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il piacere<br />
della tavola<br />
in Toscana<br />
GOLA<br />
<strong>gioconda</strong><br />
edizioni Aida<br />
4<br />
2005<br />
€ 3,50
Editoriale<br />
La nostra rivista fin dalla sua testata evoca allegri<br />
e carnali piaceri; spessissimo poi viene chiamata<br />
<strong>Gola</strong> Profonda (è superfluo confessare che il<br />
gioco, non solo di parole, è voluto) e quindi il<br />
richiamo a peccati ancora più carnali è<br />
fortissimo. Potrebbe sembrare perciò quasi<br />
ovvia l’irriverenza delle pagine di questo numero<br />
dedicate al diavolo in cucina, numero che oltretutto<br />
esce a pochi giorni dalle feste di fine anno, quando<br />
tutti cioè dovremmo o vorremmo essere più buoni,<br />
pensare a far del bene e via dicendo.<br />
In realtà, nell’incertezza tra il collocarci nel girone<br />
infernale dei lussuriosi o il rifugiarci in quello dei<br />
golosi, abbiamo virato tutto con i colori (rossastri?)<br />
dell’ironia e della leggerezza; e, lungi da noi l’idea di<br />
strapazzare le feste e la loro sacralità, abbiamo<br />
cominciato col raccontare, nell’articolo di Sandro<br />
Bosticco, cosa succede quando le fiamme dell’inferno<br />
riscaldano la tavola; abbiamo proseguito, grazie a Max<br />
Frascino, col ricordare come le tre grandi religioni<br />
monoteiste attribuiscano da sempre un profondo<br />
significato al cibo e nel corso dei secoli hanno<br />
costruito mansionari di pratiche alimentari e codici<br />
comportamentali a volte molto corposi; non ci siamo<br />
dimenticati, per merito di Lara Fantoni, delle streghe e<br />
delle vessazioni che nei secoli hanno subito,<br />
soprattutto per quanto rappresentavano in tema di<br />
potere creativo e di espressione della libertà; abbiamo<br />
ricordato, tramite le parole di Paolo Pellegrini, la<br />
sacralità della fame, cioè la pratica del digiuno come<br />
pilastro di tutte le religioni; e infine, consentitecelo,<br />
siamo tornati nell’alveo della tradizione descrivendo<br />
con Marco Ghelfi il tripudio dei sapori e il senso delle<br />
scorpacciate di Natale. Già, dimenticavamo: auguri; ce<br />
li meritiamo, voi che ci leggete e noi che vi scriviamo.<br />
1
s o m m a r i o<br />
4 Il diavolo in cucina<br />
SANDRO BOSTICCO<br />
9 Non di solo pane...<br />
MASSIMILIANO FRASCINO<br />
15<br />
21<br />
27<br />
La cucina delle streghe<br />
LARA FANTONI<br />
Quando la fame è sacra<br />
PAOLO PELLEGRINI<br />
Il cenone che verrà<br />
MARCO GHELFI<br />
Speciale Un altro vino<br />
è possibile<br />
60 Locali per un giorno<br />
Shopping<br />
62 Una fame da lupo
Staseranonesco<br />
64 Una sera intorno al foghér<br />
66 Cibo tra le righe<br />
68<br />
Slow Food Firenze<br />
Per fare un albero...<br />
70 <strong>Gola</strong>... Milano<br />
Gustati per voi<br />
71 Una “ghiotta” occasione<br />
72 In giro con <strong>Gola</strong><br />
74 Winelovers<br />
76 Bocche di fuoco<br />
Consigli di <strong>Gola</strong><br />
78 Dolci tentazioni<br />
80 Le degustazioni<br />
<strong>Gola</strong> <strong>gioconda</strong><br />
I piaceri della tavola<br />
in Toscana<br />
Trimestrale<br />
www.gola<strong>gioconda</strong>.it<br />
posta@gola<strong>gioconda</strong>.it<br />
Realizzazione editoriale, grafica,<br />
impaginazione, riproduzione<br />
immagini:<br />
edizioni Aida<br />
Via Maragliano 31/A,<br />
50144 Firenze<br />
Tel. 055 321841<br />
Fax 055 3215216<br />
Direttore editoriale<br />
Leonardo Romanelli<br />
Direttore responsabile<br />
Lirio Mangalaviti<br />
Coordinamento redazionale<br />
Chiara Tacconi<br />
In redazione<br />
Max Frascino,<br />
Maurizio Izzo, Daniela Lucioli,<br />
Cristiano Maestrini,<br />
Silvia Vigiani<br />
Hanno collaborato a questo numero<br />
Stefania Bacherini, Paolo<br />
Baracchino, Sandro Bosticco,<br />
Olivia Chierighini,<br />
Aldo Fiordelli, Marco Ghelfi,<br />
Luigi Pittalis<br />
Progetto grafico<br />
Lucia Chieffo<br />
Copertina<br />
Timoti Bandinelli<br />
Disegni originali<br />
Chiara Raugei<br />
Abbonamento annuale<br />
(4 numeri) 12,00 euro da<br />
versare sul c/c postale<br />
n. 25030503, intestato a Aida,<br />
causale del versamento<br />
“abbonamento a 4 numeri di<br />
<strong>Gola</strong> <strong>gioconda</strong>”<br />
Pubblicità:<br />
Aida srl, tel. 055 3218448<br />
Stampa<br />
Nuova Grafica Fiorentina,<br />
Firenze<br />
Aut. del Trib. di Firenze<br />
n. 4843 del 18/12/98
Il diavolo in cucina<br />
4<br />
SANDRO BOSTICCO<br />
Ve lo garantisco, quando si tratta di nominare questa rivista<br />
il 68,3% dei miei interlocutori dice disinvoltamente “<strong>Gola</strong><br />
profonda”. Secondo gli esperti si tratta per una buona metà di<br />
lapsus froidiani: e già questo è peccaminoso. Considerando<br />
che l’altra metà crede che la testata si chiami proprio così,<br />
capite subito che l’editore, i redattori, i giornalisti, i grafici e<br />
financo i tipografi si trovano senz’altro all’inferno. Il megadirettore<br />
Romanelli, reo creatore della geniale denominazione,<br />
ha sviluppato addirittra una coda luciferina, che a mala pena<br />
nasconde dietro giacche abbondanti. Quanto al girone dantesco,<br />
però, c’è discussione fra i teologi se piazzarci in mezzo ai<br />
lussuriosi o ai golosi, con dispute degne dei filosofi medioevali:<br />
noi ne approfittiamo per sfuggire ai controlli e mandare in<br />
stampa ogni tanto le nostre facezie.<br />
Dalla lingua alla gola, ecco cosa succede<br />
quando le fiamme dell’inferno riscaldano la tavola
E dunque per tendenza naturale anch’io finisco col privilegiare<br />
i sapori “caldi”, che evocano le fiamme infernali. Pure il gergo<br />
che cerca di descrivere il gusto, infatti, ricorre all’idea di calore<br />
(dal tiepido al bruciante) quando si tratta di descrivere una<br />
sensazione forte come il vigore alcolico o l’aggessività del peperoncino.<br />
Niente a che fare con la vera temperatura del sorso<br />
o del boccone; piuttosto un procedere per metafora. Sulle<br />
schede di degustazione compare invariabilmente il termine<br />
“caldo” per descrivere un vino che viaggia sopra i 13° o<br />
giù di lì. Che dire allora di grappe, whisky e rum che<br />
veleggiano sopra i 40? Per quanto approssimata, la<br />
metafora regge e certamente vi è capitato di sfogliare<br />
qualche menù esotico in un paese straniero<br />
dove accanto all’incomprensibile nome di un piatto<br />
messicano o thailandese compariva la sommaria<br />
descrizione “hot” o “very hot” in un inglese<br />
globalizzato.<br />
Peccati… di gola<br />
Tuttavia non importa andare tanto lontano per<br />
trovare l’inferno. Basta che vi rechiate nella trattoria<br />
dietro l’angolo per ordinare il Pollo alla Diavola,<br />
a meno che l’incubo dell’influenza aviaria<br />
non l’abbia rimosso dal menù (che ci sia, anche<br />
qui, un effetto del Maligno?). In questo caso non<br />
si tratta tanto di piccantezza, quanto di fuoco vivo,<br />
più o meno infernale. Nella ricetta, d’altronde, compare<br />
il verbo “fiammeggiare”, che insieme al sangue<br />
(del maiale) al sudore (del cuoco) e alle lacrime<br />
(dovute più che altro alla cipolla) fa sempre rassomigliare<br />
ogni cucina a un girone dantesco. Se volete stare sull’intellettuale<br />
e approcciare il mondo diavolesco senza rischiare di<br />
bruciarvi la lingua potete anche gustarvi delle belle mele; apparentemente<br />
innocue, piacevoli e rinfrescanti, implicano<br />
tuttavia l’allusione peccaminosa alle rotondità tergali (più o<br />
meno appetitose a seconda del loro stato fisico e delle tendenze<br />
➤<br />
5
sessuali dell’osservatore-degustatore). Da non dimenticare, poi,<br />
che uno di questi frutti costituì l’occasione del Peccato Originale,<br />
essendo cresciuto non su un melo qualsiasi, ma nientedimeno<br />
che sull’Albero del Bene e del Male: una varietà ora<br />
scomparsa, a metà – pare – fra una Renetta e una Golden.<br />
Slow Food oggi ne farebbe un Presidio da salvaguardare, ma<br />
quelli erano altri tempi.<br />
Fuoco e fiamme<br />
Ma torniamo al vero “caldo”, cioè al piccante. Base comune in<br />
tutto il mondo è ormai il peperoncino nelle sue numerose varianti.<br />
Si tratta proprio di un appartenente alla famiglia dei<br />
peperoni, e quindi americano di origine. Il principio attivo<br />
diavolesco si chiama Capsaicina, tuttavia il Maligno ci ha messo<br />
➤<br />
anche una valanga di vitamina C (6-8 volte più di un pomodo-<br />
ro), sfidando subdolamente noi mortali ad avvantaggiarcene. Il<br />
vegetale è popolarissimo ed è diventato “gusto acquisito” in<br />
tante aree del pianeta, tanto che lo psicologo Paul Rozin ha<br />
avanzato una teoria secondo la quale la nostra mente apprezza<br />
come piacere quello che è un “rischio limitato”, provocante<br />
uno stress da stimolazione (come quando ci piace vedere scene<br />
di paura al cinema ben sapendo che non sono reali). In ogni<br />
caso i vari pimento, paprika, chilli, pepe di Cayenna, ecc.<br />
sono elaborazioni locali dei vari diabolici fruttini. Vi ricordo<br />
qui solo un paio di preparazioni super-classiche, la Harissa e il<br />
Tabasco. La prima è una salsetta maghrebina dall’innocuo profumo<br />
di aglio, che vi esplode in bocca appena osate adagiarla<br />
sul cus-cus: gli aromi rinfrescanti di cumino, coriandolo fresco<br />
e menta li ha messi dentro il Diavolo in persona per distrarre<br />
i malcapitati. Curiosa è la storia del Tabasco, salsa che<br />
prende il nome dallo stato messicano che si affaccia sul golfo.<br />
Da nome geografico è diventato un marchio di fabbrica brevettato,<br />
inquietante esempio della tendenza statunitense alla<br />
privatizzazione del mondo. La zona ha dato origine ai vari<br />
Chipotle, Habanero e Jalapeño che stanno al peperoncino come<br />
il Cabernet o il Sangiovese stano alla vite. Questa scottante<br />
materia prima viene fermentata in barili di quercia (Quercus<br />
Alba, data la lochescion), previa salatura nel sale di Avery Island<br />
in Louisiana, tanto che la potete rivendere come la versione<br />
barriccata del peperoncino. In realtà la tecnica ricorda da vicino<br />
il Sauerkraut, anche perché in questo procedimento brevettato<br />
nel 1870 viene addizionato pure l’aceto, tanto per rendere<br />
la poltiglia più aggressiva. In ogni caso tenete a mente l’adagio<br />
“Bacco, Tabasco e Venere riducono l’uomo in cenere”.<br />
curiosità<br />
➤<br />
Diavolerie<br />
linguistiche<br />
Quanto alla Toscana, il<br />
Maligno si è divertito a<br />
confondere i poveri umani<br />
con un’ulteriore diavoleria:<br />
nel volgare regionale ha diffuso<br />
la dizione “zenzero”<br />
per “peperoncino”, creando<br />
equivoci a catena e seminando<br />
zizzania nelle relazioni<br />
turistiche e internazionali<br />
in cui la nostra<br />
Regione sembra altrimenti<br />
eccellere. Già il povero<br />
Pellegrino Artusi se ne scandalizzava,<br />
eppure il problema<br />
persiste.<br />
7
fiamme nostrane<br />
8<br />
100 erbe,<br />
70 gradi<br />
La ricetta del Centerba<br />
Toro si tramanda dal 1817,<br />
quando fu messa ma punto<br />
da Beniamino Toro e<br />
subito denominata con<br />
questo saccente plurale<br />
alla latina. Fa sempre comodo<br />
tenerne una bottiglia<br />
in casa, in caso di emergenza<br />
può stasare un lavandino.<br />
È più caro della soda<br />
caustica, ma volete mettere<br />
il profumo? Taluni lo gradiscono<br />
nel caffè, voi toscanacci<br />
potreste provarlo<br />
come variante diabolica nel<br />
“ponce alla livornese”.<br />
Quanto alla versione dolce<br />
di appena 45°, si tratta<br />
ovviamente di una bibita<br />
da chierichetti.<br />
➤<br />
Questione di gradi<br />
Ma a questo punto i soliti amici sommelieri un po’ rompiballe<br />
mi proporranno il solito tormentone dell’abbinamento: «Scusi,<br />
Bosticco, ma con tutte queste calorie cosa ci consiglia casomai<br />
ci trovassimo a dover gestire una serata – speriamo una sola –<br />
nelle sale degli Inferi?».<br />
Mi verrebbe da tacitarli con gli abbinamenti più scontati, che<br />
so, uno scorrevole Sangue di Giuda dell’Oltrepò Pavese o un<br />
impegnativo cru di Inferno della Valtellina, che sappiamo benissimo<br />
essere i favoriti di Lucifero. Ma la deontologia professionale<br />
alla fine prevarrà e cercherò di convincerli a un più<br />
armonico abbinamento di caldo-contro-caldo. Quindi caccia<br />
ai super-super-alcolici, quelli da tenere lontano dai fornelli in<br />
cucina altrimenti si rischia l’incendio del quartiere. Un filone<br />
interessante sono i whisky cask strength, vale a dire “forza della<br />
botte”, cioè il liquido imbottigliato così come esce dai fusti<br />
dopo lungo o lunghissimo invecchiamento. Normalmente i<br />
bravi blenders li diluiscono con acqua di ruscello scozzese, giustificando<br />
la mossa con un miglior equilibrio organolettico anche<br />
se noi sospettiamo la loro tendenza al risparmio. Del resto<br />
anche tutti gli altri distillati vengon trattati in modo simile. Ma<br />
se volete aver un’idea dei tormenti infernali, incluso naturalmete<br />
quello di spendere di più, dovete trovare qualche rarità<br />
del genere come l’Aberlour a ‘bunath (che sembra significhi<br />
“l’origine” – forse “di tutti i mali”) che dichiara in etichetta<br />
59,6°. Ancora più meticolosi i produttori del Cardhu 1973<br />
Cask Strenght, con 60,02°, ed è chiaramente quello “0,02”<br />
che vi dà il cerchio alla testa.<br />
Ma, lasciando perdere queste bevande esotiche e tornando<br />
sul casereccio, resta da dire che il liquore più<br />
alcolico in circolazione è in realtà abruzzese: il celebrato<br />
Centerba Toro prodotto a Tocco Casauria vanta 70 gradi<br />
e gli aromi balsamici delle erbe del Gran Sasso, raccolte<br />
direttamente dal distaccamento dei Diavoli Forestali.<br />
E a questo punto bisogna aver il coraggio<br />
di dirlo: l’insospettabile Abruzzo risulta di fatto la<br />
regione più stregata d’Italia, se si pensa che oltre<br />
al Centerba vanta un prodotto tradizionale chiamato<br />
diavolicchio. Alla fine di questo articolo, lo<br />
avete capito: gira e rigira si tratta di peperoncino,<br />
amorevolmente essiccato in casa o addirittura infuso<br />
in olio di oliva – poco o punto vergine dato l’influsso<br />
infernale. Dose consigliata: una goccia ogni<br />
dieci porzioni di insalata.
Non di solo pane...<br />
Il rapporto fra il cibo e le tre principali religioni monoteiste<br />
non è dei più “sereni”. I divieti si alternano alle prescrizioni,<br />
in un coacervo di norme che regolamentano nel dettaglio il<br />
regime alimentare del povero praticante.<br />
Non tutte e tre le religioni, però, hanno lo stesso approccio ai<br />
piaceri della buona cucina, ed ognuna tratta in modo differenziato<br />
ingredienti e pietanze, con un proprio taglio originale. In<br />
un’ipotetica scala che misurasse l’intensità dei precetti alimentari,<br />
il Cattolicesimo vanta l’approccio più laico ed “antiproibizionista”;<br />
a seguire, l’Islam – introducendo il concetto di<br />
MASSIMILIANO FRASCINO<br />
Le tre grandi religioni monoteiste nel corso dei secoli<br />
hanno costruito mansionari di pratiche alimentari<br />
a volte molto corposi e complicati<br />
➤<br />
9
10<br />
➤<br />
cibo “lecito” (halàl), ripreso anche dall’Ebraismo (cibo Kasher)<br />
– mette in campo un mansionario di pratiche alimentari abbastanza<br />
corposo.<br />
Il record nella complicazione della vita del praticante, però,<br />
spetta senza dubbio agli Ebrei; i rabbini, infatti, hanno codificato<br />
la propria cultura alimentare in un complicatissimo<br />
codice normativo chiamato Kasherut, che interpreta le<br />
prescrizioni contenute nella Torah. Di fatto, un ebreo<br />
che volesse rispettare alla virgola i precetti della sua<br />
religione avrebbe ben poco tempo da dedicare ad<br />
altre cose, nell’arco della propria giornata.<br />
Non di solo pane vivrà l’uomo… (Vangelo<br />
secondo Matteo 4:4)<br />
Per i cattolici il cibo non è un tabù. Non esistono cibi<br />
puri o impuri, né prescrizioni particolari. «Non quello che<br />
entra nella bocca rende impuro l’uomo, ma quello che esce dalla<br />
bocca...». (Marco 7:15). È quindi lo stesso Gesù ad insegnare<br />
che non c’è attinenza tra abitudini alimentari e mancanza di<br />
rispetto nei confronti di Dio. «In questo contesto – spiega don<br />
Stefano Iafrancesco, cancelliere della Curia fiorentina – nella<br />
liturgia il digiuno è semplicemente una pratica che aiuta l’uomo<br />
a non essere preda degli istinti, rinunciando al cibo per<br />
concentrarsi sulla preghiera, in attesa del ritorno di Cristo, alla<br />
fine dei tempi (giudizio universale)».<br />
Non a caso la pratica del digiuno è fortemente consigliata nel<br />
periodo quaresimale – i 40 giorni precedenti la resurrezione,<br />
in cui Gesù visse nel deserto – con modalità tutto sommato<br />
sostenibili. Il precetto liturgico, infatti, richiede il digiuno o<br />
l’astinenza dal consumo di carne durante il mercoledì delle<br />
ceneri, all’inizio della Quaresima, ed il venerdì santo, cioè nel<br />
secondo giorno del triduo pasquale. Tutti i venerdì quaresimali,<br />
inoltre, è consigliata l’astensione dalle carni. Nella tradizione<br />
popolare, si parla di vigilia “nera” o “di magro”. Durante<br />
il resto dell’anno, invece, al cattolico praticante viene
ichiesta l’astensione dalla carne il venerdì, come atto penitenziale.<br />
«Il significato del digiuno cristiano – spiega ancora don Iafrancesco<br />
– è educazione a saper rinunciare alle necessità materiali,<br />
per affermare la libertà cristiana. Questo ha anche un connotato<br />
di tipo caritativo, perché, nel favorire la preghiera e l’incontro<br />
con Dio, si raccomanda al credente di devolvere ciò che si è<br />
risparmiato digiunando in opere di carità per i bisognosi. D’altra<br />
parte, questa visione virtuosa e non punitiva del digiuno è<br />
conseguente al fatto che lo stesso Gesù ha coscienza del fatto che<br />
mangiare è una necessità imprescindibile dell’uomo».<br />
«Servitevi dunque, mangiate le cose lecite e buone<br />
che il Dio via ha concesso» (Sura XVI: 114)<br />
Il Corano, testo sacro dell’Islam scritto dal profeta Maometto a<br />
seguito delle rivelazioni dell’Arcangelo Gabriele, contiene numerosi<br />
precetti alimentari, tra i quali il più importante è contenuto<br />
nella Sura II, 173: «Il Dio vi ha proibito di assaggiare l’animale<br />
morto da sé, e il sangue, la carne suina e ogni altra carne di animale<br />
su cui sia stato invocato altro nome diverso da quello di Dio. Faremo<br />
l’eccezione per colui che, non volendo, sarà obbligato a nutrirsene,<br />
senza essere un ribelle né un trasgressore: egli non peccherà,<br />
poiché Dio è indulgente, dispensatore di misericordia».<br />
Gli alimenti, pertanto, si suddividono prevalentemente in “halâl”<br />
(permessi, leciti) e “harâm” (proibiti, illeciti), ma esistono anche<br />
le sottocategorie “mushbûb” (dubbi, sospetti; il loro consumo<br />
è quindi affidato alla coscienza del musulmano) e “makrûh”<br />
(abominevoli). Questa articolazione del regime alimentare dipende<br />
anche dal fatto che l’Islam ha nei secoli assimilato molte<br />
culture in diversi continenti, definendo con duttilità i precetti<br />
ed i loro ambiti di applicazione.<br />
Gli animali permessi si possono mangiare, ma per essere halâl<br />
devono essere macellati tagliando giugulari e faringe, con gesto<br />
rituale; a poter compiere questo rito è solo un macellaio<br />
autorizzato. In sintesi, sono proibiti gli animali morti prima<br />
di essere stati macellati, il sangue, la carne di maiale e le<br />
bevande alcoliche. I precetti alimentari, a loro volta, oltre a<br />
rispondere ad esigenze d’ordine igienico sanitario, hanno la<br />
funzione di far comprendere all’uomo che esiste una volontà<br />
divina superiore che pone dei limiti, al di là dei quali l’individuo<br />
non si deve spingere, come prova di obbedienza e stimolo<br />
all’autocontrollo. «Il mussulmano osservante – conferma<br />
Mohammed Rallab, presidente della Comunità musulmana<br />
di Grosseto e cuoco di professione – deve seguire in modo<br />
➤<br />
vino “divivo”<br />
Disciplinare...<br />
ebraico<br />
Come molte altre procedure,<br />
anche la vinificazione<br />
nella cultura ebraica segue<br />
regole precise. Nessun<br />
divieto è prescritto per il<br />
vino in quanto bevanda alcolica,<br />
che rientra di diritto<br />
nell’alimentazione quotidiana<br />
ed onora la mensa<br />
il sabato e nelle festività.<br />
La norma della kasherut,<br />
però, riguarda il processo<br />
produttivo, come un’Haccp<br />
ante litteram: la pigiatura<br />
ed il processo di vinificazione,<br />
infatti, devono<br />
essere effettuati da ebrei,<br />
fino alla confezione del<br />
prodotto per il consumo.<br />
Persino l’apertura di ogni<br />
bottiglia e la mescita dovrebbero<br />
essere eseguiti da<br />
un ebreo osservante.<br />
Nella pratica vengono considerati<br />
proibiti, in assenza<br />
di controllo, tutti i vini,<br />
aceto, alcool, succo d’uva<br />
(anche se non ancora fermentato)<br />
e bevande alcoliche<br />
derivate dal vino,<br />
come vermouth, grappa,<br />
cognac o brandy.<br />
11
il digiuno ebraico<br />
12<br />
Penitenza<br />
e preghiera<br />
«I digiuni – sottolinea Elena<br />
Servi – sono dedicati alla<br />
preghiera nel ricordo di<br />
eventi straordinari della<br />
storia ebraica oppure sono<br />
di espiazione. Di solito essi<br />
vengono preceduti da alcuni<br />
giorni di penitenza, e<br />
costituiscono il tramite per<br />
astrarsi da tutto ciò che è<br />
materiale, e dedicarsi alla<br />
preghiera. Tra i principali,<br />
c’è il digiuno dei Primogeniti,<br />
alla vigilia di Pasqua,<br />
il 14 del mese di Nissàn. In<br />
questa data i primogeniti<br />
usano digiunare, in ricordo<br />
della morte dei primogeniti<br />
egiziani colpiti da<br />
una delle dieci piaghe bibliche,<br />
che risparmiò i loro<br />
coetanei ebrei. In questo<br />
caso, sono esenti dal digiuno<br />
coloro che partecipano<br />
ad una seudat mitzvà, pasto<br />
rituale che si tiene in<br />
occasione di un matrimonio,<br />
o di una circoncisione<br />
o per la conclusione di un<br />
importante ciclo di studi».<br />
➤<br />
coerente le indicazioni di Dio che sono riportate dal Corano».<br />
Il Ramadan è il nono mese del calendario islamico, che essendo<br />
basato sui mesi lunari (come quello ebraico) comincia ogni<br />
anno in date diverse. In questo periodo dell’anno, i musulmani<br />
seguono una dieta rigida, che impone il digiuno dall’alba al<br />
tramonto; l’astinenza non è solo di tipo alimentare, ma anche<br />
da bevande, fumo e rapporti sessuali. In effetti il Ramadan,<br />
mese in cui fu rivelato il Corano, è un periodo di meditazione<br />
ed avvicinamento all’Islam, di rinnovato equilibrio di fronte<br />
alle dipendenze fisiche e mentali.<br />
«Il Ramadan – spiega ancora Mohammed – è una pratica ascetica<br />
che avvicina a Dio, e che non si limita al solo digiuno.<br />
Durante questo periodo dell’anno, infatti, il buon musulmano<br />
deve astenersi dal dire bugie o dal parlare male di altre persone,<br />
così come deve evitare di guardare in modo ostile gli altri<br />
o di frequentare luoghi sbagliati (come discoteche e luoghi di<br />
perdizione). Il digiuno e la preghiera contribuiscono a redimere<br />
i peccati, ed a questo si accompagnano altre azioni rituali,<br />
come offrire denaro ai bisognosi, ritrovarsi alla sera in moschea<br />
o in famiglia, mangiare insieme dolci e andare a trovare<br />
persone amiche o in difficoltà».<br />
La Kasheruth ebraica – «Non cucinerai il capretto<br />
nel latte di sua madre» (Deuterenomio 14:2)<br />
Non c’è religione come quella ebraica nella quale il cibo, gli<br />
ingredienti e le preparazioni abbiano un peso così rilevante.<br />
Questo è tanto vero, che l’Ebraismo ha elaborato un complicatissimo<br />
e affascinante codice alimentare dal contenuto mistico/religioso<br />
– la Kasheruth – basato sull’interpretazione della<br />
Torah, il libro sacro delle leggi che secondo la tradizione Dio<br />
dettò a Mosè, durante il loro incontro sul Monte Sinai.<br />
L’ossessione tutta ebraica per gli alimenti non poteva che fondarsi<br />
su una distinzione netta fra ciò che è kasher (adatto,<br />
idoneo, puro) e ciò che non lo è. Per questo la Kasheruth<br />
divide il mondo animale fra esseri viventi commestibili e non<br />
➤
14<br />
commestibili. Si possono mangiare, ad esempio, i mammiferi<br />
ruminanti, a patto che abbiano lo zoccolo fesso o bipartito, come<br />
capra, pecora e bue, ma non maiale, asino o cavallo. Se la cosa<br />
finisse qui, però, sarebbe troppo semplice. Ai divieti, infatti,<br />
si accompagnano una miriade di prescrizioni, così che, per<br />
essere kasher, ovvero “adatto” dal punto di vista rituale, il cibo<br />
ebraico deve corrispondere a rigidi principi, che non riguardano<br />
solo la scelta degli ingredienti, ma anche la preparazione<br />
e l’assunzione degli alimenti.<br />
«Perché la carne sia kasher – spiega Elena<br />
Servi, presidente dell’associazione<br />
La Piccola Gerusalemme di Pitigliano,<br />
dove fino al XVIII secolo era<br />
insediata una delle comunità ebraiche<br />
più numerose d’Italia – non solo<br />
deve provenire da alcuni animali e<br />
non da altri, ma l’abbattimento (shechitah)<br />
dev’essere eseguito da un macellaio<br />
rituale (schochet) che taglia con un coltello affilato i canali<br />
sanguigni posti tra esofago e trachea, in modo che l’animale<br />
perda coscienza e muoia senza soffrire. Il sangue, poi, non<br />
può essere consumato o utilizzato per cucinare, e la carne va<br />
più volte salata e lavata con aceto. Allo stesso modo, va rimosso<br />
il nervo sciatico, e l’animale non può essere mangiato<br />
se presenta malattie o difetti fisici, né se morto<br />
naturalmente o ucciso da un altro animale. Il<br />
sangue, secondo la tradizione, rappresentando<br />
la fonte della vita, non dev’essere utilizzato per<br />
l’alimentazione umana, così come, in base al precetto<br />
del Deuteronomio, non si può cucinare carne insieme<br />
al latte o ai latticini».<br />
Un ruolo importante nella tradizione religiosa ebraica è rivestito<br />
dal digiuno. Storicamente, gli Ebrei hanno affrontato<br />
molte delle guerre o dei rischi di guerra con un digiuno. La<br />
purificazione dell’animo tramite la preghiera, infatti, garantiva<br />
uno spirito più forte per affrontare le avversità. Da questa<br />
tradizione deriva la pratica del digiuno e dell’astinenza, in<br />
concomitanza con le principali ricorrenze religiose del calendario<br />
ebraico.<br />
Digiunare comporta l’astensione dal bere e dal mangiare (eccetto<br />
in caso di pericolo per la salute), ed è associato a pratiche<br />
penitenziali come non ungere il corpo con olio, non lavarsi<br />
e profumarsi, non indossare scarpe di pelle e non avere<br />
rapporti sessuali.<br />
➤
La cucina<br />
delle streghe<br />
Streghe, maghe, fate: quanti esseri dotati di poteri soprannaturali<br />
nella tradizione orale e nella letteratura occidentale.<br />
Per lo più si tratta di donne, forse perché solo in una dimensione<br />
magica e fittizia le donne potevano (possono?) disporre<br />
del potere, ancorché dispensato, almeno nella tradizione<br />
che dal medioevo arriva fino a noi, da una figura maschile,<br />
il demonio, rappresentato per giunta da un simbolo di esuberante<br />
virilità bestiale quale il capro. Le streghe hanno dato<br />
corpo per secoli al terrore che il maschio, quanto meno un<br />
certo tipo di maschio, ha della donna e del suo potere creativo,<br />
della sua sessualità e del suo piacere qualora vengano a<br />
LARA FANTONI<br />
Son tornate, forse fanno meno paura; ricominciano<br />
nella vita di tutti i giorni, e perciò anche tra i<br />
fornelli, ad ammannire filtri e magie<br />
per migliorare i nostri giorni<br />
➤<br />
15
itinerari<br />
16<br />
Sentieri…<br />
stregati<br />
Due suggerimenti per un<br />
viaggio, gastronomico e<br />
non solo, sulle tracce<br />
delle streghe italiane: a<br />
Triora, nell’alta Valle Argentina,<br />
in provincia di<br />
Imperia, si coltiva la memoria<br />
di un gruppo di<br />
donne che nel 1587 furono<br />
accusate di aver<br />
provocato una terribile<br />
carestia, processate e<br />
condannate al rogo; in realtà<br />
non furono mai arse,<br />
ma lasciate a marcire in<br />
prigione. Il borgo di Triora<br />
è molto pittoresco,<br />
ospita un Museo regionale<br />
etnografico e della<br />
stregoneria, e numerose<br />
sono le ricette tipiche<br />
ispirate al mondo delle<br />
bàugie, come si chiamano<br />
le streghe in dialetto<br />
locale. L’altra meta irrinunciabile<br />
per chi voglia<br />
respirare l’aria delle streghe<br />
è il Sannio, e in particolare<br />
la zona di Benevento,<br />
con il famoso noce<br />
delle streghe, sotto il<br />
quale si dice si svolgessero<br />
sabba epocali. Anche<br />
qui la memoria delle streghe<br />
è coltivata e molti locali<br />
della zona offrono<br />
piatti di ispirazione stregonesca.<br />
➤<br />
mancarle i freni inibitori della religione e della prospettiva fallocentrica<br />
del sesso: il “commercio col demonio” tanto citato<br />
nei processi per stregoneria non era, a guardar bene, altro che<br />
la concretizzazione della paura che la donna si smarcasse dalla<br />
dipendenza economica ed emotiva dall’uomo, e che il piacere<br />
sessuale potesse assumere forme diverse da quelle codificate e<br />
funzionali alla procreazione. Pensiamo allo slogan “Tremate,<br />
tremate, le streghe son tornate!” urlato nelle manifestazioni femministe<br />
degli anni ‘70 e ‘80 del secolo scorso, dove per strega<br />
si intendeva la donna liberata, consapevole di sé, pronta a rivendicare<br />
con le unghie e coi denti diritti che dovrebbero essere<br />
sacrosanti quali l’autodeterminazione e la gestione del proprio<br />
corpo. Quello che, in fondo, le streghe facevano già da<br />
secoli: erano per lo più donne sole, libere, autosufficienti, che<br />
non avevano bisogno di un uomo che le campasse e desse un<br />
senso alla loro esistenza.<br />
Negli ultimi anni queste figure, a cui tutto o quasi è concesso<br />
a dispetto delle leggi della fisica e di quelle dei tribunali, stanno<br />
vivendo un vero e proprio ritorno di fiamma (una metafora<br />
quanto meno infelice, trattandosi di figure che spesso finivano<br />
sul rogo…): si consideri il mondo dell’intrattenimento per bambini,<br />
tra Witches, Winx, Moony Witcher, Harry Potter, e altre<br />
piccole streghe e maghetti di contorno che spopolano in libri,<br />
film, giochi di ruolo e annessa paccottiglia, ivi compresa l’intollerabile<br />
celebrazione consumistica di Halloween, di ascendenza<br />
celtica. E non si tratta di un fenomeno limitato ai piccoli:<br />
nei paesi di lingua inglese, e non solo, sono sempre più<br />
numerosi alcuni serissimi movimenti pseudoreligiosi, definiti<br />
neopagani, che si rifanno a sette stregonesche del passato, per<br />
lo più di stampo celtico o anglosassone, in risposta a un forte<br />
bisogno di trascendenza e al desiderio di manipolare una realtà<br />
evidentemente sentita come insoddisfacente.<br />
“Streghe” dei nostri giorni<br />
E noi cogliamo al volo l’occasione offertaci dalla moda stregonesca<br />
cercando di immaginare, con l’aiuto di alcune delle streghe<br />
più note della letteratura e della tradizione, quale potrebbe<br />
essere la cucina delle streghe di oggi. E non sono forse un po’<br />
streghe tutte le donne (e via, concediamolo, anche alcuni uomini)<br />
che riescono a rimescolare nel calderone del loro frenetico<br />
giorno lavoro, amori, figli, passioni, affetti, letture, impegno,<br />
distillandone un filtro magico che consente loro, con un<br />
po’ di affanno ma anche con soddisfazione, di vivere una vita<br />
ragionevolmente gustosa e passabilmente felice? E non sono in<br />
➤
Consorzio Chianti Colli Senesi<br />
c/o CCIAA Piazza Matteotti, 30 - 53100 Siena<br />
Tel. 0577 202584 - Fax 0577 43186<br />
www.collisenesi.it - collisenesi@virgilio.it<br />
17
libri<br />
18<br />
In tema di libri, segnaliamo<br />
La cucina della strega<br />
moderna. Le migliori<br />
ricette per ottenere salute,<br />
successo, amore e<br />
amicizia di Montse<br />
Osuna, Macro Edizioni,<br />
2001; e La cucina<br />
delle fiabe.<br />
Fate, elfi, streghe<br />
ai fornelli<br />
di Roberto<br />
Carretta, Il<br />
Leone Verde,<br />
2002.<br />
➤<br />
fondo streghe tutte coloro, e tutti coloro, che di fronte al piattume<br />
avvilente della standardizzazione del cibo proposta dalla<br />
grande Inquisizione, ops, distribuzione riescono a dedicare un<br />
po’ del proprio tempo (che sia lui, il tempo, l’ingrediente magico<br />
più introvabile e potente della vita moderna?) alla ricerca di<br />
prodotti genuini e di sapori dimenticati, alla preparazione di<br />
cibi desueti, a fare, almeno ogni tanto, il pane in casa, a raccogliere<br />
funghi, frutti del bosco o erbe di campo, a preparare<br />
marmellate o aceto da soli, a organizzare un sabba, pardon,<br />
una cena sfrenatamente consolatoria, per una cerchia di amici<br />
fidati e se possibile molto settari?<br />
Cosa bolle nel paiolo?<br />
Per sdrammatizzare, diamo una scorsa a un paio di ricette di<br />
streghe ormai divenute improponibili, ma ugualmente interessanti:<br />
«Filetto di serpente d’acqua, occhio di ramarro, dito di<br />
rana, pelo di pipistrello, lingua di cane, lingua biforcuta di<br />
vipera, aculeo di orbettino, zampa di lucertola, ala di allocco,<br />
squama di drago, dente di lupo, mummia di strega… ventricolo<br />
e stomaco di squalo sazio, radice di cicuta raccolta al buio,<br />
fegato di ebreo blasfemo, fiele di capro, rametti di tasso tagliati<br />
con l’eclissi di luna, naso di turco, labbra di tartaro, dito di<br />
un neonato strangolato partorito da una sgualdrina in un fosso,<br />
intestini di tigre… e sangue di babbuino». Questi gli ingredienti<br />
del filtro preparato dalle tre streghe messe in scena da<br />
Shakespeare nel Macbeth: difficile realizzarla oggi, tra coscienza<br />
animalista e ipercorrettismo politico; ma, ammettiamolo, la<br />
litania snocciolata dalle tre megere shakespeariane ricorda un<br />
po’ gli ingredienti di certi ritrovati carnacei a lunga conservazione…<br />
E ancora: «Brodo di rospi… fritto di coscine di gatti<br />
di latte e di cervello di lupo… arrosto di corvi nutriti di carne<br />
umana». Questo il pasto succulento servito dalle Befane casentinesi<br />
a un contadino poco accorto che si è permesso di ficcare<br />
il naso nel loro sabba annuale, nelle Fiabe fantastiche – Le novelle<br />
della nonna di Emma Perodi. E non crediamo di dire una
sciocchezza troppo grossa affermando<br />
che, in certe standardizzate mense<br />
aziendali, un menu del genere sarebbe<br />
un’alternativa gradita, almeno<br />
una volta ogni tanto.<br />
Ricette da favola<br />
Passiamo alle cose serie: le streghe<br />
più malvagie della letteratura<br />
sono indubbiamente quelle<br />
delle Favole tedesche raccolte<br />
dai fratelli Grimm, ma chi non<br />
vorrebbe una nonna, una zia o<br />
almeno un’amica che sapesse imbastire deliziose casette fatte<br />
di leccornie prelibate come la strega di Hansel e Gretel? La<br />
stessa cattivissima strega di Biancaneve, una volta rieducata<br />
alle regole della buona sorellanza e convinta della propria<br />
più che bastevole avvenenza, potrebbe diventare una<br />
grandiosa cuoca di torte di mele e di gustosissimi<br />
Strudel.<br />
E che dire delle fate nostrane che, nelle Fiabe italiane<br />
trascritte e rielaborate da Italo Calvino, coltivano<br />
prezzemolo (o rape) di cui è ghiotta la futura<br />
madre di Prezzemolina (ovvero Raperonzolo).<br />
Ma la migliore di tutte è lei, la Bambina dai capelli<br />
turchini, croce e delizia del Pinocchio di Carlo Collodi,<br />
che dice al burattino, per convincerlo a darle<br />
una mano: «Se mi aiuti a portare a casa una di<br />
queste brocche d’acqua, ti darò un bel pezzo di<br />
pane… e insieme col pane ti darò un bel piatto di<br />
cavolfiore condito coll’olio e coll’aceto… e dopo<br />
il cavolfiore ti darò un bel confetto ripieno di rosolio».<br />
Che raffinatezza in quel semplice piatto di<br />
cavolfiore in insalata! Da fare invidia a certi estenuati<br />
gourmet mediatici. E quel confetto di rosolio:<br />
un preziosissimo reperto della memoria gustativa. E chi<br />
non ricorda la festa organizzata per celebrare la conversione<br />
fallita di Pinocchio in bravo bambino? «E la Fata aveva fatto<br />
preparare duegento tazze di caffè-e-latte e quattrocento panini<br />
imburrati di sotto e di sopra». È questa semplicità, questa valorizzazione<br />
degli ingredienti di base, che dovrebbe informare<br />
le arti delle vere streghe moderne: di certo il latte sarà di alta<br />
qualità, il caffè un’arabica delle migliori, il pane a lievitazione<br />
naturale, e il burro, potendo, di malga o d’alpeggio…<br />
19
Quando<br />
la fame è sacra<br />
Si faceva la comunione alla prima messa, quella delle sette<br />
e mezza, perché ci si alzava in fretta e furia, una sciacquata al<br />
viso e via, e mezzi assonnati non si aveva il tempo di sentire il<br />
morso della fame. Nemmeno chi già a quell’età cominciava a<br />
combattere con le lonzette e i rotolini di ciccia e le guanciotte un<br />
po’ troppo abbondanti. Sette-otto anni, era quello il tempo medio,<br />
in era preconciliare, per avvicinarsi a quel sacramento così<br />
strano, in quel sottile brigidino bianco che s’ammosciava a contatto<br />
con il palato, e lo potevi staccare solo con la lingua, guai<br />
passarlo tra i denti, in quell’ostia candida stava nascosto un mistero<br />
profondissimo, tutto là dentro, un uomo-dio in corpo e<br />
sangue, e d’altro canto un catechismo fatto di domandine e rispostine<br />
da mandare a memoria, belle confezionate in perfetto<br />
“chiesese”, non erano proprio il massimo per aiutarti a capire, e<br />
Fra eccessi, stravaganze e precetti più o meno rigidi, la<br />
pratica del digiuno è un pilastro di tutte le religioni<br />
➤<br />
PAOLO PELLEGRINI<br />
21
digiuno ed esorcisti<br />
22<br />
Vade retro...<br />
Digiuno rituale ma anche<br />
terapeutico, dunque. Perfino<br />
nei casi estremi. La<br />
possessione, stato più grave<br />
della malattia dell’anima.<br />
Sentite che cosa prevedeva<br />
il Codex Vindobonensis<br />
Palatinus 1888 della<br />
Hofbibliothek (la Biblioteca<br />
di Corte) di Vienna:<br />
«Quando una persona<br />
vessata dal demonio si<br />
presenta, il prete… la<br />
conduca poi presso l’altare,<br />
dove stia in digiuno<br />
sino a nona… L’indemoniato…<br />
rimanga con il<br />
prete fino al quindicesimo<br />
giorno, mangiando<br />
soltanto pane e sale e, se<br />
il prete lo permette, pesce<br />
e legumi con la benedizione<br />
del sale e dell’acqua…<br />
e per un anno intero<br />
non mangi pane fatto<br />
di domenica, né carne<br />
di animale che sia stato<br />
macellato di domenica,<br />
né birra calda fatta di domenica.<br />
E non mangi o<br />
beva nulla di caldo finché<br />
viva». E il Flagellum daemonum<br />
del Menghi prescrive<br />
invece all’esorcista<br />
un digiuno di tre giorni.<br />
Come se fosse colpa sua.<br />
➤<br />
comunque che cosa avresti poi voluto capire a sette-otto anni,<br />
era tutto un fatto di fede, fede da bambini s’intende, almeno<br />
candida, quello sì. E c’era quel fatto del digiuno. Digiuno eucaristico.<br />
Tre ore senza mettere in bocca nulla. Nulla che non fosse<br />
un bicchier d’acqua, capirai, abituati a quelle belle fette di pane<br />
con qualcosa di tanto gustoso sopra o al buondì Motta nel latte<br />
prima di andare a scuola, la domenica era una tortura, se perdevi<br />
il treno della prima messa e ti rassegnavi alla seconda, generalmente<br />
sempre dopo le undici, praticamente già più vicini all’ora<br />
della pastasciutta. Non ti consolava sapere – questo sì, te lo<br />
dicevano – che appena una decina d’anni prima un altro Papa, il<br />
severo Pio XII, aveva dato una bella botta alla pratica del digiuno<br />
eucaristico. Prima di quel fatidico ‘53, infatti, l’obbligo dello<br />
stomaco vuoto partiva dalla mezzanotte del sabato. Non ti consolava,<br />
per te bambino alla fin fine era la stessa cosa. Ti consolava<br />
invece, ma solo la “prima volta”, la prospettiva del “dopo”.<br />
Che da noi, parrocchia di campagna, gente povera ma povera<br />
davvero, era un bricco – d’argento. Forse di peltro – da cui<br />
colava un fiotto fumante di cioccolata caldissima. Da consumare,<br />
questo era il rito, insieme alle brioches di pasticceria. Gialle<br />
d’uovo e profumatissime.<br />
Adesso, invece, un’ora è più che sufficiente. Adesso che digiuneresti<br />
volentieri per rientrare in un pantalone o in una giacca,<br />
ma poi lasci perdere perché non è più tempo di ascesi, nel sentimento<br />
comunque dei popoli cattolici ricchi, ti fa effetto un<br />
papa o un Pannella o un chiunque altro che t’inviti a digiunare<br />
per una qualche nobile causa. A rinunciare a una parte del tuo<br />
pasto per donarne l’equivalente. Per dare più forza alla preghiera,<br />
come invece del resto ancora insegna la dottrina cristiana.<br />
Una pratica antica e trasversale<br />
Atteggiamento tipico delle religioni, il digiuno. Quasi un pilastro,<br />
da sempre. A tutte le latitudini e longitudini, più o meno.<br />
«Pratica ascetica di mortificazione, ma soprattutto disciplina che<br />
accomuna le religioni, e nella sua forza discreta mostra tutta la<br />
sua modernità di sottrazione simbolica e lungimirante», osserva<br />
lo scrittore cattolico Eraldo Affinati, che cita a sostegno l’antico<br />
messaggio del salmo 49: «L’uomo nella prosperità non comprende,<br />
è come gli animali che periscono». Insomma: se il corpo<br />
diventa grasso e pesante, anche l’anima diventa grassa e ottusa.<br />
Primo assunto: nella pratica religiosa, il digiuno purifica. Il tabù<br />
del cibo intoccabile è propedeutico o propiziatorio: i candidati<br />
alla iniziazione dei misteri di Iside e di Osiride dovevano prepararsi<br />
con un digiuno di sette o più giorni, e così avveniva anche
per le iniziazioni ai misteri di Eleusi. La Pizia di Delfo, dal canto<br />
suo, digiunava tre giorni prima dei responsi. Gli Sherente, agricoltori<br />
e cacciatori nomadi del Brasile amazzonico, credevano –<br />
racconta Lévi-Strauss in Il crudo e il cotto – che la siccità fosse<br />
dovuta alla collera del sole contro gli uomini. Per scongiurare<br />
questo furore celebravano una singolare cerimonia: tre settimane<br />
di digiuno e di canti quasi ininterrotti da parte degli uomini,<br />
che si astenevano anche dal sonno e dall’acqua. I “Terapeuti”<br />
(curatori di anime) o “Segregati”, comunità ebraica fiorita in<br />
Egitto nei due secoli a cavallo dell’inizio dell’era cristiana, trascorrevano<br />
in meditazione sei giorni la settimana, incontrandosi<br />
solo il sabato, e praticavano il digiuno, con costumi rigorosi,<br />
simili a quelli degli Esseni di Qumran. E non è tutto: il cibo<br />
come induttore alla lussuria, come veicolo di tentazione è idea<br />
fortemente radicata nelle religioni, in particolare nelle religioni<br />
monoteistiche. Intorno al Mille, le penitenze consistevano quindi<br />
in giorni, settimane, mesi a pane e acqua. In tutt’altra cultura,<br />
vigono regole che sanno ancor oggi di superstizione: il Taoismo<br />
cinese vieta di mangiare di notte, se non si vuole finire preda dei<br />
dèmoni. E la mortificazione della gola ha portato anche al sorgere<br />
di fenomeni estremi come quello delle “sante anoressiche”:<br />
Caterina da Siena dall’età di sedici anni si nutrì di pane, acqua e<br />
verdure, soprattutto erbe amare, arrivando però ad assumere<br />
anche schifezze come coppe di pus (!), mentre Caterina da Genova<br />
ingurgitava addirittura cicatrici e pulci. Grandi contraddizioni,<br />
sul fronte della pratica ascetica: dietro il volto affilato di<br />
una virtuosa digiunatrice poteva nascondersi in realtà una strega,<br />
sostenuta solo dall’intervento diabolico nella difficile pratica<br />
del non mangiare. Così l’Inquisizione richiedeva anche la prova<br />
del peso: le streghe dovevano essere leggere, per poter volare...<br />
Kippur, ramadan e venerdì santo<br />
E oggi? Funziona ancora, il digiuno rituale, come pratica religiosa?<br />
Risposta facile, alzi la mano chi non abbia mai sentito parlare<br />
di ramadan o Kippur.<br />
➤<br />
➤<br />
23
L’occasione del digiuno rituale ebraico di 24 ore è appunto il<br />
Kippur (giorno del Perdono, ma la parola letteralmente significa<br />
“espiazione”), che cade nel decimo giorno dell’anno, nel mese di<br />
tishri (settembre-ottobre). Il Buddismo, invece, prescrive ai<br />
monaci di digiunare ogni mese nei giorni di novilunio e plenilunio,<br />
mentre nella tradizione brahminica e yogica si digiuna nei<br />
giorni di Ekadashii, l’undicesimo giorno dopo la luna nuova e la<br />
luna piena. Giorni rituali, mese rituale. Ecco l’Islam, ed ecco il<br />
ramadan. Il nono mese del calendario, sacro per essere, come<br />
dice la Sura, «il mese in cui fu rivelato il Qu’ran come guida per<br />
gli uomini e prova chiara di retta direzione e di salvezza». Non si<br />
mangia, non si beve, non si fuma, non si hanno rapporti sessuali<br />
dall’alba al tramonto. Ci si sveglia che è ancora buio, si fa uno<br />
spuntino leggero, il suhur, in genere a base di datteri, prima<br />
della prima chiamata di preghiera. Al tramonto, il muezzin annuncia<br />
l’iftar, l’interruzione: si consumano tre datteri e un po’<br />
d’acqua, si prega, poi si consuma brodo o minestra, o – nel<br />
Maghreb – la harira, la “zuppa del ramadan” a base di grano o<br />
legumi, farina di frumento, montone o pollo, succo di limone,<br />
brodo, pomodori, odori e spezie, e poi le skebbakia, dolci di<br />
pasta farcita, fritta e imbevuta nel miele caldo. Ci sono tre gradi<br />
del digiuno (delle persone ordinarie, dei prescelti, degli eletti), ci<br />
sono regole a stabilire chi deve digiunare e chi può astenersi: le<br />
donne con il ciclo mestruale, per esempio, “non hanno il permesso<br />
di digiunare”.<br />
Tra le confessioni cristiane, la più dura è ancora oggi la Regola<br />
ortodossa. In Etiopia il digiuno eucaristico è ancora di 9 ore,<br />
per la Chiesa russa la prima comunione deve essere preceduta<br />
da tre giorni di digiuno severo. Il digiuno stretto vieta carne,<br />
pesce, frutti di mare, prodotti caseari, olio, vino, bevande alcoliche,<br />
e consente legumi, paté, frutta fresca o secca. A delimitare<br />
i periodi di astinenza dalla tavola, c’è un articolato e complesso<br />
calendario di feste, solennità, vigilie, quaresime. Infine, il digiuno<br />
dei cattolici. Un solo pasto a mezzogiorno, poco cibo la mattina<br />
e la sera, ma niente carne né cibi (quindi anche il pesce o la<br />
frutta) o bevande particolarmente ricercati o costosi: è la regola,<br />
dai 14 ai 60 anni di età, per il mercoledì delle Ceneri, il Venerdì<br />
santo, e magari anche il sabato santo, cioè i due giorni che<br />
precedono la Pasqua; niente carne né cibi costosi o ricercati, ma<br />
pasti regolari in quantità, nei venerdì di Quaresima a meno che<br />
non coincidano con le solennità del 19 e del 25 marzo. Meglio<br />
rinunciare alla carne, comunque, tutti i venerdì dell’anno. In<br />
alternativa, un’opera di penitenza o di carità. Che alla fine costa<br />
meno di una rinuncia a tavola.<br />
➤<br />
regole ortodosse<br />
Digiuno<br />
o labirinto?<br />
Si fa presto a dire digiuno.<br />
Ma tra il dire e il fare,<br />
poi, c’è spesso di mezzo<br />
un mare di regole, cavilli,<br />
specifiche. Prendete<br />
ancora una volta la severa<br />
Regola dei cristiani<br />
ortodossi. Esistono, per<br />
gli Ortodossi, varie forme<br />
di digiuno. Quello<br />
stretto: non si può mangiare<br />
né carne né pesce<br />
né frutti di mare né prodotti<br />
caseari né olio né<br />
bere bevande alcoliche.<br />
Poi c’è però anche il “digiuno<br />
con olio e vino”: si<br />
può consumare olio,<br />
margarina vegetale, bevande<br />
alcoliche, crostacei,<br />
ma non il pesce. Infine,<br />
il digiuno con il pesce:<br />
si può aggiungere anche<br />
il pesce. Già, ma<br />
quando si applicano? Il<br />
digiuno stretto ogni mercoledì<br />
e venerdì di tutto<br />
l’anno, ma anche lunedì,<br />
mercoledì e venerdì dal<br />
15 novembre al 24 dicembre,<br />
e in Quaresima<br />
dal lunedì al venerdì. Per<br />
il resto, ci vuole davvero<br />
il calendario.<br />
25
Il cenone che verrà<br />
Tra luci, profumi, colori e corse ai regali, il Natale arriva<br />
sempre più in anticipo, quasi che fosse necessario, per esorcizzare<br />
la crisi dei consumi, arrivare prima degli altri nel preparare<br />
le vetrine, proporre le migliori idee regalo, invogliare<br />
agli acquisti. La cucina, al di là delle capacità di spesa delle<br />
famiglie e dei predicozzi, spesso sensati, sul non strafare, continua<br />
negli anni ad avere il ruolo di protagonista assoluta. Sono<br />
«giorni famosi per le scorpacciate, giorni di cuccagna universale»,<br />
scriveva Goethe nel suo Viaggio in Italia del 1787. Ed il grande<br />
convivio di Natale rappresenta l’apice di questo tripudio di<br />
sapori, vissuto in un’abbondanza quasi ostentata che risale alla<br />
sua origine di cerimonia propiziatoria per l’anno in arrivo, cui<br />
L’abbuffata è di rito per Natale e le dolci tentazioni<br />
sono sempre quelle della tradizione<br />
➤<br />
MARCO GHELFI<br />
27
➤<br />
si ricollega anche la presenza di molti alimenti dall’antico significato<br />
simbolico e religioso. È quanto accade ad esempio<br />
per il pane, effigie di vita eterna e fertilità della terra, o ancora<br />
per la carne, da sempre cibo delle grandi occasioni ed auspicio<br />
di prosperità, attraverso i quali, secondo la tradizione cristiana,<br />
si manifesta la presenza del binomio eucaristico. Gli stessi<br />
dolci natalizi, cui è affidato l’onore di conferire degna conclusione<br />
al pasto, nacquero con il preciso scopo di santificare lo<br />
spirito della festa, come doni da offrire in chiesa o condividere<br />
con i propri familiari. Se in origine erano poco più che semplici<br />
pagnotte, arricchite da miele, zucchero o uva passa, con il<br />
passare del tempo gli impasti cominciarono ad essere impreziositi<br />
con frutta candita e spezie, giunte dall’Oriente fra il XII<br />
ed il XIII secolo a seguito delle Crociate. Videro così la luce<br />
specialità come il panforte toscano, il pangiallo laziale, il pandolce<br />
ligure, il panone di Natale emiliano o i più rinomati panettone<br />
e pandoro, pani speciali nelle forme e negli ingredienti, capaci<br />
di fare la gioia di tutti i golosi.<br />
feste da bere<br />
Dolce Toscana<br />
Anche la Toscana vanta una ricca ed antica tradizione di piatti<br />
natalizi, dove a farla da padrona, a dispetto del loro ordine di<br />
arrivo sulla tavola, rimangono soprattutto i dolci. Avventurandosi<br />
in una sorta di “carrellata delle golosità”, comunque insufficiente<br />
a rendere piena giustizia allo straordinario paniere di<br />
produzioni locali, la mente vola subito al panforte senese, la cui<br />
fama si è da tempo estesa anche ben oltre i confini regionali.<br />
Nato nei monasteri come pane mielato, è del 1206 il primo<br />
documento scritto che attesta l’esistenza di preziosi “panes melatos<br />
et pepatos”, che i servi erano tenuti a portare in offerta alle<br />
monache del convento di Montecellesi, alle porte di Siena. A<br />
seguito dell’utilizzo del pepe nero orientale si diffuse il nome di<br />
panpepato, al quale, per via del gusto intenso e deciso, si affiancò<br />
ben presto quello di panforte. Di forma circolare, basso e<br />
compatto, bianco o nero a seconda che venga cosparso di zucchero<br />
vanigliato o cacao, sono diciassette gli ingredienti che,<br />
con pochissime variazioni apportate nel corso dei secoli, ne<br />
compongono ancora oggi l’impasto. Proprio come, dal 1675,<br />
diciassette sono le contrade del Palio.<br />
Dalla scuola dolciaria senese anche i famosi ricciarelli, con pasta<br />
di mandorle (altro alimento di buon augurio), morbidi e spugnosi,<br />
i cavallucci, biscotti dall’aspetto irregolare lavorati con<br />
noci e frutta candita, o ancora l’antichissima copata, a base di<br />
croccante preparato con miele, noci ed anice, imprigionato ➤<br />
Il “vino dei<br />
preti” della<br />
tradizione<br />
toscana<br />
Prodotto di grande fascino<br />
e tradizione, il Vin<br />
Santo rappresenta con<br />
ogni probabilità la miglior<br />
espressione della più<br />
schietta cultura enogastronomica<br />
toscana. Da<br />
sempre sfoggiato con orgoglio<br />
nei giorni di festa,<br />
Natale compreso, nonostante<br />
una fama tanto<br />
acclarata esistono ancora<br />
differenti teorie circa<br />
l’effettiva origine del<br />
nome. L’appellativo di<br />
“santo” è secondo alcuni<br />
ricollegabile all’uso che<br />
ne veniva fatto durante<br />
le celebrazioni religiose,<br />
elemento che ne diffuse<br />
anche la nomea di “vino<br />
dei preti”. Per altri deriva<br />
dal momento di vinificazione<br />
vera e propria,<br />
che in alcune zone coincide<br />
con la festa dei Santi<br />
di novembre, mentre<br />
c’è invece chi lo giustifica<br />
con riferimento alla<br />
Settimana Santa di marzo,<br />
periodo in cui ha<br />
spesso termine l’appassimento<br />
dei grappoli o, in<br />
altri casi ancora, avviene<br />
l’imbottigliamento del<br />
prodotto finito.<br />
29
➤<br />
fra due sottili ostie (che con nomi e ricette molto simili è cupeta<br />
in Puglia, copete in Basilicata e cubbaita in Sicilia).<br />
E se a Siena sbafano gaudiosi, Natale rappresenta un po’ ovunque<br />
un’ottima scusa per cedere a leccornie che, a prescindere<br />
dalla loro origine prettamente natalizia, sono divenute ormai<br />
autentici must sulle tavole imbandite a festa. Ecco allora il buccellato<br />
di Lucca, dalla caratteristica forma a ciambella, la cui<br />
ricetta con anice ed uvetta risale al XV secolo; i classici biscottini<br />
di Prato con le mandorle, meglio noti come cantucci; la<br />
schiaccia briaca dell’Isola d’Elba, con pinoli, uvetta e frutta secca,<br />
che deve nome e tipico colore rossastro all’aggiunta di vino<br />
Aleatico; e poi ancora lo zuccotto fiorentino, impastato con la<br />
ricotta, e la delicata torta margherita nell’aretino. Ma se<br />
l’arrivo dei dolci è vissuto da molti con trepidazione<br />
quasi liberatoria, in attesa di caffé, digestivo e pennichella<br />
rigenerante, occorre prima fare i conti con<br />
una serie di portate che, a lunghi tratti, pare davvero<br />
interminabile. Come tradizione regionale impone,<br />
l’inizio quasi obbligato è con i classici crostini,<br />
in genere serviti con il toscanissimo impasto di fegatini<br />
di pollo. Fra i primi un fumante piatto di<br />
tortellini (o cappelletti) con brodo di carne, di chiare<br />
origini emiliane, a cui possono alternarsi (o affiancarsi...)<br />
anche paste al sugo, sempre a base di carne. Qualche minuto<br />
appena per riprendere fiato e poi spazio al lesso misto di cappone,<br />
lingua, gota e cimalino, “recuperati” dalla preparazione del<br />
brodo e serviti con maionese o salsa verde, o ancora galantina<br />
di pollo, arrosti, formaggi e chi più ne ha più ne metta. Il tutto,<br />
neanche a dirlo, da annaffiare rigorosamente con generose sorsate<br />
del prezioso nettare di Bacco.<br />
“Classici” fra storia e leggenda<br />
Una menzione tutta particolare la meritano per finire (ancora)<br />
due dolci, il cui nome si associa al periodo ormai quasi quanto<br />
la neve o Babbo Natale. Produzioni della scuola dolciaria settentrionale,<br />
la nascita di panettone e pandoro è velata, come<br />
➤<br />
31
32<br />
➤<br />
spesso accade in questi casi, da un alone misto fra storia e<br />
leggenda che vale la pena raccontare. Per quanto riguarda il<br />
panettone, di origine milanese, due sono le versioni per così<br />
dire più accreditate, entrambe collocabili sul finire del ‘400.<br />
La prima narra del nobile Ughetto, che per la bella Adalgisa si<br />
improvvisò pasticcere come il padre di lei, tale Toni, creando<br />
come pegno del suo amore un pane speciale, ottenuto con aggiunta<br />
di uova, zucchero, cedro ed arance candite. Il gesto (e<br />
probabilmente anche il dolce...) colpì molto la duchessa Beatrice,<br />
moglie di Ludovico il Moro, che si adoperò con ogni<br />
mezzo per convincere la famiglia del giovane a benedirne le<br />
nozze, ovviamente celebrate a suon di morsi del gustoso Pan<br />
del Toni, così ribattezzato in onore del padre della sposa.<br />
L’altra tesi fa invece risalire la nascita ad un accidentale<br />
errore di cottura. Il dolce commissionato da<br />
Ludovico il Moro per i suoi ospiti la vigilia di<br />
Natale, impastato con canditi ed uvetta, fu infatti<br />
dimenticato nel forno, bruciando all’esterno<br />
fra le urla e la disperazione del cuoco. Un<br />
giovane sguattero, guarda caso di nome Toni,<br />
si fece avanti suggerendo di giustificarlo come<br />
specialità con la crosta: ai commensali la gioia<br />
del palato, a lui l’onore di vedere il proprio<br />
nome associato a quella nuova creazione. Ricca<br />
di aneddoti anche la storia del pandoro, golosità di<br />
Verona che fu probabile evoluzione del duecentesco “nadalin”,<br />
pane tipico della cittadina veneta. Nell’opulenza della<br />
Repubblica Veneziana si era soliti offrire, per le grandi occasioni,<br />
cibi ricoperti da sottilissime foglie d’oro: fra questi pare ci<br />
fosse anche questo dolce dal sapore delicato, che si diffuse col<br />
nome di pan de oro. La nascita della versione da noi conosciuta<br />
(ed apprezzata) risale invece al 14 ottobre 1884, giorno in cui<br />
Domenico Menegatti depositò il brevetto di questo dolce dall’impasto<br />
morbido e dalla forma a stella con otto punte, per lui<br />
disegnata dal pittore impressionista veronese Dall’Oca Bianca.
Un altro vino<br />
è possibile<br />
Si chiude un anno difficile e tormentato<br />
per il mondo del vino.<br />
Cosa ci attende nel futuro? Forse niente di nuovo,<br />
forse molte novità importanti. <strong>Gola</strong><strong>gioconda</strong><br />
si schiera a favore di questa seconda ipotesi.<br />
E lancia un’idea per il 2006: il vino sostenibile.<br />
33
34<br />
L’anno<br />
che verrà<br />
Ora che l’uva è da tempo in cantina e<br />
il vino sta riposando beatamente in<br />
contenitori di legno, acciaio o<br />
cemento, si apre, come tutte le volte,<br />
il dibattito su come sarà l’annata. In<br />
questo caso l’annata 2005.<br />
Viene da sorridere amaro se si<br />
ripensa ai titoli entusiastici di<br />
qualche mese fa. Dalla fine di<br />
luglio e per tutto agosto è stato<br />
un susseguirsi mediatico di<br />
grida di giubilo. Articoli in cui si<br />
dichiarava, senza ombra di<br />
dubbio, che questa era l’annata<br />
del secolo.<br />
Poi è arrivato settembre. Un<br />
settembre piovoso che ha<br />
costretto a scelte anche<br />
difficili. Qualcuno ha<br />
pensato che la miglior<br />
cosa fosse anticipare<br />
un po’ la raccolta per<br />
avere uve comunque<br />
sane da lavorare. Altri<br />
hanno aspettato,<br />
cercando di far<br />
maturare ancora i<br />
grappoli. Una scelta che<br />
Appello per un<br />
vino speciale<br />
ha tolto ore di sonno a molti, visto<br />
che in questi casi umidità e muffe<br />
possono essere letali per la qualità<br />
del prodotto finale. Chi ha avuto<br />
ragione? Forse tutti, forse nessuno.<br />
Sarà il calice, una volta che le<br />
bottiglie verranno commercializzate,<br />
a decretare l’ardua sentenza.<br />
I titoli dei giornali erano tuttavia<br />
in qualche modo giustificati. Il<br />
2004 ci aveva fatto tornare a<br />
una vendemmia abbastanza<br />
regolare, dopo un biennio 2002-<br />
2003 estremo che aveva fornito<br />
ora vini magri e poco serbevoli<br />
(2002), ora vini fin troppo<br />
pronunciati e robusti<br />
(2003). Si pensava e si<br />
sperava che il 2005<br />
seguisse la linea del<br />
2004. E in effetti è<br />
stato così fino<br />
all’ultima curva, se<br />
possiamo usare un<br />
paragone olimpionico,<br />
dopodiché il terreno si è<br />
fatto accidentato e il<br />
traguardo è stato
aggiunto con una certa dose di<br />
fatica. Una buona annata, questa del<br />
2005, ma che difficilmente sarà<br />
ricordata negli annali delle<br />
vendemmie eccellenti.<br />
Forse sarebbe meglio preoccuparsi di<br />
raggiungere obbiettivi più realistici<br />
per rendere maggiormente credibile<br />
l’intero comparto vinicolo.<br />
Preoccupandosi di ottenere, di volta<br />
in volta, i vini che l’annata e il<br />
Ambra - Santa Cristina in Pilli Carmignano<br />
2002 Docg<br />
Beppe Rigoli è uno di quei produttori che preferiscono far parlare Galloi<br />
propri vini, senza dare eccessivo spazio all’apparenza. Vini sinceri,<br />
fatti in vigna più che in cantina, strutturati, complessi, non privi Nero, di<br />
quegli “spigoli” che caratterizzano i grandi rossi toscani. nel<br />
Il Santa Cristina in Pilli non tradisce le attese in fatto di stoffa ed<br />
eleganza gustativa. Rubino al colore, con unghia già tendente corso al<br />
granato. Frutta matura al naso, con prugna e marasca in evidenza. della Poi<br />
sentori floreali e bella trama speziata. Buon l’impatto in bocca per<br />
volume e linearità. Persistente il finale, con ritorno di una gradevole<br />
scia fruttata.<br />
Fattoria Ambra<br />
Via Lombarda 85 Carmignano (Po)<br />
Tel. 055 8719040<br />
Fattoria di Bagnolo – Capro Rosso 2003 Igt<br />
Il Capro Rosso, ottenuto da una selezione di uve Sangioveto (80%),<br />
Cabernet Sauvignon (10%) e Colorino (10%), prevede una fermentazione in<br />
acciaio inox a temperatura controllata. Matura poi per 12 mesi in barriques<br />
e tonneaux di legni francesi. Quindi si affina in bottiglia per altri sei.<br />
Vino di grande stoffa, con profumi di frutta matura, cui seguono note<br />
speziate e vanigliate. Presenta un gusto intrigante, equilibrato, persistente.<br />
Da stappare almeno un’ora prima del suo servizio.<br />
Fattoria Bagnolo<br />
Via Imprunetana per Tavarnuzze 48<br />
Impruneta (Fi)<br />
Tel./Fax 055 2313403<br />
info@bartolinibaldelli.it<br />
www.bartolinibaldelli.it<br />
territorio riescono a dare. E<br />
preoccupandosi di comunicare tutto<br />
ciò al consumatore.<br />
<strong>Gola</strong><strong>gioconda</strong> auspica un 2006<br />
all’insegna del vino sostenibile.<br />
Sostenibile da ogni punto di vista:<br />
economico, ecologico, produttivo,<br />
mass-mediatico. Proviamo dunque a<br />
proporre qualche idea, qualche spunto<br />
di riflessione, chiedendoci: di cosa ha<br />
bisogno oggi il mondo del vino?<br />
➤<br />
35
36<br />
La lingua del vino<br />
Cominciamo proprio dalla<br />
comunicazione. Il mondo del vino ha<br />
bisogno di nuovi messaggi. Spesso,<br />
troppo spesso, le guide di settore<br />
sono state considerate delle bibbie<br />
enologiche, infallibili nei loro<br />
giudizi. Non è così, fortunatamente.<br />
Non lo è mai stato, mai lo lo sarà in<br />
futuro. L’umana fallibilità appartiene<br />
anche ai vati del vino. Quasi sempre<br />
➤<br />
Cappella Sant’Andrea<br />
Serreto San Gimignano Rosso 2001 2001 Doc<br />
Nel bel mezzo delle campagne sangimignanesi, ad appena un chilometro dal centro storico, si<br />
trova l’Azienda Cappella di Sant’Andrea, le cui vigne riposano in ottima esposizione su terreni di<br />
origine pliocenica. A condurre l’azienda, con saggezza e abilità, è la famiglia Leoncini.<br />
Il nome Serreto, la cui etichetta è opera del maestro Alfredo Beghè, è un omaggio ai Serretti,<br />
famiglia che trova le sue origini a San Gimignano per poi trasferirsi in Francia verso la fine del ‘500.<br />
Questo San Gimignano rosso Doc – data l’accurata vinificazione e una maturazione in barriques –<br />
presenta interessanti evoluzioni olfattive e gustative che ne fanno un vino strutturato e molto<br />
piacevole. Da degustare con i grandi piatti della cucina tradizionale toscana.<br />
Cappella Sant’Andrea<br />
Az. Agr. Cappella Sant’Andrea<br />
Loc. Casale 26, San Gimignano (Si)<br />
Tel./Fax 0577 940456<br />
serreto@libero.it<br />
Carpineto – Nobile di Montepulciano Riserva 2000 Docg<br />
Ottenuto da uve prugnolo gentile e canaiolo nero situate con esposizione sud, sud-est, il Montepulciano<br />
Riserva di Carpineto, dopo la fase di fermentazione, matura per due anni in botti di rovere<br />
di Slavonia e in fusti di rovere francese in una cantina di roccia tufacea nei pressi di Montepulciano,<br />
dove la temperatura si mantiene costante intorno ai 13 gradi. Il vino si affina poi per almeno<br />
12 mesi in bottiglia.<br />
Rosso rubino alla vista, con unghia tendenta al granato. I profumi si rivelano starordinariamente<br />
eleganti, eterei, con lieve sentore di mammola e legno pregiato. Un grande rosso che al gusto si<br />
mostra asciutto, sapido e armonico con un finale molto prolungato in cui ritornano sentori di frutta<br />
e note balsamiche. Si abbina molto bene con selvaggina, cacciagione, formaggi stagionati.<br />
Carpineto<br />
Loc. Dudda Lucolena (Fi)<br />
Tel. 055 8549062 – Fax 055 8549001<br />
info@carpineto.com<br />
www.carpineto.com<br />
professionisti di tutto rispetto, con<br />
grandissima competenza in materia.<br />
Ma soggetti ad errori (talvolta anche<br />
clamorosi) come tutti noi. Per cui<br />
dovremmo prendere le guide per<br />
quello che sono, letteralmente. Ossia<br />
strumenti di indirizzamento per<br />
neofiti e non, capaci se possibile di<br />
farci scoprire qualcosa di<br />
interessante e con il dovere di<br />
scatenare la nostra capacità critica
attraverso amabili (o<br />
infuocate) discussioni. Sarebbe<br />
già molto se il 2006 ci<br />
rendesse un po’ più laici<br />
e ci facesse abbandonare<br />
l’idea di una casta che<br />
detiene il sapere<br />
riguardo alla materia vino.<br />
E sarebbe un grande passo<br />
avanti se riuscissimo a scovare<br />
tracce di un nuovo linguaggio, di<br />
Cecchi – Spargolo 2001 Igt<br />
Prodotto da uve sangiovese in purezza, lo Spargolo è il risultato<br />
di un lavoro accuratissimo sia in vigna che in cantina: bassa<br />
resa per ettaro, continuo monitoraggio dello stato sanitario<br />
delle uve, vendemmia manuale con cernita delle uve. E ancora:<br />
una lunga macerazione durante la fermentazione e una maturazione<br />
di 12 mesi in barriques e quindi in botti di rovere per altri<br />
14. Il colore è rosso rubino intenso, con riflessi tendenti al<br />
granato con l’invecchiamento; i profumi si manifestano intensamente<br />
vinosi con note tipiche di vaniglia e di spezie; il sapore<br />
è elegante, di gran corpo, prolungato, asciutto, di struttura.<br />
Particolarmente apprezzato come vino da meditazione, si accompagna<br />
idealmente a carni rosse e selvaggina. Si raccomanda<br />
di stappare la bottiglia qualche ora prima del servizio.<br />
Cecchi – Val delle Rose Morellino di Scansano<br />
Riserva 2002 Doc<br />
L’azienda agraria Val Delle Rose esprime l’optimum della potenzialità del sangiovese<br />
in terra di Maremma. Il Morellino di Scansano Riserva ha un periodo di invecchiamento<br />
in piccoli fusti di almeno un anno. Tutte le operazioni di vinificazione ed<br />
invecchiamento sono eseguite nella cantina dell’azienda, dotata dei migliori supporti<br />
tecnologici.<br />
Il vino presenta un colore rosso rubino molto intenso e profumi di frutta matura. La<br />
struttura è ricca di tannini dolci, ben levigati, che risultano evidenti senza disturbare.<br />
La presenza di tostatura e vaniglia completa il profilo organolettico di questo<br />
elegante vino che, se ben conservato, può essere invecchiato per molti anni. Ottimo<br />
con piatti a base di carne, si consiglia una temperatura di servizio di 18°C.<br />
Cecchi<br />
Loc. Casina dei Ponti 56 Castellina in Chianti (Si)<br />
Tel. 0577 54311 – Fax 0577 543150<br />
cecchi@cecchi.net - www.cecchi.net<br />
una nuova<br />
semantica<br />
enologica, capace di<br />
dare significato non<br />
solo agli aspetti<br />
organolettici di un<br />
calice di rosso, ma<br />
anche a quelli filosofici e<br />
storici di una zona, di un<br />
produttore.<br />
Allora sì che il linguaggio del vino<br />
➤<br />
37
38<br />
assumerebbe l’aspetto di una<br />
formidabile arma concettuale e<br />
saprebbe davvero dare aria alle<br />
stanze un po’ polverose di certe<br />
pubblicazioni capaci di scovare ogni<br />
cromatismo, ogni sentore di fruttafiori-spezie,<br />
ogni mancato o<br />
raggiunto equilibrio gustativo, ma<br />
incapaci di raccontare la passione<br />
che sta alla base del lavoro di<br />
vignaiolo.<br />
Cesani – Luenzo 2002 Igt<br />
L’azienda si trova a in località Pancole: qui la famiglia Cesani, Vincenzo in testa, si dedica<br />
quotidianamente a portare avanti l’attività con passione e serietà.<br />
Il Luenzo è uno dei rossi più apprezzati in assoluto della zona di San Gimignano.<br />
L’analisi organolettica rivela un colore rubino concentrato e una consistenza evidenziata<br />
da fitti archetti che scendono lungo le pareti del bicchiere. A livello olfattivo si percepisce<br />
frutta matura (ciliegia e frutta), fiori, speziatura di pepe e chiodi di garofano. L’impatto<br />
in bocca è deciso, con componenti ben equilibrate e buona armonia complessiva. Meno<br />
potente rispetto a precedenti annate, ma forse di maggiore eleganza gusto-olfattiva.<br />
Cesani<br />
Loc. Pancole 82/D – San Gimignano (Si)<br />
Tel./Fax 0577 955084<br />
info@cesanivini.it<br />
www.cesanivini.it<br />
➤<br />
Castelvecchio<br />
La Querce Chianti Colli Fiorentini Riserva 2003 Docg<br />
Castelvecchio non è più una sorpresa. L’azienda di Stefania e Filippo Rocchi anno dopo<br />
anno, vino dopo vino, si conferma fra le migliori realtà dei Colli Fiorentini. Ne è una riprova<br />
questo La Querce, ultimo nato nella prestigiosa galleria di rossi.<br />
Rubino il calice, di bella consistenza. Molto interessante il ventaglio olfattivo: frutti a bacca<br />
rossa e nera, cenni floreali, trame speziate di pepe, sentori complessi di liquirizia, tabacco<br />
dolce, frutta secca. In bocca si mostra potente, con tannini ben lavorati e bilanciamento fra<br />
alcol e acidità. Un vino davvero convincente da apprezzare con carni rosse alla brace e<br />
arrosti di selvaggina.<br />
Azienda Agricola Castelvecchio<br />
Via Certaldese 30, 50026 San Casciano V.P. (Fi)<br />
Tel./Fax 055 8248032<br />
www.castelvecchio.it<br />
info@castelvecchio.it<br />
“Caro” vino…<br />
Auspichiamo inoltre un 2006<br />
sostenibile da un punto di vista<br />
economico. Se vogliamo tornare<br />
seriamente a stappare bottiglie<br />
occorre rendersi conto una volta per<br />
tutte che è assolutamente necessario<br />
un giusto rapporto fra qualità e<br />
prezzo. Ci sono stati anni euforici,<br />
belli ed effervescenti in cui ricaricare<br />
sul prezzo di una bottiglia non
creava eccessivi problemi. Essere<br />
toscani, in particolare, costituiva una<br />
garanzia e un valore aggiunto<br />
straordinari. Il fatto è che qualcuno<br />
ha spinto troppo sull’acceleratore e<br />
si è creata una bolla speculativa che<br />
prima o poi doveva scoppiare. Ed è<br />
scoppiata, in maniera fragorosa, nel<br />
momento in cui la crisi si è fatta<br />
sentire e alcuni mercati, fra i più<br />
importanti, hanno stretto i cordoni<br />
Fattoria Cigliano – Nettuno 2000 Igt<br />
La Fattoria Cigliano è di proprietà della famiglia Antinori fin dal 1400. L’interno della Villa ospita<br />
uno stupendo giardino all’italiana in cui domina la statua di un Nettuno fatto con sassi di fiume<br />
e conchiglie di mare.<br />
E proprio la statua dà il nome a questo prestigioso Cabernet di Toscana. Un monovitigno,<br />
maturato in fusti di rivere francese, dalla intensa tonalità rubina. L’analisi olfattiva rimanda a<br />
sentori intensi di cassis, confettura di mirtilli, prugna, contrappunti di cacao e vaniglia. Al gusto<br />
rivela un impatto deciso con tannini potenti e ben lavorato. Ottimo il volume complessivo con<br />
bilanciamento fra alcol e acidità. Persistente il finale con ritorno della componente fruttata. Da<br />
gustare con piatti di selvaggina.<br />
Fattoria Cigliano<br />
Via Cigliano 17 – San Casciano Val di Pesa (Fi)<br />
Tel. 055 820033 – Fax 055 8290719<br />
fattoriacigliano@libero.it<br />
Strozzi – Poggio Moreto Morellino di Scansano 2003 Doc<br />
Il Poggio Moreto, sangiovese in purezza, è un vino che nasce da una selezione accurata<br />
dalle uve che provengono dalla parte più elevata del vigneto omonimo, con una resa<br />
limitata e, conseguentemente, ottima qualità. La vinificazione è tradizionale con controllo<br />
delle temperature durante tutto il processo di vinificazione: la maturazione è in barriques<br />
per circa sei mesi, con ulteriore affinamento in bottiglia.<br />
Il colore è rubino carico, con profumi intensi di frutta matura (mora e prugna in particolare),<br />
sentori speziati. Il sapore è asciutto con tannini fini e di ottima qualità. Si abbina perfettamente<br />
con carni rosse, cacciagione, salumi e formaggi di media stagionatura.<br />
Guicciardini Strozzi<br />
Loc. Cusona 5 – San Gimignano (Si)<br />
Tel. 0577 950028 – Fax 0577 950260<br />
guicciardinistrozzi@iol.it<br />
www.guicciardinistrozzi.it<br />
➤<br />
39
40<br />
Frescobaldi – Montesodi Chianti Rùfina 2001 Docg<br />
Il Montesodi, ottenuto da Sangiovese in purezza, è un cru che che nasce dal vigneto omonimo ubicato<br />
a 400 metri nel comue di Pelago. La fermentazione, dopo la fase di vendemmia manuale, avviene in<br />
acciaio inox a temperatura controllata. Seguono una maturazione in barriques di rovere francese<br />
nuove per almeno diciotto mesi e l’affinamento in bottiglia per altri sei mesi.<br />
L’analisi organolettica rivela alla vista una tonalità intensamente porpora con grande consistenza<br />
dimostrata da archetti fitti e regolari. Ottima la varietà di profumi con frutta matura in evidenza,<br />
contrappuntata da vaniglia, pepe e gradevoli note balsamiche.<br />
Cremoso e impattante l’attacco gustativo, cui seguono struttura e volume d’insieme. Perfettamente<br />
bilanciate le parti alcol-acidità, con tannini ben distribuiti. Chiude con un finale lungo e avvincente.<br />
Marchesi de’ Frescobaldi Spa<br />
Via S. Spirito 11 – Firenze<br />
Tel. 055 27141 – Fax 055 211527<br />
info@frescobaldi.it - www.frescobaldi.it<br />
Tenuta di Gracciano della Seta<br />
Rosso di Montepulciano 2003 Doc<br />
La Tenuta appartiene alla Famiglia Mazzucchelli della Seta dal 1850. Si estende per una superficie<br />
totale di 68 ettari di cui 16 dedicati a vigneto. Il Rosso di Montepulciano nasce da vigneti posti a<br />
300 metri sul livello del mare, esposti a sud e posati su un terreno di tipo limo-argilloso. Si tratta<br />
di un blend sangiovese 90%-merlot 10% che matura per 8 mesi, parte in fusti di rovere francese,<br />
parte in botti di rovere di Slavonia. Tutte queste caratteristiche conferiscono al vino doti organolettiche<br />
di pregio. Colore perfettamente rubino e archetti fitti e regolari. Profumi fruttati e floreali<br />
di bella intensità e persistenza, a cui si accompagnano note di speziatura dolce. In bocca rivela<br />
equilibrio e tannini sapientemente distribuiti. Per struttura e versatilità è da abbinare a carni<br />
rosse, primi al ragù, salumi toscani, formaggi mediamente stagionati.<br />
Tenuta di Gracciano della Seta<br />
Via Umbria 59 Montepulciano (Si)<br />
Tel./Fax 0578 708340<br />
delle loro borse. Allora, per una<br />
elementare legge di domandaofferta,<br />
è stato il prezzo e (quasi)<br />
solo quello a farla da padrone. A<br />
rimetterci è stata la qualità. E non<br />
solo la qualità. Il mercato si è per<br />
così dire inasprito per spirito ed<br />
esigenze di sopravvivenza, di quote<br />
da mantenere, di bilanci.<br />
Da amanti e consumatori del vino<br />
lanciamo un appello accorato a tutta<br />
➤
la filiera produttiva, distributiva,<br />
ristorativa: fateci bere! E fateci<br />
pagare una bottiglia per quel che<br />
veramente vale. Semmai fateci<br />
esclamare: è costosa. Ma non fateci<br />
mai più dire: è cara. Fra cara e<br />
costosa esiste un discrimine<br />
sottilissimo, ma fondamentale.<br />
Perché ciò che è costoso “vale il<br />
prezzo del biglietto”, se si hanno<br />
tasche abbastanza forti. E ciò che è<br />
Il Poggione – Brunello di Montalcino 2000 Docg<br />
La Tenuta Il Poggione è un modello di azienda vinicola in cui la genuina passione per il<br />
lavoro si unisce a intelligenza, sensibilità umana, capacità imprenditoriali fuori del comune.<br />
Una dimostrazione di questo sta nella nuova cantina, ormai ultimata, bellissima e al<br />
contempo funzionale, tesa al miglioramento di prodotti che sono già oggi ai massimi<br />
vertici. Il Brunello presenta tonalità rubina con bagliori granati e bella consistenza nella<br />
roteazione del calice. Al naso emergono ciliegia, prugna, mora, cenni di confettura e frutta<br />
sotto spirito, pepe e chiodi di garofano, cacao, liquirizia, tabacco dolce. In bocca evidenzia<br />
uno stile pulito, elegante, lineare. Si apprezzano soprattutto l’armonia d’insieme e una<br />
lunga, piacevolissima persistenza finale.<br />
Tenuta Il Poggione<br />
Sant’Angelo in Colle – Montalcino (Si)<br />
Tel. 0577 844029 – Fax 0577 844165<br />
ilpoggione@tin.it - www.tenutailpoggione.it<br />
Imm. Castelvecchio – Vin Santo di Carmignano 2000 Doc<br />
La Fattoria Imm. Castelvecchio si trova immersa nelle splendide colline della zona di<br />
Carmignano, area storicamente famosa per vini di assoluta qualità. Non poteva mancare,<br />
nel ventaglio dei prodotti dell’azienda, il Vin Santo, vinificato con impostazione tradizionale.<br />
Questo vino è ottenuto da grappoli accuratamente scelti di Trebbiano e Malvasia ed è<br />
prodotto in quantità estremamente limitata. Dopo essere lasciate ad appassire sulle<br />
stuoie le uve vengono spremute in gennaio. Il mosto così ottenuto fermenta lentamente in<br />
piccoli caratelli di castagno dove matura per un periodo minimo di tre anni.<br />
Un Vin Santo che presenta una peculiare ricchezza organolettica: il colore è giallo oro carico<br />
e la roteazione del calice mostra una buonissima consistenza. I profumi richiamano le note<br />
tipiche di frutta secca per aprirsi successivamente a sentori di miele. Al gusto si dimostra<br />
corposo, caldo, amabile e vellutato. Si abbina bene come fine pasto con biscotteria. Da<br />
provare inoltre con i rinomati fichi secchi di Carmignano.<br />
Immobiliare Castelvecchio<br />
Via delle Mannelle 19 Loc. Seano-Carmignano (Po)<br />
Tel. 055 8705451 – Fax 055 8730113<br />
info@castelvecchio.net - www.castelvecchio.net<br />
caro è semplicemente fuori prezzo,<br />
inadatto a ricoprire il ruolo in cui è<br />
stato collocato. Detto altrimenti, si<br />
può essere cari anche costando tre<br />
euro, se la qualità manca del tutto.<br />
Nel nome della Toscana<br />
Auspichiamo un 2006<br />
produttivamente sostenibile.<br />
Auspichiamo vini sinceri, generosi,<br />
franchi, di territorio. Vogliamo<br />
➤<br />
41
42<br />
assaporare i nostri vitigni, il<br />
sole toscano, la terra toscana,<br />
il carattere toscano. E<br />
vogliamo che tutto questo<br />
marchi una differenza<br />
abissale fra la Toscana e il<br />
resto. Il resto d’Italia, il resto<br />
del mondo.<br />
A pensarci bene, ribadire la nostra<br />
identità toscana è l’unica via<br />
d’uscita, l’unica ciambella si<br />
Fattoria Ormanni<br />
Chianti Classico 2003 Docg<br />
La Tenuta Ormanni è posta in una incantevole posizione<br />
nella strada che da Poggibonsi porta a Castellina in Chianti.<br />
Nel 1200 la Tenuta era di proprietà dell’omonima famiglia,<br />
citata anche dall’Alighieri nella Divina Commedia. Oggi la<br />
Fattoria appartiene all’Ing. Paolo Brini Batacchi.<br />
Il Chianti Classico 2003 si contraddistingue per la perfetta<br />
sintesi fra struttura e piacevolezza. Il colore è perfettamente<br />
rubino, con un calice che, roteando, evidenzia archetti fitti e<br />
regolari. La dimensione olfattiva è data da un fruttato maturo<br />
di ciliegia a cui seguono sentori di rosa, viola, pepe nero. Voluminoso in bocca, con parti bilanciate, tannini calibrati,<br />
persistenza gustativa. Un vino che conferma Ormanni fra le realtà più positive dell’area chiantigiana.<br />
Fattoria Ormanni<br />
Loc. Ormanni Poggibonsi (Si)<br />
Tel. 0577 937212 – Fax 0577 936640<br />
info@ormanni.it - www.ormanni.it<br />
➤<br />
Le Torri – Magliano 1995 Igt<br />
salvataggio, l’unico modo<br />
per resistere a una<br />
globalizzazione omologante<br />
e uniformante.<br />
Sicuramente non una<br />
battaglia persa. Anzi una<br />
partita tutta da giocare,<br />
che impone una riflessione<br />
profonda sul modo di fare vino. Oggi<br />
come oggi, grazie agli enologi e<br />
grazie alle metodiche in vigna e in<br />
L’Azienda Agricola Le Torri, di proprietà della S.p.A. Campiglioni, si trova nel Comune di Barberino<br />
Val d’Elsa ed è inserita in un territorio di particolare bellezza paesaggistica. Piccoli borghi medievali<br />
sovrastano colline con boschi, vigneti, oliveti, cipressi che danno a questi luoghi un fascino unico<br />
dove è ancora possibile vivere un corretto rapporto fra uomo ed ambiente.<br />
Il Magliano è ottenuto da uve sangiovese e merlot e matura, dopo la fermentazione, in piccole botti<br />
di rovere francese. Ha colore granato e buona consistenza, profumi vivi, intensi, speziati, sapore<br />
asciutto con buon equilibrio complessivo e tannini levigati. Ottimo l’abbinamento con umidi, carne<br />
ai ferri, selvaggina, formaggi stagionati.<br />
Az. Agr. Le Torri propr. Campiglioni Spa<br />
Via San Lorenzo a Vigliano 31<br />
Marcialla (Fi)<br />
Tel. 055 8076161 – Fax 055 8061257<br />
campiglioni@tin.it<br />
www.letorri.net
cantina, fare un vino sbagliato è<br />
molto difficile, quasi impossibile. Per<br />
cui ciò che occorre esaminare è<br />
l’identità, lo stile, il carattere di una<br />
bottiglia. Quello che va perseguito è<br />
la ricerca di un fondamento comune<br />
ad un’area vinicola, su cui poi<br />
innestare le varie identità aziendali.<br />
Compito apparentemente più facile<br />
in zone piccole quali Carmignano o<br />
Rufina, compito arduo in zone estese<br />
Petreto – Pourriture Noble 2002 Igt<br />
Sembra incredibile ottenere un vino stretto parente del Sauternes alle porte di<br />
Firenze. Ci riesce Petreto, grazie al particolarissimo microclima, con la Pourriture<br />
Noble, molto ricercata dagli amanti del nettare di Bacco. La versione 2002 si<br />
presenta meno imponente rispetto ad altre annate, ma ugualmente gradevole. Il<br />
colore è di un dorato luminoso, il calice è consistente. I profumi spaziano dalla mela<br />
cotta ai fiori di camomilla, passando per note di miele millefiori e contrappunti di<br />
frutta secca e cannella. Al gusto risulta bilanciata, non stucchevole, equilibrata e<br />
con lunga persistenza finale. Da provare anche con torte di frutta e pasticceria<br />
secca.<br />
Azienda Agricola Petreto<br />
Via di Rosano 196/a<br />
Bagno a Ripoli (Fi)<br />
Tel. 055 6519021 – Fax 055 698022<br />
Querceto di Castellina<br />
Podalirio 2003 Igt<br />
Entrato a far parte del gotha dei vini toscani in brevissimo tempo,<br />
il Podalirio è l’Igt dell’azienda Querceto di Castellina, affinato in<br />
barriques e ottenuto con uve Sangiovese e Merlot. Colpisce per<br />
fittezza, per impenetrabilità e per rubina concentrazione di frutto. Il<br />
calice rivela poi una decisa consistenza con archetti fitti e regolari.<br />
In fase olfattiva emergono profonde trame floreali e speziate, rivelando<br />
sentori che vanno dalla vaniglia al tabacco. Equilibrio, armonia<br />
ed eleganza fanno del Podalirio un rosso da abbinare a grandi<br />
arrosti di carne, cacciagione da penna e da pelo.<br />
Azienda Agricola Querceto di Castellina<br />
Loc. Querceto, 9<br />
Castellina in Chianti (Si)<br />
Tel. 0577 733590 – Fax 0577 733636<br />
info@querceto.com - www.querceto.com<br />
e diverse dal punto di vista<br />
pedoclimatico quali il Classico,<br />
Montalcino, Montepulciano.<br />
Uno sforzo che tuttavia deve essere<br />
fatto, a partire da un confronto<br />
positivo fra produttori. In questa<br />
direzione il ruolo dei vari consorzi<br />
resta fondamentale, come interfaccia<br />
con il mondo e come consulenza<br />
interna per gli associati. Crediamo<br />
che questo momento di confronto sia<br />
➤<br />
43
44<br />
➤<br />
inevitabile. La Toscana,<br />
prendiamone<br />
coscienza, è un<br />
marchio registrato, un<br />
“made in” che esercita<br />
ancora un fascino<br />
notevolissimo dagli<br />
Stati Uniti al Giappone. Su<br />
questo non possono esserci dubbi,<br />
né timori eccessivi. Il fatto è che<br />
spesso ci siamo accontentati di<br />
vendere (a caro prezzo,<br />
peraltro) una Toscana da<br />
cartolina. Perché era più<br />
facile, più comodo, più<br />
redditizio. Adesso è<br />
inevitabile invertire rotta e<br />
offrire alla platea degli amanti<br />
della nostra regione la parte<br />
genuina e verace. Una volta ancora il<br />
vino, con la sua storia e il suo<br />
appeal, può (deve!) fungere da<br />
Castello di San Sano – Chianti Classico 2002 Docg<br />
Il Castello di San Sano è ubicato in zona Gaiole in Chianti (Si), un territorio tipicamente chiantigiano<br />
costituito da agglomerati calcarei marnosi, scheletro. Condizioni pedologiche favorevoli per vini di<br />
qualità adatti all’invecchiamento.<br />
Dai vigneti ventennali si ottiene il Chianti Classico, da uve sangiovese e canaiolo. A una macerazione<br />
termocontrollata segue una maturazione in botti di rovere di piccola capienza. L’imbottigliamento<br />
avviene con filtrazione molto larga a cui segue un affinamento in bottiglia per almeno sei<br />
mesi.<br />
Il vino è rubino carico, con ricchi profumi di frutta e spezie, integrati da una moderata componente<br />
legnosa. In bocca si mostra morbido e piacevole con giusta tannicità e buona struttura gustativa.<br />
Castello di San Sano<br />
Loc. Palazzino – San Sano<br />
Gaiole in Chianti (Si)<br />
Tel./Fax 0577 746056<br />
www.castellosansano.com - info@castellosansano.com<br />
Fattoria Santo Stefano – Drugo Chianti<br />
Classico 2001 Docg<br />
Un signor Chianti Classico il Drugo, prodotto dai fratelli Bendinelli<br />
nella bella Fattoria Santo Stefano, alle porte di Greve in Chianti.<br />
Alla vista è rubino impenetrabile, limpido, decisamente consistente. Il<br />
naso rivela un primo impatto di mora, mirtilli, cliliegia nera matura,<br />
viola. Roteando si schiudono sentori intensi e complessi di goudron,<br />
vaniglia, spezie, note animali. Voluminoso al gusto e caldo. Buono<br />
l’equilibrio fra le parti in tutto il tragitto gustativo dove si manifestano<br />
tannini giustamente distribuiti. Di lunga persistenza il finale. Ritorna il<br />
frutto, accompagnato da liquirizia. In sintesi un vino di spessore che<br />
esprime al meglio la valenza del terroir da cui proviene.<br />
Fattoria Santo Stefano<br />
Via di Collegalle 3 Greve in Chianti (Fi)<br />
Tel./Fax 055 8572298<br />
info@fattoriasantostefano.it - www.fattoriasantostefano.it
locomotiva per un rilancio<br />
economico e turistico di qualità.<br />
Auspichiamo quindi che produttori e<br />
consorzi si assumano una<br />
responsabilità precisa: governare la<br />
svolta. Grazie a prodotti davvero di<br />
territorio e grazie a una<br />
comunicazione solida ed efficace.<br />
Resistendo a tentazioni di comodo<br />
(uso eccessivo di vitigni alloctoni o<br />
barriccamenti spudorati, tanti per<br />
Chianti Rufina Riserva 2000 Docg<br />
Tutto ciò che vorreste da un vero vino toscano lo ritrovate degustando il<br />
Chianti Rufina Riserva Travignoli, azienda storica dell’area rufinese, già<br />
presente in documenti risalenti addirittura all’XI secolo. Caratterizzano<br />
questa Riserva elementi come potenza, eleganza, intensità e persistenza<br />
retrolfattiva. E ancora: armonia e vellutato equilibrio. La Riserva si<br />
presenta di un rubino concentrato, con unghia virata sul granato. Il<br />
vantaglio olfattivo spazia dalla prugna alla ciliegia matura, evidenziando<br />
note piacevolmente erbacee. L’analisi gustativa conferma la personalità<br />
del vino e fa intravedere quella longevità che possiedono i grandi Chianti<br />
Rufina. Da provare in particolare con arrosti e brasati.<br />
Az. Agr. Travignoli<br />
Via Travignoli 78 Pelago (Fi)<br />
Tel./Fax 055 8361098<br />
info@travignoli.com - www.travignoli.com<br />
Triacca – La Palaia Chianti Classico 2001 Docg<br />
La Madonnina è una splendida azienda nel cuore del Chianti Classico in cui si coltivano<br />
sangiovese, cabernet e merlot. La Palaia proviene dall’omonima vigna, con esposizione<br />
e microclima favorevolissimi.<br />
Questo Chianti Classico si distingue per carattere e signorile personalità. Veste profondamente<br />
rubina, notevole consistenza evidenziata da archetti fitti e regolari sulle pareti<br />
del calice. Molto interessante il ventaglio olfattivo: frutta matura quale ciliegia, mora,<br />
melograno; fiori, in particolare viola e giaggiolo; cenni speziati e contrappunti di liquirizia.<br />
In bocca si mantiene logico e unito, mostrando equilibrio fra alcol e acidità, con tannini<br />
sapienetemente distribuiti. Struttura ed eleganza sono confermati da un finale lungo e<br />
piacevole, con ritorno del frutto e della liquirizia. Da degustare con arrosti importanti e<br />
carni alla brace.<br />
Casa Vinicola Triacca – Tenuta La Madonnina<br />
Via Palaia 39 Chiocchio (Fi)<br />
Tel. 055 858003 – Fax 055 8588972<br />
info@triacca.com - www.triacca.com<br />
citare due esempi) e guardando con<br />
rispetto, ma senza timore, a<br />
California, Cile e Australia.<br />
L’anno che sta arrivando fra un anno<br />
passerà, cantava Dalla in un suo<br />
famoso brano. Speriamo di essere qui<br />
a raccontare che qualcosa è<br />
(finalmente) cambiato, in materia di<br />
sostenibilità del vino. Buone feste a<br />
tutti!<br />
45
46<br />
Olio nuovo,<br />
sapore antico<br />
Il sensibile calo<br />
della produzione<br />
non intacca la qualità<br />
dell’extravergine<br />
toscano<br />
Mandata in<br />
archivio una<br />
delle stagioni più<br />
proficue, sia dal<br />
punto di vista<br />
qualitativo, sia<br />
quantitativo, il mondo<br />
toscano dell’olio può<br />
comunque sorridere. In ognuna delle<br />
aree di produzione si registra una<br />
sensibile diminuzione del prodotto,<br />
ma non mancano le note liete. L’olio<br />
prodotto quest’anno nelle terre del<br />
Consorzio del Chianti Classico, ad<br />
esempio, avrà una caratteristica molto<br />
particolare: rispecchierà alla lettera i<br />
dettami del disciplinare che gli vale la<br />
Dop. «Non è sempre scontato –<br />
evidenzia con soddisfazione<br />
Fiammetta Nizzigrifi, referente del<br />
Consorzio –. Quando uno o due<br />
prodotti tipici non allegano<br />
contemporaneamente sul territorio<br />
possono verificarsi scostamenti anche<br />
sensibili dal riferimento: quest’anno<br />
no, raggiungeremo quasi la<br />
perfezione». E così avremo il colore
tipicamente verde dorato, l’aroma<br />
moderatamente piccante e<br />
quell’amaro «gambo di carciofo» che<br />
lo caratterizza nella sua purezza.<br />
Buone notizie dunque, a<br />
fronte di quelle meno rosee<br />
in fatto di produzione, anche<br />
se quel 40% di quantità in<br />
meno sbandierato dai più<br />
non sta di casa nelle terre<br />
del Consorzio.<br />
«Assolutamente no – afferma<br />
Nizzigrifi –. C’è una diminuzione<br />
fisiologica del prodotto che deriva da<br />
più fattori, che dovrebbe attestarsi<br />
attorno al 20-25%, non di più».<br />
Qualche chilometro più a sud, nel<br />
territorio della Dop Terre di Siena, la<br />
situazione è anche migliore. «La<br />
quantità in tutto il territorio, che<br />
Badia a Coltibuono – Albereto e Campo Corto<br />
Extravergini d’Oliva da agricoltura biologica<br />
Badia a Coltibuono si distingue per una gamma di vini d’eccellenza ma anche per<br />
una selezione di Extravergini d’Oliva di qualità assoluta. Albereto è prodotto<br />
senza filtrazione in quantità molto limitata, con varietà frantoio, pendolino, leccino<br />
e una piccola parte di moraiolo e maurino. Il colore è verde smeraldo, i profumi<br />
rimandano a belle trame erbacee con note di asparago, dragoncello, salvia.<br />
Intenso il gusto con tipica nota piccante.<br />
Campo Corto è ottenuto solo da varietà frantoio, la più tipica della zona. Alla<br />
vista appare di un verde intenso, con note olfattive che rimandano a carciofo ed<br />
erbe aromatiche. Il sapore è di forte personalità, con nota giustamente pizzichina.<br />
Anche Campo Corto non subisce filtrazioni al fine di mantenere intatte le sue<br />
doti organolettiche.<br />
Entrambi gli oli provengono da agricoltura biologica.<br />
Badia a Coltibuono<br />
Gaiole in Chianti (Si)<br />
Tel. 0577 74481 – Fax 0577 749235<br />
info@coltibuono.com<br />
www.coltibuono.com<br />
47
48<br />
presenta una situazione a pelle di<br />
leopardo, è presumibile si attesti a<br />
circa il 25-30% rispetto all’anno<br />
scorso – spiega Gyanina Bursi del<br />
Consorzio –. Diverso il discorso per la<br />
quantità certificata che, grazie ad una<br />
sempre maggiore convinzione dei<br />
produttori, anche quest’anno supererà<br />
il proprio record precedente». Non<br />
male rispetto ad una stagione, il<br />
Carpineto – Gli Oli degli Appodiati<br />
Castelvecchio – Olio Extravergine di Oliva<br />
2004, definita ineguagliabile.<br />
«Certamente l’annata 2004 è stata<br />
eccezionale per quantità e qualità –<br />
conferma Bursi –. Nel 2005 avremo<br />
oli molto buoni, dai profumi<br />
armonici, dal gusto poco piccante,<br />
piuttosto dolce, morbido ed<br />
avvolgente. Oli che saranno già<br />
gradevolissimi in immediata gioventù<br />
e che avranno uno spettro di<br />
Oltre che per i suoi famosi vini, Carpineto si fa apprezzzare per una linea di oli di tutto rispetto: gli Oli degli<br />
Appodiati.<br />
L’Appodiato di Gaville Oliveto Sillano è prodotto con olive provenienti nell’alto Valdarno, con varietà<br />
Frantoio, Leccino, Pendolino e Moraiolo. Il colore è verde intenso con bouquet speziato e finale lungo e<br />
persistente. Buono con bruschette, carpacci e pinzimoni.<br />
L’Appodiato di Chianciano e Montepulciano Oliveto delle Simbarde proviene dalla zona di Montepulciano.<br />
Stesse varietà dell’Oliveto Sillano, ma con diversa percentuale di blend. Il colore è verde con delicati<br />
profumi speziati. Si abbina con pane e formaggi freschi, carni alla griglia e zuppe.<br />
L’Appodiato di Gavorrano Oliveto Il Piccolo proviene dagli oliveti di Maremma. Anche questo è un olio di<br />
grande personalità (stesse cultivar dei due oli precedenti, con netta prevalenza della cultivar frantoio). Al<br />
naso ricorda belle note di erba fresca appena tagliata. Si accompagna a pasta, pomodori e ribollita.<br />
Carpineto<br />
Loc. Dudda – Greve in Chianti (Fi)<br />
Tel. 055 8549062 – Fax 055 8549001<br />
info@carpineto.com - www.carpineto.com<br />
L’olio Extravergine di Oliva dell’azienda Castelvecchio nasce da oliveti specializzati in zona San Casciano<br />
a 250 metri di altezza con esposizione sud est. È ottenuto con metodo tradizionale utilizzando le varietà<br />
moraiolo, frantoio, leccino e correggiolo. Le olive vengono raccolte a mano e portate entro le 24 ore al<br />
frantoio dove, per ottenere una acidità bassa, vengono spremute rigorosamente a freddo. Per mantenere<br />
intatte le caratteristiche di genuinità non viene filtrato.<br />
A livello organolettico si possono ammirare belle e luminose tonalità verde oro. I profumi rimandano a note<br />
fruttate, a erba tagliata, a sentori floreali. Vivo in bocca con giusta nota piccante. Da provare con insalate,<br />
pinzimoni, fagioli e una toscanissima fettunta!<br />
Azienda Agricola Castelvecchio<br />
Via Certaldese 30<br />
San Casciano V.P. (Fi)<br />
Tel./Fax 055 8248032<br />
info@castelvecchio.it<br />
www.castelvecchio.it
utilizzazioni molto ampio. I<br />
produttori più avveduti, seguendo la<br />
loro sapienza e anche i suggerimenti<br />
del Consorzio, che hanno anticipato i<br />
tempi di raccolta saranno premiati da<br />
una qualità superiore alla media».<br />
Nella più giovane delle Dop,<br />
l’Extravergine di Lucca, si attende con<br />
ansia il bilancio finale di quella che<br />
sarà la prima raccolta certificata.<br />
Fattoria Cigliano – Olio Extravergine d’Oliva<br />
Una parte significativa della produzione della Fattoria Cigliano è data dall’Olio Extravergine di Oliva,<br />
ottenuto dalle varietà frantoio (75%), moraiolo (15%), leccino (10%). L’esame organolettico fa rilevare un<br />
colore verde intenso con bei riflessi giallo oro. I profumi rimandano a sentori netti e persistenti di oliva con<br />
contrappunti erbacei molto gradevoli. Al gusto si mostra fruttato e leggermente piccante con retrogusto<br />
di carciofo.<br />
Un Extravergine di pregio che trova felice abbinamento a crudo su zuppe, legumi, bruschetta e pinzimonio.<br />
In cottura è particolarmente adatto per brasati, arrosti e ragù.<br />
Fattoria Cigliano<br />
Via Cigliano 17<br />
San Casciano Val di Pesa (Fi)<br />
Tel. 055 820033 – Fax 055 8290719<br />
fattoriacigliano@libero.it<br />
Fattoria Castellina – Monovarietali Extravergini d’Oliva<br />
La Fattoria Castellina presenta una galleria di monocultivar non filtrati di statura notevolissima,<br />
ottenuti da olive raccolte a mano e frante in giornata per mantenere intatte le qualità organolettiche<br />
e l’artigianalità delle lavorazioni. Sei varietà di olive, prodotte nella versioni denocciolate e non.<br />
Ciascun olio con doti organolettiche uniche. Colori che spaziano dal verde intenso al giallo oro;<br />
profumi che rimandano ora alla mela, ora alla mandorla, passando per note erbacee e vegetali; gusto<br />
ora morbido, ora saporito, ora piacevolmente amaro.<br />
Insomma una collezione capace di incuriosire e soddisfare i gourmet più esigenti. Gli chef e i<br />
professionisti del settore potranno poi usare questi monocultivar per abbinamenti classici o per<br />
accostamenti più azzardati. Da provare, monocultivar dopo monocultivar...<br />
Fattoria Castellina<br />
Via Palandri 27<br />
Capraia e Limite<br />
Tel./Fax 0571 57631<br />
info@fattoriacastellina.com<br />
www.fattoriacastellina.com<br />
49
50<br />
«Fare raffronti con il passato per<br />
noi non è semplice – spiega<br />
Fabio Tognetti, del Consorzio<br />
di Tutela della Dop lucchese –.<br />
Essendo il nostro primo anno<br />
come Dop questa sarà una<br />
stagione di riferimento». Nel<br />
complesso, tuttavia, anche<br />
nella Toscana di ponente il giudizio<br />
complessivo è molto buono. «Non<br />
La Querce<br />
sarà una stagione eccelsa –<br />
prosegue Tognetti –. D’altra parte<br />
tradisce il paragone con il 2004<br />
quando qui a Lucca abbiamo<br />
registrato la più grande raccolta<br />
dell’ultimo decennio, ma sarà<br />
comunque buona. La piovosità<br />
estiva ha inciso in maniera<br />
positiva e il prodotto sarà morbido<br />
come nella migliore tradizione<br />
Giachi – Primolio Olio Extravergine di Oliva<br />
L’azienda della Famiglia Giachi è ubicata sulle colline di Mercatale Val di Pesa e da generazioni si<br />
occupa della produzione e commercio dell’Olio Extravergine di Oliva di qualità, con una filosofia<br />
orientata a un giusto rapporto qualità/prezzo.<br />
Primolio si ottiene da cultivar frantoio, moraiolo, leccino, maurino e pendolino, raccolte a mano<br />
nella prima decade di novembre e subito frante con lavorazione a freddo. È un olio di bassissima<br />
acidità con ottima resa gustativa. Viene conservato in locali freschi e filtrati a cotone idrofilo prima<br />
di essere commercializzato.<br />
Il colore è verde intenso e i profumi rimandano a note fruttate e sentori di carciofo. Molto buono<br />
l’equilibrio gustativo, caratterizzato dalla tipica nota piccante sul finale. Da provare con zuppe,<br />
insalate, piatti della cucina toscana.<br />
Giachi<br />
Via Campoli 31<br />
Mercatale Val di Pesa (Fi)<br />
Tel. 055 821082 – Fax 055 8218113<br />
info@giachioleari.it – www.giachioleari.it<br />
Questo prestigioso Extravergine d’Oliva nasce sulle belle colline del comune d’Impruneta. La<br />
varietà delle olive è data da frantoio (circa 30%), leccino (circa 30%), moraiolo (circa 30%),<br />
pendolino, Madonna dell’Impruneta ed altre varietà (circa 10%). La raccolta inizia a novembre e il<br />
processo di estrazione avviene in frantoio a ciclo continuo con frangitore, gramole, decanter e<br />
separatore tutto a basse temperature. Quindi si ha una decantazione naturale in orci di terracotta,<br />
con travasi bimestrali, nessuna filtratura.<br />
Le note organolettiche rimandano a colore verde opalescente, che tende al giallo limpido con il<br />
tempo, all’olfatto si apre elegante e intenso, ricco di note vegetali di erba fresca e sentori<br />
armonici di carciofo. Al gusto è deciso e di personalità, fruttato con toni amaro-piccanti intensi e<br />
ben espressi. Ottimo con ribollita, carni rosse alla griglia, fagioli e pinzimoni.<br />
La Querce di Massimo Marchi e C. s.a.s.<br />
Via Imprunetana per Tavarnuzze, 41<br />
Impruneta (Fi)<br />
Tel./Fax 055 2011380<br />
laquerce@inwind.it<br />
www.laquerce.com
locale». E i prezzi? Nessuna<br />
impennata, ma qualche aumento è<br />
previsto. «Un rincaro dei prezzi è<br />
nell’ordine delle cose – conclude<br />
Gyanina Bursi del Consorzio Terre di<br />
Siena – ma dipende solo in parte<br />
dalla scarsa quantità. Soprattutto<br />
incidono i costi di produzione che<br />
nell’ultimo anno sono aumentati in<br />
modo preoccupante. Non saprei dire<br />
Travignoli – Laudemio Olio Extra Vergine d’Oliva<br />
Olio di oliva di categoria superiore ottenuto unicamente tramite procedimenti meccanici. La<br />
spiccata personalità di Laudemio è legata a caratteristiche quali: ubicazione degli oliveti in zone<br />
ad alta vocazione; selezione delle varietà tipiche toscane; coltivazione, raccolta e frangitura nel<br />
rispetto del regolamento di produzione.<br />
Tutto questo fa sì che si ottenga un Extravergine dal colore verde molto intenso con evidenti<br />
bagliori dorati. Al naso si percepiscono note di carciofo, mela, foglia di pomodoro, contrappunti<br />
erbacei e vegetali. Tipica la piccantezza gustativa. Adatto ad accompagnare le pietanza tipiche<br />
della cucina toscana.<br />
Az. Agr. Travignoli<br />
Via Travignoli 78<br />
Pelago (Fi)<br />
Tel./Fax 055 8361098<br />
info@travignoli.com<br />
www.travignoli.com<br />
Villa Cerna – Chianti Classico Dop Olio<br />
Villa Cerna ha oliveti di tipo specializzato dove si coltivano le varietà Frantoio, Leccino, Correggio e<br />
Moraiolo.<br />
Subito dopo la raccolta avviene la frangitura alla quale segue l’estrazione a bassa pressione e temperatura.<br />
L’olio è conservato nell’oleario dell’azienda dove si effettua anche la filtrazione prima dell’imbottigliamento.<br />
Il risultato? Un extravergine dal colore verde intenso, con profumi gradevoli di erbaceo e vegetale. In bocca<br />
è morbido e fluido, con nota fruttata e piccante in chiusura. L’impiego migliore è a crudo su zuppe, ortaggi<br />
e legumi.<br />
Az. Agr. Villa Cerna<br />
Loc. Cerna<br />
Castellina in Chianti (Si)<br />
Tel. 0577 54311 – Fax 0577 543150<br />
info@villacerna.it<br />
www.villacerna.it<br />
la misura del rincaro relativo agli oli<br />
extra vergini, per la DOP Terre di<br />
Siena ci attesteremo intorno ad un<br />
10%».<br />
Una stagione che si preannuncia<br />
dunque complessivamente positiva<br />
per l’oro verde toscano, nonostante<br />
il calo della produzione che<br />
comunque non va a discapito della<br />
qualità.<br />
51
Speciale cioccolato<br />
Un pieno<br />
di energia<br />
Appuntamento a Firenze<br />
con la Fiera del<br />
cioccolato artigianale<br />
E dopo le feste natalizie ancora buone<br />
notizie per i golosi: la Fiera del cioccolato artigianale<br />
(www.fieradelcioccolato.it). Dal 20 al 29 gennaio<br />
2006 il cibo del buonumore, prodotto solo da<br />
artigiani esperti, è protagonista per la seconda volta<br />
al Saschall di Firenze.<br />
Considerato da sempre un alimento ricco di virtù,<br />
compresi i valori mistici e religiosi attribuiti dagli<br />
atzechi (denominato, non per niente, “il cibo degli<br />
dei”), oggi il cioccolato sta ottenendo in Italia un<br />
gran successo. Si registra infatti, in questi ultimi<br />
anni, un mercato delle tavolette di cioccolato in<br />
crescita, anche se siamo lontani ancora da paesi<br />
come il Belgio. In questo settore, la Toscana occupa<br />
il secondo posto in Italia per produzione di cioccolato<br />
artigianale. Varie sono poi le iniziative, gli<br />
accostamenti, l’impiego addirittura del cioccolato in<br />
alcune terapie utilizzate nella cura del corpo e del<br />
benessere fisico, che contribuiscono a valorizzare<br />
questo prodotto.<br />
Alla Fiera del cioccolato fiorentina si punta in<br />
particolare sulla lavorazione artigianale, riservata al<br />
prodotto ottenuto con esclusivo utilizzo di cacao in<br />
fave, in granella ed in pasta di cacao, e non su<br />
quella industriale a larga scala. Gli eventi collaterali<br />
che verranno organizzati si inseriscono in questo<br />
contesto, dove si riconosce a Firenze una posizione<br />
centrale all’interno della “Tuscan Chocolate Valley”,<br />
per dirla all’inglese, il distretto caratterizzato dalla<br />
52<br />
Cioccolato o cacao?<br />
Due nomi per tanta bontà: entrambi derivano,<br />
come è facile intuire, dalle lingue precolombiane.<br />
“Cioccolato” viene dall’azteco chocolatl, attraverso lo<br />
spagnolo chocolate (dal quale deriva anche la<br />
variante italiana, un po’ arcaica, “cioccolatte”:<br />
reinterpretazione più che logica di una semplice<br />
assonanza fonetica, dal momento che effettivamente<br />
il cioccolato viene spesso mescolato o sciolto nel<br />
latte). Narra la leggenda che fu il dio azteco<br />
Quetzalcoàtl (il Serpente Piumato) a donare ai<br />
mortali il cacao, dai cui semi sarebbe stato possibile<br />
preparare una bevanda amara e piccante, energetica<br />
ed afrodisiaca. Un dono che doveva ricordare<br />
agli uomini il sacrificio di una bellissima principessa,<br />
che preferì la morte piuttosto che rivelare ai nemici<br />
il nascondiglio dei tesori del suo sposo; fu uccisa e<br />
dal suo sangue nacque la pianta del cacao, il cui<br />
produzione artigianale e di qualità del cioccolato.<br />
Nella Chocolate Valley, che si estende da Prato a<br />
Pisa, attraversando Montopoli, Monsummano<br />
Terme e Agliana, si concentrano cioccolatieri di<br />
fama internazionale che seguono l’intero processo<br />
di produzione sperimentando abbinamenti<br />
innovativi e nuove proposte meno ricche di grassi.<br />
Percorrendo questa “Via del cioccolato” si giunge<br />
alla golosa kermesse fiorentina con la presenza di<br />
una trentina di cioccolatieri che esporranno i loro<br />
prodotti esclusivamente a base di cacao. Fra le<br />
prelibatezze, si distingueranno quelle provenienti<br />
da Torino, Macerata, Roma, Cosenza, Ferrara,
frutto nasconde infatti un “tesoro”: semi amari<br />
come le pene d’amore e rossastri come il sangue.<br />
Per questo motivo, il cioccolato viene spesso<br />
chiamato “cibo degli dei” – una definizione che si<br />
ritrova anche nella denominazione scientifica della<br />
pianta, coniata dal botanico svedese Linneo, di<br />
Theobroma Cacao (“Theobroma” significa in<br />
greco “cibo degli dei” e “cacao” deriva da<br />
cacahuatl, una variante di chocolatl).<br />
Modica, nota per il cioccolato ottenuto senza<br />
l’aggiunta di burro di cacao e aromatizzato al<br />
peperoncino. Tra i partecipanti più noti della<br />
Toscana si hanno Simone De Castro, Paul De Bondt,<br />
Roberto Catinari da Agliana, e la storica cioccolateria<br />
Hemingway con i prodotti di Slitti e Mannori.<br />
Verranno proposte ricette personali con accostamenti<br />
di sapori stravaganti, come le tavolette<br />
abbinate alla birra secondo l’Offelleria Rizzati di<br />
Ferrara o le praline con aromi di aperitivi di Chic e<br />
Shock di Volterra. In tema di pralineria sfilano anche<br />
i fiorentini Becagli, Boutique del cioccolato,<br />
Cioccolateria Urzi, Brotini da San Miniato, i pistoiesi<br />
Semi di storia<br />
Furono i Maya, intorno al 600 d.C., a creare la più<br />
antica piantagione di cacao; con il passare dei<br />
secoli, e soprattutto dopo l’invasione e la conquista<br />
dei Maya da parte degli Aztechi, il cacao divenne<br />
un prodotto sempre più pregiato, tanto che i suoi<br />
semi venivano usati come moneta di scambio.<br />
Curiosamente, quando Cristoforo Colombo al<br />
ritorno dalle Americhe portò in Europa i semi di<br />
cacao, questi non furono inizialmente apprezzati.<br />
Furono i “conquistadores” giunti nel 1519 sotto la<br />
guida di Hernán Cortés a rendersi conto del potere<br />
energetico della bevanda, che risultava però troppo<br />
amara per il palato europeo. Inizialmente, per<br />
smorzare il gusto amaro, gli spagnoli aggiungevano<br />
peperoncino e spezie piccanti, ma la vera “scoperta<br />
dell’acqua (o della cioccolata?) calda” si ebbe<br />
quando alcuni frati spagnoli iniziarono ad addolcirla<br />
con zucchero o vaniglia. Era l’inizio di una<br />
dolcissima “passione” che, dalla Spagna, si sarebbe<br />
diffusa nel corso del ‘600 in tutta Europa…<br />
Cioccolato & Co. A dar forma, gusto e colore ci<br />
penseranno gli empolesi Dolce Mente, Fallani, Gsp<br />
da Prato, e ancora le torte e il cioccolato con spezie<br />
del fiorentino Bianchini. Una novità dell’edizione di<br />
quest’anno sarà rappresentata dalle degustazioni di<br />
caffè che, grazie alla torrefazione Caffè Mokarico,<br />
faranno da abbinamento al cioccolato.<br />
Nel biglietto della fiera sono comprese alcune<br />
degustazioni al fianco dei maestri artigiani intenti a<br />
far conoscere l’“arte del cioccolato”. Alle dimostrazioni<br />
in diretta e all’esposizione di prodotti che si<br />
avvalgono del marchio “La qualità del Cioccolato<br />
artigianale”, si affiancheranno numerosi appuntamenti<br />
durante i dieci giorni di fiera, tra cui:<br />
Cioccol’amo2, un’occasione per far incontrare<br />
uomini e donne sul tema cioccolato, Cioko Park, il<br />
luna park al cioccolato e Lady Ciocolate, l’elezione<br />
della reginetta delle golosità. Atmosfere caraibiche<br />
e brasiliane verranno evocate dal “sambodromo”<br />
Maracanà, partnership della fiera. Insomma, è<br />
proprio il caso di dire una “fiera aperta a tutti”,<br />
perché il cioccolato non ha target sia per età che<br />
per sesso o ceto sociale, a cui si aggiunge un<br />
augurio di “buona salute”, dopo che è stato<br />
dimostrato che il cioccolato, grazie al fenolo che<br />
contiene, allunga la vita.<br />
53
I personaggi del gusto<br />
Un viaggio<br />
lungo un secolo<br />
Qualità e imprenditoria<br />
alla Tenuta Il Poggione<br />
Dietro ad ogni vicenda fortunata c’è spesso<br />
il caso, un buon racconto e l’intuito di chi<br />
sa cogliere al volo un’idea. Come dire:<br />
trovarsi al posto giusto nel momento giusto.<br />
Così, ascoltando le parole di un pastore, Lavinio<br />
Franceschi deve avere per un attimo immaginato il<br />
futuro. Paesaggi contadini e terra coltivata da<br />
uomini capaci. Forza e intelligenza che dal niente<br />
determinano il tutto, dando forma e regolarità a<br />
una materia ancora da sgrossare, ma potenzialmente<br />
straordinaria.<br />
Correvano gli ultimi anni dell’800. Il pastore<br />
raccontava di transumanze lungo il versante<br />
maremmano che da Montalcino portavano a<br />
Sant’Angelo. Lavinio Franceschi, proprietario<br />
terriero sulle colline di Scandicci, ascoltava,<br />
probabilmente in silenzio, sicuramente interessato<br />
a quelle parole.<br />
E di certo a Franceschi non mancava il coraggio.<br />
Perché decise di effettuare un sopralluogo,<br />
incurante dei pericoli a cui i viaggiatori erano<br />
allora sottoposti. Il sopralluogo non smentì il<br />
pastore, che aveva parlato di scenari maestosi, e<br />
convinse definitivamente Lavinio ad acquistare<br />
quei terreni. I Franceschi iscrivevano così il proprio<br />
nome nell’albo della Tenuta, accanto a quello dei<br />
Tolomei e dei Conti della Ciaia.<br />
Negli anni ‘50 la famiglia Franceschi, con l’allora<br />
titolare, il Commendatore Leopoldo, decise di<br />
54<br />
puntare con decisione su una viticoltura<br />
imperniata su tecniche e metodi moderni, abbandonando<br />
definitivamente certi retaggi di un’agricoltura<br />
ancora ferma ai tempi del Medioevo o<br />
quasi.<br />
Furono selezionati nuovi cloni di Sangiovese,<br />
impiantate nuove vigne, costruita una nuova<br />
cantina funzionale. In altri termini: tutto fu<br />
finalizzato alla produzione di vini di grande stoffa<br />
e personalità, rispettosi della tradizione di<br />
Montalcino.<br />
L’intuito di Lavinio Franceschi ha dato nel tempo i<br />
frutti sperati, gettando le basi per la costituzione di<br />
una delle migliori realtà vitivinicole toscane.<br />
Realtà dove impegno e passione non sono concetti<br />
di facciata, ma pratica quotidiana che si ritrova<br />
nella serietà dell’attività dello staff del Poggione, a<br />
cominciare dal Direttore Fabrizio Bindocci, e<br />
nell’eccellenza organolettica dei vini prodotti.<br />
I vigneti dell’azienda sono esposti a mezzogiorno,<br />
a un’altitudine compresa fra i 200 e i 400 metri di<br />
altezza, con una estensione di circa 120 ettari, di cui<br />
oltre la metà adibiti a Brunello.<br />
Oliveto, seminativo e bosco completano il quadro dei<br />
quasi 600 ettari lungo i quali si estende la Tenuta.<br />
Il principio su cui si basa il lavoro è chiaro: ricerca<br />
dell’innovazione attraverso la salvaguardia della<br />
tipicità, sintesi suprema fra ricerca e capacità di<br />
mantenere integre le doti del terroir.
Tutto questo si traduce in selezione delle uve,<br />
riduzione della produzione a favore della qualità,<br />
diradamento in vigna, concimazione organica.<br />
Ogni vendemmia è completamente manuale e la<br />
vinificazione avviene secondo gli standard più<br />
elevati. Si ottiene così uno stile enologico<br />
inconfondibile, dove l’eleganza si coniuga alla<br />
potenza del calice. Uno stile che si riverbera su<br />
tutto il ventaglio della produzione: Brunello,<br />
Brunello Riserva, Rosso di Montalcino fra le<br />
denominazioni di origine, San Leopoldo, Rosso fra<br />
gli Igt.<br />
Completano il quadro il Vin Santo e il Moscadello<br />
fra i vini da dessert, la Grappa di Brunello e l’Olio<br />
Extravergine di Oliva.<br />
Da oltre cento anni, dunque, il Poggione costitui-<br />
Tenuta il Poggione<br />
S. Angelo in Colle,<br />
Montalcino (Si)<br />
Tel. 0577 844029<br />
Fax 0577 844165<br />
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www.tenutailpoggione.it<br />
sce un esempio felice di come capacità imprenditoriale<br />
e volontà possono dare risultati eccellenti<br />
nel pieno rispetto di storia e natura.<br />
Lavinio Franceschi probabilmente aveva immaginato<br />
tutto questo, accarezzando l’idea che il<br />
successo nasce dall’uomo e dalla sua opera. Ma<br />
anche lui rimarrebbe meravigliato nel vedere<br />
quanti passi avanti sono stati fatti negli anni. La<br />
nuova bellissima cantina appena ultimata, grande<br />
lezione di architettura ecocompatibile, è forse il<br />
punto massimo della concretizzazione di un sogno.<br />
O forse, conoscendo la tenacia dell’azienda, è una<br />
tappa verso il futuro. Futuro in cui Leopoldo<br />
Franceschi, attuale proprietario, ha dimostrato di<br />
credere fino in fondo, confortato dagli ottimi<br />
risultati che continua ad ottenere.<br />
55
I personaggi del gusto<br />
L’espresso<br />
di Firenze<br />
Mokaflor: tradizione<br />
e qualità dei caffè<br />
più pregiati<br />
È<br />
sicuramente una delle<br />
aziende leader nel mercato<br />
caffeicolo fiorentino e<br />
toscano: Mokaflor nasce prima della<br />
seconda guerra mondiale e diventa<br />
proprietà della famiglia Bernini nel<br />
1952. «Contiamo ad oggi oltre 500<br />
punti vendita», sottolinea Andrea<br />
Bernini, titolare dell’azienda che ha mantenuto<br />
fino ad oggi un’attenta e rigorosa gestione<br />
familiare.<br />
Il caffè verde è importato direttamente dai paesi<br />
di origine, in particolare Brasile, Colombia,<br />
Guatemala e India, e sempre dagli stessi<br />
produttori, che assicurano un elevato livello e<br />
56<br />
continuità qualitativa.<br />
Dall’importazione fino alla<br />
confezionatura, ogni fase di<br />
lavorazione è gestita e controllata<br />
con professionalità, esperienza e<br />
macchinari all’avanguardia. La<br />
torrefazione “a tostatura separata”<br />
garantisce ad ogni tipo di caffè il suo<br />
punto di cottura ideale, mentre le miscele<br />
vengono selezionate, preparate e fatte<br />
“stagionare” in modo da garantirne l’assoluta<br />
pulizia e l’omogeneità.<br />
Espresso: è un metodo di preparazione<br />
del caffè nato per ovviare alla lentezza o<br />
alla perdita di aromi dell’infuso già caldo,<br />
accelerando il passaggio dell’acqua<br />
attraverso la dose di caffè macinato<br />
attraverso di una maggiore pressione.<br />
Moka: è una qualità di caffè molto<br />
pregiata proveniente dalla città di Moca,<br />
nello Yemen. Per estensione, il termine è passato ad indicare il caffè espresso e<br />
anche la macchinetta usata per la preparazione domestica dell’espresso.
La produzione Mokaflor si rivolge al mercato<br />
extradomestico ho.re.ca. ed al consumo<br />
casalingo con miscele di caffè per macchina<br />
espresso. «Da circa sette anni – continua Bernini<br />
– abbiamo sviluppato, in coincidenza con<br />
l’apertura dei coffeeshop Chiaroscuro, una linea<br />
di prodotto estremamente specializzata, offrendo<br />
in purezza i migliori caffè del mondo, oltre a<br />
ricercatezze come il<br />
decaffeinato con il<br />
procedimento<br />
Swiss water, i caffè<br />
aromatizzati, o i<br />
prodotti dolciari al<br />
gusto di caffè».<br />
Torrefazione Mokaflor Srl<br />
Via delle Torri 55<br />
50142 Firenze<br />
Tel. 055 7321518<br />
Fax 055 7321719<br />
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I segreti dell’espresso<br />
La preparazione di un espresso è un vero<br />
e proprio rituale in cui arte e scienza si<br />
combinano. E come ogni rituale ha le sue<br />
regole: in particolare, occorre una miscela<br />
composta in grande percentuale di caffè<br />
arabica (in grado di garantire un gusto<br />
armonico ed equilibrato) e una<br />
macinatura adeguata al momento. La<br />
macchina deve essere in grado di<br />
riscaldare l’acqua fino a 90°C ed<br />
esercitare una pressione di 9 atmosfere,<br />
e deve continuamente essere curata e<br />
pulita. L’espresso, infine, si consuma in<br />
tazzina piccola (di capacità di circa 40/50<br />
ml), conica, per non disperdere la crema<br />
e convogliare l’aroma verso il naso, di<br />
ceramica, materiale che garantisce la<br />
resistenza al calore e insieme una<br />
piacevole sensazione al contatto con le<br />
labbra.<br />
Mille e un caffè<br />
I caffè più pregiati sono quelli della varietà arabica e specialmente quelli coltivati in<br />
altura (800-1.200 mt), che sviluppano una aromaticità molto fine con gusti che sanno<br />
di vaniglia (Costarica), cioccolato (Guatemala) o fiori (Etiopia), con un corpo leggero e<br />
poca cremosità. Sono caffè molto adatti per la preparazione che viene chiamata<br />
“percolazione” (ossia un procedimento che consiste nel far passare l’acqua a caduta sul<br />
macinato). Come controindicazione sviluppano un’alta acidità, che nella preparazione<br />
“espresso” non è molto apprezzata. Il caffè espresso ama infatti i caffè arabica naturali<br />
con forte corpo e crema spessa, mentre gli arabica lavati di cui sopra servono per dare<br />
ricchezza alla miscela.<br />
57
I personaggi del gusto<br />
Una scuola<br />
tutta speciale<br />
All’Istituto Apicius di Firenze<br />
si imparano la cucina<br />
e la convivenza fra culture<br />
Èil 1996 quando Gabriella Ganugi, architetto<br />
fiorentino all’epoca direttrice di una delle<br />
più prestigiose scuole di lingua e di arte<br />
della città di Firenze, decide di fondare nel<br />
capoluogo toscano l’Istituto internazionale<br />
alberghiero Apicius. Il suo amore per la cucina e<br />
per il gusto in genere la portano poi a concentrare<br />
tutta il suo genio creativo sul progetto Apicius.<br />
«Ad oggi – sottolinea orgogliosamente Gabriella<br />
Ganugi – il nostro Istituto è una delle poche realtà<br />
italiane che può offrire programmi accademici<br />
accreditati anche all’estero nel settore delle arti<br />
culinarie e dell’ospitalità. La nostra missione<br />
principale è quella di insegnare ai nostri studenti<br />
l’importanza della vera cucina italiana. Attraverso<br />
i corsi vogliamo infatti far capire il senso e il ruolo<br />
che il nostro cibo ha nella cultura e nella società<br />
del nostro bel paese».<br />
La scuola attualmente ha due sedi collocate<br />
entrambe nel centro storico di Firenze. In via<br />
Guelfa 85 sono ubicate tutte le aule tecniche<br />
composte da 5 cucine professionali, un laboratorio<br />
di pasticceria, una zona ristorante che può ospitare<br />
fino a 50 persone, 6 postazioni internet. In via S.<br />
Gallo si trovano un’aula per degustazioni<br />
professionali di vino, un laboratorio fotografico, la<br />
biblioteca, 3 aule didattiche, gli uffici e 12<br />
postazioni internet. Per l’inizio del nuovo anno,<br />
inoltre, è prevista l’inaugurazione di una nuova<br />
sede sempre in via Guelfa, che vedrà la<br />
realizzazione di due altre cucine professionali e<br />
58<br />
Apicius<br />
via Guelfa, 85<br />
50129 Firenze<br />
Tel. 055 2658135<br />
Fax 055 2656689<br />
www.apicius.it<br />
info@apicius.it<br />
due aule demo dotate delle più moderne<br />
tecnologie. Scuola di cucina, ma anche di vita e di<br />
convivenza fra culture: «L’atmosfera che si può<br />
respirare all’interno di un istituto internazionale –<br />
racconta Gabriella – è qualcosa di unico e<br />
irripetibile. Ogni giorno studenti che provengono<br />
da tutto il mondo esprimono, attraverso il loro<br />
amore per il cibo ed il vino, tradizioni culturali<br />
diverse, ma allo stesso tempo unite da una<br />
passione comune. Una passione che si esprime poi<br />
al massimo quando gli allievi devono ideare,<br />
preparare e coordinare l’esame finale del corso<br />
(restaurant simulation) o quando sono chiamati a<br />
partecipare alla realizzazione di eventi speciali che<br />
Apicius organizza in tutto il mondo, come quello di<br />
New York, dove il nostro istituto è stato chiamato a<br />
rappresentare la cucina italiana con una<br />
prestigiosa cena di gala presso la James Beard<br />
Foundation, associazione tra le più importanti negli<br />
Stati Uniti per la divulgazione dell’enogastronomia<br />
nel mondo, e dalla quale sono passati i più<br />
importanti chefs mondiali come Nobu». Ma Apicius<br />
si rivolge anche ai fiorentini appassionati di cucina:<br />
tutti i programmi (sia professionali che amatoriali)<br />
sono ovviamente aperti anche ai cittadini. Inoltre,<br />
per permettere a più persone possibile di<br />
coniugare la passione per la cucina con il tempo<br />
libero troppo spesso scarso, Apicius insieme alla<br />
condotta fiorentina di Slow Food realizza presso le<br />
proprie sedi dei veri e propri percorsi intorno al<br />
gusto, riferiti a tematiche specifiche.
I corsi di Apicius<br />
I programmi offerti da Apicius tendono<br />
a sviluppare le attitudini ed il potenziale<br />
di ogni singolo studente, preparandolo<br />
ad una carriera professionale da poter<br />
sviluppare nei più diversi campi di<br />
applicazione nel mondo della<br />
ristorazione, dell’ospitalità e<br />
dell’industria alimentare in genere.<br />
I corsi professionali sono:<br />
● Arti culinarie<br />
● Master in cucina italiana<br />
● Hospitality Management<br />
● Vini<br />
● Pasticceria e prodotti da forno<br />
● Design e Marketing per l’industria<br />
alimentare<br />
● La Bella Tavola: produzione artistica per<br />
l’industria alimentare.<br />
I corsi sono offerti su base semestrale e<br />
sono della durata di un anno ad<br />
eccezione del programma in Arti<br />
culinarie che è biennale. Durante<br />
l’estate vengono offerte sessioni<br />
intensive nei mesi di giugno e luglio. Gli<br />
studenti possono anche iscriversi ad un<br />
singolo semestre, al termine del quale<br />
riceveranno un certificato di frequenza.<br />
Quelli che invece porteranno a termine<br />
il programma intero potranno diplomarsi<br />
in arti culinarie. Apicius offre inoltre un<br />
vasto e modulabile programma di corsi<br />
non-professionali, tenuti dagli stessi<br />
insegnanti, e che possano variare nella<br />
durata.<br />
59
Colazione<br />
Pranzo<br />
Il passeggero<br />
via Alberica 1, Massa. Tel. 0585 489651.<br />
Aperto a pranzo, venerdì e sabato anche sera.<br />
Chiuso la domenica.<br />
Quasi all’angolo con la splendida piazza degli Aranci, il<br />
locale rinnovato e abbellito con tocchi di arte ultracontemporanea<br />
non tradisce affatto l’impronta della vecchia<br />
e calda trattoria degli anni passati. Tradizione e modernità<br />
quindi anche nell’offerta dei piatti di terra e di mare<br />
e in quella dei vini.<br />
Caffe Ghiberti<br />
via della Mattonaia 2/l, Firenze. Tel. 055 2260556.<br />
Chiuso la domenica.<br />
In una delle piazze più nuove di Firenze (quella antistante<br />
il mercato di Sant’Ambrogio) un locale dall’arredamento<br />
caldo e accogliente aperto (da poche settimane)<br />
dalle colazioni all’apericena, ma che dà il meglio<br />
all’ora di pranzo: pochi piatti preparati espressamente,<br />
con un ottimo rapporto prezzo qualità (c’è un<br />
menù a 7 €), buoni vini al bicchiere, pasticceria<br />
sfornata sotto gli occhi dei clienti. Buon appetito.<br />
60<br />
Locali per un giorno<br />
Caffè Italia<br />
piazza Catilina 5, Cutigliano (PT). Tel. 0573 68000.<br />
Chiuso il mercoledì.<br />
Dalla prima colazione con lieviti alle marmellate fatte<br />
in casa alla pizza al taglio del pomeriggio, passando<br />
attraverso panini e focaccine da riempire con salumi e formaggi<br />
locali: un piccolo paradiso per golosi e buongustai.<br />
Giacosa<br />
via Tornabuoni, angolo via della Spada, Firenze.<br />
Tel. 055 2776328.<br />
Chiuso la domenica.<br />
Un secolo di attività che il passaggio sotto l’egida dello<br />
stilista Roberto Cavalli sembrava potesse impoverire; e<br />
invece poco o nulla è stato compromesso in quanto a<br />
qualità dei prodotti e del servizio, a cominciare dalle<br />
prime ore del mattino, con caffetteria, brioches e salati<br />
di gran livello.<br />
Spuntino<br />
La Formaggeria<br />
via dei Redi 12, Arezzo. Tel. 0575 403583.<br />
Chiuso la domenica, orario continuato.<br />
Un semplice negozio di formaggi e salumi è diventato un<br />
locale accogliente per la degustazione di formaggi artigianali,<br />
salumi spagnoli, prodotti ittici made in Norvegia,<br />
accompagnati da una settantina di etichette di vini<br />
e circa 20 tipi di tè in foglia. Gustoso.<br />
Casa del vino<br />
via dell’Ariento 16r, Firenze. Tel. 055 215609.<br />
Chiuso la domenica.<br />
Fiorentinità autentica nel quartiere di San Lorenzo in<br />
questo piccolo locale dove, accanto a vini di qualità a<br />
mescita, si può gustare una grande varietà di panini: con<br />
filetti d’acciuga, salsa verde e pecorino, con stracchino e<br />
salsiccia, con salumi ed altro ancora. I turisti restano a<br />
bocca aperta, finché non la riempiono di buone cose.
Aperitivo<br />
Tuscher Hall<br />
via Nazionale 43, Cortona (AR). Tel. 0575 62053.<br />
Chiuso il lunedì, orario continuato.<br />
Nel prestigioso palazzo Conti Ferretti, che ha ospitato<br />
personaggi illustri della storia della città, si preparano<br />
sfiziosi aperitivi e long drink. Caratterizzato da un arredamento<br />
elegante con design curato, il fusion bar rievoca<br />
l’atmosfera culturale dello storico circolo Benedetti<br />
che un tempo occupava questi spazi.<br />
Rewine<br />
via Calderaia 6, Lucca. Tel. 0583 48427.<br />
Chiuso la domenica.<br />
Le bollicine la fanno da padrone, e non solo in occasione<br />
dell’aperitivo, in questo bar del centro storico dal design<br />
modernissimo incastonato in architetture d’altri tempi.<br />
Ma anche una visita negli altri orari e per altre occasioni<br />
non lascia insoddisfatti.<br />
Cena<br />
Muzzicone<br />
piazza San Francesco 7, Castiglion Fiorentino (AR).<br />
Tel. 0575 658403. Chiuso il martedì, aperto a pranzo<br />
e cena, si consiglia di prenotare.<br />
A darvi il benvenuto alla sua maniera è il patron, Tullio,<br />
noto ristoratore castiglionese conosciuto come Muzzicone,<br />
con i suoi pantaloni a strisce bianche e blu e le sue<br />
grandi mani atte al taglio e cottura della carne alla<br />
griglia. Altre sue specialità: ombelichi di Muzzicone,<br />
come primo, e Robespierre, come secondo. Spesso la<br />
musica dal vivo allieta le serate.<br />
Pizza Man<br />
via Rocca Tedalda 411, Firenze. Tel. 055 691756.<br />
Chiuso la domenica mattina a pranzo e il lunedì.<br />
Siamo nella periferia sud del capoluogo toscano, in una<br />
veranda prefabbricata che non farebbe sperare in nulla<br />
di buono; invece il servizio è eccellente e, soprattutto,<br />
la pizza è una delle migliori della città: di<br />
tradizione napoletana, semplice, con pochi e essenziali<br />
ingredienti. Provare per credere, una sorpresa.<br />
Notte Notte<br />
Mastrodivino<br />
Viale Gramsci 4/r, Firenze. Tel. 055 245615.<br />
Aperto dalle 11 a all’1 di notte.<br />
Chiuso domenica e festivi.<br />
Tutto da scoprire questo accogliente e poliedrico locale,<br />
da poco inaugurato a due passi da Piazza Beccaria. Interni<br />
in legno ed ambiente elegante ed informale, con<br />
piatti caldi a rotazione giornaliera ad affiancare carpacci,<br />
salumi ed affettati, sia a pranzo che e a cena. Ottima<br />
idea aperitivo, con cocktails, tanti stuzzichini e vini al<br />
bicchiere da scegliere fra un centinaio di etichette da<br />
tutta Italia.<br />
Il quadrifoglio<br />
via Provinciale 2/4/6, Salita di Borgo a Mozzano (LU).<br />
Tel. 0583 833254. Chiuso il lunedì.<br />
Panini, spuntini, tramezzini, pani speciali in un bar tuttofare<br />
aperto dal mattino presto fino a tarda notte, dove è<br />
possibile trovare anche ottima caffetteria, buoni gelati,<br />
grandi vini e distillati. Tutto con grande cura nella scelta<br />
delle materie prime (attenzione alla pasticceria!).<br />
61
Sapori, aromi,<br />
tentazioni:<br />
Inferno<br />
e Paradiso<br />
vanno di scena<br />
in tavola<br />
Il sale affumicato è una delle<br />
ultime frontiere del gusto.<br />
Ottimo in cottura e nelle<br />
marinature, è particolarmente<br />
indicato per conferire alla<br />
carne un delicato sapore di<br />
legni pregiati (ad esempio ad<br />
un bel roast beef in crosta).<br />
Distribuito da Peck Spa, Via<br />
Spadari 9, Milano,<br />
www.peck.it.<br />
62<br />
Shopping<br />
Olivia Chierighini<br />
Il classico cous<br />
cous diventa<br />
infuocato:<br />
nella<br />
confezione,<br />
oltre alla<br />
semola, è già presente un mix<br />
di verdure disidratate<br />
(pomodoro, peperoncino, aglio,<br />
prezzemolo). Da Nuova Terra<br />
s.r.l. – Via della Galeotta, loc.<br />
Tei 6/c, 55011 Altopascio (LU),<br />
tel. 0583 216383,<br />
www.nuovaterrasrl.it. L’azienda<br />
ha uno spaccio aperto al<br />
pubblico.<br />
Si chiama Guanxì una bomba a<br />
base di pomodori secchi, salsa<br />
di peperone piccante, salsa di<br />
peperone dolce, olio di oliva,<br />
capperi e origano. Potete<br />
trovarla on-line nel sito<br />
www.stuzzicheriedicalabria.it,<br />
azienda che<br />
raccoglie sotto<br />
il proprio<br />
marchio i<br />
migliori<br />
prodotti tipici<br />
calabresi, fatti<br />
artigianalmente<br />
e selezionati con cura; oppure<br />
potete recarvi sul posto nel<br />
negozio Stuzzicherie Di<br />
Calabria, Via Nazionale 55,<br />
Guardia Piemontese (CS), tel.<br />
0982 90120.<br />
Frutto di antichi mari<br />
prosciugatisi da più di 200<br />
milioni di<br />
anni, il sale<br />
rosa<br />
Himalayen<br />
si è nutrito<br />
delle<br />
infiltrazioni<br />
minerali del<br />
magma che lo hanno arricchito<br />
di minerali e oligoelementi<br />
(calcio, ferro, magnesio e<br />
potassio). I cristalli puntinati di<br />
rosa sono identificativi della sua<br />
provenienza. Distribuito da<br />
U.O.P., Via Livorno 60, Torino.<br />
Una fame
Cosa c’è di più<br />
angelico nei<br />
nostri ricordi d’infanzia<br />
dell’eterna Torta Pane degli<br />
Angeli? Ecco gli ingredienti:<br />
150 g burro a temperatura<br />
ambiente, 150 g zucchero, 3<br />
uova, 1 busta di Vanillina<br />
Paneangeli, un pizzico di sale,<br />
150 g farina bianca, 200 g<br />
fecola di patate Paneangeli,<br />
una busta di lievito Pane<br />
degli Angeli. Per cospargere:<br />
zucchero al velo Paneangeli.<br />
I fagioli del Purgatorio sono<br />
un prodotto tipico del<br />
viterbese. Piccoli e bianchi,<br />
devono il loro nome all’usanza<br />
di consumarli durante il<br />
«pranzo delle ceneri».<br />
Azienda Agricola Marco<br />
Camilli, Onano, (VT),<br />
tel. 0763 78018.<br />
La crema d’aglio è uno dei<br />
prodotti tipici della cucina<br />
ligure, a base d’aglio, crema di<br />
carciofi e pinoli. Ottima questa<br />
dell’Artigiana Amadori S.r.l.,<br />
Via Ungaretti 6/L, Genova, tel.<br />
010 6671233.<br />
del diavolo<br />
Lavorate il burro a crema ed<br />
aggiungere gradatamente<br />
zucchero, uova, vanillina e<br />
sale. Impastate a cucchiaiate<br />
la farina<br />
setacciata<br />
con la fecola<br />
di patate ed<br />
il lievito.<br />
Versate<br />
l’impasto in<br />
uno stampo a<br />
cerchio apribile, col fondo<br />
foderato con carta da forno.<br />
Fate cuocere per 45-50 minuti<br />
nella parte inferiore del forno<br />
preriscaldato (elettrico e a<br />
gas: 175-200°C, ventilato:<br />
170-190°C). Cospargete la<br />
torta raffreddata di zucchero<br />
al velo. Tutti i prodotti sul sito<br />
www.paneangeli.it.<br />
Spezia africana dall’origine<br />
misteriosa, la nigella è<br />
chiamata anche seme del<br />
paradiso. Si utilizza per dare<br />
un sapore papato e un aroma<br />
leggermente floreale a brodi,<br />
pesce, marinate e salse.<br />
www.centrobotanico.it, P.za<br />
San Marco 1, Milano.<br />
63
Un focolare<br />
nella campagna<br />
veneta,<br />
fra le nebbie<br />
e gli aromi<br />
di una sontuosa<br />
polenta…<br />
64<br />
Una sera<br />
attorno al foghér<br />
Luigi Pittalis<br />
Il simbolo della coppia che vi<br />
vogliamo presentare questa<br />
volta si trova a pochi passi<br />
dall’ingresso di casa loro.<br />
Semplice e ben disegnato,<br />
attrae e si fa volentieri<br />
circondare dalle persone che<br />
spesso ampliano la già<br />
numerosa famiglia di Walter e<br />
Rosanna, di Sarmede (Tv).<br />
Certo non è un elemento<br />
esclusivo delle case di<br />
campagna venete, ma in<br />
questa regione la centralità<br />
che così spesso il calore del<br />
fuoco riesce a conquistare,<br />
ipnotizzando quasi, nel caso<br />
del foghér è cercata e<br />
sottolineata.<br />
Una zona continuamente<br />
curata, pulita e controllata da<br />
nonna Maria.<br />
Attorno al foghér si<br />
chiacchiera, si scherza, spesso<br />
si beve qualcosa e volentieri si<br />
cucina.<br />
Noi quella sera ci abbiamo<br />
visto stendere una delle più<br />
incredibili polente che ci sia<br />
capitato di assaggiare ma,<br />
soprattutto, di vedere.<br />
Quella sera abbiamo imparato<br />
che per fare certe cose non<br />
basta avere una buona cucina<br />
(e non intendiamo davvero uno<br />
di quei modelli ultramoderni<br />
con elettrodomestici ad<br />
incasso: in questo caso il tutto<br />
si è svolto grazie ad una<br />
robusta cucina economica, di<br />
quelle che ci si mette la legna<br />
dentro, alla quale Rosanna si<br />
appoggiava a stringere un<br />
rapporto quasi simbiotico) ma
Polenta con le lumache (in alto),<br />
radicchio al lardo (in basso<br />
occorre anche una buone dose<br />
di coraggio: incastrata nei<br />
cerchi della piastra, la pentola<br />
dove è stata messa a cuocere<br />
la farina sembrava il fumaiolo<br />
di una locomotiva a vapore.<br />
L’aria di tutta la cucina era<br />
satura dei suoi aromi, ma<br />
quando per noi sembrava<br />
giunto il momento di dare<br />
tregua alla gialla mistura, i<br />
nostri ospiti non esitarono a<br />
dire che eravamo solo<br />
all’inizio!<br />
La naturalezza con cui<br />
eseguono gesti antichi, portati<br />
come in questo caso a<br />
meravigliose, estreme<br />
conseguenze, ha fatto di<br />
Walter e Rosanna una coppia di<br />
riferimento nel mondo di<br />
Staseranonesco. In questo<br />
viaggio tra le nebbie venete,<br />
quello che abbiamo trovato è<br />
l’autentico piacere di star<br />
La ricetta<br />
Sopa coada<br />
Ingredienti per 6 persone: 2 piccioni, carota, sedano, cipolla,<br />
pane raffermo tagliato a fette, brodo, parmigiano.<br />
I piccioni vanno preparati in umido con le verdure. Dopodiché<br />
vanno disossati e sfilettati. Le ossa vanno fatte bollire nel<br />
brodo. Successivamente si prendono le fette di pane tostate e<br />
si inzuppano nel brodo. In una teglia capiente, si fa uno strato<br />
di pane, lo si spolvera con abbondante parmigiano e poi si<br />
ricopre con uno strato di carne sfilettata; si deve procedere<br />
così fino a mettere tutta la carne. Si chiude con pane raffermo<br />
e parmigiano. Se risultasse troppo asciutto, basterà aggiungere<br />
un po’ di brodo. Si mette a cuocere in forno ad una temperatura<br />
di 120° C per tre ore.<br />
Meglio se avete tempo a disposizione, perché più lunga è la<br />
cottura e meglio si amalgamano i sapori. In quel caso però<br />
abbassate la temperatura (100° per 5 ore).<br />
insieme senza aspettarsi<br />
niente in cambio.<br />
Buffo pensare al senso<br />
dell’ospitalità quando<br />
apprendiamo il nome della<br />
primo piatto “riscoperto”<br />
assieme ai nostri amici: la<br />
Sopa coada. Una somiglianza a<br />
questo punto non inspiegabile<br />
con quella Zuppa quata che si<br />
fa in Sardegna, regione dalla<br />
quale più d’uno sostiene che<br />
provenga la base della ricetta<br />
che qui pubblichiamo e che per<br />
l’ospitalità è ben nota.<br />
Per la cronaca: mentre quata<br />
in sardo può anche significare<br />
nascosto, l’interpretazione<br />
“veneta” dell’aggettivo<br />
propende per una zuppa<br />
“covata” in considerazione del<br />
lungo tempo di cottura.<br />
65
In punta di cucchiaio<br />
Tommaso Fara appartiene a<br />
quella generazione di maschi<br />
che tra i fornelli hanno<br />
imparato a starci un po’ per<br />
necessità un po’ per sincera<br />
passione. Classe 1971,<br />
Tommaso è stato iniziato<br />
all’arte culinaria in Spagna. Una<br />
volta tornato in Italia ha<br />
affinato le tecniche e poi ha<br />
scritto questo nuovissimo<br />
manuale di cucina.<br />
Le ricette si<br />
possono scegliere<br />
sulla base del<br />
nostro grado di<br />
preparazione:<br />
principianti,<br />
apprendisti,<br />
praticanti. Per<br />
tutti, Tommaso riserva una<br />
dose massiccia di creatività e<br />
furbizia. E vi aiuterà<br />
addirittura a scegliere la<br />
musica giusta. (Barbara<br />
Gabbrielli)<br />
Il cucchiaino caramellato<br />
Trucchi, ricette e consigli<br />
per divertirsi in cucina<br />
Tommaso Fara<br />
De Agostini - 14,50 €<br />
Dalla terra<br />
della lavanda<br />
Crostini con la tapenade, zuppa<br />
di asparagi selvatici, faraona<br />
con le spezie e i fichi, gelato<br />
alla verbena e vino d’arancio<br />
66<br />
Cibo tra le righe<br />
all’antica.<br />
Ecco cosa<br />
offre la solida<br />
e profumata<br />
tradizione<br />
culinaria<br />
provenzale.<br />
Questo<br />
viaggio in 200 ricette nel cuore<br />
romantico della Francia avrà<br />
tutto il sapore dell’olio d’oliva,<br />
il colore intenso della lavanda e<br />
le sfumature delle influenze<br />
araba e greca. (BG)<br />
La cucina provenzale<br />
Marion Payan<br />
Le Lettere - 24,50 €<br />
Più audace di così…<br />
Un libro piccante, anzi due,<br />
per rileggere in maniera<br />
spensierata il binomio Eros &<br />
cibo. Il volume ha due facce,<br />
ognuna dedicata ai due sessi e<br />
ai consigli da seguire per<br />
sedurre il partner e prepararlo<br />
a un dopo cena con i fiocchi.<br />
Un esempio? Il mammone, cioè<br />
quello che “la mamma lo fa<br />
più buono” si ammalia con<br />
delle sorprese profumate al<br />
tartufo e un lecca lecca alle<br />
noci. Se invece a cadere nelle<br />
spire dell’amore è la classica<br />
finta esperta, cioè quella che<br />
“no, non amo il vino dolce”,<br />
provare con i salatini allo<br />
sbrinze e torta di cipolle<br />
tiepida. Il tutto condito dai<br />
commenti<br />
del cuoco<br />
Allan Bay e<br />
del<br />
giornalista re<br />
del gossip<br />
Alfonso Signorini. (BG)<br />
L’amore goloso<br />
Roberta Schira<br />
Ponte alle Grazie - 13 €<br />
L’ironia<br />
e il vizio innocente<br />
La prima è la chiave necessaria<br />
per raccontare i piaceri del<br />
secondo, quelli del cibo e del<br />
vino. Questo è in sintesi il<br />
senso del viaggio goderecco,<br />
pungente e appetitoso tra<br />
delizie del palato e arguzie<br />
dell’intelletto. A guidarci è un<br />
divertito, divertente e postumo<br />
Montalban, solo ora tradotto,<br />
che ci mette in guardia dai<br />
gourmet selettivi e dittatoriali e<br />
analizza la cucina occidentale,<br />
dai piaceri elementari del pane<br />
e del formaggio ai capolavori di<br />
cuochi e ristoranti famosi. Un<br />
excursus completo di come,<br />
dove e cosa<br />
mangia<br />
l’uomo<br />
moderno,<br />
tracciato<br />
dalla allegra<br />
e colta<br />
penna del<br />
padre, ahinoi
scomparso, del mitico Pepe<br />
Carvalho. (Lirio Mangalaviti)<br />
Contro i gourmet<br />
Manuel Vasquez Montalban<br />
Frassinelli - 15 €<br />
La poetessa<br />
degli appetiti<br />
È bellissima; è una grande food<br />
writer che scrivendo di cibo<br />
racconta se stessa, la vita, il<br />
mondo. Arriva in Italia, dopo<br />
aver spopolato<br />
negli States e nei<br />
paesi anglofoni e<br />
aver fatto<br />
innamorare i<br />
francesi, con<br />
questo manualetto<br />
di gastronomia, di<br />
buon gusto, di<br />
aneddoti appena appannato - ci<br />
dicono - da una traduzione non<br />
impeccabile, che non elide però<br />
il piacere di una scoperta non<br />
solo letteraria. Mary ora non c’è<br />
più: ha attraversato con<br />
eleganza tutto il ‘900 da un<br />
continente all’altro, lasciandoci<br />
perle e un retrogusto pieno e<br />
armonico. (LM)<br />
Biografia sentimentale<br />
dell’ostrica<br />
Mary Kennedy Fisher<br />
Neri Pozza - 12 €<br />
Sapori sociali<br />
È la storia di un’infanzia, di un<br />
paese che muta sotto il boom<br />
degli anni ‘60, che si<br />
accompagna a passo di danza<br />
tra musica e sapori. Non a caso<br />
l’autore Sergio Bianchi è il<br />
direttore della casa editrice<br />
Deriveapprodi, che divide<br />
equamente il suo catalogo tra<br />
impegno sociale e piaceri di<br />
gola. Il libro di Bianchi è<br />
l’unione perfetta tra una<br />
testimonianza<br />
toccante degli<br />
ultimi<br />
quarant’anni di<br />
storia di un<br />
paesino<br />
lombardo e<br />
una carrellata<br />
di sapori da bere e mangiare<br />
scorrendo le pagine. (Chiara di<br />
Domenico)<br />
La gamba del felice<br />
Sergio Bianchi<br />
Sellerio 2005 - 12 €<br />
Osti, Soldati e Conte<br />
Nell’epoca delle diete e delle<br />
crociate contro il fumo è<br />
piacevole aprire una porta sul<br />
mondo sommerso rievocato in<br />
questa raccolta di scritti di<br />
Mario Soldati. Soldati ci porta<br />
ad assaporare aneddoti di<br />
vignaioli e osti, ripercorrendo<br />
l’Italia passata e prossima di<br />
quel già leggendario Novecento<br />
che ha le<br />
stesse tinte<br />
delle canzoni<br />
di Paolo<br />
Conte. Un<br />
diario di bordo<br />
di uno<br />
scrittore che<br />
riesce con la<br />
penna leggera<br />
e il sigaro perennemente tra i<br />
denti a porgerci uno<br />
straordinario ricordo attraverso<br />
la descrizione precisa di vini e<br />
cibi in un paese colto nel<br />
momento di trapasso verso la<br />
modernizzazione del<br />
consumismo. (CdD)<br />
Da leccarsi i baffi<br />
Memorabili viaggi in Italia<br />
alla scoperta del cibo e del<br />
vino genuino<br />
Mario Soldati<br />
Deriveapprodi 2005 - € 15<br />
4 titoli su…<br />
Il peccato<br />
in cucina<br />
di Chiara di Domenico<br />
Libreria Edison<br />
Dalla piccola casa editrice<br />
Deriveapprodi, che dedica un angolo<br />
del suo catalogo alla gola, è appena<br />
uscito La cucina impudica, opera<br />
anonima scovata in una bancarella<br />
a Vienna e datata Parigi 1919/<br />
1931, che appare ora anche in<br />
Italia con la prefazione del grande<br />
Veronelli: le mémoires di una<br />
cocotte che ebbe la fortuna di<br />
vivere gli anni delle avanguardie e<br />
che offre ricordi felicemente uniti a<br />
un ricettario erotico, a cui si<br />
aggiungono raffinate illustrazioni e<br />
fotografie d’epoca. Non è da meno<br />
Gianni Emilio Simonetti con il suo<br />
La sostanza del desiderio, che<br />
riunisce in poco più di cento pagine<br />
secoli di arte leccarda, passati al<br />
setaccio coi suoi protagonisti:<br />
Vatel, de la Reyniére, principi,<br />
popolani, borghesi, pittori,<br />
pasticceri: giusto per capire come<br />
un asparago abbandonato su un<br />
tavolo da cucina possa dare inizio<br />
all’arte contemporanea. Afrodite in<br />
cucina è una selezione di ricette di<br />
Ugo Tognazzi, forse non all’altezza<br />
dell’ormai introvabile Rigettario, ma<br />
sicuramente meritevole per l’amore<br />
carnale che quest’artista sapeva<br />
manifestare spaziando dalla donna<br />
alla salama da sugo di Ferrara.<br />
Incantevole. E non si poteva<br />
tralasciare il vino, con l’uscita<br />
dell’edizione 2005/2006<br />
dell’Elogio della sbronza<br />
consapevole, stravagante antologia<br />
di racconti originali, estratti,<br />
aforismi, false citazioni, deliri non<br />
attribuibili, il tutto<br />
indissolubilmente legato all’alcol:<br />
dall’ebbrezza gioiosa di Hrabal alla<br />
timidezza vogliosa di Manzoni.<br />
Giusto per ribadire che un bel<br />
ventre rotondo, a dispetto di tutto,<br />
la dice molto più lunga di un ventre<br />
piatto... stucchino e disappetente.<br />
67
Il progetto<br />
Slow Food<br />
“Orti scolastici”<br />
nella scuola<br />
elementare<br />
di Grassina<br />
68<br />
Per fare<br />
un albero...<br />
Chiara Tacconi<br />
Piccola Tavola Slow Food Firenze<br />
Mercoledì 26 ottobre si è<br />
inaugurato nella scuola<br />
elementare di Grassina il<br />
progetto “Orti scolastici”. Un<br />
progetto triennale di<br />
educazione al gusto che<br />
coinvolge i bambini, la scuola,<br />
le famiglie, il Comune, la<br />
mensa scolastica, gli anziani.<br />
Grazie all’orto realizzato nel<br />
giardino della scuola, ai corsi<br />
di aggiornamento tenuti da<br />
Slow Food per insegnanti e<br />
genitori e alle partecipazione<br />
delle istituzioni, il progetto<br />
vuole far conoscere e<br />
salvaguardare i prodotti<br />
alimentari del territorio,<br />
sostenere percorsi didattici di<br />
educazione ambientale e<br />
alimentare, favorire lo scambio<br />
di esperienze tra generazioni,<br />
recuperare e valorizzare il<br />
lavoro manuale e la cultura<br />
rurale.<br />
Il Comune di Bagno a Ripoli e<br />
la Direzione Didattica n° 2<br />
hanno aderito con entusiasmo<br />
al progetto. Il Comune nel<br />
periodo estivo ha provveduto a<br />
predisporre e attrezzare una<br />
parte di terreno adiacente alla<br />
scuola e i bambini se ne<br />
prenderanno cura nell’ambito<br />
di un percorso educativo<br />
elaborato dagli insegnanti in<br />
collaborazione con Slow Food,<br />
aiutati anche dai nonni e da
alcuni esperti. Potranno quindi<br />
scoprire i “trucchi del<br />
mestiere” avvicinandosi<br />
all’agricoltura, ma soprattutto<br />
conoscere meglio i prodotti<br />
della terra imparando anche ad<br />
apprezzarli e mangiarli, in casa<br />
come in mensa. La priorità<br />
verrà data ai prodotti locali e<br />
all’agricoltura biologica.<br />
Le classi dovranno tenere un<br />
“diario di bordo” per<br />
documentare con foto, testi e<br />
disegni i progressi del lavoro,<br />
da confrontare e unire in<br />
seguito con le esperienze delle<br />
altre scuole coinvolte nel<br />
progetto. In occasione<br />
dell’inaugurazione i<br />
rappresentanti dello Slow Food<br />
hanno consegnato alle classi le<br />
piante e le sementi e il<br />
rappresentante dalla<br />
Cooperativa Scaf ha<br />
consegnato gli attrezzi per<br />
lavorare la terra. Da ora in poi<br />
i bambini potranno seminare e<br />
piantare secondo la stagione e<br />
cominciare a prendersi cura<br />
dell’orto. Le fasi del raccolto<br />
saranno accompagnate da<br />
momenti conviviali. Gli<br />
insegnanti parteciperanno a<br />
corsi e giornate di studio<br />
tenuti da Slow Food; i genitori<br />
avranno alcuni incontri su<br />
educazione sensoriale,<br />
conoscenza della cucina e dei<br />
prodotti tipici del luogo, cibo e<br />
affettività, sempre a cura di<br />
Slow Food.<br />
Che cos’è il progetto Orti Scolastici<br />
È un progetto di educazione alimentare ed educazione al gusto<br />
che parte dall’esperienza dei bambini. Li si incoraggia a condividere<br />
il cibo in compagnia e a gustarlo, a mangiare con e per<br />
piacere, ma con i sensi all’erta. Il percorso è lungo e deve cominciare<br />
dalla terra: l’orto scolastico diventa così il fulcro di una<br />
esperienza che coinvolge la scuola, le famiglie, la comunità locale.<br />
È un progetto internazionale già diffuso in altre scuole d’Italia; in<br />
Toscana ha trovato l’appoggio e i finanziamenti della Regione<br />
coinvolgendo 13 scuole.<br />
Quali sono gli obiettivi<br />
Conoscere i prodotti alimentari del territorio, intraprendere percorsi<br />
didattici di educazione ambientale e alimentare, favorire lo<br />
scambio di esperienze tra generazioni, recuperare la cultura rurale,<br />
acquisire padronanza e consapevolezza dei propri sensi e del<br />
proprio gusto, migliorare il rapporto dei bambini con il cibo a casa<br />
e a scuola.<br />
Chi è coinvolto<br />
Oltre a Regione e Arsia, per l’orto scolastico di Grassina Slow<br />
Food coinvolge la scuola, la direzione didattica, il Comune di<br />
Bagno a Ripoli, la Siaf (mensa), la Scaf (coop. di gestione del<br />
verde), la Safi (per il compost biologico), le famiglie dei bambini.<br />
La bellezza della natura<br />
L’incanto del paesaggio<br />
La bontà dei piatti tipici<br />
Ristorante la Casa di Caccia<br />
Nel cuore del Mugello<br />
Loc. Farneto Roti - Vicchio (Firenze)<br />
Tel. 055 8407629 Fax 055 8407007<br />
69<br />
Info@ristorantelacasadicaccia.com - www.ristorantelacasadicaccia.com
Dolce Milano. Quando difende<br />
gli immigrati, quando si ribella<br />
ai grattacieli troppo alti e al<br />
verde che scompare. Dolce<br />
anche perché, mentre i cuochi<br />
più premiati dalle guide<br />
rivoluzionano la mappa della<br />
ristorazione chic (Andrea<br />
Berton, braccio destro di<br />
Gualtiero Marchesi, che vola da<br />
Trussardi in piazza della Scala,<br />
Edoardo Ferrera che, dopo una<br />
pausa romana, inaugura Gref<br />
in zona Ticinese, Nicola<br />
Cavallaro che approda all’Ape<br />
Piera sul Naviglio Grande),<br />
lancia la moda degli outlet<br />
alimentari. Il più simpatico si<br />
70<br />
<strong>Gola</strong>... Milano<br />
Barbara Gabbrielli<br />
chiama Quel che trovi (piazza<br />
Gabriele Rosa, tel. 02<br />
36553907) ed è un<br />
multispaccio enoalimentare che<br />
svende prodotti difettati delle<br />
marche più famose: dai<br />
biscotti con la scatola<br />
schiacciata alle bottiglie di<br />
vino con l’etichetta storta. La<br />
qualità rimane intatta, ma quei<br />
piccoli difettucci estetici fanno<br />
risparmiare dal 40 al 70 per<br />
cento.<br />
Dolce Milano, infine, perché<br />
tra un po’ sarà Natale e la<br />
città del panettone diventa<br />
bellissima. Quest’anno il dolce<br />
simbolo di questo periodo<br />
potrà vantare anche una<br />
versione bio: è quella<br />
realizzata con i prodotti<br />
agricoli coltivati nel Parco della<br />
Valle del Ticino, una riserva<br />
della biosfera dell’Unesco a<br />
due passi dalla città. Per<br />
rimanere ligi alla tradizione e<br />
andare a caccia dell’atmosfera<br />
più autentica, ecco un<br />
itinerario tra i caffè storici.<br />
Basterebbe fare un giro in<br />
Corso di Porta Romana per<br />
collezionare qualche visita a<br />
pasticcerie che in vetrina<br />
espongono i loro golosi<br />
capolavori, dai marrons glacés<br />
ai biscotti tradizionali. Ma i<br />
grandi classici non si possono<br />
non menzionare uno per uno.<br />
Si comincia dal centro, Galleria<br />
Vittorio Emanuele. Qui c’è il<br />
Caffè Miani, ex caffè Zucca,<br />
voluto da Gaspare Campari nel<br />
1867. Arredamento stile liberty<br />
e tipica atmosfera meneghina.<br />
Pasticceria o gioielleria? Viene<br />
sempre da chiederselo davanti<br />
alle vetrate e al bancone di<br />
legno tirato a lucido di<br />
Marchesi, indirizzo cult dal<br />
1824 di Corso Magenta: le sue<br />
vetrine, sempre elegantissime,<br />
sono un tripudio di creme<br />
chantilly, frolle, riccioli di<br />
zucchero e glasse di<br />
cioccolato. Indimenticabile.<br />
C’è poi un luogo dove il<br />
panettone viene venduto<br />
anche in agosto: è Ranieri in<br />
via Moscova, negozietto<br />
piccolo piccolo, ma<br />
fornitissimo di bontà. In<br />
questa brevissima rassegna<br />
non può mancare il<br />
Sant’Ambroeus in Corso<br />
Matteotti: qui i dolci hanno<br />
quotazioni davvero troppo<br />
alte, ma la sua ambrosia va<br />
assaggiata almeno una volta<br />
nella vita. Infine, poiché<br />
Milano è la città delle<br />
contaminazioni, vale la pena<br />
passare da via Corio perché qui<br />
c’è la prima pasticceria italoirlandese.<br />
L’ha aperta Stephen<br />
O’Sullivan, origini italiane e<br />
allievo di Claudio Sadler. Da<br />
assaggiare la mousse alla<br />
crema di whisky e la torta al<br />
Baileys. Per un Natale dal<br />
sapore diverso.
Gustati per voi<br />
Piatti casalinghi<br />
e menu<br />
stagionali<br />
sono il punto<br />
di forza<br />
del locale<br />
tra le colline<br />
pisane<br />
Osteria del Ghiotto<br />
Via del Larderel 34<br />
Loc. Canneto<br />
Monteverdi M.mo (PI)<br />
Tel.: 0565 784435<br />
Giorno di chiusura: martedì<br />
Aperto: pranzo e cena<br />
(dal 15/06 al 15/09 solo la<br />
sera + pranzo nei festivi)<br />
Ferie: novembre<br />
Coperti: 30 circa (45 nel<br />
periodo estivo)<br />
30 € (vini esclusi)<br />
Una “ghiotta”<br />
occasione<br />
Marco Ghelfi<br />
L’Osteria del Ghiotto si trova a<br />
Canneto, piccola località del<br />
Comune di Monteverdi<br />
Marittimo, in provincia di Pisa.<br />
Ricavato negli ambienti di<br />
quello che era un vecchio<br />
granaio, offre un ambiente<br />
raccolto ed estremamente<br />
caratteristico, impreziosito<br />
dagli interni in sasso e dal<br />
caminetto, sempre allegro con<br />
il suo schioppettare e<br />
generoso di carni alla brace.<br />
La gestione, di tipo familiare,<br />
è seguita dal 1998 dalla<br />
signora Nadia, impegnata ai<br />
fornelli con la preziosa<br />
collaborazione di Sandra, e<br />
dal figlio Cristiano, che si<br />
occupa invece dell’accoglienza<br />
in sala. Punto di forza del<br />
locale è la preparazione<br />
rigorosamente casalinga della<br />
stragrande maggioranza dei<br />
piatti, dalla pasta ai dolci,<br />
pensati e realizzati con occhio<br />
sempre attento alla<br />
stagionalità delle materie<br />
prime. Le specialità sono<br />
quelle più tipiche dell’eredità<br />
gastronomica locale e toscana<br />
in genere, cui si affiancano<br />
proposte a base di funghi e<br />
tartufo durante i periodi di<br />
raccolta. Buona la partenza<br />
con gli affettati toscani,<br />
alcuni di produzione propria al<br />
pari della saporita<br />
“giardiniera” di verdure. Fra la<br />
pasta fatta in casa da provare<br />
i tortelli ripieni di verdure e<br />
ricotta, conditi con ragù di<br />
carne o burro e salvia, le<br />
pappardelle, servite ancora<br />
con ragù, lepre o cinghiale, i<br />
tagliolini al tartufo, e poi le<br />
saporite zuppe, ad esempio di<br />
legumi e di funghi. Tra i<br />
secondi è senza dubbio la<br />
carne a farla da padrona.<br />
Durante il periodo invernale, e<br />
quando le quantità richieste lo<br />
permettono, è il caminetto a<br />
lavorare incessantemente<br />
davanti agli occhi degli<br />
avventori, garantendo succose<br />
bistecche alla fiorentina ma<br />
non solo. In estate, il supporto<br />
in fase di cottura è garantito<br />
dal barbecue esterno, posto<br />
sulla terrazzina antistante al<br />
locale. Largo spazio anche alla<br />
cacciagione, con cinghiale, in<br />
umido o alla brace, capriolo,<br />
fagiano e tordi. Fine pasto<br />
consigliata con uno dei dolci di<br />
Sandra, come le crostate con<br />
marmellata fatta in casa, i<br />
cantuccini con mandorle o<br />
nocciole, la torta della nonna.<br />
La lista dei vini è curata da<br />
Cristiano, con un’ottantina di<br />
etichette in tutto di chiaro<br />
stampo regionale, a cui si<br />
affiancano proposte francesi e<br />
piemontesi. Nei progetti di<br />
futura realizzazione<br />
un’ulteriore piccola saletta,<br />
ricavata nell’odierna cantina<br />
del locale.<br />
71
Carlo Gancia:<br />
esperienza,<br />
personalità e<br />
innovazione<br />
Prodotto in quantità limitate,<br />
il Carlo Gancia – Metodo<br />
Classico Brut è dedicato al<br />
Cav. Carlo Gancia, fondatore<br />
della F.lli Gancia & C.,<br />
che nel 1865 creò in<br />
Italia il primo<br />
Spumante con il<br />
Metodo Tradizionale<br />
Classico, una formula<br />
esclusiva di<br />
affinamento in<br />
bottiglia realizzata<br />
nella prestigiosa<br />
Cantina Storica<br />
Gancia di Canelli.<br />
Carlo Gancia è il<br />
connubio perfetto<br />
fra tradizione,<br />
personalità ed<br />
innovazione: le<br />
origini del<br />
Monferrato, la<br />
lunga esperienza di<br />
maestri cantinieri e di<br />
ricercatori qualificati e un vino<br />
spumante di qualità morbido<br />
ed equilibrato, in posizione di<br />
vertice all’interno della<br />
categoria degli Spumanti<br />
72<br />
In giro con <strong>Gola</strong><br />
Firenze<br />
Libreria Edison<br />
piazza Repubblica, 27<br />
Libreria Feltrinelli<br />
v. de’ Cerretani, 30/32<br />
Libreria Liberi Libri<br />
v. San Gallo, 21<br />
Campi Bisenzio<br />
Girasole Bookstore<br />
c/o Vis Pathé<br />
v. Fratelli Cervi, 9<br />
“Metodo Tradizionale Classico”.<br />
Lo spumante, consumato ad<br />
una temperatura di servizio<br />
ottimale di 8-10°C, è l’ideale<br />
per accompagnare<br />
perfettamente gli antipasti, i<br />
primi di pasta, i risotti e le<br />
carni bianche.<br />
www.gancia.it<br />
La Tunella: forza<br />
e carattere delle uve<br />
friulane<br />
In una regione di antica<br />
tradizione vinicola come il<br />
Friuli, che da sempre lega il<br />
suo nome soprattutto alla<br />
produzione di grandi vini<br />
bianchi, si sta ritagliando un<br />
ruolo sempre più importante<br />
una giovane e dinamica<br />
azienda, situata a pochi<br />
chilometri appena da Cividale<br />
del Friuli, in provincia di Udine.<br />
È La Tunella, guidata dai<br />
fratelli Massimo e Marco<br />
Zorzettig, che col prezioso<br />
supporto dell’enologo Luigino<br />
Zamparo sono da qualche anno<br />
ormai impegnati nella<br />
produzione di vini di spiccata<br />
qualità, nei quali, per volontà<br />
degli stessi titolari, si vogliono<br />
rispecchiati la forza ed il<br />
carattere delle uve più tipiche<br />
del territorio. Tra i prodotti<br />
aziendali menzione tutta<br />
particolare per il Biancosesto,<br />
unico bianco a livello regionale<br />
interamente ottenuto da<br />
grappoli di Ribolla Gialla e<br />
Tocai Friulano. Un autentico<br />
omaggio alla terra friulana,<br />
fresco e profumato, equilibrato<br />
al palato, di sapore intenso e<br />
lunga persistenza aromatica.<br />
www.latunella.it<br />
Arnaldo Caprai eletta<br />
cantina dell’anno<br />
dalla Guida dei Vini<br />
La cantina Caprai di<br />
Montefalco è stata decretata<br />
<strong>Gola</strong> <strong>gioconda</strong> è in vendita nell’edicole di Firenze e dintorni e nelle migliori librerie della Toscana<br />
Empoli<br />
Coop Cult. Libreria<br />
Rinascita v. Ridolfi, 53<br />
Grosseto<br />
Libreria Nazionale<br />
via Ximenes, 6/7<br />
Libreria Popolare<br />
via Ricasoli, 17<br />
Livorno<br />
Libreria Belforte<br />
via Grande, 91<br />
Libreria Gaia Scienza<br />
via Di Franco, 12<br />
Lucca<br />
Libreria Karma<br />
c.so Garibaldi, 54<br />
Massa<br />
Libreria Mondoperaio<br />
piazza Garibaldi, 8<br />
Montecatini<br />
Libreria Vezzani<br />
via Solferino, 9<br />
Prato<br />
Libreria Gori<br />
via Ricasoli, 26<br />
Siena<br />
Libreria Ticci<br />
via delle Terme, 5/7
“Cantina dell’anno” dalla<br />
Guida dei Vini d’Italia del<br />
Gambero Rosso e Slow Food.<br />
Un riconoscimento prestigioso<br />
che celebra e onora il lavoro<br />
fatto finora e soprattutto il<br />
grande pregio di aver<br />
rivalutato il Sagrantino di<br />
Montefalco, un vitigno<br />
autoctono umbro oggi ai<br />
vertici del panorama<br />
vitivinicolo nazionale e<br />
internazionale. Una strategia<br />
questa che si è rivelata<br />
quanto mai proficua perché<br />
fortemente connessa al<br />
binomio innovazione e<br />
tradizione applicato ad un<br />
territorio fortemente vocato.<br />
Secondo Marco Caprai, alla<br />
guida dell’azienda, questo<br />
riconoscimento va oltre il<br />
prestigioso traguardo dei 3<br />
bicchieri, raggiunto per la<br />
prima volta nel 1996. Il<br />
premio “Cantina dell’anno”<br />
unisce infatti alla<br />
soddisfazione dei due vini<br />
premiati per questa edizione<br />
l’orgoglio per essere riusciti<br />
nel tempo a dimostrare come<br />
la forza della loro enologia sia<br />
tutta in un nodo stretto tra<br />
qualità e uomo, vitigno e<br />
territorio.<br />
www.arnaldocaprai.it<br />
Si confermano i 3<br />
bicchieri per Altemasi<br />
Riserva Graal<br />
Il colosso enologico trentino<br />
Cavit fa il bis con il suo<br />
spumante di punta Altemasi<br />
Riserva Graal Trento Doc, che<br />
per il secondo anno<br />
consecutivo si aggiudica il<br />
riconoscimento di tre bicchieri<br />
della Guida “Vini<br />
d’Italia”. Lo<br />
spumante ha una<br />
caratteristica<br />
spuma cremosa e<br />
perlage persistente.<br />
Il colore si<br />
presenta dorato,<br />
con sfumature<br />
verdoline<br />
appena<br />
accennate. Il<br />
profumo è<br />
molto fine,<br />
complesso,<br />
con sentori di<br />
miele, mela<br />
matura e<br />
nocciola. Il<br />
gusto è<br />
pieno,<br />
elegante, equilibrato e di<br />
ottima stoffa. È ideale come<br />
aperitivo oppure abbinato al<br />
salmone affumicato e terrina<br />
di coniglio.<br />
Il Rosso del Conte di<br />
Tosca d’Almerita<br />
Il Rosso del Conte è un vino<br />
lungamente<br />
meditato, frutto di<br />
una ricerca, nelle<br />
vigne ed in cantina,<br />
condotta con<br />
passione e rigore<br />
per molti anni. È<br />
prodotto con<br />
Nero d’Avola<br />
da piante di<br />
oltre<br />
quarant’anni<br />
coltivate ad<br />
alberello,<br />
come non ne<br />
esistono quasi<br />
più in tutta la<br />
Sicilia. Il gusto<br />
si presenta<br />
ricco di frutta<br />
matura e<br />
concentrata,<br />
fragrante ed<br />
equilibrato.<br />
Il vino è<br />
particolarmente indicato per<br />
accompagnare carni rosse<br />
succulente, arrosti,<br />
selvaggina e formaggi<br />
saporiti.<br />
www.tascadalmerita.it<br />
73
Lin-wine: con la<br />
crioestrazione<br />
selettiva, il meglio<br />
dell’uva fino al<br />
bicchiere<br />
Lo scorso 21 ottobre, presso la<br />
Cantina di Custoza (VR), è<br />
stata ufficialmente presentata<br />
una pratica enologica<br />
assolutamente innovativa che –<br />
grazie a una opportuna<br />
applicazione della tecnologia<br />
del freddo – consente di<br />
portare nel bicchiere di vino<br />
tutto ciò che di meglio l’uva<br />
esprime. Lin-wine, così è stato<br />
battezzato il processo<br />
tecnologico messo a punto<br />
dall’Università di Verona con<br />
Linde Gas Italia e Vason Group,<br />
si basa sulla crioestrazione<br />
74<br />
Residenza del Moro<br />
Winelovers<br />
selettiva: una tecnica che<br />
permette di ottenere vini<br />
bianchi di maggiore qualità<br />
abbassando la temperatura del<br />
grappolo, fino a congelare le<br />
parti più esterne di ogni<br />
singolo acino.<br />
Pisa Vini… e non solo<br />
Grande successo per la nona<br />
edizione di Pisa Vini, svoltasi<br />
dal 25 al 27 novembre alla<br />
Stazione Leopolda di Pisa. In<br />
questa occasione, per la prima<br />
volta Pisa Vini e Pisa Olio si<br />
sono unite in un connubio<br />
all’insegna del gusto, per un<br />
evento volto a valorizzare i<br />
prodotti tipici di qualità del<br />
territorio pisano. Un’occasione<br />
unica che ha consentito ai<br />
visitatori di apprezzare la<br />
bontà dei vini, ma anche<br />
dell’olio extravergine di oliva,<br />
dei salumi, dei formaggi e dei<br />
dolci artigianali presentati<br />
dalle 97 aziende aderenti alla<br />
manifestazione, ma anche di<br />
visitare i monumenti, i centri<br />
cittadini, i borghi medievali e i<br />
paesaggi più suggestivi di<br />
quest’angolo di Toscana. Non<br />
sono mancati i convegni e i<br />
seminari a tema, in<br />
collaborazione con la Facoltà di<br />
Agraria dell’Università di Pisa e<br />
Confesercenti.<br />
Ubicata nel centro storico di Firenze, a<br />
pochi passi da via Tornabuoni e dai principali<br />
luoghi di interesse turistico e culturale,<br />
la Residenza del Moro è una nuova struttura<br />
di altissimo livello, nata per offrire all’ospite<br />
più esigente il massimo dell’esclusività.<br />
Situata al piano nobile di Palazzo<br />
Piccolini-Bourbon, superbo edificio del<br />
XVI secolo, la Residenza è stata oggetto di<br />
un attento restauro ed è costituita oggi da<br />
undici stupende suites, ognuna ancora con<br />
i propri affreschi e stucchi originali. Ogni<br />
suite è stata poi personalizzata con decorazioni uniche, pezzi d’antiquariato di gran prestigio, tessuti e<br />
sete preziosi, e con dipinti ed opere d’arte contemporanea. Un interessante ed originale contrasto che<br />
permette di apprezzare e di “respirare” la storia dell’ambiente con un percorso culturale di cinque secoli.<br />
La realizzazione della Residenza del Moro fa parte di un progetto più ampio nato circa 10 anni fa da<br />
un’idea di Maria Rosa e Gilberto Sandretto, “colpevole” il loro grande amore per la Toscana.<br />
www.residenzadelmoro.it
Poggio al Tesoro<br />
Poggio al Tesoro è il frutto di<br />
una partnership tra Allegroni,<br />
azienda leader della<br />
Valpolicella, e Leonardo Lo<br />
Cascio, noto imprenditore nella<br />
distribuzione di vini italiani di<br />
qualità negli Stati Uniti.<br />
Insieme Allegroni e Lo Cascio<br />
hanno scelto Bolgheri, una<br />
zona vinicola toscana a forte<br />
vocazione internazionale,<br />
convinti che da un grande<br />
territorio possano prendere<br />
forme e anima grandi vini,<br />
capaci di appassionare un<br />
pubblico cosmopolita. L’azienda<br />
fa la sua comparsa sul mercato<br />
con due vini dell’annata 2003:<br />
Dedicato a Walter e Sondraia.<br />
Grande successo a<br />
Milano per le<br />
bollicine dell’Alto<br />
Adige<br />
Bilancio positivo per la prima<br />
mostra-degustazione<br />
interamente dedicata alle<br />
bollicine di montagna dell’Alto<br />
Adige dove, ad affiancare i 5<br />
produttori, c’era anche l’esperto<br />
affinatore Hansi Baumgartner<br />
con i suoi prelibati prodotti<br />
caseari. Le bollicine di<br />
montagna dell’Alto Adige hanno<br />
destato grande interesse tra i<br />
numerosi operatori del settore,<br />
gli appassionati e i giornalisti. I<br />
produttori presenti con le loro<br />
migliori bottiglie hanno offerto<br />
al numeroso pubblico<br />
intervenuto i loro spumanti che<br />
non hanno niente da invidiare<br />
alle altre bollicine italiane. È<br />
stato raggiunto dunque<br />
l’obiettivo di far conoscere al<br />
pubblico milanese gli spumanti<br />
dell’Alto Adige, che hanno<br />
dimostrato di meritare grande<br />
attenzione grazie alla loro<br />
unicità e spiccata personalità.<br />
La tavola<br />
di Pier Capponi<br />
Ha aperto a Firenze un ristorante<br />
nuovo che “racconta”<br />
nel suo ambiente la storia<br />
della città con un esclusivo<br />
arredo di antiquariato di pregio<br />
ricco di pezzi autentici,<br />
dal XVI al XVII secolo, scelti<br />
con attenta e competente ricerca.<br />
Il concept del ristorante<br />
è stato pensato, studiato e<br />
messo a regime da Roberto<br />
Casamonti, fiorentino DOC,<br />
noto mercante d’arte moderna<br />
e contemporanea, innamorato<br />
della sua “città nobile”.<br />
La brigata di cucina è costituita<br />
da tre giovani cuochi che<br />
propongono i piatti della tradizione<br />
fiorentina e toscana<br />
con un’attenta e scrupolosa<br />
ricerca delle materie prime:<br />
dalla ribollita e la pappa al<br />
pomodoro alla pasta fatta in<br />
casa con sughi di selvaggina,<br />
dalla tradizionale bistecca, al<br />
piccione alla griglia, ai dolci<br />
tipici e al gelato artigianale.<br />
Per la carta dei vini, nella<br />
scelta delle etichette sono<br />
state privilegiate le zone più<br />
vocate della Toscana, con<br />
prodotti che ben esprimono<br />
il territorio.<br />
www.latavoladipiercapponi.it<br />
75
Avvertenza:<br />
attenzione,<br />
non strofinate<br />
la carta di questa<br />
pagina, pericolo<br />
di incendio!<br />
Whisky Glenmorangie<br />
Manager’s Choice<br />
2001<br />
Cask Strenght, Non chillfiltered<br />
(cioè non filtrato<br />
previo raffreddamento,<br />
un’espressione da far ingrullire<br />
i fans dell’extravergine); 57,2°.<br />
Prodotto da Glenmorangie a<br />
Tain, Ross-shire, IV 19 IPZ<br />
(Northern Highlands).<br />
Color ambra con riflessi<br />
ramati, spara nel naso sentori<br />
di frutta più o meno secca. Se<br />
si sopravvive all’ondata si può<br />
passare alla fase gustativa che<br />
in effetti regala una soffice<br />
consistenza con aromi dolci,<br />
76<br />
Bocche di fuoco<br />
Sandro Bosticco<br />
ancora di frutta e malto.<br />
Lasciando passare la<br />
sensazione di caldo rimane un<br />
gradevole retrogusto di frutta<br />
secca e spezie.<br />
Giudizio. Qui il Diavolo è in<br />
doppiopetto, subdolamente<br />
addolcito dall’affinamento in<br />
botti di Porto. La<br />
Glenmorangie, che vi segnalo<br />
come l’antesignana del genere<br />
cask strength, ha in listino<br />
anche whisky invecchiati in<br />
barrique dove avevano già<br />
sostato Sauternes, Sherry e –<br />
udite udite – persino Cote de<br />
Nuits. I distillato-dipendenti<br />
potranno invece godersi le<br />
partite conservate in barilotti<br />
da Rhum.<br />
Diavolicchio della Zia<br />
Clementina<br />
Olio di oliva aromatizzato non<br />
in commercio, assaggio<br />
effettuato a Castel Castagna<br />
(Teramo) presso la casa della<br />
zia.<br />
Colore dorato con sospette<br />
venature rossastre; al naso<br />
ricorda un Cabernet Franc<br />
particolarmente immaturo, in<br />
più si avverte una punta di<br />
rancido dovuta all’olio non<br />
proprio vergine usato come<br />
base. Si tratta del tipico “olio<br />
del cognato”, deto anche “del<br />
frantoio di mio zio”, un genere<br />
sfortunatamente molto diffuso<br />
nella penisola. In bocca il<br />
Maligno colpisce con perfidia,<br />
perché a un’iniziale sensazione<br />
di dolce avvolgenza dovuta al<br />
grasso segue con progressione<br />
inesorabile l’ascesa del<br />
piccante, con l’aggravante che<br />
il grasso tende a rimanere in<br />
bocca. Finale fantozziano.<br />
Giudizio. Tutti voi che pochi<br />
giorni fa vi godevate l’ olio<br />
novo ipertoscano con tutto il<br />
suo bagaglio di piccante<br />
impallidireste all’assaggio di<br />
questo aromatizzato della zia<br />
Clementina. Una leggendapettegolezzo<br />
riporta che il<br />
marito della zia, buonanima,<br />
ne facesse uso prima di entrare<br />
in camera da letto. Forse<br />
funzionava da placebo, fatto<br />
sta che il Diavolo un giorno<br />
glielo fece confondere con l’olio<br />
da motori, col risultato che il<br />
trattore dello zio prese fuoco<br />
alla partenza.<br />
Centerba<br />
Distilleria Casauria, Tocco di<br />
Casauria (Pescara).<br />
Il verde nemmeno troppo<br />
artificiale lascia intendere il<br />
timbro dei profumi. Veicolati
da un alcol poderoso invadono<br />
le narici con una forza che<br />
potete sfruttare in caso di<br />
raffreddore, con benessere<br />
immediato. Le erbe se non<br />
sono cento saranno comunque<br />
qualche decina, con prevalenza<br />
del mentolato. In bocca il<br />
Centerba entra con<br />
autorevolezza, secco allo<br />
spasimo (non c’è zucchero...) e<br />
al limite dell’ustionante.<br />
Persistenza aromatica<br />
notevole.<br />
Giudizio. Ottimo in caso di<br />
raptus erotico: mettiamo che<br />
dopo una cenetta a base di<br />
aglio o cipolla la serata offra<br />
ulteriori, impreviste<br />
prospettive. Fate come il mio<br />
amico Beppino, che si porta<br />
sempre una fiala di Centerba<br />
nel taschino. Disinibisce come<br />
qualsiasi alcolico, con in più la<br />
funzione di salva-alito. Che<br />
volete di più? La casa madre,<br />
comunque, lo consiglia<br />
addirittura come ingrediente<br />
per risotti.<br />
Harissa dei nomadi<br />
tunisini<br />
Colore rosso opaco,<br />
consistenza di pasta grassa. Il<br />
profumo è erbaceo e<br />
complesso tendente al<br />
balsamico, ma piacerà poco a<br />
chi non sopporta le foglie di<br />
coriandolo (cilantro).<br />
In bocca il flavor di peperone<br />
fresco ben si combina con<br />
l’aglio e l’olio, e fin qui<br />
potrebbe far concorrenza alla<br />
bagna caoda. Senonché,<br />
subdola quanto inarresstabile,<br />
arriva la sciabolata di fuoco<br />
che invita alla bestemmia<br />
facendo così il gioco del<br />
Diavolo. Dopo diversi minuti,<br />
se nel frattempo non si<br />
ingurgita qualcos’altro per<br />
mitigare il piccante,<br />
riemergono aromi speziati<br />
ancora piacevoli (o è l’effetto<br />
del cessato-fuoco?).<br />
Giudizio. Basta bilanciare la<br />
quantità e il gioco è fatto. Da<br />
provare sugli spaghetti come<br />
variante al nostrano “aglio,<br />
olio e peproncino”. Le versioni<br />
in commercio da noi sono roba<br />
da ragazzini rispetto a quella<br />
descritta, che è stata<br />
degustata tra le dune (dove<br />
un paio di membri della<br />
commissione di assaggio<br />
hanno fatto svariate capriole<br />
nella sabbia come effetto<br />
collaterale).<br />
Salsa di cren<br />
dell’amico Fritz<br />
Il colore bianco opaco lascia<br />
immaginare la dolcezza del<br />
latte ma appena si avvicina il<br />
naso si viene assaliti da una<br />
specie di turbine spazza-tutto,<br />
acre ai limiti delle norme<br />
della Convenzione di Ginevra<br />
sull’uso delle armi chimiche.<br />
Conservando un minimo di<br />
dignità e lucidità si può<br />
riscontrare un sentore di<br />
sedano, o meglio di sedanorapa.<br />
In bocca l’impatto è<br />
stemperato, tuttavia per via<br />
retronasale continua il<br />
potentissimo effetto<br />
balsamico, utile solo in caso<br />
di raffreddore.<br />
Giudizio. Dipende dalle dosi:<br />
il mio amico Fritz da buon<br />
nordico la usa su carni grasse<br />
insipide e formaggi a<br />
tendenza dolce, qualche volta<br />
la spalma in un panino.<br />
Attenzione comunque alle<br />
preparazioni che contengono<br />
RAFANO o HORSERADISH, e al<br />
WASABI giapponese: il<br />
principio attivo è lo stesso,<br />
simile alla mostarda, e il<br />
Diavolo ha cambiato solo nomi<br />
e abiti.<br />
77
Consigli di <strong>Gola</strong><br />
78<br />
Viaggio alla<br />
scoperta<br />
di squisiti<br />
angoli<br />
di Toscana<br />
Dolci<br />
tentazioni<br />
I dolci sono l’oggetto per<br />
eccellenza dei peccati di gola, e<br />
quello natalizio è<br />
indubbiamente il periodo<br />
migliore per commettere<br />
peccati di questo<br />
gradevolissimo genere, ormai<br />
veniali agli occhi anche della<br />
morale più rigida. Per non dire<br />
poi che di dolce, almeno a<br />
livello di papille gustative, si<br />
sente davvero il bisogno in un<br />
mondo in cui non mancano le<br />
occasioni quotidiane per sentirsi<br />
l’amaro in bocca: un amaro<br />
metaforico, ma neppure troppo.<br />
E dunque via, alla ricerca di ciò<br />
che di meglio offrono<br />
pasticceri, cioccolatai e altri<br />
appassionati produttori.<br />
Partiamo da Firenze, con due<br />
indirizzi magici: se per voi<br />
Natale significa pandoro,<br />
lasciate perdere Verona e non<br />
mancate il pandoro di Caponeri<br />
(Via F. Valori 4r; tel. 055<br />
587534), un minuscolo<br />
laboratorio di pasticceria: è un<br />
sogno di burro, uova, lievito e<br />
farina, che si scioglie in bocca<br />
e rinfranca lo spirito. Da<br />
prenotare prima possibile,<br />
perché il mitico Fosco, maestro<br />
pasticcere, ha due mani sole e<br />
tanti clienti affezionati.<br />
Notevoli anche i suoi babà al<br />
rum, farciti con la panna<br />
montata oppure con una soave<br />
crema pasticcera, all’altezza<br />
della miglior tradizione<br />
napoletana, e i bignè alla<br />
panna e alla mousse di<br />
cioccolato. Piccola nota di<br />
colore: Caponeri è una delle<br />
poche pasticcerie in cui,<br />
entrando, si sente ancora il<br />
profumo del burro vero, e si<br />
viene serviti con la grazia<br />
antica e lievemente scorbutica<br />
degli artigiani autentici.<br />
Se i dolci hanno potere<br />
consolatorio, il cioccolato è<br />
innegabilmente la consolazione<br />
incarnata, ed è bene ricordare<br />
che Firenze custodisce una delle<br />
migliori ricette di torte al<br />
cioccolato che sia dato di<br />
assaggiare: è la mitica torta<br />
Pistocchi, vanto dell’Antica<br />
Gastronomia (via degli Artisti<br />
58r, angolo via Masaccio; tel.<br />
055 578460): preparata senza<br />
farina, si fonde tra lingua e<br />
palato in una spirale di<br />
beatitudine. Da non dimenticare<br />
che l’Antica Gastronomia è<br />
anche un ottimo indirizzo per
acquisti di specialità salate,<br />
formaggi e salumi in primis, per<br />
arricchire la tavola delle feste.<br />
Spostiamoci a Prato, sempre<br />
sull’onda dei gusti di una volta,<br />
antichi e forse anche per<br />
questo rincuoranti: e quale<br />
migliore indirizzo dell’antica<br />
“Mattonella”, ovvero il<br />
Biscottificio Mattei (via Ricasoli<br />
20; tel. 0574 25756),<br />
depositario della vera ricetta<br />
degli autentici biscotti di Prato<br />
con le mandorle, per un tuffo<br />
nei sapori di una volta, e<br />
soprattutto per tuffarsi, biscotti<br />
alla mano, in un bicchiere di<br />
ottimo vin santo, passito o<br />
malvasia che dir si voglia.<br />
Accanto ai biscotti di Prato,<br />
cavallo di battaglia di Mattei, di<br />
grande soddisfazione anche i<br />
brutti buoni, sottili gusci di<br />
pasta che nascondono un<br />
incantevole ripieno di mandorle<br />
tritate e zucchero. Ottimi per<br />
riempire la calza della Befana<br />
come una volta.<br />
Facciamo un salto ad Arezzo<br />
per due indirizzi di sicuro<br />
interesse: la Pasticceria de’<br />
Cenci (via de’ Cenci 17; tel.<br />
0575 23102), a due passi dagli<br />
affreschi di Piero della<br />
Francesca, offre i migliori<br />
marron glacés della regione,<br />
accanto a panettoni<br />
freschissimi, rigorosamente da<br />
prenotare nel periodo natalizio,<br />
e a una serie di torte e lieviti di<br />
ottima qualità. Una piccola<br />
pasticceria artigianale, con<br />
laboratorio a vista, che in pochi<br />
anni ha saputo conquistare la<br />
città intera.<br />
E sempre ad Arezzo spopola la<br />
boutique del cioccolato Vestri<br />
(via Romana 161; tel. 0575<br />
907315, con un punto vendita e<br />
degustazione anche a Firenze,<br />
in borgo degli Albizi 11r; tel.<br />
055 2340374): dal 1970 la<br />
famiglia Vestri coltiva la propria<br />
passione per il cioccolato<br />
lavorando materie prime di<br />
altissima qualità e producendo<br />
tavolette e cioccolatini per tutti<br />
i gusti. Da non perdere, per il<br />
loro potere quasi taumaturgico,<br />
le fette di arancia candita<br />
ricoperte per metà di cioccolato<br />
fondente, e le tavolette<br />
fondenti alla frutta secca. A<br />
Natale di rigore il panettone<br />
ricoperto di cioccolato e<br />
nocciole tritate.<br />
Se panettoni e pandori sono<br />
imposizioni settentrionali del<br />
marketing postbellico, il Natale<br />
toscano filologicamente corretto<br />
non può che nutrirsi dei tipici<br />
dolci senesi quali panforte e<br />
panpepato, ricciarelli e<br />
cavallucci, che allietavano le<br />
frugali feste d’antan. La<br />
Pasticceria Le Campane (via<br />
delle Campane 9, Siena; tel.<br />
0577 282290) è un ottimo<br />
indirizzo soprattutto per i<br />
ricciarelli, preparati con amore<br />
e sfornati quotidianamente. Per<br />
chi ancora non li conoscesse,<br />
vale la pena di ricordare che i<br />
ricciarelli artigianali,<br />
soprattutto se gustati appena<br />
sfornati, ancora caldi, sono<br />
proprio tutta un’altra cosa: una<br />
nuvola di pasta di mandorle (in<br />
cui si avverte anche la<br />
reminiscenza di qualche<br />
mandorla amara, a mitigarne la<br />
dolcezza) che si scioglie<br />
letteralmente in bocca. Provare<br />
per credere.<br />
E come dimenticare una delle<br />
istituzioni di Siena, la<br />
Pasticceria Nannini (via Banchi<br />
di Sopra 24; tel. 0577 236009),<br />
marchio storico diffuso un po’<br />
ovunque. La sede ai Banchi di<br />
Sopra è una delle più antiche<br />
pasticcerie della città, dove<br />
tutti i dolci della tradizione<br />
sono di produzione propria, e<br />
una confortevole saletta<br />
consente di fermarsi a godere<br />
della bontà di panforti e<br />
panpepati, serviti anche al<br />
taglio, volendo accompagnati<br />
da ottime miscele di caffè.<br />
Dolci e caffè possono essere<br />
acquistati sia a peso che in<br />
eleganti confezioni.<br />
Per finire, un prodotto non<br />
strettamente natalizio, che però<br />
si accompagna molto bene con<br />
una delizia tipica della stagione<br />
fredda quale la cioccolata in<br />
tazza, e può fungere da<br />
delizioso rompidigiuno tra un<br />
festino e l’altro: si tratta delle<br />
tradizionali cialde rotonde di<br />
Montecatini della Pasticceria<br />
Bargilli (viale Grocco 2,<br />
Montecatini Terme; tel. 0572<br />
79459), depositaria della ricetta<br />
originale, creata dal padre<br />
dell’attuale proprietario. Due<br />
sottili ostie fragranti, fatte di<br />
farina, zucchero, uova e latte e<br />
ripiene di mandorle tritate: il<br />
segreto è tutto nel dosaggio<br />
sapiente e nella manualità<br />
preziosa, che trasformano gli<br />
ingredienti in un miracolo di<br />
semplicità e di sapore. Ottime<br />
con la cioccolata, deliziose con<br />
la panna montata o con il vin<br />
santo; confezionate in eleganti<br />
scatole di latta, possono essere<br />
un’idea regalo inconsueta e<br />
raffinata.<br />
79
I primi dieci anni<br />
del vino Luce<br />
Degustazione del vino Luce della Vite di Montalcino<br />
effettuata il 3 novembre 2005<br />
presso il Wine Bar Frescobaldi di Firenze<br />
di Paolo Baracchino<br />
L’azienda è ubicata nei pressi di Montalcino<br />
(SI) ed ha una superficie di 192 ha di terreno<br />
di cui 16,5 attualmente destinati a vite. Il terreno<br />
vitato è ad un’altezza sul livello del mare<br />
che va dai 350 ai 420 metri. Il terreno è ricco<br />
di galestro, ben drenato e povero di sostanze<br />
organiche, condizioni ideali per la coltivazione<br />
del sangiovese. I terreni più bassi sono più<br />
ricchi di argilla, ottimale per la viticoltura del<br />
merlot. La maturazione normalmente è lenta e<br />
graduale quando la stagione è soleggiata e<br />
secca.<br />
Luce della Vite nasce dalla collaborazione tra i<br />
Marchesi de’ Frescobaldi e Robert Mondavi e<br />
prosegue con successo fino al 28 febbraio<br />
2005, data in cui i Frescobaldi hanno acquistato<br />
le quote di proprietà della Robert Mondavi<br />
Corporation, dal dicembre 2004 controllata<br />
dalla società americana Constellation Brands.<br />
Contestualmente le quote sono state cedute<br />
alla Mondavi Partener Llc, società personale<br />
di Micheal Mondavi, figlio di Robert, che<br />
oggi detiene una partecipazione finanziaria in<br />
Luce della Vite s.r.l., di proprietà dei Marchesi<br />
de’ Frescobaldi. Il vino Luce è composto dall’assemblaggio<br />
del sangiovese e del merlot,<br />
quest’ultimo normalmente presente nella misura<br />
del 50%. È l’enologo Niccolò D’Afflitto a<br />
80 Le degustazioni<br />
Azienda Luce della Vite s.r.l.<br />
sede amministrativa<br />
Via S. Spirito n. 11<br />
50125 - Firenze<br />
tel. 055 27141<br />
fax 055 211527<br />
info@lucewines.it<br />
decidere, a seconda dell’annata, la percentuale<br />
di merlot e di sangiovese da assemblare. Le<br />
bottiglie prodotte vanno, dal 1993, che è il<br />
primo anno di produzione, da 28.000 alle<br />
130.000 del 2000 ed alle 8.000 del 2002, anno<br />
notoriamente difficile a causa delle pessime<br />
condizioni meteorologiche.<br />
Per quanto concerne la vinificazione la resa<br />
media è bassa, di circa 30 ettolitri per ettaro.<br />
Il merlot matura alla metà di settembre ed il<br />
sangiovese dopo circa 4 settimane. Le due varietà<br />
vengono vendemmiate separatamente e<br />
vengono unite solo verso la fine di novembre,<br />
dopo che ciascuna ha effettuato la fermentazione<br />
alcolica a lunga macerazione. Il mosto<br />
viene posto in vasche di acciaio a temperature<br />
controllate per 4 settimane in cui avvengono<br />
la fermentazione alcolica e la macerazione sulle<br />
bucce. Alla fine della fase di fermentazione e<br />
di macerazione i vini sangiovese e merlot vengono<br />
assemblati. Segue l’allevamento del vino<br />
in barriques francesi per circa 18 mesi. Il vino<br />
viene poi raccolto in botti di rovere dove sosta<br />
qualche altro mese prima dell’imbottigliamento.<br />
Da notare che questa verticale ha fatto<br />
emergere, in modo chiaro, la tipicità ed omogeneità<br />
olfattiva e gustativa di questo vino in<br />
tutte le annate.
Simbologia dei punteggi<br />
95-100 90-94 85-89 80-84 75-79 70-74<br />
1993<br />
Veste rosso granato con<br />
finissimo bordo aranciato. Al<br />
naso si avvertono sentori di<br />
sottobosco, la prugna secca,<br />
il fieno e la menta, seguiti<br />
da profumi di liquirizia, di<br />
goudron, di anice stellato e<br />
di cuoio. Al gusto si presenta<br />
ben equilibrato con la<br />
freschezza che domina<br />
l’alcol. Il tannino è dolce e<br />
vellutato ma non abbastanza<br />
largo. Il corpo è medio.<br />
Notevole è la sua mineralità<br />
e sapidità. Retrogusto di<br />
confettura di ciliegia.<br />
Abbastanza lunga è la sua<br />
persistenza aromatica<br />
intensa.<br />
Giudizio. Vino ricco di<br />
profumi terziari, che denotano<br />
la sua “vecchiaia”.<br />
Nell’insieme un vino piacevole<br />
ma arrivato all’apice<br />
della sua maturità.<br />
1994<br />
All’esame visivo si presenta<br />
rosso granato scuro con<br />
largo bordo aranciato.<br />
All’esame olfattivo si è<br />
inizialmente un po’ disturbati<br />
da una certa riduzione.<br />
Sostando il vino per un po’<br />
nel bicchiere, si ossigena e<br />
rilascia sentori di pelle, di<br />
pepe nero, di menta, di<br />
fieno secco, di prugna secca<br />
e nel finale sentori di<br />
rabarbaro. In bocca le<br />
sostanze dure sono in<br />
equilibrio con quelle<br />
morbide, ad eccezione del<br />
tannino che sfoggia la sua<br />
dolcezza e grassezza iniziale,<br />
per perderla successivamente<br />
in favore della parziale<br />
secchezza finale. Il corpo è<br />
medio, con sufficiente<br />
persistenza.<br />
Giudizio. Arriva un po’<br />
stanco sul finale, con<br />
emozioni non incredibili.<br />
1995<br />
Alla vista si presenta di un<br />
bel rosso rubino intenso.<br />
Bagaglio aromatico ampio e<br />
piacevole con note di<br />
rabarbaro accompagnate da<br />
sensazioni fruttate di<br />
confettura di ciliegia,<br />
floreali, di viola, di prugna<br />
secca, di fieno di terra, per<br />
terminare con cenni di caffè.<br />
Al gusto si percepisce una<br />
buona mineralità, con lievi<br />
cenni in sottofondo di viola.<br />
Vino equilibrato con alcol e<br />
freschezza presenti in egual<br />
misura. Il tannino è dolce,<br />
vellutato per poi nel finale<br />
diventare un po’ secco. Il<br />
corpo è medio. Lunga è la<br />
persistenza aromatica<br />
intensa.<br />
Giudizio. Giovane al colore<br />
e all’olfatto, con una viola<br />
che conquista sia l’olfatto<br />
che il gusto.<br />
1996<br />
Rosso rubino con larghe<br />
trame granato. Al naso è<br />
Le degustazioni 81
inizialmente un po’ chiuso,<br />
per poi aprirsi successivamente<br />
con riconoscimenti di<br />
pelle, di polvere da sparo, di<br />
fieno secco, di prugna secca.<br />
L’esame olfattivo prosegue<br />
con note di liquirizia, di<br />
confettura di ciliegia, di<br />
menta e di anice stellato. Al<br />
gusto è piacevole con una<br />
freschezza in netto dominio<br />
dell’alcol e con un tannino<br />
dolce, vellutato ed abbastanza<br />
largo. Gradevole è la<br />
sua mineralità. Corpo medio<br />
e lunga è la persistenza<br />
aromatica intensa. Retrogusto<br />
di prugna secca in<br />
particolare.<br />
Giudizio. Olfatto inizialmente<br />
non troppo franco. Il<br />
gusto è un po’ penalizzato<br />
dall’eccessiva freschezza.<br />
Nell’insieme però è un vino<br />
piacevole.<br />
1997<br />
Si presenta con un rosso<br />
rubino luminoso con lieve<br />
bordo porpora. All’olfatto<br />
esprime una gamma aromatica<br />
ampia e piacevole con<br />
note intense di menta di<br />
confettura di ciliegia e di<br />
viola mammola. L’esame<br />
olfattivo prosegue con note<br />
di liquirizia e di polvere di<br />
82 Le degustazioni<br />
cacao. Al gusto è minerale e<br />
sapido. Bocca di grande<br />
impatto con spalla alcolica<br />
importante, affiancata da<br />
una vivace freschezza.<br />
Il tannino è dolce, setoso,<br />
avvolgente, e largo, quasi<br />
nella sua totalità, anche se<br />
nel finale diventa un po’<br />
secco. Il corpo è al di sopra<br />
della media. Gradevole è la<br />
sua morbidezza, mentre<br />
lunga è la sua persistenza<br />
aromatica intensa.<br />
Giudizio. Grande vino,<br />
piacevole sia all’olfatto che<br />
al gusto.<br />
1998<br />
Appare rosso rubino con<br />
lieve bordo granato. L’impatto<br />
olfattivo è intenso con<br />
iniziali note di prugna secca<br />
e di fieno secco, per proseguire<br />
con sensazioni di<br />
confettura di ciliegia, di<br />
caramella di rabarbaro, di<br />
anice stellato e di menta. Al<br />
palato è equilibrato con<br />
alcol e freschezza presenti in<br />
modo evidente. Il tannino è<br />
dolce, vellutato ma un po’<br />
centrale. Il corpo è medio,<br />
abbastanza persistente al<br />
gusto, con piacevole finale<br />
di menta.<br />
Giudizio. Migliore all’olfatto<br />
che al gusto ma nell’insieme<br />
il vino è gradevole.<br />
1999<br />
Lucente rosso rubino con<br />
lieve bordo cipolla rosa.<br />
L’impatto olfattivo è intenso,<br />
franco e ricco di profumi,<br />
giocato sull’eleganza, con
toni di salsedine, di pelle, di<br />
prugna secca, di confettura<br />
di ciliegia, di fieno secco, di<br />
viola mammola, di menta, di<br />
liquirizia e di gomma. In<br />
bocca è abbastanza caldo,<br />
fresco, con un tannino<br />
dolce, rotondo e setoso.<br />
Piacevole morbidezza, corpo<br />
medio e intrigante. Equilibrato<br />
e persistente, con<br />
retrogusto di ciliegia e di<br />
menta.<br />
Giudizio. Vino interessante<br />
con un bellissimo corpo. La<br />
potenza rispecchia l’annata<br />
che ha dato vini ricchi.<br />
2000<br />
Rosso rubino intenso con<br />
fitte trame porpora. Al naso<br />
si avvertono sensazioni di<br />
menta, floreali di viola<br />
mammola, di ciliegia e di<br />
cuoio. L’impatto gustativo è<br />
buono e sufficientemente<br />
complesso, con un gradevole<br />
equilibrio delle sostanze<br />
dure con quelle morbide. Il<br />
tannino è dolce inizialmente<br />
per poi diventare un po’<br />
secco e meno aggraziato.<br />
Buona è la sua persistenza<br />
aromatica intensa.<br />
Giudizio. Olfattivamente ha<br />
bisogno di tempo per<br />
migliorarsi. Piacevole è la<br />
sua mineralità. Il corpo non<br />
è poderoso ma sufficiente.<br />
2001<br />
Colore luminosissimo con<br />
rosso rubino intenso con<br />
trama porpora. Ha un naso<br />
intenso, fitto ed intrigante,<br />
quasi esaltante nelle note di<br />
cuoio, con sentori variegati<br />
di ciliegia, di menta, di<br />
viola e di prugna. Al gusto<br />
evidenzia una freschezza<br />
vivace e piacevole che è in<br />
equilibrio con l’alcol. I<br />
tannini sono dolci, morbidi,<br />
vellutati e abbastanza<br />
larghi. Buona morbidezza,<br />
corpo medio, lunga la sua<br />
persistenza aromatica<br />
intensa. Retrogusto di viola.<br />
Giudizio. Vino piacevole,<br />
importante, godibile.<br />
2002<br />
Bel rosso rubino intenso con<br />
trame porpora. All’olfatto si<br />
avverte un legno che scalpita<br />
e che deve trovare il suo<br />
spazio e fondersi al meglio.<br />
Successivamente si sentono<br />
profumi di ciliegia, di cuoio,<br />
di menta e di cacao. L’impatto<br />
gustativo è caldo e<br />
morbido, anche se lievemente<br />
scomposto, mentre la<br />
freschezza è in lieve sottotono<br />
all’alcol. Il tannino è<br />
dolce, vellutato e abbastanza<br />
largo. Bel corpo ma un<br />
po’ esile sul finale.<br />
Giudizio. Vino che rispecchia<br />
un po’ l’annata non<br />
troppo felice. Il legno si<br />
sente un po’ troppo anche se<br />
l’insieme appare godibile.<br />
Le degustazioni 83
Chianti Classico Riserva<br />
“Vigna Casi”e Fiore<br />
del Castello di Meleto<br />
di Aldo Fiordelli<br />
“AAA... produttore cercasi”. Cominciò più o<br />
meno così, nel 1969, la storia di Meleto: da<br />
un annuncio sul giornale. Sembra impossibile<br />
e ancora oggi viene da chiedersi se, proprio<br />
in una terra di litigiosi come la Toscana,<br />
non si tratti di una favola piuttosto che della<br />
storia di una sorta di inedita cantina “sociale”<br />
nata da un’inserzione. Eppure nel 1969<br />
l’ammiraglio Franceschetti decise di pubblicare<br />
un’inserzione su “Quattro soldi”, un noto<br />
magazine dell’epoca, per cercare quote sociali<br />
in grado di acquistare un’azienda vitivinicola.<br />
Non era certo un momento facile per<br />
il Chianti ma un po’ per la novità, un po’ per<br />
il basso costo dell’investimento, risposero duemila<br />
persone. Oggi, a distanza di oltre trent’anni,<br />
ci sono ancora 1890 soci iscritti, alcuni<br />
dei quali non sanno nemmeno di essere... “produttori<br />
di vino”, 400 invece fidelizzati dai<br />
vertici dell’azienda e uno socio di maggioranza:<br />
il noto distributore svizzero di vino<br />
Schuler. È a lui che si deve il rinascimento<br />
aziendale del Castello di Meleto. I 176 ettari<br />
di vite in quel di Gaiole sono oggi seguiti<br />
84 Le degustazioni<br />
Castello di Meleto<br />
53013 Gaiole<br />
in Chianti (SI)<br />
tel. 0577 749217<br />
fax 0577 749217<br />
www.castellomeleto.it<br />
info@castellomeleto.it<br />
dal giovane enologo Federico Cerelli (ex Antinori)<br />
con la supervisione di Stefano Chioccioli.<br />
Dal 1989 sono stati reimpiantati 20<br />
ettari all’anno e dal 1992 è entrato in vigna<br />
anche il merlot. Le tecniche di vinificazione<br />
sono moderne, ma non senza selezioni manuali:<br />
vasche al posto di pompe per i rimontaggi;<br />
diraspatrice senza pigiatura, microssigenazioni.<br />
“Vigna Casi”, è uno dei fiori all’occhiello<br />
di questa caratteristica “sotto”zona<br />
del Chianti classico (dal 1996 al 2000)<br />
insieme a il... Fiore, Igt a base di sangiovese<br />
e merlot (dal 1996 al 2000).
Simbologia dei punteggi<br />
95-100 90-94 85-89 80-84 75-79 70-74<br />
Chianti Classico<br />
Riserva “Vigna Casi”<br />
1996<br />
Rosso granato con riflessi<br />
aranciati, il vino ha profumi<br />
terziari solo abbastanza<br />
eleganti di confettura di<br />
more, con sfumature di<br />
cuoio, pepe nero e tabacco<br />
(LR). Di corpo medio, è<br />
comunque morbido sul<br />
palato, con tannini evoluti<br />
ed un suo equilibrio che<br />
gli conferiscono non<br />
troppa potenza ma un<br />
finale abbastanza lungo e<br />
dolce.<br />
Giudizio. La bella vivacità<br />
del colore tradisce un’acidità<br />
ancora elevata: nel<br />
bene (longevità) e nel male<br />
(una volatile un po’ alta).<br />
1997<br />
Vino dal colore granato<br />
intenso, con un naso fine<br />
dalle note floreali di<br />
violetta e rosa, poi confettura<br />
di visciola, selvaggina<br />
e una bocca piena, densa,<br />
con un tannino deciso ma<br />
levigato, ottima sapidità e<br />
ancora un bel mordente<br />
fresco/acido.<br />
Giudizio. Ottima la rispondenza<br />
naso/bocca tra sé e<br />
rispetto alla tipicità della<br />
zona, con una punta di<br />
alcol prevalente e un finale<br />
leggermente amarognolo<br />
comunque lungo.<br />
1998<br />
Le note di colore cominciano<br />
già a virare al rubino,<br />
con riflessi granati. Anche i<br />
profumi corrispondono<br />
all’evoluzione con note più<br />
fresche di violetta, prugna<br />
(LR), ribes nero, cuoio e<br />
balsamiche. In bocca il vino<br />
è molto morbido, di struttura,<br />
ma levigato ed equilibrato.<br />
Giudizio. Anche se manca<br />
una certa complessità,<br />
l’acidità ancora piuttosto<br />
elevata non disturba e<br />
veicola un finale lungo,<br />
persistente e dolce.<br />
1999<br />
Rubino impenetrabile con<br />
una spessa unghia granata,<br />
in questo millesimo il vino<br />
esprime un carattere più<br />
rustico come di roast beef,<br />
con note pure di viola, frutti<br />
di bosco (LR), cuoio e<br />
accenni balsamici. Bocca<br />
piena e densa, matura,<br />
equilibrata e lunga.<br />
Giudizio. Qui l’equilibrio è<br />
raggiunto anche troppo<br />
presto ma comunque il vino<br />
risulta di buona sostanza e<br />
godibile.<br />
2000<br />
Un colore purpureo ma<br />
limpido, invitante, e un<br />
aroma molto intenso con<br />
sfumature di viola mammola,<br />
di visciola, di caffè tostato,<br />
di cannella (LR), di cuoio e<br />
di pepe nero. Al palato il<br />
vino è strutturato e liscio,<br />
caldo, avvolgente (LR) con<br />
un alcol importante ma<br />
intessuto tra acidità e sali<br />
minerali in un finale davvero<br />
lungo, rilassante e piacevole.<br />
Giudizio. Un ottimo<br />
rapporto fresco/sapido,<br />
combinato con la struttura<br />
dei polialcoli con stile e<br />
personalità di toni chiantigiani<br />
e del legno.<br />
Fiore (sangiovese<br />
e merlot)<br />
1996<br />
Rubino granato, al colore<br />
questo vino accenna anche<br />
a un’unghia aranciata. Il<br />
naso è comunque abbastanza<br />
fresco con riconoscimenti<br />
di confettura di ciliegia,<br />
cuoio e grafite (LR). In<br />
bocca il vino si distende<br />
Le degustazioni 85
morbido anche se il tannino<br />
rimane asciugante e il corpo<br />
non entusiasma.<br />
Giudizio. Meno evoluto al<br />
naso rispetto a colore e<br />
gusto, finale come si usa<br />
dire che “scappa in bocca”.<br />
1997<br />
Colore rubino con riflessi<br />
granati, unghia spessa, naso<br />
intenso e abbastanza fine. Si<br />
riconoscono note di confettura<br />
di more, speziate di<br />
pepe nero, cannella, balsamiche<br />
(LR) e una sfumatura<br />
di foxy. Il gusto è anche<br />
intenso, pieno, con un<br />
leggero eccesso di acidità e<br />
un finale che convince solo<br />
a metà nella lunghezza, ma<br />
tostato e dolce.<br />
Giudizio. Vino in forte<br />
crescendo, con prospettive<br />
anche per l’equilibrio dopo<br />
un invecchiamento di altri<br />
cinque o sei anni.<br />
1998<br />
Il colore s’infittisce e risulta<br />
adesso pieno e purpureo. Il<br />
profumo è composto con<br />
note di viola, di mirtillo e<br />
ribes, ma anche tostato con<br />
86 Le degustazioni<br />
riconoscimenti di tabacco,<br />
pelliccia e cenni di cioccolato<br />
(LR). Bocca morbida,<br />
calda, con un’acidità<br />
importante e tannini fitti<br />
che si allargano solo nel<br />
finale.<br />
Giudizio. Cambiano le botti<br />
di rovere e la differenza si<br />
sente soprattutto nella<br />
tostatura degli aromi, ma la<br />
struttura del terreno con la<br />
sua acidità e la mineralità<br />
restano.<br />
1999<br />
Resta un riflesso granato<br />
sull’unghia di un corpo<br />
impenetrabile e alla vista di<br />
un vino dalle note intense<br />
ed eleganti di violetta,<br />
visciola e selvatiche.<br />
Cremoso in bocca e dalla<br />
struttura imponente, manca<br />
però l’equilibrio di un’acidità<br />
solo in parte addomesticata<br />
dalla levità del merlot.<br />
Giudizio. Un vino in<br />
crescendo, levigato e di<br />
buona lunghezza peraltro<br />
abbastanza dolce, anche se<br />
ancora giova-ne e di buone<br />
prospettive.<br />
2000<br />
Un rosso rubino così impenetrabile<br />
ma vivace annuncia<br />
profumi intensi ma rilassanti,<br />
dolci e tostati come di rosa,<br />
di ciliegia nera, di cuoio, ma<br />
anche balsamici e mentolati<br />
(LR). Il tannino è fine,<br />
delineato (LR), e la struttura<br />
ha tanto di tutto: alcol<br />
elevato, acidità scandita,<br />
buona sapidità e succosità.<br />
Giudizio. Vino ben disteso in<br />
un finale lungo e ricco,<br />
potente, fatto secondo uno<br />
stile moderno. Sarà buono<br />
anche tra dieci anni.<br />
Conclusioni<br />
Durante la degustazione il<br />
direttore di Meleto ha<br />
raccontato di una recente<br />
scoperta tra le cantine<br />
dell’azienda. Casse di<br />
Chianti classico riserva del<br />
1981 di ottima conservazione:<br />
granato aranciato<br />
scarico e brillante nel<br />
bicchiere; elegante al naso<br />
con note di prugne secche,<br />
di composta di more, di<br />
cuoio, minerale; abbastanza<br />
pieno al gusto, elegante e<br />
rilassante, ancora fresco,<br />
equilibrato e dolce. Il<br />
giudizio è, stando così le<br />
cose, ovviamente positivo.
Degustazione verticale del vino<br />
D’Ovidio dell’azienda<br />
San Luciano<br />
Effettuata a San Luciano l’8 settembre 2005<br />
di Sandro Bosticco<br />
«È il vino che i miei figli hanno voluto dedicarmi<br />
perché dicono che mi assomiglia. Lo<br />
descrivono di bella personalità e struttura,<br />
sostengono che abbia un carattere forte che<br />
si esprime con dolcezza». Così va commentando<br />
Ovidio Ziantoni, fondatore dell’azienda<br />
San Luciano dopo aver lasciato Marino sui<br />
Castelli Romani. Per una volta, ci sembra che<br />
1998<br />
La prima edizione colpisce<br />
per la tonalità giovanile del<br />
colore, non troppo intenso<br />
ma con un evidente residuo<br />
porporino. Sorprende, al<br />
naso, un timbro metallicominerale<br />
inaspettato, uno di<br />
quei sentori non sgradevoli<br />
ma che prendono in contropiede.<br />
Sotto, sono avvertibili<br />
tutt’altre nuances, dalla<br />
frutta matura al cuoio. In<br />
bocca è più lineare, offre<br />
buon equilibrio e piacevolezza<br />
di beva su corpo non<br />
troppo greve. Nel finale si fa<br />
un po’ secco ma rimane<br />
aromatico.<br />
Giudizio. Ecco un vino di<br />
spiccata personalità, di<br />
quelli che colpiscono il<br />
degustatore un po’ annoiato<br />
dai tanti assaggi. In ogni<br />
caso si presta anche a<br />
“banali” quanto efficaci<br />
abbinamenti a tavola. Fu<br />
ancora impiegata una<br />
diraspatrice verticale e un<br />
solo tipo di barrique (Allier).<br />
Azienda Agricola<br />
San Luciano,<br />
di Ovidio Ziantoni e figli<br />
Loc. San Luciano, 90<br />
52048 Monte San Savino (AR)<br />
tel. 0575 848518<br />
fax 0575 848210<br />
info@sanlucianovini.com<br />
www.sanlucianovini.com<br />
tanti dettagli non servano e che le parole del<br />
Patriarca siano più che sufficienti a presentare<br />
il vino. L’essenziale: i terreni vicino a Monte<br />
San Savino sono ricchi, l’uvaggio è un insolito<br />
sangiovese-Montepulciano con ritocco<br />
bordolese; qualche variazione in cantina<br />
nel corso degli anni c’è stata, ma che restino<br />
“segreti di famiglia”.<br />
1999<br />
A maggior ragione qui, da<br />
un’annata appena più<br />
recente e in generale molto<br />
valida per i rossi toscani,<br />
troviamo un colore ancora<br />
leggermente porporino – e<br />
d’intensità anche maggiore.<br />
Il profumo è forte e ben<br />
variegato: troviamo innanzitutto<br />
note fresche di piccoli<br />
frutti, poi macchia mediterranea,<br />
vaniglia e cacao. In<br />
bocca l’alcol si fa sentire più<br />
del resto, tanto da conferire<br />
un tenore “dolce” al primo<br />
impatto. In seguito emergo-<br />
Le degustazioni 87
Simbologia dei punteggi<br />
95-100 90-94 85-89 80-84 75-79 70-74<br />
no i tannini – gentilmente<br />
– e rimane una impressione<br />
di buon volume. Finale<br />
pulito e coerente, con<br />
gradevole componente<br />
aromatica.<br />
Giudizio. È un vino in<br />
grande forma, potente ma<br />
equilibrato. Gli Ziantoni ci<br />
hanno raccontato che è<br />
frutto di una macerazione<br />
di quaranta giorni, ma non<br />
si direbbe. L’impressione<br />
generale, semmai, è di una<br />
certa semplicità: caratteristica<br />
che forse gli pregiudica<br />
punteggi stratosferici,<br />
ma che gli garantisce un<br />
successo a tutto campo.<br />
2000<br />
Il rubino è fitto e luminoso<br />
al tempo stesso. Il calore<br />
dell’annata si avverte bene<br />
sotto il naso, dove questo<br />
vino offre un immediato<br />
timbro dolce che può<br />
ricordare la marmellata di<br />
prugne o ciliegie. Buona<br />
l’intensità, che lascia il<br />
posto a più tenui note di<br />
cacao e caffè. Il gusto si<br />
88 Le degustazioni<br />
distende potente e progressivo,<br />
forse un po’esile<br />
all’attacco ma recupera con<br />
straordinaria polposità e<br />
tannini setosi. Buono, come<br />
nei precedenti, l’aroma<br />
finale.<br />
Giudizio. Figlio dell’annata,<br />
il D’Ovidio 2000 è di quei<br />
vini che danno grande<br />
soddisfazione in degustazione<br />
pura, privo di spigoli<br />
e ricco invece di densità<br />
aromatica che si manifesta<br />
con continuità.<br />
2001<br />
Si presenta con un appetitoso<br />
rosso porpora pieno di<br />
luce, e mantiene alta<br />
l’attenzione con un<br />
bouquet ben sfaccettato. Ci<br />
sentiamo, a ondate, tabacco<br />
e china, caffè e liquirizia,<br />
ciliegie e tartufi. Un po’ del<br />
“vegetale” tipico del<br />
Cabernet affiora tra una<br />
sniffata e l’altra. Tanta<br />
varietà aromatica ce la<br />
ritroviamo in bocca, dove il<br />
D’Ovidio 2001 offre un<br />
andamento lineare e deciso,<br />
ben sostenuto da acidità e<br />
tannini a bilanciare la<br />
polposità.<br />
Giudizio. Si tratta di un<br />
vino davvero ben espresso,<br />
in grado di piacere a molti<br />
e in molte circostanze,<br />
centrato anche con lo<br />
zampino dell’annata giusta.<br />
Godibile ora come fra<br />
diverso tempo.<br />
2003<br />
Il colore decisamente<br />
porporino denuncia la<br />
gioventù che si ritrova nel<br />
profumo, ancora non ben<br />
amalgamato tra il frutto<br />
(fragola) e il legno (tostato,<br />
vaniglia), con una nota<br />
di lavanda. Il gusto è<br />
ampio, potente ma anche<br />
morbido: solo nel finale i<br />
tannini prendono – per<br />
adesso – il sopravvento.<br />
Giudizio. Assaggiamo qui<br />
un campione da vasca, per<br />
cui ci tratteniamo da una<br />
valutazione numerica. Ci<br />
sembra, in ogni caso, la<br />
conferma qualitativa per<br />
un’etichetta in crescendo.