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POLISCRITTURE Rivista di ricerca e cultura critica Numero prova ...

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mento della vis intellettiva, come mostrano emblematicamente<br />

questi versi:<br />

Migrazioni <strong>di</strong> vermi…verso est…<br />

migrano in linea retta…Nihil est<br />

in intellectu…quod prius! non pria…<br />

Il mio latino che se ne va via<br />

insieme con la testa…verso est…<br />

Ma se finis et bonum idem est<br />

questa volta sarà la volta buona. 22<br />

La scrittura è come il corpo allo stato “colliquativo”:<br />

ormai <strong>di</strong>sciolti carne e parole migrano “verso<br />

est”. L’est (che assomma, con l’anafora in rima<br />

baciata, la contrad<strong>di</strong>ttoria simultaneità <strong>di</strong> <strong>di</strong>ssoluzione<br />

ed essenza) è il procedere verso destra della<br />

scrittura, è la frontiera che delimita la pagina. 23<br />

Quanto traspare è evidentemente il fatto che alla<br />

<strong>di</strong>ssoluzione del corpo, al suo ritorno ad una <strong>di</strong>namis<br />

biologica eppure legata ad un centro<br />

(all’“intellectu”), 24 corrisponde a tutti gli effetti il<br />

<strong>di</strong>ssolversi del linguaggio, un <strong>di</strong>ssolversi or<strong>di</strong>nato,<br />

ritmato, che della <strong>di</strong>ssoluzione del corpo è cifra.<br />

Bene ha notato uno dei primi e più attenti lettori<br />

della Valduga, Luigi Baldacci: «Problema retorico<br />

e problema esistenziale si fondono perfettamente:<br />

anzi il piano della retorica è la metafora <strong>di</strong> quello<br />

dell’esistenza. La poesia non può estorcere al poeta<br />

la sua confessione; bensì gli sigilla la bocca;<br />

così il poeta parla per bocca altrui, e proprio allora<br />

si confessa». 25 Il testo è infatti il me<strong>di</strong>um, l’io testuale<br />

è l’interposta persona (per <strong>di</strong>rla con<br />

un’espressione <strong>di</strong> Enrico Testa) che veicola<br />

l’istanza <strong>di</strong> significanza che muove il poeta. Ma<br />

può accadere che quest’ultimo trovi altri luoghi<br />

per “confessarsi”, per depistare, avvelenare i pozzi,<br />

o ancora per dare in<strong>di</strong>cazioni <strong>di</strong> lettura. 26 Così<br />

22 P. Valduga, Prima antologia, Torino, Einau<strong>di</strong>, 1998, p. 26<br />

(raccoglie Donna <strong>di</strong> dolori, Requiem e l’ine<strong>di</strong>to Carteggio.<br />

Citerò sempre da questa e<strong>di</strong>zione).<br />

23 Poco dopo, nella stessa poesia, si <strong>di</strong>ce: “da ovest verso est<br />

…dentro la fossa…| sì…guarirò da te…cura omeopatica…|dai<br />

vermi verso est… ”. Certo sarebbe interessare mettere<br />

a confronto questo sentimento del testo con quanto sosteneva<br />

Amelia Rosselli in Spazi metrici.<br />

24 Alla ripetizione <strong>di</strong> quel verso “Nihil est in intellectu…” è<br />

legata a mio avviso una conferma delle precedenti notazioni<br />

circa l’abbandono della logica temporale. In una precedente<br />

poesia <strong>di</strong> Donna <strong>di</strong> dolori (p.17) leggiamo: “Nihil est in intellectu<br />

quod pria | quod pria…e dopo?”. La risposta è molte<br />

pagine dopo, nei versi citati: “Nihil est | in intellectu…quod<br />

prius! non pria…”. Alla logica temporale se ne sostituisce<br />

una quantitativa.<br />

25 L. Baldacci, La parola imme<strong>di</strong>cata, Introduzione a P. Valduga,<br />

Me<strong>di</strong>camenta e altri me<strong>di</strong>camenta, cit. p. VI.<br />

26 Resta memorabile, ad esempio, la pratica zanzottiana<br />

e fortiniana <strong>di</strong> corredare <strong>di</strong> Note i propri volumi <strong>di</strong> versi.<br />

Si pensi a Fortini e alla Poesia delle rose, o a Zanzotto<br />

e la collaborazione con Stefano Dal Bianco nella<br />

ecco una vera e propria in<strong>di</strong>cazione <strong>di</strong> poetica della<br />

stessa Valduga, in parole tratte dal terzo atto<br />

(intitolato sintomaticamente Le parole, il desiderio,<br />

la morte) della sua ultima raccolta, Lezione<br />

d’amore:<br />

Alle parole, le stesse che mi hanno fatto compagnia<br />

per proteggermi dalla morte e darmi un<br />

senso salvaguardando la mia identità, chiedo <strong>di</strong><br />

liberarmi da questa identità irrigi<strong>di</strong>ta e immobile<br />

dopo lo scacco del desiderio. Ho scritto una volta<br />

che scrivere è “esposizione rituale alla morte”<br />

per vincere, per un istante, la paura della morte.<br />

No. “La paura della morte non è che la sensazione<br />

precisa <strong>di</strong> essere morti, perché il mio io si<br />

è strutturato, perché ho conseguito un’identità”<br />

(P. Cantalupo). Scrivere è tutt’al più un esercizio<br />

<strong>di</strong> resurrezione. O meglio, un’autopsia… 27<br />

Torna qui il parallelo tra corpo del testo, scrittura<br />

e corpo del poeta (e dell’io monologante 28 ): tutti<br />

tendono al <strong>di</strong>scioglimento e alla ricomposizione,<br />

al senso. C’è una valenza apotropaica della scrittura,<br />

c’è una sensibilità fisica per il testo e la parola,<br />

sospesa tra “desiderio” e “morte”. 29<br />

Nella raccolta Donna <strong>di</strong> dolori c’è un punto<br />

esatto in cui tutto ciò si manifesta, in cui morte e<br />

corpi (della donna e della scrittura) si toccano e<br />

producono l’entrata in scena <strong>di</strong> una sensorialità<br />

<strong>di</strong>fferente - nella fattispecie quella u<strong>di</strong>tiva rispetto<br />

a quella visiva. 30 Questo clinamen cade sul finire<br />

della prima poesia:<br />

Io qui come una bestia da macello<br />

scuoiata, squartata appesa a scolare,<br />

come potrei ancora camminare<br />

se la porta è inchiodata? Ah per pietà,<br />

compilazione del Commento al Meri<strong>di</strong>ano Mondadori<br />

(ma cfr. a proposito A. Cortellessa, Je est un autre. Autobiografia<br />

e autocommento per interposta persona, in<br />

“L’immaginazione”, 175, Febbraio-Marzo 2001). Per<br />

uno stu<strong>di</strong>o più ampio sull’autocommento, cfr. G. Peron<br />

(a cura <strong>di</strong>), L’autocommento (Atti del XVIII Convegno<br />

Interuniversitario, Bressanone, 1990), Padova, Esedra<br />

E<strong>di</strong>trice, 1994.<br />

27 P. Valduga, Lezione d’amore, Torino, Einau<strong>di</strong>, 2004, p. 53.<br />

28 Quello <strong>di</strong> Donna <strong>di</strong> dolori è un monologo molto particolare,<br />

infarcito <strong>di</strong> citazioni e <strong>di</strong> riuso linguistico. Sarebbe più<br />

corretto parlare evidentemente <strong>di</strong> plurivocità messa in monologo.<br />

E si vedano le considerazioni <strong>di</strong> Luigi Baldacci<br />

nell’Introduzione a Me<strong>di</strong>camenta e altri me<strong>di</strong>camenta, cit.<br />

29 Si pensi a questi versi, incipit <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>camenta e altri me<strong>di</strong>camenta:<br />

“Sa sedurre la carne la parola, | prepara il gesto,<br />

produce destini.”<br />

30 Non sarà cosa vana citare questi versi: “Io voglio che mi<br />

avvolga la tua voce. | Ora lo sai, ho bisogno <strong>di</strong> parole, | devi<br />

imparare a amarmi a modo mio. | È la mente malata che lo<br />

vuole. | Ho fantasie au<strong>di</strong>tive, non visive.| Vero, non voglio<br />

più chi non mi vuole. | Né chi mi vuole troppo: è un oppressore.<br />

| Voglio semplicemente le parole. | Sono loro il mio solo<br />

grande amore”.<br />

Poliscritture/Letture d’autore 68

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