Risorse silvo-pastorali, conflitto sociale e sistema ... - Ruralpini
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geografi e forestali 107 . La loro confutazione da parte di diversi studiosi, che misero in evidenza<br />
come la minor copertura dei versanti mediterraneo e meridionale delle Alpi rispetto a quello<br />
settentrionale fossero da mettere in relazione a condizioni di suolo e di clima, non impedì che esse<br />
godettero nel corso del XIX secolo di grande credito, costituendo un esempio paradigmatico<br />
dell’uso politico della Scienza 108 . Va anche osservato che le posizioni del forestalismo alla Surell<br />
permangono tutt’oggi nell’impronta ideologica di tanta letteratura forestale e botanica che imputa<br />
alle “dissennate pratiche” di gestione agro-<strong>silvo</strong>-pastorale delle comunità (comprese quelle a Nord<br />
della catena) e alla loro avidità nel voler ricavare profitti dalla vendita del legname, le cause del<br />
disboscamento 109 .La Rosemberg nel suo classico lavoro sul Queyras, ha colto con parole di grande<br />
efficacia il i termini politici e sociologici della questione 110 .<br />
Ciò che avvenne in Francia si verificò, in tempi molto più diluiti e con conseguenze meno<br />
drammatiche (in termini di emigrazione forzata e spopolamento), anche nelle Alpi italiane, dove<br />
l’apparato dello stato centralizzato si costituì più tardi e non restò senza conseguenze neppure nel<br />
paese meno centralista delle Alpi: la Svizzera Qui il “forestalismo scientifico”, con i suoi connotati<br />
autoritari, determinò l’introduzione di significative limitazioni all’autonomia cantonale e comunale,<br />
creando uno spazio per l’applicazione coercitiva di misure centralistiche “federali”. In queste<br />
misure rientrarono l’eliminazione totale delle capre da diverse località d’oltralpe, ma anche a severi<br />
“giri di vite” nel Canton Ticino, sino a giungere, nel ‘900, a forme di esproprio delle capre in alcune<br />
località 111 .<br />
Il risultato delle politiche anti-capre, però, dipese, a parità di pressione coercitiva, dalle<br />
condizioni sociali ed economiche locali, fortemente influenzate, a loro volta, da quelle climatiche ed<br />
orografiche. L’allevamento caprino iniziò a declinare in alcune regioni già nel XIX secolo (e poi più<br />
rapidamente all’inzio del XX secolo) dove le condizioni erano più favorevoli allo sviluppo della<br />
selvicoltura intensiva e/o dove le risorse prative consentivano lo sviluppo di allevamenti bovini da<br />
latte 112 ; in altri casi le condizioni agronomiche e di mercato determinarono un deciso spostamento<br />
107<br />
P. GUICHONNET, op.cit., p. 59.<br />
108<br />
Per una discussione della neutralizzazione della vita politica e della democrazia da parte delle scienze cfr. B.<br />
LATOUR. Politiche della natura. Per una democrazia delle scienze, Milano, 2000. L’autore inquadra la politicizzazione<br />
delle scienze che rende impossibile la vita politica in un contesto epistemologico di “suddivisione dei poteri” tra una<br />
sfera “naturale” ed una “<strong>sociale</strong>” che consente alla scienza di godere di una forma indiscutibile di autorità che atterrebbe<br />
alle cose stesse per intervenire a nome del “mondo muto” nella sfera politica.<br />
109<br />
Per esempio H. REISIGL E R. KELLER, Guida al bosco in montagama. Alberi, arbusti e vegetazione del sottobosco,<br />
Zanichelli, Bologna, 1995, pp- 12-13.<br />
110<br />
“Visto l’interesse dello Stato nei confronti del patrimonio forestale, conveniva giudicare inadeguata le gestione<br />
contadina del territorio. Terreni a pascolo, terre incolte, brughiere e tutti quei terreni che i contadini consideravano<br />
pascoli potevano essere considerate come aree da riforestare e da proteggere dalla ‘devastazione’ delle greggi di<br />
pecore. Eserciti di guardie forestali invasero i villaggi per le loro campagne contro l’allevamento ovino. Ai contadini<br />
fu impedito di portare al pascolo le pecore e, talvolta, anche le mucche, nei soliti alpeggi. Negli anni Quaranta<br />
diminuì il numero delle greggi negli alti villaggi alpini e i contadini furono privati di uno dei loro principali<br />
strumenti di acquisizione di denaro e di partecipazione al mercato. Nel suo rapporto del 1841 un sottoprefetto del<br />
Brianzonese notava come la regolamentazione sull’uso delle foreste provocasse una crisi di sussistenza dovuta alla<br />
rapida diminuzione delle dimensione delle greggi […] La legislazione forestale non fu d’impedimento ai contadini<br />
soltanto nelle loro operazioni produttive e mercantili; fu una minaccia anche per le loro finanze. Gli agenti forestali<br />
avevano il potere, che spesso usarono, di comminare multe per importi incredibilmente alti.” H.G. ROSENBERG., op.<br />
cit. p. 119-120.<br />
111<br />
A livello cantonale venne introdotto il divieto assoluto di pascolo non sorvegliato, l’obbligo di assunzione da parte<br />
delle municipalità di caprai stipendiati, promozione del riscatto di servitù di pascolo, furono stabilite sanzioni pari a<br />
cinque volte tanto quelle previste per le altre specie di bestiame minuto. Per tenere lontane le capre dai boschi vennero<br />
realizzate recinzioni (in alcuni casi imponenti “muraglie cinesi” in pietra a secco) e in alcuni casi venne localmente<br />
imposta la soppressione integrale dei greggi caprini mediante una forma particolare di esproprio sia pure con indennizzo<br />
ai proprietari. A Campo Vallemaggia la realizzazione di una piantagione di protezione comportò la “preventiva”<br />
soppressione delle capre con un decreto federale del 1934. “Le misure adottate conobbero alterne fortune e,<br />
complessivamente limitato successo; le tensioni conflittuali, punteggiate da continui e accesi contrasti fra divieti e<br />
trasgressioni, fra imposizioni delle autorità centrali e resistenze delle comunità locali […] non possono dirsi tuttora<br />
definitivamente risolte”. MOR, p.38.<br />
112<br />
Verso la fine del XIX e ancor più nel XX secolo che in paesi come l’Austria si conobbe una straordinaria ed inedita