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Risorse silvo-pastorali, conflitto sociale e sistema ... - Ruralpini

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destinata ad un grande sviluppo della bovinicoltura da latte come la pianura padana, si usava la<br />

miscela di latte ovino e caprino graduelmemnte sostituita da quella di latte vaccino e caprino. Ciò<br />

avveniva anche per la produzione destinata al commercio legata alle presenza di “malghe” (greggi<br />

di capre e pecore da latte) 14 che scendevano dalle valli alpine per utilizzare (pagando l’herbaticum<br />

sia in denaro che in formaggio) i vasti pascoli dei grandi proprietari ecclesiastici e feudali 15 .<br />

E’ solo a partire dalla fine del XIV e, con maggiore evidenza, nel XV secolo, che, in luogo di<br />

una indistinta transumanza con varie specie di animali (pecore, capre, bovini), basata su un <strong>sistema</strong><br />

“vagantivo” e sull’utilizzo di capanne in legno con il tetto di paglia, erette presso le aree di pascolo,<br />

si afferma il rapporto moderno tra i malghesi e i conduttori delle cascine che sorgono numerose con<br />

tanto di stalle e caseifici 16 . L’importanza delle capre nell’ambito della produzione casearia della<br />

pianura non scomparve se non gradualmente, come testimonia la scena di mungitura di capre e<br />

vacche ritratta in un affresco del Baciacchia del secolo XVI .<br />

Per il contadino del medioevo la capra, in molte aree dell’Europa, svolgeva il ruolo che<br />

successivamente, continuò ad essere esercitato nelle zone di montagna. Esso era legato alla<br />

possibilità di disporee, mediante diritti d’uso consuetudinari, di superfici incolte e boscate dove<br />

poter esercitare il pascolo 17 . Con il restringimento delle aree forestali le capre furono le prime, già<br />

nel XIII secolo, a subire delle restrizioni al pascolo in bosco 18 . Successivamente, con la<br />

trasformazione delle strutture fondiarie (privatizzazione dei diritti d’uso delle comunità, passaggio<br />

dalla proprietà contadina alla grande proprietà), si realizzò la radicale modificazione del <strong>sistema</strong><br />

produttivo agricolo, caratterizzata dell’espansione della cerealicoltura per il rifornimento dei<br />

mercati e delle città. Ciò significò la contrazione o l’eliminzione di quell’economia <strong>silvo</strong>-pastorale<br />

che, in precedenza, assicurava la disponibilità di proteine e grassi animali ai contadini che mediante<br />

l’allevamento di suini ed ovicaprini.<br />

“i mutamenti del quadro produttivo –per i quali si operò la trasformazione di una quota così importante delle terre<br />

incolte in superfici arative – e le trasformazioni subite dal regime della terra, con la progressiva contrazione dei beni<br />

comunicativi utilizzabili per l’allevamento brado, la raccolta della legna e dei frutti spontanei, colpirono duramente le<br />

condizioni di vita dei ceti rurali, e specialmente dei nuclei familiari meno abbienti. “ 19 .<br />

Le trasformazioni medioevali mettono in evidenza lo stretto legame tra modelli sfruttamento<br />

dello spazio, a loro volta condizionati dal regime fondiario e, più in generale, dai rapporti di potere,<br />

e quelli di consumo alimentare. Una traiettoria analoga a quella delle aree agricole di pianura si<br />

operazioni agricole e i trasport. Soltanto alla fine del ciclo lavorativo, ormai vecchi ed inutiles, essi venivano macellati a<br />

scopo alimentare” (M. MONTANARI. «L’uomo di fronte al mondo animale nell’Alto Medioevo», XXXI Settimana di<br />

Studio del Centro Italiano di Studi sull’Alto Medioevo, Spoleto, 7-13 aprile, 1983, pp. XX-663) .<br />

14<br />

M. CORTI, «Süssura de l aalp. Il <strong>sistema</strong> dell’alpeggio nelle Alpi lombarde», SM Annali di S.Michele, 17, 2004, pp<br />

31-155, (p. 37 ssg.)<br />

15<br />

C.VIGNATI (a cura di), Codice diplomatico laudense, Vol. II, Gaetano Brigola e Compagno, Milano, 1879, nn 319-<br />

320; i documenti duecenteschi sono ripresi nel contesto dell’evoluzione dell’allevamento del lodigiano da: A. BESANA,<br />

L’agro laudense, Omaggio Banca Credito Commerciale, Lodi, 1939, pp. 32-34. Vari contratti del XIII secolo ci<br />

informano della presenza di malgarii bergamaschi con capre e pecore. Il vescovo Ottobello di Lodi, per esempio,<br />

concedeva ad alcuni di loro pascoli in varie località per 540 pecore e ben 1350 capre.<br />

16<br />

E. ROVEDA, «Allevamento e transumanza nella pianura lombarda, I bergamaschi nel Pavese tra ‘400 e ‘500» in:<br />

Bollettino della Società Pavese di Storia Patria, 1988, pp.13-34.), op. cit.; E. ROVEDA, «Una compatta ed estesa<br />

organizzazione agricola fra quattro e cinquecento:la possessione di S.Angelo Lodigiano», in: G.BIAGIOLI (a cura di) :<br />

Ricerche di Storia Moderna, in onore di Mario Mirri, IV, Pisa, 1955, pp.235-248, cfr. anche: L.CHIAPPA MAURI, Terra<br />

e uomini nella Lombardia Medioevale, Laterza, 1997, pp.63 ssg.<br />

17<br />

“La foresta […] rappresentava per i contadini una vera provvidenza: nutrivano i cavalli, salvo ove lo proibissero<br />

apposite disposizioni locali, le pecore, le capre, il bestiame bovino, fornendo loro i fogliami consumati sul posto in<br />

estate e conservati per l’inverno dopo l’essicazione, e l’erba delle redure più aperte” (C. PARAIN, «L’evoluzione delle<br />

tecniche agricole» in: M.M.POSTAN (a cura di), Storia economica Cambridge Vol. I, L’agricoltura e la società rurale<br />

nel medioevo , ed. Italiana a cura di V.Castronovo, Einaudi, 1976 Torino, pp. 156-222.)<br />

18<br />

Ivi.<br />

19<br />

A. CORTONESI, «Fra autoconsumo e mercato: l’alimentazione rurale e urbana nel basso medioevo», in: STORIA, pp.<br />

325-335.

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