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POLISCRITTURE Rivista di ricerca e cultura critica Numero prova ...

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Il tema… Note ai fianchi… Ripresa e contrappunto…<br />

<strong>di</strong> LUCA FERRIERI <strong>di</strong> ENNIO ABATE <strong>di</strong> LUCA FERRIERI<br />

[ea] complicità sotterranea fra professionisti <strong>di</strong> un medesimo sistema, forse...<br />

Figli del Novecento<br />

Sono figlio del Novecento, <strong>di</strong> questo secolo bello e tremendo che non vuole (che non sa) morire. E come<br />

potrebbe morire: come potrebbero morire le mani appese a un reticolato, le <strong>di</strong>ta spezzate <strong>di</strong> Victor Jara, il<br />

titanic inclinato su un fianco, le grida degli operai che giungono al cielo, i mille fuochi delle parole impronunciabili<br />

che ancora covano sotto la cenere. Quando leggo Sefarad <strong>di</strong> Muñoz Molina 2 , e vi leggo che<br />

l’orrore stava da tutte e due le parti (il che non vuol <strong>di</strong>re che le parti fossero equivalenti), che Osip Mandel’stam<br />

in un gulag fece la stessa fine <strong>di</strong> Milena Jesenska in un lager, non mi sale l’adrenalina patriottica <strong>di</strong> quelli<br />

che hanno gridato allo scandalo, che hanno accusato Muñoz Molina <strong>di</strong> fare del revisionismo storico, <strong>di</strong> mettere<br />

sullo stesso piano Hitler e Stalin, lui, che è un cantore della libertà e della fuga e denuncia dalla prima riga<br />

all’ultima l’intollerabilità dell’orrore nazista e antisemita. Perché il Novecento non ha seminato solo l’orrore ma<br />

ha anche partorito il gesto <strong>di</strong> chi lo ha combattuto, anche quando lo ha riconosciuto nelle proprie fila.<br />

Arrendersi alla TV<br />

Tra le cose più stomachevoli della (prima) guerra del Golfo c’è la risata, amplificata dai me<strong>di</strong>a e riecheggiante<br />

in ogni bar dell’isolato, <strong>di</strong> fronte alla notizia che un battaglione iracheno si era arreso davanti ai microfoni<br />

della TV. Prescin<strong>di</strong>amo dal fatto che questi sono, e si sono rivelati tali anche in questo conflitto,<br />

degli or<strong>di</strong>gni mici<strong>di</strong>ali: chiunque li abbia puntati addosso fa bene ad arrendersi. Ma ciò che la nostra cronaca<br />

cortigiana stracciona non sa neanche rilevare è la con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> <strong>di</strong>sperazione, follia, terrore e insieme <strong>di</strong><br />

gioia e speranza per la fine <strong>di</strong> un incubo, che stava <strong>di</strong>etro quel gesto. L’obiettivo militare americano, scientificamente<br />

perseguito con lo stu<strong>di</strong>o dei ritmi <strong>di</strong> bombardamento, <strong>di</strong> progressione della loro intensità, ecc.,<br />

era proprio quello <strong>di</strong> far uscire pazzi i soldati e i civili iracheni. L’episo<strong>di</strong>o della resa alla troupe della TV<br />

italiana non fa che confermare il “successo” <strong>di</strong> tale strategia. Quando cominciò l’offensiva <strong>di</strong> terra, i cannoni<br />

dei carri armati irakeni, puntati verso il mare, non sono stati neanche girati verso terra: non c’era più<br />

nessuno che lo potesse fare.<br />

Fucilarli alle spalle<br />

La guerra esercita da sempre il suo povero<br />

fascino sui poveri <strong>di</strong> spirito agitando<br />

l’alone dello straor<strong>di</strong>nario, dell’irripetibile,<br />

del rischio assoluto. Quasi che altro modo<br />

l’uomo non conosca <strong>di</strong> immaginare il gioco,<br />

l’azzardo, il bilico tra vita e morte, la<br />

vertigine del vuoto (non hanno mai sentito<br />

parlare <strong>di</strong> amore, i signori della guerra?).<br />

Provate ad andare in un pronto soccorso,<br />

alla sera. Questi qui (infermieri, me<strong>di</strong>ci,<br />

portantini) che dovrebbero sentirsi in guerra,<br />

contro la morte, contro il tempo, contro<br />

la burocrazia (ed eccola qui, quella che<br />

non esiste: la guerra giusta), che dovrebbero<br />

sentirsi in gioco fino all’ultima terminazione<br />

nervosa contro il nemico, impreve<strong>di</strong>bile,<br />

tra<strong>di</strong>tore, furbissimo, questi<br />

qui timbrano il cartellino, scavalcano le<br />

barelle senza uno sguardo e tirano mattina.<br />

Poi magari plaudono alla guerra del Golfo.<br />

Se dovessimo applicare il co<strong>di</strong>ce militare<br />

sarebbero da fucilare alle spalle.<br />

2 ANTONIO MUÑOZ MOLINA, Sefarad, Milano, Mondadori, 2002.<br />

[lf] Ma se noi abbiamo perso ogni speranza che il generale<br />

Schwarkopf possa un giorno fermarsi prima <strong>di</strong> dare<br />

quell’or<strong>di</strong>ne, insomma possa un giorno rompere la maledetta<br />

catena del comando, e <strong>di</strong>re: Signorno, mi <strong>di</strong>metto<br />

dall’or<strong>di</strong>ne, forse abbiamo già perso la (guerra per la) pace.<br />

Eppure <strong>di</strong> storie così ce ne sono tante. Di uomini che<br />

erano stati ben selezionati<br />

[ea] Direi che ne hanno solo sentito parlare<br />

. Di più: magari l’hanno anche <strong>prova</strong>to,<br />

ma ora è seppellito da “cose più importanti”.<br />

Di più ancora: magari mentre fanno la<br />

guerra trovano anche qualche occasione<br />

per amare qualcuno/a o qualcosa. Ricorda<br />

gli aguzzini <strong>di</strong> Auschwitz buoni padri <strong>di</strong><br />

famiglia, ecc? Ma scavare nel profondo<br />

dell’anima <strong>di</strong> un guerriero o <strong>di</strong> un potente,<br />

che ha bloccato consapevolmente o inconsapevolmente,<br />

le pulsioni d’amore con la<br />

per dare l’or<strong>di</strong>ne e non<br />

l’hanno dato. Che erano<br />

stati messi al posto giusto,<br />

e nel momento giusto hanno<br />

evitato <strong>di</strong> schiacciare il<br />

bottone. Lo <strong>di</strong>ceva anche<br />

Brecht: il carrista ha un<br />

<strong>di</strong>fetto, può pensare.<br />

Quando faremo la storia <strong>di</strong><br />

questi eroi che hanno avuto<br />

il coraggio <strong>di</strong> tra<strong>di</strong>re?<br />

professionalità rendendole inoperanti, non serve a noi che dovremmo<br />

trovare la via per fermarli. Un lampo da Fortini: «Quando il generale<br />

Schwarkopf or<strong>di</strong>na <strong>di</strong> sventrare <strong>di</strong>ecimila irakeni non lo fa perché da<br />

piccolo la mamma gli negava il seno o il padre lo minacciava <strong>di</strong> busse;<br />

tanto più che egli è probabilmente un uomo <strong>di</strong> buon cuore, pronto magari<br />

ad adottare un orfano <strong>di</strong> quegli irakeni e amante della musica popolare,<br />

dell’Arkansas o della lirica trovadorica o dell’allevamento dei criceti.<br />

Lo fa perché non sarebbe a quel posto ove non fosse stato selezionato ai<br />

suoi compiti da un sistema complesso <strong>di</strong> cui fanno parte industriali, economisti,<br />

storici, psicologi, sociologi, uomini politici, insomma tutta una<br />

<strong>cultura</strong>» ( p.168, Disobbe<strong>di</strong>enze II).<br />

Poliscritture/Eso<strong>di</strong> 34

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