rosolio:<br />

un preziosissimo reperto della memoria gustativa. E chi<br />

non ricorda la festa organizzata per celebrare la conversione<br />

fallita di Pinocchio in bravo bambino? «E la Fata aveva fatto<br />

preparare duegento tazze di caffè-e-latte e quattrocento panini<br />

imburrati di sotto e di sopra». È questa semplicità, questa valorizzazione<br />

degli ingredienti di base, che dovrebbe informare<br />

le arti delle vere streghe moderne: di certo il latte sarà di alta<br />

qualità, il caffè un’arabica delle migliori, il pane a lievitazione<br />

naturale, e il burro, potendo, di malga o d’alpeggio…<br />

19


Quando<br />

la fame è sacra<br />

Si faceva la comunione alla prima messa, quella delle sette<br />

e mezza, perché ci si alzava in fretta e furia, una sciacquata al<br />

viso e via, e mezzi assonnati non si aveva il tempo di sentire il<br />

morso della fame. Nemmeno chi già a quell’età cominciava a<br />

combattere con le lonzette e i rotolini di ciccia e le guanciotte un<br />

po’ troppo abbondanti. Sette-otto anni, era quello il tempo medio,<br />

in era preconciliare, per avvicinarsi a quel sacramento così<br />

strano, in quel sottile brigidino bianco che s’ammosciava a contatto<br />

con il palato, e lo potevi staccare solo con la lingua, guai<br />

passarlo tra i denti, in quell’ostia candida stava nascosto un mistero<br />

profondissimo, tutto là dentro, un uomo-dio in corpo e<br />

sangue, e d’altro canto un catechismo fatto di domandine e rispostine<br />

da mandare a memoria, belle confezionate in perfetto<br />

“chiesese”, non erano proprio il massimo per aiutarti a capire, e<br />

Fra eccessi, stravaganze e precetti più o meno rigidi, la<br />

pratica del digiuno è un pilastro di tutte le religioni<br />

➤<br />

PAOLO PELLEGRINI<br />

21


digiuno ed esorcisti<br />

22<br />

Vade retro...<br />

Digiuno rituale ma anche<br />

terapeutico, dunque. Perfino<br />

nei casi estremi. La<br />

possessione, stato più grave<br />

della malattia dell’anima.<br />

Sentite che cosa prevedeva<br />

il Codex Vindobonensis<br />

Palatinus 1888 della<br />

Hofbibliothek (la Biblioteca<br />

di Corte) di Vienna:<br />

«Quando una persona<br />

vessata dal demonio si<br />

presenta, il prete… la<br />

conduca poi presso l’altare,<br />

dove stia in digiuno<br />

sino a nona… L’indemoniato…<br />

rimanga con il<br />

prete fino al quindicesimo<br />

giorno, mangiando<br />

soltanto pane e sale e, se<br />

il prete lo permette, pesce<br />

e legumi con la benedizione<br />

del sale e dell’acqua…<br />

e per un anno intero<br />

non mangi pane fatto<br />

di domenica, né carne<br />

di animale che sia stato<br />

macellato di domenica,<br />

né birra calda fatta di domenica.<br />

E non mangi o<br />

beva nulla di caldo finché<br />

viva». E il Flagellum daemonum<br />

del Menghi prescrive<br />

invece all’esorcista<br />

un digiuno di tre giorni.<br />

Come se fosse colpa sua.<br />

➤<br />

comunque che cosa avresti poi voluto capire a sette-otto anni,<br />

era tutto un fatto di fede, fede da bambini s’intende, almeno<br />

candida, quello sì. E c’era quel fatto del digiuno. Digiuno eucaristico.<br />

Tre ore senza mettere in bocca nulla. Nulla che non fosse<br />

un bicchier d’acqua, capirai, abituati a quelle belle fette di pane<br />

con qualcosa di tanto gustoso sopra o al buondì Motta nel latte<br />

prima di andare a scuola, la domenica era una tortura, se perdevi<br />

il treno della prima messa e ti rassegnavi alla seconda, generalmente<br />

sempre dopo le undici, praticamente già più vicini all’ora<br />

della pastasciutta. Non ti consolava sapere – questo sì, te lo<br />

dicevano – che appena una decina d’anni prima un altro Papa, il<br />

severo Pio XII, aveva dato una bella botta alla pratica del digiuno<br />

eucaristico. Prima di quel fatidico ‘53, infatti, l’obbligo dello<br />

stomaco vuoto partiva dalla mezzanotte del sabato. Non ti consolava,<br />

per te bambino alla fin fine era la stessa cosa. Ti consolava<br />

invece, ma solo la “prima volta”, la prospettiva del “dopo”.<br />

Che da noi, parrocchia di campagna, gente povera ma povera<br />

davvero, era un bricco – d’argento. Forse di peltro – da cui<br />

colava un fiotto fumante di cioccolata caldissima. Da consumare,<br />

questo era il rito, insieme alle brioches di pasticceria. Gialle<br />

d’uovo e profumatissime.<br />

Adesso, invece, un’ora è più che sufficiente. Adesso che digiuneresti<br />

volentieri per rientrare in un pantalone o in una giacca,<br />

ma poi lasci perdere perché non è più tempo di ascesi, nel sentimento<br />

comunque dei popoli cattolici ricchi, ti fa effetto un<br />

papa o un Pannella o un chiunque altro che t’inviti a digiunare<br />

per una qualche nobile causa. A rinunciare a una parte del tuo<br />

pasto per donarne l’equivalente. Per dare più forza alla preghiera,<br />

come invece del resto ancora insegna la dottrina cristiana.<br />

Una pratica antica e trasversale<br />

Atteggiamento tipico delle religioni, il digiuno. Quasi un pilastro,<br />

da sempre. A tutte le latitudini e longitudini, più o meno.<br />

«Pratica ascetica di mortificazione, ma soprattutto disciplina che<br />

accomuna le religioni, e nella sua forza discreta mostra tutta la<br />

sua modernità di sottrazione simbolica e lungimirante», osserva<br />

lo scrittore cattolico Eraldo Affinati, che cita a sostegno l’antico<br />

messaggio del salmo 49: «L’uomo nella prosperità non comprende,<br />

è come gli animali che periscono». Insomma: se il corpo<br />

diventa grasso e pesante, anche l’anima diventa grassa e ottusa.<br />

Primo assunto: nella pratica religiosa, il digiuno purifica. Il tabù<br />

del cibo intoccabile è propedeutico o propiziatorio: i candidati<br />

alla iniziazione dei misteri di Iside e di Osiride dovevano prepararsi<br />

con un digiuno di sette o più giorni, e così avveniva anche


per le iniziazioni ai misteri di Eleusi. La Pizia di Delfo, dal canto<br />

suo, digiunava tre giorni prima dei responsi. Gli Sherente, agricoltori<br />

e cacciatori nomadi del Brasile amazzonico, credevano –<br />

racconta Lévi-Strauss in Il crudo e il cotto – che la siccità fosse<br />

dovuta alla collera del sole contro gli uomini. Per scongiurare<br />

questo furore celebravano una singolare cerimonia: tre settimane<br />

di digiuno e di canti quasi ininterrotti da parte degli uomini,<br />

che si astenevano anche dal sonno e dall’acqua. I “Terapeuti”<br />

(curatori di anime) o “Segregati”, comunità ebraica fiorita in<br />

Egitto nei due secoli a cavallo dell’inizio dell’era cristiana, trascorrevano<br />

in meditazione sei giorni la settimana, incontrandosi<br />

solo il sabato, e praticavano il digiuno, con costumi rigorosi,<br />

simili a quelli degli Esseni di Qumran. E non è tutto: il cibo<br />

come induttore alla lussuria, come veicolo di tentazione è idea<br />

fortemente radicata nelle religioni, in particolare nelle religioni<br />

monoteistiche. Intorno al Mille, le penitenze consistevano quindi<br />

in giorni, settimane, mesi a pane e acqua. In tutt’altra cultura,<br />

vigono regole che sanno ancor oggi di superstizione: il Taoismo<br />

cinese vieta di mangiare di notte, se non si vuole finire preda dei<br />

dèmoni. E la mortificazione della gola ha portato anche al sorgere<br />

di fenomeni estremi come quello delle “sante anoressiche”:<br />

Caterina da Siena dall’età di sedici anni si nutrì di pane, acqua e<br />

verdure, soprattutto erbe amare, arrivando però ad assumere<br />

anche schifezze come coppe di pus (!), mentre Caterina da Genova<br />

ingurgitava addirittura cicatrici e pulci. Grandi contraddizioni,<br />

sul fronte della pratica ascetica: dietro il volto affilato di<br />

una virtuosa digiunatrice poteva nascondersi in realtà una strega,<br />

sostenuta solo dall’intervento diabolico nella difficile pratica<br />

del non mangiare. Così l’Inquisizione richiedeva anche la prova<br />

del peso: le streghe dovevano essere leggere, per poter volare...<br />

Kippur, ramadan e venerdì santo<br />

E oggi? Funziona ancora, il digiuno rituale, come pratica religiosa?<br />

Risposta facile, alzi la mano chi non abbia mai sentito parlare<br />

di ramadan o Kippur.<br />

➤<br />

➤<br />

23


L’occasione del digiuno rituale ebraico di 24 ore è appunto il<br />

Kippur (giorno del Perdono, ma la parola letteralmente significa<br />

“espiazione”), che cade nel decimo giorno dell’anno, nel mese di<br />

tishri (settembre-ottobre). Il Buddismo, invece, prescrive ai<br />

monaci di digiunare ogni mese nei giorni di novilunio e plenilunio,<br />

mentre nella tradizione brahminica e yogica si digiuna nei<br />

giorni di Ekadashii, l’undicesimo giorno dopo la luna nuova e la<br />

luna piena. Giorni rituali, mese rituale. Ecco l’Islam, ed ecco il<br />

ramadan. Il nono mese del calendario, sacro per essere, come<br />

dice la Sura, «il mese in cui fu rivelato il Qu’ran come guida per<br />

gli uomini e prova chiara di retta direzione e di salvezza». Non si<br />

mangia, non si beve, non si fuma, non si hanno rapporti sessuali<br />

dall’alba al tramonto. Ci si sveglia che è ancora buio, si fa uno<br />

spuntino leggero, il suhur, in genere a base di datteri, prima<br />

della prima chiamata di preghiera. Al tramonto, il muezzin annuncia<br />

l’iftar, l’interruzione: si consumano tre datteri e un po’<br />

d’acqua, si prega, poi si consuma brodo o minestra, o – nel<br />

Maghreb – la harira, la “zuppa del ramadan” a base di grano o<br />

legumi, farina di frumento, montone o pollo, succo di limone,<br />

brodo, pomodori, odori e spezie, e poi le skebbakia, dolci di<br />

pasta farcita, fritta e imbevuta nel miele caldo. Ci sono tre gradi<br />

del digiuno (delle persone ordinarie, dei prescelti, degli eletti), ci<br />

sono regole a stabilire chi deve digiunare e chi può astenersi: le<br />

donne con il ciclo mestruale, per esempio, “non hanno il permesso<br />

di digiunare”.<br />

Tra le confessioni cristiane, la più dura è ancora oggi la Regola<br />

ortodossa. In Etiopia il digiuno eucaristico è ancora di 9 ore,<br />

per la Chiesa russa la prima comunione deve essere preceduta<br />

da tre giorni di digiuno severo. Il digiuno stretto vieta carne,<br />

pesce, frutti di mare, prodotti caseari, olio, vino, bevande alcoliche,<br />

e consente legumi, paté, frutta fresca o secca. A delimitare<br />

i periodi di astinenza dalla tavola, c’è un articolato e complesso<br />

calendario di feste, solennità, vigilie, quaresime. Infine, il digiuno<br />

dei cattolici. Un solo pasto a mezzogiorno, poco cibo la mattina<br />

e la sera, ma niente carne né cibi (quindi anche il pesce o la<br />

frutta) o bevande particolarmente ricercati o costosi: è la regola,<br />

dai 14 ai 60 anni di età, per il mercoledì delle Ceneri, il Venerdì<br />

santo, e magari anche il sabato santo, cioè i due giorni che<br />

precedono la Pasqua; niente carne né cibi costosi o ricercati, ma<br />

pasti regolari in quantità, nei venerdì di Quaresima a meno che<br />

non coincidano con le solennità del 19 e del 25 marzo. Meglio<br />

rinunciare alla carne, comunque, tutti i venerdì dell’anno. In<br />

alternativa, un’opera di penitenza o di carità. Che alla fine costa<br />

meno di una rinuncia a tavola.<br />

➤<br />

regole ortodosse<br />

Digiuno<br />

o labirinto?<br />

Si fa presto a dire digiuno.<br />

Ma tra il dire e il fare,<br />

poi, c’è spesso di mezzo<br />

un mare di regole, cavilli,<br />

specifiche. Prendete<br />

ancora una volta la severa<br />

Regola dei cristiani<br />

ortodossi. Esistono, per<br />

gli Ortodossi, varie forme<br />

di digiuno. Quello<br />

stretto: non si può mangiare<br />

né carne né pesce<br />

né frutti di mare né prodotti<br />

caseari né olio né<br />

bere bevande alcoliche.<br />

Poi c’è però anche il “digiuno<br />

con olio e vino”: si<br />

può consumare olio,<br />

margarina vegetale, bevande<br />

alcoliche, crostacei,<br />

ma non il pesce. Infine,<br />

il digiuno con il pesce:<br />

si può aggiungere anche<br />

il pesce. Già, ma<br />

quando si applicano? Il<br />

digiuno stretto ogni mercoledì<br />

e venerdì di tutto<br />

l’anno, ma anche lunedì,<br />

mercoledì e venerdì dal<br />

15 novembre al 24 dicembre,<br />

e in Quaresima<br />

dal lunedì al venerdì. Per<br />

il resto, ci vuole davvero<br />

il calendario.<br />

25


Il cenone che verrà<br />

Tra luci, profumi, colori e corse ai regali, il Natale arriva<br />

sempre più in anticipo, quasi che fosse necessario, per esorcizzare<br />

la crisi dei consumi, arrivare prima degli altri nel preparare<br />

le vetrine, proporre le migliori idee regalo, invogliare<br />

agli acquisti. La cucina, al di là delle capacità di spesa delle<br />

famiglie e dei predicozzi, spesso sensati, sul non strafare, continua<br />

negli anni ad avere il ruolo di protagonista assoluta. Sono<br />

«giorni famosi per le scorpacciate, giorni di cuccagna universale»,<br />

scriveva Goethe nel suo Viaggio in Italia del 1787. Ed il grande<br />

convivio di Natale rappresenta l’apice di questo tripudio di<br />

sapori, vissuto in un’abbondanza quasi ostentata che risale alla<br />

sua origine di cerimonia propiziatoria per l’anno in arrivo, cui<br />

L’abbuffata è di rito per Natale e le dolci tentazioni<br />

sono sempre quelle della tradizione<br />

➤<br />

MARCO GHELFI<br />

27


➤<br />

si ricollega anche la presenza di molti alimenti dall’antico significato<br />

simbolico e religioso. È quanto accade ad esempio<br />

per il pane, effigie di vita eterna e fertilità della terra, o ancora<br />

per la carne, da sempre cibo delle grandi occasioni ed auspicio<br />

di prosperità, attraverso i quali, secondo la tradizione cristiana,<br />

si manifesta la presenza del binomio eucaristico. Gli stessi<br />

dolci natalizi, cui è affidato l’onore di conferire degna conclusione<br />

al pasto, nacquero con il preciso scopo di santificare lo<br />

spirito della festa, come doni da offrire in chiesa o condividere<br />

con i propri familiari. Se in origine erano poco più che semplici<br />

pagnotte, arricchite da miele, zucchero o uva passa, con il<br />

passare del tempo gli impasti cominciarono ad essere impreziositi<br />

con frutta candita e spezie, giunte dall’Oriente fra il XII<br />

ed il XIII secolo a seguito delle Crociate. Videro così la luce<br />

specialità come il panforte toscano, il pangiallo laziale, il pandolce<br />

ligure, il panone di Natale emiliano o i più rinomati panettone<br />

e pandoro, pani speciali nelle forme e negli ingredienti, capaci<br />

di fare la gioia di tutti i golosi.<br />

feste da bere<br />

Dolce Toscana<br />

Anche la Toscana vanta una ricca ed antica tradizione di piatti<br />

natalizi, dove a farla da padrona, a dispetto del loro ordine di<br />

arrivo sulla tavola, rimangono soprattutto i dolci. Avventurandosi<br />

in una sorta di “carrellata delle golosità”, comunque insufficiente<br />

a rendere piena giustizia allo straordinario paniere di<br />

produzioni locali, la mente vola subito al panforte senese, la cui<br />

fama si è da tempo estesa anche ben oltre i confini regionali.<br />

Nato nei monasteri come pane mielato, è del 1206 il primo<br />

documento scritto che attesta l’esistenza di preziosi “panes melatos<br />

et pepatos”, che i servi erano tenuti a portare in offerta alle<br />

monache del convento di Montecellesi, alle porte di Siena. A<br />

seguito dell’utilizzo del pepe nero orientale si diffuse il nome di<br />

panpepato, al quale, per via del gusto intenso e deciso, si affiancò<br />

ben presto quello di panforte. Di forma circolare, basso e<br />

compatto, bianco o nero a seconda che venga cosparso di zucchero<br />

vanigliato o cacao, sono diciassette gli ingredienti che,<br />

con pochissime variazioni apportate nel corso dei secoli, ne<br />

compongono ancora oggi l’impasto. Proprio come, dal 1675,<br />

diciassette sono le contrade del Palio.<br />

Dalla scuola dolciaria senese anche i famosi ricciarelli, con pasta<br />

di mandorle (altro alimento di buon augurio), morbidi e spugnosi,<br />

i cavallucci, biscotti dall’aspetto irregolare lavorati con<br />

noci e frutta candita, o ancora l’antichissima copata, a base di<br />

croccante preparato con miele, noci ed anice, imprigionato ➤<br />

Il “vino dei<br />

preti” della<br />

tradizione<br />

toscana<br />

Prodotto di grande fascino<br />

e tradizione, il Vin<br />

Santo rappresenta con<br />

ogni probabilità la miglior<br />

espressione della più<br />

schietta cultura enogastronomica<br />

toscana. Da<br />

sempre sfoggiato con orgoglio<br />

nei giorni di festa,<br />

Natale compreso, nonostante<br />

una fama tanto<br />

acclarata esistono ancora<br />

differenti teorie circa<br />

l’effettiva origine del<br />

nome. L’appellativo di<br />

“santo” è secondo alcuni<br />

ricollegabile all’uso che<br />

ne veniva fatto durante<br />

le celebrazioni religiose,<br />

elemento che ne diffuse<br />

anche la nomea di “vino<br />

dei preti”. Per altri deriva<br />

dal momento di vinificazione<br />

vera e propria,<br />

che in alcune zone coincide<br />

con la festa dei Santi<br />

di novembre, mentre<br />

c’è invece chi lo giustifica<br />

con riferimento alla<br />

Settimana Santa di marzo,<br />

periodo in cui ha<br />

spesso termine l’appassimento<br />

dei grappoli o, in<br />

altri casi ancora, avviene<br />

l’imbottigliamento del<br />

prodotto finito.<br />

29


➤<br />

fra due sottili ostie (che con nomi e ricette molto simili è cupeta<br />

in Puglia, copete in Basilicata e cubbaita in Sicilia).<br />

E se a Siena sbafano gaudiosi, Natale rappresenta un po’ ovunque<br />

un’ottima scusa per cedere a leccornie che, a prescindere<br />

dalla loro origine prettamente natalizia, sono divenute ormai<br />

autentici must sulle tavole imbandite a festa. Ecco allora il buccellato<br />

di Lucca, dalla caratteristica forma a ciambella, la cui<br />

ricetta con anice ed uvetta risale al XV secolo; i classici biscottini<br />

di Prato con le mandorle, meglio noti come cantucci; la<br />

schiaccia briaca dell’Isola d’Elba, con pinoli, uvetta e frutta secca,<br />

che deve nome e tipico colore rossastro all’aggiunta di vino<br />

Aleatico; e poi ancora lo zuccotto fiorentino, impastato con la<br />

ricotta, e la delicata torta margherita nell’aretino. Ma se<br />

l’arrivo dei dolci è vissuto da molti con trepidazione<br />

quasi liberatoria, in attesa di caffé, digestivo e pennichella<br />

rigenerante, occorre prima fare i conti con<br />

una serie di portate che, a lunghi tratti, pare davvero<br />

interminabile. Come tradizione regionale impone,<br />

l’inizio quasi obbligato è con i classici crostini,<br />

in genere serviti con il toscanissimo impasto di fegatini<br />

di pollo. Fra i primi un fumante piatto di<br />

tortellini (o cappelletti) con brodo di carne, di chiare<br />

origini emiliane, a cui possono alternarsi (o affiancarsi...)<br />

anche paste al sugo, sempre a base di carne. Qualche minuto<br />

appena per riprendere fiato e poi spazio al lesso misto di cappone,<br />

lingua, gota e cimalino, “recuperati” dalla preparazione del<br />

brodo e serviti con maionese o salsa verde, o ancora galantina<br />

di pollo, arrosti, formaggi e chi più ne ha più ne metta. Il tutto,<br />

neanche a dirlo, da annaffiare rigorosamente con generose sorsate<br />

del prezioso nettare di Bacco.<br />

“Classici” fra storia e leggenda<br />

Una menzione tutta particolare la meritano per finire (ancora)<br />

due dolci, il cui nome si associa al periodo ormai quasi quanto<br />

la neve o Babbo Natale. Produzioni della scuola dolciaria settentrionale,<br />

la nascita di panettone e pandoro è velata, come<br />

➤<br />

31


32<br />

➤<br />

spesso accade in questi casi, da un alone misto fra storia e<br />

leggenda che vale la pena raccontare. Per quanto riguarda il<br />

panettone, di origine milanese, due sono le versioni per così<br />

dire più accreditate, entrambe collocabili sul finire del ‘400.<br />

La prima narra del nobile Ughetto, che per la bella Adalgisa si<br />

improvvisò pasticcere come il padre di lei, tale Toni, creando<br />

come pegno del suo amore un pane speciale, ottenuto con aggiunta<br />

di uova, zucchero, cedro ed arance candite. Il gesto (e<br />

probabilmente anche il dolce...) colpì molto la duchessa Beatrice,<br />

moglie di Ludovico il Moro, che si adoperò con ogni<br />

mezzo per convincere la famiglia del giovane a benedirne le<br />

nozze, ovviamente celebrate a suon di morsi del gustoso Pan<br />

del Toni, così ribattezzato in onore del padre della sposa.<br />

L’altra tesi fa invece risalire la nascita ad un accidentale<br />

errore di cottura. Il dolce commissionato da<br />

Ludovico il Moro per i suoi ospiti la vigilia di<br />

Natale, impastato con canditi ed uvetta, fu infatti<br />

dimenticato nel forno, bruciando all’esterno<br />

fra le urla e la disperazione del cuoco. Un<br />

giovane sguattero, guarda caso di nome Toni,<br />

si fece avanti suggerendo di giustificarlo come<br />

specialità con la crosta: ai commensali la gioia<br />

del palato, a lui l’onore di vedere il proprio<br />

nome associato a quella nuova creazione. Ricca<br />

di aneddoti anche la storia del pandoro, golosità di<br />

Verona che fu probabile evoluzione del duecentesco “nadalin”,<br />

pane tipico della cittadina veneta. Nell’opulenza della<br />

Repubblica Veneziana si era soliti offrire, per le grandi occasioni,<br />

cibi ricoperti da sottilissime foglie d’oro: fra questi pare ci<br />

fosse anche questo dolce dal sapore delicato, che si diffuse col<br />

nome di pan de oro. La nascita della versione da noi conosciuta<br />

(ed apprezzata) risale invece al 14 ottobre 1884, giorno in cui<br />

Domenico Menegatti depositò il brevetto di questo dolce dall’impasto<br />

morbido e dalla forma a stella con otto punte, per lui<br />

disegnata dal pittore impressionista veronese Dall’Oca Bianca.


Un altro vino<br />

è possibile<br />

Si chiude un anno difficile e tormentato<br />

per il mondo del vino.<br />

Cosa ci attende nel futuro? Forse niente di nuovo,<br />

forse molte novità importanti. <strong>Gola</strong><strong>gioconda</strong><br />

si schiera a favore di questa seconda ipotesi.<br />

E lancia un’idea per il 2006: il vino sostenibile.<br />

33


34<br />

L’anno<br />

che verrà<br />

Ora che l’uva è da tempo in cantina e<br />

il vino sta riposando beatamente in<br />

contenitori di legno, acciaio o<br />

cemento, si apre, come tutte le volte,<br />

il dibattito su come sarà l’annata. In<br />

questo caso l’annata 2005.<br />

Viene da sorridere amaro se si<br />

ripensa ai titoli entusiastici di<br />

qualche mese fa. Dalla fine di<br />

luglio e per tutto agosto è stato<br />

un susseguirsi mediatico di<br />

grida di giubilo. Articoli in cui si<br />

dichiarava, senza ombra di<br />

dubbio, che questa era l’annata<br />

del secolo.<br />

Poi è arrivato settembre. Un<br />

settembre piovoso che ha<br />

costretto a scelte anche<br />

difficili. Qualcuno ha<br />

pensato che la miglior<br />

cosa fosse anticipare<br />

un po’ la raccolta per<br />

avere uve comunque<br />

sane da lavorare. Altri<br />

hanno aspettato,<br />

cercando di far<br />

maturare ancora i<br />

grappoli. Una scelta che<br />

Appello per un<br />

vino speciale<br />

ha tolto ore di sonno a molti, visto<br />

che in questi casi umidità e muffe<br />

possono essere letali per la qualità<br />

del prodotto finale. Chi ha avuto<br />

ragione? Forse tutti, forse nessuno.<br />

Sarà il calice, una volta che le<br />

bottiglie verranno commercializzate,<br />

a decretare l’ardua sentenza.<br />

I titoli dei giornali erano tuttavia<br />

in qualche modo giustificati. Il<br />

2004 ci aveva fatto tornare a<br />

una vendemmia abbastanza<br />

regolare, dopo un biennio 2002-<br />

2003 estremo che aveva fornito<br />

ora vini magri e poco serbevoli<br />

(2002), ora vini fin troppo<br />

pronunciati e robusti<br />

(2003). Si pensava e si<br />

sperava che il 2005<br />

seguisse la linea del<br />

2004. E in effetti è<br />

stato così fino<br />

all’ultima curva, se<br />

possiamo usare un<br />

paragone olimpionico,<br />

dopodiché il terreno si è<br />

fatto accidentato e il<br />

traguardo è stato


aggiunto con una certa dose di<br />

fatica. Una buona annata, questa del<br />

2005, ma che difficilmente sarà<br />

ricordata negli annali delle<br />

vendemmie eccellenti.<br />

Forse sarebbe meglio preoccuparsi di<br />

raggiungere obbiettivi più realistici<br />

per rendere maggiormente credibile<br />

l’intero comparto vinicolo.<br />

Preoccupandosi di ottenere, di volta<br />

in volta, i vini che l’annata e il<br />

Ambra - Santa Cristina in Pilli Carmignano<br />

2002 Docg<br />

Beppe Rigoli è uno di quei produttori che preferiscono far parlare Galloi<br />

propri vini, senza dare eccessivo spazio all’apparenza. Vini sinceri,<br />

fatti in vigna più che in cantina, strutturati, complessi, non privi Nero, di<br />

quegli “spigoli” che caratterizzano i grandi rossi toscani. nel<br />

Il Santa Cristina in Pilli non tradisce le attese in fatto di stoffa ed<br />

eleganza gustativa. Rubino al colore, con unghia già tendente corso al<br />

granato. Frutta matura al naso, con prugna e marasca in evidenza. della Poi<br />

sentori floreali e bella trama speziata. Buon l’impatto in bocca per<br />

volume e linearità. Persistente il finale, con ritorno di una gradevole<br />

scia fruttata.<br />

Fattoria Ambra<br />

Via Lombarda 85 Carmignano (Po)<br />

Tel. 055 8719040<br />

Fattoria di Bagnolo – Capro Rosso 2003 Igt<br />

Il Capro Rosso, ottenuto da una selezione di uve Sangioveto (80%),<br />

Cabernet Sauvignon (10%) e Colorino (10%), prevede una fermentazione in<br />

acciaio inox a temperatura controllata. Matura poi per 12 mesi in barriques<br />

e tonneaux di legni francesi. Quindi si affina in bottiglia per altri sei.<br />

Vino di grande stoffa, con profumi di frutta matura, cui seguono note<br />

speziate e vanigliate. Presenta un gusto intrigante, equilibrato, persistente.<br />

Da stappare almeno un’ora prima del suo servizio.<br />

Fattoria Bagnolo<br />

Via Imprunetana per Tavarnuzze 48<br />

Impruneta (Fi)<br />

Tel./Fax 055 2313403<br />

info@bartolinibaldelli.it<br />

www.bartolinibaldelli.it<br />

territorio riescono a dare. E<br />

preoccupandosi di comunicare tutto<br />

ciò al consumatore.<br />

<strong>Gola</strong><strong>gioconda</strong> auspica un 2006<br />

all’insegna del vino sostenibile.<br />

Sostenibile da ogni punto di vista:<br />

economico, ecologico, produttivo,<br />

mass-mediatico. Proviamo dunque a<br />

proporre qualche idea, qualche spunto<br />

di riflessione, chiedendoci: di cosa ha<br />

bisogno oggi il mondo del vino?<br />

➤<br />

35


36<br />

La lingua del vino<br />

Cominciamo proprio dalla<br />

comunicazione. Il mondo del vino ha<br />

bisogno di nuovi messaggi. Spesso,<br />

troppo spesso, le guide di settore<br />

sono state considerate delle bibbie<br />

enologiche, infallibili nei loro<br />

giudizi. Non è così, fortunatamente.<br />

Non lo è mai stato, mai lo lo sarà in<br />

futuro. L’umana fallibilità appartiene<br />

anche ai vati del vino. Quasi sempre<br />

➤<br />

Cappella Sant’Andrea<br />

Serreto San Gimignano Rosso 2001 2001 Doc<br />

Nel bel mezzo delle campagne sangimignanesi, ad appena un chilometro dal centro storico, si<br />

trova l’Azienda Cappella di Sant’Andrea, le cui vigne riposano in ottima esposizione su terreni di<br />

origine pliocenica. A condurre l’azienda, con saggezza e abilità, è la famiglia Leoncini.<br />

Il nome Serreto, la cui etichetta è opera del maestro Alfredo Beghè, è un omaggio ai Serretti,<br />

famiglia che trova le sue origini a San Gimignano per poi trasferirsi in Francia verso la fine del ‘500.<br />

Questo San Gimignano rosso Doc – data l’accurata vinificazione e una maturazione in barriques –<br />

presenta interessanti evoluzioni olfattive e gustative che ne fanno un vino strutturato e molto<br />

piacevole. Da degustare con i grandi piatti della cucina tradizionale toscana.<br />

Cappella Sant’Andrea<br />

Az. Agr. Cappella Sant’Andrea<br />

Loc. Casale 26, San Gimignano (Si)<br />

Tel./Fax 0577 940456<br />

serreto@libero.it<br />

Carpineto – Nobile di Montepulciano Riserva 2000 Docg<br />

Ottenuto da uve prugnolo gentile e canaiolo nero situate con esposizione sud, sud-est, il Montepulciano<br />

Riserva di Carpineto, dopo la fase di fermentazione, matura per due anni in botti di rovere<br />

di Slavonia e in fusti di rovere francese in una cantina di roccia tufacea nei pressi di Montepulciano,<br />

dove la temperatura si mantiene costante intorno ai 13 gradi. Il vino si affina poi per almeno<br />

12 mesi in bottiglia.<br />

Rosso rubino alla vista, con unghia tendenta al granato. I profumi si rivelano starordinariamente<br />

eleganti, eterei, con lieve sentore di mammola e legno pregiato. Un grande rosso che al gusto si<br />

mostra asciutto, sapido e armonico con un finale molto prolungato in cui ritornano sentori di frutta<br />

e note balsamiche. Si abbina molto bene con selvaggina, cacciagione, formaggi stagionati.<br />

Carpineto<br />

Loc. Dudda Lucolena (Fi)<br />

Tel. 055 8549062 – Fax 055 8549001<br />

info@carpineto.com<br />

www.carpineto.com<br />

professionisti di tutto rispetto, con<br />

grandissima competenza in materia.<br />

Ma soggetti ad errori (talvolta anche<br />

clamorosi) come tutti noi. Per cui<br />

dovremmo prendere le guide per<br />

quello che sono, letteralmente. Ossia<br />

strumenti di indirizzamento per<br />

neofiti e non, capaci se possibile di<br />

farci scoprire qualcosa di<br />

interessante e con il dovere di<br />

scatenare la nostra capacità critica


attraverso amabili (o<br />

infuocate) discussioni. Sarebbe<br />

già molto se il 2006 ci<br />

rendesse un po’ più laici<br />

e ci facesse abbandonare<br />

l’idea di una casta che<br />

detiene il sapere<br />

riguardo alla materia vino.<br />

E sarebbe un grande passo<br />

avanti se riuscissimo a scovare<br />

tracce di un nuovo linguaggio, di<br />

Cecchi – Spargolo 2001 Igt<br />

Prodotto da uve sangiovese in purezza, lo Spargolo è il risultato<br />

di un lavoro accuratissimo sia in vigna che in cantina: bassa<br />

resa per ettaro, continuo monitoraggio dello stato sanitario<br />

delle uve, vendemmia manuale con cernita delle uve. E ancora:<br />

una lunga macerazione durante la fermentazione e una maturazione<br />

di 12 mesi in barriques e quindi in botti di rovere per altri<br />

14. Il colore è rosso rubino intenso, con riflessi tendenti al<br />

granato con l’invecchiamento; i profumi si manifestano intensamente<br />

vinosi con note tipiche di vaniglia e di spezie; il sapore<br />

è elegante, di gran corpo, prolungato, asciutto, di struttura.<br />

Particolarmente apprezzato come vino da meditazione, si accompagna<br />

idealmente a carni rosse e selvaggina. Si raccomanda<br />

di stappare la bottiglia qualche ora prima del servizio.<br />

Cecchi – Val delle Rose Morellino di Scansano<br />

Riserva 2002 Doc<br />

L’azienda agraria Val Delle Rose esprime l’optimum della potenzialità del sangiovese<br />

in terra di Maremma. Il Morellino di Scansano Riserva ha un periodo di invecchiamento<br />

in piccoli fusti di almeno un anno. Tutte le operazioni di vinificazione ed<br />

invecchiamento sono eseguite nella cantina dell’azienda, dotata dei migliori supporti<br />

tecnologici.<br />

Il vino presenta un colore rosso rubino molto intenso e profumi di frutta matura. La<br />

struttura è ricca di tannini dolci, ben levigati, che risultano evidenti senza disturbare.<br />

La presenza di tostatura e vaniglia completa il profilo organolettico di questo<br />

elegante vino che, se ben conservato, può essere invecchiato per molti anni. Ottimo<br />

con piatti a base di carne, si consiglia una temperatura di servizio di 18°C.<br />

Cecchi<br />

Loc. Casina dei Ponti 56 Castellina in Chianti (Si)<br />

Tel. 0577 54311 – Fax 0577 543150<br />

cecchi@cecchi.net - www.cecchi.net<br />

una nuova<br />

semantica<br />

enologica, capace di<br />

dare significato non<br />

solo agli aspetti<br />

organolettici di un<br />

calice di rosso, ma<br />

anche a quelli filosofici e<br />

storici di una zona, di un<br />

produttore.<br />

Allora sì che il linguaggio del vino<br />

➤<br />

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38<br />

assumerebbe l’aspetto di una<br />

formidabile arma concettuale e<br />

saprebbe davvero dare aria alle<br />

stanze un po’ polverose di certe<br />

pubblicazioni capaci di scovare ogni<br />

cromatismo, ogni sentore di fruttafiori-spezie,<br />

ogni mancato o<br />

raggiunto equilibrio gustativo, ma<br />

incapaci di raccontare la passione<br />

che sta alla base del lavoro di<br />

vignaiolo.<br />

Cesani – Luenzo 2002 Igt<br />

L’azienda si trova a in località Pancole: qui la famiglia Cesani, Vincenzo in testa, si dedica<br />

quotidianamente a portare avanti l’attività con passione e serietà.<br />

Il Luenzo è uno dei rossi più apprezzati in assoluto della zona di San Gimignano.<br />

L’analisi organolettica rivela un colore rubino concentrato e una consistenza evidenziata<br />

da fitti archetti che scendono lungo le pareti del bicchiere. A livello olfattivo si percepisce<br />

frutta matura (ciliegia e frutta), fiori, speziatura di pepe e chiodi di garofano. L’impatto<br />

in bocca è deciso, con componenti ben equilibrate e buona armonia complessiva. Meno<br />

potente rispetto a precedenti annate, ma forse di maggiore eleganza gusto-olfattiva.<br />

Cesani<br />

Loc. Pancole 82/D – San Gimignano (Si)<br />

Tel./Fax 0577 955084<br />

info@cesanivini.it<br />

www.cesanivini.it<br />

➤<br />

Castelvecchio<br />

La Querce Chianti Colli Fiorentini Riserva 2003 Docg<br />

Castelvecchio non è più una sorpresa. L’azienda di Stefania e Filippo Rocchi anno dopo<br />

anno, vino dopo vino, si conferma fra le migliori realtà dei Colli Fiorentini. Ne è una riprova<br />

questo La Querce, ultimo nato nella prestigiosa galleria di rossi.<br />

Rubino il calice, di bella consistenza. Molto interessante il ventaglio olfattivo: frutti a bacca<br />

rossa e nera, cenni floreali, trame speziate di pepe, sentori complessi di liquirizia, tabacco<br />

dolce, frutta secca. In bocca si mostra potente, con tannini ben lavorati e bilanciamento fra<br />

alcol e acidità. Un vino davvero convincente da apprezzare con carni rosse alla brace e<br />

arrosti di selvaggina.<br />

Azienda Agricola Castelvecchio<br />

Via Certaldese 30, 50026 San Casciano V.P. (Fi)<br />

Tel./Fax 055 8248032<br />

www.castelvecchio.it<br />

info@castelvecchio.it<br />

“Caro” vino…<br />

Auspichiamo inoltre un 2006<br />

sostenibile da un punto di vista<br />

economico. Se vogliamo tornare<br />

seriamente a stappare bottiglie<br />

occorre rendersi conto una volta per<br />

tutte che è assolutamente necessario<br />

un giusto rapporto fra qualità e<br />

prezzo. Ci sono stati anni euforici,<br />

belli ed effervescenti in cui ricaricare<br />

sul prezzo di una bottiglia non


creava eccessivi problemi. Essere<br />

toscani, in particolare, costituiva una<br />

garanzia e un valore aggiunto<br />

straordinari. Il fatto è che qualcuno<br />

ha spinto troppo sull’acceleratore e<br />

si è creata una bolla speculativa che<br />

prima o poi doveva scoppiare. Ed è<br />

scoppiata, in maniera fragorosa, nel<br />

momento in cui la crisi si è fatta<br />

sentire e alcuni mercati, fra i più<br />

importanti, hanno stretto i cordoni<br />

Fattoria Cigliano – Nettuno 2000 Igt<br />

La Fattoria Cigliano è di proprietà della famiglia Antinori fin dal 1400. L’interno della Villa ospita<br />

uno stupendo giardino all’italiana in cui domina la statua di un Nettuno fatto con sassi di fiume<br />

e conchiglie di mare.<br />

E proprio la statua dà il nome a questo prestigioso Cabernet di Toscana. Un monovitigno,<br />

maturato in fusti di rivere francese, dalla intensa tonalità rubina. L’analisi olfattiva rimanda a<br />

sentori intensi di cassis, confettura di mirtilli, prugna, contrappunti di cacao e vaniglia. Al gusto<br />

rivela un impatto deciso con tannini potenti e ben lavorato. Ottimo il volume complessivo con<br />

bilanciamento fra alcol e acidità. Persistente il finale con ritorno della componente fruttata. Da<br />

gustare con piatti di selvaggina.<br />

Fattoria Cigliano<br />

Via Cigliano 17 – San Casciano Val di Pesa (Fi)<br />

Tel. 055 820033 – Fax 055 8290719<br />

fattoriacigliano@libero.it<br />

Strozzi – Poggio Moreto Morellino di Scansano 2003 Doc<br />

Il Poggio Moreto, sangiovese in purezza, è un vino che nasce da una selezione accurata<br />

dalle uve che provengono dalla parte più elevata del vigneto omonimo, con una resa<br />

limitata e, conseguentemente, ottima qualità. La vinificazione è tradizionale con controllo<br />

delle temperature durante tutto il processo di vinificazione: la maturazione è in barriques<br />

per circa sei mesi, con ulteriore affinamento in bottiglia.<br />

Il colore è rubino carico, con profumi intensi di frutta matura (mora e prugna in particolare),<br />

sentori speziati. Il sapore è asciutto con tannini fini e di ottima qualità. Si abbina perfettamente<br />

con carni rosse, cacciagione, salumi e formaggi di media stagionatura.<br />

Guicciardini Strozzi<br />

Loc. Cusona 5 – San Gimignano (Si)<br />

Tel. 0577 950028 – Fax 0577 950260<br />

guicciardinistrozzi@iol.it<br />

www.guicciardinistrozzi.it<br />

➤<br />

39


40<br />

Frescobaldi – Montesodi Chianti Rùfina 2001 Docg<br />

Il Montesodi, ottenuto da Sangiovese in purezza, è un cru che che nasce dal vigneto omonimo ubicato<br />

a 400 metri nel comue di Pelago. La fermentazione, dopo la fase di vendemmia manuale, avviene in<br />

acciaio inox a temperatura controllata. Seguono una maturazione in barriques di rovere francese<br />

nuove per almeno diciotto mesi e l’affinamento in bottiglia per altri sei mesi.<br />

L’analisi organolettica rivela alla vista una tonalità intensamente porpora con grande consistenza<br />

dimostrata da archetti fitti e regolari. Ottima la varietà di profumi con frutta matura in evidenza,<br />

contrappuntata da vaniglia, pepe e gradevoli note balsamiche.<br />

Cremoso e impattante l’attacco gustativo, cui seguono struttura e volume d’insieme. Perfettamente<br />

bilanciate le parti alcol-acidità, con tannini ben distribuiti. Chiude con un finale lungo e avvincente.<br />

Marchesi de’ Frescobaldi Spa<br />

Via S. Spirito 11 – Firenze<br />

Tel. 055 27141 – Fax 055 211527<br />

info@frescobaldi.it - www.frescobaldi.it<br />

Tenuta di Gracciano della Seta<br />

Rosso di Montepulciano 2003 Doc<br />

La Tenuta appartiene alla Famiglia Mazzucchelli della Seta dal 1850. Si estende per una superficie<br />

totale di 68 ettari di cui 16 dedicati a vigneto. Il Rosso di Montepulciano nasce da vigneti posti a<br />

300 metri sul livello del mare, esposti a sud e posati su un terreno di tipo limo-argilloso. Si tratta<br />

di un blend sangiovese 90%-merlot 10% che matura per 8 mesi, parte in fusti di rovere francese,<br />

parte in botti di rovere di Slavonia. Tutte queste caratteristiche conferiscono al vino doti organolettiche<br />

di pregio. Colore perfettamente rubino e archetti fitti e regolari. Profumi fruttati e floreali<br />

di bella intensità e persistenza, a cui si accompagnano note di speziatura dolce. In bocca rivela<br />

equilibrio e tannini sapientemente distribuiti. Per struttura e versatilità è da abbinare a carni<br />

rosse, primi al ragù, salumi toscani, formaggi mediamente stagionati.<br />

Tenuta di Gracciano della Seta<br />

Via Umbria 59 Montepulciano (Si)<br />

Tel./Fax 0578 708340<br />

delle loro borse. Allora, per una<br />

elementare legge di domandaofferta,<br />

è stato il prezzo e (quasi)<br />

solo quello a farla da padrone. A<br />

rimetterci è stata la qualità. E non<br />

solo la qualità. Il mercato si è per<br />

così dire inasprito per spirito ed<br />

esigenze di sopravvivenza, di quote<br />

da mantenere, di bilanci.<br />

Da amanti e consumatori del vino<br />

lanciamo un appello accorato a tutta<br />


la filiera produttiva, distributiva,<br />

ristorativa: fateci bere! E fateci<br />

pagare una bottiglia per quel che<br />

veramente vale. Semmai fateci<br />

esclamare: è costosa. Ma non fateci<br />

mai più dire: è cara. Fra cara e<br />

costosa esiste un discrimine<br />

sottilissimo, ma fondamentale.<br />

Perché ciò che è costoso “vale il<br />

prezzo del biglietto”, se si hanno<br />

tasche abbastanza forti. E ciò che è<br />

Il Poggione – Brunello di Montalcino 2000 Docg<br />

La Tenuta Il Poggione è un modello di azienda vinicola in cui la genuina passione per il<br />

lavoro si unisce a intelligenza, sensibilità umana, capacità imprenditoriali fuori del comune.<br />

Una dimostrazione di questo sta nella nuova cantina, ormai ultimata, bellissima e al<br />

contempo funzionale, tesa al miglioramento di prodotti che sono già oggi ai massimi<br />

vertici. Il Brunello presenta tonalità rubina con bagliori granati e bella consistenza nella<br />

roteazione del calice. Al naso emergono ciliegia, prugna, mora, cenni di confettura e frutta<br />

sotto spirito, pepe e chiodi di garofano, cacao, liquirizia, tabacco dolce. In bocca evidenzia<br />

uno stile pulito, elegante, lineare. Si apprezzano soprattutto l’armonia d’insieme e una<br />

lunga, piacevolissima persistenza finale.<br />

Tenuta Il Poggione<br />

Sant’Angelo in Colle – Montalcino (Si)<br />

Tel. 0577 844029 – Fax 0577 844165<br />

ilpoggione@tin.it - www.tenutailpoggione.it<br />

Imm. Castelvecchio – Vin Santo di Carmignano 2000 Doc<br />

La Fattoria Imm. Castelvecchio si trova immersa nelle splendide colline della zona di<br />

Carmignano, area storicamente famosa per vini di assoluta qualità. Non poteva mancare,<br />

nel ventaglio dei prodotti dell’azienda, il Vin Santo, vinificato con impostazione tradizionale.<br />

Questo vino è ottenuto da grappoli accuratamente scelti di Trebbiano e Malvasia ed è<br />

prodotto in quantità estremamente limitata. Dopo essere lasciate ad appassire sulle<br />

stuoie le uve vengono spremute in gennaio. Il mosto così ottenuto fermenta lentamente in<br />

piccoli caratelli di castagno dove matura per un periodo minimo di tre anni.<br />

Un Vin Santo che presenta una peculiare ricchezza organolettica: il colore è giallo oro carico<br />

e la roteazione del calice mostra una buonissima consistenza. I profumi richiamano le note<br />

tipiche di frutta secca per aprirsi successivamente a sentori di miele. Al gusto si dimostra<br />

corposo, caldo, amabile e vellutato. Si abbina bene come fine pasto con biscotteria. Da<br />

provare inoltre con i rinomati fichi secchi di Carmignano.<br />

Immobiliare Castelvecchio<br />

Via delle Mannelle 19 Loc. Seano-Carmignano (Po)<br />

Tel. 055 8705451 – Fax 055 8730113<br />

info@castelvecchio.net - www.castelvecchio.net<br />

caro è semplicemente fuori prezzo,<br />

inadatto a ricoprire il ruolo in cui è<br />

stato collocato. Detto altrimenti, si<br />

può essere cari anche costando tre<br />

euro, se la qualità manca del tutto.<br />

Nel nome della Toscana<br />

Auspichiamo un 2006<br />

produttivamente sostenibile.<br />

Auspichiamo vini sinceri, generosi,<br />

franchi, di territorio. Vogliamo<br />

➤<br />

41


42<br />

assaporare i nostri vitigni, il<br />

sole toscano, la terra toscana,<br />

il carattere toscano. E<br />

vogliamo che tutto questo<br />

marchi una differenza<br />

abissale fra la Toscana e il<br />

resto. Il resto d’Italia, il resto<br />

del mondo.<br />

A pensarci bene, ribadire la nostra<br />

identità toscana è l’unica via<br />

d’uscita, l’unica ciambella si<br />

Fattoria Ormanni<br />

Chianti Classico 2003 Docg<br />

La Tenuta Ormanni è posta in una incantevole posizione<br />

nella strada che da Poggibonsi porta a Castellina in Chianti.<br />

Nel 1200 la Tenuta era di proprietà dell’omonima famiglia,<br />

citata anche dall’Alighieri nella Divina Commedia. Oggi la<br />

Fattoria appartiene all’Ing. Paolo Brini Batacchi.<br />

Il Chianti Classico 2003 si contraddistingue per la perfetta<br />

sintesi fra struttura e piacevolezza. Il colore è perfettamente<br />

rubino, con un calice che, roteando, evidenzia archetti fitti e<br />

regolari. La dimensione olfattiva è data da un fruttato maturo<br />

di ciliegia a cui seguono sentori di rosa, viola, pepe nero. Voluminoso in bocca, con parti bilanciate, tannini calibrati,<br />

persistenza gustativa. Un vino che conferma Ormanni fra le realtà più positive dell’area chiantigiana.<br />

Fattoria Ormanni<br />

Loc. Ormanni Poggibonsi (Si)<br />

Tel. 0577 937212 – Fax 0577 936640<br />

info@ormanni.it - www.ormanni.it<br />

➤<br />

Le Torri – Magliano 1995 Igt<br />

salvataggio, l’unico modo<br />

per resistere a una<br />

globalizzazione omologante<br />

e uniformante.<br />

Sicuramente non una<br />

battaglia persa. Anzi una<br />

partita tutta da giocare,<br />

che impone una riflessione<br />

profonda sul modo di fare vino. Oggi<br />

come oggi, grazie agli enologi e<br />

grazie alle metodiche in vigna e in<br />

L’Azienda Agricola Le Torri, di proprietà della S.p.A. Campiglioni, si trova nel Comune di Barberino<br />

Val d’Elsa ed è inserita in un territorio di particolare bellezza paesaggistica. Piccoli borghi medievali<br />

sovrastano colline con boschi, vigneti, oliveti, cipressi che danno a questi luoghi un fascino unico<br />

dove è ancora possibile vivere un corretto rapporto fra uomo ed ambiente.<br />

Il Magliano è ottenuto da uve sangiovese e merlot e matura, dopo la fermentazione, in piccole botti<br />

di rovere francese. Ha colore granato e buona consistenza, profumi vivi, intensi, speziati, sapore<br />

asciutto con buon equilibrio complessivo e tannini levigati. Ottimo l’abbinamento con umidi, carne<br />

ai ferri, selvaggina, formaggi stagionati.<br />

Az. Agr. Le Torri propr. Campiglioni Spa<br />

Via San Lorenzo a Vigliano 31<br />

Marcialla (Fi)<br />

Tel. 055 8076161 – Fax 055 8061257<br />

campiglioni@tin.it<br />

www.letorri.net


cantina, fare un vino sbagliato è<br />

molto difficile, quasi impossibile. Per<br />

cui ciò che occorre esaminare è<br />

l’identità, lo stile, il carattere di una<br />

bottiglia. Quello che va perseguito è<br />

la ricerca di un fondamento comune<br />

ad un’area vinicola, su cui poi<br />

innestare le varie identità aziendali.<br />

Compito apparentemente più facile<br />

in zone piccole quali Carmignano o<br />

Rufina, compito arduo in zone estese<br />

Petreto – Pourriture Noble 2002 Igt<br />

Sembra incredibile ottenere un vino stretto parente del Sauternes alle porte di<br />

Firenze. Ci riesce Petreto, grazie al particolarissimo microclima, con la Pourriture<br />

Noble, molto ricercata dagli amanti del nettare di Bacco. La versione 2002 si<br />

presenta meno imponente rispetto ad altre annate, ma ugualmente gradevole. Il<br />

colore è di un dorato luminoso, il calice è consistente. I profumi spaziano dalla mela<br />

cotta ai fiori di camomilla, passando per note di miele millefiori e contrappunti di<br />

frutta secca e cannella. Al gusto risulta bilanciata, non stucchevole, equilibrata e<br />

con lunga persistenza finale. Da provare anche con torte di frutta e pasticceria<br />

secca.<br />

Azienda Agricola Petreto<br />

Via di Rosano 196/a<br />

Bagno a Ripoli (Fi)<br />

Tel. 055 6519021 – Fax 055 698022<br />

Querceto di Castellina<br />

Podalirio 2003 Igt<br />

Entrato a far parte del gotha dei vini toscani in brevissimo tempo,<br />

il Podalirio è l’Igt dell’azienda Querceto di Castellina, affinato in<br />

barriques e ottenuto con uve Sangiovese e Merlot. Colpisce per<br />

fittezza, per impenetrabilità e per rubina concentrazione di frutto. Il<br />

calice rivela poi una decisa consistenza con archetti fitti e regolari.<br />

In fase olfattiva emergono profonde trame floreali e speziate, rivelando<br />

sentori che vanno dalla vaniglia al tabacco. Equilibrio, armonia<br />

ed eleganza fanno del Podalirio un rosso da abbinare a grandi<br />

arrosti di carne, cacciagione da penna e da pelo.<br />

Azienda Agricola Querceto di Castellina<br />

Loc. Querceto, 9<br />

Castellina in Chianti (Si)<br />

Tel. 0577 733590 – Fax 0577 733636<br />

info@querceto.com - www.querceto.com<br />

e diverse dal punto di vista<br />

pedoclimatico quali il Classico,<br />

Montalcino, Montepulciano.<br />

Uno sforzo che tuttavia deve essere<br />

fatto, a partire da un confronto<br />

positivo fra produttori. In questa<br />

direzione il ruolo dei vari consorzi<br />

resta fondamentale, come interfaccia<br />

con il mondo e come consulenza<br />

interna per gli associati. Crediamo<br />

che questo momento di confronto sia<br />

➤<br />

43


44<br />

➤<br />

inevitabile. La Toscana,<br />

prendiamone<br />

coscienza, è un<br />

marchio registrato, un<br />

“made in” che esercita<br />

ancora un fascino<br />

notevolissimo dagli<br />

Stati Uniti al Giappone. Su<br />

questo non possono esserci dubbi,<br />

né timori eccessivi. Il fatto è che<br />

spesso ci siamo accontentati di<br />

vendere (a caro prezzo,<br />

peraltro) una Toscana da<br />

cartolina. Perché era più<br />

facile, più comodo, più<br />

redditizio. Adesso è<br />

inevitabile invertire rotta e<br />

offrire alla platea degli amanti<br />

della nostra regione la parte<br />

genuina e verace. Una volta ancora il<br />

vino, con la sua storia e il suo<br />

appeal, può (deve!) fungere da<br />

Castello di San Sano – Chianti Classico 2002 Docg<br />

Il Castello di San Sano è ubicato in zona Gaiole in Chianti (Si), un territorio tipicamente chiantigiano<br />

costituito da agglomerati calcarei marnosi, scheletro. Condizioni pedologiche favorevoli per vini di<br />

qualità adatti all’invecchiamento.<br />

Dai vigneti ventennali si ottiene il Chianti Classico, da uve sangiovese e canaiolo. A una macerazione<br />

termocontrollata segue una maturazione in botti di rovere di piccola capienza. L’imbottigliamento<br />

avviene con filtrazione molto larga a cui segue un affinamento in bottiglia per almeno sei<br />

mesi.<br />

Il vino è rubino carico, con ricchi profumi di frutta e spezie, integrati da una moderata componente<br />

legnosa. In bocca si mostra morbido e piacevole con giusta tannicità e buona struttura gustativa.<br />

Castello di San Sano<br />

Loc. Palazzino – San Sano<br />

Gaiole in Chianti (Si)<br />

Tel./Fax 0577 746056<br />

www.castellosansano.com - info@castellosansano.com<br />

Fattoria Santo Stefano – Drugo Chianti<br />

Classico 2001 Docg<br />

Un signor Chianti Classico il Drugo, prodotto dai fratelli Bendinelli<br />

nella bella Fattoria Santo Stefano, alle porte di Greve in Chianti.<br />

Alla vista è rubino impenetrabile, limpido, decisamente consistente. Il<br />

naso rivela un primo impatto di mora, mirtilli, cliliegia nera matura,<br />

viola. Roteando si schiudono sentori intensi e complessi di goudron,<br />

vaniglia, spezie, note animali. Voluminoso al gusto e caldo. Buono<br />

l’equilibrio fra le parti in tutto il tragitto gustativo dove si manifestano<br />

tannini giustamente distribuiti. Di lunga persistenza il finale. Ritorna il<br />

frutto, accompagnato da liquirizia. In sintesi un vino di spessore che<br />

esprime al meglio la valenza del terroir da cui proviene.<br />

Fattoria Santo Stefano<br />

Via di Collegalle 3 Greve in Chianti (Fi)<br />

Tel./Fax 055 8572298<br />

info@fattoriasantostefano.it - www.fattoriasantostefano.it


locomotiva per un rilancio<br />

economico e turistico di qualità.<br />

Auspichiamo quindi che produttori e<br />

consorzi si assumano una<br />

responsabilità precisa: governare la<br />

svolta. Grazie a prodotti davvero di<br />

territorio e grazie a una<br />

comunicazione solida ed efficace.<br />

Resistendo a tentazioni di comodo<br />

(uso eccessivo di vitigni alloctoni o<br />

barriccamenti spudorati, tanti per<br />

Chianti Rufina Riserva 2000 Docg<br />

Tutto ciò che vorreste da un vero vino toscano lo ritrovate degustando il<br />

Chianti Rufina Riserva Travignoli, azienda storica dell’area rufinese, già<br />

presente in documenti risalenti addirittura all’XI secolo. Caratterizzano<br />

questa Riserva elementi come potenza, eleganza, intensità e persistenza<br />

retrolfattiva. E ancora: armonia e vellutato equilibrio. La Riserva si<br />

presenta di un rubino concentrato, con unghia virata sul granato. Il<br />

vantaglio olfattivo spazia dalla prugna alla ciliegia matura, evidenziando<br />

note piacevolmente erbacee. L’analisi gustativa conferma la personalità<br />

del vino e fa intravedere quella longevità che possiedono i grandi Chianti<br />

Rufina. Da provare in particolare con arrosti e brasati.<br />

Az. Agr. Travignoli<br />

Via Travignoli 78 Pelago (Fi)<br />

Tel./Fax 055 8361098<br />

info@travignoli.com - www.travignoli.com<br />

Triacca – La Palaia Chianti Classico 2001 Docg<br />

La Madonnina è una splendida azienda nel cuore del Chianti Classico in cui si coltivano<br />

sangiovese, cabernet e merlot. La Palaia proviene dall’omonima vigna, con esposizione<br />

e microclima favorevolissimi.<br />

Questo Chianti Classico si distingue per carattere e signorile personalità. Veste profondamente<br />

rubina, notevole consistenza evidenziata da archetti fitti e regolari sulle pareti<br />

del calice. Molto interessante il ventaglio olfattivo: frutta matura quale ciliegia, mora,<br />

melograno; fiori, in particolare viola e giaggiolo; cenni speziati e contrappunti di liquirizia.<br />

In bocca si mantiene logico e unito, mostrando equilibrio fra alcol e acidità, con tannini<br />

sapienetemente distribuiti. Struttura ed eleganza sono confermati da un finale lungo e<br />

piacevole, con ritorno del frutto e della liquirizia. Da degustare con arrosti importanti e<br />

carni alla brace.<br />

Casa Vinicola Triacca – Tenuta La Madonnina<br />

Via Palaia 39 Chiocchio (Fi)<br />

Tel. 055 858003 – Fax 055 8588972<br />

info@triacca.com - www.triacca.com<br />

citare due esempi) e guardando con<br />

rispetto, ma senza timore, a<br />

California, Cile e Australia.<br />

L’anno che sta arrivando fra un anno<br />

passerà, cantava Dalla in un suo<br />

famoso brano. Speriamo di essere qui<br />

a raccontare che qualcosa è<br />

(finalmente) cambiato, in materia di<br />

sostenibilità del vino. Buone feste a<br />

tutti!<br />

45


46<br />

Olio nuovo,<br />

sapore antico<br />

Il sensibile calo<br />

della produzione<br />

non intacca la qualità<br />

dell’extravergine<br />

toscano<br />

Mandata in<br />

archivio una<br />

delle stagioni più<br />

proficue, sia dal<br />

punto di vista<br />

qualitativo, sia<br />

quantitativo, il mondo<br />

toscano dell’olio può<br />

comunque sorridere. In ognuna delle<br />

aree di produzione si registra una<br />

sensibile diminuzione del prodotto,<br />

ma non mancano le note liete. L’olio<br />

prodotto quest’anno nelle terre del<br />

Consorzio del Chianti Classico, ad<br />

esempio, avrà una caratteristica molto<br />

particolare: rispecchierà alla lettera i<br />

dettami del disciplinare che gli vale la<br />

Dop. «Non è sempre scontato –<br />

evidenzia con soddisfazione<br />

Fiammetta Nizzigrifi, referente del<br />

Consorzio –. Quando uno o due<br />

prodotti tipici non allegano<br />

contemporaneamente sul territorio<br />

possono verificarsi scostamenti anche<br />

sensibili dal riferimento: quest’anno<br />

no, raggiungeremo quasi la<br />

perfezione». E così avremo il colore


tipicamente verde dorato, l’aroma<br />

moderatamente piccante e<br />

quell’amaro «gambo di carciofo» che<br />

lo caratterizza nella sua purezza.<br />

Buone notizie dunque, a<br />

fronte di quelle meno rosee<br />

in fatto di produzione, anche<br />

se quel 40% di quantità in<br />

meno sbandierato dai più<br />

non sta di casa nelle terre<br />

del Consorzio.<br />

«Assolutamente no – afferma<br />

Nizzigrifi –. C’è una diminuzione<br />

fisiologica del prodotto che deriva da<br />

più fattori, che dovrebbe attestarsi<br />

attorno al 20-25%, non di più».<br />

Qualche chilometro più a sud, nel<br />

territorio della Dop Terre di Siena, la<br />

situazione è anche migliore. «La<br />

quantità in tutto il territorio, che<br />

Badia a Coltibuono – Albereto e Campo Corto<br />

Extravergini d’Oliva da agricoltura biologica<br />

Badia a Coltibuono si distingue per una gamma di vini d’eccellenza ma anche per<br />

una selezione di Extravergini d’Oliva di qualità assoluta. Albereto è prodotto<br />

senza filtrazione in quantità molto limitata, con varietà frantoio, pendolino, leccino<br />

e una piccola parte di moraiolo e maurino. Il colore è verde smeraldo, i profumi<br />

rimandano a belle trame erbacee con note di asparago, dragoncello, salvia.<br />

Intenso il gusto con tipica nota piccante.<br />

Campo Corto è ottenuto solo da varietà frantoio, la più tipica della zona. Alla<br />

vista appare di un verde intenso, con note olfattive che rimandano a carciofo ed<br />

erbe aromatiche. Il sapore è di forte personalità, con nota giustamente pizzichina.<br />

Anche Campo Corto non subisce filtrazioni al fine di mantenere intatte le sue<br />

doti organolettiche.<br />

Entrambi gli oli provengono da agricoltura biologica.<br />

Badia a Coltibuono<br />

Gaiole in Chianti (Si)<br />

Tel. 0577 74481 – Fax 0577 749235<br />

info@coltibuono.com<br />

www.coltibuono.com<br />

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48<br />

presenta una situazione a pelle di<br />

leopardo, è presumibile si attesti a<br />

circa il 25-30% rispetto all’anno<br />

scorso – spiega Gyanina Bursi del<br />

Consorzio –. Diverso il discorso per la<br />

quantità certificata che, grazie ad una<br />

sempre maggiore convinzione dei<br />

produttori, anche quest’anno supererà<br />

il proprio record precedente». Non<br />

male rispetto ad una stagione, il<br />

Carpineto – Gli Oli degli Appodiati<br />

Castelvecchio – Olio Extravergine di Oliva<br />

2004, definita ineguagliabile.<br />

«Certamente l’annata 2004 è stata<br />

eccezionale per quantità e qualità –<br />

conferma Bursi –. Nel 2005 avremo<br />

oli molto buoni, dai profumi<br />

armonici, dal gusto poco piccante,<br />

piuttosto dolce, morbido ed<br />

avvolgente. Oli che saranno già<br />

gradevolissimi in immediata gioventù<br />

e che avranno uno spettro di<br />

Oltre che per i suoi famosi vini, Carpineto si fa apprezzzare per una linea di oli di tutto rispetto: gli Oli degli<br />

Appodiati.<br />

L’Appodiato di Gaville Oliveto Sillano è prodotto con olive provenienti nell’alto Valdarno, con varietà<br />

Frantoio, Leccino, Pendolino e Moraiolo. Il colore è verde intenso con bouquet speziato e finale lungo e<br />

persistente. Buono con bruschette, carpacci e pinzimoni.<br />

L’Appodiato di Chianciano e Montepulciano Oliveto delle Simbarde proviene dalla zona di Montepulciano.<br />

Stesse varietà dell’Oliveto Sillano, ma con diversa percentuale di blend. Il colore è verde con delicati<br />

profumi speziati. Si abbina con pane e formaggi freschi, carni alla griglia e zuppe.<br />

L’Appodiato di Gavorrano Oliveto Il Piccolo proviene dagli oliveti di Maremma. Anche questo è un olio di<br />

grande personalità (stesse cultivar dei due oli precedenti, con netta prevalenza della cultivar frantoio). Al<br />

naso ricorda belle note di erba fresca appena tagliata. Si accompagna a pasta, pomodori e ribollita.<br />

Carpineto<br />

Loc. Dudda – Greve in Chianti (Fi)<br />

Tel. 055 8549062 – Fax 055 8549001<br />

info@carpineto.com - www.carpineto.com<br />

L’olio Extravergine di Oliva dell’azienda Castelvecchio nasce da oliveti specializzati in zona San Casciano<br />

a 250 metri di altezza con esposizione sud est. È ottenuto con metodo tradizionale utilizzando le varietà<br />

moraiolo, frantoio, leccino e correggiolo. Le olive vengono raccolte a mano e portate entro le 24 ore al<br />

frantoio dove, per ottenere una acidità bassa, vengono spremute rigorosamente a freddo. Per mantenere<br />

intatte le caratteristiche di genuinità non viene filtrato.<br />

A livello organolettico si possono ammirare belle e luminose tonalità verde oro. I profumi rimandano a note<br />

fruttate, a erba tagliata, a sentori floreali. Vivo in bocca con giusta nota piccante. Da provare con insalate,<br />

pinzimoni, fagioli e una toscanissima fettunta!<br />

Azienda Agricola Castelvecchio<br />

Via Certaldese 30<br />

San Casciano V.P. (Fi)<br />

Tel./Fax 055 8248032<br />

info@castelvecchio.it<br />

www.castelvecchio.it


utilizzazioni molto ampio. I<br />

produttori più avveduti, seguendo la<br />

loro sapienza e anche i suggerimenti<br />

del Consorzio, che hanno anticipato i<br />

tempi di raccolta saranno premiati da<br />

una qualità superiore alla media».<br />

Nella più giovane delle Dop,<br />

l’Extravergine di Lucca, si attende con<br />

ansia il bilancio finale di quella che<br />

sarà la prima raccolta certificata.<br />

Fattoria Cigliano – Olio Extravergine d’Oliva<br />

Una parte significativa della produzione della Fattoria Cigliano è data dall’Olio Extravergine di Oliva,<br />

ottenuto dalle varietà frantoio (75%), moraiolo (15%), leccino (10%). L’esame organolettico fa rilevare un<br />

colore verde intenso con bei riflessi giallo oro. I profumi rimandano a sentori netti e persistenti di oliva con<br />

contrappunti erbacei molto gradevoli. Al gusto si mostra fruttato e leggermente piccante con retrogusto<br />

di carciofo.<br />

Un Extravergine di pregio che trova felice abbinamento a crudo su zuppe, legumi, bruschetta e pinzimonio.<br />

In cottura è particolarmente adatto per brasati, arrosti e ragù.<br />

Fattoria Cigliano<br />

Via Cigliano 17<br />

San Casciano Val di Pesa (Fi)<br />

Tel. 055 820033 – Fax 055 8290719<br />

fattoriacigliano@libero.it<br />

Fattoria Castellina – Monovarietali Extravergini d’Oliva<br />

La Fattoria Castellina presenta una galleria di monocultivar non filtrati di statura notevolissima,<br />

ottenuti da olive raccolte a mano e frante in giornata per mantenere intatte le qualità organolettiche<br />

e l’artigianalità delle lavorazioni. Sei varietà di olive, prodotte nella versioni denocciolate e non.<br />

Ciascun olio con doti organolettiche uniche. Colori che spaziano dal verde intenso al giallo oro;<br />

profumi che rimandano ora alla mela, ora alla mandorla, passando per note erbacee e vegetali; gusto<br />

ora morbido, ora saporito, ora piacevolmente amaro.<br />

Insomma una collezione capace di incuriosire e soddisfare i gourmet più esigenti. Gli chef e i<br />

professionisti del settore potranno poi usare questi monocultivar per abbinamenti classici o per<br />

accostamenti più azzardati. Da provare, monocultivar dopo monocultivar...<br />

Fattoria Castellina<br />

Via Palandri 27<br />

Capraia e Limite<br />

Tel./Fax 0571 57631<br />

info@fattoriacastellina.com<br />

www.fattoriacastellina.com<br />

49


50<br />

«Fare raffronti con il passato per<br />

noi non è semplice – spiega<br />

Fabio Tognetti, del Consorzio<br />

di Tutela della Dop lucchese –.<br />

Essendo il nostro primo anno<br />

come Dop questa sarà una<br />

stagione di riferimento». Nel<br />

complesso, tuttavia, anche<br />

nella Toscana di ponente il giudizio<br />

complessivo è molto buono. «Non<br />

La Querce<br />

sarà una stagione eccelsa –<br />

prosegue Tognetti –. D’altra parte<br />

tradisce il paragone con il 2004<br />

quando qui a Lucca abbiamo<br />

registrato la più grande raccolta<br />

dell’ultimo decennio, ma sarà<br />

comunque buona. La piovosità<br />

estiva ha inciso in maniera<br />

positiva e il prodotto sarà morbido<br />

come nella migliore tradizione<br />

Giachi – Primolio Olio Extravergine di Oliva<br />

L’azienda della Famiglia Giachi è ubicata sulle colline di Mercatale Val di Pesa e da generazioni si<br />

occupa della produzione e commercio dell’Olio Extravergine di Oliva di qualità, con una filosofia<br />

orientata a un giusto rapporto qualità/prezzo.<br />

Primolio si ottiene da cultivar frantoio, moraiolo, leccino, maurino e pendolino, raccolte a mano<br />

nella prima decade di novembre e subito frante con lavorazione a freddo. È un olio di bassissima<br />

acidità con ottima resa gustativa. Viene conservato in locali freschi e filtrati a cotone idrofilo prima<br />

di essere commercializzato.<br />

Il colore è verde intenso e i profumi rimandano a note fruttate e sentori di carciofo. Molto buono<br />

l’equilibrio gustativo, caratterizzato dalla tipica nota piccante sul finale. Da provare con zuppe,<br />

insalate, piatti della cucina toscana.<br />

Giachi<br />

Via Campoli 31<br />

Mercatale Val di Pesa (Fi)<br />

Tel. 055 821082 – Fax 055 8218113<br />

info@giachioleari.it – www.giachioleari.it<br />

Questo prestigioso Extravergine d’Oliva nasce sulle belle colline del comune d’Impruneta. La<br />

varietà delle olive è data da frantoio (circa 30%), leccino (circa 30%), moraiolo (circa 30%),<br />

pendolino, Madonna dell’Impruneta ed altre varietà (circa 10%). La raccolta inizia a novembre e il<br />

processo di estrazione avviene in frantoio a ciclo continuo con frangitore, gramole, decanter e<br />

separatore tutto a basse temperature. Quindi si ha una decantazione naturale in orci di terracotta,<br />

con travasi bimestrali, nessuna filtratura.<br />

Le note organolettiche rimandano a colore verde opalescente, che tende al giallo limpido con il<br />

tempo, all’olfatto si apre elegante e intenso, ricco di note vegetali di erba fresca e sentori<br />

armonici di carciofo. Al gusto è deciso e di personalità, fruttato con toni amaro-piccanti intensi e<br />

ben espressi. Ottimo con ribollita, carni rosse alla griglia, fagioli e pinzimoni.<br />

La Querce di Massimo Marchi e C. s.a.s.<br />

Via Imprunetana per Tavarnuzze, 41<br />

Impruneta (Fi)<br />

Tel./Fax 055 2011380<br />

laquerce@inwind.it<br />

www.laquerce.com


locale». E i prezzi? Nessuna<br />

impennata, ma qualche aumento è<br />

previsto. «Un rincaro dei prezzi è<br />

nell’ordine delle cose – conclude<br />

Gyanina Bursi del Consorzio Terre di<br />

Siena – ma dipende solo in parte<br />

dalla scarsa quantità. Soprattutto<br />

incidono i costi di produzione che<br />

nell’ultimo anno sono aumentati in<br />

modo preoccupante. Non saprei dire<br />

Travignoli – Laudemio Olio Extra Vergine d’Oliva<br />

Olio di oliva di categoria superiore ottenuto unicamente tramite procedimenti meccanici. La<br />

spiccata personalità di Laudemio è legata a caratteristiche quali: ubicazione degli oliveti in zone<br />

ad alta vocazione; selezione delle varietà tipiche toscane; coltivazione, raccolta e frangitura nel<br />

rispetto del regolamento di produzione.<br />

Tutto questo fa sì che si ottenga un Extravergine dal colore verde molto intenso con evidenti<br />

bagliori dorati. Al naso si percepiscono note di carciofo, mela, foglia di pomodoro, contrappunti<br />

erbacei e vegetali. Tipica la piccantezza gustativa. Adatto ad accompagnare le pietanza tipiche<br />

della cucina toscana.<br />

Az. Agr. Travignoli<br />

Via Travignoli 78<br />

Pelago (Fi)<br />

Tel./Fax 055 8361098<br />

info@travignoli.com<br />

www.travignoli.com<br />

Villa Cerna – Chianti Classico Dop Olio<br />

Villa Cerna ha oliveti di tipo specializzato dove si coltivano le varietà Frantoio, Leccino, Correggio e<br />

Moraiolo.<br />

Subito dopo la raccolta avviene la frangitura alla quale segue l’estrazione a bassa pressione e temperatura.<br />

L’olio è conservato nell’oleario dell’azienda dove si effettua anche la filtrazione prima dell’imbottigliamento.<br />

Il risultato? Un extravergine dal colore verde intenso, con profumi gradevoli di erbaceo e vegetale. In bocca<br />

è morbido e fluido, con nota fruttata e piccante in chiusura. L’impiego migliore è a crudo su zuppe, ortaggi<br />

e legumi.<br />

Az. Agr. Villa Cerna<br />

Loc. Cerna<br />

Castellina in Chianti (Si)<br />

Tel. 0577 54311 – Fax 0577 543150<br />

info@villacerna.it<br />

www.villacerna.it<br />

la misura del rincaro relativo agli oli<br />

extra vergini, per la DOP Terre di<br />

Siena ci attesteremo intorno ad un<br />

10%».<br />

Una stagione che si preannuncia<br />

dunque complessivamente positiva<br />

per l’oro verde toscano, nonostante<br />

il calo della produzione che<br />

comunque non va a discapito della<br />

qualità.<br />

51


Speciale cioccolato<br />

Un pieno<br />

di energia<br />

Appuntamento a Firenze<br />

con la Fiera del<br />

cioccolato artigianale<br />

E dopo le feste natalizie ancora buone<br />

notizie per i golosi: la Fiera del cioccolato artigianale<br />

(www.fieradelcioccolato.it). Dal 20 al 29 gennaio<br />

2006 il cibo del buonumore, prodotto solo da<br />

artigiani esperti, è protagonista per la seconda volta<br />

al Saschall di Firenze.<br />

Considerato da sempre un alimento ricco di virtù,<br />

compresi i valori mistici e religiosi attribuiti dagli<br />

atzechi (denominato, non per niente, “il cibo degli<br />

dei”), oggi il cioccolato sta ottenendo in Italia un<br />

gran successo. Si registra infatti, in questi ultimi<br />

anni, un mercato delle tavolette di cioccolato in<br />

crescita, anche se siamo lontani ancora da paesi<br />

come il Belgio. In questo settore, la Toscana occupa<br />

il secondo posto in Italia per produzione di cioccolato<br />

artigianale. Varie sono poi le iniziative, gli<br />

accostamenti, l’impiego addirittura del cioccolato in<br />

alcune terapie utilizzate nella cura del corpo e del<br />

benessere fisico, che contribuiscono a valorizzare<br />

questo prodotto.<br />

Alla Fiera del cioccolato fiorentina si punta in<br />

particolare sulla lavorazione artigianale, riservata al<br />

prodotto ottenuto con esclusivo utilizzo di cacao in<br />

fave, in granella ed in pasta di cacao, e non su<br />

quella industriale a larga scala. Gli eventi collaterali<br />

che verranno organizzati si inseriscono in questo<br />

contesto, dove si riconosce a Firenze una posizione<br />

centrale all’interno della “Tuscan Chocolate Valley”,<br />

per dirla all’inglese, il distretto caratterizzato dalla<br />

52<br />

Cioccolato o cacao?<br />

Due nomi per tanta bontà: entrambi derivano,<br />

come è facile intuire, dalle lingue precolombiane.<br />

“Cioccolato” viene dall’azteco chocolatl, attraverso lo<br />

spagnolo chocolate (dal quale deriva anche la<br />

variante italiana, un po’ arcaica, “cioccolatte”:<br />

reinterpretazione più che logica di una semplice<br />

assonanza fonetica, dal momento che effettivamente<br />

il cioccolato viene spesso mescolato o sciolto nel<br />

latte). Narra la leggenda che fu il dio azteco<br />

Quetzalcoàtl (il Serpente Piumato) a donare ai<br />

mortali il cacao, dai cui semi sarebbe stato possibile<br />

preparare una bevanda amara e piccante, energetica<br />

ed afrodisiaca. Un dono che doveva ricordare<br />

agli uomini il sacrificio di una bellissima principessa,<br />

che preferì la morte piuttosto che rivelare ai nemici<br />

il nascondiglio dei tesori del suo sposo; fu uccisa e<br />

dal suo sangue nacque la pianta del cacao, il cui<br />

produzione artigianale e di qualità del cioccolato.<br />

Nella Chocolate Valley, che si estende da Prato a<br />

Pisa, attraversando Montopoli, Monsummano<br />

Terme e Agliana, si concentrano cioccolatieri di<br />

fama internazionale che seguono l’intero processo<br />

di produzione sperimentando abbinamenti<br />

innovativi e nuove proposte meno ricche di grassi.<br />

Percorrendo questa “Via del cioccolato” si giunge<br />

alla golosa kermesse fiorentina con la presenza di<br />

una trentina di cioccolatieri che esporranno i loro<br />

prodotti esclusivamente a base di cacao. Fra le<br />

prelibatezze, si distingueranno quelle provenienti<br />

da Torino, Macerata, Roma, Cosenza, Ferrara,


frutto nasconde infatti un “tesoro”: semi amari<br />

come le pene d’amore e rossastri come il sangue.<br />

Per questo motivo, il cioccolato viene spesso<br />

chiamato “cibo degli dei” – una definizione che si<br />

ritrova anche nella denominazione scientifica della<br />

pianta, coniata dal botanico svedese Linneo, di<br />

Theobroma Cacao (“Theobroma” significa in<br />

greco “cibo degli dei” e “cacao” deriva da<br />

cacahuatl, una variante di chocolatl).<br />

Modica, nota per il cioccolato ottenuto senza<br />

l’aggiunta di burro di cacao e aromatizzato al<br />

peperoncino. Tra i partecipanti più noti della<br />

Toscana si hanno Simone De Castro, Paul De Bondt,<br />

Roberto Catinari da Agliana, e la storica cioccolateria<br />

Hemingway con i prodotti di Slitti e Mannori.<br />

Verranno proposte ricette personali con accostamenti<br />

di sapori stravaganti, come le tavolette<br />

abbinate alla birra secondo l’Offelleria Rizzati di<br />

Ferrara o le praline con aromi di aperitivi di Chic e<br />

Shock di Volterra. In tema di pralineria sfilano anche<br />

i fiorentini Becagli, Boutique del cioccolato,<br />

Cioccolateria Urzi, Brotini da San Miniato, i pistoiesi<br />

Semi di storia<br />

Furono i Maya, intorno al 600 d.C., a creare la più<br />

antica piantagione di cacao; con il passare dei<br />

secoli, e soprattutto dopo l’invasione e la conquista<br />

dei Maya da parte degli Aztechi, il cacao divenne<br />

un prodotto sempre più pregiato, tanto che i suoi<br />

semi venivano usati come moneta di scambio.<br />

Curiosamente, quando Cristoforo Colombo al<br />

ritorno dalle Americhe portò in Europa i semi di<br />

cacao, questi non furono inizialmente apprezzati.<br />

Furono i “conquistadores” giunti nel 1519 sotto la<br />

guida di Hernán Cortés a rendersi conto del potere<br />

energetico della bevanda, che risultava però troppo<br />

amara per il palato europeo. Inizialmente, per<br />

smorzare il gusto amaro, gli spagnoli aggiungevano<br />

peperoncino e spezie piccanti, ma la vera “scoperta<br />

dell’acqua (o della cioccolata?) calda” si ebbe<br />

quando alcuni frati spagnoli iniziarono ad addolcirla<br />

con zucchero o vaniglia. Era l’inizio di una<br />

dolcissima “passione” che, dalla Spagna, si sarebbe<br />

diffusa nel corso del ‘600 in tutta Europa…<br />

Cioccolato & Co. A dar forma, gusto e colore ci<br />

penseranno gli empolesi Dolce Mente, Fallani, Gsp<br />

da Prato, e ancora le torte e il cioccolato con spezie<br />

del fiorentino Bianchini. Una novità dell’edizione di<br />

quest’anno sarà rappresentata dalle degustazioni di<br />

caffè che, grazie alla torrefazione Caffè Mokarico,<br />

faranno da abbinamento al cioccolato.<br />

Nel biglietto della fiera sono comprese alcune<br />

degustazioni al fianco dei maestri artigiani intenti a<br />

far conoscere l’“arte del cioccolato”. Alle dimostrazioni<br />

in diretta e all’esposizione di prodotti che si<br />

avvalgono del marchio “La qualità del Cioccolato<br />

artigianale”, si affiancheranno numerosi appuntamenti<br />

durante i dieci giorni di fiera, tra cui:<br />

Cioccol’amo2, un’occasione per far incontrare<br />

uomini e donne sul tema cioccolato, Cioko Park, il<br />

luna park al cioccolato e Lady Ciocolate, l’elezione<br />

della reginetta delle golosità. Atmosfere caraibiche<br />

e brasiliane verranno evocate dal “sambodromo”<br />

Maracanà, partnership della fiera. Insomma, è<br />

proprio il caso di dire una “fiera aperta a tutti”,<br />

perché il cioccolato non ha target sia per età che<br />

per sesso o ceto sociale, a cui si aggiunge un<br />

augurio di “buona salute”, dopo che è stato<br />

dimostrato che il cioccolato, grazie al fenolo che<br />

contiene, allunga la vita.<br />

53


I personaggi del gusto<br />

Un viaggio<br />

lungo un secolo<br />

Qualità e imprenditoria<br />

alla Tenuta Il Poggione<br />

Dietro ad ogni vicenda fortunata c’è spesso<br />

il caso, un buon racconto e l’intuito di chi<br />

sa cogliere al volo un’idea. Come dire:<br />

trovarsi al posto giusto nel momento giusto.<br />

Così, ascoltando le parole di un pastore, Lavinio<br />

Franceschi deve avere per un attimo immaginato il<br />

futuro. Paesaggi contadini e terra coltivata da<br />

uomini capaci. Forza e intelligenza che dal niente<br />

determinano il tutto, dando forma e regolarità a<br />

una materia ancora da sgrossare, ma potenzialmente<br />

straordinaria.<br />

Correvano gli ultimi anni dell’800. Il pastore<br />

raccontava di transumanze lungo il versante<br />

maremmano che da Montalcino portavano a<br />

Sant’Angelo. Lavinio Franceschi, proprietario<br />

terriero sulle colline di Scandicci, ascoltava,<br />

probabilmente in silenzio, sicuramente interessato<br />

a quelle parole.<br />

E di certo a Franceschi non mancava il coraggio.<br />

Perché decise di effettuare un sopralluogo,<br />

incurante dei pericoli a cui i viaggiatori erano<br />

allora sottoposti. Il sopralluogo non smentì il<br />

pastore, che aveva parlato di scenari maestosi, e<br />

convinse definitivamente Lavinio ad acquistare<br />

quei terreni. I Franceschi iscrivevano così il proprio<br />

nome nell’albo della Tenuta, accanto a quello dei<br />

Tolomei e dei Conti della Ciaia.<br />

Negli anni ‘50 la famiglia Franceschi, con l’allora<br />

titolare, il Commendatore Leopoldo, decise di<br />

54<br />

puntare con decisione su una viticoltura<br />

imperniata su tecniche e metodi moderni, abbandonando<br />

definitivamente certi retaggi di un’agricoltura<br />

ancora ferma ai tempi del Medioevo o<br />

quasi.<br />

Furono selezionati nuovi cloni di Sangiovese,<br />

impiantate nuove vigne, costruita una nuova<br />

cantina funzionale. In altri termini: tutto fu<br />

finalizzato alla produzione di vini di grande stoffa<br />

e personalità, rispettosi della tradizione di<br />

Montalcino.<br />

L’intuito di Lavinio Franceschi ha dato nel tempo i<br />

frutti sperati, gettando le basi per la costituzione di<br />

una delle migliori realtà vitivinicole toscane.<br />

Realtà dove impegno e passione non sono concetti<br />

di facciata, ma pratica quotidiana che si ritrova<br />

nella serietà dell’attività dello staff del Poggione, a<br />

cominciare dal Direttore Fabrizio Bindocci, e<br />

nell’eccellenza organolettica dei vini prodotti.<br />

I vigneti dell’azienda sono esposti a mezzogiorno,<br />

a un’altitudine compresa fra i 200 e i 400 metri di<br />

altezza, con una estensione di circa 120 ettari, di cui<br />

oltre la metà adibiti a Brunello.<br />

Oliveto, seminativo e bosco completano il quadro dei<br />

quasi 600 ettari lungo i quali si estende la Tenuta.<br />

Il principio su cui si basa il lavoro è chiaro: ricerca<br />

dell’innovazione attraverso la salvaguardia della<br />

tipicità, sintesi suprema fra ricerca e capacità di<br />

mantenere integre le doti del terroir.


Tutto questo si traduce in selezione delle uve,<br />

riduzione della produzione a favore della qualità,<br />

diradamento in vigna, concimazione organica.<br />

Ogni vendemmia è completamente manuale e la<br />

vinificazione avviene secondo gli standard più<br />

elevati. Si ottiene così uno stile enologico<br />

inconfondibile, dove l’eleganza si coniuga alla<br />

potenza del calice. Uno stile che si riverbera su<br />

tutto il ventaglio della produzione: Brunello,<br />

Brunello Riserva, Rosso di Montalcino fra le<br />

denominazioni di origine, San Leopoldo, Rosso fra<br />

gli Igt.<br />

Completano il quadro il Vin Santo e il Moscadello<br />

fra i vini da dessert, la Grappa di Brunello e l’Olio<br />

Extravergine di Oliva.<br />

Da oltre cento anni, dunque, il Poggione costitui-<br />

Tenuta il Poggione<br />

S. Angelo in Colle,<br />

Montalcino (Si)<br />

Tel. 0577 844029<br />

Fax 0577 844165<br />

info@ilpoggione.it<br />

www.tenutailpoggione.it<br />

sce un esempio felice di come capacità imprenditoriale<br />

e volontà possono dare risultati eccellenti<br />

nel pieno rispetto di storia e natura.<br />

Lavinio Franceschi probabilmente aveva immaginato<br />

tutto questo, accarezzando l’idea che il<br />

successo nasce dall’uomo e dalla sua opera. Ma<br />

anche lui rimarrebbe meravigliato nel vedere<br />

quanti passi avanti sono stati fatti negli anni. La<br />

nuova bellissima cantina appena ultimata, grande<br />

lezione di architettura ecocompatibile, è forse il<br />

punto massimo della concretizzazione di un sogno.<br />

O forse, conoscendo la tenacia dell’azienda, è una<br />

tappa verso il futuro. Futuro in cui Leopoldo<br />

Franceschi, attuale proprietario, ha dimostrato di<br />

credere fino in fondo, confortato dagli ottimi<br />

risultati che continua ad ottenere.<br />

55


I personaggi del gusto<br />

L’espresso<br />

di Firenze<br />

Mokaflor: tradizione<br />

e qualità dei caffè<br />

più pregiati<br />

È<br />

sicuramente una delle<br />

aziende leader nel mercato<br />

caffeicolo fiorentino e<br />

toscano: Mokaflor nasce prima della<br />

seconda guerra mondiale e diventa<br />

proprietà della famiglia Bernini nel<br />

1952. «Contiamo ad oggi oltre 500<br />

punti vendita», sottolinea Andrea<br />

Bernini, titolare dell’azienda che ha mantenuto<br />

fino ad oggi un’attenta e rigorosa gestione<br />

familiare.<br />

Il caffè verde è importato direttamente dai paesi<br />

di origine, in particolare Brasile, Colombia,<br />

Guatemala e India, e sempre dagli stessi<br />

produttori, che assicurano un elevato livello e<br />

56<br />

continuità qualitativa.<br />

Dall’importazione fino alla<br />

confezionatura, ogni fase di<br />

lavorazione è gestita e controllata<br />

con professionalità, esperienza e<br />

macchinari all’avanguardia. La<br />

torrefazione “a tostatura separata”<br />

garantisce ad ogni tipo di caffè il suo<br />

punto di cottura ideale, mentre le miscele<br />

vengono selezionate, preparate e fatte<br />

“stagionare” in modo da garantirne l’assoluta<br />

pulizia e l’omogeneità.<br />

Espresso: è un metodo di preparazione<br />

del caffè nato per ovviare alla lentezza o<br />

alla perdita di aromi dell’infuso già caldo,<br />

accelerando il passaggio dell’acqua<br />

attraverso la dose di caffè macinato<br />

attraverso di una maggiore pressione.<br />

Moka: è una qualità di caffè molto<br />

pregiata proveniente dalla città di Moca,<br />

nello Yemen. Per estensione, il termine è passato ad indicare il caffè espresso e<br />

anche la macchinetta usata per la preparazione domestica dell’espresso.


La produzione Mokaflor si rivolge al mercato<br />

extradomestico ho.re.ca. ed al consumo<br />

casalingo con miscele di caffè per macchina<br />

espresso. «Da circa sette anni – continua Bernini<br />

– abbiamo sviluppato, in coincidenza con<br />

l’apertura dei coffeeshop Chiaroscuro, una linea<br />

di prodotto estremamente specializzata, offrendo<br />

in purezza i migliori caffè del mondo, oltre a<br />

ricercatezze come il<br />

decaffeinato con il<br />

procedimento<br />

Swiss water, i caffè<br />

aromatizzati, o i<br />

prodotti dolciari al<br />

gusto di caffè».<br />

Torrefazione Mokaflor Srl<br />

Via delle Torri 55<br />

50142 Firenze<br />

Tel. 055 7321518<br />

Fax 055 7321719<br />

info@mokaflor.it<br />

www.mokaflor.it<br />

I segreti dell’espresso<br />

La preparazione di un espresso è un vero<br />

e proprio rituale in cui arte e scienza si<br />

combinano. E come ogni rituale ha le sue<br />

regole: in particolare, occorre una miscela<br />

composta in grande percentuale di caffè<br />

arabica (in grado di garantire un gusto<br />

armonico ed equilibrato) e una<br />

macinatura adeguata al momento. La<br />

macchina deve essere in grado di<br />

riscaldare l’acqua fino a 90°C ed<br />

esercitare una pressione di 9 atmosfere,<br />

e deve continuamente essere curata e<br />

pulita. L’espresso, infine, si consuma in<br />

tazzina piccola (di capacità di circa 40/50<br />

ml), conica, per non disperdere la crema<br />

e convogliare l’aroma verso il naso, di<br />

ceramica, materiale che garantisce la<br />

resistenza al calore e insieme una<br />

piacevole sensazione al contatto con le<br />

labbra.<br />

Mille e un caffè<br />

I caffè più pregiati sono quelli della varietà arabica e specialmente quelli coltivati in<br />

altura (800-1.200 mt), che sviluppano una aromaticità molto fine con gusti che sanno<br />

di vaniglia (Costarica), cioccolato (Guatemala) o fiori (Etiopia), con un corpo leggero e<br />

poca cremosità. Sono caffè molto adatti per la preparazione che viene chiamata<br />

“percolazione” (ossia un procedimento che consiste nel far passare l’acqua a caduta sul<br />

macinato). Come controindicazione sviluppano un’alta acidità, che nella preparazione<br />

“espresso” non è molto apprezzata. Il caffè espresso ama infatti i caffè arabica naturali<br />

con forte corpo e crema spessa, mentre gli arabica lavati di cui sopra servono per dare<br />

ricchezza alla miscela.<br />

57


I personaggi del gusto<br />

Una scuola<br />

tutta speciale<br />

All’Istituto Apicius di Firenze<br />

si imparano la cucina<br />

e la convivenza fra culture<br />

Èil 1996 quando Gabriella Ganugi, architetto<br />

fiorentino all’epoca direttrice di una delle<br />

più prestigiose scuole di lingua e di arte<br />

della città di Firenze, decide di fondare nel<br />

capoluogo toscano l’Istituto internazionale<br />

alberghiero Apicius. Il suo amore per la cucina e<br />

per il gusto in genere la portano poi a concentrare<br />

tutta il suo genio creativo sul progetto Apicius.<br />

«Ad oggi – sottolinea orgogliosamente Gabriella<br />

Ganugi – il nostro Istituto è una delle poche realtà<br />

italiane che può offrire programmi accademici<br />

accreditati anche all’estero nel settore delle arti<br />

culinarie e dell’ospitalità. La nostra missione<br />

principale è quella di insegnare ai nostri studenti<br />

l’importanza della vera cucina italiana. Attraverso<br />

i corsi vogliamo infatti far capire il senso e il ruolo<br />

che il nostro cibo ha nella cultura e nella società<br />

del nostro bel paese».<br />

La scuola attualmente ha due sedi collocate<br />

entrambe nel centro storico di Firenze. In via<br />

Guelfa 85 sono ubicate tutte le aule tecniche<br />

composte da 5 cucine professionali, un laboratorio<br />

di pasticceria, una zona ristorante che può ospitare<br />

fino a 50 persone, 6 postazioni internet. In via S.<br />

Gallo si trovano un’aula per degustazioni<br />

professionali di vino, un laboratorio fotografico, la<br />

biblioteca, 3 aule didattiche, gli uffici e 12<br />

postazioni internet. Per l’inizio del nuovo anno,<br />

inoltre, è prevista l’inaugurazione di una nuova<br />

sede sempre in via Guelfa, che vedrà la<br />

realizzazione di due altre cucine professionali e<br />

58<br />

Apicius<br />

via Guelfa, 85<br />

50129 Firenze<br />

Tel. 055 2658135<br />

Fax 055 2656689<br />

www.apicius.it<br />

info@apicius.it<br />

due aule demo dotate delle più moderne<br />

tecnologie. Scuola di cucina, ma anche di vita e di<br />

convivenza fra culture: «L’atmosfera che si può<br />

respirare all’interno di un istituto internazionale –<br />

racconta Gabriella – è qualcosa di unico e<br />

irripetibile. Ogni giorno studenti che provengono<br />

da tutto il mondo esprimono, attraverso il loro<br />

amore per il cibo ed il vino, tradizioni culturali<br />

diverse, ma allo stesso tempo unite da una<br />

passione comune. Una passione che si esprime poi<br />

al massimo quando gli allievi devono ideare,<br />

preparare e coordinare l’esame finale del corso<br />

(restaurant simulation) o quando sono chiamati a<br />

partecipare alla realizzazione di eventi speciali che<br />

Apicius organizza in tutto il mondo, come quello di<br />

New York, dove il nostro istituto è stato chiamato a<br />

rappresentare la cucina italiana con una<br />

prestigiosa cena di gala presso la James Beard<br />

Foundation, associazione tra le più importanti negli<br />

Stati Uniti per la divulgazione dell’enogastronomia<br />

nel mondo, e dalla quale sono passati i più<br />

importanti chefs mondiali come Nobu». Ma Apicius<br />

si rivolge anche ai fiorentini appassionati di cucina:<br />

tutti i programmi (sia professionali che amatoriali)<br />

sono ovviamente aperti anche ai cittadini. Inoltre,<br />

per permettere a più persone possibile di<br />

coniugare la passione per la cucina con il tempo<br />

libero troppo spesso scarso, Apicius insieme alla<br />

condotta fiorentina di Slow Food realizza presso le<br />

proprie sedi dei veri e propri percorsi intorno al<br />

gusto, riferiti a tematiche specifiche.


I corsi di Apicius<br />

I programmi offerti da Apicius tendono<br />

a sviluppare le attitudini ed il potenziale<br />

di ogni singolo studente, preparandolo<br />

ad una carriera professionale da poter<br />

sviluppare nei più diversi campi di<br />

applicazione nel mondo della<br />

ristorazione, dell’ospitalità e<br />

dell’industria alimentare in genere.<br />

I corsi professionali sono:<br />

● Arti culinarie<br />

● Master in cucina italiana<br />

● Hospitality Management<br />

● Vini<br />

● Pasticceria e prodotti da forno<br />

● Design e Marketing per l’industria<br />

alimentare<br />

● La Bella Tavola: produzione artistica per<br />

l’industria alimentare.<br />

I corsi sono offerti su base semestrale e<br />

sono della durata di un anno ad<br />

eccezione del programma in Arti<br />

culinarie che è biennale. Durante<br />

l’estate vengono offerte sessioni<br />

intensive nei mesi di giugno e luglio. Gli<br />

studenti possono anche iscriversi ad un<br />

singolo semestre, al termine del quale<br />

riceveranno un certificato di frequenza.<br />

Quelli che invece porteranno a termine<br />

il programma intero potranno diplomarsi<br />

in arti culinarie. Apicius offre inoltre un<br />

vasto e modulabile programma di corsi<br />

non-professionali, tenuti dagli stessi<br />

insegnanti, e che possano variare nella<br />

durata.<br />

59


Colazione<br />

Pranzo<br />

Il passeggero<br />

via Alberica 1, Massa. Tel. 0585 489651.<br />

Aperto a pranzo, venerdì e sabato anche sera.<br />

Chiuso la domenica.<br />

Quasi all’angolo con la splendida piazza degli Aranci, il<br />

locale rinnovato e abbellito con tocchi di arte ultracontemporanea<br />

non tradisce affatto l’impronta della vecchia<br />

e calda trattoria degli anni passati. Tradizione e modernità<br />

quindi anche nell’offerta dei piatti di terra e di mare<br />

e in quella dei vini.<br />

Caffe Ghiberti<br />

via della Mattonaia 2/l, Firenze. Tel. 055 2260556.<br />

Chiuso la domenica.<br />

In una delle piazze più nuove di Firenze (quella antistante<br />

il mercato di Sant’Ambrogio) un locale dall’arredamento<br />

caldo e accogliente aperto (da poche settimane)<br />

dalle colazioni all’apericena, ma che dà il meglio<br />

all’ora di pranzo: pochi piatti preparati espressamente,<br />

con un ottimo rapporto prezzo qualità (c’è un<br />

menù a 7 €), buoni vini al bicchiere, pasticceria<br />

sfornata sotto gli occhi dei clienti. Buon appetito.<br />

60<br />

Locali per un giorno<br />

Caffè Italia<br />

piazza Catilina 5, Cutigliano (PT). Tel. 0573 68000.<br />

Chiuso il mercoledì.<br />

Dalla prima colazione con lieviti alle marmellate fatte<br />

in casa alla pizza al taglio del pomeriggio, passando<br />

attraverso panini e focaccine da riempire con salumi e formaggi<br />

locali: un piccolo paradiso per golosi e buongustai.<br />

Giacosa<br />

via Tornabuoni, angolo via della Spada, Firenze.<br />

Tel. 055 2776328.<br />

Chiuso la domenica.<br />

Un secolo di attività che il passaggio sotto l’egida dello<br />

stilista Roberto Cavalli sembrava potesse impoverire; e<br />

invece poco o nulla è stato compromesso in quanto a<br />

qualità dei prodotti e del servizio, a cominciare dalle<br />

prime ore del mattino, con caffetteria, brioches e salati<br />

di gran livello.<br />

Spuntino<br />

La Formaggeria<br />

via dei Redi 12, Arezzo. Tel. 0575 403583.<br />

Chiuso la domenica, orario continuato.<br />

Un semplice negozio di formaggi e salumi è diventato un<br />

locale accogliente per la degustazione di formaggi artigianali,<br />

salumi spagnoli, prodotti ittici made in Norvegia,<br />

accompagnati da una settantina di etichette di vini<br />

e circa 20 tipi di tè in foglia. Gustoso.<br />

Casa del vino<br />

via dell’Ariento 16r, Firenze. Tel. 055 215609.<br />

Chiuso la domenica.<br />

Fiorentinità autentica nel quartiere di San Lorenzo in<br />

questo piccolo locale dove, accanto a vini di qualità a<br />

mescita, si può gustare una grande varietà di panini: con<br />

filetti d’acciuga, salsa verde e pecorino, con stracchino e<br />

salsiccia, con salumi ed altro ancora. I turisti restano a<br />

bocca aperta, finché non la riempiono di buone cose.


Aperitivo<br />

Tuscher Hall<br />

via Nazionale 43, Cortona (AR). Tel. 0575 62053.<br />

Chiuso il lunedì, orario continuato.<br />

Nel prestigioso palazzo Conti Ferretti, che ha ospitato<br />

personaggi illustri della storia della città, si preparano<br />

sfiziosi aperitivi e long drink. Caratterizzato da un arredamento<br />

elegante con design curato, il fusion bar rievoca<br />

l’atmosfera culturale dello storico circolo Benedetti<br />

che un tempo occupava questi spazi.<br />

Rewine<br />

via Calderaia 6, Lucca. Tel. 0583 48427.<br />

Chiuso la domenica.<br />

Le bollicine la fanno da padrone, e non solo in occasione<br />

dell’aperitivo, in questo bar del centro storico dal design<br />

modernissimo incastonato in architetture d’altri tempi.<br />

Ma anche una visita negli altri orari e per altre occasioni<br />

non lascia insoddisfatti.<br />

Cena<br />

Muzzicone<br />

piazza San Francesco 7, Castiglion Fiorentino (AR).<br />

Tel. 0575 658403. Chiuso il martedì, aperto a pranzo<br />

e cena, si consiglia di prenotare.<br />

A darvi il benvenuto alla sua maniera è il patron, Tullio,<br />

noto ristoratore castiglionese conosciuto come Muzzicone,<br />

con i suoi pantaloni a strisce bianche e blu e le sue<br />

grandi mani atte al taglio e cottura della carne alla<br />

griglia. Altre sue specialità: ombelichi di Muzzicone,<br />

come primo, e Robespierre, come secondo. Spesso la<br />

musica dal vivo allieta le serate.<br />

Pizza Man<br />

via Rocca Tedalda 411, Firenze. Tel. 055 691756.<br />

Chiuso la domenica mattina a pranzo e il lunedì.<br />

Siamo nella periferia sud del capoluogo toscano, in una<br />

veranda prefabbricata che non farebbe sperare in nulla<br />

di buono; invece il servizio è eccellente e, soprattutto,<br />

la pizza è una delle migliori della città: di<br />

tradizione napoletana, semplice, con pochi e essenziali<br />

ingredienti. Provare per credere, una sorpresa.<br />

Notte Notte<br />

Mastrodivino<br />

Viale Gramsci 4/r, Firenze. Tel. 055 245615.<br />

Aperto dalle 11 a all’1 di notte.<br />

Chiuso domenica e festivi.<br />

Tutto da scoprire questo accogliente e poliedrico locale,<br />

da poco inaugurato a due passi da Piazza Beccaria. Interni<br />

in legno ed ambiente elegante ed informale, con<br />

piatti caldi a rotazione giornaliera ad affiancare carpacci,<br />

salumi ed affettati, sia a pranzo che e a cena. Ottima<br />

idea aperitivo, con cocktails, tanti stuzzichini e vini al<br />

bicchiere da scegliere fra un centinaio di etichette da<br />

tutta Italia.<br />

Il quadrifoglio<br />

via Provinciale 2/4/6, Salita di Borgo a Mozzano (LU).<br />

Tel. 0583 833254. Chiuso il lunedì.<br />

Panini, spuntini, tramezzini, pani speciali in un bar tuttofare<br />

aperto dal mattino presto fino a tarda notte, dove è<br />

possibile trovare anche ottima caffetteria, buoni gelati,<br />

grandi vini e distillati. Tutto con grande cura nella scelta<br />

delle materie prime (attenzione alla pasticceria!).<br />

61


Sapori, aromi,<br />

tentazioni:<br />

Inferno<br />

e Paradiso<br />

vanno di scena<br />

in tavola<br />

Il sale affumicato è una delle<br />

ultime frontiere del gusto.<br />

Ottimo in cottura e nelle<br />

marinature, è particolarmente<br />

indicato per conferire alla<br />

carne un delicato sapore di<br />

legni pregiati (ad esempio ad<br />

un bel roast beef in crosta).<br />

Distribuito da Peck Spa, Via<br />

Spadari 9, Milano,<br />

www.peck.it.<br />

62<br />

Shopping<br />

Olivia Chierighini<br />

Il classico cous<br />

cous diventa<br />

infuocato:<br />

nella<br />

confezione,<br />

oltre alla<br />

semola, è già presente un mix<br />

di verdure disidratate<br />

(pomodoro, peperoncino, aglio,<br />

prezzemolo). Da Nuova Terra<br />

s.r.l. – Via della Galeotta, loc.<br />

Tei 6/c, 55011 Altopascio (LU),<br />

tel. 0583 216383,<br />

www.nuovaterrasrl.it. L’azienda<br />

ha uno spaccio aperto al<br />

pubblico.<br />

Si chiama Guanxì una bomba a<br />

base di pomodori secchi, salsa<br />

di peperone piccante, salsa di<br />

peperone dolce, olio di oliva,<br />

capperi e origano. Potete<br />

trovarla on-line nel sito<br />

www.stuzzicheriedicalabria.it,<br />

azienda che<br />

raccoglie sotto<br />

il proprio<br />

marchio i<br />

migliori<br />

prodotti tipici<br />

calabresi, fatti<br />

artigianalmente<br />

e selezionati con cura; oppure<br />

potete recarvi sul posto nel<br />

negozio Stuzzicherie Di<br />

Calabria, Via Nazionale 55,<br />

Guardia Piemontese (CS), tel.<br />

0982 90120.<br />

Frutto di antichi mari<br />

prosciugatisi da più di 200<br />

milioni di<br />

anni, il sale<br />

rosa<br />

Himalayen<br />

si è nutrito<br />

delle<br />

infiltrazioni<br />

minerali del<br />

magma che lo hanno arricchito<br />

di minerali e oligoelementi<br />

(calcio, ferro, magnesio e<br />

potassio). I cristalli puntinati di<br />

rosa sono identificativi della sua<br />

provenienza. Distribuito da<br />

U.O.P., Via Livorno 60, Torino.<br />

Una fame


Cosa c’è di più<br />

angelico nei<br />

nostri ricordi d’infanzia<br />

dell’eterna Torta Pane degli<br />

Angeli? Ecco gli ingredienti:<br />

150 g burro a temperatura<br />

ambiente, 150 g zucchero, 3<br />

uova, 1 busta di Vanillina<br />

Paneangeli, un pizzico di sale,<br />

150 g farina bianca, 200 g<br />

fecola di patate Paneangeli,<br />

una busta di lievito Pane<br />

degli Angeli. Per cospargere:<br />

zucchero al velo Paneangeli.<br />

I fagioli del Purgatorio sono<br />

un prodotto tipico del<br />

viterbese. Piccoli e bianchi,<br />

devono il loro nome all’usanza<br />

di consumarli durante il<br />

«pranzo delle ceneri».<br />

Azienda Agricola Marco<br />

Camilli, Onano, (VT),<br />

tel. 0763 78018.<br />

La crema d’aglio è uno dei<br />

prodotti tipici della cucina<br />

ligure, a base d’aglio, crema di<br />

carciofi e pinoli. Ottima questa<br />

dell’Artigiana Amadori S.r.l.,<br />

Via Ungaretti 6/L, Genova, tel.<br />

010 6671233.<br />

del diavolo<br />

Lavorate il burro a crema ed<br />

aggiungere gradatamente<br />

zucchero, uova, vanillina e<br />

sale. Impastate a cucchiaiate<br />

la farina<br />

setacciata<br />

con la fecola<br />

di patate ed<br />

il lievito.<br />

Versate<br />

l’impasto in<br />

uno stampo a<br />

cerchio apribile, col fondo<br />

foderato con carta da forno.<br />

Fate cuocere per 45-50 minuti<br />

nella parte inferiore del forno<br />

preriscaldato (elettrico e a<br />

gas: 175-200°C, ventilato:<br />

170-190°C). Cospargete la<br />

torta raffreddata di zucchero<br />

al velo. Tutti i prodotti sul sito<br />

www.paneangeli.it.<br />

Spezia africana dall’origine<br />

misteriosa, la nigella è<br />

chiamata anche seme del<br />

paradiso. Si utilizza per dare<br />

un sapore papato e un aroma<br />

leggermente floreale a brodi,<br />

pesce, marinate e salse.<br />

www.centrobotanico.it, P.za<br />

San Marco 1, Milano.<br />

63


Un focolare<br />

nella campagna<br />

veneta,<br />

fra le nebbie<br />

e gli aromi<br />

di una sontuosa<br />

polenta…<br />

64<br />

Una sera<br />

attorno al foghér<br />

Luigi Pittalis<br />

Il simbolo della coppia che vi<br />

vogliamo presentare questa<br />

volta si trova a pochi passi<br />

dall’ingresso di casa loro.<br />

Semplice e ben disegnato,<br />

attrae e si fa volentieri<br />

circondare dalle persone che<br />

spesso ampliano la già<br />

numerosa famiglia di Walter e<br />

Rosanna, di Sarmede (Tv).<br />

Certo non è un elemento<br />

esclusivo delle case di<br />

campagna venete, ma in<br />

questa regione la centralità<br />

che così spesso il calore del<br />

fuoco riesce a conquistare,<br />

ipnotizzando quasi, nel caso<br />

del foghér è cercata e<br />

sottolineata.<br />

Una zona continuamente<br />

curata, pulita e controllata da<br />

nonna Maria.<br />

Attorno al foghér si<br />

chiacchiera, si scherza, spesso<br />

si beve qualcosa e volentieri si<br />

cucina.<br />

Noi quella sera ci abbiamo<br />

visto stendere una delle più<br />

incredibili polente che ci sia<br />

capitato di assaggiare ma,<br />

soprattutto, di vedere.<br />

Quella sera abbiamo imparato<br />

che per fare certe cose non<br />

basta avere una buona cucina<br />

(e non intendiamo davvero uno<br />

di quei modelli ultramoderni<br />

con elettrodomestici ad<br />

incasso: in questo caso il tutto<br />

si è svolto grazie ad una<br />

robusta cucina economica, di<br />

quelle che ci si mette la legna<br />

dentro, alla quale Rosanna si<br />

appoggiava a stringere un<br />

rapporto quasi simbiotico) ma


Polenta con le lumache (in alto),<br />

radicchio al lardo (in basso<br />

occorre anche una buone dose<br />

di coraggio: incastrata nei<br />

cerchi della piastra, la pentola<br />

dove è stata messa a cuocere<br />

la farina sembrava il fumaiolo<br />

di una locomotiva a vapore.<br />

L’aria di tutta la cucina era<br />

satura dei suoi aromi, ma<br />

quando per noi sembrava<br />

giunto il momento di dare<br />

tregua alla gialla mistura, i<br />

nostri ospiti non esitarono a<br />

dire che eravamo solo<br />

all’inizio!<br />

La naturalezza con cui<br />

eseguono gesti antichi, portati<br />

come in questo caso a<br />

meravigliose, estreme<br />

conseguenze, ha fatto di<br />

Walter e Rosanna una coppia di<br />

riferimento nel mondo di<br />

Staseranonesco. In questo<br />

viaggio tra le nebbie venete,<br />

quello che abbiamo trovato è<br />

l’autentico piacere di star<br />

La ricetta<br />

Sopa coada<br />

Ingredienti per 6 persone: 2 piccioni, carota, sedano, cipolla,<br />

pane raffermo tagliato a fette, brodo, parmigiano.<br />

I piccioni vanno preparati in umido con le verdure. Dopodiché<br />

vanno disossati e sfilettati. Le ossa vanno fatte bollire nel<br />

brodo. Successivamente si prendono le fette di pane tostate e<br />

si inzuppano nel brodo. In una teglia capiente, si fa uno strato<br />

di pane, lo si spolvera con abbondante parmigiano e poi si<br />

ricopre con uno strato di carne sfilettata; si deve procedere<br />

così fino a mettere tutta la carne. Si chiude con pane raffermo<br />

e parmigiano. Se risultasse troppo asciutto, basterà aggiungere<br />

un po’ di brodo. Si mette a cuocere in forno ad una temperatura<br />

di 120° C per tre ore.<br />

Meglio se avete tempo a disposizione, perché più lunga è la<br />

cottura e meglio si amalgamano i sapori. In quel caso però<br />

abbassate la temperatura (100° per 5 ore).<br />

insieme senza aspettarsi<br />

niente in cambio.<br />

Buffo pensare al senso<br />

dell’ospitalità quando<br />

apprendiamo il nome della<br />

primo piatto “riscoperto”<br />

assieme ai nostri amici: la<br />

Sopa coada. Una somiglianza a<br />

questo punto non inspiegabile<br />

con quella Zuppa quata che si<br />

fa in Sardegna, regione dalla<br />

quale più d’uno sostiene che<br />

provenga la base della ricetta<br />

che qui pubblichiamo e che per<br />

l’ospitalità è ben nota.<br />

Per la cronaca: mentre quata<br />

in sardo può anche significare<br />

nascosto, l’interpretazione<br />

“veneta” dell’aggettivo<br />

propende per una zuppa<br />

“covata” in considerazione del<br />

lungo tempo di cottura.<br />

65


In punta di cucchiaio<br />

Tommaso Fara appartiene a<br />

quella generazione di maschi<br />

che tra i fornelli hanno<br />

imparato a starci un po’ per<br />

necessità un po’ per sincera<br />

passione. Classe 1971,<br />

Tommaso è stato iniziato<br />

all’arte culinaria in Spagna. Una<br />

volta tornato in Italia ha<br />

affinato le tecniche e poi ha<br />

scritto questo nuovissimo<br />

manuale di cucina.<br />

Le ricette si<br />

possono scegliere<br />

sulla base del<br />

nostro grado di<br />

preparazione:<br />

principianti,<br />

apprendisti,<br />

praticanti. Per<br />

tutti, Tommaso riserva una<br />

dose massiccia di creatività e<br />

furbizia. E vi aiuterà<br />

addirittura a scegliere la<br />

musica giusta. (Barbara<br />

Gabbrielli)<br />

Il cucchiaino caramellato<br />

Trucchi, ricette e consigli<br />

per divertirsi in cucina<br />

Tommaso Fara<br />

De Agostini - 14,50 €<br />

Dalla terra<br />

della lavanda<br />

Crostini con la tapenade, zuppa<br />

di asparagi selvatici, faraona<br />

con le spezie e i fichi, gelato<br />

alla verbena e vino d’arancio<br />

66<br />

Cibo tra le righe<br />

all’antica.<br />

Ecco cosa<br />

offre la solida<br />

e profumata<br />

tradizione<br />

culinaria<br />

provenzale.<br />

Questo<br />

viaggio in 200 ricette nel cuore<br />

romantico della Francia avrà<br />

tutto il sapore dell’olio d’oliva,<br />

il colore intenso della lavanda e<br />

le sfumature delle influenze<br />

araba e greca. (BG)<br />

La cucina provenzale<br />

Marion Payan<br />

Le Lettere - 24,50 €<br />

Più audace di così…<br />

Un libro piccante, anzi due,<br />

per rileggere in maniera<br />

spensierata il binomio Eros &<br />

cibo. Il volume ha due facce,<br />

ognuna dedicata ai due sessi e<br />

ai consigli da seguire per<br />

sedurre il partner e prepararlo<br />

a un dopo cena con i fiocchi.<br />

Un esempio? Il mammone, cioè<br />

quello che “la mamma lo fa<br />

più buono” si ammalia con<br />

delle sorprese profumate al<br />

tartufo e un lecca lecca alle<br />

noci. Se invece a cadere nelle<br />

spire dell’amore è la classica<br />

finta esperta, cioè quella che<br />

“no, non amo il vino dolce”,<br />

provare con i salatini allo<br />

sbrinze e torta di cipolle<br />

tiepida. Il tutto condito dai<br />

commenti<br />

del cuoco<br />

Allan Bay e<br />

del<br />

giornalista re<br />

del gossip<br />

Alfonso Signorini. (BG)<br />

L’amore goloso<br />

Roberta Schira<br />

Ponte alle Grazie - 13 €<br />

L’ironia<br />

e il vizio innocente<br />

La prima è la chiave necessaria<br />

per raccontare i piaceri del<br />

secondo, quelli del cibo e del<br />

vino. Questo è in sintesi il<br />

senso del viaggio goderecco,<br />

pungente e appetitoso tra<br />

delizie del palato e arguzie<br />

dell’intelletto. A guidarci è un<br />

divertito, divertente e postumo<br />

Montalban, solo ora tradotto,<br />

che ci mette in guardia dai<br />

gourmet selettivi e dittatoriali e<br />

analizza la cucina occidentale,<br />

dai piaceri elementari del pane<br />

e del formaggio ai capolavori di<br />

cuochi e ristoranti famosi. Un<br />

excursus completo di come,<br />

dove e cosa<br />

mangia<br />

l’uomo<br />

moderno,<br />

tracciato<br />

dalla allegra<br />

e colta<br />

penna del<br />

padre, ahinoi


scomparso, del mitico Pepe<br />

Carvalho. (Lirio Mangalaviti)<br />

Contro i gourmet<br />

Manuel Vasquez Montalban<br />

Frassinelli - 15 €<br />

La poetessa<br />

degli appetiti<br />

È bellissima; è una grande food<br />

writer che scrivendo di cibo<br />

racconta se stessa, la vita, il<br />

mondo. Arriva in Italia, dopo<br />

aver spopolato<br />

negli States e nei<br />

paesi anglofoni e<br />

aver fatto<br />

innamorare i<br />

francesi, con<br />

questo manualetto<br />

di gastronomia, di<br />

buon gusto, di<br />

aneddoti appena appannato - ci<br />

dicono - da una traduzione non<br />

impeccabile, che non elide però<br />

il piacere di una scoperta non<br />

solo letteraria. Mary ora non c’è<br />

più: ha attraversato con<br />

eleganza tutto il ‘900 da un<br />

continente all’altro, lasciandoci<br />

perle e un retrogusto pieno e<br />

armonico. (LM)<br />

Biografia sentimentale<br />

dell’ostrica<br />

Mary Kennedy Fisher<br />

Neri Pozza - 12 €<br />

Sapori sociali<br />

È la storia di un’infanzia, di un<br />

paese che muta sotto il boom<br />

degli anni ‘60, che si<br />

accompagna a passo di danza<br />

tra musica e sapori. Non a caso<br />

l’autore Sergio Bianchi è il<br />

direttore della casa editrice<br />

Deriveapprodi, che divide<br />

equamente il suo catalogo tra<br />

impegno sociale e piaceri di<br />

gola. Il libro di Bianchi è<br />

l’unione perfetta tra una<br />

testimonianza<br />

toccante degli<br />

ultimi<br />

quarant’anni di<br />

storia di un<br />

paesino<br />

lombardo e<br />

una carrellata<br />

di sapori da bere e mangiare<br />

scorrendo le pagine. (Chiara di<br />

Domenico)<br />

La gamba del felice<br />

Sergio Bianchi<br />

Sellerio 2005 - 12 €<br />

Osti, Soldati e Conte<br />

Nell’epoca delle diete e delle<br />

crociate contro il fumo è<br />

piacevole aprire una porta sul<br />

mondo sommerso rievocato in<br />

questa raccolta di scritti di<br />

Mario Soldati. Soldati ci porta<br />

ad assaporare aneddoti di<br />

vignaioli e osti, ripercorrendo<br />

l’Italia passata e prossima di<br />

quel già leggendario Novecento<br />

che ha le<br />

stesse tinte<br />

delle canzoni<br />

di Paolo<br />

Conte. Un<br />

diario di bordo<br />

di uno<br />

scrittore che<br />

riesce con la<br />

penna leggera<br />

e il sigaro perennemente tra i<br />

denti a porgerci uno<br />

straordinario ricordo attraverso<br />

la descrizione precisa di vini e<br />

cibi in un paese colto nel<br />

momento di trapasso verso la<br />

modernizzazione del<br />

consumismo. (CdD)<br />

Da leccarsi i baffi<br />

Memorabili viaggi in Italia<br />

alla scoperta del cibo e del<br />

vino genuino<br />

Mario Soldati<br />

Deriveapprodi 2005 - € 15<br />

4 titoli su…<br />

Il peccato<br />

in cucina<br />

di Chiara di Domenico<br />

Libreria Edison<br />

Dalla piccola casa editrice<br />

Deriveapprodi, che dedica un angolo<br />

del suo catalogo alla gola, è appena<br />

uscito La cucina impudica, opera<br />

anonima scovata in una bancarella<br />

a Vienna e datata Parigi 1919/<br />

1931, che appare ora anche in<br />

Italia con la prefazione del grande<br />

Veronelli: le mémoires di una<br />

cocotte che ebbe la fortuna di<br />

vivere gli anni delle avanguardie e<br />

che offre ricordi felicemente uniti a<br />

un ricettario erotico, a cui si<br />

aggiungono raffinate illustrazioni e<br />

fotografie d’epoca. Non è da meno<br />

Gianni Emilio Simonetti con il suo<br />

La sostanza del desiderio, che<br />

riunisce in poco più di cento pagine<br />

secoli di arte leccarda, passati al<br />

setaccio coi suoi protagonisti:<br />

Vatel, de la Reyniére, principi,<br />

popolani, borghesi, pittori,<br />

pasticceri: giusto per capire come<br />

un asparago abbandonato su un<br />

tavolo da cucina possa dare inizio<br />

all’arte contemporanea. Afrodite in<br />

cucina è una selezione di ricette di<br />

Ugo Tognazzi, forse non all’altezza<br />

dell’ormai introvabile Rigettario, ma<br />

sicuramente meritevole per l’amore<br />

carnale che quest’artista sapeva<br />

manifestare spaziando dalla donna<br />

alla salama da sugo di Ferrara.<br />

Incantevole. E non si poteva<br />

tralasciare il vino, con l’uscita<br />

dell’edizione 2005/2006<br />

dell’Elogio della sbronza<br />

consapevole, stravagante antologia<br />

di racconti originali, estratti,<br />

aforismi, false citazioni, deliri non<br />

attribuibili, il tutto<br />

indissolubilmente legato all’alcol:<br />

dall’ebbrezza gioiosa di Hrabal alla<br />

timidezza vogliosa di Manzoni.<br />

Giusto per ribadire che un bel<br />

ventre rotondo, a dispetto di tutto,<br />

la dice molto più lunga di un ventre<br />

piatto... stucchino e disappetente.<br />

67


Il progetto<br />

Slow Food<br />

“Orti scolastici”<br />

nella scuola<br />

elementare<br />

di Grassina<br />

68<br />

Per fare<br />

un albero...<br />

Chiara Tacconi<br />

Piccola Tavola Slow Food Firenze<br />

Mercoledì 26 ottobre si è<br />

inaugurato nella scuola<br />

elementare di Grassina il<br />

progetto “Orti scolastici”. Un<br />

progetto triennale di<br />

educazione al gusto che<br />

coinvolge i bambini, la scuola,<br />

le famiglie, il Comune, la<br />

mensa scolastica, gli anziani.<br />

Grazie all’orto realizzato nel<br />

giardino della scuola, ai corsi<br />

di aggiornamento tenuti da<br />

Slow Food per insegnanti e<br />

genitori e alle partecipazione<br />

delle istituzioni, il progetto<br />

vuole far conoscere e<br />

salvaguardare i prodotti<br />

alimentari del territorio,<br />

sostenere percorsi didattici di<br />

educazione ambientale e<br />

alimentare, favorire lo scambio<br />

di esperienze tra generazioni,<br />

recuperare e valorizzare il<br />

lavoro manuale e la cultura<br />

rurale.<br />

Il Comune di Bagno a Ripoli e<br />

la Direzione Didattica n° 2<br />

hanno aderito con entusiasmo<br />

al progetto. Il Comune nel<br />

periodo estivo ha provveduto a<br />

predisporre e attrezzare una<br />

parte di terreno adiacente alla<br />

scuola e i bambini se ne<br />

prenderanno cura nell’ambito<br />

di un percorso educativo<br />

elaborato dagli insegnanti in<br />

collaborazione con Slow Food,<br />

aiutati anche dai nonni e da


alcuni esperti. Potranno quindi<br />

scoprire i “trucchi del<br />

mestiere” avvicinandosi<br />

all’agricoltura, ma soprattutto<br />

conoscere meglio i prodotti<br />

della terra imparando anche ad<br />

apprezzarli e mangiarli, in casa<br />

come in mensa. La priorità<br />

verrà data ai prodotti locali e<br />

all’agricoltura biologica.<br />

Le classi dovranno tenere un<br />

“diario di bordo” per<br />

documentare con foto, testi e<br />

disegni i progressi del lavoro,<br />

da confrontare e unire in<br />

seguito con le esperienze delle<br />

altre scuole coinvolte nel<br />

progetto. In occasione<br />

dell’inaugurazione i<br />

rappresentanti dello Slow Food<br />

hanno consegnato alle classi le<br />

piante e le sementi e il<br />

rappresentante dalla<br />

Cooperativa Scaf ha<br />

consegnato gli attrezzi per<br />

lavorare la terra. Da ora in poi<br />

i bambini potranno seminare e<br />

piantare secondo la stagione e<br />

cominciare a prendersi cura<br />

dell’orto. Le fasi del raccolto<br />

saranno accompagnate da<br />

momenti conviviali. Gli<br />

insegnanti parteciperanno a<br />

corsi e giornate di studio<br />

tenuti da Slow Food; i genitori<br />

avranno alcuni incontri su<br />

educazione sensoriale,<br />

conoscenza della cucina e dei<br />

prodotti tipici del luogo, cibo e<br />

affettività, sempre a cura di<br />

Slow Food.<br />

Che cos’è il progetto Orti Scolastici<br />

È un progetto di educazione alimentare ed educazione al gusto<br />

che parte dall’esperienza dei bambini. Li si incoraggia a condividere<br />

il cibo in compagnia e a gustarlo, a mangiare con e per<br />

piacere, ma con i sensi all’erta. Il percorso è lungo e deve cominciare<br />

dalla terra: l’orto scolastico diventa così il fulcro di una<br />

esperienza che coinvolge la scuola, le famiglie, la comunità locale.<br />

È un progetto internazionale già diffuso in altre scuole d’Italia; in<br />

Toscana ha trovato l’appoggio e i finanziamenti della Regione<br />

coinvolgendo 13 scuole.<br />

Quali sono gli obiettivi<br />

Conoscere i prodotti alimentari del territorio, intraprendere percorsi<br />

didattici di educazione ambientale e alimentare, favorire lo<br />

scambio di esperienze tra generazioni, recuperare la cultura rurale,<br />

acquisire padronanza e consapevolezza dei propri sensi e del<br />

proprio gusto, migliorare il rapporto dei bambini con il cibo a casa<br />

e a scuola.<br />

Chi è coinvolto<br />

Oltre a Regione e Arsia, per l’orto scolastico di Grassina Slow<br />

Food coinvolge la scuola, la direzione didattica, il Comune di<br />

Bagno a Ripoli, la Siaf (mensa), la Scaf (coop. di gestione del<br />

verde), la Safi (per il compost biologico), le famiglie dei bambini.<br />

La bellezza della natura<br />

L’incanto del paesaggio<br />

La bontà dei piatti tipici<br />

Ristorante la Casa di Caccia<br />

Nel cuore del Mugello<br />

Loc. Farneto Roti - Vicchio (Firenze)<br />

Tel. 055 8407629 Fax 055 8407007<br />

69<br />

Info@ristorantelacasadicaccia.com - www.ristorantelacasadicaccia.com


Dolce Milano. Quando difende<br />

gli immigrati, quando si ribella<br />

ai grattacieli troppo alti e al<br />

verde che scompare. Dolce<br />

anche perché, mentre i cuochi<br />

più premiati dalle guide<br />

rivoluzionano la mappa della<br />

ristorazione chic (Andrea<br />

Berton, braccio destro di<br />

Gualtiero Marchesi, che vola da<br />

Trussardi in piazza della Scala,<br />

Edoardo Ferrera che, dopo una<br />

pausa romana, inaugura Gref<br />

in zona Ticinese, Nicola<br />

Cavallaro che approda all’Ape<br />

Piera sul Naviglio Grande),<br />

lancia la moda degli outlet<br />

alimentari. Il più simpatico si<br />

70<br />

<strong>Gola</strong>... Milano<br />

Barbara Gabbrielli<br />

chiama Quel che trovi (piazza<br />

Gabriele Rosa, tel. 02<br />

36553907) ed è un<br />

multispaccio enoalimentare che<br />

svende prodotti difettati delle<br />

marche più famose: dai<br />

biscotti con la scatola<br />

schiacciata alle bottiglie di<br />

vino con l’etichetta storta. La<br />

qualità rimane intatta, ma quei<br />

piccoli difettucci estetici fanno<br />

risparmiare dal 40 al 70 per<br />

cento.<br />

Dolce Milano, infine, perché<br />

tra un po’ sarà Natale e la<br />

città del panettone diventa<br />

bellissima. Quest’anno il dolce<br />

simbolo di questo periodo<br />

potrà vantare anche una<br />

versione bio: è quella<br />

realizzata con i prodotti<br />

agricoli coltivati nel Parco della<br />

Valle del Ticino, una riserva<br />

della biosfera dell’Unesco a<br />

due passi dalla città. Per<br />

rimanere ligi alla tradizione e<br />

andare a caccia dell’atmosfera<br />

più autentica, ecco un<br />

itinerario tra i caffè storici.<br />

Basterebbe fare un giro in<br />

Corso di Porta Romana per<br />

collezionare qualche visita a<br />

pasticcerie che in vetrina<br />

espongono i loro golosi<br />

capolavori, dai marrons glacés<br />

ai biscotti tradizionali. Ma i<br />

grandi classici non si possono<br />

non menzionare uno per uno.<br />

Si comincia dal centro, Galleria<br />

Vittorio Emanuele. Qui c’è il<br />

Caffè Miani, ex caffè Zucca,<br />

voluto da Gaspare Campari nel<br />

1867. Arredamento stile liberty<br />

e tipica atmosfera meneghina.<br />

Pasticceria o gioielleria? Viene<br />

sempre da chiederselo davanti<br />

alle vetrate e al bancone di<br />

legno tirato a lucido di<br />

Marchesi, indirizzo cult dal<br />

1824 di Corso Magenta: le sue<br />

vetrine, sempre elegantissime,<br />

sono un tripudio di creme<br />

chantilly, frolle, riccioli di<br />

zucchero e glasse di<br />

cioccolato. Indimenticabile.<br />

C’è poi un luogo dove il<br />

panettone viene venduto<br />

anche in agosto: è Ranieri in<br />

via Moscova, negozietto<br />

piccolo piccolo, ma<br />

fornitissimo di bontà. In<br />

questa brevissima rassegna<br />

non può mancare il<br />

Sant’Ambroeus in Corso<br />

Matteotti: qui i dolci hanno<br />

quotazioni davvero troppo<br />

alte, ma la sua ambrosia va<br />

assaggiata almeno una volta<br />

nella vita. Infine, poiché<br />

Milano è la città delle<br />

contaminazioni, vale la pena<br />

passare da via Corio perché qui<br />

c’è la prima pasticceria italoirlandese.<br />

L’ha aperta Stephen<br />

O’Sullivan, origini italiane e<br />

allievo di Claudio Sadler. Da<br />

assaggiare la mousse alla<br />

crema di whisky e la torta al<br />

Baileys. Per un Natale dal<br />

sapore diverso.


Gustati per voi<br />

Piatti casalinghi<br />

e menu<br />

stagionali<br />

sono il punto<br />

di forza<br />

del locale<br />

tra le colline<br />

pisane<br />

Osteria del Ghiotto<br />

Via del Larderel 34<br />

Loc. Canneto<br />

Monteverdi M.mo (PI)<br />

Tel.: 0565 784435<br />

Giorno di chiusura: martedì<br />

Aperto: pranzo e cena<br />

(dal 15/06 al 15/09 solo la<br />

sera + pranzo nei festivi)<br />

Ferie: novembre<br />

Coperti: 30 circa (45 nel<br />

periodo estivo)<br />

30 € (vini esclusi)<br />

Una “ghiotta”<br />

occasione<br />

Marco Ghelfi<br />

L’Osteria del Ghiotto si trova a<br />

Canneto, piccola località del<br />

Comune di Monteverdi<br />

Marittimo, in provincia di Pisa.<br />

Ricavato negli ambienti di<br />

quello che era un vecchio<br />

granaio, offre un ambiente<br />

raccolto ed estremamente<br />

caratteristico, impreziosito<br />

dagli interni in sasso e dal<br />

caminetto, sempre allegro con<br />

il suo schioppettare e<br />

generoso di carni alla brace.<br />

La gestione, di tipo familiare,<br />

è seguita dal 1998 dalla<br />

signora Nadia, impegnata ai<br />

fornelli con la preziosa<br />

collaborazione di Sandra, e<br />

dal figlio Cristiano, che si<br />

occupa invece dell’accoglienza<br />

in sala. Punto di forza del<br />

locale è la preparazione<br />

rigorosamente casalinga della<br />

stragrande maggioranza dei<br />

piatti, dalla pasta ai dolci,<br />

pensati e realizzati con occhio<br />

sempre attento alla<br />

stagionalità delle materie<br />

prime. Le specialità sono<br />

quelle più tipiche dell’eredità<br />

gastronomica locale e toscana<br />

in genere, cui si affiancano<br />

proposte a base di funghi e<br />

tartufo durante i periodi di<br />

raccolta. Buona la partenza<br />

con gli affettati toscani,<br />

alcuni di produzione propria al<br />

pari della saporita<br />

“giardiniera” di verdure. Fra la<br />

pasta fatta in casa da provare<br />

i tortelli ripieni di verdure e<br />

ricotta, conditi con ragù di<br />

carne o burro e salvia, le<br />

pappardelle, servite ancora<br />

con ragù, lepre o cinghiale, i<br />

tagliolini al tartufo, e poi le<br />

saporite zuppe, ad esempio di<br />

legumi e di funghi. Tra i<br />

secondi è senza dubbio la<br />

carne a farla da padrona.<br />

Durante il periodo invernale, e<br />

quando le quantità richieste lo<br />

permettono, è il caminetto a<br />

lavorare incessantemente<br />

davanti agli occhi degli<br />

avventori, garantendo succose<br />

bistecche alla fiorentina ma<br />

non solo. In estate, il supporto<br />

in fase di cottura è garantito<br />

dal barbecue esterno, posto<br />

sulla terrazzina antistante al<br />

locale. Largo spazio anche alla<br />

cacciagione, con cinghiale, in<br />

umido o alla brace, capriolo,<br />

fagiano e tordi. Fine pasto<br />

consigliata con uno dei dolci di<br />

Sandra, come le crostate con<br />

marmellata fatta in casa, i<br />

cantuccini con mandorle o<br />

nocciole, la torta della nonna.<br />

La lista dei vini è curata da<br />

Cristiano, con un’ottantina di<br />

etichette in tutto di chiaro<br />

stampo regionale, a cui si<br />

affiancano proposte francesi e<br />

piemontesi. Nei progetti di<br />

futura realizzazione<br />

un’ulteriore piccola saletta,<br />

ricavata nell’odierna cantina<br />

del locale.<br />

71


Carlo Gancia:<br />

esperienza,<br />

personalità e<br />

innovazione<br />

Prodotto in quantità limitate,<br />

il Carlo Gancia – Metodo<br />

Classico Brut è dedicato al<br />

Cav. Carlo Gancia, fondatore<br />

della F.lli Gancia & C.,<br />

che nel 1865 creò in<br />

Italia il primo<br />

Spumante con il<br />

Metodo Tradizionale<br />

Classico, una formula<br />

esclusiva di<br />

affinamento in<br />

bottiglia realizzata<br />

nella prestigiosa<br />

Cantina Storica<br />

Gancia di Canelli.<br />

Carlo Gancia è il<br />

connubio perfetto<br />

fra tradizione,<br />

personalità ed<br />

innovazione: le<br />

origini del<br />

Monferrato, la<br />

lunga esperienza di<br />

maestri cantinieri e di<br />

ricercatori qualificati e un vino<br />

spumante di qualità morbido<br />

ed equilibrato, in posizione di<br />

vertice all’interno della<br />

categoria degli Spumanti<br />

72<br />

In giro con <strong>Gola</strong><br />

Firenze<br />

Libreria Edison<br />

piazza Repubblica, 27<br />

Libreria Feltrinelli<br />

v. de’ Cerretani, 30/32<br />

Libreria Liberi Libri<br />

v. San Gallo, 21<br />

Campi Bisenzio<br />

Girasole Bookstore<br />

c/o Vis Pathé<br />

v. Fratelli Cervi, 9<br />

“Metodo Tradizionale Classico”.<br />

Lo spumante, consumato ad<br />

una temperatura di servizio<br />

ottimale di 8-10°C, è l’ideale<br />

per accompagnare<br />

perfettamente gli antipasti, i<br />

primi di pasta, i risotti e le<br />

carni bianche.<br />

www.gancia.it<br />

La Tunella: forza<br />

e carattere delle uve<br />

friulane<br />

In una regione di antica<br />

tradizione vinicola come il<br />

Friuli, che da sempre lega il<br />

suo nome soprattutto alla<br />

produzione di grandi vini<br />

bianchi, si sta ritagliando un<br />

ruolo sempre più importante<br />

una giovane e dinamica<br />

azienda, situata a pochi<br />

chilometri appena da Cividale<br />

del Friuli, in provincia di Udine.<br />

È La Tunella, guidata dai<br />

fratelli Massimo e Marco<br />

Zorzettig, che col prezioso<br />

supporto dell’enologo Luigino<br />

Zamparo sono da qualche anno<br />

ormai impegnati nella<br />

produzione di vini di spiccata<br />

qualità, nei quali, per volontà<br />

degli stessi titolari, si vogliono<br />

rispecchiati la forza ed il<br />

carattere delle uve più tipiche<br />

del territorio. Tra i prodotti<br />

aziendali menzione tutta<br />

particolare per il Biancosesto,<br />

unico bianco a livello regionale<br />

interamente ottenuto da<br />

grappoli di Ribolla Gialla e<br />

Tocai Friulano. Un autentico<br />

omaggio alla terra friulana,<br />

fresco e profumato, equilibrato<br />

al palato, di sapore intenso e<br />

lunga persistenza aromatica.<br />

www.latunella.it<br />

Arnaldo Caprai eletta<br />

cantina dell’anno<br />

dalla Guida dei Vini<br />

La cantina Caprai di<br />

Montefalco è stata decretata<br />

<strong>Gola</strong> <strong>gioconda</strong> è in vendita nell’edicole di Firenze e dintorni e nelle migliori librerie della Toscana<br />

Empoli<br />

Coop Cult. Libreria<br />

Rinascita v. Ridolfi, 53<br />

Grosseto<br />

Libreria Nazionale<br />

via Ximenes, 6/7<br />

Libreria Popolare<br />

via Ricasoli, 17<br />

Livorno<br />

Libreria Belforte<br />

via Grande, 91<br />

Libreria Gaia Scienza<br />

via Di Franco, 12<br />

Lucca<br />

Libreria Karma<br />

c.so Garibaldi, 54<br />

Massa<br />

Libreria Mondoperaio<br />

piazza Garibaldi, 8<br />

Montecatini<br />

Libreria Vezzani<br />

via Solferino, 9<br />

Prato<br />

Libreria Gori<br />

via Ricasoli, 26<br />

Siena<br />

Libreria Ticci<br />

via delle Terme, 5/7


“Cantina dell’anno” dalla<br />

Guida dei Vini d’Italia del<br />

Gambero Rosso e Slow Food.<br />

Un riconoscimento prestigioso<br />

che celebra e onora il lavoro<br />

fatto finora e soprattutto il<br />

grande pregio di aver<br />

rivalutato il Sagrantino di<br />

Montefalco, un vitigno<br />

autoctono umbro oggi ai<br />

vertici del panorama<br />

vitivinicolo nazionale e<br />

internazionale. Una strategia<br />

questa che si è rivelata<br />

quanto mai proficua perché<br />

fortemente connessa al<br />

binomio innovazione e<br />

tradizione applicato ad un<br />

territorio fortemente vocato.<br />

Secondo Marco Caprai, alla<br />

guida dell’azienda, questo<br />

riconoscimento va oltre il<br />

prestigioso traguardo dei 3<br />

bicchieri, raggiunto per la<br />

prima volta nel 1996. Il<br />

premio “Cantina dell’anno”<br />

unisce infatti alla<br />

soddisfazione dei due vini<br />

premiati per questa edizione<br />

l’orgoglio per essere riusciti<br />

nel tempo a dimostrare come<br />

la forza della loro enologia sia<br />

tutta in un nodo stretto tra<br />

qualità e uomo, vitigno e<br />

territorio.<br />

www.arnaldocaprai.it<br />

Si confermano i 3<br />

bicchieri per Altemasi<br />

Riserva Graal<br />

Il colosso enologico trentino<br />

Cavit fa il bis con il suo<br />

spumante di punta Altemasi<br />

Riserva Graal Trento Doc, che<br />

per il secondo anno<br />

consecutivo si aggiudica il<br />

riconoscimento di tre bicchieri<br />

della Guida “Vini<br />

d’Italia”. Lo<br />

spumante ha una<br />

caratteristica<br />

spuma cremosa e<br />

perlage persistente.<br />

Il colore si<br />

presenta dorato,<br />

con sfumature<br />

verdoline<br />

appena<br />

accennate. Il<br />

profumo è<br />

molto fine,<br />

complesso,<br />

con sentori di<br />

miele, mela<br />

matura e<br />

nocciola. Il<br />

gusto è<br />

pieno,<br />

elegante, equilibrato e di<br />

ottima stoffa. È ideale come<br />

aperitivo oppure abbinato al<br />

salmone affumicato e terrina<br />

di coniglio.<br />

Il Rosso del Conte di<br />

Tosca d’Almerita<br />

Il Rosso del Conte è un vino<br />

lungamente<br />

meditato, frutto di<br />

una ricerca, nelle<br />

vigne ed in cantina,<br />

condotta con<br />

passione e rigore<br />

per molti anni. È<br />

prodotto con<br />

Nero d’Avola<br />

da piante di<br />

oltre<br />

quarant’anni<br />

coltivate ad<br />

alberello,<br />

come non ne<br />

esistono quasi<br />

più in tutta la<br />

Sicilia. Il gusto<br />

si presenta<br />

ricco di frutta<br />

matura e<br />

concentrata,<br />

fragrante ed<br />

equilibrato.<br />

Il vino è<br />

particolarmente indicato per<br />

accompagnare carni rosse<br />

succulente, arrosti,<br />

selvaggina e formaggi<br />

saporiti.<br />

www.tascadalmerita.it<br />

73


Lin-wine: con la<br />

crioestrazione<br />

selettiva, il meglio<br />

dell’uva fino al<br />

bicchiere<br />

Lo scorso 21 ottobre, presso la<br />

Cantina di Custoza (VR), è<br />

stata ufficialmente presentata<br />

una pratica enologica<br />

assolutamente innovativa che –<br />

grazie a una opportuna<br />

applicazione della tecnologia<br />

del freddo – consente di<br />

portare nel bicchiere di vino<br />

tutto ciò che di meglio l’uva<br />

esprime. Lin-wine, così è stato<br />

battezzato il processo<br />

tecnologico messo a punto<br />

dall’Università di Verona con<br />

Linde Gas Italia e Vason Group,<br />

si basa sulla crioestrazione<br />

74<br />

Residenza del Moro<br />

Winelovers<br />

selettiva: una tecnica che<br />

permette di ottenere vini<br />

bianchi di maggiore qualità<br />

abbassando la temperatura del<br />

grappolo, fino a congelare le<br />

parti più esterne di ogni<br />

singolo acino.<br />

Pisa Vini… e non solo<br />

Grande successo per la nona<br />

edizione di Pisa Vini, svoltasi<br />

dal 25 al 27 novembre alla<br />

Stazione Leopolda di Pisa. In<br />

questa occasione, per la prima<br />

volta Pisa Vini e Pisa Olio si<br />

sono unite in un connubio<br />

all’insegna del gusto, per un<br />

evento volto a valorizzare i<br />

prodotti tipici di qualità del<br />

territorio pisano. Un’occasione<br />

unica che ha consentito ai<br />

visitatori di apprezzare la<br />

bontà dei vini, ma anche<br />

dell’olio extravergine di oliva,<br />

dei salumi, dei formaggi e dei<br />

dolci artigianali presentati<br />

dalle 97 aziende aderenti alla<br />

manifestazione, ma anche di<br />

visitare i monumenti, i centri<br />

cittadini, i borghi medievali e i<br />

paesaggi più suggestivi di<br />

quest’angolo di Toscana. Non<br />

sono mancati i convegni e i<br />

seminari a tema, in<br />

collaborazione con la Facoltà di<br />

Agraria dell’Università di Pisa e<br />

Confesercenti.<br />

Ubicata nel centro storico di Firenze, a<br />

pochi passi da via Tornabuoni e dai principali<br />

luoghi di interesse turistico e culturale,<br />

la Residenza del Moro è una nuova struttura<br />

di altissimo livello, nata per offrire all’ospite<br />

più esigente il massimo dell’esclusività.<br />

Situata al piano nobile di Palazzo<br />

Piccolini-Bourbon, superbo edificio del<br />

XVI secolo, la Residenza è stata oggetto di<br />

un attento restauro ed è costituita oggi da<br />

undici stupende suites, ognuna ancora con<br />

i propri affreschi e stucchi originali. Ogni<br />

suite è stata poi personalizzata con decorazioni uniche, pezzi d’antiquariato di gran prestigio, tessuti e<br />

sete preziosi, e con dipinti ed opere d’arte contemporanea. Un interessante ed originale contrasto che<br />

permette di apprezzare e di “respirare” la storia dell’ambiente con un percorso culturale di cinque secoli.<br />

La realizzazione della Residenza del Moro fa parte di un progetto più ampio nato circa 10 anni fa da<br />

un’idea di Maria Rosa e Gilberto Sandretto, “colpevole” il loro grande amore per la Toscana.<br />

www.residenzadelmoro.it


Poggio al Tesoro<br />

Poggio al Tesoro è il frutto di<br />

una partnership tra Allegroni,<br />

azienda leader della<br />

Valpolicella, e Leonardo Lo<br />

Cascio, noto imprenditore nella<br />

distribuzione di vini italiani di<br />

qualità negli Stati Uniti.<br />

Insieme Allegroni e Lo Cascio<br />

hanno scelto Bolgheri, una<br />

zona vinicola toscana a forte<br />

vocazione internazionale,<br />

convinti che da un grande<br />

territorio possano prendere<br />

forme e anima grandi vini,<br />

capaci di appassionare un<br />

pubblico cosmopolita. L’azienda<br />

fa la sua comparsa sul mercato<br />

con due vini dell’annata 2003:<br />

Dedicato a Walter e Sondraia.<br />

Grande successo a<br />

Milano per le<br />

bollicine dell’Alto<br />

Adige<br />

Bilancio positivo per la prima<br />

mostra-degustazione<br />

interamente dedicata alle<br />

bollicine di montagna dell’Alto<br />

Adige dove, ad affiancare i 5<br />

produttori, c’era anche l’esperto<br />

affinatore Hansi Baumgartner<br />

con i suoi prelibati prodotti<br />

caseari. Le bollicine di<br />

montagna dell’Alto Adige hanno<br />

destato grande interesse tra i<br />

numerosi operatori del settore,<br />

gli appassionati e i giornalisti. I<br />

produttori presenti con le loro<br />

migliori bottiglie hanno offerto<br />

al numeroso pubblico<br />

intervenuto i loro spumanti che<br />

non hanno niente da invidiare<br />

alle altre bollicine italiane. È<br />

stato raggiunto dunque<br />

l’obiettivo di far conoscere al<br />

pubblico milanese gli spumanti<br />

dell’Alto Adige, che hanno<br />

dimostrato di meritare grande<br />

attenzione grazie alla loro<br />

unicità e spiccata personalità.<br />

La tavola<br />

di Pier Capponi<br />

Ha aperto a Firenze un ristorante<br />

nuovo che “racconta”<br />

nel suo ambiente la storia<br />

della città con un esclusivo<br />

arredo di antiquariato di pregio<br />

ricco di pezzi autentici,<br />

dal XVI al XVII secolo, scelti<br />

con attenta e competente ricerca.<br />

Il concept del ristorante<br />

è stato pensato, studiato e<br />

messo a regime da Roberto<br />

Casamonti, fiorentino DOC,<br />

noto mercante d’arte moderna<br />

e contemporanea, innamorato<br />

della sua “città nobile”.<br />

La brigata di cucina è costituita<br />

da tre giovani cuochi che<br />

propongono i piatti della tradizione<br />

fiorentina e toscana<br />

con un’attenta e scrupolosa<br />

ricerca delle materie prime:<br />

dalla ribollita e la pappa al<br />

pomodoro alla pasta fatta in<br />

casa con sughi di selvaggina,<br />

dalla tradizionale bistecca, al<br />

piccione alla griglia, ai dolci<br />

tipici e al gelato artigianale.<br />

Per la carta dei vini, nella<br />

scelta delle etichette sono<br />

state privilegiate le zone più<br />

vocate della Toscana, con<br />

prodotti che ben esprimono<br />

il territorio.<br />

www.latavoladipiercapponi.it<br />

75


Avvertenza:<br />

attenzione,<br />

non strofinate<br />

la carta di questa<br />

pagina, pericolo<br />

di incendio!<br />

Whisky Glenmorangie<br />

Manager’s Choice<br />

2001<br />

Cask Strenght, Non chillfiltered<br />

(cioè non filtrato<br />

previo raffreddamento,<br />

un’espressione da far ingrullire<br />

i fans dell’extravergine); 57,2°.<br />

Prodotto da Glenmorangie a<br />

Tain, Ross-shire, IV 19 IPZ<br />

(Northern Highlands).<br />

Color ambra con riflessi<br />

ramati, spara nel naso sentori<br />

di frutta più o meno secca. Se<br />

si sopravvive all’ondata si può<br />

passare alla fase gustativa che<br />

in effetti regala una soffice<br />

consistenza con aromi dolci,<br />

76<br />

Bocche di fuoco<br />

Sandro Bosticco<br />

ancora di frutta e malto.<br />

Lasciando passare la<br />

sensazione di caldo rimane un<br />

gradevole retrogusto di frutta<br />

secca e spezie.<br />

Giudizio. Qui il Diavolo è in<br />

doppiopetto, subdolamente<br />

addolcito dall’affinamento in<br />

botti di Porto. La<br />

Glenmorangie, che vi segnalo<br />

come l’antesignana del genere<br />

cask strength, ha in listino<br />

anche whisky invecchiati in<br />

barrique dove avevano già<br />

sostato Sauternes, Sherry e –<br />

udite udite – persino Cote de<br />

Nuits. I distillato-dipendenti<br />

potranno invece godersi le<br />

partite conservate in barilotti<br />

da Rhum.<br />

Diavolicchio della Zia<br />

Clementina<br />

Olio di oliva aromatizzato non<br />

in commercio, assaggio<br />

effettuato a Castel Castagna<br />

(Teramo) presso la casa della<br />

zia.<br />

Colore dorato con sospette<br />

venature rossastre; al naso<br />

ricorda un Cabernet Franc<br />

particolarmente immaturo, in<br />

più si avverte una punta di<br />

rancido dovuta all’olio non<br />

proprio vergine usato come<br />

base. Si tratta del tipico “olio<br />

del cognato”, deto anche “del<br />

frantoio di mio zio”, un genere<br />

sfortunatamente molto diffuso<br />

nella penisola. In bocca il<br />

Maligno colpisce con perfidia,<br />

perché a un’iniziale sensazione<br />

di dolce avvolgenza dovuta al<br />

grasso segue con progressione<br />

inesorabile l’ascesa del<br />

piccante, con l’aggravante che<br />

il grasso tende a rimanere in<br />

bocca. Finale fantozziano.<br />

Giudizio. Tutti voi che pochi<br />

giorni fa vi godevate l’ olio<br />

novo ipertoscano con tutto il<br />

suo bagaglio di piccante<br />

impallidireste all’assaggio di<br />

questo aromatizzato della zia<br />

Clementina. Una leggendapettegolezzo<br />

riporta che il<br />

marito della zia, buonanima,<br />

ne facesse uso prima di entrare<br />

in camera da letto. Forse<br />

funzionava da placebo, fatto<br />

sta che il Diavolo un giorno<br />

glielo fece confondere con l’olio<br />

da motori, col risultato che il<br />

trattore dello zio prese fuoco<br />

alla partenza.<br />

Centerba<br />

Distilleria Casauria, Tocco di<br />

Casauria (Pescara).<br />

Il verde nemmeno troppo<br />

artificiale lascia intendere il<br />

timbro dei profumi. Veicolati


da un alcol poderoso invadono<br />

le narici con una forza che<br />

potete sfruttare in caso di<br />

raffreddore, con benessere<br />

immediato. Le erbe se non<br />

sono cento saranno comunque<br />

qualche decina, con prevalenza<br />

del mentolato. In bocca il<br />

Centerba entra con<br />

autorevolezza, secco allo<br />

spasimo (non c’è zucchero...) e<br />

al limite dell’ustionante.<br />

Persistenza aromatica<br />

notevole.<br />

Giudizio. Ottimo in caso di<br />

raptus erotico: mettiamo che<br />

dopo una cenetta a base di<br />

aglio o cipolla la serata offra<br />

ulteriori, impreviste<br />

prospettive. Fate come il mio<br />

amico Beppino, che si porta<br />

sempre una fiala di Centerba<br />

nel taschino. Disinibisce come<br />

qualsiasi alcolico, con in più la<br />

funzione di salva-alito. Che<br />

volete di più? La casa madre,<br />

comunque, lo consiglia<br />

addirittura come ingrediente<br />

per risotti.<br />

Harissa dei nomadi<br />

tunisini<br />

Colore rosso opaco,<br />

consistenza di pasta grassa. Il<br />

profumo è erbaceo e<br />

complesso tendente al<br />

balsamico, ma piacerà poco a<br />

chi non sopporta le foglie di<br />

coriandolo (cilantro).<br />

In bocca il flavor di peperone<br />

fresco ben si combina con<br />

l’aglio e l’olio, e fin qui<br />

potrebbe far concorrenza alla<br />

bagna caoda. Senonché,<br />

subdola quanto inarresstabile,<br />

arriva la sciabolata di fuoco<br />

che invita alla bestemmia<br />

facendo così il gioco del<br />

Diavolo. Dopo diversi minuti,<br />

se nel frattempo non si<br />

ingurgita qualcos’altro per<br />

mitigare il piccante,<br />

riemergono aromi speziati<br />

ancora piacevoli (o è l’effetto<br />

del cessato-fuoco?).<br />

Giudizio. Basta bilanciare la<br />

quantità e il gioco è fatto. Da<br />

provare sugli spaghetti come<br />

variante al nostrano “aglio,<br />

olio e peproncino”. Le versioni<br />

in commercio da noi sono roba<br />

da ragazzini rispetto a quella<br />

descritta, che è stata<br />

degustata tra le dune (dove<br />

un paio di membri della<br />

commissione di assaggio<br />

hanno fatto svariate capriole<br />

nella sabbia come effetto<br />

collaterale).<br />

Salsa di cren<br />

dell’amico Fritz<br />

Il colore bianco opaco lascia<br />

immaginare la dolcezza del<br />

latte ma appena si avvicina il<br />

naso si viene assaliti da una<br />

specie di turbine spazza-tutto,<br />

acre ai limiti delle norme<br />

della Convenzione di Ginevra<br />

sull’uso delle armi chimiche.<br />

Conservando un minimo di<br />

dignità e lucidità si può<br />

riscontrare un sentore di<br />

sedano, o meglio di sedanorapa.<br />

In bocca l’impatto è<br />

stemperato, tuttavia per via<br />

retronasale continua il<br />

potentissimo effetto<br />

balsamico, utile solo in caso<br />

di raffreddore.<br />

Giudizio. Dipende dalle dosi:<br />

il mio amico Fritz da buon<br />

nordico la usa su carni grasse<br />

insipide e formaggi a<br />

tendenza dolce, qualche volta<br />

la spalma in un panino.<br />

Attenzione comunque alle<br />

preparazioni che contengono<br />

RAFANO o HORSERADISH, e al<br />

WASABI giapponese: il<br />

principio attivo è lo stesso,<br />

simile alla mostarda, e il<br />

Diavolo ha cambiato solo nomi<br />

e abiti.<br />

77


Consigli di <strong>Gola</strong><br />

78<br />

Viaggio alla<br />

scoperta<br />

di squisiti<br />

angoli<br />

di Toscana<br />

Dolci<br />

tentazioni<br />

I dolci sono l’oggetto per<br />

eccellenza dei peccati di gola, e<br />

quello natalizio è<br />

indubbiamente il periodo<br />

migliore per commettere<br />

peccati di questo<br />

gradevolissimo genere, ormai<br />

veniali agli occhi anche della<br />

morale più rigida. Per non dire<br />

poi che di dolce, almeno a<br />

livello di papille gustative, si<br />

sente davvero il bisogno in un<br />

mondo in cui non mancano le<br />

occasioni quotidiane per sentirsi<br />

l’amaro in bocca: un amaro<br />

metaforico, ma neppure troppo.<br />

E dunque via, alla ricerca di ciò<br />

che di meglio offrono<br />

pasticceri, cioccolatai e altri<br />

appassionati produttori.<br />

Partiamo da Firenze, con due<br />

indirizzi magici: se per voi<br />

Natale significa pandoro,<br />

lasciate perdere Verona e non<br />

mancate il pandoro di Caponeri<br />

(Via F. Valori 4r; tel. 055<br />

587534), un minuscolo<br />

laboratorio di pasticceria: è un<br />

sogno di burro, uova, lievito e<br />

farina, che si scioglie in bocca<br />

e rinfranca lo spirito. Da<br />

prenotare prima possibile,<br />

perché il mitico Fosco, maestro<br />

pasticcere, ha due mani sole e<br />

tanti clienti affezionati.<br />

Notevoli anche i suoi babà al<br />

rum, farciti con la panna<br />

montata oppure con una soave<br />

crema pasticcera, all’altezza<br />

della miglior tradizione<br />

napoletana, e i bignè alla<br />

panna e alla mousse di<br />

cioccolato. Piccola nota di<br />

colore: Caponeri è una delle<br />

poche pasticcerie in cui,<br />

entrando, si sente ancora il<br />

profumo del burro vero, e si<br />

viene serviti con la grazia<br />

antica e lievemente scorbutica<br />

degli artigiani autentici.<br />

Se i dolci hanno potere<br />

consolatorio, il cioccolato è<br />

innegabilmente la consolazione<br />

incarnata, ed è bene ricordare<br />

che Firenze custodisce una delle<br />

migliori ricette di torte al<br />

cioccolato che sia dato di<br />

assaggiare: è la mitica torta<br />

Pistocchi, vanto dell’Antica<br />

Gastronomia (via degli Artisti<br />

58r, angolo via Masaccio; tel.<br />

055 578460): preparata senza<br />

farina, si fonde tra lingua e<br />

palato in una spirale di<br />

beatitudine. Da non dimenticare<br />

che l’Antica Gastronomia è<br />

anche un ottimo indirizzo per


acquisti di specialità salate,<br />

formaggi e salumi in primis, per<br />

arricchire la tavola delle feste.<br />

Spostiamoci a Prato, sempre<br />

sull’onda dei gusti di una volta,<br />

antichi e forse anche per<br />

questo rincuoranti: e quale<br />

migliore indirizzo dell’antica<br />

“Mattonella”, ovvero il<br />

Biscottificio Mattei (via Ricasoli<br />

20; tel. 0574 25756),<br />

depositario della vera ricetta<br />

degli autentici biscotti di Prato<br />

con le mandorle, per un tuffo<br />

nei sapori di una volta, e<br />

soprattutto per tuffarsi, biscotti<br />

alla mano, in un bicchiere di<br />

ottimo vin santo, passito o<br />

malvasia che dir si voglia.<br />

Accanto ai biscotti di Prato,<br />

cavallo di battaglia di Mattei, di<br />

grande soddisfazione anche i<br />

brutti buoni, sottili gusci di<br />

pasta che nascondono un<br />

incantevole ripieno di mandorle<br />

tritate e zucchero. Ottimi per<br />

riempire la calza della Befana<br />

come una volta.<br />

Facciamo un salto ad Arezzo<br />

per due indirizzi di sicuro<br />

interesse: la Pasticceria de’<br />

Cenci (via de’ Cenci 17; tel.<br />

0575 23102), a due passi dagli<br />

affreschi di Piero della<br />

Francesca, offre i migliori<br />

marron glacés della regione,<br />

accanto a panettoni<br />

freschissimi, rigorosamente da<br />

prenotare nel periodo natalizio,<br />

e a una serie di torte e lieviti di<br />

ottima qualità. Una piccola<br />

pasticceria artigianale, con<br />

laboratorio a vista, che in pochi<br />

anni ha saputo conquistare la<br />

città intera.<br />

E sempre ad Arezzo spopola la<br />

boutique del cioccolato Vestri<br />

(via Romana 161; tel. 0575<br />

907315, con un punto vendita e<br />

degustazione anche a Firenze,<br />

in borgo degli Albizi 11r; tel.<br />

055 2340374): dal 1970 la<br />

famiglia Vestri coltiva la propria<br />

passione per il cioccolato<br />

lavorando materie prime di<br />

altissima qualità e producendo<br />

tavolette e cioccolatini per tutti<br />

i gusti. Da non perdere, per il<br />

loro potere quasi taumaturgico,<br />

le fette di arancia candita<br />

ricoperte per metà di cioccolato<br />

fondente, e le tavolette<br />

fondenti alla frutta secca. A<br />

Natale di rigore il panettone<br />

ricoperto di cioccolato e<br />

nocciole tritate.<br />

Se panettoni e pandori sono<br />

imposizioni settentrionali del<br />

marketing postbellico, il Natale<br />

toscano filologicamente corretto<br />

non può che nutrirsi dei tipici<br />

dolci senesi quali panforte e<br />

panpepato, ricciarelli e<br />

cavallucci, che allietavano le<br />

frugali feste d’antan. La<br />

Pasticceria Le Campane (via<br />

delle Campane 9, Siena; tel.<br />

0577 282290) è un ottimo<br />

indirizzo soprattutto per i<br />

ricciarelli, preparati con amore<br />

e sfornati quotidianamente. Per<br />

chi ancora non li conoscesse,<br />

vale la pena di ricordare che i<br />

ricciarelli artigianali,<br />

soprattutto se gustati appena<br />

sfornati, ancora caldi, sono<br />

proprio tutta un’altra cosa: una<br />

nuvola di pasta di mandorle (in<br />

cui si avverte anche la<br />

reminiscenza di qualche<br />

mandorla amara, a mitigarne la<br />

dolcezza) che si scioglie<br />

letteralmente in bocca. Provare<br />

per credere.<br />

E come dimenticare una delle<br />

istituzioni di Siena, la<br />

Pasticceria Nannini (via Banchi<br />

di Sopra 24; tel. 0577 236009),<br />

marchio storico diffuso un po’<br />

ovunque. La sede ai Banchi di<br />

Sopra è una delle più antiche<br />

pasticcerie della città, dove<br />

tutti i dolci della tradizione<br />

sono di produzione propria, e<br />

una confortevole saletta<br />

consente di fermarsi a godere<br />

della bontà di panforti e<br />

panpepati, serviti anche al<br />

taglio, volendo accompagnati<br />

da ottime miscele di caffè.<br />

Dolci e caffè possono essere<br />

acquistati sia a peso che in<br />

eleganti confezioni.<br />

Per finire, un prodotto non<br />

strettamente natalizio, che però<br />

si accompagna molto bene con<br />

una delizia tipica della stagione<br />

fredda quale la cioccolata in<br />

tazza, e può fungere da<br />

delizioso rompidigiuno tra un<br />

festino e l’altro: si tratta delle<br />

tradizionali cialde rotonde di<br />

Montecatini della Pasticceria<br />

Bargilli (viale Grocco 2,<br />

Montecatini Terme; tel. 0572<br />

79459), depositaria della ricetta<br />

originale, creata dal padre<br />

dell’attuale proprietario. Due<br />

sottili ostie fragranti, fatte di<br />

farina, zucchero, uova e latte e<br />

ripiene di mandorle tritate: il<br />

segreto è tutto nel dosaggio<br />

sapiente e nella manualità<br />

preziosa, che trasformano gli<br />

ingredienti in un miracolo di<br />

semplicità e di sapore. Ottime<br />

con la cioccolata, deliziose con<br />

la panna montata o con il vin<br />

santo; confezionate in eleganti<br />

scatole di latta, possono essere<br />

un’idea regalo inconsueta e<br />

raffinata.<br />

79


I primi dieci anni<br />

del vino Luce<br />

Degustazione del vino Luce della Vite di Montalcino<br />

effettuata il 3 novembre 2005<br />

presso il Wine Bar Frescobaldi di Firenze<br />

di Paolo Baracchino<br />

L’azienda è ubicata nei pressi di Montalcino<br />

(SI) ed ha una superficie di 192 ha di terreno<br />

di cui 16,5 attualmente destinati a vite. Il terreno<br />

vitato è ad un’altezza sul livello del mare<br />

che va dai 350 ai 420 metri. Il terreno è ricco<br />

di galestro, ben drenato e povero di sostanze<br />

organiche, condizioni ideali per la coltivazione<br />

del sangiovese. I terreni più bassi sono più<br />

ricchi di argilla, ottimale per la viticoltura del<br />

merlot. La maturazione normalmente è lenta e<br />

graduale quando la stagione è soleggiata e<br />

secca.<br />

Luce della Vite nasce dalla collaborazione tra i<br />

Marchesi de’ Frescobaldi e Robert Mondavi e<br />

prosegue con successo fino al 28 febbraio<br />

2005, data in cui i Frescobaldi hanno acquistato<br />

le quote di proprietà della Robert Mondavi<br />

Corporation, dal dicembre 2004 controllata<br />

dalla società americana Constellation Brands.<br />

Contestualmente le quote sono state cedute<br />

alla Mondavi Partener Llc, società personale<br />

di Micheal Mondavi, figlio di Robert, che<br />

oggi detiene una partecipazione finanziaria in<br />

Luce della Vite s.r.l., di proprietà dei Marchesi<br />

de’ Frescobaldi. Il vino Luce è composto dall’assemblaggio<br />

del sangiovese e del merlot,<br />

quest’ultimo normalmente presente nella misura<br />

del 50%. È l’enologo Niccolò D’Afflitto a<br />

80 Le degustazioni<br />

Azienda Luce della Vite s.r.l.<br />

sede amministrativa<br />

Via S. Spirito n. 11<br />

50125 - Firenze<br />

tel. 055 27141<br />

fax 055 211527<br />

info@lucewines.it<br />

decidere, a seconda dell’annata, la percentuale<br />

di merlot e di sangiovese da assemblare. Le<br />

bottiglie prodotte vanno, dal 1993, che è il<br />

primo anno di produzione, da 28.000 alle<br />

130.000 del 2000 ed alle 8.000 del 2002, anno<br />

notoriamente difficile a causa delle pessime<br />

condizioni meteorologiche.<br />

Per quanto concerne la vinificazione la resa<br />

media è bassa, di circa 30 ettolitri per ettaro.<br />

Il merlot matura alla metà di settembre ed il<br />

sangiovese dopo circa 4 settimane. Le due varietà<br />

vengono vendemmiate separatamente e<br />

vengono unite solo verso la fine di novembre,<br />

dopo che ciascuna ha effettuato la fermentazione<br />

alcolica a lunga macerazione. Il mosto<br />

viene posto in vasche di acciaio a temperature<br />

controllate per 4 settimane in cui avvengono<br />

la fermentazione alcolica e la macerazione sulle<br />

bucce. Alla fine della fase di fermentazione e<br />

di macerazione i vini sangiovese e merlot vengono<br />

assemblati. Segue l’allevamento del vino<br />

in barriques francesi per circa 18 mesi. Il vino<br />

viene poi raccolto in botti di rovere dove sosta<br />

qualche altro mese prima dell’imbottigliamento.<br />

Da notare che questa verticale ha fatto<br />

emergere, in modo chiaro, la tipicità ed omogeneità<br />

olfattiva e gustativa di questo vino in<br />

tutte le annate.


Simbologia dei punteggi<br />

95-100 90-94 85-89 80-84 75-79 70-74<br />

1993<br />

Veste rosso granato con<br />

finissimo bordo aranciato. Al<br />

naso si avvertono sentori di<br />

sottobosco, la prugna secca,<br />

il fieno e la menta, seguiti<br />

da profumi di liquirizia, di<br />

goudron, di anice stellato e<br />

di cuoio. Al gusto si presenta<br />

ben equilibrato con la<br />

freschezza che domina<br />

l’alcol. Il tannino è dolce e<br />

vellutato ma non abbastanza<br />

largo. Il corpo è medio.<br />

Notevole è la sua mineralità<br />

e sapidità. Retrogusto di<br />

confettura di ciliegia.<br />

Abbastanza lunga è la sua<br />

persistenza aromatica<br />

intensa.<br />

Giudizio. Vino ricco di<br />

profumi terziari, che denotano<br />

la sua “vecchiaia”.<br />

Nell’insieme un vino piacevole<br />

ma arrivato all’apice<br />

della sua maturità.<br />

1994<br />

All’esame visivo si presenta<br />

rosso granato scuro con<br />

largo bordo aranciato.<br />

All’esame olfattivo si è<br />

inizialmente un po’ disturbati<br />

da una certa riduzione.<br />

Sostando il vino per un po’<br />

nel bicchiere, si ossigena e<br />

rilascia sentori di pelle, di<br />

pepe nero, di menta, di<br />

fieno secco, di prugna secca<br />

e nel finale sentori di<br />

rabarbaro. In bocca le<br />

sostanze dure sono in<br />

equilibrio con quelle<br />

morbide, ad eccezione del<br />

tannino che sfoggia la sua<br />

dolcezza e grassezza iniziale,<br />

per perderla successivamente<br />

in favore della parziale<br />

secchezza finale. Il corpo è<br />

medio, con sufficiente<br />

persistenza.<br />

Giudizio. Arriva un po’<br />

stanco sul finale, con<br />

emozioni non incredibili.<br />

1995<br />

Alla vista si presenta di un<br />

bel rosso rubino intenso.<br />

Bagaglio aromatico ampio e<br />

piacevole con note di<br />

rabarbaro accompagnate da<br />

sensazioni fruttate di<br />

confettura di ciliegia,<br />

floreali, di viola, di prugna<br />

secca, di fieno di terra, per<br />

terminare con cenni di caffè.<br />

Al gusto si percepisce una<br />

buona mineralità, con lievi<br />

cenni in sottofondo di viola.<br />

Vino equilibrato con alcol e<br />

freschezza presenti in egual<br />

misura. Il tannino è dolce,<br />

vellutato per poi nel finale<br />

diventare un po’ secco. Il<br />

corpo è medio. Lunga è la<br />

persistenza aromatica<br />

intensa.<br />

Giudizio. Giovane al colore<br />

e all’olfatto, con una viola<br />

che conquista sia l’olfatto<br />

che il gusto.<br />

1996<br />

Rosso rubino con larghe<br />

trame granato. Al naso è<br />

Le degustazioni 81


inizialmente un po’ chiuso,<br />

per poi aprirsi successivamente<br />

con riconoscimenti di<br />

pelle, di polvere da sparo, di<br />

fieno secco, di prugna secca.<br />

L’esame olfattivo prosegue<br />

con note di liquirizia, di<br />

confettura di ciliegia, di<br />

menta e di anice stellato. Al<br />

gusto è piacevole con una<br />

freschezza in netto dominio<br />

dell’alcol e con un tannino<br />

dolce, vellutato ed abbastanza<br />

largo. Gradevole è la<br />

sua mineralità. Corpo medio<br />

e lunga è la persistenza<br />

aromatica intensa. Retrogusto<br />

di prugna secca in<br />

particolare.<br />

Giudizio. Olfatto inizialmente<br />

non troppo franco. Il<br />

gusto è un po’ penalizzato<br />

dall’eccessiva freschezza.<br />

Nell’insieme però è un vino<br />

piacevole.<br />

1997<br />

Si presenta con un rosso<br />

rubino luminoso con lieve<br />

bordo porpora. All’olfatto<br />

esprime una gamma aromatica<br />

ampia e piacevole con<br />

note intense di menta di<br />

confettura di ciliegia e di<br />

viola mammola. L’esame<br />

olfattivo prosegue con note<br />

di liquirizia e di polvere di<br />

82 Le degustazioni<br />

cacao. Al gusto è minerale e<br />

sapido. Bocca di grande<br />

impatto con spalla alcolica<br />

importante, affiancata da<br />

una vivace freschezza.<br />

Il tannino è dolce, setoso,<br />

avvolgente, e largo, quasi<br />

nella sua totalità, anche se<br />

nel finale diventa un po’<br />

secco. Il corpo è al di sopra<br />

della media. Gradevole è la<br />

sua morbidezza, mentre<br />

lunga è la sua persistenza<br />

aromatica intensa.<br />

Giudizio. Grande vino,<br />

piacevole sia all’olfatto che<br />

al gusto.<br />

1998<br />

Appare rosso rubino con<br />

lieve bordo granato. L’impatto<br />

olfattivo è intenso con<br />

iniziali note di prugna secca<br />

e di fieno secco, per proseguire<br />

con sensazioni di<br />

confettura di ciliegia, di<br />

caramella di rabarbaro, di<br />

anice stellato e di menta. Al<br />

palato è equilibrato con<br />

alcol e freschezza presenti in<br />

modo evidente. Il tannino è<br />

dolce, vellutato ma un po’<br />

centrale. Il corpo è medio,<br />

abbastanza persistente al<br />

gusto, con piacevole finale<br />

di menta.<br />

Giudizio. Migliore all’olfatto<br />

che al gusto ma nell’insieme<br />

il vino è gradevole.<br />

1999<br />

Lucente rosso rubino con<br />

lieve bordo cipolla rosa.<br />

L’impatto olfattivo è intenso,<br />

franco e ricco di profumi,<br />

giocato sull’eleganza, con


toni di salsedine, di pelle, di<br />

prugna secca, di confettura<br />

di ciliegia, di fieno secco, di<br />

viola mammola, di menta, di<br />

liquirizia e di gomma. In<br />

bocca è abbastanza caldo,<br />

fresco, con un tannino<br />

dolce, rotondo e setoso.<br />

Piacevole morbidezza, corpo<br />

medio e intrigante. Equilibrato<br />

e persistente, con<br />

retrogusto di ciliegia e di<br />

menta.<br />

Giudizio. Vino interessante<br />

con un bellissimo corpo. La<br />

potenza rispecchia l’annata<br />

che ha dato vini ricchi.<br />

2000<br />

Rosso rubino intenso con<br />

fitte trame porpora. Al naso<br />

si avvertono sensazioni di<br />

menta, floreali di viola<br />

mammola, di ciliegia e di<br />

cuoio. L’impatto gustativo è<br />

buono e sufficientemente<br />

complesso, con un gradevole<br />

equilibrio delle sostanze<br />

dure con quelle morbide. Il<br />

tannino è dolce inizialmente<br />

per poi diventare un po’<br />

secco e meno aggraziato.<br />

Buona è la sua persistenza<br />

aromatica intensa.<br />

Giudizio. Olfattivamente ha<br />

bisogno di tempo per<br />

migliorarsi. Piacevole è la<br />

sua mineralità. Il corpo non<br />

è poderoso ma sufficiente.<br />

2001<br />

Colore luminosissimo con<br />

rosso rubino intenso con<br />

trama porpora. Ha un naso<br />

intenso, fitto ed intrigante,<br />

quasi esaltante nelle note di<br />

cuoio, con sentori variegati<br />

di ciliegia, di menta, di<br />

viola e di prugna. Al gusto<br />

evidenzia una freschezza<br />

vivace e piacevole che è in<br />

equilibrio con l’alcol. I<br />

tannini sono dolci, morbidi,<br />

vellutati e abbastanza<br />

larghi. Buona morbidezza,<br />

corpo medio, lunga la sua<br />

persistenza aromatica<br />

intensa. Retrogusto di viola.<br />

Giudizio. Vino piacevole,<br />

importante, godibile.<br />

2002<br />

Bel rosso rubino intenso con<br />

trame porpora. All’olfatto si<br />

avverte un legno che scalpita<br />

e che deve trovare il suo<br />

spazio e fondersi al meglio.<br />

Successivamente si sentono<br />

profumi di ciliegia, di cuoio,<br />

di menta e di cacao. L’impatto<br />

gustativo è caldo e<br />

morbido, anche se lievemente<br />

scomposto, mentre la<br />

freschezza è in lieve sottotono<br />

all’alcol. Il tannino è<br />

dolce, vellutato e abbastanza<br />

largo. Bel corpo ma un<br />

po’ esile sul finale.<br />

Giudizio. Vino che rispecchia<br />

un po’ l’annata non<br />

troppo felice. Il legno si<br />

sente un po’ troppo anche se<br />

l’insieme appare godibile.<br />

Le degustazioni 83


Chianti Classico Riserva<br />

“Vigna Casi”e Fiore<br />

del Castello di Meleto<br />

di Aldo Fiordelli<br />

“AAA... produttore cercasi”. Cominciò più o<br />

meno così, nel 1969, la storia di Meleto: da<br />

un annuncio sul giornale. Sembra impossibile<br />

e ancora oggi viene da chiedersi se, proprio<br />

in una terra di litigiosi come la Toscana,<br />

non si tratti di una favola piuttosto che della<br />

storia di una sorta di inedita cantina “sociale”<br />

nata da un’inserzione. Eppure nel 1969<br />

l’ammiraglio Franceschetti decise di pubblicare<br />

un’inserzione su “Quattro soldi”, un noto<br />

magazine dell’epoca, per cercare quote sociali<br />

in grado di acquistare un’azienda vitivinicola.<br />

Non era certo un momento facile per<br />

il Chianti ma un po’ per la novità, un po’ per<br />

il basso costo dell’investimento, risposero duemila<br />

persone. Oggi, a distanza di oltre trent’anni,<br />

ci sono ancora 1890 soci iscritti, alcuni<br />

dei quali non sanno nemmeno di essere... “produttori<br />

di vino”, 400 invece fidelizzati dai<br />

vertici dell’azienda e uno socio di maggioranza:<br />

il noto distributore svizzero di vino<br />

Schuler. È a lui che si deve il rinascimento<br />

aziendale del Castello di Meleto. I 176 ettari<br />

di vite in quel di Gaiole sono oggi seguiti<br />

84 Le degustazioni<br />

Castello di Meleto<br />

53013 Gaiole<br />

in Chianti (SI)<br />

tel. 0577 749217<br />

fax 0577 749217<br />

www.castellomeleto.it<br />

info@castellomeleto.it<br />

dal giovane enologo Federico Cerelli (ex Antinori)<br />

con la supervisione di Stefano Chioccioli.<br />

Dal 1989 sono stati reimpiantati 20<br />

ettari all’anno e dal 1992 è entrato in vigna<br />

anche il merlot. Le tecniche di vinificazione<br />

sono moderne, ma non senza selezioni manuali:<br />

vasche al posto di pompe per i rimontaggi;<br />

diraspatrice senza pigiatura, microssigenazioni.<br />

“Vigna Casi”, è uno dei fiori all’occhiello<br />

di questa caratteristica “sotto”zona<br />

del Chianti classico (dal 1996 al 2000)<br />

insieme a il... Fiore, Igt a base di sangiovese<br />

e merlot (dal 1996 al 2000).


Simbologia dei punteggi<br />

95-100 90-94 85-89 80-84 75-79 70-74<br />

Chianti Classico<br />

Riserva “Vigna Casi”<br />

1996<br />

Rosso granato con riflessi<br />

aranciati, il vino ha profumi<br />

terziari solo abbastanza<br />

eleganti di confettura di<br />

more, con sfumature di<br />

cuoio, pepe nero e tabacco<br />

(LR). Di corpo medio, è<br />

comunque morbido sul<br />

palato, con tannini evoluti<br />

ed un suo equilibrio che<br />

gli conferiscono non<br />

troppa potenza ma un<br />

finale abbastanza lungo e<br />

dolce.<br />

Giudizio. La bella vivacità<br />

del colore tradisce un’acidità<br />

ancora elevata: nel<br />

bene (longevità) e nel male<br />

(una volatile un po’ alta).<br />

1997<br />

Vino dal colore granato<br />

intenso, con un naso fine<br />

dalle note floreali di<br />

violetta e rosa, poi confettura<br />

di visciola, selvaggina<br />

e una bocca piena, densa,<br />

con un tannino deciso ma<br />

levigato, ottima sapidità e<br />

ancora un bel mordente<br />

fresco/acido.<br />

Giudizio. Ottima la rispondenza<br />

naso/bocca tra sé e<br />

rispetto alla tipicità della<br />

zona, con una punta di<br />

alcol prevalente e un finale<br />

leggermente amarognolo<br />

comunque lungo.<br />

1998<br />

Le note di colore cominciano<br />

già a virare al rubino,<br />

con riflessi granati. Anche i<br />

profumi corrispondono<br />

all’evoluzione con note più<br />

fresche di violetta, prugna<br />

(LR), ribes nero, cuoio e<br />

balsamiche. In bocca il vino<br />

è molto morbido, di struttura,<br />

ma levigato ed equilibrato.<br />

Giudizio. Anche se manca<br />

una certa complessità,<br />

l’acidità ancora piuttosto<br />

elevata non disturba e<br />

veicola un finale lungo,<br />

persistente e dolce.<br />

1999<br />

Rubino impenetrabile con<br />

una spessa unghia granata,<br />

in questo millesimo il vino<br />

esprime un carattere più<br />

rustico come di roast beef,<br />

con note pure di viola, frutti<br />

di bosco (LR), cuoio e<br />

accenni balsamici. Bocca<br />

piena e densa, matura,<br />

equilibrata e lunga.<br />

Giudizio. Qui l’equilibrio è<br />

raggiunto anche troppo<br />

presto ma comunque il vino<br />

risulta di buona sostanza e<br />

godibile.<br />

2000<br />

Un colore purpureo ma<br />

limpido, invitante, e un<br />

aroma molto intenso con<br />

sfumature di viola mammola,<br />

di visciola, di caffè tostato,<br />

di cannella (LR), di cuoio e<br />

di pepe nero. Al palato il<br />

vino è strutturato e liscio,<br />

caldo, avvolgente (LR) con<br />

un alcol importante ma<br />

intessuto tra acidità e sali<br />

minerali in un finale davvero<br />

lungo, rilassante e piacevole.<br />

Giudizio. Un ottimo<br />

rapporto fresco/sapido,<br />

combinato con la struttura<br />

dei polialcoli con stile e<br />

personalità di toni chiantigiani<br />

e del legno.<br />

Fiore (sangiovese<br />

e merlot)<br />

1996<br />

Rubino granato, al colore<br />

questo vino accenna anche<br />

a un’unghia aranciata. Il<br />

naso è comunque abbastanza<br />

fresco con riconoscimenti<br />

di confettura di ciliegia,<br />

cuoio e grafite (LR). In<br />

bocca il vino si distende<br />

Le degustazioni 85


morbido anche se il tannino<br />

rimane asciugante e il corpo<br />

non entusiasma.<br />

Giudizio. Meno evoluto al<br />

naso rispetto a colore e<br />

gusto, finale come si usa<br />

dire che “scappa in bocca”.<br />

1997<br />

Colore rubino con riflessi<br />

granati, unghia spessa, naso<br />

intenso e abbastanza fine. Si<br />

riconoscono note di confettura<br />

di more, speziate di<br />

pepe nero, cannella, balsamiche<br />

(LR) e una sfumatura<br />

di foxy. Il gusto è anche<br />

intenso, pieno, con un<br />

leggero eccesso di acidità e<br />

un finale che convince solo<br />

a metà nella lunghezza, ma<br />

tostato e dolce.<br />

Giudizio. Vino in forte<br />

crescendo, con prospettive<br />

anche per l’equilibrio dopo<br />

un invecchiamento di altri<br />

cinque o sei anni.<br />

1998<br />

Il colore s’infittisce e risulta<br />

adesso pieno e purpureo. Il<br />

profumo è composto con<br />

note di viola, di mirtillo e<br />

ribes, ma anche tostato con<br />

86 Le degustazioni<br />

riconoscimenti di tabacco,<br />

pelliccia e cenni di cioccolato<br />

(LR). Bocca morbida,<br />

calda, con un’acidità<br />

importante e tannini fitti<br />

che si allargano solo nel<br />

finale.<br />

Giudizio. Cambiano le botti<br />

di rovere e la differenza si<br />

sente soprattutto nella<br />

tostatura degli aromi, ma la<br />

struttura del terreno con la<br />

sua acidità e la mineralità<br />

restano.<br />

1999<br />

Resta un riflesso granato<br />

sull’unghia di un corpo<br />

impenetrabile e alla vista di<br />

un vino dalle note intense<br />

ed eleganti di violetta,<br />

visciola e selvatiche.<br />

Cremoso in bocca e dalla<br />

struttura imponente, manca<br />

però l’equilibrio di un’acidità<br />

solo in parte addomesticata<br />

dalla levità del merlot.<br />

Giudizio. Un vino in<br />

crescendo, levigato e di<br />

buona lunghezza peraltro<br />

abbastanza dolce, anche se<br />

ancora giova-ne e di buone<br />

prospettive.<br />

2000<br />

Un rosso rubino così impenetrabile<br />

ma vivace annuncia<br />

profumi intensi ma rilassanti,<br />

dolci e tostati come di rosa,<br />

di ciliegia nera, di cuoio, ma<br />

anche balsamici e mentolati<br />

(LR). Il tannino è fine,<br />

delineato (LR), e la struttura<br />

ha tanto di tutto: alcol<br />

elevato, acidità scandita,<br />

buona sapidità e succosità.<br />

Giudizio. Vino ben disteso in<br />

un finale lungo e ricco,<br />

potente, fatto secondo uno<br />

stile moderno. Sarà buono<br />

anche tra dieci anni.<br />

Conclusioni<br />

Durante la degustazione il<br />

direttore di Meleto ha<br />

raccontato di una recente<br />

scoperta tra le cantine<br />

dell’azienda. Casse di<br />

Chianti classico riserva del<br />

1981 di ottima conservazione:<br />

granato aranciato<br />

scarico e brillante nel<br />

bicchiere; elegante al naso<br />

con note di prugne secche,<br />

di composta di more, di<br />

cuoio, minerale; abbastanza<br />

pieno al gusto, elegante e<br />

rilassante, ancora fresco,<br />

equilibrato e dolce. Il<br />

giudizio è, stando così le<br />

cose, ovviamente positivo.


Degustazione verticale del vino<br />

D’Ovidio dell’azienda<br />

San Luciano<br />

Effettuata a San Luciano l’8 settembre 2005<br />

di Sandro Bosticco<br />

«È il vino che i miei figli hanno voluto dedicarmi<br />

perché dicono che mi assomiglia. Lo<br />

descrivono di bella personalità e struttura,<br />

sostengono che abbia un carattere forte che<br />

si esprime con dolcezza». Così va commentando<br />

Ovidio Ziantoni, fondatore dell’azienda<br />

San Luciano dopo aver lasciato Marino sui<br />

Castelli Romani. Per una volta, ci sembra che<br />

1998<br />

La prima edizione colpisce<br />

per la tonalità giovanile del<br />

colore, non troppo intenso<br />

ma con un evidente residuo<br />

porporino. Sorprende, al<br />

naso, un timbro metallicominerale<br />

inaspettato, uno di<br />

quei sentori non sgradevoli<br />

ma che prendono in contropiede.<br />

Sotto, sono avvertibili<br />

tutt’altre nuances, dalla<br />

frutta matura al cuoio. In<br />

bocca è più lineare, offre<br />

buon equilibrio e piacevolezza<br />

di beva su corpo non<br />

troppo greve. Nel finale si fa<br />

un po’ secco ma rimane<br />

aromatico.<br />

Giudizio. Ecco un vino di<br />

spiccata personalità, di<br />

quelli che colpiscono il<br />

degustatore un po’ annoiato<br />

dai tanti assaggi. In ogni<br />

caso si presta anche a<br />

“banali” quanto efficaci<br />

abbinamenti a tavola. Fu<br />

ancora impiegata una<br />

diraspatrice verticale e un<br />

solo tipo di barrique (Allier).<br />

Azienda Agricola<br />

San Luciano,<br />

di Ovidio Ziantoni e figli<br />

Loc. San Luciano, 90<br />

52048 Monte San Savino (AR)<br />

tel. 0575 848518<br />

fax 0575 848210<br />

info@sanlucianovini.com<br />

www.sanlucianovini.com<br />

tanti dettagli non servano e che le parole del<br />

Patriarca siano più che sufficienti a presentare<br />

il vino. L’essenziale: i terreni vicino a Monte<br />

San Savino sono ricchi, l’uvaggio è un insolito<br />

sangiovese-Montepulciano con ritocco<br />

bordolese; qualche variazione in cantina<br />

nel corso degli anni c’è stata, ma che restino<br />

“segreti di famiglia”.<br />

1999<br />

A maggior ragione qui, da<br />

un’annata appena più<br />

recente e in generale molto<br />

valida per i rossi toscani,<br />

troviamo un colore ancora<br />

leggermente porporino – e<br />

d’intensità anche maggiore.<br />

Il profumo è forte e ben<br />

variegato: troviamo innanzitutto<br />

note fresche di piccoli<br />

frutti, poi macchia mediterranea,<br />

vaniglia e cacao. In<br />

bocca l’alcol si fa sentire più<br />

del resto, tanto da conferire<br />

un tenore “dolce” al primo<br />

impatto. In seguito emergo-<br />

Le degustazioni 87


Simbologia dei punteggi<br />

95-100 90-94 85-89 80-84 75-79 70-74<br />

no i tannini – gentilmente<br />

– e rimane una impressione<br />

di buon volume. Finale<br />

pulito e coerente, con<br />

gradevole componente<br />

aromatica.<br />

Giudizio. È un vino in<br />

grande forma, potente ma<br />

equilibrato. Gli Ziantoni ci<br />

hanno raccontato che è<br />

frutto di una macerazione<br />

di quaranta giorni, ma non<br />

si direbbe. L’impressione<br />

generale, semmai, è di una<br />

certa semplicità: caratteristica<br />

che forse gli pregiudica<br />

punteggi stratosferici,<br />

ma che gli garantisce un<br />

successo a tutto campo.<br />

2000<br />

Il rubino è fitto e luminoso<br />

al tempo stesso. Il calore<br />

dell’annata si avverte bene<br />

sotto il naso, dove questo<br />

vino offre un immediato<br />

timbro dolce che può<br />

ricordare la marmellata di<br />

prugne o ciliegie. Buona<br />

l’intensità, che lascia il<br />

posto a più tenui note di<br />

cacao e caffè. Il gusto si<br />

88 Le degustazioni<br />

distende potente e progressivo,<br />

forse un po’esile<br />

all’attacco ma recupera con<br />

straordinaria polposità e<br />

tannini setosi. Buono, come<br />

nei precedenti, l’aroma<br />

finale.<br />

Giudizio. Figlio dell’annata,<br />

il D’Ovidio 2000 è di quei<br />

vini che danno grande<br />

soddisfazione in degustazione<br />

pura, privo di spigoli<br />

e ricco invece di densità<br />

aromatica che si manifesta<br />

con continuità.<br />

2001<br />

Si presenta con un appetitoso<br />

rosso porpora pieno di<br />

luce, e mantiene alta<br />

l’attenzione con un<br />

bouquet ben sfaccettato. Ci<br />

sentiamo, a ondate, tabacco<br />

e china, caffè e liquirizia,<br />

ciliegie e tartufi. Un po’ del<br />

“vegetale” tipico del<br />

Cabernet affiora tra una<br />

sniffata e l’altra. Tanta<br />

varietà aromatica ce la<br />

ritroviamo in bocca, dove il<br />

D’Ovidio 2001 offre un<br />

andamento lineare e deciso,<br />

ben sostenuto da acidità e<br />

tannini a bilanciare la<br />

polposità.<br />

Giudizio. Si tratta di un<br />

vino davvero ben espresso,<br />

in grado di piacere a molti<br />

e in molte circostanze,<br />

centrato anche con lo<br />

zampino dell’annata giusta.<br />

Godibile ora come fra<br />

diverso tempo.<br />

2003<br />

Il colore decisamente<br />

porporino denuncia la<br />

gioventù che si ritrova nel<br />

profumo, ancora non ben<br />

amalgamato tra il frutto<br />

(fragola) e il legno (tostato,<br />

vaniglia), con una nota<br />

di lavanda. Il gusto è<br />

ampio, potente ma anche<br />

morbido: solo nel finale i<br />

tannini prendono – per<br />

adesso – il sopravvento.<br />

Giudizio. Assaggiamo qui<br />

un campione da vasca, per<br />

cui ci tratteniamo da una<br />

valutazione numerica. Ci<br />

sembra, in ogni caso, la<br />

conferma qualitativa per<br />

un’etichetta in crescendo.

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