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Risorse silvo-pastorali, conflitto sociale e sistema ... - Ruralpini

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Val di Ledro 346 , in Canton Ticino e nell’area lariana. La “Formaggella di capra del Luinese” (Va) è<br />

il primo formaggio caprino in Italia a fregiarsi della Dop. Durante l’alpeggio era diffusa la<br />

produzione di formaggelle di latte vaccino al quale veniva aggiunto, quando disponibile, anche latte<br />

caprino; in questa categoria rienta il Casolèt, una produzione comune alla Val di Sole e alla<br />

Vallecamonica che in passato era quasi sempre misto 347 . Va precisato che con la denominazione di<br />

“formaggella” si indicano prodotti ottenuti con tecniche abbastanza diverse, che possono variare<br />

anche notevolmente anche per il peso (da 0,3 a 1 kg), tanto da sovrapporsi alla tipologia del<br />

“formaggino”. Anche se la denominazione di “formaggella” indica in genere un formaggio a pasta<br />

semicotta (con riscaldamento dopo la rottura della cagliata a temperature comprese tra 40-48°C) va<br />

osservato che rispetto alle lavorazioni di cagliate di latte vaccino si utilizzano per le formaggelle di<br />

capra temperature inferiori. Non è infrequente poi che vengano denominate “formaggelle”<br />

produzioni ottenute con la medesima tecnica del caprino (con tempi di coagulazioni parimente<br />

variabili) 348 .<br />

2.5.3. Maschèrpe/Póine/Zígher<br />

Tra i latticini ottenuti con latte caprino o con latte vaccino addizionato a latte di capra non<br />

possono non essere ricordate le ricotte. La produzione di ricotta non è possibile dove si producono<br />

formaggini di capra mediante la tecnica della coagulazione lattica (il siero è, infatti, povero di<br />

sieroproteine). La produzione di ricotta di capra o mista (maschèrpa o mascárpa in area lombarda,<br />

póina in Trentino ma anche qua e là in Lombardia) assumeva un tempo notevole importanza tanto<br />

che, salata e/o affumicata era utilizzata per il pagamento di decime o di affiti di alpi pascolive 349 e,<br />

in tempi più recenti (XIX-XX secolo era oggetto di attivo commercio figurando come un elemento<br />

importante del bilancio dell’alpeggio) 350 . E’ bene precisare che la specificità della maschèrpa de l<br />

muunt degli alpeggi delle Alpi Orobiche (Valtellina, ma anche in Valvarrone, in provincia di<br />

Lecco), ottenuta nelle alpi dove di lavora il Bitto, ma anche di quella ottenuta in tutta l’area lariana<br />

dove si produce “formaggio grasso d’alpe misto” consiste nell’aggiunta al siero rimasto nella<br />

caldaia dopo l’estrazione della cagliata, di un secchio di latte di capra al fine di migliorare non solo<br />

la resa ma anche le caratteristiche organolettiche del prodotto. La ricotta di capra di Vigolo Vattaro<br />

in Trentino era secondo il Gautieri, che scriveva all’inizio del XIX secolo, (e che, non era certo un<br />

estimatore delle capre!), era considerata una tale prelibatezza che veniva inviata sino a Vienna 351 .<br />

La ricotta di capra era ovviamente molto apprezzata anche per l’autoconsumo o per il minuto<br />

commercio locale. Dalle malghe dei Lagorai in Val di Fiemme tutte le settimane venivano<br />

trasportate verso i paesi le ricotte di capra avvolte in foglie di slavazo (Rumex alpinus) per<br />

mantenerle fresche 352 . I slavazz servivano anche Valchiavenna per “confezionare” il mascarpín 353 .<br />

Anche se per altri prodotti tradizionali la ricotta di capra ha conosciuto un periodo di oblio negli<br />

346<br />

Testimonianza di Saverio Tiboni , Tirano di Sopra (Tn). A Tirano diverse famiglie possedevano 20-30 capre; durante<br />

l’estate le mantenevano presso maggenghi privati dove producevano formaggelle.<br />

347<br />

ISTITUTO NAZIONALE DI SOCIOLOGIA RURALE (a cura di) Atlante dei prodotti tipici: i formaggi, Milano, 1991, p 187<br />

e p 192.<br />

348<br />

L’Atlante INSOR indica tempi di coagulazione di 5-10 h (ivi, p. 191); secondo osservazioni personali in alcuni<br />

alpeggi dell’Alto Lario i tempi variano tra 0,5-2 h, ma la tecnica è la stessa del dei formaggini, cambiano solo le<br />

dimensioni degli stampi.<br />

349<br />

M. CORTI, M. CURTONI, S.LAMBERTI, J.G.BOSONI, op. cit.<br />

350<br />

Tra il XIX e il XX secolo in un alpeggio di 60-65 vacche della Val Tartano la produzione di Bitto era di circa 20 qli,<br />

quella di mascarpa di 30 q.li (per un terzo utilizzati, però utilizzati per autoconsumo). Il prezzo del Bitto arrivava al<br />

massimo a 1,3-1,5 L./kg, quello della masciarpa a 50 centesimi. (G.BIANCHINI, op. cit. p.58).<br />

351<br />

GAU, op, cit. p. ??<br />

352<br />

APPT, p. 86.<br />

353<br />

Testimonianza di Mario Pighetti, Chiavenna (So).

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