Risorse silvo-pastorali, conflitto sociale e sistema ... - Ruralpini
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frammentazione della proprietà privata aveva un’importante implicazione politica Con la riforma<br />
delle amministrazioni locali del 30 dicembre 1755, l’autonomia locale venne limitata dal controllo<br />
amministrativo sugli atti da parte di autorità tutorie centrali e periferiche, ma si introdusse anche un<br />
elemento di “democrazia diretta” rappresentato dall’istituzione del Convocato generale, un organo<br />
che si riuniva due volte all’anno con la partecipazione di tutti coloro che al catasto,<br />
indipendentemente valore delle rendita relativa, figurassero intestatari di beni fondiari 49 . Nelle<br />
comunità di montagna, attraverso queste assemblee, i contadini micro-proprietari avevano modo di<br />
esprimersi politicamente. Non è difficile capire perché boschi e pascoli … e capre vennero difesi<br />
con successo dalle comunità.<br />
“[…] nonostante le restrizioni e i divieti che soprattutto nel Settecento [il periodo di riferimento è l’età moderna]<br />
tendono a contenere i danni delle fameliche bestie nei confronti dei pascoli, dei coltivi stessi, il basso costo del’attività,<br />
l’utile del latte, delle lane, della carne e della pelle, la minore incidenza dell’investimento, la maggiore resistenza degli<br />
animali alle epizoozie spingono all’ampliamento continuo delle greggi” 50<br />
1.3. Il regime filofrancese all’attacco<br />
I regimi filofrancesi imboccarono senza le incertezze che contrassegnarono la politica riformista<br />
dell ancien régime, la strada dell’aumento del controllo statale sulle comunità locale,<br />
dell’accentuazione della pressione fiscale, dell’eliminazione degli “ammortizzatori sociali” della<br />
vecchia società. Alla base vi era l’opzione per l’individualismo economico e un più deciso<br />
orientamento a favore degli interessi dei ceti borghesi emergenti. Le capre non potevano non entrare<br />
nel mirino degli esponenti dell’intellighentsia tecnocratica del nuovo regime. Maironi da Ponte,<br />
nella sua relazione del 1803 sulle condizioni dell’economia bergamasca, entra nel vivo del<br />
problema riprendedo il refrain della distruzione del bosco per opera delle capre introducendo nuovi<br />
elementi di delegittimazione socioculturale dell’allevamento caprino (“animale da donnicciole”).<br />
“I suddetti nostri boschi più rimoti sono soggetti in modo particolare ad essere indicibilmente devastati nel<br />
momento stesso dello spuntar de’ loro primi virgulti da un numero trascendente di capre. Ogni donnicciola, per dir così,<br />
non sa vivere senza avere un paio almeno di queste bestie, il cui morso è dannoso alla vegetazione. E invece di<br />
alimentarle almeno lungo le strade e negli sterili pascoli le abbandonano ne’ boschi freschi di tagliata, dove elle si<br />
gettano avidamente sopra le nascenti boscaglie, e i teneri germoglj rodendo ne divelgono le più delicate gemme<br />
destinate a far sorgere eccelse piante. Fa rammarico oggidì l’aspetto di taluno di questi boschi devastati, e spogli<br />
d’alberi atti ad un uopo tanto più utile e importante. 51 ”<br />
Abrogate le forme di democrazia diretta e introdotte le nomine dall’alto degli amministratori<br />
comunali, le amministrazioni comunali furono controllate dai più grossi proprietari e dagli<br />
esponenti degli interessi industriali e speculativi. Queste élites non solo cercarono di attuare, pur tra<br />
media delle proprietà risultasse di soli 1,04 ha (S.PUGLIESE, Condizioni economiche e finanziarie della Lombardia<br />
nella prima metà del secolo XVIII, Torino, 1924, p. 73). nella media ed alta montagna il maggior numero grava nella<br />
classe d’ampiezza fino a ¼ di ettaro (M. BIANCHI, «La distribuzione della proprietà fondiaria nello Stato di Milano nella<br />
prima metà del XVIII secolo: l’area di montagna», in: SERGIO ZANINELLI (a cura di), La proprietà fondiaria in<br />
Lombardia dal catasto teresiano all’età napoleonica, Tomo primo, Vita e pensiero, milano, 1986. pp.257-312.<br />
49 C. CAPRA, op. cit. p. 171.<br />
50 G. COPPOLA. op. cit., p. 216. Il Mathieu, basandosi su dati di carattere sporadico indica la grande epoca<br />
dell’allevamento caprino si collocò nel tardo XVIII secolo e all’inizio del XIX. Cfr. J. MATHIEU, «Ovini, bovini,<br />
caprini. Cambiamenti nell’allevamento alpino dal XVI al XIX secolo». In : L’alpeggio e il mercato (a cura di Pier Paolo<br />
Viazzo e Stuart Wolf). La ricerca folklorica, 43, Grafo, Brescia, 2001, pp.17-25. Se ciò fosse confermato ne<br />
risulterebbe dimostrata l’efficacia dei provvedimenti restrittivi adottati nel XVIII secolo circostanza di cui si deve<br />
fortemente dubitare considerato che anche nel XIX e XX secolo le norme emanate dalle autorità statali, certamente<br />
meglio attrezzate per farle rispettare rispetto, risultarono largamente eluse e che nuovi provvedimenti sono invocati<br />
contro la “moltiplicazione dele capre”.<br />
51 G. MAIRONI DA PONTE, Osservazioni sul dipartimento del Serio presentate all’ottimo vice-presidente della<br />
repubblica Italiana F.Melzi d’Eril, da Alessandro Natali, Bergamo, 1803, p.59