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Risorse silvo-pastorali, conflitto sociale e sistema ... - Ruralpini

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al di fuori dell’ambito strettamente locale, menzionata nella letteratura gastronomica 233 e in quella<br />

di promozione agroalimentare istituzionale 234 .<br />

“Specialità dell’Alta valle dell’Adda, insieme alla polenta taragna, agli sciatt, ai pizzoccheri, sono la bresaola e i<br />

violini prodotti soprattutto nella zona di Chiavenna. Rientrano anche questi nell’antico modo di conservare le carni per<br />

l’inverno, e sprtattutto il violino denota la sua provenienza dalla montagna dove le capre abbondano […] Il violino è<br />

prosciutto di capra che, seccato, viene affettato tenendolo sotto il mento come fosse un violino, e il coltello,<br />

affilatissimo, viene usato con lo stesso movimento che si imprime all’archetto” 235 .<br />

In Valchiavenna, per la conservazione della carne di capra salata e, soprattutto, dei pregiati<br />

“violini” si utilizzavano locali di stagionatura particolare: i “crotti” 236 , luoghi deputati sia alla<br />

conservazione e alla stagionatura dei cibi (vino, formaggio, violini e bresaole) che ad un loro<br />

consumi conviviale. Nel’ambito di queste occasioni conviviali l’“apertura” e il consumo dei<br />

prosciutti di capra assumevano le caratteristiche di un’azione rituale. Grazie all’associazione con i<br />

“crotti”, e con la “Sagra dei crotti”, organizzata nel mese di settembre a partire dal 1956, i “violini”<br />

della Valchiavenna hanno assunto una meritata fama, ma il “violino” è rivendicato quale specialità<br />

locale anche in Valvigezzo 237 mentre, con diversi nomi, è conosciuto anche nella Lombardia<br />

elvetica 238 .<br />

Nelle famiglie che potevano permettersi di ingrassare un maiale, con la carne di capra si<br />

preparavano anche degli insaccati (denominati in Trentino lucániche). La preparazione dei<br />

“salamini” rappresentava la destinazione della carne delle capre a fine carriera degli allevatori più<br />

agiati, che potevano permettersi di buttar via il grasso (el séef) e di disporre di grasso di maiale 239 .<br />

Oggi l’eliminazione del grasso è generalizzata e, per la preparazone dei salamini di capra, si<br />

utilizza, oltre al lardo, anche la pancetta di maiale. Questi “salamini di capra”, tutt’ora legati ad<br />

ambiti di produzioni strettamente artigianali, asciugano rapidamente e divengono presto saporiti,<br />

risultano molto apprezzati dai consumatori.<br />

In passato i salamini venivano insaccati anche nelle stesse budelle di capra e, per il loro<br />

diametro ridotto, erano chiamari in Val Formazza “sigarini” 240 ; simili sono quelli delle valli del<br />

locarnese, noti come i cicítt della Valmaggia, dove venivano consumati arrostiti alla brace 241 . Dopo<br />

aver rischiato l’estinzione, anche i cicítt sono divenuti un “Presidio” Slow Food. In Val di Fiemme<br />

la “Lucanica di capra o di pecora” (lunga 10-15 cm e con diametro di 3-5 cm), prodotta con il 50%<br />

di carne di maiale rappresenta una Specialità Tradizionale del Trentino 242 .<br />

2.3. Usi alimentari del grasso e del sangue<br />

233<br />

Touring Club Italiano, Guida Gastronomica d’Italia, I^ Edizione, Milano, 1931, p. 93; O. PERNA BOZZI, La<br />

Lombardia in cucina. Storia e ricette di piatti tradizionali lombardi, Milano, 1982, p. 168-169.<br />

234<br />

G.CORNELIO, F.OSSOLA (a cura di) Atlante dei prodotti tipici, Ersal (Ente regionale di sviluppo agricolo della<br />

Lombardia) e Regione Lombardia Settore Agricoltura e Foreste, Segrate (Mi)/Milano, 1990 (II ed.), p. 170.<br />

235<br />

O. PERNA BOZZI, op.cit., 168-169.<br />

236<br />

Si tratta di grotte naturali con pareti di roccia viva chiuse anteriormente da muratura fornatesi per frana a valle di<br />

grossi massi e raffreddate da una corrente d’aria fredda alla temperatura costante di 4-8°C, ambienti ideali per la<br />

conservazione dei cibi specie quando l’invenzione dei frigoriferi era ancora di là da venire. Cfr. G. SCARAMELLINI,<br />

E.PIFFERI, I crotti di Valchiavenna, Banca Popolare di Lecco, Lecco, 1993.<br />

237<br />

A. VILLANI E R. FATTALINI op. cit., LCC, p. 71-72.<br />

238<br />

“Il prosciutto di capra, ricavato dalla coscia o dalla spalla fatte seccare, cossíin, violín, gambarèll (Poschiavo)<br />

de cavra viene invece consumato crudo finemente affettato; esso viene talvolta affumicato”. MOR, p. 50-51. Il<br />

riconoscimento generalizzato di Prodotto Tradizionale (ex Art. 8. D.lgs 30 aprile 1998 n. 173) al “violino”<br />

prodotto nelle provincie alpine piemontesi e, in Lombadia, alla provincia di Brescia e di Varese non sembra<br />

corrispondere sempre a tradizioni di conservazione alimentare radicate sul territorio.<br />

239<br />

“ nüm ne maźávum poche de cávre, una ogni taant, el séev nüm el butávum via, la pulívum [dal grasso]perché<br />

bisogna pulirla bene”, Testimonianza di Miro Puricelli, Sala Comacina (Co). La carne di capra deve essere mondata<br />

accuratamente dal grasso perché quest’ultimo, a differenza di quello suino, tende ad irrancidire facilmente.<br />

240<br />

A. VILLANI E R. FATTALINI, op. cit., LCC, p. 73.<br />

241<br />

MOR, p. 51<br />

242<br />

APTT, p.31.

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