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POLISCRITTURE Rivista di ricerca e cultura critica Numero prova ...

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classico”. Nonostante lo sforzo <strong>di</strong> emancipazione<br />

dalla teologia, “ l’irreligione del progresso rimane<br />

una sorta <strong>di</strong> religione “ derivata dalla fede cristiana<br />

in un fine ultimo. Blumenberg, pur non negando<br />

l’influenza del Cristianesimo sulla modernità,<br />

ritiene tuttavia che vi sia una <strong>di</strong>fferenza formale<br />

per cui sarebbe ingiustificata una netta trasposizione<br />

dell’idea <strong>di</strong> progresso nell’escatologia cristiana:<br />

“ … un’escatologia parla <strong>di</strong> un evento che<br />

fa irruzione nella storia ma che le è eterogeneo e<br />

la trascende, mentre l’idea <strong>di</strong> progresso estrapola<br />

da una struttura esistente in ogni presente un futuro<br />

immanente nella storia “. Questo sganciamento<br />

dalla prospettiva <strong>di</strong> una trascendenza che orienta<br />

teleologicamente il <strong>di</strong>venire storico costituisce,<br />

per Blumenberg, la premessa<br />

dell’autoaffermazione umana nella storia<br />

all’interno del cui sviluppo l’idea <strong>di</strong> progresso “…<br />

è l’autogiustificazione permanente del presente<br />

attraverso il futuro “. (17) Questo presuppone che<br />

l’uomo cominci ad essere “ colui che fa la storia “<br />

e non colui che in essa agisce solo conformemente<br />

ad un or<strong>di</strong>ne temporale predeterminato ed estraneo<br />

alla sua volontà. Per Löwith, ciò che accomuna<br />

cristianesimo e paganesimo, nonostante essi<br />

fon<strong>di</strong>no la loro comprensione della storia su due<br />

opposte concezioni del tempo, è la negazione della<br />

possibilità umana <strong>di</strong> autogiustificare il senso<br />

storico del mondo: “ … se destino significa un potere<br />

superiore <strong>di</strong> cui non possiamo <strong>di</strong>sporre, ma<br />

che <strong>di</strong>rige la nostra storia, allora il fato è paragonabile<br />

alla provvidenza <strong>di</strong>vina “. Ovviamente, rispetto<br />

a tale “ profonda venerazione del destino<br />

ovvero della provvidenza, la moderna fede secolare<br />

nella progressiva possibilità <strong>di</strong> dominare il<br />

mondo sarebbe apparsa una bestemmia ad entrambi<br />

“ (18). Quest’ultima affermazione potrebbe<br />

apparire un implicito riconoscimento del carattere<br />

emancipativo ed innovativo della modernità. In<br />

realtà, se l’autentica concezione della storia è da<br />

far risalire alla visione fatalistica classica, e se la<br />

temporalità escatologica biblico-cristiana rappresenta<br />

il tra<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> essa, allora l’illegittimità <strong>di</strong><br />

quest’ultima non può che riflettersi anche<br />

sull’idea moderna <strong>di</strong> progresso, secolarizzazione<br />

della fede nella salvezza. Perciò l’autofondazione<br />

umana del senso della storia non può che essere<br />

un’illusione creata dalla mistificazione della verità<br />

destinale che governa il mondo. Se, heideggerianamente,<br />

la verità è velamento e <strong>di</strong>svelamento,<br />

allora l’idea <strong>di</strong> progresso non è altro che una manifestazione<br />

del destino <strong>di</strong> cui l’uomo si ritiene<br />

illusoriamente artefice. In questo modo, Löwith,<br />

sottrae alla volontà umana proprio ciò in cui essa<br />

aveva creduto <strong>di</strong> poter confidare per determinare<br />

laicamente il proprio futuro, poiché, sostiene<br />

Blumenberg, “ … una tale visione della storia si<br />

priva della possibilità <strong>di</strong> ammettere e rappresentare<br />

l’autocoscienza dell’età moderna come epoca<br />

estrema e singolare “. (19)<br />

E’ necessario partire dal fatto che l’uomo fa la<br />

storia “, anche se questo “ … non significa affatto<br />

che ciò che è fatto sia <strong>di</strong>pendente soltanto dalle<br />

intenzioni e dalle regole a partire dalle quali esso<br />

è sorto “. (20) Questo, in quanto ogni singola azione<br />

si situa all’interno <strong>di</strong> un più vasto orizzonte<br />

delle possibilità storiche in cui sussiste “<br />

un’interazione dell’inter<strong>di</strong>pendenza integrante e<br />

<strong>di</strong>sgregante “: ciò implica che “ l’affermazione<br />

per cui la storia si fa vale nel senso <strong>di</strong> una facoltà<br />

non univoca <strong>di</strong> correlare azioni e risultati “.(21)<br />

NOTE<br />

1) K. Löwith, Significato e fine della storia, trad. it. <strong>di</strong><br />

F.T. Negri, Il Saggiatore, Milano, 1989, p.40<br />

2) Ibidem, p. 39<br />

3) Ibidem, p 25<br />

4) Ibidem, p24<br />

5) Ibidem p.234<br />

6) Hans Blumenberg, La legittimità dell’età moderna,<br />

trad. it <strong>di</strong> C. Marelli, Marietti, Genova, 1992, p. 73<br />

7) Ibidem, p16<br />

8) Ibidem p.22<br />

9) Ibidem, p. 502<br />

10) Ibidem p.71<br />

11) Ibidem, p.70<br />

12) Ibidem, p. 201<br />

13) Ibidem, p. 34<br />

14) K.Löwith, op cit. p. 83<br />

15) Ibidem, p. 106<br />

16) H. Blumenberg, op. cit. p. 37<br />

17) Ibidem, p. 39<br />

- Mariella De Santis: Un io crudele e molteplice.<br />

In<strong>di</strong>vidualità e soggetto in Janet Winterson,<br />

Ingeborg Bachmann e Agota Kkristof.<br />

Non so se ho titolo per esprimermi genericamente<br />

sulla questione della scrittura femminile. Se esista,<br />

se sia un genere, se sia espressione <strong>di</strong> una scrittura<br />

<strong>di</strong> genere. E non so soprattutto quanto quello che<br />

io possa <strong>di</strong>re sia utile a volgere sguar<strong>di</strong> obliqui rispetto<br />

alla <strong>ricerca</strong> <strong>di</strong> nuove prospettive. È infatti <strong>di</strong><br />

ostacoli, <strong>di</strong> pensieri traversi che abbiamo bisogno<br />

per poter avanzare in spazi altrimenti ignoti.<br />

Quello che mi pare <strong>di</strong> sapere è che soggettività e<br />

storicità del soggetto in comunità, sono elementi<br />

inalienabili dell’esistenza, anche quando, accidentalmente,<br />

esse esercitano una presenza attraverso<br />

la scrittura.<br />

Da qui mi viene una riflessione sul concetto de ”il<br />

silenzio e la presenza”.<br />

Poliscritture/Letture d’autore 53

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