Risorse silvo-pastorali, conflitto sociale e sistema ... - Ruralpini
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ando delle capre, oltre a richiamare l’utilità per i bisogni famigliari di autoconsumo si sostiene che<br />
senza il ricavato delle capre gli abitanti non sarebbero in grado di pagare le tasse 201 ; evidentemente<br />
si riferivano ai capretti anche se, per qualcuno, vi potevano essere gli introiti monetari della vendita<br />
del latte al dettaglio durante la transumanza in pianura. All’apprezzamanto dei mercati cittadini<br />
corrispondeva un largo commercio, che consentiva alle comunità alpine di ottenere ricavi in denaro.<br />
Cesare Cantù riferisce che, dalla Vallecamonica, nel 1562, venivano inviati verso il mercato di<br />
Brescia 3.000 capretti 202 . Dal Ticino i capretti erano esportati a Nord delle Alpi, mentre dalla Val<br />
Bregaglia (Grigioni), verso il mercato lombardo 203 .<br />
Negli anni ’30 del XX secolo i macellai si spingevano dalla Bassa bresciana sino in Val Saviore<br />
(una valle laterale della media Val Camonica) per acquistare i capretti.<br />
“una volta alla settimana venivano su con un carro e ne prendevano su magari 30 o 40, 50, 100 anche e li<br />
ammazzavano e li portavano via….” 204<br />
Questa forma di commercio si è mantenuta sino ad oggi e rappresenta uno dei maggiori<br />
elementi di continuità dell’allevamento caprino attuale con quello del passato 205 . Tutt’oggi, in<br />
prossimità della Pasqua, dall’Alto Lario Occidentale e dalla Valchiavenna numerosi autocarri dopo<br />
aver effettuato il loro carico di capretti, ripartono per raggiungere i macelli della Brianza.<br />
Nel caso dei capretti l’autoconsumo era limitato ai capi che non potevano essere venduti<br />
convenientemente (animali sottopeso, eccessivamente magri, colpiti da forme patologiche e<br />
macellati prima del tempo o deceduti per cause accidentali o malattia). L’autoconsumo del capretto<br />
non era legato alla festività pasquale 206 e si macellavano capretti anche durante l’estate, quindi non<br />
più “da latte” che, pur continuando ad essere allattati dalla madre, consumavano già l’erba di<br />
pascolo 207 .<br />
2.2.2. Tartiful e càura (Il consumo di carne di capra)<br />
La carne di capra, che sui mercati cittadini godeva scarsa considerazione, anche se ne è<br />
documentata la vendita almeno sino al XVI secolo 208 , era molto importante ai fini del consumo<br />
delle popolazioni alpine. In gran parte si trattava di autoconsumo ma è evidente che, laddove si<br />
praticava l’allevamento “professionale”, con il mantenimento di 20-30 capre, esisteva anche la<br />
possibilità di commerciare le capre a fine carriera. In Canton Ticino le fiere autunnali di Malvagia,<br />
Aquila e Olivone erano l’occasione per il commercio all’ingrosso di capre da macello 209 destinate<br />
201<br />
ASB, Dipartimento del Serio, c. 86.<br />
202<br />
C. CANTÙ , op. cit. p. 815.<br />
203<br />
MOR p.<br />
204<br />
Testimonianza a Bernardo Pasinetti, Valle di Saviore.<br />
205<br />
CORTI M. BRAMBILLA L.A. «Le razze autoctone caprine dell’arco alpino e i loro sistemi di allevamento» in<br />
L’allevamento ovicaprino nelle Alpi: tradizioni, razze, prodotti in sintonia con l’ambiente, IASMA Notizie, Suppl. n.1<br />
al n. 28 , 2003, pp. 61-84<br />
206<br />
Anche se Flandrin osserva, a proposito delle pratiche alimentari contadine dell’epoca pre-industriale che nel “Per<br />
certe feste stagionali si uccidevano un po’ dovunque agnelli, capretti, oche […] ”. J.L. FLANDRIN, L’alimentazione<br />
contadina in un’economia di sostentamento, in: STORIA, p. 479.<br />
207<br />
“..nüm d’estáa maźávum un caprètt, ghévum la nevèra, stava lì quíndes dì.. Durante l’estate macellavamo un<br />
capretto, avevamo la ghiacciaia, stava lì quindici giorni). Testimonianza di Miro Puricelli, Sala Comacina. La nevèra è<br />
una costruzione particolare finalizzata all’accumulo e alla conservazione della neve per tutta l’estate ai fini della<br />
conservazione del latte, provvista di pozzo profondo e di una parte fuori terra diffusa soprattutto in Val d’Intelvi,<br />
Tremezzina e Val di Muggio (Ticino, CH), sporadicamente anche nel Triangolo lariano e nei “monti” lariani tra<br />
Menaggio e Dongo. Cfr. PATOCCHI C., PUSTERLA F. Cultura e linguaggio della Valle Intelvi, La Comasina Grafica,<br />
Senna Comasco (Co), 1983, pp. 104-107 e MUSEO ETNOGRAFICO DELLA VALLE DI MUGGIO, CABBIO (TI), «La nevèra e<br />
la lavorazione del latte nell’alta valle di Muggio», Quaderno n. 1., 1987.<br />
208<br />
MOR, p. 49; G. ROGER, R. DELATOUCHE, op, cit. p. 456. Classi inferiori animali vecchi a fine carriera pecore, capre<br />
e buoi. A.J. GRECO, Alimentazione e classi sociali nel tardo Medioevo in Italia, in: STORIA, pp. 371-380<br />
209<br />
“[… ] grossi branchi di capre da macello venivano acquistati e condotti Oltralpe da mercanti di bestiame giunti dal