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POLISCRITTURE Rivista di ricerca e cultura critica Numero prova ...

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In particolare Sylvia Plath e Anne Sexton hanno<br />

avuto in comune con Merini l’esperienza della<br />

sofferenza mentale e del rapporto con il manicomio.<br />

Ma, a <strong>di</strong>fferenza da loro, Alda Merini non è<br />

stata toccata dal tema del suici<strong>di</strong>o. La sua resurrezione,<br />

<strong>di</strong> cui parla più volte, passa per la Gerico<br />

manicomiale, attraversa la terra santa del ricovero,<br />

ma riesce a superarli per <strong>di</strong>rsi, per <strong>di</strong>venire racconto,<br />

mentre le due americane vi precipitano<br />

dentro, portandosi <strong>di</strong>etro un universo allucinatorio<br />

<strong>di</strong> bellezza infinita ma senza salvezza.<br />

Forse il cammino cosiddetto confessional <strong>di</strong> Alda<br />

Merini ha ra<strong>di</strong>ci intuitive, ra<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> sapienza interiore<br />

che avvicinano la sua <strong>ricerca</strong> a una matrice<br />

evangelica, forse dovuta a un’influenza familiare,<br />

che le ha permesso <strong>di</strong> trovare sostegno e linfa nel<br />

<strong>di</strong>venire racconto, confessione, sulla traccia delle<br />

Confessioni <strong>di</strong> Sant’Agostino o delle invocazioni<br />

<strong>di</strong> Giovanni della Croce.<br />

Oppure, è più giusto <strong>di</strong>re che c’è, nella poetica<br />

confessional <strong>di</strong> molte donne poete, qualcosa che le<br />

accomuna alla mistica, quella traccia erotica <strong>di</strong> un<br />

dolore <strong>di</strong> partenza, <strong>di</strong> fondo, che permea tutta la<br />

vita e la scrittura come la traccia <strong>di</strong> una assenza<br />

mai colmata e che attraversa sia la scrittura <strong>di</strong> Alda<br />

Merini sia quella delle due poetesse americane.<br />

La con<strong>di</strong>zione tragica del ‘900<br />

Scrive la filosofa spagnola Marìa Zambrano in La<br />

confessione come genere letterario, che esiste una<br />

con<strong>di</strong>zione tragica, che è poi quella del Novecento,<br />

in cui agiscono “ uomini che hanno più contatto<br />

profondo con la realtà hanno perso il centro<br />

interiore”. “La Confessione sembra essere un metodo”<br />

per non annichilire e <strong>di</strong>sperdersi, ma conseguire<br />

uno “stato quasi <strong>di</strong> invulnerabilità”, uno<br />

stato che, scrive la filosofa, “ha a che vedere con<br />

l’unità pura, con il centro interiore”. Tutta la poesia<br />

<strong>di</strong> Alda Merini è alla <strong>ricerca</strong> <strong>di</strong> questa unità interiore<br />

invulnerabile, con<strong>di</strong>zione sentita come postuma,<br />

la quoti<strong>di</strong>ana essendo frantumazione, dualismo<br />

e <strong>di</strong>spersione <strong>di</strong> sé. E’ l’amore, per Alda, a<br />

realizzare questa conciliazione degli opposti, proprio<br />

come postula la Zambrano quando afferma<br />

essere l’amore “l’interme<strong>di</strong>ario tra vita sensibile e<br />

contemplazione del vero”, mentre la natura della<br />

nostra vita è “<strong>di</strong>spersività, passività e passionalità”<br />

e la verità non può avere la meglio sulla vita<br />

se non “innamorandola”, rendendola “resa senza<br />

rancore”.<br />

Solo nell’amore “le viscere dolenti e rancorose<br />

finiscono per <strong>di</strong>ventare <strong>di</strong> qualcuno”. Nella con<strong>di</strong>zione<br />

dell’amore e nella mistica “Essa (l’anima)<br />

desidera riunirsi ad un qualcosa che ha la sua<br />

stessa natura; è come se non fosse nata intera,<br />

come se cercasse quel che le manca e che, non ri-<br />

trovato, le nega ogni analogia nel mondo stesso in<br />

cui cerca”. E ancora: “La con<strong>di</strong>zione del mistico è<br />

una con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> solitu<strong>di</strong>ne che anima “il suo<br />

smisurato amore per il tutto”. Il mistico fa il vuoto<br />

dentro <strong>di</strong> sé “affinché in questo deserto, in questo<br />

vuoto, venga ad abitare un altro”. In lui “vive<br />

una voracità”, voracità che, trasposta sul piano<br />

umano, è amore, fame irresistibile <strong>di</strong> esistere, <strong>di</strong><br />

avere “presenza e figura”.<br />

Chi ha consuetu<strong>di</strong>ne con il lessico <strong>di</strong> Alda Merini<br />

sa quante volte vi ricorrano termini come fuoco,<br />

viscere, voracità, amore, corpo, anima, <strong>di</strong>smisura,<br />

frattura.<br />

Come Giobbe, citato dalla Zambrano, “è un viscere<br />

che grida dal suo deserto”, così per Alda Merini<br />

“Gli inguini sono la forza dell’anima” e i paralleli<br />

che lei <strong>di</strong>segna fra cammino <strong>di</strong> salvezza attraverso<br />

il manicomio e cammino <strong>di</strong> salvezza attraverso<br />

l’amore vedono nei riferimenti alla passione<br />

e alla terra santa la metafora principe della sua<br />

scrittura.<br />

L’attraversamento della follia va nella <strong>di</strong>rezione<br />

del riconoscimento del sacro nel corpo addolorato,<br />

colpito, ferito, corpo santificato perché unico suggello<br />

al ricongiungimento fra le parti frantumate e<br />

<strong>di</strong>vise attraverso la me<strong>di</strong>azione del linguaggio.<br />

Anche la nuzialità, le nozze reiterate e ripercorse,<br />

i congiungimenti dolorosi o irraggiungibili con gli<br />

amanti sono per Alda Merini metafora del ricongiungimento<br />

mistico con l’Assente, con l’altro da<br />

sé e dentro sé. E infatti scrive: “basta un sorriso o<br />

un’assenza e/ la mia mente concepisce un amore”.<br />

E mentre il manicomio è il monte Sinai, la terra<br />

promessa da attraversare, la sua religione è la follia,<br />

un cammino mariano e misterico, un mistero<br />

doloroso, verso il ricongiungimento con la parte <strong>di</strong><br />

sé che si è persa. La madre, in molte poesie e<br />

nell’autobiografia Reato <strong>di</strong> vita è il luogo originario<br />

della gioia, l’alba <strong>di</strong> un destino <strong>di</strong> viandanza. Il<br />

destino della poeta Merini è <strong>di</strong> incontrare, toccare<br />

e riconoscere con le parole i simili, i mèntori e infine<br />

la propria madre. La sua poesia è per questo<br />

popolata <strong>di</strong> nomi e presenze vive.<br />

L’attraversamento del buio si fa così comunione e<br />

pietà verso gli inermi, coloro che con<strong>di</strong>vidono il<br />

suo destino <strong>di</strong> dolore e dentro i quali alberga la<br />

vera sapienza.<br />

Che il cammino verso la sapienza sia tortuoso e<br />

ambivalente è testimoniato da una figura ricorrente<br />

che è quella del gobbo, un essere rozzo e deforme<br />

che è minaccioso ma anche facilitatore <strong>di</strong><br />

“metamorfosi e passaggi”: “Ma viene a volte un<br />

gobbo sfaccendato/ un simbolo presago <strong>di</strong> allegrezza/<br />

che ha il dono <strong>di</strong> una strana profezia/ e<br />

perché vada incontro a una promessa/ lui mi tra-<br />

Poliscritture/Letture d’autore 61

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