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POLISCRITTURE Rivista di ricerca e cultura critica Numero prova ...

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se Sartre finisca per essere la forma più costante<br />

<strong>di</strong> fedeltà alla causa degli oppressi <strong>di</strong> tutto il mondo?<br />

Si può rispondere: perché, soprattutto, il<br />

suo pensiero respinge ogni forma <strong>di</strong> coscienza che<br />

sia astratta dalle forme <strong>di</strong> esistenza in<strong>di</strong>viduali.<br />

Esso riafferma, in un’epoca in cui i <strong>di</strong>versi orientamenti<br />

<strong>di</strong> pensiero sembrarono accordarsi soltanto<br />

sulla avvenuta eclissi del soggetto, la costitutiva<br />

irriducibilità della esperienza della singola coscienza,<br />

la centralità dell’esistenza in quanto ineliminabile<br />

fondamento della conoscenza come<br />

della prassi. La verità, in Sartre, è sempre in rima<br />

profonda con la più concreta realtà: “non si comprende<br />

che quando si mette la cosa in rapporto al<br />

mondo” 10 . Riaffermare l’importanza del vissuto e<br />

del soggetto, la intransitività paradossale <strong>di</strong> un<br />

Ego che pure fonda il proprio orizzonte esperienziale<br />

aprendosi al mondo, rapportandosi storicamente<br />

agli oggetti ed agli altri, costituisce <strong>di</strong> per<br />

sé - nell’epoca della me<strong>di</strong>azione universale, dei<br />

simulacri, dello spettacolare <strong>di</strong>lagante - una specie<br />

<strong>di</strong> scandalosa provocazione. Il pensiero <strong>di</strong> Sartre<br />

invita oggi più <strong>di</strong> ieri a far propria questa prospettiva<br />

“fuori moda”, e ritrovare negli interstizi <strong>di</strong><br />

una realtà integralmente alienata i residui margini<br />

per un pensiero e per una prassi liberi <strong>di</strong> autodeterminarsi,<br />

<strong>di</strong> scegliere senza timore il senso del<br />

mondo.<br />

L’ultima considerazione riguarda il ruolo<br />

centrale che nella concezione del pensatore francese<br />

riveste la letteratura, letteratura cui Sartre de<strong>di</strong>ca<br />

notoriamente una serie <strong>di</strong> riflessioni che certo<br />

resteranno, per profon<strong>di</strong>tà e finezza: da Qu’est-ce<br />

que la littérature?, al Saint-Genet, al monumentale<br />

stu<strong>di</strong>o su Flaubert (senza trascurare il pro<strong>di</strong>gioso<br />

Baudelaire), Sartre <strong>di</strong>mostra in una innumerevole<br />

sequenza <strong>di</strong> scritti una capacità <strong>di</strong> comprendere<br />

la parola letteraria che prescinde dalla pur<br />

importante teorizzazione del metodo regressivoprogressivo<br />

(e che chiama forse maggiormente in<br />

causa l’altra <strong>di</strong>cotomia egualmente celebre, quella<br />

tra intellezione e comprensione) 11 . Una capacità<br />

che gli deriva forse dalla infantile “nevrosi <strong>di</strong> letteratura”,<br />

da quell’equivoco tra le parole e le cose<br />

che per il fatto <strong>di</strong> essere stato <strong>di</strong>ssipato con<br />

l’adolescenza (“quando ho conosciuto la contingenza,<br />

la violenza, le cose come sono” 12 ) non pare<br />

10 Ivi, p. 120.<br />

11 Sulla riflessione sartriana intorno alla letteratura e alle arti<br />

figurative cfr. S. Briosi, Sartre critico, Zanichelli, Bologna<br />

1981. Il volume <strong>di</strong> Briosi si segnala, oltre che per l’acutezza<br />

dell’analisi e dell’interpretazione, per la presenza <strong>di</strong> una perspicua<br />

scelta <strong>di</strong> brani d’autore.<br />

12 La mia autobiografia…, cit., p. 46.<br />

tuttavia immune dall’essere molto fecondamente<br />

attivato a volontà, per essere nuovamente <strong>di</strong>stanziato.<br />

La parola letteraria ha una specificità che<br />

oggi si tende facilmente a perdere <strong>di</strong> vista – quando<br />

anche i suoi più luci<strong>di</strong> assertori tendono ad appiattirne<br />

i tratti peculiari su quelli della parola<br />

scritta/letta tout court, su questioni <strong>di</strong> mero alfabetismo<br />

percettivo-cognitivo: attestandosi su <strong>di</strong> un<br />

fronte, quello della contrapposizione tra civiltà tipografica<br />

e civiltà au<strong>di</strong>ovisiva, che non è probabilmente<br />

il fronte storico principale. La parola letteraria<br />

ha infatti una valenza storico-antropologica<br />

non surrogabile, è probabilmente invenzione senza<br />

ritorno; concerne la sempre più precisa coscienza<br />

della capacità umana <strong>di</strong> conferire senso<br />

alla realtà, e <strong>di</strong> assumersi pienamente la responsabilità<br />

<strong>di</strong> tale senso: è “appello alla libertà”. Per<br />

questo “la funzione dello scrittore è <strong>di</strong> far sì che<br />

nessuno possa ignorare il mondo o possa <strong>di</strong>rsene<br />

innocente”. Lungi da ogni istanza <strong>di</strong> risarcimento,<br />

senza nostalgie per la perduta aureola, si tratta, per<br />

lo scrittore, <strong>di</strong> assumere il ruolo <strong>di</strong> portavoce <strong>di</strong> un<br />

“pubblico” <strong>di</strong> cui occorre interpretare ed esprimere<br />

pensieri ed istanze che in esso sono già presenti<br />

13 . E del resto: “Noi consideriamo da lungo tempo<br />

che la letteratura è un fenomeno doppio, duale<br />

come si <strong>di</strong>ce, cioè autore (che ora si chiama scriittore)<br />

e poi lettore. I due, messi insieme, fanno<br />

l’opera, ma occorre che il lettore faccia la sua parte”<br />

14 . Luogo privilegiato del senso, dell’universale<br />

singolare, dell’”universale concreto”, la letterarietà<br />

assume così una rilevanza cruciale per un autore<br />

che “pensa che non ci sia nulla che non possa<br />

essere detto” 15 e che il silenzio (pare lecito aggiungere:<br />

anche quello derivante dall’eccesso <strong>di</strong><br />

rumorosità) sia <strong>di</strong> per sé “reazionario”, in quanto<br />

degradazione e reificazione del “per sé” 16 .<br />

Ci sono autori la cui opera si lega tanto fortemente<br />

alla realtà profonda della propria epoca da correre<br />

il rischio che essa vada fuori corso non appena i<br />

caratteri <strong>di</strong> quell’epoca paiano tramontare o sbia<strong>di</strong>re:<br />

è il rischio <strong>di</strong> chi non esita a compremettersi<br />

con un presente che ha per definizione il destino<br />

della transitorietà. Sartre paga oggi con<br />

l’impopolarità anche la scelta <strong>di</strong> “prendere sulle<br />

spalle” la situazione propria e dei suoi contemporanei,<br />

nel momento in cui essa probabilmente<br />

giungeva ad un grado <strong>di</strong> incandescenza prelu<strong>di</strong>o<br />

13<br />

Ivi, p. 99.<br />

14<br />

Ivi, p. 79.<br />

15<br />

Lo scrittore e la sua lingua, in L’universale singolare, cit.,<br />

pp. 102 e 108.<br />

16<br />

La mia autobiografia…, cit., p. 78.<br />

Poliscritture/Letture d’autore 59

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