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POLISCRITTURE Rivista di ricerca e cultura critica Numero prova ...

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In un recente volume antologico sulla poesia francese<br />

dal me<strong>di</strong>oevo ai nostri giorni, pubblicato,<br />

all’interno <strong>di</strong> un progetto e<strong>di</strong>toriale sulla poesia<br />

straniera, dal quoti<strong>di</strong>ano italiano La Repubblica ,<br />

trovo solo una presenza femminile, quella <strong>di</strong> Marie<br />

de France (seconda metà del secolo XII) e mi<br />

piacerebbe essere stata solo una lettrice <strong>di</strong>stratta<br />

dell’in<strong>di</strong>ce. Non offendo la <strong>cultura</strong> e l’amore per<br />

la poesia <strong>di</strong> nessuno facendo nomi che avrebbero<br />

potuto/dovuto trovare presenza nel volume e mi<br />

chiedo quali i motivi <strong>di</strong> questa scelta.<br />

Eppure sono questi per ora ignoti motivi che convincono<br />

sulla opportunità del porre in questione<br />

un tema quale quello della scrittura delle donne<br />

(accezione, sicuramente, da me pre<strong>di</strong>letta).<br />

Silenzio e presenza, <strong>di</strong>cevo. In un suo scritto<br />

sull’arte, Susan Sontang scrive che “Il silenzio<br />

mantiene le cose aperte”. E se al lavoro letterario<br />

e poetico delle donne guar<strong>di</strong>amo dall’angolo in<br />

cui più netto si percepisce il silenzio, non si può<br />

non giungere all’intuizione <strong>di</strong> un esercizio <strong>di</strong> presenza<br />

prima, apertura poi, che attraverso la scrittura<br />

le donne hanno tentato.<br />

Apertura alla visibile presenza? Sì anche, ma non<br />

solo. Apertura anche all’emersione <strong>di</strong> una lingua,<br />

<strong>di</strong> un linguaggio, <strong>di</strong> un molteplice che attraversa<br />

l’uni<strong>di</strong>mensionalità con cui si tende a ridurre la<br />

visione del mondo, sotto la pretesa <strong>di</strong> una esemplificazione<br />

paritetica.<br />

Il soggetto che in maniera spudorata si assume un<br />

compito <strong>di</strong> ostentazione, è l’Io. Ma se nella letteratura<br />

prodotta dalle donne, sino alla modernità (la<br />

poesia, in questo scritto, sia <strong>di</strong>a - con tutti le <strong>di</strong>stinzioni<br />

nobili che potrebbero essere avanzate –<br />

compresa nel letterario) questo Io rivelativo assumeva<br />

su <strong>di</strong> sé un valore <strong>di</strong> testimoniale indagine o<br />

presenza, nella letteratura contemporanea assistiamo<br />

all’emersione <strong>di</strong> un Io <strong>di</strong>latato, crudele e in<br />

sé molteplice. Ci viene <strong>di</strong>chiarata l’insorgenza <strong>di</strong><br />

un soggetto scrivente che ha assorbito il tempo<br />

senza lasciarsene assorbire.<br />

In questa nota breve, che ha il valore <strong>di</strong> un in<strong>di</strong>zio,<br />

<strong>di</strong> una traccia ancora incerta, propongo con la rapinosità<br />

della sintesi un accostamento a tre autrici<br />

in cui l’Io crudele e molteplice si definisce tra in<strong>di</strong>vidualità<br />

e soggettività.<br />

Esse sono Janet Winterson, Ingeborg Bachmann e<br />

Agota Kristof. Per ognuna scelgo quale portolano<br />

uno dei loro libri, nell’or<strong>di</strong>ne: Arte e menzogne,<br />

Malina e Trilogia della città <strong>di</strong> K.. Romanzi dalle<br />

complesse e azzardate strutture narrative e inesorabili<br />

nella loro spietatezza, ovvero nella mancan-<br />

za <strong>di</strong> qualsivoglia compiacenza verso le vicende<br />

narrate.<br />

Di Arte e menzogne sono protagonisti Handel, un<br />

prete e chirurgo con un nascostissimo segreto, Picasso,<br />

pittrice in fuga dall’orrido domestico e familiare<br />

e Saffo, poetessa girovaga del tempo.<br />

Omici<strong>di</strong> o suici<strong>di</strong> tentati, sono incontri non inusuali<br />

della vicenda, accanto a padri reali o putativi<br />

castranti.<br />

Malina è il compagno/doppio della protagonista –<br />

chiamata semplicemente Io – che ha una parallela<br />

relazione sentimentale con Ivan, l’uomo che può<br />

rifondare Vocali e Consonanti. Sullo sfondo<br />

l’assassinio <strong>di</strong> Io, la presenza ossessiva <strong>di</strong> un padre,<br />

l’incapacità <strong>di</strong> ogni relazione <strong>di</strong> essere capiente<br />

per la forte densità <strong>di</strong> Io.<br />

Trilogia della città <strong>di</strong> K. narra <strong>di</strong> due gemelli affidati<br />

dalla madre alla terribile nonna. Senza più un<br />

padre, i due legano se stessi agli altri attraverso<br />

una catena <strong>di</strong> crudeltà <strong>di</strong> cui ci si rende conto lentamente<br />

e angosciosamente. Parlano al plurale e<br />

all’unisono come fossero un’unica coscienza.<br />

In nessuno <strong>di</strong> questi libri però la narrazione è affidata<br />

sempre allo stesso soggetto. La prima persona<br />

singolare <strong>di</strong> Handel, Picasso, Saffo, <strong>di</strong>viene<br />

terza o la prima plurale dei gemelli della Trilogia<br />

assume la prima singolare inaspettatamente quanto<br />

la terza; e solo apparentemente l’Io <strong>di</strong> Malina<br />

mantiene una stabilità poiché essendo egli un<br />

doppio, continuamente la responsabilità del <strong>di</strong>chiarato<br />

oscilla tra i tre soggetti del romanzo.<br />

Cosa sta a <strong>di</strong>re quest’avventura pronominale?<br />

Molto che possa qui esaurirsi o anche sod<strong>di</strong>sfacentemente<br />

approssimarsi.<br />

Ma senz’altro sta a rivelare una violenta appropriazione<br />

della soggettività storica ed umana delle<br />

scriventi. Tutte le narrazioni sono designate dentro<br />

spazi <strong>di</strong> conflitto a ridosso della Storia (la<br />

guerra, il nazismo, il potere temporale della Chiesa)<br />

ed è come se questi sdoppiamenti dell’Io stiano<br />

ad attestare quanto non possa più essere riconducibile<br />

all’uni<strong>di</strong>mensionalità la presenza dello<br />

scrittore donna.<br />

Non casualmente, peraltro, in questi tre libri incontriamo<br />

sempre il padre quale figura deprecabilmente<br />

insufficiente – se non avvilitoria - alla<br />

costruzione dell’or<strong>di</strong>ne o ad un suo mantenimento.<br />

Laddove l’or<strong>di</strong>ne del padre generando <strong>di</strong>sperazione<br />

e invisibilità, costringeva all’in<strong>di</strong>viduazione<br />

<strong>di</strong> postazioni strategicamente sopravvivenziali<br />

quali il ritiro nell’ombra protettiva <strong>di</strong> un convento<br />

Poliscritture/Letture d’autore 54

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