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Vt vos in vostris voltis mercimoniis emundis vendundisque me laetum lucris adficere atque adiuvare in rebus omnibus et ut res rationesque vostrorum omnium bene expedire voltis peregrique et domi bonoque atque amplo auctare perpetuo lucro quasque incepistis res quasque inceptabitis, et uti bonis vos vostrosque omnis nuntiis me adficere voltis, ea adferam, ea uti nuntiem quae maxime in rem vostram communem sient-- nam vos quidem id iam scitis concessum et datum mi esse ab dis aliis, nuntiis praesim et lucro--: haec ut me voltis adprobare adnitier, [lucrum ut perenne vobis semper suppetat] ita huic facietis fabulae silentium itaque aequi et iusti hic eritis omnes arbitri. Nunc cuius iussu venio et quam ob rem venerim dicam simulque ipse eloquar nomen meum. Iovis iussu venio, nomen Mercurio est mihi. pater huc me misit ad vos oratum meus, tam etsi, pro imperio vobis quod dictum foret, scibat facturos, quippe qui intellexerat vereri vos se et metuere, ita ut aequom est Iovem; verum profecto hoc petere me precario a vobis iussit, leniter, dictis bonis. etenim ille, cuius huc iussu venio, Iuppiter non minus quam vostrum quivis formidat malum: humana matre natus, humano patre, Introduzione ai prologhi plautini Plauto, Amphitruo 1-63 © e ® 2004, http://www.scanzo.altervista.org Lo volete, no, che vi tenga bordone negli affari, che vi dia una mano nei commerci, che vi faccia buscare un buon profitto? Lo volete, no, che sistemi i vostri conti e i vostri affari, dentro e fuori di casa, e che faccia marciare a gonfie vele le vostre iniziative presenti e future? Lo volete, no, che porti buone notizie a voi e ai vostri cari e che vi riferisca a puntino tutto ciò che vi preme? Perché io, lo sapete, sono quello che governa notizie e guadagni, come hanno deciso gli altri dèi... Le volete, insomma, tutte queste cose? Volete che ce la metta tutta perché il guadagno non vi manchi mai? Allora ascoltatela in silenzio, questa commedia, e siatene giudici imparziali e onesti. Perché sono qui? Per ordine di chi sono venuto? Adesso ve lo dico. Vi dirò anche come mi chiamo. Sono qua per ordine di Giove e il mio nome è Mercurio. Mi ha spedito qui mio padre, per pregarvi... Pregarvi, sì, anche se lo sa bene, lui, che ogni sua parola è un ordine, per voi, e che voi lo temete e onorate. Lui è Giove, perbacco! Sia come sia, mi ha comandato di parlarvi in forma di preghiera, con molto garbo e massima dolcezza. Il fatto è che il Giove che mi manda sente strizza quanto l'ultimo di voi. Suo padre e sua madre erano due mortali, poveracci, e quindi nessuna meraviglia se lui ha fifa per se stesso. E io no? Io, figlio di Giove, mi prendo paura per contagio da papà. Per questo vengo in pace e pace vi offro. Che cosa voglio? Una cosa giusta e facile da chiedere. Sì, io sono un uomo giusto, sono qui come portavoce di uomini giusti, nel nome della giustizia. Chiedere ai giusti cose ingiuste è un'indecenza; ma chiedere agli ingiusti cose giuste è una stupidaggine, no?, dato che quei mascalzoni manco lo sanno che cosa sia il diritto, e se ne infischiano pure. Adesso però fate attenzione alle mie parole, tutti quanti. Ciò che vogliamo noi, lo dovete volere pure voi, perché in fin dei conti voi e lo stato ce l'avete qualche debituccio verso di me e il mio genitore. Nelle tragedie gli altri dèi, Nettuno, il Valore, la Vittoria, Marte, Bellona li ho visti io con i miei occhi che vi sbattevano in faccia tutto il bene che vi avevano fatto. Dovrei ricordarvi che di tutto quel bene l'autore vero è mio padre, il re degli dèi? Ma lui non l'ha mai avuta l'abitudine di rinfacciare alla buona gente i suoi benefici. È convinto che gliene siate grati e che sia giusto trattarvi come vi tratta. Ora vi dico, punto primo, che cosa son venuto a chiedervi, poi vi spiegherò l'argomento di questa tragedia. Corrugate la fronte: perché mai? Perché ho detto che sarà una tragedia? Be', sono un dio e posso trasformarla. Se lo volete, della tragedia farò una commedia, e senza cambiare una parola. Vi va o non vi va? Che sciocco!, come se non lo sapessi, io che sono un dio, che volete così. Le vostre idee sulla questione le ho sul palmo della mano. Ecco, farò che sia qualcosa di misto; che sia una tragicommedia. C:\Documents and Settings\francesco\Desktop\testi_04_05\III_L_latino\prologhi.doc 1

Vt vos in vostris voltis mercimoniis<br />

emundis vendundisque me laetum lucris<br />

adficere atque adiuvare in rebus omnibus<br />

et ut res rationesque vostrorum omnium<br />

bene expedire voltis peregrique et domi<br />

bonoque atque amplo auctare perpetuo lucro<br />

quasque incepistis res quasque inceptabitis,<br />

et uti bonis vos vostrosque omnis nuntiis<br />

me adficere voltis, ea adferam, ea uti nuntiem<br />

quae maxime in rem vostram communem sient--<br />

nam vos quidem id iam scitis concessum et datum<br />

mi esse ab dis aliis, nuntiis praesim et lucro--:<br />

haec ut me voltis adprobare adnitier,<br />

[lucrum ut perenne vobis semper suppetat]<br />

ita huic facietis fabulae s<strong>il</strong>entium<br />

itaque aequi et iusti hic eritis omnes arbitri.<br />

Nunc cuius iussu venio et quam ob rem venerim<br />

dicam simulque ipse eloquar nomen meum.<br />

Iovis iussu venio, nomen Mercurio est mihi.<br />

pater huc me misit ad vos oratum meus,<br />

tam etsi, pro imperio vobis quod dictum foret,<br />

scibat facturos, quippe qui intellexerat<br />

vereri vos se et metuere, ita ut aequom est Iovem;<br />

verum profecto hoc petere me precario<br />

a vobis iussit, leniter, dictis bonis.<br />

etenim <strong>il</strong>le, cuius huc iussu venio, Iuppiter<br />

non minus quam vostrum quivis formidat malum:<br />

humana matre natus, humano patre,<br />

<strong>Introduzione</strong> <strong>ai</strong> <strong>prologhi</strong> <strong>plautini</strong><br />

Plauto, Amphitruo 1-63<br />

© e ® 2004, http://www.scanzo.altervista.org<br />

Lo volete, no, che vi tenga bordone negli affari, che vi dia una mano nei commerci, che vi faccia buscare<br />

un buon profitto? Lo volete, no, che sistemi i vostri conti e i vostri affari, dentro e fuori di casa, e che<br />

faccia marciare a gonfie vele le vostre iniziative presenti e future? Lo volete, no, che porti buone notizie a<br />

voi e <strong>ai</strong> vostri cari e che vi riferisca a puntino tutto ciò che vi preme? Perché io, lo sapete, sono quello che<br />

governa notizie e guadagni, come hanno deciso gli altri d<strong>è</strong>i... Le volete, insomma, tutte queste cose?<br />

Volete che ce la metta tutta perché <strong>il</strong> guadagno non vi manchi m<strong>ai</strong>? Allora ascoltatela in s<strong>il</strong>enzio, questa<br />

commedia, e siatene giudici imparziali e onesti. Perché sono qui? Per ordine di chi sono venuto? Adesso<br />

ve lo dico. Vi dirò anche come mi chiamo. Sono qua per ordine di Giove e <strong>il</strong> mio nome <strong>è</strong> Mercurio. Mi ha<br />

spedito qui mio padre, per pregarvi... Pregarvi, sì, anche se lo sa bene, lui, che ogni sua parola <strong>è</strong> un<br />

ordine, per voi, e che voi lo temete e onorate. Lui <strong>è</strong> Giove, perbacco! Sia come sia, mi ha comandato di<br />

parlarvi in forma di preghiera, con molto garbo e massima dolcezza. Il fatto <strong>è</strong> che <strong>il</strong> Giove che mi manda<br />

sente strizza quanto l'ultimo di voi. Suo padre e sua madre erano due mortali, poveracci, e quindi nessuna<br />

meraviglia se lui ha fifa per se stesso. E io no? Io, figlio di Giove, mi prendo paura per contagio da papà.<br />

Per questo vengo in pace e pace vi offro. Che cosa voglio? Una cosa giusta e fac<strong>il</strong>e da chiedere. Sì, io<br />

sono un uomo giusto, sono qui come portavoce di uomini giusti, nel nome della giustizia. Chiedere <strong>ai</strong><br />

giusti cose ingiuste <strong>è</strong> un'indecenza; ma chiedere agli ingiusti cose giuste <strong>è</strong> una stupidaggine, no?, dato che<br />

quei mascalzoni manco lo sanno che cosa sia <strong>il</strong> diritto, e se ne infischiano pure. Adesso però fate<br />

attenzione alle mie parole, tutti quanti. Ciò che vogliamo noi, lo dovete volere pure voi, perché in fin dei<br />

conti voi e lo <strong>stato</strong> ce l'avete qualche debituccio verso di me e <strong>il</strong> mio genitore. Nelle tragedie gli altri d<strong>è</strong>i,<br />

Nettuno, <strong>il</strong> Valore, la Vittoria, Marte, Bellona li ho visti io con i miei occhi che vi sbattevano in faccia<br />

tutto <strong>il</strong> bene che vi avevano fatto. Dovrei ricordarvi che di tutto quel bene l'autore vero <strong>è</strong> mio padre, <strong>il</strong> re<br />

degli d<strong>è</strong>i? Ma lui non l'ha m<strong>ai</strong> avuta l'abitudine di rinfacciare alla buona gente i suoi benefici. È convinto<br />

che gliene siate grati e che sia giusto trattarvi come vi tratta. Ora vi dico, punto primo, che cosa son<br />

venuto a chiedervi, poi vi spiegherò l'argomento di questa tragedia. Corrugate la fronte: perché m<strong>ai</strong>?<br />

Perché ho detto che sarà una tragedia? Be', sono un dio e posso trasformarla. Se lo volete, della tragedia<br />

farò una commedia, e senza cambiare una parola. Vi va o non vi va? Che sciocco!, come se non lo<br />

sapessi, io che sono un dio, che volete così. Le vostre idee sulla questione le ho sul palmo della mano.<br />

Ecco, farò che sia qualcosa di misto; che sia una tragicommedia.<br />

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mirari non est aequom, sibi si praetimet;<br />

atque ego quoque etiam, qui Iovis sum f<strong>il</strong>ius,<br />

contagione mei patris metuo malum.<br />

propterea pace advenio et pacem ad vos affero:~<br />

iustam rem et fac<strong>il</strong>em esse oratam a vobis volo,<br />

nam iusta ab iustis iustus sum orator datus.<br />

nam iniusta ab iustis impetrari non decet,<br />

iusta autem ab iniustis petere insipientia est;<br />

quippe <strong>il</strong>li iniqui ius ignorant neque tenent.<br />

nunc iam huc animum omnes quae loquar advortite.<br />

debetis velle quae velimus: meruimus<br />

et ego et pater de vobis et re publica;<br />

nam quid ego memorem, -- ut alios in tragoediis<br />

vidi, Neptunum Virtutem Victoriam<br />

Martem Bellonam, commemorare quae bona<br />

vobis fecissent,-- quis bene factis meus pater,<br />

deorum regnator *** architectus omnibus?<br />

sed mos numquam <strong>il</strong>li fuit patri meo,~<br />

ut exprobraret quod bonis faceret boni;<br />

gratum arbitratur esse id a vobis sibi<br />

meritoque vobis bona se facere quae facit.<br />

Nunc quam rem oratum huc veni primum proloquar,<br />

post argumentum huius eloquar tragoediae.<br />

quid? contraxistis frontem, quia tragoediam<br />

dixi futuram hanc? deus sum, commutavero.<br />

eandem hanc, si voltis, faciam ex tragoedia<br />

comoedia ut sit omnibus isdem vorsibus.<br />

utrum sit an non voltis? sed ego stultior,<br />

quasi nesciam vos velle, qui divos siem.<br />

teneo quid animi vostri super hac re siet:<br />

faciam ut commixta sit: tragicomoedia.<br />

nam me perpetuo facere ut sit comoedia,<br />

reges quo veniant et di, non par arbitror.<br />

quid igitur? quoniam hic servos quoque partes habet,<br />

faciam sit, proinde ut dixi, tragicomoedia.<br />

© e ® 2004, http://www.scanzo.altervista.org<br />

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Ne quis miretur qui sim, paucis eloquar.<br />

ego Lar sum fam<strong>il</strong>iaris ex hac fam<strong>il</strong>ia<br />

unde exeuntem me aspexistis. hanc domum<br />

iam multos annos est cum possideo et colo<br />

patri avoque iam huius qui nunc hic habet.<br />

sed mi avos huius obsecrans concredidit<br />

thensaurum auri clam omnis: in medio foco<br />

defodit, venerans me ut id servarem sibi.<br />

is quoniam moritur -- ita avido ingenio fuit--<br />

numquam indicare id f<strong>il</strong>io voluit suo,<br />

inopemque optavit potius eum relinquere,<br />

quam eum thensaurum commonstraret f<strong>il</strong>io;<br />

agri reliquit ei non magnum modum,<br />

quo cum labore magno et misere viveret.<br />

ubi is obiit mortem qui mihi id aurum credidit,<br />

coepi observare, ecqui m<strong>ai</strong>orem f<strong>il</strong>ius<br />

mihi honorem haberet quam eius habuisset pater.<br />

atque <strong>il</strong>le vero minus minusque impendio<br />

curare minusque me impertire honoribus.<br />

item a me contra factum est, nam item obiit diem.<br />

is ex se hunc reliquit qui hic nunc habitat f<strong>il</strong>ium<br />

pariter moratum ut pater avosque huius fuit.<br />

huic f<strong>il</strong>ia una est. ea mihi cottidie<br />

aut ture aut vino aut aliqui semper supplicat,<br />

dat mihi coronas. eius honoris gratia<br />

feci, thensaurum ut hic reperiret Euclio,<br />

quo <strong>il</strong>lam fac<strong>il</strong>ius nuptum, si vellet, daret.<br />

nam eam compressit de summo adulescens loco.<br />

is scit adulescens quae sit quam compresserit,<br />

<strong>il</strong>la <strong>il</strong>lum nescit, neque compressam autem pater.<br />

eam ego hodie faciam ut hic senex de proxumo<br />

sibi uxorem poscat. id ea faciam gratia,<br />

quo <strong>il</strong>le eam fac<strong>il</strong>ius ducat qui compresserat.<br />

et hic qui poscet eam sibi uxorem senex,<br />

is adulescentis <strong>il</strong>lius est avonculus,<br />

qui <strong>il</strong>lam stupravit noctu, Cereris vig<strong>il</strong>iis.<br />

Plauto, Aulularia 1-39<br />

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Non state a domandarvi chi sono: ve lo dirò in due parole. Sono <strong>il</strong> Genio della casa da cui mi avete visto<br />

uscire. Da molti anni la posseggo, la casa, e la proteggo, per <strong>il</strong> padre e <strong>il</strong> nonno di quegli che ora la abita.<br />

Ma suo nonno, un giorno, con tante preghiere e in gran segreto, mi affidò un tesoro: lo seppellì al centro<br />

del focolare e mi supplicò di conservarglielo. E lui, poi, quando venne a morte, avaraccio com'era, non<br />

volle confidare la faccenda nemmeno a suo figlio, e preferì lasciarlo in povertà piuttosto che informarlo<br />

dell'esistenza del tesoro. Gli lasciò soltanto un po' di terra sulla quale sgobbare duramente per cavarne un<br />

tozzo di pane. Quando poi morì quello che mi aveva affidato l'oro, io mi diedi ad osservare se <strong>il</strong> figlio<br />

mostrasse per me maggior riguardo che suo padre. Ma lui, lui si curava sempre meno di me e mi onorava<br />

meno che m<strong>ai</strong>. E allora io lo ripag<strong>ai</strong> con la stessa moneta, sinché tirò le cuoia. Lasciò peraltro un figlio,<br />

quello che ora abita la casa, un tipo di sp<strong>il</strong>orcio tal quale suo padre e suo nonno. Ha una figlia, una sola, la<br />

quale, tutti i giorni dell'anno, mi prega sacrificando incenso, o vino, o altro, e offrendomi ghirlande. È<br />

merito suo se ho consentito a suo padre, Euclione, di scoprire <strong>il</strong> tesoro, al fine che possa trovarle, se<br />

crede, più fac<strong>il</strong>mente uno sposo. Sì, perché un giovanotto, intanto, uno di nob<strong>il</strong>e famiglia, ha trovato <strong>il</strong><br />

modo di sedurla. Lo sa, <strong>il</strong> giovanotto, chi sia la ragazza che ha sedotto, ma lei ignora chi sia lui. Suo<br />

padre, poi, non sa nulla di nulla. Cosa farò io oggi? Farò sì che un vecchio, e cio<strong>è</strong> <strong>il</strong> vicino di casa, la<br />

domandi in sposa. E farò così proprio perché arrivi a chiederla come moglie <strong>il</strong> giovanotto che l'ha<br />

sverginata. Già: <strong>il</strong> vecchio che la chiederà in moglie <strong>è</strong> lo zio di quel giovanotto che se l'<strong>è</strong> posseduta una<br />

notte, durante la veglia di Cerere.Ma sent<strong>il</strong>o, <strong>il</strong> vecchiardo Euclione, come str<strong>il</strong>la là dentro, al suo solito<br />

modo. Vuol sbattere fuori la vecchia schiava perché non abbia a fiutar qualcosa. Ho idea che voglia<br />

contemplarselo, <strong>il</strong> suo oro, nel timore che qualcuno glielo abbia fregato.<br />

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sed hic senex iam clamat intus ut solet.<br />

anum foras extrudit, ne sit conscia.<br />

credo aurum inspicere volt, ne subreptum siet.<br />

Salutem primum iam a principio propitiam<br />

mihi atque vobis, spectatores, nuntio.<br />

apporto vobis Plautum, lingua non manu,<br />

quaeso ut benignis accipiatis auribus.<br />

nunc argumentum accipite atque animum advortite;<br />

quam potero in verba conferam paucissuma.<br />

Atque hoc poetae faciunt in comoediis:<br />

omnis res gestas esse Athenis autumant,<br />

quo <strong>il</strong>lud vobis graecum videatur magis;<br />

ego nusquam dicam nisi ubi factum dicitur.<br />

atque adeo hoc argumentum graecissat, tamen<br />

non atticissat, verum sic<strong>il</strong>icissitat.<br />

huic argumento antelogium hoc fuit;<br />

nunc argumentum vobis demensum dabo,<br />

non modio, neque trimodio, verum ipso horreo:<br />

tantum ad narrandum argumentum adest benignitas<br />

Exporgi meliust lumbos atque exsurgier:<br />

Plautina longa fabula in scaenam venit.<br />

Plauto, Maenechmi 1-16<br />

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Signori spettatori, prima di tutto, salute. Auguri a voi e, se permettete, anche a me. Sapete chi vi porto?<br />

Plauto. Be', non ce l'ho sul palmo della mano, ma sulla punta della lingua. Spalancate le orecchie e<br />

accoglietelo come si deve, per piacere. E state attenti perché adesso vi scodello, <strong>il</strong> più brevemente che<br />

posso, <strong>il</strong> riassunto della commedia.Sapete come capita, no?, nelle commedie. Gli autori fan finta che tutto<br />

succeda ad Atene, perché tutto abbia l'aria più greca che <strong>è</strong> possib<strong>il</strong>e. Io invece dirò soltanto dove <strong>il</strong> fatto<br />

avvenne. Perché l'argomento, l'argomento di questa commedia, grecizza si, ma non atticizza. In realtà<br />

sic<strong>il</strong>ianizza. E questo <strong>è</strong> <strong>il</strong> prologo del prologo. Ora <strong>il</strong> riassunto, per f<strong>il</strong>o e per segno. Sì, ve lo servirò a<br />

larghi sorsi, perché io sono generoso, e non uso <strong>il</strong> contagocce o <strong>il</strong> cucchi<strong>ai</strong>no, io, io vado a damigiane.<br />

Plauto, Pseudolus 1-2<br />

È meglio distendere i lombi e r<strong>il</strong>assarsi. Va in scena una lunga commedia di Plauto.<br />

Plauto, Casina 1-35<br />

Saluere iubeo spectatores optumos,<br />

Il mio saluto a voi, magnifici spettatori. Voi amate la Buona Fede, la Buona Fede vi ama. Se ho detto <strong>il</strong><br />

Fidem qui facitis maxumi et uos Fides.<br />

vero, confermatelo con un applauso: così verrò a sapere se avete l'intenzione di essere giusti con me. È<br />

Si uerum dixi, signum clarum date mihi,<br />

saggio, dico io, chi gusta <strong>il</strong> vino vecchio, e così chi va a vedere volentieri le vecchie commedie. Se<br />

Vt uos mi esse aequos iam inde a principio sciam. qualcuno ama le opere e la lingua di una volta, <strong>è</strong> giusto che ne ami anche le commedie. Ma certo! Quelle<br />

Qui utuntur uino uetere sapientis puto<br />

fresche fresche, che si sfornano oggi, valgono di meno, proprio come le monete. E noi, poiché abbiamo<br />

Et qui lubenter ueteres spectant fabulas.<br />

capito, voce di popolo, che volevate una cosa di Plauto, eccoci qua a presentarne una, una che i più vecchi<br />

Antiqua opera et uerba quom uobis placent, tra di voi hanno già applaudito <strong>ai</strong> bei tempi. I giovani mica la conoscono, d'accordo, ma noi siamo qui<br />

Aequomst placere ante alias ueteres fabulas. apposta per fargliela apprezzare. Quando fu data la prima volta, superò tutte le altre, e badate bene che<br />

Nam nunc nouae quae prodeunt comoediae allora c'era <strong>il</strong> fior fiore dei poeti, tutta gente che <strong>è</strong> passata nel mondo dei più. Ma gli assenti possono<br />

C:\Documents and Settings\francesco\Desktop\testi_04_05\III_L_latino\<strong>prologhi</strong>.doc 4


Multo sunt nequiores quam nummi noui.<br />

Nos postquam populi rumore intelleximus<br />

Studiose expetere uos Plautinas fabulas,<br />

Antiquam eius edimus comoediam,<br />

Quam uos probastis qui estis in senioribus:<br />

Nam iuniorum qui sunt, non norunt, scio,<br />

Verum ut cognoscant dabimus operam sedulo.<br />

Haec quom primum actast, uicit omnis fabulas.<br />

Ea tempestate flos poetarum fuit,<br />

Qui nunc abierunt hinc in communem locum:<br />

Sed tamen absentes prosunt pro praesentibus.<br />

Vos omnes opere magno esse oratos uolo,<br />

Benigne ut operam detis ad nostrum gregem.<br />

Eicite ex animo curam atque alienum aes<br />

Nequis formidet flagitatorem suom:<br />

Ludi sunt, ludus datus est argentariis,<br />

Tranqu<strong>il</strong>lumst, Alcedonia sunt circum forum.<br />

Ratione utuntur: ludis poscunt neminem<br />

Secundum ludos reddunt autem nemini.<br />

Aures uociuae si sunt, animum aduortite:<br />

Comoedi<strong>ai</strong> nomen dare uobis uolo.<br />

Clerumenoe uocatur haec comoedia<br />

Graece, latine Sortientes. Deiph<strong>il</strong>us<br />

Hanc graece scripsit, postid rursum denuo<br />

Latine Plautus cum latranti nomine.<br />

[…]<br />

Mox hercle uero post transactam fabulam<br />

Argentum siquis dederit, ut ego suspicor,<br />

Vltro ibit nuptum, non manebit auspices.<br />

Tantumst. ualete, belle rem gerite et uincite<br />

Virtute uera, quod fecistis antidhac.<br />

© e ® 2004, http://www.scanzo.altervista.org<br />

rendersi ut<strong>il</strong>i come se fossero presenti. E ora una preghiera. Mi raccomando: concedete benevola<br />

attenzione alla nostra compagnia. Cancellate dalla vostra mente tristi pensieri e debiti, scacciate la paura<br />

dei vostri creditori. Oggi <strong>è</strong> giorno di festa, festa per tutti, anche per i banchieri. Tutto <strong>è</strong> in ordine e in pace.<br />

Intorno alla piazza gli alcioni volano sicuri. Il banchiere conosce <strong>il</strong> fatto suo e non chiede niente a<br />

nessuno, quando <strong>è</strong> festa. Passata poi la festa, non rende niente a nessuno. Sturatevi le orecchie e fate<br />

attenzione: sto per rivelarvi <strong>il</strong> titolo della commedia. In greco suona Clerumenoi, in latino Sortientes. In<br />

greco l'ha scritta Dif<strong>il</strong>o, in latino l'ha riscritta di bel nuovo Plauto, quello che ha <strong>il</strong> nome di un cane, bau<br />

bau.<br />

[…]<br />

È tutto. A voi salute e buoni affari, e vittoria, vittoria, in nome del coraggio, come <strong>è</strong> sempre <strong>stato</strong> per voi.<br />

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